","Quale futuro per la Cina post-covid?","post",1675461478,[60,61,62,63,64,65,66],"http://radioblackout.org/tag/chip/","http://radioblackout.org/tag/cina/","http://radioblackout.org/tag/covid/","http://radioblackout.org/tag/fogli-bianchi/","http://radioblackout.org/tag/foxconn/","http://radioblackout.org/tag/xi-jinping/","http://radioblackout.org/tag/zerocovid/",[17,15,19,33,25,29,27],{"post_content":69,"tags":75},{"matched_tokens":70,"snippet":73,"value":74},[71,72],"fogli","bianchi","Foxconn e quella cosiddetta \"dei \u003Cmark>fogli\u003C/mark> \u003Cmark>bianchi\u003C/mark>\" estesa in tutto il paese.","Nel novembre 2022 in Cina si sono succedute a breve distanza due grandi ondate di protesta che non hanno scosso solo l'opinione occidentale ma anche quella cinese, riuscendo a superare la censura statale: la rivolta degli operai della fabbrica di Iphone Foxconn e quella cosiddetta \"dei \u003Cmark>fogli\u003C/mark> \u003Cmark>bianchi\u003C/mark>\" estesa in tutto il paese. Entrambe affondano le loro radici nella gestione della pandemia di Covid-19 in Cina da parte del governo di Xi Jinping, il quale ha fatto della strategia \"Zero Covid\" il cardine delle sue azioni politiche.\r\n\r\nSe nel caso della Foxconn il tentativo di contenere il virus intaccando il meno possibile la produzione, arrivando a rinchiudere i lavoratori nella fabbrica, è culminato in un escalation di rivolte dentro l'azienda stessa, le proteste contro la politica Zero Covid, iniziate in seguito al mancato soccorso delle persone coinvolte nell'incendio di un palazzo a Urumqi per il rispetto dei protocolli sanitari, erano invece dirette contro Xi Jinping e il Partito Comunista Cinese.\r\n\r\nDal dicembre 2022 sono state allentate le misure di confinamento imposte dalla politica Zero Covid, ma quali sono le ragioni dietro a questa scelta? E quali porspettive ci sono per il futuro della Cina?\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Gabriele Battaglia, giornalista freelance vissuto undici anni a Pechino:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/02/Cina-03022023.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nQui un altro podcast sulle proteste dei \u003Cmark>fogli\u003C/mark> \u003Cmark>bianchi\u003C/mark> a cura de \"La fine della storia\":\r\n\r\nhttps://radioblackout.org/podcast/white-paper-revolution/\r\n\r\n ",[76,78,80,82,85,87,89],{"matched_tokens":77,"snippet":17},[],{"matched_tokens":79,"snippet":15},[],{"matched_tokens":81,"snippet":19},[],{"matched_tokens":83,"snippet":84},[71,72],"\u003Cmark>fogli\u003C/mark> \u003Cmark>bianchi\u003C/mark>",{"matched_tokens":86,"snippet":25},[],{"matched_tokens":88,"snippet":29},[],{"matched_tokens":90,"snippet":27},[],[92,98],{"field":34,"indices":93,"matched_tokens":95,"snippets":97},[94],3,[96],[71,72],[84],{"field":99,"matched_tokens":100,"snippet":73,"value":74},"post_content",[71,72],1157451471441625000,{"best_field_score":103,"best_field_weight":104,"fields_matched":38,"num_tokens_dropped":46,"score":105,"tokens_matched":38,"typo_prefix_score":46},"2211897868544",13,"1157451471441625194",{"document":107,"highlight":126,"highlights":131,"text_match":134,"text_match_info":135},{"cat_link":108,"category":109,"comment_count":46,"id":110,"is_sticky":46,"permalink":111,"post_author":49,"post_content":112,"post_date":113,"post_excerpt":52,"post_id":110,"post_modified":114,"post_thumbnail":115,"post_thumbnail_html":116,"post_title":117,"post_type":57,"sort_by_date":118,"tag_links":119,"tags":124},[43],[45],"23050","http://radioblackout.org/2014/05/a-milano-writers-accusati-di-associazione-a-delinquere/","40 writers coinvolti in un'operazione ordinata dalla procura milanese per \"tre azioni nel metrò e altri imbrattamenti\". 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Sgomberi, retate, fogli di via e deportazioni\r\nThe president is a Trump. Sessista, razzista, volgare. Un miliardario outsider approda alla Casa Bianca, dopo una campagna elettorale con toni da bar Sport. Ne abbiamo parlato con Lorcon, redattore di Umanità Nova\r\n\r\nCacerolata femminista a San Salvario \r\nReferendum. La Carta e le carte truccate\r\nFuoco al Tricolore! Una settimana contro il militarismo\r\n\r\nPer approfondimenti:\r\nFuoco al Tricolore! Una settimana contro il militarismo\r\nUna bandiera tricolore è stata data alle fiamme di fronte alla polizia in assetto antisommossa e alla polizia politica in gran forze per difendere le forze armate, che, anche quest'anno, erano in piazza Castello per la cerimonia dell'ammainabandiera, che conclude la festa delle forze armate il 4 novembre. \r\nGli antimilitaristi puntuali all'appuntamento, si sono mossi in corteo con striscioni, bici da trasporto con carro armato e Samba Band dalla piazza del Comune fino al blocco di polizia in via Garibaldi, cento metri prima dei soldati in alta uniforme. \r\nUn applauso ha accolto l'azione antipatriottica. \r\nNumerosi gli interventi dal megafono per un'iniziativa di comunicazione e lotta, che, dopo un lungo fronteggiamento e l'intervento dell'automobilina kamicazza, si sono mossi per via Garibaldi, sino a guadagnare piazza Castello, dove i militari avevano chiuso alla svelta il loro rituale bellico. \r\nLa giornata di lotta del 4 novembre era l'ultima di una settimana di iniziative. Sabato 29 ottobre al Balon, un presidio itinerante, con performance contro eserciti e fabbriche d'armi, interventi e musica, aveva aperto le iniziative promosse dall'assemblea antimilitarista. \r\n\r\nIl mercoledì successivo si era svolta un'iniziativa di approfondimento “Bombe, muri e frontiere. Giochi di potenza dal Mediterraneo all’Eufrate. Dal nuovo secolo americano al tutti contro tutti”. La serata, introdotta da Stefano Capello, è stata occasione per capirne di più sugli equilibri geopolitici, in un pianeta sempre più multipolare, ad alleanze variabili, dove prevale la logica terrificante del caos sistemico. \r\n\r\nQui il testo dell’appello per la settimana antimilitarista\r\n\r\n*********\r\nCacerolata femminista a San Salvario \r\n\r\nQui il testo del volantino distribuito in piazza:\r\n\r\nSentieri di libertà\r\nLibertà, uguaglianza, solidarietà. I tre principi che costituiscono la modernità, rompendo con la gerarchia che modellava l’ordine formale del mondo hanno il loro lato oscuro, un’ombra lunga fatta di esclusione, discriminazione, violenza.\r\nTanta parte dell’umanità resta(va) fuori dal loro ombrello protettivo: poveri, donne, omosessuali, bambini. L’universalità di questi principi, formalmente neutra, era modellata sul maschio adulto, benestante, eterosessuale. Il resto era margine. Chi non era pienamente umano non poteva certo aspirare alle libertà degli uomini.\r\nUna libertà soggetta a norma, regolata, imbrigliata, incasellata. La cultura dominante ne determina le possibilità, le leggi dello Stato ne fissano limiti e condizioni.\r\nLe nonne delle ragazze di oggi passavano dalla potestà paterna a quella maritale: le regole del matrimonio le mantenevano minorenni a vita.\r\nLe donne stuprate, sino al 5 settembre del 1981, potevano sottrarsi alla vergogna ed essere riammesse nel consesso sociale, se accettavano di sposare il proprio stupratore. Una violenza più feroce di quella già subita. Se una donna era uccisa per motivi di “onore”, questa era una potente attenuante. Uccidere per punire le donne infedeli era considerato giusto.\r\n\r\nSono passati 34 anni da quando quelle norme vennero cancellate dal codice penale. Poco prima era stato legalizzato il divorzio e depenalizzato l’aborto.\r\nSulla strada della libertà femminile e – con essa – quella di tutt* sono stati fatti tanti passi. Purtroppo non tutti in avanti.\r\n\r\nLe lotte delle donne hanno cancellato tante servitù. Ma ne paghiamo, ogni giorno, il prezzo.\r\n\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione diffusa a riaffermare l’ordine patriarcale. La casa, il “privato”, è il luogo dove si consumano la maggior parte delle violenze e delle uccisioni. Le donne libere vengono picchiate, stuprate e ammazzate per affermare il potere maschile, per riprendere con la forza il controllo sui loro corpi e sulle loro menti.\r\n\r\nLa narrazione prevalente sui media è falsa, perché nasconde la realtà cruda della violenza maschile sulle donne. Non solo. Trasforma le donne in vittime da tutelare, ottenendo l’effetto paradossale ma non tanto, di rinforzare l’opinione che le donne siano intrinsecamente deboli.\r\nLa violenza esplicita è solo la punta dell’iceberg. Il patriarcato, sconfitto ma non in rotta, riemerge in maniere più subdole.\r\n\r\nIl prezzo dell’emancipazione femminile è stato anche l’adeguamento all’universale, che resta saldamente maschile ed eterosessuale. Lo scarto, la differenza femminile, in tutta l’ambiguità di un percorso identitario segnato da una schiavitù anche volontaria, finisce frantumata, dispersa, illeggibile, se non nel ri-adeguamento ad un ruolo di cura, sostitutivo dei servizi negati e cancellati negli anni.\r\nLo spazio della sperimentazione, della messa in gioco dei percorsi identitari, tanto radicati nella cultura, da parere quasi «naturali», spesso si estingue, polverizzato dalle tante cazzutissime donne in divisa, dalle manager in carriera, dalle femministe che inventano le gerarchie femminili per favorire operazioni di lobbing.\r\nLo scarto femminile non è iscritto nella natura ma nemmeno nella cultura, è solo una possibilità, la possibilità che ha sempre chi si libera: cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.\r\nContro la normalizzazione delle nostre identità erranti il femminismo libertario si svincola dalla mera rivendicazione paritaria, per mettere in gioco una scommessa dalla posta molto alta.\r\nMiliardi di percorsi individuali, che attraversano i generi, costituiscono l’unico universale che ci contenga tutt*, quello delle differenze.\r\nVogliamo vivere, solcare le nostre strade, con la forza di chi sta intrecciando una rete robusta, capace di combattere la violenza di chi vuole affermare la dominazione patriarcale.\r\nNon abbiamo bisogno di tutele né di tutori, con o senza divisa. La nostra forza è nella solidarietà e nel mutuo appoggio.\r\nIl percorso di autonomia individuale lo costruiamo nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo.\r\nSiamo qui per spezzare l’ordine. Morale, sociale, economico.\r\nSiamo qui per frantumare la gerarchia, per esserci, ciascun* a proprio modo.\r\n\r\nAnarchiche contro la violenza di genere\r\n\r\nCi trovate ogni giovedì alle 19 presso la FAT in corso Palermo 46\r\n******\r\nReferendum. La Carta e le carte truccate\r\nNemmeno il terremoto può fermare la macchina referendaria: il tormentone che ci affligge da mesi continua imperterrito. Anzi il terremoto può fornire un’ottima occasione per dimostrare il valore di questo governo e del suo leader maximo e ridurre la componente politica sulle scelte dei votanti a vantaggio di quella emozionale.