","I giganti della finanza abbandonano la transizione \"verde\"","post",1709129024,[61,62,63,64],"http://radioblackout.org/tag/climate-change/","http://radioblackout.org/tag/fondi-finanziari/","http://radioblackout.org/tag/green/","http://radioblackout.org/tag/transizione/",[66,67,68,69],"climate change","fondi finanziari","green","transizione",{"post_content":71,"tags":77},{"matched_tokens":72,"snippet":75,"value":76},[73,74],"fondi","finanziari","due tra i più famsi \u003Cmark>fondi\u003C/mark> \u003Cmark>finanziari\u003C/mark>, a cui si aggiunge BlackRock,","Lo scorso 15 febbraio 2024 JP Morgan e State Street hanno entrambi abbandonato l'alleanza a sostegno della transizione \"green\" Climate Action 100+. Si tratta di due tra i più famsi \u003Cmark>fondi\u003C/mark> \u003Cmark>finanziari\u003C/mark>, a cui si aggiunge BlackRock, la quale sta limitando la sua partecipazione, limitandola all'adesione alla sua branca internazionale. La scelta di lasciare la coalizione non è casuale: la spinta arriva dagli stessi investitori, evidentemente non più interessati ad ammantarsi di greenwashing negli affari.\r\n\r\nL'alleanza Climate Action 100+ è nata nel 2017, sull'onda delle proteste ambientaliste e delle politiche filoecologiste attuate dai governi occidentali. Il suo scopo è spingere le aziende a ridurre le emissioni, rafforzando gli investimenti che mirano alla transizione verde. Recentemente è stata promossa la seconda fase dell'alleanza, nella quale i membri dovrebbero attuare nella pratica i principi a cui hanno aderito attraverso il Climate Action 100+. In questa fase si inserisce l'abbandono da parte di JP Morgan e State Street della coalizione, evidentemente non intenzionate a passare dalle parole ai fatti. Negli Stati Uniti il Climate Action è stato anche bersaglio di una campagna repubblicana contro gli investimenti ESG, \"Environmental, Social, Governance\", ovvero «tutte quelle attività legate all’investimento responsabile (IR) che perseguono gli obiettivi tipici della gestione \u003Cmark>finanziari\u003C/mark>a tenendo in considerazione aspetti di natura ambientale, sociale e di governance »\r\n\r\nSembra improbabile che JP Morgan e Street State saranno gli unici due \u003Cmark>fondi\u003C/mark> d'investimento ad abbandonare la trasizione verde; sono più probabilmente i primi segnali della sconfitta, a livello politico ed economico, del modello della transizione.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Michele Manfrin, sociologo e collaboratore de L'indipendente:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/Manfrin.28022024.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nL'articolo di Michele Manfrin per L'indipendente:\r\nI \u003Cmark>fondi\u003C/mark> \u003Cmark>finanziari\u003C/mark> stanno abbandonando la “transizione green”\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ",[78,80,83,85],{"matched_tokens":79,"snippet":66},[],{"matched_tokens":81,"snippet":82},[73,74],"\u003Cmark>fondi\u003C/mark> \u003Cmark>finanziari\u003C/mark>",{"matched_tokens":84,"snippet":68},[],{"matched_tokens":86,"snippet":69},[],[88,91],{"field":89,"matched_tokens":90,"snippet":75,"value":76},"post_content",[73,74],{"field":35,"indices":92,"matched_tokens":93,"snippets":95},[25],[94],[73,74],[82],1157451471441625000,{"best_field_score":98,"best_field_weight":99,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":47,"score":100,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":47},"2211897868544",13,"1157451471441625194",{"document":102,"highlight":122,"highlights":127,"text_match":130,"text_match_info":131},{"cat_link":103,"category":104,"comment_count":47,"id":105,"is_sticky":47,"permalink":106,"post_author":50,"post_content":107,"post_date":108,"post_excerpt":109,"post_id":105,"post_modified":110,"post_thumbnail":111,"post_thumbnail_html":112,"post_title":113,"post_type":58,"sort_by_date":114,"tag_links":115,"tags":119},[44],[46],"86510","http://radioblackout.org/2024/01/la-finanza-che-sostiene-leconomia-coloniale-israeliana/","Le istituzioni finanziarie europee, siano esse banche, compagnie assicurative e fondi pensione, svolgono un ruolo fondamentale per garantire il funzionamento, la sostenibilità e l’espansione delle colonie israeliane nei Territori palestinesi occupati. E lo fanno erogando prestiti e finanziamenti alle aziende coinvolte più o meno direttamente nell’occupazione (da Airbnb a Caterpillar, dall’impresa di costruzioni israeliana Ashtrom a quella di telecomunicazioni Altice) oppure acquisendo azioni e obbligazioni di queste società.\r\n\r\nSecondo le stime contenute nell’edizione 2023 del rapporto “Don’t buy into occupation” pubblicato lo scorso dicembre, tra gennaio 2020 e agosto 2023 sono state 776 le istituzioni finanziarie europee che hanno intrattenuto rapporti finanziari con 51 imprese attivamente coinvolte negli insediamenti israeliani illegali in Cisgiordania. Durante il periodo analizzato, sono stati erogati 164,2 miliardi di dollari sotto forma di prestiti e di sottoscrizioni. Inoltre, ad agosto 2023, gli investitori europei detenevano anche 144,7 miliardi di dollari in azioni e obbligazioni di queste società .\r\n\r\nNe parliamo con Ilaria Sesana di Altraeconomia.\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/01/ILARIA-SASINI-INFO-22012024.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n*************************************************************************************************************************\r\n\r\n \r\n\r\nPubblichiamo inoltre un articolo tradotto dal magazine israeliano +972 che illustra come Israele, a Gaza, abbia trasformato l’acqua in un’arma di distruzione di massa. Negando ai palestinesi l’acqua potabile dall’inizio della guerra, Israele ha creato una crisi sanitaria senza precedenti e rischia di causare danni ecologici irreversibili.\r\n+972 Magazine è una rivista online indipendente e senza scopo di lucro gestita da un gruppo di giornalisti palestinesi e israeliani. Il nome del sito deriva dal prefisso telefonico del paese che può essere utilizzato per chiamare in tutto Israele-Palestina.\r\nQui l'articolo originale.\r\n\r\nDi Nancy Murray e Amahl Bishara, 16 gennaio 2024\r\n\r\nA novembre, a solo un mese dall’inizio dell’assalto israeliano a Gaza che ha ormai superato i 100 giorni, Pedro Arrojo-Agudo, un relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari, ha avvertito che Israele “deve smettere di usare l’acqua come arma di guerra”. “Ogni ora che passa mentre Israele impedisce la fornitura di acqua potabile sicura nella Striscia di Gaza, in aperta violazione del diritto internazionale, mette gli abitanti di Gaza a rischio di morire di sete e di malattie legate alla mancanza di acqua potabile”, ha dichiarato. Il bilancio delle vittime derivante dalla mancanza d’acqua e il suo impatto sulla salute pubblica, potrebbe superare quello dello stesso bombardamento israeliano.\r\n\r\nNegare l’acqua a Gaza è stata una tattica chiave della guerra fin dall’inizio, con Israele che ha chiuso i tubi che rifornivano l’enclave il 7 ottobre. Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha annunciato che Israele stava “imponendo un assedio completo a Gaza. Niente elettricità, niente cibo, niente acqua, niente carburante. Tutto è chiuso. Stiamo combattendo gli animali umani e ci comportiamo di conseguenza”. L’uso dell’acqua come arma è riconosciuto nell’accusa del Sud Africa – ascoltata la settimana scorsa dalla Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) – secondo cui l’assalto di Israele a Gaza equivale al crimine di genocidio. Questa accusa è stata avanzata anche da altri studiosi ed esponenti dei diritti umani, tra cui Craig Mokhiber, l'ex direttore dell'ufficio di New York dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, nella sua lettera di dimissioni in ottobre. La privazione dell’acqua e la distruzione delle infrastrutture idriche e igienico-sanitarie fanno da tempo parte dello sforzo israeliano, sia nella Striscia di Gaza che in Cisgiordania, “per rendere il processo quotidiano di vita, e di vita dignitosa, più difficile per la popolazione civile”, come ha affermato una missione conoscitiva delle Nazioni Unite nel 2009. Le passate operazioni militari israeliane in entrambi questi territori occupati hanno portato anche alla distruzione delle risorse idriche. E per decenni, Israele ha utilizzato l’accaparramento dell’acqua per espropriare i palestinesi della loro terra , impedendo l’agricoltura palestinese in Cisgiordania e per i palestinesi all’interno di Israele. Ma l’utilizzo dell’acqua da parte di Israele nel quadro della sua attuale offensiva sulla Striscia di Gaza è su una scala completamente diversa, con la capacità di causare una crisi sanitaria pubblica senza precedenti e un danno ecologico irreversibile. La dipendenza quasi totale di Gaza da Israele per l’acqua e l’energia la rende particolarmente vulnerabile all’uso militare delle risorse di base.