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Una forte esplosione è avvenuta durante i funerali dei membri di Hezbollah nella periferia di Beirut, nel frattempo decine e decine di squadre di ambulanze hanno dovuto rispondere a chiamate per “esplosioni multiple\".\r\n\r\nLe esplosioni, avvenute per la manomissione dei dispositivi (di azienda taiwanese poi trasferita in Ungheria, probabilmente di produzione israeliana) attraverso polvere esplosiva, sono avvenute in contemporanea, in mezzo a civili, inaugurando così una pratica senza precedenti. Nessuno ha preso parola per definire l'attacco israeliano come terrorismo di Stato, ignorando l'ONU che ha dichiarato che i responsabili dell'attacco hanno (ancora una volta) violato il diritto internazionale.\r\n\r\nLe ragioni di questo attacco sono molteplici: l'intento di Israele di mostrare la debolezza del Libano e di Hezbollah, l'obiettivo di dichiarare guerra esplicita e colpire in maniera terroristica la popolazione, agire pressione nei confronti di attori internazionali ancora poco direttamente coinvolti come gli Stati Uniti. Nell'anniversario della strage di Sabra e Chatila del 1982 il governo di Netanyahu ha voluto dimostrare le sue capacità di intelligence e di guerra altamente tecnologica, sperimentando e applicando pratiche militari innovative alla guerra coloniale.\r\n\r\nGrazie al commento di Eliana Riva, caporedattrice di PagineEsteri abbiamo analizzato la situazione dal punto di vista interno e degli effetti sull'intera area del Medio Oriente in una fase di probabile allargamento della guerra\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/Libano-esplosioni-2024_09_19_2024.09.19-10.00.00-escopost.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","20 Settembre 2024","2024-09-20 12:39:07","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/proxy-image-1-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"158\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/proxy-image-1-300x158.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/proxy-image-1-300x158.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/proxy-image-1-1024x538.jpeg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/proxy-image-1-768x403.jpeg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/proxy-image-1.jpeg 1200w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Esplosioni in Libano: si apre un nuovo capitolo del genocidio",1726835947,[162,163,164,165,64,166],"http://radioblackout.org/tag/esplosioni-in-libano/","http://radioblackout.org/tag/gaz/","http://radioblackout.org/tag/gaza/","http://radioblackout.org/tag/israele/","http://radioblackout.org/tag/palestina/",[168,169,170,171,15,172],"esplosioni in libano","gaz","Gaza","Israele","palestina",{"post_content":174},{"matched_tokens":175,"snippet":176,"value":177},[67],"anche in Siria. 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Sono gli indicatori principali nei risultati preliminari del 2023 del gruppo Leonardo, approvati dal consiglio di amministrazione. L’ex Finmeccanica ha beneficiato della guerra tra Russia e Ucraina, che sta premiando per volume di ordini, ricavi ed esplosione delle quotazioni in Borsa le aziende che producono armi ed equipaggiamenti militari .Dall’inizio del 2022 ad oggi il prezzo delle azioni della società è più che triplicato (+217%).\r\nQuesti dati sono il frutto delle politiche di riarmo e della corsa alla guerra di cui i beneficiari sono l'apparato militare industriale e la finanza che sostiene l'industria bellica ,a scapito degli investimenti nel welfare e in altri settori come la sanità e l'istruzione.\r\nDei risultati reddituali di Leonardo e della tendenza alla guerra ne parliamo con Antonio Mazzeo .\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/INFO-040324-MAZZEO.mp3\"][/audio]","4 Marzo 2024","La tendenza alla guerra e gli utili dell'industria militare italiana.","2024-03-04 18:14:21","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/industria-militare-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"166\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/industria-militare-300x166.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/industria-militare-300x166.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/industria-militare-768x425.jpeg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/industria-militare-200x110.jpeg 200w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/industria-militare.jpeg 850w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","I VENTI DI GUERRA INGRASSANO I CONTI DI LEONARDO.",1709576061,[198,199,200],"http://radioblackout.org/tag/apparato-militare-industriale/","http://radioblackout.org/tag/guerra/","http://radioblackout.org/tag/leonardo/",[202,20,203],"apparato militare industriale","leonardo",{"post_content":205},{"matched_tokens":206,"snippet":207,"value":208},[67],"volume di ordini, ricavi ed \u003Cmark>esplosione\u003C/mark> delle quotazioni in Borsa le","Ordini per 17,9 miliardi di euro (+3,8% sul 2022) e ricavi pari a 15,3 miliardi (+3,9%). 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Dagli abusi di psicofarmaci in carcere nei cpr[1][2] alle retoriche neomanicomiali che accompagnano la triste conta degli operatori e delle operatrici (più spesso) uccise dai pazienti, come è successo a Pisa lo scorso 24 Aprile. Una conta ben lontana, comunque, dall’eguagliare le morti di psichiatria nelle carceri, nei reparti ospedalieri, nelle comunità, per strada durante un TSO, per gli effetti collaterali a lungo termine dei farmaci. Eppure, di emergenza psichiatrica si parla sempre solo per dire che ci sono un sacco di matti pericolosi in giro e non per ricordare che la psichiatria può uccidere; e neanche questo è un caso. Non lo è perché la psichiatria è sempre stata, in maniera più o meno attiva a seconda dei periodi storici, schierata in una guerra alla povertà, alla disobbedienza e a tutto ciò che è altro e che eccede la norma. Senza citare i casi di oppositori politici finiti in manicomio, pratica diffusa in tanti paesi del mondo ancora ad oggi, basti pensare che durante il fascismo una donna poteva finire in manicomio perché “libertina, indocile, irosa, smorfiosa o madre snaturata”, oppure che nell’america schiavista la “drapetomania” diagnosticava il desiderio di scappare dallepiantagioni degli schiavi. Casi storici estremi che tradiscono la più subdola compenetrazione quotidiana del controllo sociale e della psichiatria, una pseudoscienza nata dalla separazione tutta occidentale tra ragione e sragione. Ci sono stati, certo, dei brevi periodi in cui i movimenti sociali sono riusciti ad impadronirsi di un’autonomia nella progettazione della cura delle