","Beni comuni come nuove recinzioni","post",1710774653,[62,63,64,65],"http://radioblackout.org/tag/beni-comuni/","http://radioblackout.org/tag/citta-collaborativa/","http://radioblackout.org/tag/governance-urbana/","http://radioblackout.org/tag/recinzioni/",[21,31,23,19],{"post_content":68,"tags":74},{"matched_tokens":69,"snippet":72,"value":73},[70,71],"governance","urbana","configura quindi l'ennesimo paradigma di \u003Cmark>governance\u003C/mark> \u003Cmark>urbana\u003C/mark> fondato sulla guerra a ciò","Il geografo Élisée Reclus, preoccupato perché \"Le antiche forme di possesso, che assicurano a ogni membro della comunità pari diritti di sfruttamento della terra, dell’acqua, dell’aria e del fuoco, non sono che elementi di sopravvivenza arcaica in fase di rapida estinzione\", descrive in tal modo l'avvento della proprietà: \"Ogni curiosità naturale, la roccia, la grotta, la cascata, il crepaccio di un ghiacciaio, tutto, fino al suono dell’eco, può diventare proprietà privata. Degli imprenditori appaltano le cateratte, le circondano di barriere di legno per impedire ai viaggiatori non paganti di contemplare il tumulto delle acque, poi a forza di pubblicità trasformano in bella moneta sonante la luce che gioca sulle goccioline in sospensione e il soffio del vento che dispiega bande evanescenti di vapori\". L'uomo stesso, che Réclus definisce \"natura che prende coscienza di sè\" è preso in questo ingraggio di espropriazione fondata sulla proprietà.\r\n\r\nParlando di beni comuni, la prima questione in gioco è che i termini utilizzati nel dibattito contemporaneo, che nei fatti è sostanzialmente accademico e istituzionale, sono molteplici. Il significante \"bene comune\" è vacuo. Per non perdersi nei meandri di un'astrazione slegata dall'agire quotidiano, proviamo quindi a rimanere rasenti alla materialità dei beni comuni, mantenendo chiara una premessa: che se si parla di regolamenti e delibere su di un \"bene\", il campo del discorso è tutto interno alla razionalità giuridica ed economica. Sono infatti beni in senso giuridico solo le categorie suscettibili di una valutazione economica.\r\n\r\nA Torino, sulla scia di esperienze già implementate altrove, Roma, Napoli e Bologna in primis, il benecomunismo sta entrando a gamba tesa anche nei mondi dell'autogestione. Attuale è il caso dell'ex-Askatasuna in corso Regina 47, occupazione che si è autosgomberata e rispetto a cui, con delibera del 30 gennaio scorso, l’amministrazione comunale ha avviato un percorso di co-progettazione per il governo condiviso di alcuni spazi. In data 12 marzo è stato approvato un patto di collaborazione tra la Città di Torino e un gruppo informale di \"garanti\", sulla base del quale la settimana scorsa si è tenuta una assemblea in Vanchiglia, aperta agli abitanti del quartiere con la presenza di consiglieri comunali del PD e di Sinistra Ecologista, in cui gli ex occupanti hanno dichiarato l'intenzione di andare avanti con il governo condiviso con le istituzioni.\r\n\r\nE' l'occasione per tornare a parlare di \"beni comuni\" con uno sguardo parziale e critico, avendo come ospite in studio Francesco Migliaccio, che ha recentemente pubblicato un articolo dal titolo \"I beni comuni come nuove recinzioni. Esplorazioni lungo la Dora a Torino\".\r\n\r\nDa questa chiacchierata emerge chiaramente come i beni comuni, a Torino, non rappresentino un superamento, bensì una riaffermazione della proprietà, una proprietà che viene messa a valore grazie a un'articolata rete di potere pubblico-privato fatta dai soliti noti: fondazioni bancarie, industria del terzo settore, imprenditoria e partiti politici. E' una classe sociale dai contorni definiti. In questo quadro, la \"partecipazione attiva\" dei cittadini si rivela funzionale a processi di sorveglianza e controllo territoriale, così come riempimento dei vuoti lasciati da un sistema welfaristico al collasso. Si tratta in ogni caso di partecipazione oligarchica, laddove i beni comuni creano nuove gerarchie dell'esclusione/inclusione: solo una ristretta parte degli abitanti della città possono essere riconosciuti dall'autorità come cittadini di serie A, portatori delle caratteristiche richieste o legittimati da \"garanti\" tutelari per la gestione del bene comune.\r\n\r\nSulla scia della \"Città collaborativa\" o CO-CITY promossa a livello europeo, si configura quindi l'ennesimo paradigma di \u003Cmark>governance\u003C/mark> \u003Cmark>urbana\u003C/mark> fondato sulla guerra a ciò che è illegale, informale, gratuito, autonomo.