","LA RETORICA DELL’EMERGENZA PSICHIATRICA PER IL CONTROLLO SOCIALE","post",1682968174,[61,62,63,64,65,66],"http://radioblackout.org/tag/antipsichiatria/","http://radioblackout.org/tag/atsm/","http://radioblackout.org/tag/emergenza-psichiatrica/","http://radioblackout.org/tag/psichiatria-e-controllo-sociale/","http://radioblackout.org/tag/rems/","http://radioblackout.org/tag/tso/",[15,22,32,34,20,18],{"post_content":69,"post_title":75,"tags":79},{"matched_tokens":70,"snippet":73,"value":74},[71,72],"emergenza","psichiatrica","termine dei farmaci. Eppure, di \u003Cmark>emergenza\u003C/mark> \u003Cmark>psichiatrica\u003C/mark> si parla sempre solo per","Non è un caso se di psichiatria si parla sempre più spesso. Dagli abusi di psicofarmaci in carcere nei cpr[1][2] alle retoriche neomanicomiali che accompagnano la triste conta degli operatori e delle operatrici (più spesso) uccise dai pazienti, come è successo a Pisa lo scorso 24 Aprile. Una conta ben lontana, comunque, dall’eguagliare le morti di psichiatria nelle carceri, nei reparti ospedalieri, nelle comunità, per strada durante un TSO, per gli effetti collaterali a lungo termine dei farmaci. Eppure, di \u003Cmark>emergenza\u003C/mark> \u003Cmark>psichiatrica\u003C/mark> si parla sempre solo per dire che ci sono un sacco di matti pericolosi in giro e non per ricordare che la psichiatria può uccidere; e neanche questo è un caso. Non lo è perché la psichiatria è sempre stata, in maniera più o meno attiva a seconda dei periodi storici, schierata in una guerra alla povertà, alla disobbedienza e a tutto ciò che è altro e che eccede la norma. Senza citare i casi di oppositori politici finiti in manicomio, pratica diffusa in tanti paesi del mondo ancora ad oggi, basti pensare che durante il fascismo una donna poteva finire in manicomio perché “libertina, indocile, irosa, smorfiosa o madre snaturata”, oppure che nell’america schiavista la “drapetomania” diagnosticava il desiderio di scappare dallepiantagioni degli schiavi. Casi storici estremi che tradiscono la più subdola compenetrazione quotidiana del controllo sociale e della psichiatria, una pseudoscienza nata dalla separazione tutta occidentale tra ragione e sragione. Ci sono stati, certo, dei brevi periodi in cui i movimenti sociali sono riusciti ad impadronirsi di un’autonomia nella progettazione della cura delle sofferenze sociali distanziandosi dal paradigma biomedico per dare vita ad un’antropologia pratica o ad una sorta di ecologia umana, che ribaltando il meccanismo di delega medico-paziente restituisse la responsabilità della cura alla comunità e al territorio. Il movimento di deistituzionalizzazione in italia è un esito di queste tensioni, ed è importante riconoscerlo altrimenti succede di leggere che i manicomi sono stati chiusi “grazie allo sviluppo della psicofarmacologia che permetteva di curare i pazienti a casa”[3]. No, non è andata così, la chiusura dei manicomi è il frutto di una lotta con tanti morti dentro ai manicomi e con qualche psichiatra (specie quelli a cui piaceva legare le persone ai termosifoni) gambizzato. E sono stati altri psichiatri a tematizzare la lotta di classe nel loro lavoro, ribadendo che se la guerra che avviene ogni giorno in psichiatria viene invisibilizzata, se non si esercita con consapevolezza politica, ogni atto di cura e contenzione diventa un atto di guerra contro una classe marginalizzata.\r\n\r\nQuando questa consapevolezza politica si perde, i discorsi e le pratiche della psichiatria diventano sempre più vicini e simili a strumenti e istituzioni più esplicitamente punitivi e repressivi. La “cura” si mischia con la galera. I reparti, le residenze private e le comunità diventano più simili a carceri, e le carceri vengono inondate di farmaci. Quest’ultime si riversano negli ospedali pieni di detenuti ricoverati, che si aggiungono a chi viene internato perché in famiglia o in quartiere da fastidio. Gli psichiatri diventano così dispensatori di farmaci preoccupati della mera gestione dei sintomi e responsabili della custodia dei loro pazienti. I percorsi esistenziali che si incontrano nelle galere e in psichiatria sono gli stessi, in una traspirazione di destini facilitata dalle porte scorrevoli che separano il sistema penale da quello psichiatrico. Questo lo si intuisce per esempio da un dato su tutti: in