sofferenze sociali distanziandosi dal paradigma biomedico per dare vita ad un’antropologia pratica o ad una sorta di ecologia umana, che ribaltando il meccanismo di delega medico-paziente restituisse la responsabilità della cura alla comunità e al territorio. Il movimento di deistituzionalizzazione in italia è un esito di queste tensioni, ed è importante riconoscerlo altrimenti succede di leggere che i manicomi sono stati chiusi “grazie allo sviluppo della psicofarmacologia che permetteva di curare i pazienti a casa”[3]. No, non è andata così, la chiusura dei manicomi è il frutto di una lotta con tanti morti dentro ai manicomi e con qualche psichiatra (specie quelli a cui piaceva legare le persone ai termosifoni) gambizzato. E sono stati altri psichiatri a tematizzare la lotta di classe nel loro lavoro, ribadendo che se la guerra che avviene ogni giorno in psichiatria viene invisibilizzata, se non si esercita con consapevolezza politica, ogni atto di cura e contenzione diventa un atto di guerra contro una classe marginalizzata.\r\n\r\nQuando questa consapevolezza politica si perde, i discorsi e le pratiche della psichiatria diventano sempre più vicini e simili a strumenti e istituzioni più esplicitamente punitivi e repressivi. La “cura” si mischia con la galera. I reparti, le residenze private e le comunità diventano più simili a carceri, e le carceri vengono inondate di farmaci. Quest’ultime si riversano negli ospedali pieni di detenuti ricoverati, che si aggiungono a chi viene internato perché in famiglia o in quartiere da fastidio. Gli psichiatri diventano così dispensatori di farmaci preoccupati della mera gestione dei sintomi e responsabili della custodia dei loro pazienti. I percorsi esistenziali che si incontrano nelle galere e in psichiatria sono gli stessi, in una traspirazione di destini facilitata dalle porte scorrevoli che separano il sistema penale da quello psichiatrico. Questo lo si intuisce per esempio da un dato su tutti: in tutti i paesi industrializzati il numero di persone con problematiche psichiatriche in carcere aumenta vertiginosamente mentre si riduce quello delle persone prese in carico dai servizi territoriali. La psichiatria è tornata oggi ad essere uno strumento di marginalizzazione, in senso diametralmente opposto alla riforma ispirata da Basaglia che non è mai stata implementata se non in qualche sparuta provincia. I manicomi fioriscono sotto mutate spoglie. Nel 78 c’erano 90.000 persone internate e ne contiamo quasi 70.000 oggi tra SPDC comunità, case di cura eccetera, senza contare l’enorme mole di miseria umana psichiatrizzata in carcere. (Questo dovrebbe fungere da monito a tutti coloro che pensano che lo stato possa riformare la psichiatria).\r\n\r\nPerché oggi si torna a parlare di riforma della psichiatria e si mette in dubbio la chiusura dei manicomi? Tramite la presunta “emergenza psichiatria” diverse parti sociali (governo, associazioni di categoria, direttori sanitari) convergono nel chiedere in breve: più posti nelle REMS, sezioni di carcere speciali per imputabili in aggiunta alla rete di ATSM (Articolazioni di Tutela della Salute Mentale), TSO più snelli. Qualcuno si avventura a chiedere, cogliendo l’occasione, più operatori nei servizi territoriali. Ma non sembra essere questo l’aspetto che interessa ad un governo che assume solo polizia. Il punto è avere più posti letto per i folli rei e per i rei folli. Come se un letto potesse curare qualcuno.\r\n\r\nL’utilizzo per fini repressivi dell’emergenza psichiatria non è nuovo. Già Salvini nel 2018 dichiarava che era in atto una “esplosione di aggressioni” da parte di “pazienti psichiatrici” e che da quando i manicomi sono stati chiusi c’è stato un «abbandono dei malati lasciati in carico alle famiglie». Questo genere di retorica neomanicomiale o panpenalista è interessata all’utilizzo della psichiatria nel governo della popolazione tramite la marginalizzazione di alcuni suoi componenti. Le carceri sono sempre state un avamposto di questa sperimentazione, come è già stato scritto e detto[4][5] e infatti i primi a parlare di emergenza psichiatrica sono stati i sindacati di polizia, le prefetture e il DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria).\r\n\r\nIn secondo luogo, più contenzione è meno cura è la ricetta perfetta per ingrassare il privato. La spesa pubblica e privata nell’ambito della salute mentale viene assorbita soprattutto dalla residenzialità. I soldi girano intorno ai ricoveri, nei posti letto in case di cura lontane dalla comunità, e nei farmaci, che all’isolamento fisico aggiungono la sedazione farmacologica. Si ripropone in questo modo lo stesso circolo vizioso che porta all’esplosione dei profitti privati nell’ambito sanitario e assistenziale. Più la follia viene contenuta e più la gente sta male, e più la gente sta male più bisogno c’è di contenzione e custodia, contenzione materiale ad ingrassare i portafogli di investimenti delle multinazionali della sanità privata, della infinità di cooperative del terzo settore in buona e cattiva fede che gestiscono comunità ormai diventate colonie penali, e non ultima dell’industria dei farmaci. Le visite degli informatori delle case farmaceutiche sono quotidiane in gran parte dei reparti psichiatrici. Farmaci long-acting sempre più sganciati dalla relazione terapeutica, con un rischio di cronicizzazione altissimo che spesso finiscono per ricacciare ancora più a fondo le persone nella voragine esistenziale da cui provano a uscire: solitudine e miseria.\r\n\r\nPer ultima potremmo ipotizzare una terza ragione meno vincolata ad interessi materiali del diffondersi della preoccupazione per l’emergenza psichiatrica? Questa origina forse dalla contemporanea più generale tendenza ad “alienare” tutto ciò che esula dalla consueta e quieta amministrazione della vita sociale. Una malinconica pulsione a reprimere e mortificare ciò che è vivo, e in quanto vivo intrinsecamente rivolto al nuovo, anche oltre la cultura e le abitudini dominanti. Allora in un mondo in cui la sofferenza psichica diventa sempre più spesso strumento di espressione di una condizione politica, e insieme ricerca di un progetto di vita che scardini l’ordine esistente, ecco che ci si attrezza e reprimerla questa tensione, identificando, emergenza dopo emergenza, l’ennesimo nemico pubblico…Emergenza anarchici, emergenza orsi, emergenza matti. Nel mondo che diventa emergenza nessuno è salvo, le categorie dell’esclusione si avvicinano sempre di più.