\r\nE’ infatti indubbio che la cassa di risonanza mediatica sul protagonismo di Renzi e soci nell’affrontare la tragicità degli effetti del terremoto sulla vita delle popolazioni colpite avrà un impatto sulla valutazione complessiva del governo; fatto questo non indifferente se consideriamo che dai sondaggi (con tutti i distinguo del caso) risulterebbe che se un terzo dell’elettorato è a conoscenza del significato dei quesiti referendari – e quindi voterebbe a ragion veduta – ben due terzi ne è all’oscuro, o per disinteresse, o per rifiuto cosciente, o per la complessità della materia, e quindi voterebbe – sic et simpliciter – su Renzi ed il suo governo. D’altronde è lo stesso Renzi che ha operato in questa direzione mettendo il suo corpo, il suo futuro direttamente in gioco promettendo la sua uscita dalla scena politica in caso di sconfitta.\r\nCon il dilemma ‘o con me o contro di me’ Renzi porta all’apice il ragionamento su cosa sia il meno peggio proponendosi come l’unico possibile salvatore della patria, l’innovatore in grado di fare ripartire il paese. Un film già visto, con Craxi, Berlusconi, e tanti altri attori consumati e ormai consunti.\r\nLa partita, per Renzi, è impegnativa e va giocata su più fronti. Avere la maggioranza del partito con se e registrare che la maggioranza dei deputati del PD è legata al suo oppositore interno Bersani, non rende il gioco facile; così come vedere tutta l’opposizione istituzionale (e non solo) coalizzata contro di se impone a Renzi di doversi inventare quanto più di fantasmagorico ci sia – mance elettorali comprese - per vincere la singolar tenzone.\r\nEppure i giochi sembravano fatti. Con la ristrutturazione del Senato si vuole portare a maturazione il dibattito che ha attraversato il ceto politico di questo paese per decenni - vedi le proposte di presidenzialismo e di monocameralismo avanzate a più riprese – e che puntava, con accelerazioni più o meno variabili, al rafforzamento dell’esecutivo e alla riduzione dei soggetti politici in gioco.\r\nGli sbarramenti elettorali, i premi di maggioranza, le alchimie sui collegi elettorali, eccetera sono stati gli espedienti messi in campo per ottenere questo risultato: costringere all’accorpamento i partiti più piccoli, favorire il sorgere di due schieramenti più o meno contrapposti, assicurare la governabilità sempre e comunque. La decretazione d’urgenza, l’ingerenza del Presidente della Repubblica, il trasformismo eclatante hanno fatto il resto riducendo il Parlamento a semplice comprimario di scelte operate altrove, nei corridoi animati dai lobbisti di ogni specie, oppure a palcoscenico degli spettacolini di un’opposizione in cerca di visibilità.\r\nE’ un progetto questo che ha molti progenitori, addirittura c’è chi ricorda il ‘Piano per la rinascita nazionale’ del venerabile maestro Licio Gelli, animatore di quella Loggia P2, menzionata recentemente per l’impegno profuso nel combatterla da Tina Anselmi, utilizzata opportunisticamente dal ‘premier’ per il suo spessore democratico sociale.\r\nLa trasformazione del Senato secondo le linee della riforma Boschi, in accoppiata con la legge elettorale recentemente approvata, l’Italicum, concluderebbe il percorso tracciato, snellendo i tempi e le procedure legislative – anche se oggi la quantità delle leggi approvate ha pochi eguali nei paesi a democrazia parlamentare – e conferendo al governo in carica un gigantesco potere d’indirizzo, dopo aver demolito l’autonomia regionale a favore di una ri-centralizzazione statale.\r\nIn un contesto nel quale la partita politica si giocava in due, come era la situazione fino all’irrompere sulla scena di un terzo incomodo, il Movimento 5 stelle, questo rafforzamento era comunque funzionale ad entrambi, in un contesto nel quale le politiche sostanziali poco differiscono le une dalle altre, condizionate come sono dagli scenari internazionali, dalle burocrazie europee, dal controllo della NATO, dalle dinamiche del capitale.\r\nLa presenza del terzo incomodo ha mescolato le carte in tavola; la possibilità che possa vincere le prossime elezioni e prendere nelle proprie mani le leve del governo inquieta fortemente gli assetti tradizionali del potere, preoccupati dalla natura trasversale del movimento, ancora poco noto ai più, se non per la sua massa critica, il suo portato populista e legalista, il suo antieuropeismo. L’irrompere della variabile pentastellata sulla scena, costringe la casta a riformulare i propri assetti, a riconquistare il palcoscenico dello spettacolo politicista riproponendosi come garante degli interessi settoriali del paese. Lo scontro si fa via via più acceso, tra modernizzatori fedeli esecutori degli interessi delle multinazionali e dei grandi gruppi aziendali che chiedono meno burocrazia, tempi certi della giustizia, snellimento generale delle pratiche e dei controlli, e difensori dello status quo, delle rendite di posizione, delle logiche clientelari e familistiche. In un contesto dove populisti euroscettici cercano di coniugare il consenso territoriale costruito sul tema della ‘piccola patria’ con la difesa della ‘razza’ italica a fronte del processo migratorio in corso. Dove si parla e straparla di un ‘patto per la crescita’ tra governo, imprese e sindacato, condizionato da un SI che aprirebbe le porte agli ambiti investimenti internazionali (e conseguentemente alla svendita del patrimonio italico), e contrastato da un NO che vorrebbe la riapertura del mercato ministeriale delle poltrone conseguente alla prevedibile caduta del governo.\r\nLa natura dello scontro tra le varie frazioni della borghesia e della classe dirigente del paese appare sempre più chiaro, solo a volerlo vedere.\r\nNon c’era alcun disaccordo sostanziale quando si è trattato di modificare lacostituzione introducendo, tra i suoi articoli, l’obbligo della parità di bilancio: tanto, male che vada, i suoi costi vengono scaricati sui lavoratori e sulla povera gente.\r\nIl disaccordo sorge quando un settore vuole imporre un’accelerazione nel cambiamento in corso, spostando decisamente l’asse del potere a favore dello schieramento della modernizzazione ipercapitalista e globalizzatrice. Basta vedere chi sono i sostenitori della riforma: Confindustria, la grande finanza, le Banche, la classe dirigente internazionale da Obama alla Merkel, eccetera che con minacce e lusinghe operano sfacciatamente a favore di Renzi, un presidente del consiglio mai eletto, imposto da un presidente della repubblica che ha travalicato ogni suo limite, sanzionato solamente dal successo del suo partito in una elezione ininfluente come quella per il parlamento europeo.\r\nChe bisogno c’è di cambiare la costituzione, quando la costituzione materiale, quella fatta di cose concrete per la vita delle persone – non quella formale, idealizzata, ‘nata’ dalla Resistenza - ha consentito negli anni lo sviluppo di politiche di impoverimento della popolazione, di aggressione militare ad altri paesi, di attacco al mondo del lavoro, di arricchimento indecente per la classi privilegiate, di progressiva liquidazione del sistema di protezione sociale, dalla sanità all’assistenza?\r\nEvidentemente tutto questo non basta. La crescente competizione per l’accaparramento delle risorse, la continua e accelerata necessità di valorizzazione del capitale spingono verso l’amplificazione dei conflitti, sia aperti in forma di guerra sia sotterranei in forma di condizionamenti e ricatti.\r\nQuesto impone alle classi dirigenti, dominanti nello stesso schieramento borghese, di trovare assetti di potere più confacenti alle loro esigenze. Da qui i cambiamenti strutturali in corso, in Italia come altrove, per adeguare la macchina statale alle nuove incombenze.\r\nLa chiamata alle armi per l’affermazione del SI nel prossimo referendumistituzionale non è solo un passo necessario legato alle procedure di modifica costituzionale, ma è anche il tentativo di legare il più possibile al governo il favore popolare, oggi come oggi, particolarmente necessario in vista delle sfide che ci aspettano.\r\nE’ necessario quindi che anche in questa scadenza ci si mobiliti per mostrare la vera portata della partita in gioco, gli scenari e le ricadute che ci si prospetteranno se non si svilupperà una vera opposizione.\r\nVera opposizione, dunque, che significa ripresa del conflitto sociale su larga scala, azione diretta di massa, mobilitazione del mondo del lavoro, riappropriazione e controllo territoriale, rilancio della solidarietà internazionalista, superamento dei confini, pratiche di accoglienza reale dei profughi, antimilitarismo.\r\nAl di fuori di questo quale potrebbe essere un’opposizione in grado di mettere i bastoni tra le ruote dei manovratori? Non certo quella che si muove su un piano formale come quello della difesa della Costituzione nata dalla Resistenza. Al di la della retorica - che in realtà offende il partigianato, soprattutto nella sua componente sovversiva e rivoluzionaria – occorre ricordare che la Costituzione è nata dalla mediazione tra Democratici Cristiani, Comunisti, Socialisti e Liberali i quali ben si guardarono di fissare norme chiare e nette che potessero essere utilizzate dagli uni contro gli altri. Risultato: le più alte aspirazioni contenute nella Carta – che la rendono per alcuni la più bella del mondo – sono sempre risultate disattese, foglie di fico di un potere sempre arrogante e accaparratore. Solo ampi movimenti popolari, espressione di bisogni e volontà collettive, sono riusciti a modificare, nel tempo, gli assetti di potere, le strutture giuridiche e politiche del paese, non certo una mobilitazione di carta giocata sulla Carta.\r\nRicordando le frustrazioni seguite ai referendum vinti sull’onda di mobilitazioni significative e importanti, come quello contro la privatizzazione dell’acqua, o di battaglie di opinione come quello sul finanziamento pubblico ai partiti, ma vanificati dalle furberie della casta, i sinceri oppositori della riforma dovrebbero attenersi ad una visione realistica delle cose.\r\nLa vittoria del NO rappresenterebbe semplicemente un rallentamento dei processi in corso e probabilmente una rimessa in discussione degli equilibri governativi, ma a vantaggio di chi? Qualcuno sosteneva un tempo ‘grande è la confusione sotto il cielo: la situazione è eccellente’. Ma oggi è così? Esiste un movimento reale in grado di essere protagonista nella crisi governativa e di imporre la propria agenda di trasformazione sulle cose che contano: salario, lavoro, casa, salute, scuola, guerra, immigrazione, ambiente, libertà individuali e collettive?\r\nOppure prevarrà la politica politicante, fatta sempre di deleghe, di capetti ambiziosi, di prevaricazioni e di corruttele?\r\nLa partecipazione alla campagna per il NO in realtà continua a rimanere nel solco della politica delegata, della fiducia nei meccanismi della democrazia parlamentare, sperando di rosicchiare margini di manovra all’interno della più generale crisi di sistema.