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/benicomuni.mp3\"][/audio]",[75,77,79,82],{"matched_tokens":76,"snippet":21},[],{"matched_tokens":78,"snippet":31},[],{"matched_tokens":80,"snippet":81},[70,71],"\u003Cmark>governance\u003C/mark> \u003Cmark>urbana\u003C/mark>",{"matched_tokens":83,"snippet":19},[],[85,91],{"field":34,"indices":86,"matched_tokens":88,"snippets":90},[87],2,[89],[70,71],[81],{"field":92,"matched_tokens":93,"snippet":72,"value":73},"post_content",[70,71],1157451471441625000,{"best_field_score":96,"best_field_weight":97,"fields_matched":87,"num_tokens_dropped":48,"score":98,"tokens_matched":87,"typo_prefix_score":48},"2211897868544",13,"1157451471441625194",{"document":100,"highlight":117,"highlights":133,"text_match":144,"text_match_info":145},{"cat_link":101,"category":102,"comment_count":48,"id":103,"is_sticky":48,"permalink":104,"post_author":51,"post_content":105,"post_date":106,"post_excerpt":54,"post_id":103,"post_modified":107,"post_thumbnail":108,"post_thumbnail_html":109,"post_title":110,"post_type":59,"sort_by_date":111,"tag_links":112,"tags":116},[44],[47],"90468","http://radioblackout.org/2024/06/corso-vigevano-41-governare-attraverso-la-nomadizzazione-urbana/","Continuiamo a parlare di come si riconfigura la governance dell'abitare a Torino, città dove il mercato degli affitti è oggi insostenibile, gli sfratti e sgomberi ordinari come nel recente caso di Via Muriaglio 11, il welfare abitativo smantellato e messo a profitto con strumenti di ingegneria finanziaria e sociale da una coalizione di \"buoni\" pubblico-privata affamata di rendita.\r\n\r\nLa storia di un singolo palazzo talvolta può essere rivelatoria del potere dei padroni della città. Così è nel caso di Corso Vigevano 41.\r\n\r\nLa proprietà è di Giorgio Molino, noto immobiliarista. Che costui non sia una mela marcia, bensì un attore pienamente integrato nelle logiche della rendita urbana, che sanno sapientemente maneggiare i codici della legalità e dell'illegalità, lo testimonia il fatto il Comune di Torino si sia storicamente appoggiato sui suoi immobili per governare gli esclusi dall'ordine della cittadinanza: dai profughi dell'emergenza Nord-Africa nel 2011, ai rom sgomberati dalla baraccopoli di Lungo Stura nel 2015. In entrambi i casi la Sala Rossa era a guida PD.\r\n\r\nOggi in questo palazzo vivono decine di persone che pagano centinaia di euro per stanze inabitabili. Da mesi sotto sfratto per mano di scagnozzi della proprietà che ne hanno murato le porte, oggi il primo piano si trova anche sotto sgombero a causa di una ordinanza comunale che sostiene di tutelare la \"sicurezza\" degli abitanti. In un mondo alla rovescia, il vero è un momento del falso.\r\n\r\nQuali sono oggi gli interessi su Corso Vigevano 41? Quel che è certo è che questo palazzo parla del governo attraverso la violenta nomadizzazione urbana - militare, amministrativa, privata - dei reietti, pur funzionali all'economia di Torino. Utili purchè raminghi e a repentaglio, sfollati di baracca in baracca, di tugurio in tugurio, di strada in strada.\r\n\r\nQui la testimonianza di un abitante:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/corso-vigevano.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nQui il racconto di una solidale, con qualche riflessione sulle implicazioni della cd. \"green\" e \"smart city\" nel governo dell'esclusione di fette sempre più ampie di abitanti della città:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/smartcity.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n ","13 Giugno 2024","2024-06-13 13:08:27","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/192307452-b7dd406f-5e14-4ce2-90ed-21cd9af8067a-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"158\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/192307452-b7dd406f-5e14-4ce2-90ed-21cd9af8067a-300x158.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/192307452-b7dd406f-5e14-4ce2-90ed-21cd9af8067a-300x158.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/192307452-b7dd406f-5e14-4ce2-90ed-21cd9af8067a-1024x541.jpeg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/192307452-b7dd406f-5e14-4ce2-90ed-21cd9af8067a-768x406.jpeg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/192307452-b7dd406f-5e14-4ce2-90ed-21cd9af8067a.jpeg 1079w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Corso Vigevano 41: governare attraverso la nomadizzazione urbana",1718236946,[113,114,115],"http://radioblackout.org/tag/abitare-bene-comune/","http://radioblackout.org/tag/green-e-smart-city/","http://radioblackout.org/tag/nomadizzazione-urbana/",[29,25,33],{"post_content":118,"post_title":122,"tags":125},{"matched_tokens":119,"snippet":120,"value":121},[70],"di come si riconfigura la \u003Cmark>governance\u003C/mark> dell'abitare a Torino, città dove","Continuiamo a parlare di come si riconfigura la \u003Cmark>governance\u003C/mark> dell'abitare a Torino, città dove il mercato degli affitti è oggi insostenibile, gli sfratti e sgomberi ordinari come nel recente caso di Via Muriaglio 11, il welfare abitativo smantellato e messo a profitto con strumenti di ingegneria finanziaria e sociale da una coalizione di \"buoni\" pubblico-privata affamata di rendita.