","Grecia: proteste per i ritardi nelle indagini sul disastro ferroviario","post",1739295073,[64,65,66,67],"http://radioblackout.org/tag/austerity/","http://radioblackout.org/tag/grecia/","http://radioblackout.org/tag/infrastrutture/","http://radioblackout.org/tag/proteste/",[69,15,70,71],"austerity","infrastrutture","proteste",{"post_content":73,"post_title":78,"tags":81},{"matched_tokens":74,"snippet":76,"value":77},[75],"Grecia","dal 2018 al 2020 la \u003Cmark>Grecia\u003C/mark> ha avuto il più alto","Centinaia di migliaia di persone hanno manifestato nelle scorse settimane nel centro di Atene e anche in oltre 100 città del Paese per chiedere giustizia per le 57 persone rimaste uccise nel disastro ferroviario di Tempe del 28 febbraio 2023, quando il treno passeggeri Intercity 62 della Hellenic Train, partito da Atene e diretto a Salonicco, si è scontrato con il treno merci 63503 sempre della Hellenic Train, proveniente da Salonicco e diretto a Larissa. Hellenic Train è la società di trasporto ferroviario greca per passeggeri e merci. Fondata nel 2005 e controllata al 100% da Ose, le ferrovie dello Stato greche, TrainOse dal 2007 prende il controllo di tutte le attività operative e di gestione del trasporto ferroviario del gruppo, operando come una società indipendente. Nel bel mezzo della crisi dei debiti sovrani, il governo greco vara un piano di privatizzazioni da 3 miliardi di euro in cui ricade anche TrainOse. Nel 2013 viene lanciata una gara internazionale per la privatizzazione di TrainOse, che viene acquisita al 100% dal gruppo Ferrovie dello Stato.\r\nI parenti delle vittime dell’incidente ferroviario hanno intrapreso diverse azioni legali per ottenere delle risposte sulle cause della tragedia e chiedere giustizia. Ancora non vi è una ricostruzione ufficiale della collisione e quindi non si spiega perchè, in quella sera di febbraio 2023, un treno viaggiasse a quasi 200 km orari nel binario sbagliato. I tentativi da parte del governo greco di insabbiare l'accaduto e ritardare, o depistare, le indagini sono stati molteplici. Non solo. Pochi giorni prima dell'incidente, il sindacato nazionale dei ferrovieri greci aveva rilasciato un comunicato che denunciava la fatiscenza del sistema ferroviario, dichiarando che «la politica delle privatizzazioni concepita e attuata da tutti i governi, specialmente dalla crisi in poi, ha decisamente peggiorato le condizioni della rete ferroviaria» e denunciando «lo stato di profonda incuria in cui versa tutto il comparto, sia per quanto riguarda i mezzi che il personale».\r\nUn altro dato da aggiungere è che dal 2018 al 2020 la \u003Cmark>Grecia\u003C/mark> ha avuto il più alto tasso di incidenti ferroviari mortali di tutta l’Europa (sui chilometri percorsi).\r\nNe abbiamo parlato con Anna Giulia, antropologa urbana che vive tra l'Italia e la \u003Cmark>Grecia\u003C/mark>, dove si occupa di infrastrutture e processi di turistificazione. La conversazione con lei ci ha restituito un quadro delle proteste in corso, delle loro motivazioni, ed è emersa l'ampiezza delle potenzialità che un discorso critico e di lotta rispetto alle infrastrutture offre. Ascolta e scarica l'interessante approfondimento:\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/02/tempe.mp3\"][/audio]",{"matched_tokens":79,"snippet":80,"value":80},[75],"\u003Cmark>Grecia\u003C/mark>: proteste per i ritardi nelle indagini sul disastro