tutti i paesi industrializzati il numero di persone con problematiche psichiatriche in carcere aumenta vertiginosamente mentre si riduce quello delle persone prese in carico dai servizi territoriali. La psichiatria è tornata oggi ad essere uno strumento di marginalizzazione, in senso diametralmente opposto alla riforma ispirata da Basaglia che non è mai stata implementata se non in qualche sparuta provincia. I manicomi fioriscono sotto mutate spoglie. Nel 78 c’erano 90.000 persone internate e ne contiamo quasi 70.000 oggi tra SPDC comunità, case di cura eccetera, senza contare l’enorme mole di miseria umana psichiatrizzata in carcere. (Questo dovrebbe fungere da monito a tutti coloro che pensano che lo stato possa riformare la psichiatria).\r\n\r\nPerché oggi si torna a parlare di riforma della psichiatria e si mette in dubbio la chiusura dei manicomi? Tramite la presunta “\u003Cmark>emergenza\u003C/mark> psichiatria” diverse parti sociali (governo, associazioni di categoria, direttori sanitari) convergono nel chiedere in breve: più posti nelle REMS, sezioni di carcere speciali per imputabili in aggiunta alla rete di ATSM (Articolazioni di Tutela della Salute Mentale), TSO più snelli. Qualcuno si avventura a chiedere, cogliendo l’occasione, più operatori nei servizi territoriali. Ma non sembra essere questo l’aspetto che interessa ad un governo che assume solo polizia. Il punto è avere più posti letto per i folli rei e per i rei folli. Come se un letto potesse curare qualcuno.\r\n\r\nL’utilizzo per fini repressivi dell’emergenza psichiatria non è nuovo. Già Salvini nel 2018 dichiarava che era in atto una “esplosione di aggressioni” da parte di “pazienti psichiatrici” e che da quando i manicomi sono stati chiusi c’è stato un «abbandono dei malati lasciati in carico alle famiglie». Questo genere di retorica neomanicomiale o panpenalista è interessata all’utilizzo della psichiatria nel governo della popolazione tramite la marginalizzazione di alcuni suoi componenti. Le carceri sono sempre state un avamposto di questa sperimentazione, come è già stato scritto e detto[4][5] e infatti i primi a parlare di \u003Cmark>emergenza\u003C/mark> \u003Cmark>psichiatrica\u003C/mark> sono stati i sindacati di polizia, le prefetture e il DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria).\r\n\r\nIn secondo luogo, più contenzione è meno cura è la ricetta perfetta per ingrassare il privato. La spesa pubblica e privata nell’ambito della salute mentale viene assorbita soprattutto dalla residenzialità. I soldi girano intorno ai ricoveri, nei posti letto in case di cura lontane dalla comunità, e nei farmaci, che all’isolamento fisico aggiungono la sedazione farmacologica. Si ripropone in questo modo lo stesso circolo vizioso che porta all’esplosione dei profitti privati nell’ambito sanitario e assistenziale. Più la follia viene contenuta e più la gente sta male, e più la gente sta male più bisogno c’è di contenzione e custodia, contenzione materiale ad ingrassare i portafogli di investimenti delle multinazionali della sanità privata, della infinità di cooperative del terzo settore in buona e cattiva fede che gestiscono comunità ormai diventate colonie penali, e non ultima dell’industria dei farmaci. Le visite degli informatori delle case farmaceutiche sono quotidiane in gran parte dei reparti psichiatrici. Farmaci long-acting sempre più sganciati dalla relazione terapeutica, con un rischio di cronicizzazione altissimo che spesso finiscono per ricacciare ancora più a fondo le persone nella voragine esistenziale da cui provano a uscire: solitudine e miseria.\r\n\r\nPer ultima potremmo ipotizzare una terza ragione meno vincolata ad interessi materiali del diffondersi della preoccupazione per l’emergenza \u003Cmark>psichiatrica\u003C/mark>? Questa origina forse dalla contemporanea più generale tendenza ad “alienare” tutto ciò che esula dalla consueta e quieta amministrazione della vita sociale. Una malinconica pulsione a reprimere e mortificare ciò che è vivo, e in quanto vivo intrinsecamente rivolto al nuovo, anche oltre la cultura e le abitudini dominanti. Allora in un mondo in cui la sofferenza psichica diventa sempre più spesso strumento di espressione di una condizione politica, e insieme ricerca di un progetto di vita che scardini l’ordine esistente, ecco che ci si attrezza e reprimerla questa tensione, identificando, \u003Cmark>emergenza\u003C/mark> dopo \u003Cmark>emergenza\u003C/mark>, l’ennesimo nemico pubblico…Emergenza anarchici, \u003Cmark>emergenza\u003C/mark> orsi, \u003Cmark>emergenza\u003C/mark> matti. Nel mondo che diventa \u003Cmark>emergenza\u003C/mark> nessuno è salvo, le categorie dell’esclusione si avvicinano sempre di più.