\r\n\r\nLa storia di un singolo palazzo talvolta può essere rivelatoria del potere dei padroni della città. Così è nel caso di Corso Vigevano 41.\r\n\r\nLa proprietà è di Giorgio Molino, noto immobiliarista. Che costui non sia una mela marcia, bensì un attore pienamente integrato nelle logiche della rendita \u003Cmark>urbana\u003C/mark>, che sanno sapientemente maneggiare i codici della legalità e dell'illegalità, lo testimonia il fatto il Comune di Torino si sia storicamente appoggiato sui suoi immobili per governare gli esclusi dall'ordine della cittadinanza: dai profughi dell'emergenza Nord-Africa nel 2011, ai rom sgomberati dalla baraccopoli di Lungo Stura nel 2015. In entrambi i casi la Sala Rossa era a guida PD.\r\n\r\nOggi in questo palazzo vivono decine di persone che pagano centinaia di euro per stanze inabitabili. Da mesi sotto sfratto per mano di scagnozzi della proprietà che ne hanno murato le porte, oggi il primo piano si trova anche sotto sgombero a causa di una ordinanza comunale che sostiene di tutelare la \"sicurezza\" degli abitanti. In un mondo alla rovescia, il vero è un momento del falso.\r\n\r\nQuali sono oggi gli interessi su Corso Vigevano 41? Quel che è certo è che questo palazzo parla del governo attraverso la violenta nomadizzazione \u003Cmark>urbana\u003C/mark> - militare, amministrativa, privata - dei reietti, pur funzionali all'economia di Torino. Utili purchè raminghi e a repentaglio, sfollati di baracca in baracca, di tugurio in tugurio, di strada in strada.\r\n\r\nQui la testimonianza di un abitante:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/corso-vigevano.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nQui il racconto di una solidale, con qualche riflessione sulle implicazioni della cd. \"green\" e \"smart city\" nel governo dell'esclusione di fette sempre più ampie di abitanti della città:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/smartcity.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n ",{"matched_tokens":123,"snippet":124,"value":124},[71],"Corso Vigevano 41: governare attraverso la nomadizzazione \u003Cmark>urbana\u003C/mark>",[126,128,130],{"matched_tokens":127,"snippet":29},[],{"matched_tokens":129,"snippet":25},[],{"matched_tokens":131,"snippet":132},[71],"nomadizzazione \u003Cmark>urbana\u003C/mark>",[134,136,139],{"field":92,"matched_tokens":135,"snippet":120,"value":121},[70],{"field":137,"matched_tokens":138,"snippet":124,"value":124},"post_title",[71],{"field":34,"indices":140,"matched_tokens":141,"snippets":143},[87],[142],[71],[132],1155199671761633300,{"best_field_score":146,"best_field_weight":147,"fields_matched":38,"num_tokens_dropped":48,"score":148,"tokens_matched":87,"typo_prefix_score":48},"1112386306048",14,"1155199671761633395",{"document":150,"highlight":167,"highlights":172,"text_match":144,"text_match_info":175},{"cat_link":151,"category":152,"comment_count":48,"id":153,"is_sticky":48,"permalink":154,"post_author":51,"post_content":155,"post_date":156,"post_excerpt":54,"post_id":153,"post_modified":157,"post_thumbnail":158,"post_thumbnail_html":159,"post_title":160,"post_type":59,"sort_by_date":161,"tag_links":162,"tags":166},[44],[47],"78297","http://radioblackout.org/2022/11/olimpiadi-milano-cortina-2026-giochi-pericolosi/","A partire dalla presentazione di una giornata di analisi e controinformazione che si terrà all'Università Statale di Milano sabato 19 novembre, abbiamo toccato i vari punti critici delle Olimpiadi Invernali 2026 e della devastazione ambientale e urbana che la loro preparazione comporta: innanzitutto i grandi eventi in sé come elemento di governance della città, la liberalizzazione edilizia e il Decreto Olimpiadi che usano la deroga come strumento principale nel rilascio dei permessi a costruire per opere \"di interesse pubblico\", l'approccio alla montagna come terreno di conquista ed estrattivismo, la costruzione di infrastrutture che poi non hanno prospettive di riutilizzo dopo la fine della manifestazione (come insegnano Torino 2006 e l'Expo di Milano 2015, per citare due esempi vicini), l'impatto ambientale devastante dell'innevamento artificiale e della costruzione di strutture ricettive, e molto altro ancora. Ne abbiamo parlato con Luca del laboratorio politico OffTopic.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/olimpiadi.mp3\"][/audio]","16 Novembre 2022","2022-11-16 23:29:04","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/IMG_8462-e1668610206619-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"188\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/IMG_8462-e1668610206619-300x188.