\r\nIl ‘NO Sociale’ non sfugge a questa condizione, anche se le sue parole d’ordine puntano sulla possibilità di sviluppare una stagione di lotta a partire proprio dalla vittoria del NO. Non è la prima volta che si è opera per costruire un fronte di tutte le opposizioni sociali che metta insieme le espressioni più varie della conflittualità sociale, da quelle dell’autorganizzazione a quelle che hanno nelle pratiche delegate la loro sostanza, per farle convergere sul piano di una lotta che di fatto è tutta interna ai meccanismi istituzionali, avendo tra l’altro come ‘cobelligeranti’ le espressioni più becere della destra che ne annacquano la portata. I risultati nel passato si sono visti e credo che si ripeteranno, contribuendo ad un’ulteriore frustrazione complessiva dei soggetti coinvolti, i quali credendo di conseguire un obiettivo significativo in realtà fanno un favore alla nuova casta montante, quella che si ritrova nel Movimento 5 stelle.\r\nQuesto non vuol dire indifferentismo politico; non vuol dire che tutte le forme del potere sono eguali; sappiamo ben distinguere tra democrazia rappresentativa e dittatura; ma una vera battaglia contro le riforme in atto non può oggi assolutamente prescindere dall’assoluta necessità della ripresa del conflitto sociale che non può farsi condizionare da un dibattito che è centrale solo per un ceto politico preoccupato per la propria esistenza. Il contrapporsi tra ‘riforma’ e ‘conservazione’ vuole occultare la realtà delle forme di sfruttamento attuali, per favorire un loro ‘rinnovamento’ in funzione delle esigenze di ristrutturazione e di riorganizzazione dell’apparato statale alle prese con le emergenze dell’attuale sistema geopolitico mondiale.\r\nBisogna scegliere: o porsi a difesa di quel che resta della democrazia parlamentare, individuando in essa una residua barriera all’incalzare dell’autoritarismo montante, o imboccare decisamente la strada della lotta, interna ai corpi sociali con tutte le loro potenzialità e contraddizioni, in funzione di un progetto di società altra, da costruire giorno per giorno, fuori da ogni opportunismo politicista.\r\nA fronte di una politica che fa del parlamento e della governabilità il suo centro di interesse occorre contrapporre un pensiero ed un’azione che abbiano il loro punto di riferimento nella capacità di autoorganizzazione popolare; occorre contrapporre la proposta e la pratica del comunalismo, libertario e federativo, articolato sul territorio, dal semplice al complesso.\r\nSfuggire dai meccanismi della democrazia rappresentativa significa entrare nel concreto della critica del concetto stesso di maggioranza e minoranza, significa rifiutare la riproduzione, pura e semplice, dei rituali parlamentari negli stessi organismi rappresentativi dei lavoratori per dare invece prevalenza all’autoorganizzazione, alla lotta, al libero confronto delle idee.\r\nI rapporti di forza si sono sempre modificati con la lotta diretta e la via politica ha sempre rappresentato il disarmo della conflittualità sociale. Con questa consapevolezza ci tiriamo fuori dai ricatti agitati da quanti, a sinistra, sono alle prese con le pulsioni egemoniche di ceti politici trasformisti ed opportunisti, incapaci di produrre politiche realmente alternative, sul terreno economico, dell’occupazione, della riduzione d’orario, del degrado urbano e ambientale, della sanità, della scuola, ecc.\r\nAstenersi, non cadere nella trappola delle false alternative e del recupero elettorale, rafforzare le armi della critica intransigente, dell’organizzazione, del protagonismo sociale, dell’azione tra le classi sfruttate ed oppresse, vuol dire porre le basi per un’incisiva azione rivoluzionaria che colpisce, nel parlamentarismo, un sistema di governo che impone leggi e tasse, decise da una cerchia ristretta di privilegiati, indipendentemente dalla volontà degli elettori.\r\nAstenersi, per gli anarchici, vuol dire manifestare la volontà di non essere governati, vuol dire non rendersi corresponsabili dello sfruttamento e dell’oppressione, vuol dire volontà di una società di libere associazioni federate.\r\nMassimo Varengo in Umanità Nova\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org","13 Novembre 2016","2018-10-17 22:58:55","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/11/fuoco-al-tricolore-200x110.jpg","Anarres dell’11 novembre. 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Sgomberi, retate, \u003Cmark>fogli\u003C/mark> di via e deportazioni\r\nThe","Ogni venerdì vi invitiamo a sbarcare su Anarres, il pianeta delle utopie concrete, dalle 10,45 alle 12,45 sui 105.250 delle libere frequenze di Blackout\r\nAscolta il podcast:\r\n\r\n2016-11-11-anarres1\r\n\r\n2016-11-11-anarres2\r\n\r\n2016-11-11-anarres3\r\nIn questa puntata:\r\nAppendino e Padalino dichiarano guerra ai rom di via Germagnano. Sgomberi, retate, \u003Cmark>fogli\u003C/mark> di via e deportazioni\r\nThe president is a Trump. Sessista, razzista, volgare. Un miliardario outsider approda alla Casa \u003Cmark>Bianca\u003C/mark>, dopo una campagna elettorale con toni da bar Sport. Ne abbiamo parlato con Lorcon, redattore di Umanità Nova\r\n\r\nCacerolata femminista a San Salvario \r\nReferendum. La Carta e le carte truccate\r\nFuoco al Tricolore! Una settimana contro il militarismo\r\n\r\nPer approfondimenti:\r\nFuoco al Tricolore! Una settimana contro il militarismo\r\nUna bandiera tricolore è stata data alle fiamme di fronte alla polizia in assetto antisommossa e alla polizia politica in gran forze per difendere le forze armate, che, anche quest'anno, erano in piazza Castello per la cerimonia dell'ammainabandiera, che conclude la festa delle forze armate il 4 novembre. \r\nGli antimilitaristi puntuali all'appuntamento, si sono mossi in corteo con striscioni, bici da trasporto con carro armato e Samba Band dalla piazza del Comune fino al blocco di polizia in via Garibaldi, cento metri prima dei soldati in alta uniforme. \r\nUn applauso ha accolto l'azione antipatriottica. \r\nNumerosi gli interventi dal megafono per un'iniziativa di comunicazione e lotta, che, dopo un lungo fronteggiamento e l'intervento dell'automobilina kamicazza, si sono mossi per via Garibaldi, sino a guadagnare piazza Castello, dove i militari avevano chiuso alla svelta il loro rituale bellico. \r\nLa giornata di lotta del 4 novembre era l'ultima di una settimana di iniziative. Sabato 29 ottobre al Balon, un presidio itinerante, con performance contro eserciti e fabbriche d'armi, interventi e musica, aveva aperto le iniziative promosse dall'assemblea antimilitarista. \r\n\r\nIl mercoledì successivo si era svolta un'iniziativa di approfondimento “Bombe, muri e frontiere. Giochi di potenza dal Mediterraneo all’Eufrate. Dal nuovo secolo americano al tutti contro tutti”. La serata, introdotta da Stefano Capello, è stata occasione per capirne di più sugli equilibri geopolitici, in un pianeta sempre più multipolare, ad alleanze variabili, dove prevale la logica terrificante del caos sistemico. \r\n\r\nQui il testo dell’appello per la settimana antimilitarista\r\n\r\n*********\r\nCacerolata femminista a San Salvario \r\n\r\nQui il testo del volantino distribuito in piazza:\r\n\r\nSentieri di libertà\r\nLibertà, uguaglianza, solidarietà. I tre principi che costituiscono la modernità, rompendo con la gerarchia che modellava l’ordine formale del mondo hanno il loro lato oscuro, un’ombra lunga fatta di esclusione, discriminazione, violenza.\r\nTanta parte dell’umanità resta(va) fuori dal loro ombrello protettivo: poveri, donne, omosessuali, bambini. L’universalità di questi principi, formalmente neutra, era modellata sul maschio adulto, benestante, eterosessuale. Il resto era margine. Chi non era pienamente umano non poteva certo aspirare alle libertà degli uomini.\r\nUna libertà soggetta a norma, regolata, imbrigliata, incasellata. La cultura dominante ne determina le possibilità, le leggi dello Stato ne fissano limiti e condizioni.\r\nLe nonne delle ragazze di oggi passavano dalla potestà paterna a quella maritale: le regole del matrimonio le mantenevano minorenni a vita.\r\nLe donne stuprate, sino al 5 settembre del 1981, potevano sottrarsi alla vergogna ed essere riammesse nel consesso sociale, se accettavano di sposare il proprio stupratore. Una violenza più feroce di quella già subita. Se una donna era uccisa per motivi di “onore”, questa era una potente attenuante. Uccidere per punire le donne infedeli era considerato giusto.\r\n\r\nSono passati 34 anni da quando quelle norme vennero cancellate dal codice penale. Poco prima era stato legalizzato il divorzio e depenalizzato l’aborto.\r\nSulla strada della libertà femminile e – con essa – quella di tutt* sono stati fatti tanti passi. Purtroppo non tutti in avanti.\r\n\r\nLe lotte delle donne hanno cancellato tante servitù. Ma ne paghiamo, ogni giorno, il prezzo.\r\n\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione diffusa a riaffermare l’ordine patriarcale. La casa, il “privato”, è il luogo dove si consumano la maggior parte delle violenze e delle uccisioni. Le donne libere vengono picchiate, stuprate e ammazzate per affermare il potere maschile, per riprendere con la forza il controllo sui loro corpi e sulle loro menti.\r\n\r\nLa narrazione prevalente sui media è falsa, perché nasconde la realtà cruda della violenza maschile sulle donne. Non solo. Trasforma le donne in vittime da tutelare, ottenendo l’effetto paradossale ma non tanto, di rinforzare l’opinione che le donne siano intrinsecamente deboli.\r\nLa violenza esplicita è solo la punta dell’iceberg. Il patriarcato, sconfitto ma non in rotta, riemerge in maniere più subdole.\r\n\r\nIl prezzo dell’emancipazione femminile è stato anche l’adeguamento all’universale, che resta saldamente maschile ed eterosessuale. Lo scarto, la differenza femminile, in tutta l’ambiguità di un percorso identitario segnato da una schiavitù anche volontaria, finisce frantumata, dispersa, illeggibile, se non nel ri-adeguamento ad un ruolo di cura, sostitutivo dei servizi negati e cancellati negli anni.\r\nLo spazio della sperimentazione, della messa in gioco dei percorsi identitari, tanto radicati nella cultura, da parere quasi «naturali», spesso si estingue, polverizzato dalle tante cazzutissime donne in divisa, dalle manager in carriera, dalle femministe che inventano le gerarchie femminili per favorire operazioni di lobbing.\r\nLo scarto femminile non è iscritto nella natura ma nemmeno nella cultura, è solo una possibilità, la possibilità che ha sempre chi si libera: cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.\r\nContro la normalizzazione delle nostre identità erranti il femminismo libertario si svincola dalla mera rivendicazione paritaria, per mettere in gioco una scommessa dalla posta molto alta.\r\nMiliardi di percorsi individuali, che attraversano i generi, costituiscono l’unico universale che ci contenga tutt*, quello delle differenze.\r\nVogliamo vivere, solcare le nostre strade, con la forza di chi sta intrecciando una rete robusta, capace di combattere la violenza di chi vuole affermare la dominazione patriarcale.