\r\n\r\n[1] https://altreconomia.it/rinchiusi-e-sedati-labuso-quotidiano-di-psicofarmaci-nei-cpr-italiani/\r\n\r\n[2] https://radioblackout.org/2023/01/chimica-e-rivolta-al-casal-del-marmo-di-roma/\r\n\r\n[3] https://www.quotidiano.net/cronaca/legge-basaglia-psichiatri-omicidio-barbara-capovani-39ee9864\r\n\r\n[4] https://www.osservatoriorepressione.info/carcere-psichiatria-strumenti-controllo/\r\n\r\n[5] https://radioblackout.org/podcast/carceri-invisibili-del-20-09-22/",{"matched_tokens":76,"snippet":78,"value":78},[77],"PSICHIATRICA","LA RETORICA DELL’EMERGENZA \u003Cmark>PSICHIATRICA\u003C/mark> PER IL CONTROLLO SOCIALE",[80,82,84,87,89,91],{"matched_tokens":81,"snippet":15},[],{"matched_tokens":83,"snippet":22},[],{"matched_tokens":85,"snippet":86},[71,72],"\u003Cmark>emergenza\u003C/mark> \u003Cmark>psichiatrica\u003C/mark>",{"matched_tokens":88,"snippet":34},[],{"matched_tokens":90,"snippet":20},[],{"matched_tokens":92,"snippet":18},[],[94,99,102],{"field":35,"indices":95,"matched_tokens":96,"snippets":98},[14],[97],[71,72],[86],{"field":100,"matched_tokens":101,"snippet":73,"value":74},"post_content",[71,72],{"field":103,"matched_tokens":104,"snippet":78,"value":78},"post_title",[77],1157451471441625000,{"best_field_score":107,"best_field_weight":38,"fields_matched":39,"num_tokens_dropped":47,"score":108,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":47},"2211897868544","1157451471441625195",{"document":110,"highlight":128,"highlights":134,"text_match":137,"text_match_info":138},{"cat_link":111,"category":112,"comment_count":47,"id":113,"is_sticky":47,"permalink":114,"post_author":50,"post_content":115,"post_date":116,"post_excerpt":53,"post_id":113,"post_modified":117,"post_thumbnail":118,"post_thumbnail_html":119,"post_title":120,"post_type":58,"sort_by_date":121,"tag_links":122,"tags":127},[44],[46],"79334","http://radioblackout.org/2023/01/chimica-e-rivolta-al-casal-del-marmo-di-roma/","I sentieri per la francia sono pieni di scarti di buste di gaviscon. Chi esce in qualche modo da un CPR, dal carcere, o scappa da una delle tante comunità o appartamenti delle cooperative, spesso ha bruciori di stomaco lancinanti provocati dalle dosi massicce di antidepressivi che si porta dietro. Alle volte capita che a qualcuno venga un attacco epilettico mentre attraversa la frontiera. Sono gli effetti collaterali di una brusca interruzione del rivotril, ansiolitico antiepilettico anche detto “eroina dei poveri”[1], somministrato in dosi massicce in tutti i luoghi di reclusione, e spacciato fuori vicino alle stazioni. Ieri 11 Gennaio 2023 al carcere minorile Casal del Marmo di Roma è scoppiata una rivolta e sono andati a fuoco alcuni materassi perché non arrivavano gli ansiolitici della sera[2]. Non ce la facevano più e sono scoppiati, dei ragazzini di 15 anni. Come si dice quando una persona spacca tutto perché non trova una sostanza? Dipendenza, tossicità. Ma tossico è soprattutto lo stato che sceglie di creare decine di migliaia di ragazzi e ragazze dipendenti, che crea marginalità come aveva fatto con l’eroina di stato negli anni 70. Le carceri statali sono una “fabbirca di tossicodipendenza”[3]. Gli stessi medici che lavorano in carcere testimoniano la “responsabilità epidemiologica e la problematica restituzione alla società, a fine pena, di centinaia di soggetti in difficoltà nella gestione di forme di dipendenza problematiche”[4]. Allargando lo sguardo, negli ultimi anni in gran parte degli stati industrializzati, la percentuale delle persone con una diagnosi psichiatrica in cura a carico dei sistemi sanitari è sempre più risicata, mentre sale invece la percentuale di problematiche psichiatriche in persone rinchiuse in carcere. Questo può voler dire più cose: l’inefficacia dei sistemi di cura pubblici e privati da una parte, la rinnovata tensione a custodire e reprimere la follia e la sragione, il cambiamento della popolazione carceraria e delle storie personali che attraversano il carcere, l’utilizzo di diagnosi e contenzione chimica sempre più frequente e massiccio nelle galere.