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/IMG_8462-e1668610206619-300x188.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/IMG_8462-e1668610206619.jpg 588w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Olimpiadi Milano-Cortina 2026, Giochi Pericolosi",1668641344,[163,164,165],"http://radioblackout.org/tag/milano-cortina-2026/","http://radioblackout.org/tag/montagna/","http://radioblackout.org/tag/olimpiadi/",[27,15,17],{"post_content":168},{"matched_tokens":169,"snippet":170,"value":171},[71],"e della devastazione ambientale e \u003Cmark>urbana\u003C/mark> che la loro preparazione comporta:","A partire dalla presentazione di una giornata di analisi e controinformazione che si terrà all'Università Statale di Milano sabato 19 novembre, abbiamo toccato i vari punti critici delle Olimpiadi Invernali 2026 e della devastazione ambientale e \u003Cmark>urbana\u003C/mark> che la loro preparazione comporta: innanzitutto i grandi eventi in sé come elemento di \u003Cmark>governance\u003C/mark> della città, la liberalizzazione edilizia e il Decreto Olimpiadi che usano la deroga come strumento principale nel rilascio dei permessi a costruire per opere \"di interesse pubblico\", l'approccio alla montagna come terreno di conquista ed estrattivismo, la costruzione di infrastrutture che poi non hanno prospettive di riutilizzo dopo la fine della manifestazione (come insegnano Torino 2006 e l'Expo di Milano 2015, per citare due esempi vicini), l'impatto ambientale devastante dell'innevamento artificiale e della costruzione di strutture ricettive, e molto altro ancora. Ne abbiamo parlato con Luca del laboratorio politico OffTopic.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/olimpiadi.mp3\"][/audio]",[173],{"field":92,"matched_tokens":174,"snippet":170,"value":171},[71],{"best_field_score":146,"best_field_weight":147,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":48,"score":176,"tokens_matched":87,"typo_prefix_score":48},"1155199671761633393",6646,{"collection_name":59,"first_q":23,"per_page":179,"q":23},6,{"facet_counts":181,"found":87,"hits":195,"out_of":253,"page":14,"request_params":254,"search_cutoff":35,"search_time_ms":87},[182,190],{"counts":183,"field_name":188,"sampled":35,"stats":189},[184,186],{"count":14,"highlighted":185,"value":185},"happy hour",{"count":14,"highlighted":187,"value":187},"Macerie su macerie","podcastfilter",{"total_values":87},{"counts":191,"field_name":34,"sampled":35,"stats":194},[192],{"count":14,"highlighted":193,"value":193},"guerra",{"total_values":14},[196,224],{"document":197,"highlight":212,"highlights":217,"text_match":220,"text_match_info":221},{"comment_count":48,"id":198,"is_sticky":48,"permalink":199,"podcastfilter":200,"post_author":201,"post_content":202,"post_date":203,"post_excerpt":54,"post_id":198,"post_modified":204,"post_thumbnail":205,"post_title":206,"post_type":207,"sort_by_date":208,"tag_links":209,"tags":211},"97778","http://radioblackout.org/podcast/sorveglianza-spaziale-la-citta-come-campo-di-battaglia/",[185],"ce","Happy Hour. Pillole sintetiche dal mondo-guerra.\r\n1.7 (12.05.25)\r\n\r\nIn termini militari contraltare delle zone verdi, le zone rosse si riferiscono ad aree in cui le forze nemiche sono attive o a zone che sono percepite come insicure e devono quindi essere isolate o evitate. Nei termini della \"governance dei disastri\", le zone rosse sono impiegate per designare spazi colpiti da rifiuti tossici, da disastri o da epidemie. Basti pensare alla creazione della \"zone rouge\" a Verdun, in Francia, dopo la prima guerra mondiale, per indicare un'area con mine inesplose, materiali pericolosi e reti di tunnel sotterranei, dichiarata inagibile fino ad oggi. Prima del COVID-19, poi, erano state istituite zone rosse per controllare altri virus, come l'influenza aviaria e l'Ebola. Nel campo della governance urbana, le zone rosse indicano restrizioni mirate che intervengono tanto su spazi da proteggere (mega-eventi, summit strategici) quanto su spazi di insicurezza su cui far intervenire le forze di polizia contro i \"nemici interni\". Riguardano più ampiamente le pratiche governamentali di esclusione di alcuni abitanti da aree specifiche della città e di contenimento in altre aree designate. Si pensi alla pratica del \"redlining\" negli Stati Uniti negli anni tra le due guerre, tramite cui il governo federale assegnava un livello di rischio sugli investimenti immobiliari ai diversi quartieri. Le zone in rosso erano quelle a maggioranza afroamericana, ispanica o di altre minoranze.