\r\n\r\n[1] https://altreconomia.it/rinchiusi-e-sedati-labuso-quotidiano-di-psicofarmaci-nei-cpr-italiani/\r\n\r\n[2] https://radioblackout.org/2023/01/chimica-e-rivolta-al-casal-del-marmo-di-roma/\r\n\r\n[3] https://www.quotidiano.net/cronaca/legge-basaglia-psichiatri-omicidio-barbara-capovani-39ee9864\r\n\r\n[4] https://www.osservatoriorepressione.info/carcere-psichiatria-strumenti-controllo/\r\n\r\n[5] https://radioblackout.org/podcast/carceri-invisibili-del-20-09-22/","1 Maggio 2023","2023-05-01 19:09:34","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/Progetto-senza-titolo-1-200x110.png","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/Progetto-senza-titolo-1-300x169.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/Progetto-senza-titolo-1-300x169.png 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/Progetto-senza-titolo-1-1024x576.png 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/Progetto-senza-titolo-1-768x432.png 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/Progetto-senza-titolo-1-1536x864.png 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/Progetto-senza-titolo-1.png 1920w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","LA RETORICA DELL’EMERGENZA PSICHIATRICA PER IL CONTROLLO SOCIALE",1682968174,[262,263,264,265,266,267],"http://radioblackout.org/tag/antipsichiatria/","http://radioblackout.org/tag/atsm/","http://radioblackout.org/tag/emergenza-psichiatrica/","http://radioblackout.org/tag/psichiatria-e-controllo-sociale/","http://radioblackout.org/tag/rems/","http://radioblackout.org/tag/tso/",[269,270,271,272,273,274],"antipsichiatria","ATSM","emergenza psichiatrica","psichiatria e controllo sociale","REMS","TSO",{"post_content":276},{"matched_tokens":277,"snippet":278,"value":279},[67],"che era in atto una “\u003Cmark>esplosione\u003C/mark> di aggressioni” da parte di","Non è un caso se di psichiatria si parla sempre più spesso. 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Più la follia viene contenuta e più la gente sta male, e più la gente sta male più bisogno c’è di contenzione e custodia, contenzione materiale ad ingrassare i portafogli di investimenti delle multinazionali della sanità privata, della infinità di cooperative del terzo settore in buona e cattiva fede che gestiscono comunità ormai diventate colonie penali, e non ultima dell’industria dei farmaci. Le visite degli informatori delle case farmaceutiche sono quotidiane in gran parte dei reparti psichiatrici. Farmaci long-acting sempre più sganciati dalla relazione terapeutica, con un rischio di cronicizzazione altissimo che spesso finiscono per ricacciare ancora più a fondo le persone nella voragine esistenziale da cui provano a uscire: solitudine e miseria.\r\n\r\nPer ultima potremmo ipotizzare una terza ragione meno vincolata ad interessi materiali del diffondersi della preoccupazione per l’emergenza psichiatrica? Questa origina forse dalla contemporanea più generale tendenza ad “alienare” tutto ciò che esula dalla consueta e quieta amministrazione della vita sociale. Una malinconica pulsione a reprimere e mortificare ciò che è vivo, e in quanto vivo intrinsecamente rivolto al nuovo, anche oltre la cultura e le abitudini dominanti. Allora in un mondo in cui la sofferenza psichica diventa sempre più spesso strumento di espressione di una condizione politica, e insieme ricerca di un progetto di vita che scardini l’ordine esistente, ecco che ci si attrezza e reprimerla questa tensione, identificando, emergenza dopo emergenza, l’ennesimo nemico pubblico…Emergenza anarchici, emergenza orsi, emergenza matti. Nel mondo che diventa emergenza nessuno è salvo, le categorie dell’esclusione si avvicinano sempre di più.\r\n\r\n[1] https://altreconomia.it/rinchiusi-e-sedati-labuso-quotidiano-di-psicofarmaci-nei-cpr-italiani/\r\n\r\n[2] https://radioblackout.org/2023/01/chimica-e-rivolta-al-casal-del-marmo-di-roma/\r\n\r\n[3] https://www.quotidiano.net/cronaca/legge-basaglia-psichiatri-omicidio-barbara-capovani-39ee9864\r\n\r\n[4] https://www.osservatoriorepressione.info/carcere-psichiatria-strumenti-controllo/\r\n\r\n[5] https://radioblackout.org/podcast/carceri-invisibili-del-20-09-22/",[281],{"field":136,"matched_tokens":282,"snippet":278,"value":279},[67],{"best_field_score":145,"best_field_weight":146,"fields_matched":28,"num_tokens_dropped":48,"score":182,"tokens_matched":28,"typo_prefix_score":48},6646,{"collection_name":59,"first_q":67,"per_page":286,"q":67},6,4,{"facet_counts":289,"found":321,"hits":322,"out_of":461,"page":28,"request_params":462,"search_cutoff":37,"search_time_ms":287},[290,306],{"counts":291,"field_name":304,"sampled":37,"stats":305},[292,294,296,298,300,302],{"count":17,"highlighted":293,"value":293},"I Bastioni di Orione",{"count":28,"highlighted":295,"value":295},"black milk",{"count":28,"highlighted":297,"value":297},"RADIO KALAKUTA",{"count":28,"highlighted":299,"value":299},"defendkurdistan",{"count":28,"highlighted":301,"value":301},"cattivi pensieri",{"count":28,"highlighted":303,"value":303},"La fine della Fine della storia","podcastfilter",{"total_values":286},{"counts":307,"field_name":36,"sampled":37,"stats":320},[308,310,312,314,316,318],{"count":17,"highlighted":309,"value":309},"Bastioni di Orione",{"count":28,"highlighted":311,"value":311},"renzi",{"count":28,"highlighted":313,"value":313},"RADIOKALAKUTA",{"count":28,"highlighted":315,"value":315},"#civediamopoi",{"count":28,"highlighted":317,"value":317},"fiscal compact",{"count":28,"highlighted":319,"value":319},"disoccupazione",{"total_values":286},8,[323,347,370,393,416,439],{"document":324,"highlight":338,"highlights":343,"text_match":143,"text_match_info":346},{"comment_count":48,"id":325,"is_sticky":48,"permalink":326,"podcastfilter":327,"post_author":51,"post_content":328,"post_date":329,"post_excerpt":54,"post_id":325,"post_modified":330,"post_thumbnail":331,"post_title":332,"post_type":333,"sort_by_date":334,"tag_links":335,"tags":337},"97709","http://radioblackout.org/podcast/bastioni-di-orione-08-05-2025-il-nuovo-asse-militare-parigi-berlino-varsavia-a-difesa-dagli-usa-di-trump-mentre-esplode-la-regione-indo-pakistana/",[293],"In questa puntata \"Bastioni di Orione\" torna a toccare vari punti dell'orbe terraqueo che sono in qualche modo collegati tra loro. Accendere un riflettore sui prepotenti primi cento giorni del mandato trumpiano alla Casa Bianca con uno storico come Gian Giacomo Migone significa anche comprendere quali strategie di contenimento del declino americano può permettersi l'amministrazione americana, scoperchiando l'evidenza della dissoluzione del ruolo di gendarme pure nell'ultimo focolaio di tensione che sfrutta il momento di vacanza imperiale per sondare quali sviluppi potrebbe avere lo scontro indo-pakistano sul contenzioso relativo al Kashmir (diviso nelle sue tre componenti etno-religiose) incancrenito nel postcolonialismo del subcontinente indiano. Ne abbiamo parlato con Matteo Miavaldi, con il quale avevamo preconizzato la potenziale esplosione innescata con l'attentato di Pahalgam. Ma anche il dinamismo polacco in materia militare e il conseguente avvicinamento delle due caserme Nato nell'Europa centrorientale: Germania e Polonia sono rivali per il primato militare in Europa e si alleano all'unica potenza nucleare del continente, sfruttando le paure scatenate da una Russia apparentemente aggressiva, anche se non avrebbe interesse a invadere Alessandro Ajres allude a una \"libido\" putiniana in un delirio di espansione imperiale, la paura del quale forse la società polacca ha introiettato in questi anni di destra estrema, alternati a centrodestra, che hanno sviluppato lo sviluppo economico per foraggiare l'industria bellica.