\r\n\r\nIl 43% dei detenuti assume sedativi o ipnotici, mentre il 20% risulta assumere regolarmente stabilizzanti dell’umore, antipsicotici o antidepressivi. Le percentuali schizzano nei cpr[5] dove per contenere il rischio suicidario dei tranquillanti minori si prescrivono insieme gli antidepressivi. Poi c’è il metadone e il subutex per chi una dipendenza già ce l’aveva quando è entrato/a. I farmaci a volte possono salvarti la pelle ma sono sempre e solo l’inizio di un percorso, nelle carceri davanti non hai niente verso cui andare, nel tempo e nello spazio. Nessun futuro in un non-luogo di una soggettività negata. La farmacologia diventa in questo contesto culturale e di rapporti di forza camicia di forza chimica e i manicomi si ricreano in carcere, un po’ come una volta le carceri si ricreavano in manicomio con gli ergastoli bianchi e le sbarre. Non è un caso dunque se i movimenti antipsichiatrici si occupano sempre più spesso di carcere[6][7], che comunque è un esperienza che accomuna gran parte della popolazione psichiatrica in carico ad altri istituti non penali: SPDC, SERT e carcere hanno le porte scorrevoli tra loro. È importante che lo facciano, che i compagni parlino di psichiatria in carcere, perché altrimenti la retorica “neomanicomiale” e la cosiddetta “emergenza psichiatrica” vengono utilizzate dai sindacati di polizia e dal DAP per ottenere trasferimenti dei detenuti, più potere nel governo delle carceri e nuove risorse per la repressione della vita privata della libertà.\r\n\r\nDa ieri, dopo questo fortuito sabotaggio dovuto a un ritardo nella consegna dei farmaci, è palese ed autoevidente a cosa serve la psichiatria in carcere: a sedare le rivolte, perchè senza pasticche o gocce le gabbie non sarebbero sostenibili per una popolazione carceraria che è cambiata, che “il carcere non lo sa fare”, che fuori non ha nessuno che aspetta, che chiede con disperazione e insistenza talvolta violenta di chiudere gli occhi almeno di notte, che senza non si dorme, di morire almeno per un attimo, il tempo che dura l’effetto dello xanax. Il dolore vivo che celano le carceri nelle loro varie forme va anestetizzato, legato, ucciso. Nessuna cura è possibile in un luogo nato per provocare dolore. Sedare, reprimere, addormentare e fare in modo che i prigionieri e le prigioniere non si suicidino. Quest’ultimo è il mandato che riesce meno e che ha sulla coscienza ha 83 suicidi nel 2022, a cui andrebbero aggiunti tutti quei decessi causati dagli effetti collaterali degli psicofarmaci, come è successo a Isabella, morta a Pozzuoli in seguito alle crisi respiratorie causate dagli psicofarmaci[8]. In breve la psichiatria serve a gestire, con gravi danni di salute, tutte quelle situazioni che sfuggono al auto-controllo e all’amministrazione della premialità e della pena individualizzata[9]. Chi non accetta il bastone e la carota non può che essere matto infondo.\r\n\r\n[1] https://www.psicoattivo.com/rivotril-nuova-sostanza-dabuso-vecchio-ansiolitico-e-antiepilettico/\r\n\r\n[2] https://ilmanifesto.it/carceri-minorili-la-rivolta-dei-farmaci\r\n\r\n[3] http://www.ristretti.it/areestudio/salute/mentale/bartolini/capitolo8.htm\r\n\r\n[4] https://www.rapportoantigone.it/diciassettesimo-rapporto-sulle-condizioni-di-detenzione/la-manica-stretta-ipotesi-di-regolazione-della-somministrazione-di-psicofarmaci-in-carcere/\r\n\r\n[5] https://radioblackout.org/podcast/nessuna-cura-del-18-01-22/\r\n\r\n[6] https://radioblackout.org/podcast/carceri-invisibili-del-20-09-22/\r\n\r\n[7] https://www.osservatoriorepressione.info/carcere-psichiatria-strumenti-controllo/\r\n\r\n[8] https://internapoli.it/isabella-morta-carcere-pozzuoli/\r\n\r\n[9] https://tamulibri.com/negozio/il-carcere-invisibile-etnografia-dei-saperi-medici-e-psichiatrici-nell-arcipelago-carcerario","12 Gennaio 2023","2023-01-12 14:44:32","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/01/casal-e1673531052270-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"192\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/01/casal-e1673531052270-300x192.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/01/casal-e1673531052270-300x192.