\r\n\r\nNonostante le zone rosse vengano impiegate da chi governa sia per istituire spazi da proteggere, che spazi di contenimento, esse sono più generalmente il riflesso delle logiche coloniali e militari dell'ordine securitario contemporaneo, in cui circolano e si riadattano su scale diverse molte strategie di fortificazione e polizia.\r\n\r\nUna delle 7 zone rosse istituite internamente al perimetro urbano di Torino, recentemente prorogate dal Prefetto per controllare e allontanare una parte degli abitanti della città, si trova in San Salvario, a pochi passi da un importante sito di produzione militare, la Collins Aerospace (ex-Microtecnica), la cui componentistica - tra sistemi radar, missilistici e droni - trova applicazione dal bombardamento aereo alla sorveglianza urbana. Da un lato, in Piazza Graf, un sito strategico per i ricchi affari dell'economia di guerra esterna e interna, fortificato da decine di dispositivi di videosorveglianza, dall'altro, oltre corso Marconi, stretta in mezzo ad un altro sito strategico, la Stazione ferroviaria di Porta Nuova, una parte di umanità ridotta ad \"eccesso\", fuori dai circuiti della produzione, del consumo, della legalità e quindi intrinsecamente minacciosa per l'ordine costituito, da controllare militarmente o eventualmente eliminare con le retate.\r\n\r\nConsapevoli del ruolo della città in cui viviamo come campo di battaglia, sappiamo che in un contesto di filiere produttive di guerra frammentate, incepparne una piccola parte può significare incepparle nella loro interezza, e che rompere la normalità dei meccanismi di pacificazione urbana è il primo passo per rifiutarci di servire da masse di manovra. Appuntamento giovedì 15 maggio alle ore 12.30, in piazza Graf (San Salvario, fermata del 18), per un presidio contro Collins Aerospace e Zone Rosse.\r\n\r\nDopo un breve mash-up sul nesso tra guerra spaziale interna ed esterna - dalla spazio urbano a quello aereo - Marco, insegnante di storia e antimilitarista, ripercorre la storia di Microtecnica, storica fabbrica torinese votata alla produzione militare sin dalle sue origini nel 1929 e oggi importante tassello del comparto aerospaziale. \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/happyhour12maggio2025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n ","13 Maggio 2025","2025-06-13 14:03:08","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/15maggio-200x110.png","Sorveglianza Spaziale: la città come campo di battaglia.","podcast",1747135713,[210],"http://radioblackout.org/tag/guerra/",[193],{"post_content":213},{"matched_tokens":214,"snippet":215,"value":216},[70,71],"aviaria e l'Ebola. Nel campo della \u003Cmark>governance\u003C/mark> \u003Cmark>urbana\u003C/mark>, le zone rosse indicano restrizioni","Happy Hour. Pillole sintetiche dal mondo-guerra.\r\n1.7 (12.05.25)\r\n\r\nIn termini militari contraltare delle zone verdi, le zone rosse si riferiscono ad aree in cui le forze nemiche sono attive o a zone che sono percepite come insicure e devono quindi essere isolate o evitate. Nei termini della \"\u003Cmark>governance\u003C/mark> dei disastri\", le zone rosse sono impiegate per designare spazi colpiti da rifiuti tossici, da disastri o da epidemie. Basti pensare alla creazione della \"zone rouge\" a Verdun, in Francia, dopo la prima guerra mondiale, per indicare un'area con mine inesplose, materiali pericolosi e reti di tunnel sotterranei, dichiarata inagibile fino ad oggi. Prima del COVID-19, poi, erano state istituite zone rosse per controllare altri virus, come l'influenza aviaria e l'Ebola. Nel campo della \u003Cmark>governance\u003C/mark> \u003Cmark>urbana\u003C/mark>, le zone rosse indicano restrizioni mirate che intervengono tanto su spazi da proteggere (mega-eventi, summit strategici) quanto su spazi di insicurezza su cui far intervenire le forze di polizia contro i \"nemici interni\". Riguardano più ampiamente le pratiche governamentali di esclusione di alcuni abitanti da aree specifiche della città e di contenimento in altre aree designate. Si pensi alla pratica del \"redlining\" negli Stati Uniti negli anni tra le due guerre, tramite cui il governo federale assegnava un livello di rischio sugli investimenti immobiliari ai diversi quartieri. Le zone in rosso erano quelle a maggioranza afroamericana, ispanica o di altre minoranze.\r\n\r\nNonostante le zone rosse vengano impiegate da chi governa sia per istituire spazi da proteggere, che spazi di contenimento, esse sono più generalmente il riflesso delle logiche coloniali e militari dell'ordine securitario contemporaneo, in cui circolano e si riadattano su scale diverse molte strategie di fortificazione e polizia.