\r\n\r\n\r\n\r\nNé India, né Pakistan trovano convenienza in uno scontro frontale ora sulla ottantennale \"questione del Kashmir\", eppure sta avvenendo ed è… esplosiva, nel senso che entrambe sono dotate di armamenti nucleari. L’India ha una preponderanza in ogni arma, ma quando si parla di nucleare e di dispute religioso-nazionaliste tra stati retti da fanatici difficilmente ne esce un vincitore vivo.\r\nCon Matteo Miavaldi percorriamo la china che ha portato a questa situazione pericolosa che ha già prodotto decine di morti dalla strage di Pahalgham del 22 aprile, quando un commando jihadista ha ucciso 26 indiani in Kashmir, evidenziando l’impreparazione dell’intelligence di Dehli e scatenando la reazione unitaria della nazione indiana che due settimane dopo ha prodotto una quarantina di morti con il bombardamento dell’Operazione Sindoor contro il Pakistan, i cui vertici negano ogni responsabilità nell’innesco della spirale. L’escalation muscolare è pari a quella propagandistica, tanto che è difficile accettare e prendere per buone quasi tutte le ricostruzioni che provengono da ciascuno dei contendenti.\r\nLa storia del Jammu-Kashmir è travagliata dal dopoguerra: in comune con le vicende israelo-palestinesi non c’è solo il 1947 come data del vulnus, ma anche lo sfruttamento di ogni periodo in cui la diplomazia internazionale va in panne, permettendo all’apparato militare di risolvere con i suoi metodi le dispute; e forse si può individuare nel 2019 con la revoca dello stato semiautonomo della regione indiana una svolta a cui non si possono ricondurre questi risultati ma fu un avvio di un processo che ne ha consentito il deflagrare del problema in questi termini, perché ha prodotto un cambio nella composizione delle credenze e nella maggiore presenza culturale hindu tra la popolazione delle regioni di confine. Le conseguenze non possono che essere le risposte reciproche più violente dalla creazione del Bangla Desh dal Pakistan Orientale.\r\nE a fronte di un evento di portata così storica le reazioni internazionali o i tentativi di interposizione per arrivare a una pacificazione dell’area sono risibili da parte di tutte le potenze globali, peraltro difficilmente potrebbero venire accettate dai rispettivi nazionalismi dei contendenti. La Cina si è offerte come mediatrice, appalesando un interesse precipuo alla composizione del conflitto, benché sia chiaro che l’interesse di Pechino è il mantenimento del territorio pakistano, storico alleato e indispensabile corridoio per la Belt Road Initiative; facendo da contrappeso all’immediato sostegno di Israele alla rappresaglia indiana, tanto assimilabile alla reazione assassina dell’entità sionista a Gaza.\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/7IBzky3YF9FknUxHEN6yWV?si=bHv964OURDqoJY5k3qRDSA\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/Innesco-e-propaganda-in-Kashmir_Miavaldi.mp3\"][/audio]\r\n\r\nPer ascoltare i podcast sull'Estremo oriente si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nTusk partecipa ai summit sul destino della guerra con Merz e Macron, a dimostrazione della sua potenza militare che sfida la preminenza europea dei due partner, esaltando il nazionalismo di matrice romantica mai realmente venuto meno al paese, che negli ultimi 2/3 decenni ha raddoppiato il pil e livellato i tassi di povertà delle componenti sociali. Sottoposto questo paesaggio ad Alessandro Ajres, ci ha fatto notare come questo sia potuto accadere in seguito all’alternanza al potere dei rappresentanti della sacca rurale retriva e conservatrice che vota l'estrema destra del PiS e di quelli del centro destra liberal-conservatore che trova i propri consensi nelle metropoli e nei bacini minerari e navali. La matrice militare e reazionaria – sempre meno sfumata in entrambi i campi dalla forza della chiesa cattolica, che ha disperso la potenza data dal fanatismo dei tempi wojtyliani – si fonda su una produzione industriale a basso costo, e l’importanza della posizione geografica, che la pone tra quegli stati europei a ridosso del confine con i territori controllati da Mosca che cavalcano le paure dell’orso russo e le fomentano per spostare capitali statali verso il settore bellico (che drena il 5 per cento del pil ormai da anni).\r\nQuesta situazione pone la Polonia nella condizione di incalzare la potenza militare tedesca e la sua preminenza nel mettere a disposizione territorio e basi missilistiche al sistema di guerra occidentale; e questa spirale le consente inoltre di essere il faro della fazione degli impauriti baltici, inserendosi nella tradizione deel destre nazionaliste dell'Esteuropa. Ed è in questo contesto che diventa interessante vedere come anziché scontrarsi sembra che Polonia e Germania uniscano le loro forze per sostenere una politica europea a loro immagine.\r\nLa Polonia e i suoi fratelli comprende sia le repubbliche baltiche, sia gli altri stati ex sovietici, in cui la recrudescenza antirussa ha prodotto frange sempre più ampie di nostalgie fasciste che impastano un po' tutta la regione di nazionalismi fanatici, più che romantici.\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/gli-assi-di-potere-europei-inglobano-la-polonia--66032024\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/La-Polonia-e-i-suoi-fratelli_Ajres.mp3\"][/audio]\r\n\r\nPer ascoltare gli episodi precedenti relativi alla regione pannonica, balcanica e caucasica si trovano qui\r\n\r\nCon Giangiacomo Migone che fra le altre cose ha insegnato storia dell'America del nord all'università di Torino ,parliamo delle fratture all'interno della società americana e della crisi di egemonia di cui l'elezione di Trump è la conseguenza. Trump si è rivolto ad un altro elettorato ,la parte dei bianchi americani impoveriti dalla globalizzazione che ha mangiato i posti di lavoro che sono stati delocalizzati altrove .Trump prende atto che gli USA nonostante la potenza militare non sono più l'egemone e la sua visione incarna la nostalgia della grandezza americana che vorrebbe far rivivere nonostante la concorrenza della Cina che ha invece una percezione multipolare del mondo.