\r\nNon abbiamo bisogno di tutele né di tutori, con o senza divisa. La nostra forza è nella solidarietà e nel mutuo appoggio.\r\nIl percorso di autonomia individuale lo costruiamo nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo.\r\nSiamo qui per spezzare l’ordine. Morale, sociale, economico.\r\nSiamo qui per frantumare la gerarchia, per esserci, ciascun* a proprio modo.\r\n\r\nAnarchiche contro la violenza di genere\r\n\r\nCi trovate ogni giovedì alle 19 presso la FAT in corso Palermo 46\r\n******\r\nReferendum. La Carta e le carte truccate\r\nNemmeno il terremoto può fermare la macchina referendaria: il tormentone che ci affligge da mesi continua imperterrito. Anzi il terremoto può fornire un’ottima occasione per dimostrare il valore di questo governo e del suo leader maximo e ridurre la componente politica sulle scelte dei votanti a vantaggio di quella emozionale.\r\nE’ infatti indubbio che la cassa di risonanza mediatica sul protagonismo di Renzi e soci nell’affrontare la tragicità degli effetti del terremoto sulla vita delle popolazioni colpite avrà un impatto sulla valutazione complessiva del governo; fatto questo non indifferente se consideriamo che dai sondaggi (con tutti i distinguo del caso) risulterebbe che se un terzo dell’elettorato è a conoscenza del significato dei quesiti referendari – e quindi voterebbe a ragion veduta – ben due terzi ne è all’oscuro, o per disinteresse, o per rifiuto cosciente, o per la complessità della materia, e quindi voterebbe – sic et simpliciter – su Renzi ed il suo governo. D’altronde è lo stesso Renzi che ha operato in questa direzione mettendo il suo corpo, il suo futuro direttamente in gioco promettendo la sua uscita dalla scena politica in caso di sconfitta.\r\nCon il dilemma ‘o con me o contro di me’ Renzi porta all’apice il ragionamento su cosa sia il meno peggio proponendosi come l’unico possibile salvatore della patria, l’innovatore in grado di fare ripartire il paese. Un film già visto, con Craxi, Berlusconi, e tanti altri attori consumati e ormai consunti.\r\nLa partita, per Renzi, è impegnativa e va giocata su più fronti. Avere la maggioranza del partito con se e registrare che la maggioranza dei deputati del PD è legata al suo oppositore interno Bersani, non rende il gioco facile; così come vedere tutta l’opposizione istituzionale (e non solo) coalizzata contro di se impone a Renzi di doversi inventare quanto più di fantasmagorico ci sia – mance elettorali comprese - per vincere la singolar tenzone.\r\nEppure i giochi sembravano fatti. Con la ristrutturazione del Senato si vuole portare a maturazione il dibattito che ha attraversato il ceto politico di questo paese per decenni - vedi le proposte di presidenzialismo e di monocameralismo avanzate a più riprese – e che puntava, con accelerazioni più o meno variabili, al rafforzamento dell’esecutivo e alla riduzione dei soggetti politici in gioco.\r\nGli sbarramenti elettorali, i premi di maggioranza, le alchimie sui collegi elettorali, eccetera sono stati gli espedienti messi in campo per ottenere questo risultato: costringere all’accorpamento i partiti più piccoli, favorire il sorgere di due schieramenti più o meno contrapposti, assicurare la governabilità sempre e comunque. La decretazione d’urgenza, l’ingerenza del Presidente della Repubblica, il trasformismo eclatante hanno fatto il resto riducendo il Parlamento a semplice comprimario di scelte operate altrove, nei corridoi animati dai lobbisti di ogni specie, oppure a palcoscenico degli spettacolini di un’opposizione in cerca di visibilità.\r\nE’ un progetto questo che ha molti progenitori, addirittura c’è chi ricorda il ‘Piano per la rinascita nazionale’ del venerabile maestro Licio Gelli, animatore di quella Loggia P2, menzionata recentemente per l’impegno profuso nel combatterla da Tina Anselmi, utilizzata opportunisticamente dal ‘premier’ per il suo spessore democratico sociale.\r\nLa trasformazione del Senato secondo le linee della riforma Boschi, in accoppiata con la legge elettorale recentemente approvata, l’Italicum, concluderebbe il percorso tracciato, snellendo i tempi e le procedure legislative – anche se oggi la quantità delle leggi approvate ha pochi eguali nei paesi a democrazia parlamentare – e conferendo al governo in carica un gigantesco potere d’indirizzo, dopo aver demolito l’autonomia regionale a favore di una ri-centralizzazione statale.\r\nIn un contesto nel quale la partita politica si giocava in due, come era la situazione fino all’irrompere sulla scena di un terzo incomodo, il Movimento 5 stelle, questo rafforzamento era comunque funzionale ad entrambi, in un contesto nel quale le politiche sostanziali poco differiscono le une dalle altre, condizionate come sono dagli scenari internazionali, dalle burocrazie europee, dal controllo della NATO, dalle dinamiche del capitale.\r\nLa presenza del terzo incomodo ha mescolato le carte in tavola; la possibilità che possa vincere le prossime elezioni e prendere nelle proprie mani le leve del governo inquieta fortemente gli assetti tradizionali del potere, preoccupati dalla natura trasversale del movimento, ancora poco noto ai più, se non per la sua massa critica, il suo portato populista e legalista, il suo antieuropeismo. L’irrompere della variabile pentastellata sulla scena, costringe la casta a riformulare i propri assetti, a riconquistare il palcoscenico dello spettacolo politicista riproponendosi come garante degli interessi settoriali del paese. Lo scontro si fa via via più acceso, tra modernizzatori fedeli esecutori degli interessi delle multinazionali e dei grandi gruppi aziendali che chiedono meno burocrazia, tempi certi della giustizia, snellimento generale delle pratiche e dei controlli, e difensori dello status quo, delle rendite di posizione, delle logiche clientelari e familistiche. In un contesto dove populisti euroscettici cercano di coniugare il consenso territoriale costruito sul tema della ‘piccola patria’ con la difesa della ‘razza’ italica a fronte del processo migratorio in corso. Dove si parla e straparla di un ‘patto per la crescita’ tra governo, imprese e sindacato, condizionato da un SI che aprirebbe le porte agli ambiti investimenti internazionali (e conseguentemente alla svendita del patrimonio italico), e contrastato da un NO che vorrebbe la riapertura del mercato ministeriale delle poltrone conseguente alla prevedibile caduta del governo.\r\nLa natura dello scontro tra le varie frazioni della borghesia e della classe dirigente del paese appare sempre più chiaro, solo a volerlo vedere.\r\nNon c’era alcun disaccordo sostanziale quando si è trattato di modificare lacostituzione introducendo, tra i suoi articoli, l’obbligo della parità di \u003Cmark>bilancio:\u003C/mark> tanto, male che vada, i suoi costi vengono scaricati sui lavoratori e sulla povera gente.\r\nIl disaccordo sorge quando un settore vuole imporre un’accelerazione nel cambiamento in corso, spostando decisamente l’asse del potere a favore dello schieramento della modernizzazione ipercapitalista e globalizzatrice. Basta vedere chi sono i sostenitori della riforma: Confindustria, la grande finanza, le Banche, la classe dirigente internazionale da Obama alla Merkel, eccetera che con minacce e lusinghe operano sfacciatamente a favore di Renzi, un presidente del consiglio mai eletto, imposto da un presidente della repubblica che ha travalicato ogni suo limite, sanzionato solamente dal successo del suo partito in una elezione ininfluente come quella per il parlamento europeo.\r\nChe bisogno c’è di cambiare la costituzione, quando la costituzione materiale, quella fatta di cose concrete per la vita delle persone – non quella formale, idealizzata, ‘nata’ dalla Resistenza - ha consentito negli anni lo sviluppo di politiche di impoverimento della popolazione, di aggressione militare ad altri paesi, di attacco al mondo del lavoro, di arricchimento indecente per la classi privilegiate, di progressiva liquidazione del sistema di protezione sociale, dalla sanità all’assistenza?\r\nEvidentemente tutto questo non basta. La crescente competizione per l’accaparramento delle risorse, la continua e accelerata necessità di valorizzazione del capitale spingono verso l’amplificazione dei conflitti, sia aperti in forma di guerra sia sotterranei in forma di condizionamenti e ricatti.\r\nQuesto impone alle classi dirigenti, dominanti nello stesso schieramento borghese, di trovare assetti di potere più confacenti alle loro esigenze. Da qui i cambiamenti strutturali in corso, in Italia come altrove, per adeguare la macchina statale alle nuove incombenze.\r\nLa chiamata alle armi per l’affermazione del SI nel prossimo referendumistituzionale non è solo un passo necessario legato alle procedure di modifica costituzionale, ma è anche il tentativo di legare il più possibile al governo il favore popolare, oggi come oggi, particolarmente necessario in vista delle sfide che ci aspettano.\r\nE’ necessario quindi che anche in questa scadenza ci si mobiliti per mostrare la vera portata della partita in gioco, gli scenari e le ricadute che ci si prospetteranno se non si svilupperà una vera opposizione.\r\nVera opposizione, dunque, che significa ripresa del conflitto sociale su larga scala, azione diretta di massa, mobilitazione del mondo del lavoro, riappropriazione e controllo territoriale, rilancio della solidarietà internazionalista, superamento dei confini, pratiche di accoglienza reale dei profughi, antimilitarismo.\r\nAl di fuori di questo quale potrebbe essere un’opposizione in grado di mettere i bastoni tra le ruote dei manovratori? Non certo quella che si muove su un piano formale come quello della difesa della Costituzione nata dalla Resistenza. Al di la della retorica - che in realtà offende il partigianato, soprattutto nella sua componente sovversiva e rivoluzionaria – occorre ricordare che la Costituzione è nata dalla mediazione tra Democratici Cristiani, Comunisti, Socialisti e Liberali i quali ben si guardarono di fissare norme chiare e nette che potessero essere utilizzate dagli uni contro gli altri. Risultato: le più alte aspirazioni contenute nella Carta – che la rendono per alcuni la più bella del mondo – sono sempre risultate disattese, foglie di fico di un potere sempre arrogante e accaparratore. Solo ampi movimenti popolari, espressione di bisogni e volontà collettive, sono riusciti a modificare, nel tempo, gli assetti di potere, le strutture giuridiche e politiche del paese, non certo una mobilitazione di carta giocata sulla Carta.\r\nRicordando le frustrazioni seguite ai referendum vinti sull’onda di mobilitazioni significative e importanti, come quello contro la privatizzazione dell’acqua, o di battaglie di opinione come quello sul finanziamento pubblico ai partiti, ma vanificati dalle furberie della casta, i sinceri oppositori della riforma dovrebbero attenersi ad una visione realistica delle cose.