\r\n\r\nUna delle 7 zone rosse istituite internamente al perimetro urbano di Torino, recentemente prorogate dal Prefetto per controllare e allontanare una parte degli abitanti della città, si trova in San Salvario, a pochi passi da un importante sito di produzione militare, la Collins Aerospace (ex-Microtecnica), la cui componentistica - tra sistemi radar, missilistici e droni - trova applicazione dal bombardamento aereo alla sorveglianza \u003Cmark>urbana\u003C/mark>. Da un lato, in Piazza Graf, un sito strategico per i ricchi affari dell'economia di guerra esterna e interna, fortificato da decine di dispositivi di videosorveglianza, dall'altro, oltre corso Marconi, stretta in mezzo ad un altro sito strategico, la Stazione ferroviaria di Porta Nuova, una parte di umanità ridotta ad \"eccesso\", fuori dai circuiti della produzione, del consumo, della legalità e quindi intrinsecamente minacciosa per l'ordine costituito, da controllare militarmente o eventualmente eliminare con le retate.\r\n\r\nConsapevoli del ruolo della città in cui viviamo come campo di battaglia, sappiamo che in un contesto di filiere produttive di guerra frammentate, incepparne una piccola parte può significare incepparle nella loro interezza, e che rompere la normalità dei meccanismi di pacificazione \u003Cmark>urbana\u003C/mark> è il primo passo per rifiutarci di servire da masse di manovra. Appuntamento giovedì 15 maggio alle ore 12.30, in piazza Graf (San Salvario, fermata del 18), per un presidio contro Collins Aerospace e Zone Rosse.\r\n\r\nDopo un breve mash-up sul nesso tra guerra spaziale interna ed esterna - dalla spazio urbano a quello aereo - Marco, insegnante di storia e antimilitarista, ripercorre la storia di Microtecnica, storica fabbrica torinese votata alla produzione militare sin dalle sue origini nel 1929 e oggi importante tassello del comparto aerospaziale. \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/happyhour12maggio2025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n ",[218],{"field":92,"matched_tokens":219,"snippet":215,"value":216},[70,71],1157451471441100800,{"best_field_score":222,"best_field_weight":147,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":48,"score":223,"tokens_matched":87,"typo_prefix_score":48},"2211897868288","1157451471441100913",{"document":225,"highlight":238,"highlights":246,"text_match":144,"text_match_info":251},{"comment_count":48,"id":226,"is_sticky":48,"permalink":227,"podcastfilter":228,"post_author":229,"post_content":230,"post_date":231,"post_excerpt":54,"post_id":226,"post_modified":232,"post_thumbnail":233,"post_title":234,"post_type":207,"sort_by_date":235,"tag_links":236,"tags":237},"65596","http://radioblackout.org/podcast/macerie-su-macerie-28-12-2020-dalla-citta-allinfrastruttura-urbana/",[187],"macerie su macerie","Prima dell'anno del Covid uno dei luoghi comuni dei cosiddetti Urban Studies era che la popolazione del pianeta avrebbe vissuto sempre più massicciamente dentro grandi aree urbane o entro vasti territori intensamente urbanizzati, anche se tra loro assai differenti.\r\n\r\n\r\nNon è certo un'affermazione opinabile, ma presenta altissimi tassi di vaghezza, specialmente per quanto riguarda cosa si intenda per \"territorio intensamente urbanizzato\". Per gli europei, e in special modo per gli italiani con l'eredità iconografica dei borghi e della storia comunale, è piuttosto complicato uscire dall'immagine della città forgiata nel medievo: un centro architettonicamente coeso perché vernacolare, da un lato intramezzato dai monumenti simbolo della vita religiosa e dalla piazza civile, dall'altro attraversato dalle venature dei vicoli e delle strade, costruiti, ancor prima che come attraversamento, come luogo reale quanto crudo del comun vivere. Se non sembra da tempo una descrizione calzante è perché non se ne vede il trasferimento nella città industriale e novecentesca in un diverso tipo di scala, quella del quartiere, nelle sue varie accezioni negative e positive, inserito nel fallito progetto moderno del funzionalismo urbano.\r\n\r\nAppare piuttosto evidente che ciò che si intende ora con spazio urbanizzato ha poco, talvolta nulla, a che vedere con quanto sopra e s'impone così la necessità di porre \"una nuova questione urbana\", non soltanto in termini analitici e di comprensione di cosa comunemente chiamiamo città, ma soprattutto per riuscire a elaborare un discorso critico in grado di carpire la portata di violenza delle nuove interazione economiche e sociali che si formano in questo quanto mai sfuggente terreno. \r\n\r\nL'uso di \"sfuggente\" non è casuale. Da anni non si fa che parlare di città, del suo ruolo rinnovato di attore primario all'interno del cambiamento di paradigma dell'economia e della società, a cui si associa di continuo come un mantra il prefisso