\r\nNonostante la torsione autoritaria che è incarnata dalla politica trumpiana ci sono delle resistenze all'interno del tessuto sociale americano che si manifestano nelle università ,nell'opposizione dei tribunali ai decreti del presidente che non considera i contrappesi istituzionali e si concretizzano anche nelle affollate piazze che stanno seguendo il tour contro l'oligarchia del senatore Sanders e di Alexandra Ocasio Cortez. La politica di Trump è al servizio dell'1% più ricco e alimenta la guerra fra poveri delle classi medie impoverite bianche contro gli immigrati .\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-specchio-della-crisi-di-egemonia-degli-usa--66055851\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/BASTIONI-DI-ORIONE-08052025-MIGONE.mp3\"][/audio]\r\n\r\nSi è affrontata il sovranismo imperante dall'avvento del Trump Revenge qui\r\n\r\n ","11 Maggio 2025","2025-05-14 00:54:58","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 08/05/2025 - IL NUOVO ASSE MILITARE PARIGI BERLINO VARSAVIA A DIFESA DAGLI USA DI TRUMP MENTRE ESPLODE LA REGIONE INDO-PAKISTANA.","podcast",1746964824,[336],"http://radioblackout.org/tag/bastioni-di-orione/",[309],{"post_content":339},{"matched_tokens":340,"snippet":341,"value":342},[67],"quale avevamo preconizzato la potenziale \u003Cmark>esplosione\u003C/mark> innescata con l'attentato di Pahalgam.","In questa puntata \"Bastioni di Orione\" torna a toccare vari punti dell'orbe terraqueo che sono in qualche modo collegati tra loro. 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Si tratta di un gabinetto composto da 23 membri, di cui 4 facenti parte di gruppi minoritari. Continuano però le preoccupazioni su questo governo e sul processo, ben poco democratico, che ha portato a questa formazione. L'amministrazione autonoma della Siria del Nord Est ha rilasciato a proposito un comunicato in cui sottolinea come il governo di Damasco abbia costantemente escluso diversi segmenti e gruppi etnici del popolo siriano dai processi politici e come abbia perseguito un approccio di governance unilaterale.\r\n\r\nSi legge nel comunicato:\r\n\r\n\"Qualsiasi governo che non rifletta la struttura multiculturale e polifonica della Siria non può governare il paese in modo sano e non può offrire una via d'uscita dall'attuale crisi. Al contrario, tali governi aggravano la crisi e creano nuove situazioni di stallo invece di risolvere le cause profonde del problema. Pertanto, non abbiamo alcun obbligo di attuare le decisioni di tali governi. Ripetere gli errori del passato danneggerà solo il popolo siriano e non aprirà mai la strada a una soluzione politica globale\".\r\n\r\nL'amministrazione autonoma si rivolge direttamente al governo quindi, facendo presente che o nel concreto si avvia un processo democratico interno al Paese, oppure l'amministrazione non riterrà legittime le decisioni del governo centrale. Ciò succede dopo che il governo centrale e le SDF, le forze militari dell'amministrazione autonoma, hanno firmato un accordo in otto punti, di cui abbiamo parlato nella puntata dedicata a Lorenzo Orsetti, che di fatto rappresenta il primo passo verso l’integrazione delle istituzioni civili e militari della Siria del Nord-Est nel governo siriano.\r\n\r\nA ciò si aggiunge la notizia che i quartieri a maggioranza curda Sheikh Maqsoud e Ashrafiyah di Aleppo, città che si trova fuori dall'amministrazione autonoma della Siria del nord est, hanno raggiunto un'accordo con il governo centrale siriano. Secondo questo accordo, le ypg e le ypj (forze di difesa popolare che fanno parte delle SDF), si ritirano dai due quartieri e la sicurezza di questi è in garantita dal ministero degli interni Siriano, legato al governo di Al Shara, insieme alle forze di sicurezza interna (l'Asaysh) che invece risponde all'amministrazione autonoma ed è la polizia interna dell'amministrazione autonoma.\r\n\r\nUna situazione quella in Siria in cui è evidente come l'amministrazione autonoma stia cercando di espandere la propria influenza nell'ottica di democratizzare il resto della Siria sulla base dell'esperienza del Rojava, contrapponendosi ad un governo che sta cercando di mantenere saldo il potere appena conquistato. Tanto si sta giocando su piano diplomatico, almeno nei confronti del governo centrale siriano, per non perdere le conquiste politiche ottenute fino ad oggi, mentre non finiscono le operazioni militari contro gli attacchi turchi e dell'SNA.\r\n\r\nEcco una lettera ricevuta da un compagno internazionalista dalla diga di Tishreen dove continua la veglia della popolazione.\r\n\r\n\r\n\"Come è ben noto, lo stato fascista turco ha attaccato le regioni della Siria settentrionale e orientale da novembre, poiché il processo rivoluzionario qui è un faro di speranza e una vera alternativa alla dura realtà della modernità capitalista. Questi attacchi sono stati fermati alla diga di Tişirin e al ponte di Qarakozah, poiché i mercenari turchi dell'SNA volevano avanzare verso Kobane, la \"Stalingrado curda\", che ha segnato l'inizio della sconfitta dell'ISIS nel 2015.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nLa diga di Tişirin è di grande importanza strategica. In tempi normali, fornisce elettricità a centinaia di migliaia di abitanti della Siria nord-orientale e produce una grandissima quantità di acqua potabile grazie a un sistema di depurazione. È anche uno dei pochi punti di attraversamento dell'Eufrate. Sapendo questo, i mercenari si sono trovati di fronte a una grande e storica resistenza da parte dei combattenti SDF e non sono riusciti a guadagnare terreno in questa regione. La resistenza è in corso da 2 mesi e sta entrando nel suo terzo... all'inizio della lotta i combattenti per la libertà SDF sono stati attaccati da ondate di mercenari supportati da attacchi aerei e tecnologia turchi. Ci sono state molte vittime nei primi giorni di scontro. Anche se l'intera Siria stava arrivando a un processo di riduzione dei combattimenti, facendo appelli alla situazione politica nella regione e alla nuova situazione consolidata, gli attacchi alla Siria settentrionale e orientale sono aumentati. Rendendosi conto della realtà della situazione, il popolo della rivoluzione, il popolo di Rêber Apo, si è prontamente ribellato e si è mosso verso la diga di Tişirin per protestare contro gli attacchi immotivati dello stato turco e per dimostrare il proprio sostegno ai combattenti delle SDF che resistevano in prima linea (a circa 3 km dalla diga).