\r\n\r\nCirca il 30% dell’approvvigionamento idrico di Gaza viene generalmente acquistato da Israele, mentre il resto dipende dall’elettricità e dal carburante – di cui anche Israele controlla l’ingresso – per la depurazione. Dall’inizio della guerra, il rafforzamento dell’assedio e dei bombardamenti da parte di Israele hanno causato una massiccia carenza di approvvigionamento idrico. Il 14 ottobre, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato che l’interruzione dell’elettricità significava che non c’era energia sufficiente per far funzionare i pozzi d’acqua, gli impianti di desalinizzazione e depurazione e i servizi igienico-sanitari. Ha inoltre riferito che gli attacchi israeliani avevano danneggiato sei pozzi d’acqua, tre stazioni di pompaggio dell’acqua, un serbatoio d’acqua e un impianto di desalinizzazione che serve oltre 1,1 milioni di persone. L’UNICEF, che aveva aperto l’impianto di desalinizzazione nel 2017, ha dichiarato che le persone erano costrette a bere acqua salata proveniente dal mare, che era ulteriormente contaminata da grandi quantità di acque reflue non trattate scaricate in mare ogni giorno. Entro due settimane dall’inizio della guerra, l’OCHA(coordinamento per gli affari umanitari Onu) stimava il consumo di acqua pro capite a Gaza – per bere, cucinare e per l’igiene – a soli 3 litri al giorno, mentre coloro che si stipavano nei rifugi delle Nazioni Unite avevano accesso a solo 1 litro al giorno; Gli standard internazionali raccomandano almeno 15 litri a persona ogni giorno. E con l’acqua in bottiglia non disponibile e i grandi impianti di desalinizzazione non funzionanti, l’OCHA ha scritto: “Le persone sono ricorse al consumo di acqua estratta dai pozzi agricoli, aumentando l’esposizione a pesticidi e altri prodotti chimici, esponendo la popolazione al rischio di morte o di epidemia di malattie infettive”. Anche durante la “pausa umanitaria” di sette giorni nelle ostilità alla fine di novembre, quando 200 camion di aiuti al giorno – meno della metà del numero che entravano ogni giorno prima della guerra – venivano ammessi a Gaza, le bottiglie di acqua pulita erano ancora scarseggiavano. “Nonostante la pausa, non vi è stato quasi alcun miglioramento nell’accesso dei residenti nel nord all’acqua per uso potabile e domestico, poiché la maggior parte dei principali impianti di produzione dell’acqua sono rimasti chiusi, a causa della mancanza di carburante e alcuni anche per danni. \", ha osservato l'OCHA. Alla fine di ottobre, un rapporto interno del Dipartimento di Stato americano esprimeva preoccupazione per il fatto che 52.000 donne incinte e oltre 30.000 bambini di età inferiore ai sei mesi fossero costretti a bere una miscela potenzialmente letale di acqua inquinata da liquami e sale marino.\r\n\r\nAlla fine di dicembre, come riportato dall’OMS, oltre 1 milione di sfollati palestinesi rifugiati nella città meridionale di Rafah avevano accesso, in media, a un bagno ogni 486 persone, mentre in tutta Gaza una doccia serviva in media 4.500 persone. Le acque reflue scorrono per le strade e contaminano le tende frettolosamente montate in cui vivono centinaia di migliaia di persone in tutta la parte meridionale e centrale di Gaza. Le donne che hanno le mestruazioni affrontano gravi difficoltà, con prodotti mestruali, servizi igienici e acqua che scarseggiano.\r\n\r\nUn’altra tattica inquietante adottata da Israele nelle ultime settimane è quella di pompare acqua di mare nei tunnel di Gaza. L’obiettivo apparente è quello di distruggere i tunnel e stanare i combattenti di Hamas, ma il Wall Street Journal ha riferito che l’azione potrebbe “anche minacciare l’approvvigionamento idrico di Gaza”. Anche se la portata dell’operazione di pompaggio rimane poco chiara, la dichiarazione del Sud Africa alla Corte Internazionale di Giustizia esprime “estrema preoccupazione” per questo particolare uso dell’acqua come arma offensiva, affermando: “Gli esperti ambientali hanno avvertito che la strategia “rischia di causare una catastrofe ecologica” che lascerebbe Gaza senza acqua potabile, devasterebbe quella poca agricoltura possibile e “rovinerebbe le condizioni di vita di tutti a Gaza”. La dichiarazione sudafricana rileva inoltre che il Relatore speciale delle Nazioni Unite per il diritto all’acqua avrebbe paragonato questo piano israeliano alla mitica “salatura” romana dei campi di Cartagine, che mirava a impedire la crescita dei raccolti e a rendere il territorio inabitabile. L’accesso all’acqua pulita è fondamentale per scongiurare carestie e malattie, e con la massiccia distruzione delle infrastrutture idriche a Gaza – comprese le linee di approvvigionamento potabile, le stazioni di pompaggio e i pozzi – una catastrofe umanitaria in piena regola è in corso . Questa situazione è descritta nelle parole della petizione sudafricana all’ICJ (INTERNATIONAL COURT OF JUSTICE ): “Queste condizioni – deliberatamente imposte da Israele – sono calcolate per provocare la distruzione del gruppo palestinese a Gaza”. In effetti, gli esperti di sanità pubblica avvertono che mezzo milione di persone – un quarto della popolazione di Gaza – potrebbe morire di malattie entro un anno. \r\n\r\n \r\n\r\n ","22 Gennaio 2024","Tra gennaio 2020 e agosto 2023 banche, fondi pensione e assicurazioni hanno intrattenuto rapporti con oltre 50 imprese coinvolte negli insediamenti illegali in Cisgiordania.","2024-01-22 17:07:03","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/01/INFO-220224-ISRAELE-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"172\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/01/INFO-220224-ISRAELE-300x172.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/01/INFO-220224-ISRAELE-300x172.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/01/INFO-220224-ISRAELE.jpg 750w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","LA FINANZA CHE SOSTIENE L'ECONOMIA COLONIALE ISRAELIANA",1705934317,[116,117,118],"http://radioblackout.org/tag/banche/","http://radioblackout.org/tag/boicottaggio/","http://radioblackout.org/tag/territori-occupati/",[19,120,121],"boicottaggio","Territori occupati",{"post_content":123},{"matched_tokens":124,"snippet":125,"value":126},[74,74],"sono state 776 le istituzioni \u003Cmark>finanziari\u003C/mark>e europee che hanno intrattenuto rapporti \u003Cmark>finanziari\u003C/mark> con 51 imprese attivamente coinvolte","Le istituzioni \u003Cmark>finanziari\u003C/mark>e europee, siano esse banche, compagnie assicurative e \u003Cmark>fondi\u003C/mark> pensione, svolgono un ruolo fondamentale per garantire il funzionamento, la sostenibilità e l’espansione delle colonie israeliane nei Territori palestinesi occupati. 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L’operazione serve alle ambizioni dell'amministratore delegato di Unicredit Orcel, consolida il gruppo nel mercato domestico, ferma una rivale in ascesa, ma non conviene a nessun altro. È, insomma, soprattutto difensiva, e guasta i piani del Tesoro per la creazione di un terzo polo con Mps radicato nel Centro-nord.\r\nUnicredit puntava a Commerzbank ma i tedeschi si sono messi di traverso, poi con la crisi di governo in Germania i tempi si sono allungati e Unicredit, che ha ricavi per il 45% dal mercato italiano, si è orientata verso BPM, puntando a diventare una banca di peso europeo, andando così ad aumentare la concentrazione bancaria nel mercato italiano dominata da una manciata di soggetti prevalenti.\r\nLe grida della Lega dimostrano come alcuni settori della politica puntassero al controllo del MPS, ma il peso delle fondazioni nell'assetto azionario di certi istituti di credito è diminuita a favore del controllo dei grandi fondi d'investimento globali come Blackrock e Vanguard, che aspirano al controllo di buona parte della quota del risparmio italiano.\r\nNe parliamo con Renato Strumia della Sallca Cub:\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/INFO-02122024-STRUMIA.mp3\"][/audio]","2 Dicembre 2024","Unicredit -BPM la saga continua. ","2024-12-03 00:06:11","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/INFO-021220024-STRUMIA-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/INFO-021220024-STRUMIA-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/INFO-021220024-STRUMIA-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/INFO-021220024-STRUMIA-1024x683.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/INFO-021220024-STRUMIA-768x512.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/INFO-021220024-STRUMIA.jpg 1200w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","UNICREDIT-BPM LA FORESTA PIETRIFICATA SI MUOVE",1733163226,[116,150,151],"http://radioblackout.org/tag/fusioni/","http://radioblackout.org/tag/unicredit/",[19,153,154],"fusioni","unicredit",{"post_content":156},{"matched_tokens":157,"snippet":158,"value":159},[74],"sta facendo fibrillare gli ambienti \u003Cmark>finanziari\u003C/mark> e anche quelli politici, a","L'operazione di offerta pubblica di scambio di Unicredit verso BPM sta facendo fibrillare gli ambienti \u003Cmark>finanziari\u003C/mark> e anche quelli politici, a dimostrazione che il tempo in cui il sistema bancario italiano era definito la foresta pietrificata, all'inizio degli anni '90 dall'allora fautore delle liberalizzazioni Amato, è decisamente finito. L’operazione serve alle ambizioni dell'amministratore delegato di Unicredit Orcel, consolida il gruppo nel mercato domestico, ferma una rivale in ascesa, ma non conviene a nessun altro. È, insomma, soprattutto difensiva, e guasta i piani del Tesoro per la creazione di un terzo polo con Mps radicato nel Centro-nord.\r\nUnicredit puntava a Commerzbank ma i tedeschi si sono messi di traverso, poi con la crisi di governo in Germania i tempi si sono allungati e Unicredit, che ha ricavi per il 45% dal mercato italiano, si è orientata verso BPM, puntando a diventare una banca di peso europeo, andando così ad aumentare la concentrazione bancaria nel mercato italiano dominata da una manciata di soggetti prevalenti.\r\nLe grida della Lega dimostrano come alcuni settori della politica puntassero al controllo del MPS, ma il peso delle fondazioni nell'assetto azionario di certi istituti di credito è diminuita a favore del controllo dei grandi \u003Cmark>fondi\u003C/mark> d'investimento globali come Blackrock e Vanguard, che aspirano al controllo di buona parte della quota del risparmio italiano.\r\nNe parliamo con Renato Strumia della Sallca Cub:\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/INFO-02122024-STRUMIA.mp3\"][/audio]",[161],{"field":89,"matched_tokens":162,"snippet":158,"value":159},[74],1155199671761633300,{"best_field_score":165,"best_field_weight":133,"fields_matched":25,"num_tokens_dropped":47,"score":166,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":47},"1112386306048","1155199671761633393",{"document":168,"highlight":187,"highlights":192,"text_match":163,"text_match_info":195},{"cat_link":169,"category":170,"comment_count":47,"id":171,"is_sticky":47,"permalink":172,"post_author":50,"post_content":173,"post_date":174,"post_excerpt":53,"post_id":171,"post_modified":175,"post_thumbnail":176,"post_thumbnail_html":177,"post_title":178,"post_type":58,"sort_by_date":179,"tag_links":180,"tags":184},[44],[46],"72357","http://radioblackout.org/2021/12/pnrr-e-sanita-verso-unestrema-privatizzazione/","In un articolo apparso sul Manifesto Edoardo Turi, medico, dirigente Asl e attivista di Medicina Democratica, fa un’attenta analisi sullo stanziamento dei fondi del Pnrr per quanto riguarda l’ambito sanitario. Si legge una tendenza molto chiara e allo stesso tempo inquietante: si va verso la privatizzazione dei servizi con priorità data alla medicina di alta specializzazione intrisa da una visione ospedalocentrica della sanità.