post (postfordista, postindustriale, postkeynesiana, postmoderna e ora postpandemica). Eppure più i discorsi sulla città si moltiplicano esponenzialmente riempiendo di questo oggetto conturbante cartelloni pubblicitari, progetti sociali welfaristici, start-up su come meglio far fluire i network metropolitani, e meno si riesce a delimitare che cosa sia l'urbano, come si stia modificando, come sia governato localmente e con quali finalità di valorizzazione del capitale si poggia su di esso il sistema di governance globale. Insomma, se sia possibile o no tracciarne una forma o se per capire meglio l'oggetto in questione non si debba uscire dalla dicotomia dentro/fuori per addentrarsi nell'idea che ci sia una riconfigurazione spaziale del capitalismo, una sua urbanizzazione - certo - ma che questa non sia semplicemente una sostituzione o un superamento della città così come si è data fino agli anni settanta del '900.\r\n\r\nLa pandemia di Covid-19 che ha investito in pieno l'ultimo anno ha messo in luce alcuni aspetti che sono fondamentali per capire come la riconfigurazione spaziale del capitalismo non si basa sulla città ma sulle infrastrutture urbanizzate più o meno sofisticatamente. Come spiegare altrimenti l'ascesa o il declino di un determinato sistema urbano, il successo di una certa Milano e il tracollo provincialista del capoluogo sabaudo? Come chiamare la possibilità di attraversamento che le classi agiate hanno nello scappare dalla città - termine usato ora nella sua accezione amministrativa di comune - per rifugiarsi nella seconda casa a Bardonecchia? Qualche spiegazione poco originale venuta fuori negli ultimi mesi riguardo alla fuga delle élite verso borghi alpini o case al mare offre una spiegazione poco strutturale e troppo volontaristica, sul solco del \"ci hanno fregato, ora chi ha la possibilità scappa dalle città contagiate e nel futuro prossimo troppo calde per essere abitate con continuità\". Non si può dire sia falso, ma non coglie la reale portata, attuale e a venire, di quegli spostamenti privilegiati: la \"città\" vissuta dalle classi agiate attraverso la mobilità fisica accelerata, i canali telematico-virtuali e l'omogeneo sistema dei pagamenti globale è esso stesso lo spazio infrastrutturale urbanizzato, quel vago oggetto che si diceva all'inizio e che ancora qui, nei bassi o medi fondi della società, confondiamo in base alla nostra parziale esperienza con la città.\r\n\r\nPer riprendere due fortunate metafore che vengono dall'analisi della gestione dell'occupazione israeliana, quelle di arcipelaghi e enclave di Petti, dobbiamo aspettarci per i prossimi anni che le città che non saranno riuscite politicamente ad agguantarsi sufficienti investimenti verranno escluse da questo network infrastrutturale urbanizzato, mentre luoghi da prima considerati naturali e remoti ne saranno presto raggiunti in una divisione tra urbano e non urbano che lì avrà terminato il suo senso ultimo.\r\n\r\nA Macerie su Macerie, qualche lettura e frammentaria analisi sul tema:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/macerie28dic.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","29 Dicembre 2020","2020-12-29 23:01:47","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/naturecity-200x110.jpg","Macerie su Macerie - 28.12.2020, dalla città all'infrastruttura urbana",1609249877,[],[],{"post_content":239,"post_title":243},{"matched_tokens":240,"snippet":241,"value":242},[71],"di porre \"una nuova questione \u003Cmark>urbana\u003C/mark>\", non soltanto in termini analitici","Prima dell'anno del Covid uno dei luoghi comuni dei cosiddetti Urban Studies era che la popolazione del pianeta avrebbe vissuto sempre più massicciamente dentro grandi aree urbane o entro vasti territori intensamente urbanizzati, anche se tra loro assai differenti.\r\n\r\n\r\nNon è certo un'affermazione opinabile, ma presenta altissimi tassi di vaghezza, specialmente per quanto riguarda cosa si intenda per \"territorio intensamente urbanizzato\". Per gli europei, e in special modo per gli italiani con l'eredità iconografica dei borghi e della storia comunale, è piuttosto complicato uscire dall'immagine della città forgiata nel medievo: un centro architettonicamente coeso perché vernacolare, da un lato intramezzato dai monumenti simbolo della vita religiosa e dalla piazza civile, dall'altro attraversato dalle venature dei vicoli e delle strade, costruiti, ancor prima che come attraversamento, come luogo reale quanto crudo del comun vivere. Se non sembra da tempo una descrizione calzante è perché non se ne vede il trasferimento nella città industriale e novecentesca in un diverso tipo di scala, quella del quartiere, nelle sue varie accezioni negative e positive, inserito nel fallito progetto moderno del funzionalismo urbano.