\r\nLa vittoria del NO rappresenterebbe semplicemente un rallentamento dei processi in corso e probabilmente una rimessa in discussione degli equilibri governativi, ma a vantaggio di chi? Qualcuno sosteneva un tempo ‘grande è la confusione sotto il cielo: la situazione è eccellente’. Ma oggi è così? Esiste un movimento reale in grado di essere protagonista nella crisi governativa e di imporre la propria agenda di trasformazione sulle cose che contano: salario, lavoro, casa, salute, scuola, guerra, immigrazione, ambiente, libertà individuali e collettive?\r\nOppure prevarrà la politica politicante, fatta sempre di deleghe, di capetti ambiziosi, di prevaricazioni e di corruttele?\r\nLa partecipazione alla campagna per il NO in realtà continua a rimanere nel solco della politica delegata, della fiducia nei meccanismi della democrazia parlamentare, sperando di rosicchiare margini di manovra all’interno della più generale crisi di sistema.\r\nIl ‘NO Sociale’ non sfugge a questa condizione, anche se le sue parole d’ordine puntano sulla possibilità di sviluppare una stagione di lotta a partire proprio dalla vittoria del NO. Non è la prima volta che si è opera per costruire un fronte di tutte le opposizioni sociali che metta insieme le espressioni più varie della conflittualità sociale, da quelle dell’autorganizzazione a quelle che hanno nelle pratiche delegate la loro sostanza, per farle convergere sul piano di una lotta che di fatto è tutta interna ai meccanismi istituzionali, avendo tra l’altro come ‘cobelligeranti’ le espressioni più becere della destra che ne annacquano la portata. I risultati nel passato si sono visti e credo che si ripeteranno, contribuendo ad un’ulteriore frustrazione complessiva dei soggetti coinvolti, i quali credendo di conseguire un obiettivo significativo in realtà fanno un favore alla nuova casta montante, quella che si ritrova nel Movimento 5 stelle.\r\nQuesto non vuol dire indifferentismo politico; non vuol dire che tutte le forme del potere sono eguali; sappiamo ben distinguere tra democrazia rappresentativa e dittatura; ma una vera battaglia contro le riforme in atto non può oggi assolutamente prescindere dall’assoluta necessità della ripresa del conflitto sociale che non può farsi condizionare da un dibattito che è centrale solo per un ceto politico preoccupato per la propria esistenza. Il contrapporsi tra ‘riforma’ e ‘conservazione’ vuole occultare la realtà delle forme di sfruttamento attuali, per favorire un loro ‘rinnovamento’ in funzione delle esigenze di ristrutturazione e di riorganizzazione dell’apparato statale alle prese con le emergenze dell’attuale sistema geopolitico mondiale.\r\nBisogna scegliere: o porsi a difesa di quel che resta della democrazia parlamentare, individuando in essa una residua barriera all’incalzare dell’autoritarismo montante, o imboccare decisamente la strada della lotta, interna ai corpi sociali con tutte le loro potenzialità e contraddizioni, in funzione di un progetto di società altra, da costruire giorno per giorno, fuori da ogni opportunismo politicista.\r\nA fronte di una politica che fa del parlamento e della governabilità il suo centro di interesse occorre contrapporre un pensiero ed un’azione che abbiano il loro punto di riferimento nella capacità di autoorganizzazione popolare; occorre contrapporre la proposta e la pratica del comunalismo, libertario e federativo, articolato sul territorio, dal semplice al complesso.\r\nSfuggire dai meccanismi della democrazia rappresentativa significa entrare nel concreto della critica del concetto stesso di maggioranza e minoranza, significa rifiutare la riproduzione, pura e semplice, dei rituali parlamentari negli stessi organismi rappresentativi dei lavoratori per dare invece prevalenza all’autoorganizzazione, alla lotta, al libero confronto delle idee.\r\nI rapporti di forza si sono sempre modificati con la lotta diretta e la via politica ha sempre rappresentato il disarmo della conflittualità sociale. Con questa consapevolezza ci tiriamo fuori dai ricatti agitati da quanti, a sinistra, sono alle prese con le pulsioni egemoniche di ceti politici trasformisti ed opportunisti, incapaci di produrre politiche realmente alternative, sul terreno economico, dell’occupazione, della riduzione d’orario, del degrado urbano e ambientale, della sanità, della scuola, ecc.\r\nAstenersi, non cadere nella trappola delle false alternative e del recupero elettorale, rafforzare le armi della critica intransigente, dell’organizzazione, del protagonismo sociale, dell’azione tra le classi sfruttate ed oppresse, vuol dire porre le basi per un’incisiva azione rivoluzionaria che colpisce, nel parlamentarismo, un sistema di governo che impone leggi e tasse, decise da una cerchia ristretta di privilegiati, indipendentemente dalla volontà degli elettori.\r\nAstenersi, per gli anarchici, vuol dire manifestare la volontà di non essere governati, vuol dire non rendersi corresponsabili dello sfruttamento e dell’oppressione, vuol dire volontà di una società di libere associazioni federate.\r\nMassimo Varengo in Umanità Nova\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org",[204],{"field":99,"matched_tokens":205,"snippet":201,"value":202},[71],1155199534322679800,{"best_field_score":208,"best_field_weight":137,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":46,"score":209,"tokens_matched":38,"typo_prefix_score":210},"1112319197184","1155199534322679921",4,{"document":212,"highlight":228,"highlights":234,"text_match":237,"text_match_info":238},{"comment_count":46,"id":213,"is_sticky":46,"permalink":214,"podcastfilter":215,"post_author":147,"post_content":216,"post_date":217,"post_excerpt":52,"post_id":213,"post_modified":218,"post_thumbnail":219,"post_title":220,"post_type":185,"sort_by_date":221,"tag_links":222,"tags":226},"17583","http://radioblackout.org/podcast/spagna-1936-riflessioni-sul-bivio-tra-guerra-e-rivoluzione/",[147],"19 luglio. Nell'anniversario dell'insurrezione contro il tentato golpe dei generali spagnoli, abbiamo continuato la riflessione intrapresa la scorsa settimana con Claudio Venza, docente di storia della Spagna contemporanea all'università di Trieste e autore, tra gli altri, del libro, uscito un paio di anni fa per i tipi di Eleuthera, \"Anarchia e potere nella guerra civile spagnola\".\r\nNel contesto di una feroce guerra civile tra fascismo e antifascismo, che prelude alla seconda guerra mondiale, un forte e radicato movimento libertario cerca di realizzare una società di liberi e uguali. Dopo aver contribuito in modo rilevante alla sconfitta del golpe, anarchici e anarcosindacalisti provano a mettere in pratica le loro aspirazioni autogestionarie attraverso migliaia di collettivizzazioni urbane e rurali, innovative sperimentazioni in campo sociale e culturale, e una «guerra antimilitarista» basata sul modello delle milizie volontarie. In una situazione così complessa, agli anarchici si pone subito il lacerante dilemma del potere. Questo libro racconta quell'epocale esperimento rivoluzionario con i tentativi pragmatici (e le resistenze) dei libertari di venire a patti con una realtà ostile.\r\nAscolta la diretta con Claudio Venza\r\n2013 07 19 venza spagna\r\n\r\nDi seguito il capitolo conclusivo del suo libro. Un'occasione per aprire una riflessione, oggi più che mai attuale, su guerra e rivoluzione, nella difficile dialettica tra etica della convinzione ed etica della responsabilità.\r\n\r\nCon la risposta popolare e libertaria al golpe militare del 18 luglio 1936 si compie un salto di qualità cruciale per tutta la storia successiva del movimento, con riflessi enormi sul piano ideologico e politico, tattico e strategico. Il respiro dei fatti spagnoli ha, e avrà, conseguenze sull’intero anarchismo mondiale che risente direttamente degli accadimenti nel paese dove esso aveva la dimensione più ampia e solida.\r\nLo scontro spagnolo del 1936-1939 è consistito anche in un conflitto tra principi e scelte contingenti, il che ha potuto significare talvolta tra utopismo e realismo all’interno della lotta senza esclusione di colpi tra forze autoritarie e tendenze libertarie. Una constatazione ha preso forma di presupposto: il dramma bellico che si consuma tra i Pirenei e Cadice, con un livello molto alto di morte e distruzione, è stato determinante non solo per la storia spagnola ma per quella dell’anarchismo. La guerra, l’evento che tutto trasforma e militarizza, non può essere messa da parte per concentrare l’attenzione unicamente sulle vicende della rivoluzione sociale. Guerra e rivoluzione si sono intrecciate e si sono condizionate a vicenda. I due aspetti non possono essere oggetto di ricerca e riflessione indipendenti ma ne vanno illustrati e compresi i nessi indissolubili.\r\nMostrare come in Spagna si siano compiuti considerevoli passi avanti sulla strada dell’emancipazione umana e dell’autogestione produttiva è un’esigenza valida e fondata. Ma questa considerazione non spiega ancora le cause della collaborazione governativa. Per analizzare questo aspetto storico dobbiamo considerare che l’importante sperimentazione avviata in terra iberica ha goduto solo in un primo tempo di fattori favorevoli provocati oggettivamente dal golpe che ha paralizzato l’apparato di controllo statale repubblicano. Il passare dei mesi ha complicato la cornice della rivoluzione al punto che non si era drasticamente ridotto lo spazio per una alternativa praticabile al di fuori delle istituzioni repubblicane già consolidate agli inizi del 1937. Il maggio di quell’anno ha messo in rilievo quanto e come la forza dell’anarchismo fosse ormai imbrigliata da un sistema politico, ma anche poliziesco e diplomatico, costruito dagli antifascisti con il contributo sempre più condizionante del Partito comunista.\r\nPiù volte la riflessione, ieri e oggi, ha calcato la mano sulle contraddizioni dirompenti esplose negli anni Trenta nell’anarchismo spagnolo: da un elettoralismo, più o meno nascosto nell’aprile 1931 e nel febbraio 1936, alla collaborazione con altre componenti politiche e sindacali in nome dell’antifascismo e dell’auspicata vittoria sul franchismo. Tutto ciò è finalmente reso emblematico dal paradossale incarico ministeriale a quattro esponenti dell’anarchismo e dell’anarcosindacalismo.\r\nIl movimento spagnolo, pur forte all’interno, disponeva di appoggi internazionali troppo ridotti per poter reggere ad una completa rottura rivoluzionaria. L’AIT, l’unica organizzazione mondiale solidale con la CNT-FAI, non poteva mobilitare adeguatamente i lavoratori dell’Europa, ormai in parte fascistizzata, per sostenere concretamente i rivoluzionari spagnoli. Era possibile proclamare scioperi di solidarietà ma con risultati modesti, pur con tutta la dedizione e tenacia possibili. Inoltre molto ridotta era la disponibilità di materiali bellici, indispensabili per condurre una lotta ai fascisti appoggiati da Italia e Germania ed un’eventuale opposizione radicale alla Spagna repubblicana ma controrivoluzionaria.