ferroviario",[82,84,87,89],{"matched_tokens":83,"snippet":69},[],{"matched_tokens":85,"snippet":86},[15],"\u003Cmark>grecia\u003C/mark>",{"matched_tokens":88,"snippet":70},[],{"matched_tokens":90,"snippet":71},[],[92,98,101],{"field":39,"indices":93,"matched_tokens":95,"snippets":97},[94],1,[96],[15],[86],{"field":99,"matched_tokens":100,"snippet":80,"value":80},"post_title",[75],{"field":102,"matched_tokens":103,"snippet":76,"value":77},"post_content",[75],578730123365712000,{"best_field_score":106,"best_field_weight":26,"fields_matched":107,"num_tokens_dropped":51,"score":108,"tokens_matched":94,"typo_prefix_score":51},"1108091339008",3,"578730123365711979",{"document":110,"highlight":127,"highlights":142,"text_match":104,"text_match_info":152},{"cat_link":111,"category":112,"comment_count":51,"id":113,"is_sticky":51,"permalink":114,"post_author":29,"post_content":115,"post_date":116,"post_excerpt":56,"post_id":113,"post_modified":117,"post_thumbnail":118,"post_thumbnail_html":119,"post_title":120,"post_type":61,"sort_by_date":121,"tag_links":122,"tags":125},[48],[50],"88085","http://radioblackout.org/2024/03/grecia-criminalizzazione-delle-migrazioni-e-militarizzazione-dei-confini/","Con Giulio, che da molti anni vive ad Atene ed è attivo nelle lotte e nella solidarietà ai migranti, abbiamo provato a capire come sia cambiato il panorama delle migrazioni in Grecia negli ultimi anni e a 9 mesi dal più grande naufragio del Mediterraneo. Da un lato, la militarizzazione continua ai confini di terra e marittimi tra fondi e tecnologie europei e spinte nazionalistiche. Dall'altro l'atto stesso di migrare é sempre più l'oggetto diretto di una campagna di repressione che porta a esclusione, isolamento, processi a migranti e solidali, e richieste di condanna di migliaia di anni.\r\nSino al naufragio di Pylos dove una nave è affondata con quasi un migliaio di persone a bordo, botte, intimidazioni e respingimenti erano normali sia dalle isole vicine alla costa turca, sia lungo il confine terrestre, pesantemente militarizzato lungo il fiume Evros. Si calcola per approssimazione che nell’anno precedente al naufragio ci siano stati 500.000 pushback. Chi è annegato a Pylos tentava di raggiungere direttamente l’Italia evitando la Grecia.\r\nSecondo la testimonianza di alcuni sopravvissuti la barca è colata a picco, dopo che una nave della guardia costiera greca ha tentato di trainarla fuori dalle acque territoriali elleniche.\r\nLa forte indignazione per la strage del 14 giugno 2023 ha fatto si che il governo greco allentasse la pressione sulle frontiere e gli sbarchi riprendessero.\r\nDopo il naufragio 9 persone sono state arrestate con l’accusa di essere trafficanti e rischiano pene gravissime. In Grecia è pratica abituale individuare alcuni migranti che, per avere il passaggio hanno accettato di condurre la barca o, sulla frontiera terrestre, guidano un’auto piena di senza carte, arrestarli e accusarli di lucrare sulle vite degli altri migranti. I processi contro queste persone sono fatti senza nessuna possibilità di difesa: niente traduzioni, avvocati d’ufficio nominati il giorno del processo. In media questi processi durano intorno ai 38 minuti.\r\nUn duro colpo a chi lotta è stato lo sgombero del campo autogestito di Lavrio, aperto negli anni Ottanta per accogliere oppositori politici turchi e curdi.\r\nChi non viene respinto per strada finisce in campi lontani dai centri urbani, dove è permesso uscire solo a chi ha fornito i propri dati biometrici.\r\nIn questi anni quasi tutte le strutture autogestite sono state sgomberate e buona parte parte di quelle statali sono state chiuse.\r\nIl gruppo di cui fa parte Giulio gestisce una biblioteca mobile che distribuisce libri in diverse lingue. Ogni settimana vanno in uno dei sei campi che si trovano tra i 50 e i 100 chilometri da Atene, ed aprono il loro furgone/biblioteca. Dentro non possono entrare ed anche stare fuori per intercettare quelli che possono uscire non è facile, perché spesso le guardie private incaricate della sorveglianza mettono i bastoni tra le ruote.\r\nOltre ai campi per richiedenti asilo ci sono le prigioni per clandestini in attesa di espulsione, che funzionano in modo simile ai nostri CPR. Con un’importante differenza: la Grecia ha pochi accordi per rimpatrio.\r\nNe consegue che chi finisce impigliato nella rete repressiva passa un anno e mezzo in galera amministrativa, poi torna in strada clandestino, finché non viene ripescato o riesce a lasciare la Grecia. 