\r\n\r\nTramite i dati riportati nella Nadef si nota una previsione di spesa sanitaria addirittura decrescente dal 2020 al 2024, arrivando a una spesa inferiore rispetto al pre pandemia. In questo contesto bisogna sottolineare che il privato nella sanità copre il 50 % della spesa con alcune variazioni tra nord e sud Italia. Questa percentuale si spiega con il fatto che sin dalla legge che ha istituito il Sistema Sanitario Nazionale del 1978 vi era uno spazio per inserire il privato nel pubblico, attraverso il ricorso al privato convenzionato (nelle rsa, con i pediatri, nell’assistenza domiciliare). Inoltre, l’altro elemento da considerare è il blocco delle assunzioni nel pubblico impiego, dunque l’unico modo per assicurare i servizi è esternalizzare o utilizzare il privato. Nel Pnrr si evince questa stessa priorità, non ci sono fondi per l’assunzione di personale, ma il piano agisce tramite finanziamenti per l’edilizia, per la ristrutturazione di edifici di proprietà pubblica per farne Case di Comunita e Ospedali di Comunità, per l’informatica e per l’acquisto di apparecchiature diagnostiche. Non sono quindi automaticamente previsti dei finanziamenti per il privato tout court ma, tramite l’apertura di nuovi presidi sanitari o la ristrutturazione di edifici già esistenti senza parallelamente sbloccare le assunzioni, si apre un’occasione unica per le convenzioni con il privato.\r\n\r\nLa regione Lombardia parte da una situazione in cui già da anni si è proceduto con lo smantellamento della sanità territoriale privilegiando le convenzioni con il privato. Oggi la riforma della sanità proposta da Letizia Moratti e da Attilio Fontana non è che un esempio di questo scenario. Secondo Angelo Barbato, medico del Forum per il Diritto alla Salute, infatti, questa riforma “spingerà anche la medicina del territorio verso il settore privato”. Inoltre, ciò che viene sottolineato dal comitato Dico32 che si è opposto a questa riforma è “la cancellazione di oltre 22mila posti letto nelle strutture pubbliche e l’aumento di circa 2500 in quelle private”, la legge Moratti andrà verso la privatizzazione della stessa medicina di base. Anche secondo Barbato la voce che nel Pnrr indica la promozione di Case di Comunità nasconde il tranello di consegnare la loro gestione e i loro dipendenti al privato, dato che la voce di spesa riguardante l’assunzione del personale è la grande assente del Pnrr. Le case della comunità diventeranno quindi molto appetitose per i grandi investitori e colossi finanziari, come ad esempio il gruppo San Donato di Milano che possiede ben 40 ospedali e migliaia posti letto.\r\n\r\nLa tendenza alla privatizzazione delle strutture, del personale, dei servizi avrà per forza di cose un’incidenza anche nel modo stesso in cui si sceglie di affrontare il percorso di cura. Con l’investimento sui privati si andranno a privilegiare degli approcci clinici orientati a terapie a posteriori e molto meno alla prevenzione, chiaramente molto più dispendiosa e limitata fonte di profitti. Mentre utilizzare cure o metodi ad alta specializzazione implicano il ricorso a pochi specialisti, per la maggior parte privati, alle terapie, dunque all’utilizzo di farmaci per la gioia delle tasche delle case farmaceutiche e a esami che necessitano di macchinari costosi e non particolarmente diffusi.\r\n\r\nLa riforma della sanità della Regione Lombardia nonostante i numerosissimi emendamenti e interventi in opposizione è stata approvata, anche in questo caso nell’assenza di un intervento dei sindaci, dei comitati e di tutti coloro che negli anni hanno riflettuto a un’idea di sanità e salute diversa da quella utile a fare profitto. Negli anni la visione ospedalocentrica, le enormi difficoltà amministrative di cui devono farsi carico le asl e i distretti territoriali, impantanati in questa contingenza ormai strutturale, ha implicato l’abbandono dei finanziamenti alla prevenzione, agli ambiti della salute come la salute mentale, lasciando spazio a liste d’attesa chilometriche e all’impossibilità di una presa in carico adeguata da parte di medici di base oberati da pazienti. Questa riforma si pone come naturale epilogo di questa tendenza mostrando ancora di più il volto violento di un sistema economico politico che, nonostante la pandemia, continua a dare priorità ai propri interessi piuttosto che alla tutela della salute collettiva.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/Video-edoardo-turi-pnrr-e-sanita-online-audio-converter.com_.mp3\"][/audio]","9 Dicembre 2021","2021-12-09 16:56:37","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/aaa_2468366_progetto_senza_titolo-200x110.png","\u003Cimg width=\"300\" height=\"168\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/aaa_2468366_progetto_senza_titolo-300x168.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/aaa_2468366_progetto_senza_titolo-300x168.png 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/aaa_2468366_progetto_senza_titolo-1024x572.png 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/aaa_2468366_progetto_senza_titolo-768x429.png 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/aaa_2468366_progetto_senza_titolo.png 1499w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","PNRR E SANITA’: VERSO UN’ESTREMA PRIVATIZZAZIONE",1639068997,[181,182,183],"http://radioblackout.org/tag/pnrr/","http://radioblackout.org/tag/privatizzazione/","http://radioblackout.org/tag/riforma-sanitaria/",[15,185,186],"privatizzazione","riforma sanitaria",{"post_content":188},{"matched_tokens":189,"snippet":190,"value":191},[73],"un’attenta analisi sullo stanziamento dei \u003Cmark>fondi\u003C/mark> del Pnrr per quanto riguarda","In un articolo apparso sul Manifesto Edoardo Turi, medico, dirigente Asl e attivista di Medicina Democratica, fa un’attenta analisi sullo stanziamento dei \u003Cmark>fondi\u003C/mark> del Pnrr per quanto riguarda l’ambito sanitario. 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Con un occhio al caso Huawei.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Francesco Fricche, economista, autore di un artciolo uscito sull’ultimo numero di Umanità Nova\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/2019-05-21-guerra-dazi-fricche.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\nDi seguito l’articolo:\r\n\r\nDall'inizio del 2019 va di moda, sui giornali economici, una nuova parola: \"slowbalization\". E' una crasi (per le persone che non mangiano pane e vocabolario, vuol dire unione tra due parole) tra i termini inglesi \"slow\", che significa \"lento\" e \"globalization\" che significa \"globalizzazione\". Si può tradurre con \"rallentamento della globalizzazione\".\r\nLa parola è stata inventata da un olandese, Adjiedj Bakas, ma è diventata famosa con una mossa (a Roma diremmo \"paracula\") dell'Economist, che ha dedicato all'argomento la copertina del giornale pochi giorni prima del \"World Economic Forum\" di Davos del gennaio scorso dove tutti i presenti, per darsi il tono di chi sta sul pezzo e conosce le ultime notizie, hanno dissertato sul neologismo. Da allora i giornalisti economici hanno cominciato ad usarla quando parlano di come sta andando l'economia nel mondo.\r\nIn realtà la parola descrive un fenomeno, il rallentamento della globalizzazione, che non si riesce ancora a capire se indichi il suo crepuscolo o un assestamento.\r\nSono diminuiti, dopo la crisi economica del 2007, i flussi finanziari nel mondo: si tratta dei soldi che vengono investiti (per diversi motivi: prestiti, acquisto di azioni e obbligazioni, investimenti, acquisto di titoli di stato, ecc.) da un paese all'altro. In una decina d'anni si sono ridotti a un terzo: nel 2007 erano 12,4 trilioni di dollari, nel 2016 erano 4,3 trilioni (per chi fosse troppo povero per saperlo: i trilioni sono miliardi di miliardi). Calcolati come percentuale del PIL mondiale, danno un valore che c'era negli anni '90, prima dell'esplosione della globalizzazione. All'interno di questo dato ci sono però tendenze diverse. Il peso degli investimenti diretti esteri (si tratta degli investimenti \"durevoli\" come l'acquisizione del controllo di una società estera o la creazione di una filiale in un altro paese) è aumentato rispetto al 2007, mentre tutte le altre componenti finanziarie sono diminuite moltissimo.\r\nIl commercio estero complessivo dal 2007 è rimasto costante (anche se, nel 2017, ha avuto un incremento inatteso e non ci sono ancora i dati del 2018), ma è aumentato molto quello all'interno di aree omogenee di scambio (come l'Unione Europea o il Mercosur), il che significa che è diminuito quello tra aree diverse. E' anche cambiato il modo di produzione. La maggior parte delle esportazioni è costituita da semilavorati, non più da prodotti finiti. La componente dei \"servizi\", soprattutto quelli legati al digitale, è invece aumentata.\r\nLa globalizzazione ha comportato un problema sociale gigantesco, di cui la maggior parte delle persone si sta rendendo conto sulla propria pelle: alcuni si sono arricchiti tantissimo e la maggior parte delle persone si è impoverita. Cinque anni fa 62 persone possedevano quanto la metà degli abitanti del pianeta (3.7 miliardi di persone), oggi solo 26 persone possiedono quanto la metà degli abitanti della terra (3,8 miliardi di persone). La risposta politica apparentemente prevalente all'interno dei vari paesi è il populismo con venature nazionaliste, sessiste, razziste, discriminatorie, omologatrici.\r\nE' un problema non soltanto europeo: Trump, Putin, Xi Jinping (ma anche Erdogan, Balsonaro, Duterte, Narendra Modi e tutti gli altri aspiranti dittatoruncoli) usano la concezione dell'uomo forte, dello stato nazione e della prevalenza degli abitanti purosangue (wasp, russi, han, turchi, brasiliani, filippini, hindù che siano) naturalmente \"superiori\" agli altri per giustificare la repressione del \"diverso\" (comunque si manifesti e qualsiasi cosa significhi).\r\nNella sua declinazione statunitense questo significa riaffermare il primato, militare ed economico, degli USA sul resto del mondo. Gli USA sono ancora il primo paese al mondo per il Prodotto Interno Lordo: il valore dei beni e servizi prodotti in un anno negli USA è superiore a quello di qualsiasi altro stato. Gli USA producono per 20.500 miliardi di dollari l'anno, la Cina per 13.100 miliardi. Il terzo, il Giappone per poco più di 5.000 miliardi. L'Italia è ottava con poco più di 2.000 miliardi.