\r\n\r\n\r\n\r\nSotto lo spirito della guerra popolare rivoluzionaria, i popoli del Rojava hanno formato veri e propri scudi umani per difendere la diga, provenienti da ogni gruppo etnico e da ogni parte della Siria nord-orientale [...] Il coraggio, la potenza in ciò è semplicemente inspiegabile. Mentre le persone fuggono dalle bombe, ce ne sono altre che corrono l'una verso l'altra per proteggere i loro compagni dalla loro parte, sapendo che questa potrebbe essere la loro ultima mossa. Mentre le bombe cadevano intorno a noi, gli slogan di resistenza aumentavano, il morale si elevava a ogni suono di esplosione.\r\n\r\n\r\n\r\n[...] assistere alla resistenza popolare sulla diga ha avuto un impatto enorme tra i combattenti. Hanno visto le loro coraggiose donne e uomini anziani come le loro madri e padri lì per loro e, motivati da questo spirito di guerra popolare rivoluzionaria, sono andati ad affrontare il nemico e ondata dopo ondata di attacchi mercenari sono stati sconfitti dalle SDF. Sì, i compagni sono caduti martiri, gli amici non hanno potuto muovere i loro corpi per giorni a causa del volo costante dei droni turchi sulle nostre teste, abbiamo ferito degli amici, ma questa è la realtà della guerra. Il vero volto di questa resistenza non risiede nelle vittorie militari sul campo di battaglia. La vera resistenza risiede in ognuna di queste giovani donne e uomini che hanno capito nel profondo perché stiamo combattendo.\r\n\r\n\r\n\r\n[...] Lo spirito è forte e il significato della nostra vita quotidiana ha raggiunto un livello diverso dal sacrificio delle persone alla diga dei martiri. In questo momento gli scontri sono meno frequenti, gli attacchi dell'SNA sono concentrati sull'uso di armi pesanti e con il supporto dei droni e degli aerei da guerra dello stato turco, molto simili alla resistenza sulle montagne libere del Kurdistan. Siamo entrati in un nuovo momento per il Kurdistan e per la Rivoluzione, c'è ancora molto da accadere e molto da chiarire. Tuttavia, qui in prima linea alla diga di Tişrîn, il nostro obiettivo e il nostro lavoro sono chiari come l'acqua della diga che difendiamo. Siamo pronti, motivati e impazienti. Non ci arrenderemo e sotto lo spirito della guerra popolare rivoluzionaria prevarremo ancora una volta contro questo barbaro nemico fascista. Lunga vita alla resistenza a Tişirin Lunga vita al popolo Vittoria o vittoria!”\r\n\r\n\r\n\r\nMarzo 2025\r\n\r\n\r\nIl 4 aprile è stato il giorno internazionale del libro di Ocalan e in tutto il mondo, compresa Torino, si sono tenute iniziative di dibattito e letture dei testi di Abdullah Ocalan, filosofo e rivoluzionario in carcere da 26 anni nell'isola - prigione di Imrali. I suoi testi, in particolare quelli scritti in carcere, hanno ispirato la rivoluzione del Rojava e continuano ad ispirare in tutto il mondo la lotta politica di tantissime persone. La campagna per la liberazione fisica di Ocalan continua, con ancora più forza dopo i recenti sviluppi seguiti alle visite che ha ricevuto da parte di esponenti del partito DEM turco e dopo l'appello alla pace e alla società democratica, di cui potete trovare un commento nei podcast pubblicati sul sito.","10 Aprile 2025","2025-04-10 16:02:39","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/02/AGGIORNAMENTI-DALLA-CAMPAGNA-DEFEND-ROJAVA-2-1-e1744293681399-200x110.png","Aggiornamenti dalla campagna Defend Rojava! Cosa succede in Siria.",1744300959,[],[],{"post_content":362},{"matched_tokens":363,"snippet":364,"value":365},[67],"elevava a ogni suono di \u003Cmark>esplosione\u003C/mark>.\r\n\r\n\r\n\r\n[...] assistere alla resistenza popolare sulla","[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/04/podcast-DR12.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[Download]\r\n\r\nAhmed Al Shara, presidente ad interim della Siria ha nominato il nuovo governo dopo la presentazione della costituzione provvisoria. Si tratta di un gabinetto composto da 23 membri, di cui 4 facenti parte di gruppi minoritari. Continuano però le preoccupazioni su questo governo e sul processo, ben poco democratico, che ha portato a questa formazione. L'amministrazione autonoma della Siria del Nord Est ha rilasciato a proposito un comunicato in cui sottolinea come il governo di Damasco abbia costantemente escluso diversi segmenti e gruppi etnici del popolo siriano dai processi politici e come abbia perseguito un approccio di governance unilaterale.\r\n\r\nSi legge nel comunicato:\r\n\r\n\"Qualsiasi governo che non rifletta la struttura multiculturale e polifonica della Siria non può governare il paese in modo sano e non può offrire una via d'uscita dall'attuale crisi. Al contrario, tali governi aggravano la crisi e creano nuove situazioni di stallo invece di risolvere le cause profonde del problema. Pertanto, non abbiamo alcun obbligo di attuare le decisioni di tali governi. Ripetere gli errori del passato danneggerà solo il popolo siriano e non aprirà mai la strada a una soluzione politica globale\".\r\n\r\nL'amministrazione autonoma si rivolge direttamente al governo quindi, facendo presente che o nel concreto si avvia un processo democratico interno al Paese, oppure l'amministrazione non riterrà legittime le decisioni del governo centrale. Ciò succede dopo che il governo centrale e le SDF, le forze militari dell'amministrazione autonoma, hanno firmato un accordo in otto punti, di cui abbiamo parlato nella puntata dedicata a Lorenzo Orsetti, che di fatto rappresenta il primo passo verso l’integrazione delle istituzioni civili e militari della Siria del Nord-Est nel governo siriano.\r\n\r\nA ciò si aggiunge la notizia che i quartieri a maggioranza curda Sheikh Maqsoud e Ashrafiyah di Aleppo, città che si trova fuori dall'amministrazione autonoma della Siria del nord est, hanno raggiunto un'accordo con il governo centrale siriano. Secondo questo accordo, le ypg e le ypj (forze di difesa popolare che fanno parte delle SDF), si ritirano dai due quartieri e la sicurezza di questi è in garantita dal ministero degli interni Siriano, legato al governo di Al Shara, insieme alle forze di sicurezza interna (l'Asaysh) che invece risponde all'amministrazione autonoma ed è la polizia interna dell'amministrazione autonoma.\r\n\r\nUna situazione quella in Siria in cui è evidente come l'amministrazione autonoma stia cercando di espandere la propria influenza nell'ottica di democratizzare il resto della Siria sulla base dell'esperienza del Rojava, contrapponendosi ad un governo che sta cercando di mantenere saldo il potere appena conquistato. Tanto si sta giocando su piano diplomatico, almeno nei confronti del governo centrale siriano, per non perdere le conquiste politiche ottenute fino ad oggi, mentre non finiscono le operazioni militari contro gli attacchi turchi e dell'SNA.