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E i numeri sono quelli della polizia ellenica. Ad Atene, migliaia di persone si sono radunate nuovamente in piazza per protestare contro il governo in seguito al tragico scontro ferroviario. Ci sono manifestazioni e scontri di fronte al Parlamento da giorni, l'ultima ieri, domenica, con migliaia di persone in piazza sia ad Atene, sia a Salonicco.\r\n\r\nNe parliamo con Kostas compagno greco :\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/03/atene1.mp3\"][/audio]","14 Marzo 2023","Mercoledì 50 mila le persone sono scese in piazza in tutta la Grecia per chiedere verità e giustizia per le 57 vittime dell'incidente ferroviario della valle di Tebi la scorsa settimana. 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Un racconto insomma sulle prospettive dalla Grecia, che prende spunto dalla commemorazione a 49 anni dalla rivolta del Politecnico, avvenuta il 17 novembre del 1973, ma che si focalizza sulle questione odierne, tra arresti, repressione, austerity, conflitto sociale e lotte sul lavoro.\r\nUn tentativo di inquadrare a seguito di un confronto con alcuni compagni e compagne ateniesi le risposte alla violenza della repressione e delle riforme governative in Grecia.\r\n\r\nAi microfoni dell'informazione di Radio Blackout:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/grecia.mp3\"][/audio]","1 Dicembre 2022","2022-12-01 12:39:07","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/12/image_20221117phf9246-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/12/image_20221117phf9246-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/12/image_20221117phf9246-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/12/image_20221117phf9246-768x512.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/12/image_20221117phf9246.jpg 880w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Prospettive dalla Grecia: austerity, conflitto e lotte sul lavoro. 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Sono luoghi squallidi, isolati, quasi inaccessibili, governati da leggi speciali, amministrati dalle organizzazioni internazionali come Unhcr e Iom, sorvegliati dalla polizia. Soprattutto, sono spazi a cui le persone vengono legate tramite il ricatto delle procedure di asilo: “campi di confinamento” è quindi una formula meno generica e più esatta per definire tali strutture. La funzione di questi luoghi è quella di limitare la mobilità delle persone e ciò passa attraverso una contenzione fisica, ma anche temporale, attraverso la posticipazione indefinita della fine del loro viaggio verso l’Europa. Decine di migliaia di individui, famiglie e moltissimi minori sono intrappolati in questo arcipelago dell’attesa.\r\nNegli ultimi mesi del 2021, e in particolare durante il mese di dicembre, un’ondata di proteste ha attraversato i campi di confinamento greci. 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Attacco ad Exarchia. 4 squat sgomberati\r\nIl 26 agosto un esercito di occupazione tra Unità Speciali Antiterrorismo e reparti di Polizia Antisommossa ha sgomberato 4 squat, arrestato 3 occupanti e cacciato dalle loro case 143 rifugiat* e immigrat*, che sono stati trasferiti in centri di detenzione, è stato il primo atto di un’operazione di guerra.\r\nNe abbiamo parlato con Simone Ruini della FAI\r\nSempre con Simone parleremo dell’11 congresso dell’I.F.A., l’Internazionale di Federazioni Anarchiche quest’anno si è tenuto a Lubiana in Slovenia.\r\n\r\nLa crisi di estate e il nuovo governo. Dal clamoroso autogoal di Salvini alla nascita dell’esecutivo giallorosa. Ce ne ha parlato Massimo Varengo di ZiC\r\n\r\nHong Kong. Anarchici nella resistenza alla legge sull’estradizione\r\nIntervista a cura di Crimethinc, traduzione in italiano per i quaderni di Umanità Nova.\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nSabato 14 settembre\r\nGiù le mani da Exarchia! 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I soldi ci sono: li hanno i ricchi che vivono sulle spalle dei poveri, i padroni che sfruttano il nostro lavoro.