\r\nC’è però un problema. Il Prodotto Interno Lordo viene calcolato in base al valore di mercato dei beni. Per cui, se un chilo di riso costa 1 dollaro negli USA e 5 centesimi in Cina, questo contribuirà al PIL per 1 dollaro negli USA e per 5 centesimi in Cina. Se invece, visto che sempre un chilo di riso è, gli si dà lo stesso valore, cioè si calcola il PIL a parità di potere d'acquisto, la Cina ha sorpassato gli USA. Il PIL cinese varrebbe 17.600 miliardi, quello degli USA solo 17.400 miliardi. L'India sarebbe terza con 7.350 miliardi e l'Italia decima con 2.121 miliardi.\r\nGli USA hanno un deficit commerciale strutturale con la Cina: importano dalla Cina molti più beni di quanti ne esportino. La Cina con i dollari che guadagna ci compra i \"bond\", i titoli del tesoro USA (e mantiene in questo modo sottovalutato lo yuan) e, fino ad adesso, questa modalità andava bene a tutti e due gli stati. Sennonché la Cina, che comunque sta sorpassando gli USA anche nel PIL nominale, si sta proponendo come paese imperialista, esportando capitali oltre che merci e sta ampliando la propria sfera d’azione anche al campo militare.\r\nAll’inizio del 2018, il 22 gennaio, Trump ha deciso, per questo motivo, di aprire una guerra commerciale con la Cina. Ha deciso di utilizzare un’arma che, in tempi di globalizzazione, è stata fortemente combattuta proprio dagli USA: ha messo dei dazi. Si tratta di imposte che devono essere pagate, in percentuale, sul valore sulle merci importate. All’inizio ha colpito solo i pannelli solari e lavatrici cinesi per un valore di totale di 10 miliardi di importazioni.\r\nA marzo 2018 Trump ha rilanciato, ricorrendo a una legge utilizzata in tempo di guerra (fredda o calda che fosse) per salvaguardare la produzione bellica nazionale, e si è appellato alla “sicurezza nazionale” per imporre dei dazi alle importazioni di acciaio e alluminio. Che fosse una scusa è stato chiaro da subito: uno può anche dire \"io devo salvaguardare la produzione di acciaio USA perché, se devo produrre i carri armati, non posso doverlo comprare dalla Cina a cui magari devo fare guerra\", ma quando poi la maggior parte dell'acciaio lo compri dal Canada e dall'Europa, è evidente la pretestuosità della scelta.\r\nA settembre 2018 ha imposto nuovi dazi ai prodotti cinesi (per un valore di 200 miliardi di dollari) prima al 10% e, da qualche settimana, al 25%.\r\nAdesso ci sono dazi al 25% su 250 miliardi di merci cinesi importate negli Stati Uniti (su 500 miliardi di importazioni totali). La Cina ha tassato, per ritorsione, 50 miliardi di merci americane al 25% ed altri 60 miliardi all’8% (su 130 miliardi di merci statunitensi importate in Cina nel 2017).\r\nNonostante i dazi, la bilancia commerciale degli USA ha continuato a peggiorare. Il saldo negativo è aumentato del 12% rispetto al 2017. Sono aumentate le esportazioni, anche se in molti casi si tratta di acquisti fatti per aumentare le scorte in previsione dei dazi che gli altri paesi avrebbero messo per ritorsione sulle merci americane. Sono aumentate però di più le importazioni. Si è arrivati al record assoluto di importazioni di beni (gli USA hanno da sempre un saldo attivo nel commercio dei servizi).\r\nIl deficit commerciale con la Cina è arrivato nel 2018 al massimo storico di 323 miliardi di dollari, il 17% in più dell’anno prima.\r\nTutto questo nonostante gli USA avessero già messo i dazi sulle importazioni (non solo cinesi ma anche di altri paesi) e gli altri paesi, Cina compresa, li avessero solo annunciati. Che era successo? Una delle regole base in economia è che i dazi hanno successo se tu sei in grado di produrti da solo, allo stesso prezzo, quello che importi. Altrimenti, se quello che importi ti serve per fabbricare qualcosa, poi, quello che hai realizzato, lo devi vendere a un prezzo più alto. Bisogna anche sapere che la FED (la banca centrale statunitense) ha aumentato i tassi di interesse, con una conseguente rivalutazione del dollaro. Recentemente ha annunciato che non li avrebbe aumentati più, ma questo non ha fermato la corsa del dollaro su tutte le altre monete.\r\nInsomma gli USA si sono trovati a vendere al resto del mondo cose che costavano di più, sia per l'aumento dei costi di produzione sia per la rivalutazione del dollaro. La cosa strana è perciò che siano aumentate le esportazioni, non che sia aumentato il disavanzo commerciale.\r\nNell’ultimo anno, lo Yuan cinese si è svalutato del 7% rispetto al dollaro. Questo ha comportato che i cinesi potessero quasi annullare la differenza di prezzo con dazi USA al 10%: gli Yuan che guadagnavano con le vendite negli USA erano poco meno di prima dei dazi.\r\nC’è poi un altro aspetto di cui tenere conto quando si ragiona di dazi su specifiche tipologie di merci. Siccome le categorie merceologiche negli USA sono 18.927 diventa difficile distinguere due categorie simili tra loro quando una è colpita da dazi e l’altra no. Siccome, anche se sono parecchi, non tutti i furbi del mondo guidano la macchina in mezzo al traffico di Roma e qualcuno c’è anche in Cina, ecco che le lastre d’alluminio, colpite da dazi, sono magicamente diventate “componenti per turbine” con il risultato che l’importazione negli USA di lastre di alluminio è diminuita dell’11% e l’importazione di componenti per turbine è aumentata del 121%. Il “compensato di legno duro” è stato colpito da sanzioni e l’importazione è diminuita del 20%, nello stesso periodo il “compensato di legno tenero” ha visto aumentare le importazioni del 549%. Quando gli USA hanno aumentato ulteriormente il dazio sul compensato di legno duro, l’importazione di quello di legno tenero è aumentata ancora al 983%.\r\nBisogna infine considerare che alcuni paesi sono stati esentati dai dazi ed hanno operato importando merci dai paesi soggetti a restrizioni, facendo lavorazioni di facciata e rivendendo le merci come se fossero prodotte da loro.\r\nNonostante lo scompenso della bilancia commerciale il PIL USA nel 2018 è cresciuto molto: in termini reali del 2.9%, la percentuale più alta degli ultimi 13 anni. La crescita è stata finanziata dall’aumento del deficit di bilancio (-17% nel 2018). I soldi sono stati usati per la riduzione delle tasse (con un aumento dei consumi della classe media) e per l’incremento delle spese militari (aumentate del 3.4%, il massimo da 9 anni).\r\nLa disoccupazione USA, per questo motivo, è ai minimi storici e seguita a scendere: adesso è al 3.6%. Negli USA si fatica a trovare un disoccupato: le aziende stanno assumendo anche ex detenuti e persone fuori dal mercato del lavoro da più di due anni, categorie che prima avevano molte poche possibilità di trovare un lavoro.\r\nLa Cina ha reagito anche in un altro modo: ha disertato le aste dei titoli di stato statunitensi ed ha rivenduto una parte di quelli in suo possesso. La Cina è infatti il maggior detentore mondiale di titoli di stato USA: a marzo 2019 ne possedeva 1.120 miliardi pur non avendo partecipato a nessuna delle ultime aste. Va tenuto presente però che alla Cina non conviene che i Bond USA divengano carta straccia, perché altrimenti perderebbero valore anche quelli in suo possesso. Per questo motivo alcune di queste manovre sono di facciata. Spesso si tratta di vendite che vengono compensate dagli acquisti fatti da fondi sovrani cinesi localizzati all’estero. Tra il 2013 e il 2015 il debito americano controllato dal Belgio è aumentato del 300% a fronte della vendita, nello stesso periodo, da parte dei cinesi, di titoli per pari ammontare di quelli acquistati in Belgio. Anche nel 2018 il Belgio ha acquistato 60 miliardi di Bond a fronte della vendita cinese di 67 miliardi. Nei bar del Prenestino dicono che c’è un fondo cinese che opera dal Belgio e mi sa che hanno ragione.\r\nCon questa strategia di politica economica e commerciale Trump sta riscuotendo consenso ed è difficile che modifichi la propria strategia prima delle elezioni presidenziali del prossimo anno. Probabilmente metterà dei dazi anche sui prodotti cinesi che non sono stati ancora colpiti, ma non si può dire se sia una strategia solo elettorale o sia cambiato il modello di commercio che gli USA vogliono imporre al mondo.\r\nInsomma, ancora non si sa come andrà a finire e se si passerà dal mondo unipolare controllato dagli USA ad un mondo bipolare con gli USA e la Cina a combattere per il primato.\r\nProprio perché non è possibile fare previsioni certe si usa la parola “slowbalization”: dire “nonlosobalization” era troppo lungo.","21 Maggio 2019","2019-05-21 16:13:15","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/o.468298-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/o.468298-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/o.468298-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/o.468298-768x432.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/o.468298-1024x576.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/o.468298.jpg 1920w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","La guerra dei dazi. 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Con un occhio al caso Huawei.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Francesco Fricche, economista, autore di un artciolo uscito sull’ultimo numero di Umanità Nova\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/2019-05-21-guerra-dazi-fricche.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\nDi seguito l’articolo:\r\n\r\nDall'inizio del 2019 va di moda, sui giornali economici, una nuova parola: \"slowbalization\". E' una crasi (per le persone che non mangiano pane e vocabolario, vuol dire unione tra due parole) tra i termini inglesi \"slow\", che significa \"lento\" e \"globalization\" che significa \"globalizzazione\". Si può tradurre con \"rallentamento della globalizzazione\".\r\nLa parola è stata inventata da un olandese, Adjiedj Bakas, ma è diventata famosa con una mossa (a Roma diremmo \"paracula\") dell'Economist, che ha dedicato all'argomento la copertina del giornale pochi giorni prima del \"World Economic Forum\" di Davos del gennaio scorso dove tutti i presenti, per darsi il tono di chi sta sul pezzo e conosce le ultime notizie, hanno dissertato sul neologismo. Da allora i giornalisti economici hanno cominciato ad usarla quando parlano di come sta andando l'economia nel mondo.