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/01/casal-e1673531052270.jpeg 656w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Chimica e rivolta al Casal del Marmo di Roma",1673534581,[61,123,124,125,126],"http://radioblackout.org/tag/carcere-minorile/","http://radioblackout.org/tag/casal-del-marmo/","http://radioblackout.org/tag/psichiatria/","http://radioblackout.org/tag/psicofarmaci/",[15,30,28,24,26],{"post_content":129},{"matched_tokens":130,"snippet":132,"value":133},[71,131],"psichiatrica”","retorica “neomanicomiale” e la cosiddetta “\u003Cmark>emergenza\u003C/mark> \u003Cmark>psichiatrica”\u003C/mark> vengono utilizzate dai sindacati di","I sentieri per la francia sono pieni di scarti di buste di gaviscon. 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Da tempo l’Osservatorio sulla repressione ha iniziato a effettuare un censimento sulle denunce penali contro militanti politici e attivisti di lotte sociali. Ora abbiamo la necessità, per costruire la campagna, di un quadro quanto più possibile completo, che porterà alla creazione di un database consultabile on-line. Ad oggi sono state censite 17 mila denunce.\r\nIl nuovo clima di effervescenza sociale degli ultimi anni, che non ha coinvolto solo i tradizionali settori dell’attivismo politico più radicale ma anche ampie realtà popolari, ha portato a una pesante rappresaglia repressiva, come già era accaduto nei precedenti cicli di lotte. Migliaia di persone che si trovavano a combattere con la mancanza di case, la disoccupazione, l’assenza di adeguate strutture sanitarie, la decadenza della scuola, il peggioramento delle condizioni di lavoro, il saccheggio e la devastazione di interi territori in nome del profitto, sono state sottoposte a procedimenti penali o colpite da misure di polizia. Così come sono stati condannati e denunciati militanti politici che hanno partecipato alle mobilitazioni di Napoli e Genova 2001 e alle manifestazioni del 14 dicembre 2010 e del 15 ottobre 2011 a Roma.\r\nIl conflitto sociale viene ridotto a mera questione di ordine pubblico. Cittadini e militanti che lottano contro le discariche, le basi militari, le grandi opere di ferro e di cemento, come terremotati, pastori, disoccupati, studenti, lavoratori, sindacalisti, occupanti di case, si trovano a fare i conti con pestaggi, denunce e schedature di massa. Un “dispositivo” di governo che è stato portato all’estremo con l’occupazione militare della Val di Susa. Una delle conseguenze di questa gestione dell’ordine pubblico, applicato non solo alle lotte sociali ma anche ai comportamenti devianti, è il sovraffollamento delle carceri, additate anche dalla comunità internazionale come luoghi di afflizione dove i detenuti vivono privi delle più elementari garanzie civili e umane. Ad esse si affiancano i CIE, dove sono recluse persone private della libertà e di ogni diritto solo perché senza lavoro o permesso di permanenza in quanto migranti, e gli OPG, gli ospedali di reclusione psichiatrica più volte destinati alla chiusura, che rimangono a baluardo della volontà istituzionale di esclusione totale e emarginazione dei soggetti sociali più deboli.\r\nSempre più spesso dunque i magistrati dalle aule dei tribunali italiani motivano le loro accuse sulla base della pericolosità sociale dell’individuo che protesta: un diverso, un disadattato, un ribelle, a cui di volta in volta si applicano misure giuridiche straordinarie. Accentuando la funzione repressivo-preventiva (fogli di via, domicilio coatto, DASPO), oppure sospendendo alcuni principi di garanzia (leggi di emergenza), fino a prevederne l’annichilimento attraverso la negazione di diritti inderogabili. È ciò che alcuni giuristi denunciano come spostamento, sul piano del diritto penale, da un sistema giuridico basato sui diritti della persona a un sistema fondato prevalentemente sulla ragion di Stato. Una situazione che nella attuale crisi di legittimazione del sistema politico e di logoramento degli istituti di democrazia rappresentativa rischia di aggravarsi drasticamente.\r\nNon è quindi un caso che dal 2001 a oggi, con l’avanzare della crisi economica e l’aumento delle lotte, si contano 11 sentenze definitive per i reati di devastazione e saccheggio, compresa quella per i fatti di Genova 2001, a cui vanno aggiunte 7 persone condannate in primo grado a 6 anni di reclusione per i fatti accaduti il 15 ottobre 2011 a Roma, mentre per la stessa manifestazione altre 18 sono ora imputate ed è in corso il processo.