\r\nRiprendiamoci la città, costruiamo esperienze di autogestione, cacciamo padroni e governanti, creiamo assemblee in ogni quartiere. \r\nCon la lotta, il mutuo appoggio e la solidarietà rendiamo gratuiti sin da ora i trasporti pubblici. \r\n\r\nWild C.A.T. Collettivo Anarco-Femminista Torinese\r\nRiunioni ogni giovedì alle 18 presso la FAT in corso Palermo 46\r\nFB https://www.facebook.com/Wild.C.A.T.anarcofem/\r\n\r\nLe riunioni della Federazione Anarchica Torinese, aperte a tutti gli interessati, sono ogni giovedì (in agosto siamo in vacanza) dalle 21 in corso Palermo 46\r\n\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org",{"matched_tokens":429,"snippet":430,"value":430},[75],"Anarres del 6 settembre. \u003Cmark>Grecia\u003C/mark>. Attacco ad Exarchia. Congresso dell’Internazionale di Federazioni Anarchiche. 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Una chiacchierata con Maurizio Giannangeli della REL – Rete dell'educazione libertaria\r\n\r\nDopo il referendum. Analisi del voto e delle illusioni di palingenesi universale\r\nne parliamo con Francesco\r\n\r\nPosta aerea. Mistral Air deporta profughi e migranti\r\n\r\nIncontro con gli Sloveni\r\n\r\nGrecia. Profughi e migranti\r\n\r\nFuori fascisti e polizia dalla città\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nSabato 10 dicembre\r\nore 10,30 presidio in corso Giulio Cesare 3 – nei pressi dell’ufficio postale\r\n\r\nMistral Air, la compagnia aerea di Poste Italiane non trasporta lettere, pacchi e cartoline… ma deporta i rifugiati e migranti in paesi dove non vogliono tornare.\r\nFuggono guerre, miseria, persecuzioni, dittature. C'è chi non vuole sottostare ad un matrimonio forzato e chi non intende fare il soldato. C'è anche chi, semplicemente vuole andare in Europa, perché desidera un'altra vita.\r\nTutti si trovano di fronte frontiere chiuse, filo spinato, polizia ed esercito.\r\n\r\nSabato 17 dicembre\r\nCena antinatalizia e pres-empio autogestito\r\nAnche quest'anno ti aspettiamo alla cena anticlericale\r\nAppuntamento sabato 17 dicembre alle 20 in corso Palermo 46.\r\nMenù eretico e esposizione spettacolare del Pres-Empio autogestito: ciascuno porti la sua statuetta, decorazione, disegno per arricchirlo.\r\nLa cena è benefit lotte sociali.\r\nChiediamo tanti soldi a chi li ha, meno a chi ne ha meno, anche niente a chi non ne ha.\r\nPrenotazioni 338 6594361\r\nMail: fai_to@inrete.it","16 Dicembre 2016","2018-10-17 22:58:54","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/12/marcia-200x110.jpg","Anarres del 9 dicembre. 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I blocchi delle raffineria e gli scioperi di ferrovieri e lavoratori di EDF. Nostro corrispondente Gianni Carrozza, corrispondente parigino di Collegamenti e redattore di Vive La Sociale! su radio Frequence Plurielle.\r\nAl di là della cronaca dell'ultima settimana, tra blocchi delle raffinerie, scioperi delle ferrovie e grandi manifestazioni di piazza, con Gianni abbiamo provato a cogliere le prospettive di un movimento che, dopo due mesi, continua ad essere in crescita, nonostante ampi settori del maggiore sindacato, la CGT, abbiano scelto di radicalizzarsi per provare a controllare una situazione che minaccia(va) di non essere più controllabile dalle burocrazie sindacali. In quest'ultima settimana è scesa in campo anche FO, Force Ouvriere, sindacato classicamente padronale, mentre meno rilevante è il ruolo degli studenti. Crepe si aprono nel fronte governativo, dove il partito socialista deve fare i conti con una crescente fronda della sua base sociale e politica.\r\nContinuano le Nouit Debout e tentano – sia pure a fatica - di sbarcare anche nella banlieaue, mentre gli attivisti si spostano dove ci sono blocchi e azioni di picchetto.\r\nUna riflessione particolare è stata dedicata al tema del blocco (delle merci, delle persone, dei flussi di notizie) come strumento per mettere in difficoltà un padronato, molto più libero di agire, vista la leggerezza estrema del sistema produttivo, ancorato al just in time, privo di magazzino, con capannoni e macchine in leasing.