\r\nIn realtà la parola descrive un fenomeno, il rallentamento della globalizzazione, che non si riesce ancora a capire se indichi il suo crepuscolo o un assestamento.\r\nSono diminuiti, dopo la crisi economica del 2007, i flussi \u003Cmark>finanziari\u003C/mark> nel mondo: si tratta dei soldi che vengono investiti (per diversi motivi: prestiti, acquisto di azioni e obbligazioni, investimenti, acquisto di titoli di stato, ecc.) da un paese all'altro. In una decina d'anni si sono ridotti a un terzo: nel 2007 erano 12,4 trilioni di dollari, nel 2016 erano 4,3 trilioni (per chi fosse troppo povero per saperlo: i trilioni sono miliardi di miliardi). Calcolati come percentuale del PIL mondiale, danno un valore che c'era negli anni '90, prima dell'esplosione della globalizzazione. All'interno di questo dato ci sono però tendenze diverse. Il peso degli investimenti diretti esteri (si tratta degli investimenti \"durevoli\" come l'acquisizione del controllo di una società estera o la creazione di una filiale in un altro paese) è aumentato rispetto al 2007, mentre tutte le altre componenti \u003Cmark>finanziari\u003C/mark>e sono diminuite moltissimo.\r\nIl commercio estero complessivo dal 2007 è rimasto costante (anche se, nel 2017, ha avuto un incremento inatteso e non ci sono ancora i dati del 2018), ma è aumentato molto quello all'interno di aree omogenee di scambio (come l'Unione Europea o il Mercosur), il che significa che è diminuito quello tra aree diverse. E' anche cambiato il modo di produzione. La maggior parte delle esportazioni è costituita da semilavorati, non più da prodotti finiti. La componente dei \"servizi\", soprattutto quelli legati al digitale, è invece aumentata.\r\nLa globalizzazione ha comportato un problema sociale gigantesco, di cui la maggior parte delle persone si sta rendendo conto sulla propria pelle: alcuni si sono arricchiti tantissimo e la maggior parte delle persone si è impoverita. Cinque anni fa 62 persone possedevano quanto la metà degli abitanti del pianeta (3.7 miliardi di persone), oggi solo 26 persone possiedono quanto la metà degli abitanti della terra (3,8 miliardi di persone). La risposta politica apparentemente prevalente all'interno dei vari paesi è il populismo con venature nazionaliste, sessiste, razziste, discriminatorie, omologatrici.\r\nE' un problema non soltanto europeo: Trump, Putin, Xi Jinping (ma anche Erdogan, Balsonaro, Duterte, Narendra Modi e tutti gli altri aspiranti dittatoruncoli) usano la concezione dell'uomo forte, dello stato nazione e della prevalenza degli abitanti purosangue (wasp, russi, han, turchi, brasiliani, filippini, hindù che siano) naturalmente \"superiori\" agli altri per giustificare la repressione del \"diverso\" (comunque si manifesti e qualsiasi cosa significhi).\r\nNella sua declinazione statunitense questo significa riaffermare il primato, militare ed economico, degli USA sul resto del mondo. Gli USA sono ancora il primo paese al mondo per il Prodotto Interno Lordo: il valore dei beni e servizi prodotti in un anno negli USA è superiore a quello di qualsiasi altro stato. Gli USA producono per 20.500 miliardi di dollari l'anno, la Cina per 13.100 miliardi. Il terzo, il Giappone per poco più di 5.000 miliardi. L'Italia è ottava con poco più di 2.000 miliardi.\r\nC’è però un problema. Il Prodotto Interno Lordo viene calcolato in base al valore di mercato dei beni. Per cui, se un chilo di riso costa 1 dollaro negli USA e 5 centesimi in Cina, questo contribuirà al PIL per 1 dollaro negli USA e per 5 centesimi in Cina. Se invece, visto che sempre un chilo di riso è, gli si dà lo stesso valore, cioè si calcola il PIL a parità di potere d'acquisto, la Cina ha sorpassato gli USA. Il PIL cinese varrebbe 17.600 miliardi, quello degli USA solo 17.400 miliardi. L'India sarebbe terza con 7.350 miliardi e l'Italia decima con 2.121 miliardi.\r\nGli USA hanno un deficit commerciale strutturale con la Cina: importano dalla Cina molti più beni di quanti ne esportino. La Cina con i dollari che guadagna ci compra i \"bond\", i titoli del tesoro USA (e mantiene in questo modo sottovalutato lo yuan) e, fino ad adesso, questa modalità andava bene a tutti e due gli stati. Sennonché la Cina, che comunque sta sorpassando gli USA anche nel PIL nominale, si sta proponendo come paese imperialista, esportando capitali oltre che merci e sta ampliando la propria sfera d’azione anche al campo militare.\r\nAll’inizio del 2018, il 22 gennaio, Trump ha deciso, per questo motivo, di aprire una guerra commerciale con la Cina. Ha deciso di utilizzare un’arma che, in tempi di globalizzazione, è stata fortemente combattuta proprio dagli USA: ha messo dei dazi. Si tratta di imposte che devono essere pagate, in percentuale, sul valore sulle merci importate. All’inizio ha colpito solo i pannelli solari e lavatrici cinesi per un valore di totale di 10 miliardi di importazioni.\r\nA marzo 2018 Trump ha rilanciato, ricorrendo a una legge utilizzata in tempo di guerra (fredda o calda che fosse) per salvaguardare la produzione bellica nazionale, e si è appellato alla “sicurezza nazionale” per imporre dei dazi alle importazioni di acciaio e alluminio. Che fosse una scusa è stato chiaro da subito: uno può anche dire \"io devo salvaguardare la produzione di acciaio USA perché, se devo produrre i carri armati, non posso doverlo comprare dalla Cina a cui magari devo fare guerra\", ma quando poi la maggior parte dell'acciaio lo compri dal Canada e dall'Europa, è evidente la pretestuosità della scelta.\r\nA settembre 2018 ha imposto nuovi dazi ai prodotti cinesi (per un valore di 200 miliardi di dollari) prima al 10% e, da qualche settimana, al 25%.\r\nAdesso ci sono dazi al 25% su 250 miliardi di merci cinesi importate negli Stati Uniti (su 500 miliardi di importazioni totali). La Cina ha tassato, per ritorsione, 50 miliardi di merci americane al 25% ed altri 60 miliardi all’8% (su 130 miliardi di merci statunitensi importate in Cina nel 2017).\r\nNonostante i dazi, la bilancia commerciale degli USA ha continuato a peggiorare. Il saldo negativo è aumentato del 12% rispetto al 2017. Sono aumentate le esportazioni, anche se in molti casi si tratta di acquisti fatti per aumentare le scorte in previsione dei dazi che gli altri paesi avrebbero messo per ritorsione sulle merci americane. Sono aumentate però di più le importazioni. Si è arrivati al record assoluto di importazioni di beni (gli USA hanno da sempre un saldo attivo nel commercio dei servizi).\r\nIl deficit commerciale con la Cina è arrivato nel 2018 al massimo storico di 323 miliardi di dollari, il 17% in più dell’anno prima.\r\nTutto questo nonostante gli USA avessero già messo i dazi sulle importazioni (non solo cinesi ma anche di altri paesi) e gli altri paesi, Cina compresa, li avessero solo annunciati. Che era successo? Una delle regole base in economia è che i dazi hanno successo se tu sei in grado di produrti da solo, allo stesso prezzo, quello che importi. Altrimenti, se quello che importi ti serve per fabbricare qualcosa, poi, quello che hai realizzato, lo devi vendere a un prezzo più alto. Bisogna anche sapere che la FED (la banca centrale statunitense) ha aumentato i tassi di interesse, con una conseguente rivalutazione del dollaro. Recentemente ha annunciato che non li avrebbe aumentati più, ma questo non ha fermato la corsa del dollaro su tutte le altre monete.\r\nInsomma gli USA si sono trovati a vendere al resto del mondo cose che costavano di più, sia per l'aumento dei costi di produzione sia per la rivalutazione del dollaro. La cosa strana è perciò che siano aumentate le esportazioni, non che sia aumentato il disavanzo commerciale.\r\nNell’ultimo anno, lo Yuan cinese si è svalutato del 7% rispetto al dollaro. Questo ha comportato che i cinesi potessero quasi annullare la differenza di prezzo con dazi USA al 10%: gli Yuan che guadagnavano con le vendite negli USA erano poco meno di prima dei dazi.\r\nC’è poi un altro aspetto di cui tenere conto quando si ragiona di dazi su specifiche tipologie di merci. Siccome le categorie merceologiche negli USA sono 18.927 diventa difficile distinguere due categorie simili tra loro quando una è colpita da dazi e l’altra no. Siccome, anche se sono parecchi, non tutti i furbi del mondo guidano la macchina in mezzo al traffico di Roma e qualcuno c’è anche in Cina, ecco che le lastre d’alluminio, colpite da dazi, sono magicamente diventate “componenti per turbine” con il risultato che l’importazione negli USA di lastre di alluminio è diminuita dell’11% e l’importazione di componenti per turbine è aumentata del 121%. Il “compensato di legno duro” è stato colpito da sanzioni e l’importazione è diminuita del 20%, nello stesso periodo il “compensato di legno tenero” ha visto aumentare le importazioni del 549%. Quando gli USA hanno aumentato ulteriormente il dazio sul compensato di legno duro, l’importazione di quello di legno tenero è aumentata ancora al 983%.\r\nBisogna infine considerare che alcuni paesi sono stati esentati dai dazi ed hanno operato importando merci dai paesi soggetti a restrizioni, facendo lavorazioni di facciata e rivendendo le merci come se fossero prodotte da loro.\r\nNonostante lo scompenso della bilancia commerciale il PIL USA nel 2018 è cresciuto molto: in termini reali del 2.9%, la percentuale più alta degli ultimi 13 anni. La crescita è stata finanziata dall’aumento del deficit di bilancio (-17% nel 2018). I soldi sono stati usati per la riduzione delle tasse (con un aumento dei consumi della classe media) e per l’incremento delle spese militari (aumentate del 3.4%, il massimo da 9 anni).\r\nLa disoccupazione USA, per questo motivo, è ai minimi storici e seguita a scendere: adesso è al 3.6%. Negli USA si fatica a trovare un disoccupato: le aziende stanno assumendo anche ex detenuti e persone fuori dal mercato del lavoro da più di due anni, categorie che prima avevano molte poche possibilità di trovare un lavoro.