\r\n\r\nAppare piuttosto evidente che ciò che si intende ora con spazio urbanizzato ha poco, talvolta nulla, a che vedere con quanto sopra e s'impone così la necessità di porre \"una nuova questione \u003Cmark>urbana\u003C/mark>\", non soltanto in termini analitici e di comprensione di cosa comunemente chiamiamo città, ma soprattutto per riuscire a elaborare un discorso critico in grado di carpire la portata di violenza delle nuove interazione economiche e sociali che si formano in questo quanto mai sfuggente terreno. \r\n\r\nL'uso di \"sfuggente\" non è casuale. Da anni non si fa che parlare di città, del suo ruolo rinnovato di attore primario all'interno del cambiamento di paradigma dell'economia e della società, a cui si associa di continuo come un mantra il prefisso post (postfordista, postindustriale, postkeynesiana, postmoderna e ora postpandemica). Eppure più i discorsi sulla città si moltiplicano esponenzialmente riempiendo di questo oggetto conturbante cartelloni pubblicitari, progetti sociali welfaristici, start-up su come meglio far fluire i network metropolitani, e meno si riesce a delimitare che cosa sia l'urbano, come si stia modificando, come sia governato localmente e con quali finalità di valorizzazione del capitale si poggia su di esso il sistema di \u003Cmark>governance\u003C/mark> globale. Insomma, se sia possibile o no tracciarne una forma o se per capire meglio l'oggetto in questione non si debba uscire dalla dicotomia dentro/fuori per addentrarsi nell'idea che ci sia una riconfigurazione spaziale del capitalismo, una sua urbanizzazione - certo - ma che questa non sia semplicemente una sostituzione o un superamento della città così come si è data fino agli anni settanta del '900.\r\n\r\nLa pandemia di Covid-19 che ha investito in pieno l'ultimo anno ha messo in luce alcuni aspetti che sono fondamentali per capire come la riconfigurazione spaziale del capitalismo non si basa sulla città ma sulle infrastrutture urbanizzate più o meno sofisticatamente. Come spiegare altrimenti l'ascesa o il declino di un determinato sistema urbano, il successo di una certa Milano e il tracollo provincialista del capoluogo sabaudo? Come chiamare la possibilità di attraversamento che le classi agiate hanno nello scappare dalla città - termine usato ora nella sua accezione amministrativa di comune - per rifugiarsi nella seconda casa a Bardonecchia? Qualche spiegazione poco originale venuta fuori negli ultimi mesi riguardo alla fuga delle élite verso borghi alpini o case al mare offre una spiegazione poco strutturale e troppo volontaristica, sul solco del \"ci hanno fregato, ora chi ha la possibilità scappa dalle città contagiate e nel futuro prossimo troppo calde per essere abitate con continuità\". Non si può dire sia falso, ma non coglie la reale portata, attuale e a venire, di quegli spostamenti privilegiati: la \"città\" vissuta dalle classi agiate attraverso la mobilità fisica accelerata, i canali telematico-virtuali e l'omogeneo sistema dei pagamenti globale è esso stesso lo spazio infrastrutturale urbanizzato, quel vago oggetto che si diceva all'inizio e che ancora qui, nei bassi o medi fondi della società, confondiamo in base alla nostra parziale esperienza con la città.\r\n\r\nPer riprendere due fortunate metafore che vengono dall'analisi della gestione dell'occupazione israeliana, quelle di arcipelaghi e enclave di Petti, dobbiamo aspettarci per i prossimi anni che le città che non saranno riuscite politicamente ad agguantarsi sufficienti investimenti verranno escluse da questo network infrastrutturale urbanizzato, mentre luoghi da prima considerati naturali e remoti ne saranno presto raggiunti in una divisione tra urbano e non urbano che lì avrà terminato il suo senso ultimo.\r\n\r\nA Macerie su Macerie, qualche lettura e frammentaria analisi sul tema:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/macerie28dic.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ",{"matched_tokens":244,"snippet":245,"value":245},[71],"Macerie su Macerie - 28.12.2020, dalla città all'infrastruttura \u003Cmark>urbana\u003C/mark>",[247,249],{"field":92,"matched_tokens":248,"snippet":241,"value":242},[71],{"field":137,"matched_tokens":250,"snippet":245,"value":245},[71],{"best_field_score":146,"best_field_weight":147,"fields_matched":87,"num_tokens_dropped":48,"score":252,"tokens_matched":87,"typo_prefix_score":48},"1155199671761633394",6637,{"collection_name":207,"first_q":23,"per_page":179,"q":23},["Reactive",256],{},["Set"],["ShallowReactive",259],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$fm1-QkYWAehFEhZN0J2gCGiQWPazZ1ZN7SVSC7zms5Vo":-1},true,"/search?query=governance+urbana"]