\r\nForse la spinta della CNT-FAI verso l’aumento dello spazio libertario, nella società e nell’economia, avrebbe potuto essere maggiore, ma anche nel caso di un allargamento dei consensi e delle simpatie verso l’ipotesi rivoluzionaria, i rapporti di forza tra i protagonisti del molteplice scontro venivano fortemente influenzati dal coinvolgimento di potenze estere di primaria importanza a lato degli uni e degli altri. In un certo senso gli spagnoli erano troppo forti e i loro obiettivi troppo avanzati per il livello medio degli altri movimenti libertari. Anche a prescindere dal fatto che erano quasi scomparsi i militanti in Germania e in Italia.\r\nLe ragioni dei “circostanzialisti” favorevoli ad un’integrazione nel sistema politico repubblicano e quelle degli “intransigenti” sono state presentate nel modo più analitico e critico possibile. In particolare la metamorfosi interna, in nome dell’efficienza, dei principi organizzativi del movimento, sempre più simili a quelli dei marxisti e dei repubblicani, è considerata recuperando prese di posizione e ragionamenti alquanto trascurati dagli scritti più diffusi sull’argomento. In essi di solito l’osservazione sulla mancanza di una “politica” come causa della sconfitta anarchica risente dell’eccessivo e sbrigativo esame delle forze in campo per giungere a conclusioni molto perentorie, quanto poco convincenti. Senza un quadro realistico dei punti di forza e di debolezza delle organizzazioni libertarie risultano assai discutibili le valutazioni sugli “errori” dei responsabili del movimento ai quali si destinano con troppa facilità critiche di carattere tattico e teorico.\r\nLa guerra civile resta il dato obbligatoriamente centrale nell’analisi della linea seguita dagli anarchici spagnoli. Il conflitto iniziato dal golpe favorisce la diffusione di un progetto rivoluzionario nelle prime settimane, quando esistono concrete possibilità di sconfiggere i generali ribelli. In questa fase l’immagine della Spagna antifascista si intreccia con quella della Spagna rivoluzionaria e richiama combattenti da molti paesi, attratti da uno scontro ideologico ed etico dai tratti ancora ottocenteschi e vagamente romantici. Alla fine del 1936 la situazione è cambiata radicalmente e la guerra è ormai una lotta tra due Stati contrapposti ma con tratti comuni e speculari. Le battaglie campali hanno bisogno di strutture verticistiche e di apparati industriali molto più che di iniziative coraggiose e di coscienza rivoluzionaria efficaci, anzi indispensabili, nella prima mobilitazione. La collocazione della guerra civile nelle contese tra grandi potenze emargina le possibilità di azioni indipendenti collegate alla nascita di una nuova società com’era nelle aspirazioni degli anarchici spagnoli.\r\nLe democrazie occidentali, Francia e Gran Bretagna soprattutto, restano a guardare la progressiva avanzata dei franchisti, appoggiati massicciamente da Italia e Germania, nascondendosi dietro il paravento di comodo del Comitato di Non Intervento. L’URSS usa la Spagna come pedina per le proprie alleanze internazionali e interviene anche per eliminare pericolose dissidenze, marxiste e libertarie. Il logoramento delle posizioni militari e diplomatiche repubblicane rende improponibile un rovesciamento della strategia seguita fin quasi alla fine dai vertici governativi che puntano sull’aiuto democratico estero talora promesso ma mai realizzato veramente. I contraccolpi dell’aumento del controllo a tutti i livelli sulla militanza libertaria nonché le elevate perdite di combattenti sottraggono importanza e incisività al movimento dell’inizio della rivoluzione e della guerra.\r\nQuesta sintesi schematica delle vicende belliche e politiche può far capire come le opportunità che l’anarchismo aveva per uscire dal vicolo cieco della militarizzazione e della subordinazione alla logica statale erano praticamente ridotte già pochi mesi dopo l’estate 1936. Le ipotetiche alternative all’esistente egemonia controrivoluzionaria si erano concretizzate in prese di posizione molto critiche di gruppi circoscritti come i giovani militanti dei Quijotes del Ideal o i più strutturati, ma minoritari, Amigos de Durruti. Alcuni fogli incitanti alla resistenza contro la progressiva statalizzazione di organizzazioni dall’identità antistatale vennero diffusi in modo irregolare e quasi clandestino dopo il Maggio del 1937 e l’emarginazione brutale dell’ipotesi rivoluzionaria. Per molti mesi centinaia di attivisti anarchici non in linea con le consegne collaborazioniste dei vertici della CNT-FAI restarono detenuti nelle carceri di Barcellona senza che ci fosse una protesta e una mobilitazione in grado di liberarli. In ogni caso le posizioni irriducibili hanno trovato, negli anni successivi, un’attenzione notevole negli studi e negli ambienti politicamente radicalizzati.\r\nDi sicuro l’esperienza spagnola ha avuto un peso specifico di grande rilievo nella costruzione delle coscienze e delle identità di generazioni di militanti libertari e rivoluzionari in tutto il mondo. Se ciò è comprensibile, un fondato giudizio storico deve saper andare oltre le risposte facili per considerare gli eventi e le responsabilità in un contesto il più possibile corrispondente alla realtà effettiva. Lo slancio utopico, non solo del passato, ha un valore indiscutibile ma deve riuscire a fare i conti con le condizioni vere del momento storico.\r\nA questo realismo, forse troppo pessimistico, critici attenti ai problemi storici spagnoli hanno risposto con la valorizzazione dell’elemento soggettivo e volontaristico nelle profonde rotture epocali a prescindere dagli esiti finali. In fin dei conti, ha sostenuto, ad esempio, il militante e scrittore Abel Paz (Diego Camacho) dopo più un sessantennio di impegno antiautoritario: “Le rivoluzioni non si vincono, si fanno!”","22 Luglio 2013","2018-10-17 22:59:43","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/07/spagna36-blu-200x110.jpg","Spagna 1936. Al bivio tra guerra e rivoluzione",1374517459,[223,224,225],"http://radioblackout.org/tag/guerra/","http://radioblackout.org/tag/rivoluzione/","http://radioblackout.org/tag/spagna-1936/",[153,227,165],"rivoluzione",{"post_content":229},{"matched_tokens":230,"snippet":232,"value":233},[231],"franchismo","dell’antifascismo e dell’auspicata vittoria sul \u003Cmark>franchismo\u003C/mark>. Tutto ciò è finalmente reso","19 luglio. Nell'anniversario dell'insurrezione contro il tentato golpe dei generali spagnoli, abbiamo continuato la riflessione intrapresa la scorsa settimana con Claudio Venza, docente di storia della Spagna contemporanea all'università di Trieste e autore, tra gli altri, del libro, uscito un paio di anni fa per i tipi di Eleuthera, \"Anarchia e potere nella guerra civile spagnola\".\r\nNel contesto di una feroce guerra civile tra fascismo e antifascismo, che prelude alla seconda guerra mondiale, un forte e radicato movimento libertario cerca di realizzare una società di liberi e uguali. Dopo aver contribuito in modo rilevante alla sconfitta del golpe, anarchici e anarcosindacalisti provano a mettere in pratica le loro aspirazioni autogestionarie attraverso migliaia di collettivizzazioni urbane e rurali, innovative sperimentazioni in campo sociale e culturale, e una «guerra antimilitarista» basata sul modello delle milizie volontarie. In una situazione così complessa, agli anarchici si pone subito il lacerante dilemma del potere. Questo libro racconta quell'epocale esperimento rivoluzionario con i tentativi pragmatici (e le resistenze) dei libertari di venire a patti con una realtà ostile.\r\nAscolta la diretta con Claudio Venza\r\n2013 07 19 venza spagna\r\n\r\nDi seguito il capitolo conclusivo del suo libro. Un'occasione per aprire una riflessione, oggi più che mai attuale, su guerra e rivoluzione, nella difficile dialettica tra etica della convinzione ed etica della responsabilità.\r\n\r\nCon la risposta popolare e libertaria al golpe militare del 18 luglio 1936 si compie un salto di qualità cruciale per tutta la storia successiva del movimento, con riflessi enormi sul piano ideologico e politico, tattico e strategico. Il respiro dei fatti spagnoli ha, e avrà, conseguenze sull’intero anarchismo mondiale che risente direttamente degli accadimenti nel paese dove esso aveva la dimensione più ampia e solida.\r\nLo scontro spagnolo del 1936-1939 è consistito anche in un conflitto tra principi e scelte contingenti, il che ha potuto significare talvolta tra utopismo e realismo all’interno della lotta senza esclusione di colpi tra forze autoritarie e tendenze libertarie. Una constatazione ha preso forma di presupposto: il dramma bellico che si consuma tra i Pirenei e Cadice, con un livello molto alto di morte e distruzione, è stato determinante non solo per la storia spagnola ma per quella dell’anarchismo. La guerra, l’evento che tutto trasforma e militarizza, non può essere messa da parte per concentrare l’attenzione unicamente sulle vicende della rivoluzione sociale. Guerra e rivoluzione si sono intrecciate e si sono condizionate a vicenda. I due aspetti non possono essere oggetto di ricerca e riflessione indipendenti ma ne vanno illustrati e compresi i nessi indissolubili.\r\nMostrare come in Spagna si siano compiuti considerevoli passi avanti sulla strada dell’emancipazione umana e dell’autogestione produttiva è un’esigenza valida e fondata. Ma questa considerazione non spiega ancora le cause della collaborazione governativa. Per analizzare questo aspetto storico dobbiamo considerare che l’importante sperimentazione avviata in terra iberica ha goduto solo in un primo tempo di fattori favorevoli provocati oggettivamente dal golpe che ha paralizzato l’apparato di controllo statale repubblicano. Il passare dei mesi ha complicato la cornice della rivoluzione al punto che non si era drasticamente ridotto lo spazio per una alternativa praticabile al di fuori delle istituzioni repubblicane già consolidate agli inizi del 1937. Il maggio di quell’anno ha messo in rilievo quanto e come la forza dell’anarchismo fosse ormai imbrigliata da un sistema politico, ma anche poliziesco e diplomatico, costruito dagli antifascisti con il contributo sempre più condizionante del Partito comunista.\r\nPiù volte la riflessione, ieri e oggi, ha calcato la mano sulle contraddizioni dirompenti esplose negli anni Trenta nell’anarchismo spagnolo: da un elettoralismo, più o meno nascosto nell’aprile 1931 e nel febbraio 1936, alla collaborazione con altre componenti politiche e sindacali in nome dell’antifascismo e dell’auspicata vittoria sul \u003Cmark>franchismo\u003C/mark>. Tutto ciò è finalmente reso emblematico dal paradossale incarico ministeriale a quattro esponenti dell’anarchismo e dell’anarcosindacalismo.