\r\nLa Cina ha reagito anche in un altro modo: ha disertato le aste dei titoli di stato statunitensi ed ha rivenduto una parte di quelli in suo possesso. La Cina è infatti il maggior detentore mondiale di titoli di stato USA: a marzo 2019 ne possedeva 1.120 miliardi pur non avendo partecipato a nessuna delle ultime aste. Va tenuto presente però che alla Cina non conviene che i Bond USA divengano carta straccia, perché altrimenti perderebbero valore anche quelli in suo possesso. Per questo motivo alcune di queste manovre sono di facciata. Spesso si tratta di vendite che vengono compensate dagli acquisti fatti da \u003Cmark>fondi\u003C/mark> sovrani cinesi localizzati all’estero. Tra il 2013 e il 2015 il debito americano controllato dal Belgio è aumentato del 300% a fronte della vendita, nello stesso periodo, da parte dei cinesi, di titoli per pari ammontare di quelli acquistati in Belgio. Anche nel 2018 il Belgio ha acquistato 60 miliardi di Bond a fronte della vendita cinese di 67 miliardi. Nei bar del Prenestino dicono che c’è un fondo cinese che opera dal Belgio e mi sa che hanno ragione.\r\nCon questa strategia di politica economica e commerciale Trump sta riscuotendo consenso ed è difficile che modifichi la propria strategia prima delle elezioni presidenziali del prossimo anno. 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Formalmente lo scopo del TAP sarebbe quello di rendere l’Unione Europea indipendente sul piano energetico da Ucraina e Russia. Non solo non è così (dal momento che la Russia partecipa al consorzio per lo sfruttamento di Shah Deniz II con Lukoil), ma la problematica centrale resta la riproduzione dello sfruttamento delle fonti fossili. A tutto vantaggio delle grandi multinazionali del settore: dalla BP all’italiana Snam. Il mega-progetto si inserisce nella politica energetica coloniale UE, che, per favorire interessi finanziari, depreda risorse nei territori africani e della regione del Caspio, finanzia governi autoritari e calpesta i bisogni di bisogni di popolazioni e territori tanto nei luoghi di estrazione, quanto in quelli attraversati dal gasdotto.\r\n\r\nIl fatto che il TAP sia ritenuto di \"interesse strategico\" da parte del governo italiano, ha permesso al mega-progetto di percorrere un processo autorizzativo agevolato, andando in deroga agli strumenti previsti per la pianificazione e lo sviluppo del territorio. La “strategicità” dell'opera ovviamente non è giustificabile: non solo per l'impatto ambientale e sulla salute, ma anche perchè si tratta di un ennesimo mega-mostro ad uso, consumo e soprattutto profitto dei soliti noti. Come già accaduto con Ilva, Cerano, TAV, ..., la strategia dello Stato in accordo con imprese e multinazionali è quella di utilizzare soldi pubblici per impoverire i territori, le popolazioni locali e le future generazioni su cui ricadranno le spese di oggi, al solo fine di garantire un mega affare in cui aziende, fondi di investimento, fondi pensione, ma anche banche e assicurazioni sono pronti a tuffarsi.\r\n\r\nIl 17 maggio, a Salonicco ha avuto luogo una cerimonia di apertura ufficiale di inizio lavori del gasdotto, con il fine di far credere che ormai il progetto sia partito, rinforzando il solito mantra del \"non si può più tornare indietro\". In realtà, in Italia, a quasi due anni dall'approvazione della valutazione di impatto ambientale (VIA), il consorzio registrato in Svizzera titolare del progetto non ha ancora nemmeno adempiuto alle prescrizioni vincolanti, necessarie a chiarire gli impatti del progetto sull’ambiente, sulla salute e sulla sicurezza del territorio salentino. Il TAP al momento non è altro che una scatola vuota, ma gli interessi economici e politici in gioco sono talmente forti che l'attenzione da parte della popolazione No Tap locale e non, da anni mobilitata contro la mega-opera, non può che restare altissima.\r\n\r\nSabato 21 maggio presso il Presidio Picapera di Vaie, in Val di Susa, è prevista una serata informativa: \"Fermare il Tap si deve!\" . Ore 19.00 apericena salentina, ore 21.00 proiezione del webdoc “Walking the line”.\r\n\r\nQuesta mattina ne abbiamo parlato con Mauro, del Comitato No Tap Lecce:\r\n\r\nNoTap","20 Maggio 2016","2016-05-21 20:04:46","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/no-tap-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/no-tap-300x225.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/no-tap-300x225.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/no-tap.jpg 480w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","No Tap nè qui nè altrove!",1463747677,[247,248,249],"http://radioblackout.org/tag/grandi-opere/","http://radioblackout.org/tag/no-tap/","http://radioblackout.org/tag/politica-energetica/",[23,251,252],"no tap","politica energetica",{"post_content":254},{"matched_tokens":255,"snippet":256,"value":257},[74],"UE, che, per favorire interessi \u003Cmark>finanziari\u003C/mark>, depreda risorse nei territori africani","Il Trans Adriatic Pipeline (TAP) è il mega-progetto per la costruzione di un gasdotto, sponsorizzato dal governo italiano e voluto dalla Commissione europea, che dovrebbe portare il gas dei giacimenti dell'Azerbaijan (in particolare Shah Deniz) fino in Europa, con approdo nella località salentina di San Foca, con forte opposizione da parte della comunità territoriale e non solo. Formalmente lo scopo del TAP sarebbe quello di rendere l’Unione Europea indipendente sul piano energetico da Ucraina e Russia. Non solo non è così (dal momento che la Russia partecipa al consorzio per lo sfruttamento di Shah Deniz II con Lukoil), ma la problematica centrale resta la riproduzione dello sfruttamento delle fonti fossili. A tutto vantaggio delle grandi multinazionali del settore: dalla BP all’italiana Snam. 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Come già accaduto con Ilva, Cerano, TAV, ..., la strategia dello Stato in accordo con imprese e multinazionali è quella di utilizzare soldi pubblici per impoverire i territori, le popolazioni locali e le future generazioni su cui ricadranno le spese di oggi, al solo fine di garantire un mega affare in cui aziende, \u003Cmark>fondi\u003C/mark> di investimento, \u003Cmark>fondi\u003C/mark> pensione, ma anche banche e assicurazioni sono pronti a tuffarsi.\r\n\r\nIl 17 maggio, a Salonicco ha avuto luogo una cerimonia di apertura ufficiale di inizio lavori del gasdotto, con il fine di far credere che ormai il progetto sia partito, rinforzando il solito mantra del \"non si può più tornare indietro\". In realtà, in Italia, a quasi due anni dall'approvazione della valutazione di impatto ambientale (VIA), il consorzio registrato in Svizzera titolare del progetto non ha ancora nemmeno adempiuto alle prescrizioni vincolanti, necessarie a chiarire gli impatti del progetto sull’ambiente, sulla salute e sulla sicurezza del territorio salentino. Il TAP al momento non è altro che una scatola vuota, ma gli interessi economici e politici in gioco sono talmente forti che l'attenzione da parte della popolazione No Tap locale e non, da anni mobilitata contro la mega-opera, non può che restare altissima.\r\n\r\nSabato 21 maggio presso il Presidio Picapera di Vaie, in Val di Susa, è prevista una serata informativa: \"Fermare il Tap si deve!\" . 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Per le associazioni rimane dunque l'incertezza finanziaria, perché non è detto che l'anno successivo i fondi vengano riconfermati; questo sistema inoltre apre alla gestione clientelare dei vari partiti e delle varie lobbies e amplifica il carattere di discrezionalità causando un pullulare di associazioni varie d'ogni tipo ed ideologia, stimolato dalla prospettiva del business della violenza sulle donne, in concorrenza tra loro e con i vari enti. Altre criticità che abbiamo evidenziato riguardano poi la natura stessa di questi luoghi e il fatto che non si risolva alla radice il problema fondamentale che le donne devono affrontare in questi casi, ovvero la questione economica. Le condizioni materiali di vita continuano a essere una discriminante essenziale per poter essere libere di scegliere. Molto spesso le donne, pur maltrattate, non se ne vanno di casa perchè dipendono economicamente dal marito/compagno o dalla famiglia in generale. Renderle autonome da questo punto di vista, dovrebbe essere il primo passo per aiutarle a liberarsi dalla violenza. Senza autonomia non c'è alcuna possibilità di scelta per poter cambiare vita e allontanarsi dalla situazione di violenza e maltrattamenti. Anche con l'inserimento nelle case rifugio o nei percorsi dei centri antiviolenza, questo problema non viene mai risolto. E quindi di fatto non si risolva la situazione alla radice. Altro dato, la natura stessa di questi luoghi, spesso più simili a dei collegi che non a delle case che dovrebbero ospitare donne adulte, anche con figli. Orari di rientro molto rigidi, impossibilità di ricevere ospiti, mancanza di privacy, la sensazione insomma di essere sotto controllo e sotto osservazione costante. Le donne spesso si sentono vittimizzate e sentono strette le condizioni di vita all'interno, tanto da preferire di tornarsene a casa, tra le stesse mura in cui avevano subito la violenza e in cui la violenza si ripresenterà senza sconti. Allora forse andrebbero ripensati anche questi luoghi e le prospettive di uscita dalla violenza che si offrono alle donne. Prospettive che definiremmo pauperistiche-cattoliche e che poco hanno a che fare con un percorso/progetto di emancipazione e autonomia.