\r\n\r\nEcco una lettera ricevuta da un compagno internazionalista dalla diga di Tishreen dove continua la veglia della popolazione.\r\n\r\n\r\n\"Come è ben noto, lo stato fascista turco ha attaccato le regioni della Siria settentrionale e orientale da novembre, poiché il processo rivoluzionario qui è un faro di speranza e una vera alternativa alla dura realtà della modernità capitalista. Questi attacchi sono stati fermati alla diga di Tişirin e al ponte di Qarakozah, poiché i mercenari turchi dell'SNA volevano avanzare verso Kobane, la \"Stalingrado curda\", che ha segnato l'inizio della sconfitta dell'ISIS nel 2015.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nLa diga di Tişirin è di grande importanza strategica. In tempi normali, fornisce elettricità a centinaia di migliaia di abitanti della Siria nord-orientale e produce una grandissima quantità di acqua potabile grazie a un sistema di depurazione. È anche uno dei pochi punti di attraversamento dell'Eufrate. Sapendo questo, i mercenari si sono trovati di fronte a una grande e storica resistenza da parte dei combattenti SDF e non sono riusciti a guadagnare terreno in questa regione. La resistenza è in corso da 2 mesi e sta entrando nel suo terzo... all'inizio della lotta i combattenti per la libertà SDF sono stati attaccati da ondate di mercenari supportati da attacchi aerei e tecnologia turchi. Ci sono state molte vittime nei primi giorni di scontro. Anche se l'intera Siria stava arrivando a un processo di riduzione dei combattimenti, facendo appelli alla situazione politica nella regione e alla nuova situazione consolidata, gli attacchi alla Siria settentrionale e orientale sono aumentati. Rendendosi conto della realtà della situazione, il popolo della rivoluzione, il popolo di Rêber Apo, si è prontamente ribellato e si è mosso verso la diga di Tişirin per protestare contro gli attacchi immotivati dello stato turco e per dimostrare il proprio sostegno ai combattenti delle SDF che resistevano in prima linea (a circa 3 km dalla diga).\r\n\r\n\r\n\r\nSotto lo spirito della guerra popolare rivoluzionaria, i popoli del Rojava hanno formato veri e propri scudi umani per difendere la diga, provenienti da ogni gruppo etnico e da ogni parte della Siria nord-orientale [...] Il coraggio, la potenza in ciò è semplicemente inspiegabile. Mentre le persone fuggono dalle bombe, ce ne sono altre che corrono l'una verso l'altra per proteggere i loro compagni dalla loro parte, sapendo che questa potrebbe essere la loro ultima mossa. 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La vera resistenza risiede in ognuna di queste giovani donne e uomini che hanno capito nel profondo perché stiamo combattendo.\r\n\r\n\r\n\r\n[...] Lo spirito è forte e il significato della nostra vita quotidiana ha raggiunto un livello diverso dal sacrificio delle persone alla diga dei martiri. In questo momento gli scontri sono meno frequenti, gli attacchi dell'SNA sono concentrati sull'uso di armi pesanti e con il supporto dei droni e degli aerei da guerra dello stato turco, molto simili alla resistenza sulle montagne libere del Kurdistan. Siamo entrati in un nuovo momento per il Kurdistan e per la Rivoluzione, c'è ancora molto da accadere e molto da chiarire. Tuttavia, qui in prima linea alla diga di Tişrîn, il nostro obiettivo e il nostro lavoro sono chiari come l'acqua della diga che difendiamo. Siamo pronti, motivati e impazienti. Non ci arrenderemo e sotto lo spirito della guerra popolare rivoluzionaria prevarremo ancora una volta contro questo barbaro nemico fascista. Lunga vita alla resistenza a Tişirin Lunga vita al popolo Vittoria o vittoria!”\r\n\r\n\r\n\r\nMarzo 2025\r\n\r\n\r\nIl 4 aprile è stato il giorno internazionale del libro di Ocalan e in tutto il mondo, compresa Torino, si sono tenute iniziative di dibattito e letture dei testi di Abdullah Ocalan, filosofo e rivoluzionario in carcere da 26 anni nell'isola - prigione di Imrali. I suoi testi, in particolare quelli scritti in carcere, hanno ispirato la rivoluzione del Rojava e continuano ad ispirare in tutto il mondo la lotta politica di tantissime persone. 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Proprio all'alba sembra che alcuni tank israeliani accompagnati da unità di fanteria abbiano compiuto alcune incursioni nel nord della Striscia, ma a parte questo, l'offensiva di terra continua a non partire.\r\nLe cause sono molte: innanzitutto si teme un allargamento in senso regionale del conflitto, ma pesa anche la percezione della questione palestinese in quasi tutto il mondo che non sia occidente. Erdogan non avrebbe potuto essere più chiaro, affermando che gli uomini di Hamas non sono terroristi ma combattenti per la causa palestinese.\r\n\r\nLa contro narrazione di parte occidentale è tutta tesa a coprire i crimini di guerra israeliani sotto frasi roboanti tipo “il diritto di Israele a difendersi”, che per la verità non è mai stato messo in discussione, o “il diritto di Israele ad esistere”, che Hamas non è minimamente in grado di mettere in discussione. Guterres, nella sua impotenza, ha cercato una sintesi, condannando le atrocità di Hamas ma sottolineandone l'origine storica nelle sofferenze che impunemente e illegalmente Israele infligge da decenni ai Palestinesi, ma anche questo è sembrato troppo alle orecchie occidentali, sensibilissime quando i morti sono i suoi.\r\n\r\nSul tavolo pesa come un macigno la questione degli ostaggi attorno alla quale ruotano i segretissimi negoziati e che può essere l'ago della bilancia di una nuova esplosione del dissenso interno israeliano per ora più o meno soffocato dalla chiamata a serrare i ranghi. La verità è che stiamo assistendo alla punizione collettiva del popolo palestinese che non può che auto percepirsi come martire anche per dare un senso alle condizioni disumane cui è sottoposto che in questi giorni assumono i contorni di una vera e propria carneficina di massa in cui donne e bambini sono colpevoli quanto gli uomini di Hamas. Intanto è difficile non vedere che al di là della vendetta attesa, tremenda e scomposta di Israele, Hamas è soprattutto colpevole di aver messo in luce la vulnerabilità di uno stato che si pensava quasi normalizzato, con i palestinesi ridotti a una fastidiosa questione di razzi destinati a far cilecca, di coltelli o investimenti in auto, qualcosa di gestibile a livello di polizia, insomma, nel disinteresse internazionale.\r\n\r\nGli Usa intanto fanno capire che c'è appoggio ma che non è incondizionato e Biden saltella tra il pieno sostegno a Israele, cui riconoscono di dirigere le operazioni, e i richiami al fatto che il popolo palestinese non è Hamas. Ben intenzionato, quindi, a far si che il fronte regionale non si allarghi.