\r\nLe lotte sociali hanno sempre marciato su un crinale sottile che anticipa legalità future urtando quelle presenti. Le organizzazioni della classe operaia, i movimenti sociali e i gruppi rivoluzionari hanno storicamente fatto ricorso alle campagne per l’amnistia per tutelare le proprie battaglie, salvaguardare i propri militanti, le proprie componenti sociali. Oggi sollevare il problema politico della legittimità delle lotte, anche nelle loro forme di resistenza, condurre una battaglia per la difesa e l’allargamento degli spazi di agibilità politica, può contribuire a sviluppare la solidarietà fra le varie lotte, a costruire la garanzia che possano riprodursi in futuro. Le amnistie sono un corollario del diritto di resistenza. Lanciare una campagna per l’amnistia sociale vuole dire salvaguardare l’azione collettiva e rilanciare una teoria della trasformazione, dove il conflitto, l’azione dal basso, anche nelle sue forme di rottura, di opposizione più dura, riveste una valenza positiva quale forza motrice del cambiamento.\r\nNel pensiero giuridico le amnistie hanno rappresentato un mezzo per affrontare gli attriti e sanare le fratture tra costituzione legale e costituzione materiale, tra la fissità e il ritardo della prima e l’instabilità e il movimento della seconda. Sono servite a ridurre la discordanza di tempi tra conservazione istituzionale e inevitabile trasformazione della società incidendo sulle politiche penali e rappresentando momenti decisivi nel processo d’aggiornamento del diritto. È stato così per oltre un secolo, ma in Italia le ultime amnistie politiche risalgono al 1968 e al 1970.\r\nAprire un percorso di lotta e una vertenza per l’amnistia sociale – che copra reati, denunce e condanne utilizzati per reprimere lotte sociali, manifestazioni, battaglie sui territori, scontri di piazza – e per un indulto che incida anche su altre tipologie di reato, associativi per esempio, può contribuire a mettere in discussione la legittimità dell’arsenale emergenziale e fungere da vettore per un percorso verso una amnistia generaleslegata da quegli atteggiamenti compassionevoli e paternalisti che muovono le campagne delegate agli specialisti dell’assistenzialismo carcerario, all’associazionismo di settore, agli imprenditori della politica. Riportando l’attenzione dei movimenti verso l’esercizio di una critica radicale della società penale che preveda anche l’abolizione dell’ergastolo e della tortura dell’art. 41 bis.\r\nChiediamo a tutti e tutte i singoli, le realtà sociali e politiche l’adesione a questo manifesto, per iniziare un percorso comune per l’avvio della campagna per l’amnistia sociale.\r\n\r\nAscolta la diretta con l'avvocato Francesco Romeo, tra i promotori dell'iniziativa\r\n\r\nRomeo","10 Settembre 2013","2013-09-16 12:06:23","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/09/amnistia-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"125\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/09/amnistia-300x125.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/09/amnistia-300x125.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/09/amnistia.jpg 348w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Un'amnistia per i reati sociali",1378839435,[159,160,161],"http://radioblackout.org/tag/amnistia/","http://radioblackout.org/tag/carcere/","http://radioblackout.org/tag/repressione/",[163,164,165],"amnistia","carcere","repressione",{"post_content":167},{"matched_tokens":168,"snippet":169,"value":170},[72],"OPG, gli ospedali di reclusione \u003Cmark>psichiatrica\u003C/mark> più volte destinati alla chiusura,","Pubblichiamo il manifesto divulgato dai promotori dell'amnistia per i reati sociali:\r\n\r\nNegli ultimi mesi, fra alcune realtà sociali, politiche e di movimento, ma anche singoli attivisti e avvocati, è nato un dibattito sulla necessità di lanciare una campagna politica sull’amnistia sociale e per l’abrogazione di quell’insieme di norme che connotano l’intero ordinamento giuridico italiano e costituiscono un vero e proprio arsenale repressivo e autoritario dispiegato contro i movimenti più avanzati della società. Da tempo l’Osservatorio sulla repressione ha iniziato a effettuare un censimento sulle denunce penali contro militanti politici e attivisti di lotte sociali. Ora abbiamo la necessità, per costruire la campagna, di un quadro quanto più possibile completo, che porterà alla creazione di un database consultabile on-line. Ad oggi sono state censite 17 mila denunce.