\r\n\r\n***Beatrice Rinaudo è presidente dell’Associazione italiana vittime della violenza: avvocato torinese, trentanove anni, è iscritta al foro di Palermo, dove ha il suo studio legale. Se il cognome suona noto non è per caso: suo padre è Antonio Rinaudo, pubblico ministero -insieme ad Andrea Padalino- nei processi penali ad attivisti notav. Candidata con Fratelli d’Italia alle recenti elezioni per la regione Piemonte, non è stata eletta. Al centro della sua battaglia politica avrebbe dovuto esserci la lotta alla violenza di genere, come lei stessa ha dichiarato in un’intervista al Fatto Quotidiano e nel video in cui ha annunciato la propria candidatura. Quest’impegno al fianco delle donne (“per i loro diritti e i loro doveri”, tiene a precisare sul suo profilo twitter, non le impedisce di patrocinare in giudizio - in qualità di difensore di fiducia - imputati di reati sessuali e di farlo con una convinzione e una veemenza che non è da tutti! Lo scorso 12 giugno si è concluso al tribunale di Pavia il primo grado di un processo che ha visto l’avvocato torinese difendere una persona imputata, fra l’altro, di violenza sessuale, maltrattamenti in famiglia e tentativo di induzione alla prostituzione. Nulla di ingiusto in questo patrocinio, si diceva. Di tutta la sua attività processuale, a colpire è stata soprattutto l’arringa conclusiva. Rinaudo ha esordito rivendicando il suo ruolo di presidente dell’AIVV, in virtù del quale si è fatta promotrice di “un disegno di legge attualmente in discussione al senato”, per poi proseguire chiedendo retoricamente ai magistrati e all’avvocato della parte civile quante volte sia loro capitato di occuparsi di reati sessuali. Intuibili erano le intenzioni e il sottotesto di quelle affermazioni: accreditarsi come l’unica esperta in materia presente in aula. Quando è passata a contestare l’attendibilità del racconto dei fatti reso dalla persona offesa al pubblico ministero, lo ha fatto esibendo un’acredine, una violenza verbale e un disprezzo per la posizione della vittima che nemmeno l’esigenza difensiva di dimostrare con veemenza la non-colpevolezza del suo cliente poteva giustificare. L'associazione di cui la Rinaudo è presidente la trovate sul sito http://www.associazioneitalianavittimedellaviolenza.org/. Dateci un'occhiata, sarà molto istruttivo! Si parla di generiche vittime di omicidio volontario...la violenza non ha mai un soggetto che la definisce. Non si parla dunque di violenza maschile sulle donne, ma di violenza tout court...nella sezione “le nostre storie” ci sono solo però storie di femminicidi, 4 per la precisione...la parola femminicidio però sul sito non viene usata, si parla di delitti di genere. Tra gli obiettivi dell'associazione...\"prevenire gli atti di violenza attraverso la più stretta collaborazione possibile con le forze dell’ordine nel rispetto delle norme dell’Ordinamento Giuridico della Repubblica\".\r\n\r\n***Per la rubrica \"Storie di donne\", l'istituzione dei consultori famigliari pubblici attraverso le legge nazionale del 29 luglio 1975 (quella regionale è datata invece luglio 1976). Siamo partite dal periodo precedente, ovvero dai consultori autogestiti, proponendovi un'intervista a Franca, compagna che ha partecipato negli Anni Settanta all'esperienza dei primi consultori autogestiti a Torino, in particolare all'occupazione e allo sviluppo del progetto di un consultorio autogestito nella zona dei Mercati Generali. Nella prossima puntata ci occuperemo della storia delle legge, che analizzeremo nelle sue criticità, e della trasformazione - o meglio, del declino - dei consultori con la loro istituzionalizzazione.\r\n\r\n***Per la rubrica \"Malerbe\", Silvia ci ha parlato della raccolta, dell'uso e delle proprietà dell'iperico.\r\n\r\nPer riascoltare la puntata:\r\n\r\nil colpo della strega_7luglio2014_primaparte\r\n\r\nil colpo della strega_7luglio2014_secondaparte\r\n\r\nil colpo della strega_7luglio2014_terzaparte\r\n\r\n \r\n\r\n ","8 Luglio 2014","2018-10-24 17:35:29","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/03/medea-strega-200x110.jpg","I podcast de Il colpo della strega: 7luglio2014",1404837762,[414,415,416,417,418,419,420,421,422,423],"http://radioblackout.org/tag/anni-settanta/","http://radioblackout.org/tag/autodeterminazione/","http://radioblackout.org/tag/beatrice-rinaudo/","http://radioblackout.org/tag/centri-antiviolenza/","http://radioblackout.org/tag/consultori/","http://radioblackout.org/tag/consultori-autogestiti/","http://radioblackout.org/tag/decreto-femminicidio/","http://radioblackout.org/tag/malerbe/","http://radioblackout.org/tag/violenza-di-genere/","http://radioblackout.org/tag/violenza-maschile-sulle-donne/",[301,425,305,426,299,309,307,427,428,429],"autodeterminazione","centri antiviolenza","malerbe","violenza di genere","violenza maschile sulle donne",{"post_content":431},{"matched_tokens":432,"snippet":433,"value":434},[74,73],"le associazioni rimane dunque l'incertezza \u003Cmark>finanziari\u003C/mark>a, perché non è detto che l'anno successivo i \u003Cmark>fondi\u003C/mark> vengano riconfermati; questo sistema inoltre","*** I centriantiviolenza e i finanziamenti promessi dal Decreto Femminicidio e dal Governo Renzi: per la prima volta i soldi verranno destinate alle Regioni che emetteranno un bando per cui si dovrà presentare un progetto. 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Rinaudo ha esordito rivendicando il suo ruolo di presidente dell’AIVV, in virtù del quale si è fatta promotrice di “un disegno di legge attualmente in discussione al senato”, per poi proseguire chiedendo retoricamente ai magistrati e all’avvocato della parte civile quante volte sia loro capitato di occuparsi di reati sessuali. Intuibili erano le intenzioni e il sottotesto di quelle affermazioni: accreditarsi come l’unica esperta in materia presente in aula. Quando è passata a contestare l’attendibilità del racconto dei fatti reso dalla persona offesa al pubblico ministero, lo ha fatto esibendo un’acredine, una violenza verbale e un disprezzo per la posizione della vittima che nemmeno l’esigenza difensiva di dimostrare con veemenza la non-colpevolezza del suo cliente poteva giustificare. L'associazione di cui la Rinaudo è presidente la trovate sul sito http://www.associazioneitalianavittimedellaviolenza.org/. Dateci un'occhiata, sarà molto istruttivo! 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Ne abbiamo parlato con Francesco Carlizza, che ci ha aiutato a districarci nella giungla di anglicismi e cifre che decide il destino di miliardi di esseri umani.\r\nLe agenzie di rating – quelle importanti – sono solo tre. In tre controllano il 96% del mercato. La prima è Standard’s&Poor che ne controlla circa il 40%, Moody’s che arriva al 39% e Fitch che si aggiudica il 16%. Queste tre agenzie sono diventate importanti nel 1975, quando la società per la borsa statunitense decise che i debiti delle società quotate dovessero essere certificati da una delle tre. La conseguenza è stata che in tre si sono accaparrate tutto il mercato. Queste agenzie di rating non sono certo organismi neutrali: i proprietari sono fondi di investimento, hanno forti interessi all’interno del mercato finanziario, non sono arbitri di una partita giocata da altri. Il solo fatto di effettuare delle previsioni o comunque delle analisi, fa sì che queste diventino vere. Se un’agenzia considerata credibile asserisce che una certa società va male, ne conseguirà inevitabilmente che vada male davvero, perché chi investe vende per non correre rischi e contribuisce così ad accelerare (a volte anche ad innescare) la crisi. È un meccanismo decisamente perverso.\r\nProviamo a capire cosa è successo nell’ultima settimana. I dati sul declassamento di Italia, Francia e altri dieci paesi europei sono stati forniti il venerdì sera, quando i mercati sono chiusi, ma le voci di retrocessione circolavano già nel pomeriggio. Fitch, la terza società di rating, che è di proprietà di un miliardario francese, si è subito affrettata a dire che confermava la tripla A della Francia.\r\nQuest’estate Standard & Poor’s aveva retrocesso gli Stati Uniti dalla tripla A ad AA+. Due mesi dopo la visita dell’FBI e alcune class action per alcune valutazioni errate la società ha pensato bene di sostituire il direttore generale con un altro che non infastidisse gli Stati Uniti.\r\nLe motivazioni della retrocessioni di dieci paesi europei erano già contenute nella previsione, fatta da tempo, che l’Europa stesse entrando in una fase recessiva. Nei fatti la retrocessione di S&P è una bocciatura della politica monetaria di Angela Merkel, che ha scelto di non far crescere l’inflazione, riducendo però i costi sociali, stampando moneta. 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Da ottobre scorso quando il leader nazionalista Devlet Bahceli ha lanciato un appello al dialogo verso l'opposizione filo curda si è innestato un processo di disgelo verso il PKK che passando per la visita del nipote ad Apo alle dichiarazioni di apprezzamento da parte di Ocalan dell'appello al dialogo lanciato da Bahceli fino all'incontro con la delegazione del Dem ( Il Partito dell'Uguaglianza e della Democrazia dei Popoli ) arriva alla lettura del comunicato di Ocalan in cui invita il suo movimento ad avviare una discussione interna che conduca ad abbandonare le armi e a dissolversi. Il Pkk non si è arreso perchè non è stato sconfitto, prende atto dell'apertura di una nuova fase ma il processo di disarmo dovrà passare per un momento assembleare dei militanti per valutare lo scioglimento ed intraprendere un percorso nuovo. La leadership del PKK sembra allineata all'analisi di Ocalan cui sono sempre arrivati messaggi di solidarietà da tutti i fronti, non è chiaro se l'appello di Apo si rivolgesse anche alle forze curde impegnate nel nord della Siria .Erdogan vuole liberarsi del problema curdo per affrontare l'impegno in Siria ed eventuali sviluppi futuri nell'area che possano coinvolgere l'Iran ,mentre sul piano interno punta ai voti del partito filo curdo Dem per una eventuale riforma costituzionale che gli consenta un ulteriore mandato. Il pragmatismo che informa la politica estera turca consente ad Ankara di essere presente su vari scenari con differenti intensità di coinvolgimento anche militari ,dalla Libia alla Siria dal golfo Persico al corno d'Africa, rimanendo al contempo un perno irrinunciabile del fianco meridionale della Nato.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/BASTIONI-DI-ORIONE-06032025-MURAT.