\r\nIl movimento spagnolo, pur forte all’interno, disponeva di appoggi internazionali troppo ridotti per poter reggere ad una completa rottura rivoluzionaria. L’AIT, l’unica organizzazione mondiale solidale con la CNT-FAI, non poteva mobilitare adeguatamente i lavoratori dell’Europa, ormai in parte fascistizzata, per sostenere concretamente i rivoluzionari spagnoli. Era possibile proclamare scioperi di solidarietà ma con risultati modesti, pur con tutta la dedizione e tenacia possibili. Inoltre molto ridotta era la disponibilità di materiali bellici, indispensabili per condurre una lotta ai fascisti appoggiati da Italia e Germania ed un’eventuale opposizione radicale alla Spagna repubblicana ma controrivoluzionaria.\r\nForse la spinta della CNT-FAI verso l’aumento dello spazio libertario, nella società e nell’economia, avrebbe potuto essere maggiore, ma anche nel caso di un allargamento dei consensi e delle simpatie verso l’ipotesi rivoluzionaria, i rapporti di forza tra i protagonisti del molteplice scontro venivano fortemente influenzati dal coinvolgimento di potenze estere di primaria importanza a lato degli uni e degli altri. In un certo senso gli spagnoli erano troppo forti e i loro obiettivi troppo avanzati per il livello medio degli altri movimenti libertari. Anche a prescindere dal fatto che erano quasi scomparsi i militanti in Germania e in Italia.\r\nLe ragioni dei “circostanzialisti” favorevoli ad un’integrazione nel sistema politico repubblicano e quelle degli “intransigenti” sono state presentate nel modo più analitico e critico possibile. In particolare la metamorfosi interna, in nome dell’efficienza, dei principi organizzativi del movimento, sempre più simili a quelli dei marxisti e dei repubblicani, è considerata recuperando prese di posizione e ragionamenti alquanto trascurati dagli scritti più diffusi sull’argomento. In essi di solito l’osservazione sulla mancanza di una “politica” come causa della sconfitta anarchica risente dell’eccessivo e sbrigativo esame delle forze in campo per giungere a conclusioni molto perentorie, quanto poco convincenti. Senza un quadro realistico dei punti di forza e di debolezza delle organizzazioni libertarie risultano assai discutibili le valutazioni sugli “errori” dei responsabili del movimento ai quali si destinano con troppa facilità critiche di carattere tattico e teorico.\r\nLa guerra civile resta il dato obbligatoriamente centrale nell’analisi della linea seguita dagli anarchici spagnoli. Il conflitto iniziato dal golpe favorisce la diffusione di un progetto rivoluzionario nelle prime settimane, quando esistono concrete possibilità di sconfiggere i generali ribelli. In questa fase l’immagine della Spagna antifascista si intreccia con quella della Spagna rivoluzionaria e richiama combattenti da molti paesi, attratti da uno scontro ideologico ed etico dai tratti ancora ottocenteschi e vagamente romantici. Alla fine del 1936 la situazione è cambiata radicalmente e la guerra è ormai una lotta tra due Stati contrapposti ma con tratti comuni e speculari. Le battaglie campali hanno bisogno di strutture verticistiche e di apparati industriali molto più che di iniziative coraggiose e di coscienza rivoluzionaria efficaci, anzi indispensabili, nella prima mobilitazione. La collocazione della guerra civile nelle contese tra grandi potenze emargina le possibilità di azioni indipendenti collegate alla nascita di una nuova società com’era nelle aspirazioni degli anarchici spagnoli.\r\nLe democrazie occidentali, Francia e Gran Bretagna soprattutto, restano a guardare la progressiva avanzata dei \u003Cmark>franchisti\u003C/mark>, appoggiati massicciamente da Italia e Germania, nascondendosi dietro il paravento di comodo del Comitato di Non Intervento. L’URSS usa la Spagna come pedina per le proprie alleanze internazionali e interviene anche per eliminare pericolose dissidenze, marxiste e libertarie. Il logoramento delle posizioni militari e diplomatiche repubblicane rende improponibile un rovesciamento della strategia seguita fin quasi alla fine dai vertici governativi che puntano sull’aiuto democratico estero talora promesso ma mai realizzato veramente. I contraccolpi dell’aumento del controllo a tutti i livelli sulla militanza libertaria nonché le elevate perdite di combattenti sottraggono importanza e incisività al movimento dell’inizio della rivoluzione e della guerra.\r\nQuesta sintesi schematica delle vicende belliche e politiche può far capire come le opportunità che l’anarchismo aveva per uscire dal vicolo cieco della militarizzazione e della subordinazione alla logica statale erano praticamente ridotte già pochi mesi dopo l’estate 1936. 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Il governo Renzi ha raggiunto l'obiettivo di escludere le spese per il trattenimento e la deportazione dei migranti dal conteggio sul bilancio dello Stato italiano ed ha accantonato ogni ambiguità, tentando di serrare le frontiere.\r\nMa il desiderio di libertà è più forte di ogni confine e tanti cercano e trovano un varco da cui passare.\r\n\r\n \r\n\r\nIl campo gestito dalla Croce Rossa è stato spostato lontano dal mare, in una zona dismessa dalle ferrovie nei pressi del parco Roja. Gli operatori della Croce Rossa agiscono di concerto con le forze dell'ordine. Nel campo si mangia male, non si riceve alcuna informazione sulla propria situazione, ma si rischia la deportazione alla minima protesta.\r\nNei pressi del campo ufficiale era sorto un campo spontaneo, gestito dagli stessi migranti, sgomberato pochi giorni prima dell'avvio del campeggio No Border.\r\nNella notte tra giovedì 4 e venerdì 5 agosto circa trecento migranti sono usciti dal campo della Croce Rossa diretti alla frontiera. Bloccati nell'area dove lo scorso anno c'era il campo No Border, sono stati violentemente caricati dalla polizia. Con loro c'erano anche alcuni compagni che li avevano raggiunti per dare appoggio e solidarietà. Durante la carica circa 120 migranti sono riusciti a bucare la frontiera e ad entrare in Francia, dove è scattata la caccia all'uomo. Un gruppo è stato bloccato manganellato e caricato sui furgoni della gendarmeria in una spiaggia di Mentone.\r\nDei migranti rastrellati alcuni sono stati riportati al campo della CRI, altri sono stati deportati a Taranto. I No Border fermati hanno ricevuto tutti il decreto di espulsione dall'Italia o il foglio di via dalla provincia di Imperia.\r\n\r\n \r\n\r\nIl giorno successivo, dopo un volantinaggio in spiaggia che annunciava il corteo della domenica, i No Border si sono avviati in direzione del campo della Croce Rossa per fare un saluto ai migranti.\r\nLa polizia ha prima gasato, poi ha cercato di bloccare gli attivisti chiudendo loro la strada. Undici compagn* sono rimasti intrappolati su un ponte dove sono stati picchiati insultati e ammanettati.\r\nTrattenuti in questura per quasi tutta la notte hanno subito altre angherie, prima di essere rilasciati con foglio di via e con la denuncia di resistenza e adunata sediziosa aggravate.\r\nAltri due No Border, Beppe ed Alessia, presi poco lontano dal ponte, sono stati arrestati e richiusi nei carceri di Imperia e Genova Pontedecimo: rilasciati con divieto di dimora tra giorni dopo, saranno processati in autunno per resistenza, adunata sediziosa e lesioni.\r\n\r\nQui potete leggere la testimonianza di Stefano, un compagno di Torino.\r\n\r\nQui il video del Fatto Quotidiano\r\n\r\n \r\n\r\nDurante la mattanza sul ponte un poliziotto dell'antisommossa, che stava per unirsi ai colleghi che stavano lavorando di manganello, è morto d'infarto appena sceso dal furgone.\r\nL'episodio è stato usato dai media come pretesto per scatenare una campagna di ulteriore criminalizzazione nei confronti degli attivisti che si battono contro le frontiere. Il Freespot è stato perquisito e due giorni dopo sgomberato con un pretesto, nonostante i locali fossero in affitto.\r\nIl giorno successivo il corteo non è riuscito a partire, perché la polizia ha intercettato e dato il foglio di via a buona parte dei compagni che stavano raggiungendo Ventimiglia.\r\n\r\n \r\n\r\nLa strategia di Alfano è chiara: alleggerire la pressione sulle frontiere, deportando al sud i migranti e chiudendo in una morsa di ferro chi si oppone alle frontiere.\r\n\r\n \r\n\r\nIl clima di emergenza serve a fare terra bruciata intorno a migranti e attivisti No Border, per nascondere una verità banale, che senza frontiere non ci sarebbero clandestini, campi, controlli. Senza frontiere Ventimiglia sarebbe solo uno dei tanti luoghi dove passa la gente in viaggio.\r\nSenza frontiere, stati, sfruttamento e guerre, tanti neppure partirebbero.\r\nÉ la disarmante banalità del bene.\r\n\r\n \r\n\r\nInternazionale di Federrazioni Anarchiche\r\nDal 4 al 7 agosto si è tenuto a Francoforte il decimo congresso dell'IFA – l'Internazionale di Federazioni Anarchiche.\r\nAl congresso hanno partecipato delegati e osservatori da Francia, Italia, Germania, Gran Bretagna, Olanda, Repubblica Ceca, Grecia, Portogallo, Bielorussia, Turchia, Azerbajan, Iraq, Nuova Zelanda, Argentina, Brasile, Messico, Cile, Repubblica Domenicana, Cuba, El Salvador...\r\nSono state giornate intense in cui alle assemblee plenarie si sono intervallati numerosi worshop. Il sabato pomeriggio c'è stata un'assemblea aperta alla città.\r\nUn'occasione importante di confronto, rinsaldamento dei legami e reciproca conoscenza, costruzione di campagne comuni.\r\nNe abbiamo parlato con Simone.\r\n\r\n \r\n\r\nGuerra per la Libia\r\nLa guerra per la Libia è diventata nuovamente caldissima nel pieno dell'estate. L'Italia è nuovamente in prima fila.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Domenico\r\n\r\n \r\n\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org","14 Agosto 2016","Il 12 agosto, nel cuore dell'estate, ultima puntata del viaggio settimanale di Anarres nel pianeta delle utopie concrete, prima di un paio di settimane di pausa. \r\n\r\nQui potete ascoltare il podcast:\r\n\r\n\r\nVi abbiamo proposto un lungo approfondimento sulla lotta dei migranti per bucare la frontiera di Ventimiglia, per continuare un viaggio che le frontiere chiuse dell'Europa hanno interrotto. \r\n\r\nNe abbiamo parlato con Giulia, No Border di Ventimiglia, e con Stefano, anarchico torinese.\r\n\r\nAd un anno di distanza da un'altra estate di lotta tante cose sono cambiate. 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Bloccati nell'area dove lo scorso anno c'era il campo No Border, sono stati violentemente caricati dalla polizia. Con loro c'erano anche alcuni compagni che li avevano raggiunti per dare appoggio e solidarietà. Durante la carica circa 120 migranti sono riusciti a bucare la frontiera e ad entrare in Francia, dove è scattata la caccia all'uomo. Un gruppo è stato bloccato manganellato e caricato sui furgoni della gendarmeria in una spiaggia di Mentone. \r\nDei migranti rastrellati alcuni sono stati riportati al campo della CRI, altri sono stati deportati a Taranto. I No Border fermati hanno ricevuto tutti il decreto di espulsione dall'Italia o il foglio di via dalla provincia di Imperia. \r\n\r\nIl giorno successivo, dopo un volantinaggio in spiaggia che annunciava il corteo della domenica, i No Border si sono avviati in direzione del campo della Croce Rossa per fare un saluto ai migranti. \r\nLa polizia ha prima gasato, poi ha cercato di bloccare gli attivisti chiudendo loro la strada. Undici compagn* sono rimasti intrappolati su un ponte dove sono stati picchiati insultati e ammanettati.