\r\nIl nuovo clima di effervescenza sociale degli ultimi anni, che non ha coinvolto solo i tradizionali settori dell’attivismo politico più radicale ma anche ampie realtà popolari, ha portato a una pesante rappresaglia repressiva, come già era accaduto nei precedenti cicli di lotte. Migliaia di persone che si trovavano a combattere con la mancanza di case, la disoccupazione, l’assenza di adeguate strutture sanitarie, la decadenza della scuola, il peggioramento delle condizioni di lavoro, il saccheggio e la devastazione di interi territori in nome del profitto, sono state sottoposte a procedimenti penali o colpite da misure di polizia. Così come sono stati condannati e denunciati militanti politici che hanno partecipato alle mobilitazioni di Napoli e Genova 2001 e alle manifestazioni del 14 dicembre 2010 e del 15 ottobre 2011 a Roma.\r\nIl conflitto sociale viene ridotto a mera questione di ordine pubblico. Cittadini e militanti che lottano contro le discariche, le basi militari, le grandi opere di ferro e di cemento, come terremotati, pastori, disoccupati, studenti, lavoratori, sindacalisti, occupanti di case, si trovano a fare i conti con pestaggi, denunce e schedature di massa. 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Oltre a raccontare i vissuti abbiamo immaginato una possibilità di avvenire migliore, un mondo nuovo dove l'unico straniero diventi la discriminazione e il razzismo.”\r\nPer saperne di più leggi la presentazione di Staid uscita su A rivista anarchica\r\n\r\nAnarchia e organizzazione. Per molti, specie se non anarchici, una sorta di ossimoro, nella pratica dei movimenti una sfida lunga un secolo e mezzo.\r\nNe parliamo con Massimo Varengo della Federazione Anarchica Milanese\r\n\r\nIl fantasma della democrazia. Riflessioni a margine di una storia di (stra)ordinaria repressione in una banlieu parigina.\r\nL’Isis ha un solo merito, quello di aver messo allo scoperto, ancora una volta, le aporie democratiche, l’inconsistenza della narrazione sull’universalità dei diritti umani, la scatola vuota che regge l’immaginario che attraversa buona parte del pianeta.\r\nIn questi anni, di fronte alle manifestazioni più nette della criminalità del potere tanti hanno parlato di \"democrazia tradita\". Un'illusione. Un'illusione pericolosa, perché sorregge la convinzione che questo sistema sia correggibile, che la violenza delle forze dell'ordine, la ferocia della macchina delle espulsioni, l'inumanità delle galere, la tortura nelle caserme, i pestaggi nei CIE e per le strade, le facce spaccate dai manganelli, le gole bruciate dai lacrimogeni, i lavoratori che muoiono di lavoro, i veleni che ammorbano la terra siano eccezioni, gravi, estese, durevoli ma eccezioni. La democrazia avrebbe in se gli anticorpi per eliminare i mali che la affliggono, per correggere la rotta, costruire partecipazione nella libertà. \r\n\r\nSi è aperto al tribunale il processo ai tre vigili vigili urbani e allo psichiatra accusati della morte di Andrea Soldi, ucciso nell’estate del 2015 nei giardinetti di corso Umbria, perché si rifiutava di accettare un TSO (Trattamento sanitario obbligatorio). Udienza si è svolta a porte chiuse, i tre vigili non si sono presentati. Prossime udienze il 3 e il 14 novembre.\r\nEra il 5 agosto dello scorso anno. Andrea era seduto su una panchina di piazzale Umbria, la “sua” panchina, quella dove era solito trascorrere il proprio tempo libero, quando sono arrivati ambulanza e vigili per imporgli un TSO. Andrea, che tutti ricordano come una persona tranquilla, non si era presentato alla visita psichiatrica mensile, perché non voleva sottoporsi all’abituale iniezione a lento rilascio di Haldol, un potente e dannoso neurolettico, che provoca dipendenza e gravi effetti collaterali, tra cui anche la psicosi per cui veniva “curato”, e che, a detta di familiari e conoscenti, era sopravvenuta anni prima, nella caserma dove aveva svolto il servizio militare. Sebbene l’uomo fosse calmo e, nonostante il provvedimento fosse stato disposto dal Sindaco, sul posto accorsero medici, ambulanza e vigili. Parecchi testimoni hanno visto i vigili prendere e stringere per il collo Andrea fino a farlo diventare cianotico. Ormai privo di sensi, l’hanno ammanettato, gettato prono su una barella. Quando è arrivato al pronto soccorso dell’Ospedale Maria Vittoria era già morto, senza che nessuno si fosse preoccupato di soccorrerlo e rianimarlo.