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nCon Tatiana Djordjevic torniamo sulla Serbia dopo gli scontri all'interno del parlamento ,che dimostrano quanto sia dirompente la protesta di piazza degli studenti e di tanta parte della società serba ,tanto da far esplodere le contraddizioni anche all'interno della sonnachiosa opposizione parlamentare che finora è stata tenuta a debita distanza dal movimento. Durante la sessione in cui era prevista la formalizzazione delle dimissioni del primo ministro Miloš Vučević ,dimessossi in seguito alle proteste , alcuni parlamentari dell’opposizione hanno acceso torce da stadio e granate fumogene, è scoppiata una rissa dopo che la maggioranza aveva approvato l’agenda della giornata, secondo cui la formalizzazione delle dimissioni di Vučević sarebbe avvenuta alla fine della seduta . L’opposizione aveva criticato questa scelta, ma la maggioranza aveva proceduto comunque: a quel punto è iniziata la protesta dentro all’aula. La sessione è poi ricominciata, ma intanto una folla di manifestanti si era riunita davanti al parlamento. Che sia un tentativo dell'opposizione parlamentare di prendersi la scena mediatica o che le tematiche della protesta di piazza stiano mettendo a nudo le contraddizioni del sistema di potere di Vucic ,di sicuro la pervicacia del movimento nelle mobilitazioni di piazza che si stanno svolgendo da quattro mesi in Serbia e che sono considerate le più grandi contestazioni al governo nazionale degli ultimi trent’anni ,e la sua ampiezza stanno generando una crisi di legittimità del regime di Vucic. Per il 15 marzo è prevista un altra grande manifestazione a Belgrado che misurerà l'entità della risposta del regime non nuovo a derive autoritarie e repressive.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/BASTIONI-DI-ORIONDE-06032025-SERBIA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nCon Antonio Mazzeo , guardiamo alla proposta che Ursula von der Leyen che ha presentato – RearmEurope – di investire 800 miliardi di euro nel riarmo , la maggior parte delle risorse verrà dai bilanci nazionali, finora soggetti a ferree leggi di austerità ,ma per la armi si farà eccezione, lasciando ai governi la facoltà di sforare deficit e debito solo per questo capitolo di spesa. Il resto in parte da fondi di coesione e Pnrr, da Bei e Mes. Il processo di riarmo europeo non è estemporaneo ma è stato avviato fin dalla prima guerra del Golfo e accelerato dalla guerra nei Balcani alla fine degli anni '90 . Si sta strutturando un' alleanza tra complesso militare industriale, generali,media e politici che storicamente è sempre stata all'origine dei conflitti e che ha generato un' accelerazione dei preparativi bellici . I passi decisivi sono stati la riconversione bellica delle produzioni civili per scopi militari,l'adeguamento delle reti infrastrutturali alle esigenze militari ,la costruzione del nemico e la militarizzazione della società attraverso una complessa ed articolata campagna mediatica ,l'arruolamento dei civili nella mobilitazione bellica che parte dalle scuole passando per i posti di lavoro. Con l'apparente disimpegno americano dall'Ucraina si mette in atto una ridistribuzione degli impegni finanziari a scopo bellico ,con un onere maggiore per la UE mentre gli sforzi americani si rivolgono verso l'indo Pacifico .Gli USA hanno un nemico da affrontare a lungo termine che è la Cina ,il fronte europeo non è più rilevante per la nuova amministrazione la cui propensione bellicista è in continuità con la precedente come dimostrano i voti bipartisan al Congresso per sostenere le vendite di armi . I capitali utilizzati nell'acquisto delle armi sono transnazionali e questi piani di riarmo europei vanno a beneficio del complesso militare industriale americano con uno sfacciato trasferimento di risorse dal pubblico al privato rimettendo in discussione la struttura economico sociale su cui si è costruita l'Europa dal 1945. Le risorse sottratte al welfare e all'istruzione per la guerra negano il diritto al futuro delle nuove generazioni ,la diserzione sociale di massa dalle logiche belliche è il granello che puo' inceppare il meccanismo di riproduzione del modello della guerra come regolatore delle contraddizioni generate dal sistema di accumulazione capitalista .\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/BASTIONI-06032025-MAZZEO.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","9 Marzo 2025","2025-03-09 18:35:05","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/05/blade-1-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 06/03/2025-TURCHIA :APO ABBASSA LE ARMI IL PKK VERSO LO SCIOGLIMENTO- SERBIA LE PROTESTE DEGLI STUDENTI SVEGLIANO L'OPPOSIZIONE PARLAMENTARE-LA CORSA AL RIARMO EUROPEA INGRASSA LE LOBBIES DELL'INDUSTRIA BELLICA.",1741535742,[380],[291],{"post_content":484},{"matched_tokens":485,"snippet":486,"value":487},[73],"Il resto in parte da \u003Cmark>fondi\u003C/mark> di coesione e Pnrr, da","In questa puntata Bastioni di Orione incontra Murat Cynar per inquadrare gli scenari futuri dopo le dichiarazioni di Ocalan dal carcere di Imrali sullo scioglimento del PKK . Da ottobre scorso quando il leader nazionalista Devlet Bahceli ha lanciato un appello al dialogo verso l'opposizione filo curda si è innestato un processo di disgelo verso il PKK che passando per la visita del nipote ad Apo alle dichiarazioni di apprezzamento da parte di Ocalan dell'appello al dialogo lanciato da Bahceli fino all'incontro con la delegazione del Dem ( Il Partito dell'Uguaglianza e della Democrazia dei Popoli ) arriva alla lettura del comunicato di Ocalan in cui invita il suo movimento ad avviare una discussione interna che conduca ad abbandonare le armi e a dissolversi. Il Pkk non si è arreso perchè non è stato sconfitto, prende atto dell'apertura di una nuova fase ma il processo di disarmo dovrà passare per un momento assembleare dei militanti per valutare lo scioglimento ed intraprendere un percorso nuovo. La leadership del PKK sembra allineata all'analisi di Ocalan cui sono sempre arrivati messaggi di solidarietà da tutti i fronti, non è chiaro se l'appello di Apo si rivolgesse anche alle forze curde impegnate nel nord della Siria .Erdogan vuole liberarsi del problema curdo per affrontare l'impegno in Siria ed eventuali sviluppi futuri nell'area che possano coinvolgere l'Iran ,mentre sul piano interno punta ai voti del partito filo curdo Dem per una eventuale riforma costituzionale che gli consenta un ulteriore mandato. Il pragmatismo che informa la politica estera turca consente ad Ankara di essere presente su vari scenari con differenti intensità di coinvolgimento anche militari ,dalla Libia alla Siria dal golfo Persico al corno d'Africa, rimanendo al contempo un perno irrinunciabile del fianco meridionale della Nato.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/BASTIONI-DI-ORIONE-06032025-MURAT.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nCon Tatiana Djordjevic torniamo sulla Serbia dopo gli scontri all'interno del parlamento ,che dimostrano quanto sia dirompente la protesta di piazza degli studenti e di tanta parte della società serba ,tanto da far esplodere le contraddizioni anche all'interno della sonnachiosa opposizione parlamentare che finora è stata tenuta a debita distanza dal movimento. Durante la sessione in cui era prevista la formalizzazione delle dimissioni del primo ministro Miloš Vučević ,dimessossi in seguito alle proteste , alcuni parlamentari dell’opposizione hanno acceso torce da stadio e granate fumogene, è scoppiata una rissa dopo che la maggioranza aveva approvato l’agenda della giornata, secondo cui la formalizzazione delle dimissioni di Vučević sarebbe avvenuta alla fine della seduta . L’opposizione aveva criticato questa scelta, ma la maggioranza aveva proceduto comunque: a quel punto è iniziata la protesta dentro all’aula. La sessione è poi ricominciata, ma intanto una folla di manifestanti si era riunita davanti al parlamento. Che sia un tentativo dell'opposizione parlamentare di prendersi la scena mediatica o che le tematiche della protesta di piazza stiano mettendo a nudo le contraddizioni del sistema di potere di Vucic ,di sicuro la pervicacia del movimento nelle mobilitazioni di piazza che si stanno svolgendo da quattro mesi in Serbia e che sono considerate le più grandi contestazioni al governo nazionale degli ultimi trent’anni ,e la sua ampiezza stanno generando una crisi di legittimità del regime di Vucic. Per il 15 marzo è prevista un altra grande manifestazione a Belgrado che misurerà l'entità della risposta del regime non nuovo a derive autoritarie e repressive.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/BASTIONI-DI-ORIONDE-06032025-SERBIA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nCon Antonio Mazzeo , guardiamo alla proposta che Ursula von der Leyen che ha presentato – RearmEurope – di investire 800 miliardi di euro nel riarmo , la maggior parte delle risorse verrà dai bilanci nazionali, finora soggetti a ferree leggi di austerità ,ma per la armi si farà eccezione, lasciando ai governi la facoltà di sforare deficit e debito solo per questo capitolo di spesa. Il resto in parte da \u003Cmark>fondi\u003C/mark> di coesione e Pnrr, da Bei e Mes. Il processo di riarmo europeo non è estemporaneo ma è stato avviato fin dalla prima guerra del Golfo e accelerato dalla guerra nei Balcani alla fine degli anni '90 . Si sta strutturando un' alleanza tra complesso militare industriale, generali,media e politici che storicamente è sempre stata all'origine dei conflitti e che ha generato un' accelerazione dei preparativi bellici . I passi decisivi sono stati la riconversione bellica delle produzioni civili per scopi militari,l'adeguamento delle reti infrastrutturali alle esigenze militari ,la costruzione del nemico e la militarizzazione della società attraverso una complessa ed articolata campagna mediatica ,l'arruolamento dei civili nella mobilitazione bellica che parte dalle scuole passando per i posti di lavoro. 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Le risorse sottratte al welfare e all'istruzione per la guerra negano il diritto al futuro delle nuove generazioni ,la diserzione sociale di massa dalle logiche belliche è il granello che puo' inceppare il meccanismo di riproduzione del modello della guerra come regolatore delle contraddizioni generate dal sistema di accumulazione capitalista .\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/BASTIONI-06032025-MAZZEO.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ",[489],{"field":89,"matched_tokens":490,"snippet":486,"value":487},[73],{"best_field_score":165,"best_field_weight":133,"fields_matched":25,"num_tokens_dropped":47,"score":166,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":47},6637,{"collection_name":324,"first_q":67,"per_page":264,"q":67},5,["Reactive",496],{},["Set"],["ShallowReactive",499],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$fzf8iK0U2qeam5Y4LVFCtEkA_3l53WHwEMTP6ntuGESk":-1},true,"/search?query=fondi+finanziari"]