\r\nTrattenuti in questura per quasi tutta la notte hanno subito altre angherie, prima di essere rilasciati con foglio di via e con la denuncia di resistenza e adunata sediziosa aggravate. \r\nAltri due No Border, Beppe ed Alessia, presi poco lontano dal ponte, sono stati arrestati e richiusi nei carceri di Imperia e Genova Pontedecimo: rilasciati con divieto di dimora tra giorni dopo, saranno processati in autunno per resistenza, adunata sediziosa e lesioni. \r\nQui potete leggere la testimonianza di Stefano, un compagno di Torino.\r\nQui il video del Fatto Quotidiano\r\n\r\nDurante la mattanza sul ponte un poliziotto dell'antisommossa, che stava per unirsi ai colleghi che stavano lavorando di manganello, è morto d'infarto appena sceso dal furgone.\r\nL'episodio è stato usato dai media come pretesto per scatenare una campagna di ulteriore criminalizzazione nei confronti degli attivisti che si battono contro le frontiere. Il Freespot è stato perquisito e due giorni dopo sgomberato con un pretesto, nonostante i locali fossero in affitto. \r\nIl giorno successivo il corteo non è riuscito a partire, perché la polizia ha intercettato e dato il foglio di via a buona parte dei compagni che stavano raggiungendo Ventimiglia. \r\n\r\nLa strategia di Alfano è chiara: alleggerire la pressione sulle frontiere, deportando al sud i migranti e chiudendo in una morsa di ferro chi si oppone alle frontiere. \r\n\r\nIl clima di emergenza serve a fare terra bruciata intorno a migranti e attivisti No Border, per nascondere una verità banale, che senza frontiere non ci sarebbero clandestini, campi, controlli. Senza frontiere Ventimiglia sarebbe solo uno dei tanti luoghi dove passa la gente in viaggio. \r\nSenza frontiere, stati, sfruttamento e guerre, tanti neppure partirebbero. \r\nÉ la disarmante banalità del bene. \r\n\r\nInternazionale di Federrazioni Anarchiche\r\nDal 4 al 7 agosto si è tenuto a Francoforte il decimo congresso dell'IFA – l'Internazionale di Federazioni Anarchiche. \r\nAl congresso hanno partecipato delegati e osservatori da Francia, Italia, Germania, Gran Bretagna, Olanda, Repubblica Ceca, Grecia, Portogallo, Bielorussia, Turchia, Azerbajan, Iraq, Nuova Zelanda, Argentina, Brasile, Messico, Cile, Repubblica Domenicana, Cuba, El Salvador...\r\nSono state giornate intense in cui alle assemblee plenarie si sono intervallati numerosi worshop. Il sabato pomeriggio c'è stata un'assemblea aperta alla città. \r\nUn'occasione importante di confronto, rinsaldamento dei legami e reciproca conoscenza, costruzione di campagne comuni. \r\nNe abbiamo parlato con Simone. \r\n\r\nGuerra per la Libia\r\nLa guerra per la Libia è diventata nuovamente caldissima nel pieno dell'estate. L'Italia a nuovamente in prima fila. \r\nNe abbiamo parlato con Domenico\r\n\r\nwww.anarresinfo.noblogs,org","2018-10-17 22:58:58","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/08/LAPR0737_MGTHUMB-INTERNA-200x110.jpg","Anarres del 12 agosto: lotta contro le frontiere a Ventimiglia, il congresso dell'IFA, la guerra per la Libia",1471174653,[255,256,257,223,258,259,260,261,262,263],"http://radioblackout.org/tag/deportazioni/","http://radioblackout.org/tag/fogli-di-via/","http://radioblackout.org/tag/francoforte/","http://radioblackout.org/tag/ifa/","http://radioblackout.org/tag/immigrazione/","http://radioblackout.org/tag/internazionale-di-federazioni-anarchiche/","http://radioblackout.org/tag/libia/","http://radioblackout.org/tag/no-border/","http://radioblackout.org/tag/ventimiglia/",[265,169,167,153,157,266,171,159,267,268],"deportazioni","immigrazione","no border","ventimiglia",{"post_content":270,"tags":275},{"matched_tokens":271,"snippet":273,"value":274},[272],"bilancio","dei migranti dal conteggio sul \u003Cmark>bilancio\u003C/mark> dello Stato italiano ed ha","Il 12 agosto, nel cuore dell'estate, ultima puntata del viaggio settimanale di Anarres nel pianeta delle utopie concrete, prima di un paio di settimane di pausa.\r\n\r\n \r\n\r\nQui potete ascoltare il podcast:\r\n\r\n2016-08-12-anarres1\r\n2016-08-12-anarres2\r\n\r\n \r\n\r\nVi abbiamo proposto un lungo approfondimento sulla lotta dei migranti per bucare la frontiera di Ventimiglia, per continuare un viaggio che le frontiere chiuse dell'Europa hanno interrotto.\r\n\r\n \r\n\r\nNe abbiamo parlato con Giulia, No Border di Ventimiglia, e con Stefano, anarchico torinese.\r\n\r\n \r\n\r\nAd un anno di distanza da un'altra estate di lotta tante cose sono cambiate. Il governo Renzi ha raggiunto l'obiettivo di escludere le spese per il trattenimento e la deportazione dei migranti dal conteggio sul \u003Cmark>bilancio\u003C/mark> dello Stato italiano ed ha accantonato ogni ambiguità, tentando di serrare le frontiere.\r\nMa il desiderio di libertà è più forte di ogni confine e tanti cercano e trovano un varco da cui passare.\r\n\r\n \r\n\r\nIl campo gestito dalla Croce Rossa è stato spostato lontano dal mare, in una zona dismessa dalle ferrovie nei pressi del parco Roja. Gli operatori della Croce Rossa agiscono di concerto con le forze dell'ordine. Nel campo si mangia male, non si riceve alcuna informazione sulla propria situazione, ma si rischia la deportazione alla minima protesta.\r\nNei pressi del campo ufficiale era sorto un campo spontaneo, gestito dagli stessi migranti, sgomberato pochi giorni prima dell'avvio del campeggio No Border.\r\nNella notte tra giovedì 4 e venerdì 5 agosto circa trecento migranti sono usciti dal campo della Croce Rossa diretti alla frontiera. Bloccati nell'area dove lo scorso anno c'era il campo No Border, sono stati violentemente caricati dalla polizia. Con loro c'erano anche alcuni compagni che li avevano raggiunti per dare appoggio e solidarietà. Durante la carica circa 120 migranti sono riusciti a bucare la frontiera e ad entrare in Francia, dove è scattata la caccia all'uomo. Un gruppo è stato bloccato manganellato e caricato sui furgoni della gendarmeria in una spiaggia di Mentone.\r\nDei migranti rastrellati alcuni sono stati riportati al campo della CRI, altri sono stati deportati a Taranto. I No Border fermati hanno ricevuto tutti il decreto di espulsione dall'Italia o il foglio di via dalla provincia di Imperia.\r\n\r\n \r\n\r\nIl giorno successivo, dopo un volantinaggio in spiaggia che annunciava il corteo della domenica, i No Border si sono avviati in direzione del campo della Croce Rossa per fare un saluto ai migranti.\r\nLa polizia ha prima gasato, poi ha cercato di bloccare gli attivisti chiudendo loro la strada. Undici compagn* sono rimasti intrappolati su un ponte dove sono stati picchiati insultati e ammanettati.\r\nTrattenuti in questura per quasi tutta la notte hanno subito altre angherie, prima di essere rilasciati con foglio di via e con la denuncia di resistenza e adunata sediziosa aggravate.\r\nAltri due No Border, Beppe ed Alessia, presi poco lontano dal ponte, sono stati arrestati e richiusi nei carceri di Imperia e Genova Pontedecimo: rilasciati con divieto di dimora tra giorni dopo, saranno processati in autunno per resistenza, adunata sediziosa e lesioni.\r\n\r\nQui potete leggere la testimonianza di Stefano, un compagno di Torino.\r\n\r\nQui il video del Fatto Quotidiano\r\n\r\n \r\n\r\nDurante la mattanza sul ponte un poliziotto dell'antisommossa, che stava per unirsi ai colleghi che stavano lavorando di manganello, è morto d'infarto appena sceso dal furgone.\r\nL'episodio è stato usato dai media come pretesto per scatenare una campagna di ulteriore criminalizzazione nei confronti degli attivisti che si battono contro le frontiere. Il Freespot è stato perquisito e due giorni dopo sgomberato con un pretesto, nonostante i locali fossero in affitto.\r\nIl giorno successivo il corteo non è riuscito a partire, perché la polizia ha intercettato e dato il foglio di via a buona parte dei compagni che stavano raggiungendo Ventimiglia.\r\n\r\n \r\n\r\nLa strategia di Alfano è chiara: alleggerire la pressione sulle frontiere, deportando al sud i migranti e chiudendo in una morsa di ferro chi si oppone alle frontiere.\r\n\r\n \r\n\r\nIl clima di emergenza serve a fare terra bruciata intorno a migranti e attivisti No Border, per nascondere una verità banale, che senza frontiere non ci sarebbero clandestini, campi, controlli. Senza frontiere Ventimiglia sarebbe solo uno dei tanti luoghi dove passa la gente in viaggio.\r\nSenza frontiere, stati, sfruttamento e guerre, tanti neppure partirebbero.\r\nÉ la disarmante banalità del bene.\r\n\r\n \r\n\r\nInternazionale di Federrazioni Anarchiche\r\nDal 4 al 7 agosto si è tenuto a Francoforte il decimo congresso dell'IFA – l'Internazionale di Federazioni Anarchiche.\r\nAl congresso hanno partecipato delegati e osservatori da Francia, Italia, Germania, Gran Bretagna, Olanda, Repubblica Ceca, Grecia, Portogallo, Bielorussia, Turchia, Azerbajan, Iraq, Nuova Zelanda, Argentina, Brasile, Messico, Cile, Repubblica Domenicana, Cuba, El Salvador...\r\nSono state giornate intense in cui alle assemblee plenarie si sono intervallati numerosi worshop. Il sabato pomeriggio c'è stata un'assemblea aperta alla città.\r\nUn'occasione importante di confronto, rinsaldamento dei legami e reciproca conoscenza, costruzione di campagne comuni.\r\nNe abbiamo parlato con Simone.\r\n\r\n \r\n\r\nGuerra per la Libia\r\nLa guerra per la Libia è diventata nuovamente caldissima nel pieno dell'estate. L'Italia è nuovamente in prima fila.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Domenico\r\n\r\n \r\n\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org",[276,278,281,283,285,287,289,291,293,295],{"matched_tokens":277,"snippet":265,"value":265},[],{"matched_tokens":279,"snippet":280,"value":280},[71],"\u003Cmark>fogli\u003C/mark> di via",{"matched_tokens":282,"snippet":167,"value":167},[],{"matched_tokens":284,"snippet":153,"value":153},[],{"matched_tokens":286,"snippet":157,"value":157},[],{"matched_tokens":288,"snippet":266,"value":266},[],{"matched_tokens":290,"snippet":171,"value":171},[],{"matched_tokens":292,"snippet":159,"value":159},[],{"matched_tokens":294,"snippet":267,"value":267},[],{"matched_tokens":296,"snippet":268,"value":268},[],[298,300],{"field":99,"matched_tokens":299,"snippet":273,"value":274},[272],{"field":34,"indices":301,"matched_tokens":302,"snippets":304,"values":305},[14],[303],[71],[280],[280],1155190738229657600,{"best_field_score":308,"best_field_weight":137,"fields_matched":38,"num_tokens_dropped":46,"score":309,"tokens_matched":38,"typo_prefix_score":210},"1108024229888","1155190738229657714",6634,{"collection_name":185,"first_q":33,"per_page":141,"q":33},["Reactive",313],{},["Set"],["ShallowReactive",316],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$fNN4Q2EctQ7JCY_dt2WEQn2sWez8xM5sWvQBMcC1G8vo":-1},true,"/search?query=fogli+bianchi"]