\r\nPer saperne di più leggi l'approfondimento pubblicato su Anarres\r\n\r\nProssimi appuntamenti:\r\n\r\nSabato 15 ottobre – punto info contro la guerra ai poveri al Balon\r\nLeggi qui il testo del volantino che stiamo distribuendo in Barriera di Milano in queste settimane\r\n\r\nSabato 22 ottobre – cena benefit lotte sociali alla fat in corso Palermo 46\r\n\r\nDa sabato 29 ottobre a venerdì 4 novembre – settimana di informazione e lotta contro tutti gli eserciti\r\n\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org","16 Ottobre 2016","2018-10-17 22:58:56","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/10/occhio_mirino-c-200x110.jpg","Anarres del 14 ottobre. Migrazioni, lo sguardo della gente in viaggio. Anarchia e organizzazione. Le aporie della democrazia e lo stato di emergenza. 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Ogni venerdì dalle 10,45 alle 12,45 sui 105,250 di radio Blackout:\r\n\r\nAscolta il podcast:\r\n\r\n2016-10-14-anarres1\r\n\r\n2016-10-13-massimo-org-conmusica\r\n\r\n2016-10-14-anarres3\r\n\r\nIn questa puntata:\r\n\r\nLe migrazioni al di là degli stereotipi, in una narrazione che ci restituisce l'esperienza concreta, singolare di chi si mette in viaggio.\r\nNe parliamo con Andrea Staid, che mescola il suo approccio antropologico con quello della videomaker e disegnatrice Francesca Cogni, con cui sta terminando la scrittura di “Senza confini”, un libro illustrato, che racconta le migrazioni, partendo da due città, simili e insieme diversissime come Milano e Berlino.\r\n“Abbiamo ascoltato, parlato, mangiato, bevuto, scritto e registrato; scambiato storie, lavorato, camminato insieme, disegnato e chiesto loro di disegnare ricordi, sogni e desideri. Oltre a raccontare i vissuti abbiamo immaginato una possibilità di avvenire migliore, un mondo nuovo dove l'unico straniero diventi la discriminazione e il razzismo.”\r\nPer saperne di più leggi la presentazione di Staid uscita su A rivista anarchica\r\n\r\nAnarchia e organizzazione. Per molti, specie se non anarchici, una sorta di ossimoro, nella pratica dei movimenti una sfida lunga un secolo e mezzo.\r\nNe parliamo con Massimo Varengo della Federazione Anarchica Milanese\r\n\r\nIl fantasma della democrazia. Riflessioni a margine di una storia di (stra)ordinaria repressione in una banlieu parigina.\r\nL’Isis ha un solo merito, quello di aver messo allo scoperto, ancora una volta, le aporie democratiche, l’inconsistenza della narrazione sull’universalità dei diritti umani, la scatola vuota che regge l’immaginario che attraversa buona parte del pianeta.\r\nIn questi anni, di fronte alle manifestazioni più nette della criminalità del potere tanti hanno parlato di \"democrazia tradita\". Un'illusione. Un'illusione pericolosa, perché sorregge la convinzione che questo sistema sia correggibile, che la violenza delle forze dell'ordine, la ferocia della macchina delle espulsioni, l'inumanità delle galere, la tortura nelle caserme, i pestaggi nei CIE e per le strade, le facce spaccate dai manganelli, le gole bruciate dai lacrimogeni, i lavoratori che muoiono di lavoro, i veleni che ammorbano la terra siano eccezioni, gravi, estese, durevoli ma eccezioni. La democrazia avrebbe in se gli anticorpi per eliminare i mali che la affliggono, per correggere la rotta, costruire partecipazione nella libertà. \r\n\r\nSi è aperto al tribunale il processo ai tre vigili vigili urbani e allo psichiatra accusati della morte di Andrea Soldi, ucciso nell’estate del 2015 nei giardinetti di corso Umbria, perché si rifiutava di accettare un TSO (Trattamento sanitario obbligatorio). Udienza si è svolta a porte chiuse, i tre vigili non si sono presentati. Prossime udienze il 3 e il 14 novembre.\r\nEra il 5 agosto dello scorso anno. Andrea era seduto su una panchina di piazzale Umbria, la “sua” panchina, quella dove era solito trascorrere il proprio tempo libero, quando sono arrivati ambulanza e vigili per imporgli un TSO. 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