\r\n\r\nNella seconda parte della puntata, a partire dal recente forum sulla Belt and Road Initiative tenutosi a Pechino la scorsa settimana, analizziamo la postura cinese in Medio Oriente: la Cina, infatti, è economicamente il secondo partner di Israele (dopo gli Usa), mentre dal punto di vista diplomatico la Repubblica Popolare, fin dai tempi di Mao, ha un atteggiamento di vicinanza alle istanze del popolo palestinese. Atteggiamento contradditorio, che fa il paio con i consolidati rapporti bilaterali intessuti con l'Iran e che ha nondimeno consentito di registrare di recente significativi successi diplomatici nell'area. Come incide la guerra su questa postura? Quanto pesa lo scontro Stati Uniti-Cina perennemente presente sullo sfondo? Ne parliamo ai nostri microfoni con Dario di Conzo, dottorando in Political Economy cinese alla Normale di Pisa.\r\n\r\nAscolta il podcast:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/la-fine-26-10.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nMATERIALI\r\n\r\nThe Economist - Netanyahu’s handling of the hostage crisis enrages Israelis\r\n\r\nEtienne Dignat - La guerra degli ostaggi: 10 punti sulla tattica di Hamas in Israele\r\n\r\nRichard Haass - What Friends Owe Friends - Why Washington Should Restrain Israeli Military Action in Gaza—and Preserve a Path to Peace\r\n\r\nThe Economist - Can America handle two wars, and maybe a third?\r\n\r\nUmberto De Giovannangeli - Intervista a Lucio Caracciolo: “Israele non ha capito che non si possono tenere in gabbia due milioni di persone”\r\n\r\nFrancesco Rigatelli - Amitav Ghosh: “Occidente, il tuo dominio sta finendo”\r\n\r\nOrigins of Hamas/Israeli War w/ Prof. John J. 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Guterres, nella sua impotenza, ha cercato una sintesi, condannando le atrocità di Hamas ma sottolineandone l'origine storica nelle sofferenze che impunemente e illegalmente Israele infligge da decenni ai Palestinesi, ma anche questo è sembrato troppo alle orecchie occidentali, sensibilissime quando i morti sono i suoi.\r\n\r\nSul tavolo pesa come un macigno la questione degli ostaggi attorno alla quale ruotano i segretissimi negoziati e che può essere l'ago della bilancia di una nuova \u003Cmark>esplosione\u003C/mark> del dissenso interno israeliano per ora più o meno soffocato dalla chiamata a serrare i ranghi. La verità è che stiamo assistendo alla punizione collettiva del popolo palestinese che non può che auto percepirsi come martire anche per dare un senso alle condizioni disumane cui è sottoposto che in questi giorni assumono i contorni di una vera e propria carneficina di massa in cui donne e bambini sono colpevoli quanto gli uomini di Hamas. 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Ci si chiede se quello che sta accadendo sia una strategia per eliminare Hezbollah e la componente sciita per fini tristemente economici che aprirebbero la sponda ai grandi investitori e agli americani con cui il Paese sarebbe ricoperto di prestiti.Rimangono gli stessi nomi, la stesse divisioni tra la componente maronita sunnita e quella sciita e di Hezboah accusata dalla prima di tenere in ostaggio il Paese e mantenendo vivi i sospetti di un qualche coinvolgimento sull' esplosione di agosto 2020 ancora senza un colpevole.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nParliamo con Adam rappresentante della comunità sudanese a Roma e con Antonella Napoli giornalista e collaboratrice dell'ISPI del colpo di stato in Sudan lo scorso 25 ottobre che ha interrotto il governo di transizione e al quale è seguita la continua opposizione della popolazione contro i militari che ostentano velleità di onnipotenza e già in passato autori del genocidio in Darfur. La forte quanto lungimirante ostinazione popolare di non stringere accordi con tali personaggi non è stata in tempo captata dall'esecutivo destituito. Intanto la popolazione paga il prezzo come sempre: mancanza delle comunicazioni, chiusura delle banche, arresti e detenzioni arbitrarie completano il disastroso scenario. Gli interessi egiziani, dell'Arabia Saudita e degli Emirati hanno messo il loro sigillo. Ambigua la posizione di Israele che per ora fa finta di niente dopo il riconoscimento ufficiale da parte del Sudan , anche il non esporsi d' altronde è una mossa politica. Il tentativo di impedire il progetto della grande diga accomuna la giunta sudanese a quelli che sono gli intenti dell'Egitto che quando vuole qualcosa non sta certo a guardare. Disastroso l'impatto di tale situazione per i profughi rifugiati in Sudan in seguito alle violenze della guerra del Tigray. 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Ci si chiede se quello che sta accadendo sia una strategia per eliminare Hezbollah e la componente sciita per fini tristemente economici che aprirebbero la sponda ai grandi investitori e agli americani con cui il Paese sarebbe ricoperto di prestiti.Rimangono gli stessi nomi, la stesse divisioni tra la componente maronita sunnita e quella sciita e di Hezboah accusata dalla prima di tenere in ostaggio il Paese e mantenendo vivi i sospetti di un qualche coinvolgimento sull' \u003Cmark>esplosione\u003C/mark> di agosto 2020 ancora senza un colpevole.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nParliamo con Adam rappresentante della comunità sudanese a Roma e con Antonella Napoli giornalista e collaboratrice dell'ISPI del colpo di stato in Sudan lo scorso 25 ottobre che ha interrotto il governo di transizione e al quale è seguita la continua opposizione della popolazione contro i militari che ostentano velleità di onnipotenza e già in passato autori del genocidio in Darfur. La forte quanto lungimirante ostinazione popolare di non stringere accordi con tali personaggi non è stata in tempo captata dall'esecutivo destituito. Intanto la popolazione paga il prezzo come sempre: mancanza delle comunicazioni, chiusura delle banche, arresti e detenzioni arbitrarie completano il disastroso scenario. Gli interessi egiziani, dell'Arabia Saudita e degli Emirati hanno messo il loro sigillo. Ambigua la posizione di Israele che per ora fa finta di niente dopo il riconoscimento ufficiale da parte del Sudan , anche il non esporsi d' altronde è una mossa politica. Il tentativo di impedire il progetto della grande diga accomuna la giunta sudanese a quelli che sono gli intenti dell'Egitto che quando vuole qualcosa non sta certo a guardare. Disastroso l'impatto di tale situazione per i profughi rifugiati in Sudan in seguito alle violenze della guerra del Tigray. 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