\r\nNe è scaturito un dibattito interessante, in cui è emerso, che sebbene la pratica del blocco sia efficace nel mettere in difficoltà la controparte, l'ingovernabilità del territorio, passa, necessariamente da un allargamento del fronte di lotta più radicale. \r\n\r\n* Torino. Anarchici in piazza contro razzisti e polizia. Cronaca della giornata di lotta – corteo e contestazione della fiaccolata di poliziotti e comitati razzisti in sostegno ad un piano “sicurezza” il cui solo obiettivo è la guerra ai poveri.\r\n\r\n* Torino. Giovedì 2 giugno, ore 15,30 in piazza XVIII dicembre, vecchia Porta Susa\r\nQui l'appello per il corteo antimilitarista del 2 giugno a Torino\r\nAscolta e diffondi lo spot del corteo\r\n\r\n* Grecia. Abbiamo parlato dello sgombero di Idomeni con Jannis, anarchico greco, che ci racconta delle centri di detenzione che attendono i profughi deportati dall'accampamento spontaneo al confine tra Grecia e Macedonia.\r\nGrandi capannoni industriali all'estrema periferia di Salonicco, quello che resta delle fabbriche brasate dalla crisi, sono la destinazione “momentanea” per i profughi deportati in questi giorni da Idomeni. Grandi scheletri senza infissi, sanitari, fili elettrici, recuperati e riciclati negli anni da chi ne aveva bisogno.\r\nProbabilmente non c'è neppure l'acqua.\r\nQui, i profughi, isolati in piccoli gruppi, sorvegliati dall'esercito, saranno lontani dagli sguardi e dalla possibilità da rendere visibile, e quindi politicamente rilevante, la loro condizione.\r\nIntorno alle ex fabbriche quartieri di immigrati dall'est, spesso ostili ai profughi, dove Crisi Argi, i nazisti di Alba Dorata, guadagnano terreno. Nelle ultime settimane hanno provato ad alzare la testa, facendo ronde per i quartieri, cosa mai avvenuta a Salonicco ed inquietante, nonostante i nazisti siano stati intercettati e fermati dai compagni.\r\nA Idomeni restano solo più 500 persone, le sole che non paiono disponibili ad andarsene volontariamente. Gli altri 7.900, in parte sono saliti spontaneamente sui pullman dell'esercito, molti altri – forse 3000 - se ne sono andati prima dello sgombero, improvvisando accampamenti in altre località lungo il confine. A Polycastro, in una stazione di servizio, sono accampate oltre duemila persone, in parte provenienti da Idomeni.\r\nSecondo fonti No Border in 700 ce l'avrebbero fatta a bucare il confine macedone.\r\nLo sgombero sinora “pacifico” dell'accampamento di Idomeni è frutto del lungo lavorio fatto da ONG, volontari e funzionari statali. I profughi sono stati privati dell'acqua, ogni giorno il cibo non bastava per tutti, l'accesso ad internet per tentare la domanda di ricollocazione in un altro paese europeo non era altro che una chimera.\r\nPrivati della loro dignità, minacciati ed umiliati, metà dei profughi hanno finito con accettare senza proteste la deportazione, un'altra metà hanno deciso di fuggire, prima dello sgombero, nella notte del 24 maggio.\r\nIl divieto ai giornalisti di raccontare lo sgombero era parte della strategia di isolamento delle persone. Se nessuno vede e racconta quello che succede, anche la protesta sembra diventare inutile.\r\nUn risultato che il governo Tsipras non dava certo per scontato, viste le migliaia di agenti in assetto antisommossa mandati a Idomeni da ogni parte della Grecia.\r\n\r\n* Zitto e mangia la minestra. É il titolo del contributo di Benjamin Julian sul blog refugeestrail. Mostra in modo efficace il ruolo dei volontari apolitici nell'assistenza e controllo dei migranti in viaggio a Chios e Idomeni. nel fiaccare la resistenza, umiliando le persone che si aiutano, riducendole a tubi digerenti, minori da assistere, inferiori cui mostrare il modo giusto di vivere. Uno sguardo colonialista e complice delle politiche repressive del governo.\r\n\r\nSotto trovate la traduzione fatta dal blog Hurriya, che abbiamo letto ad Anarres\r\n\r\nOggi le autorità greche hanno dato l’avvio a quello che minacciavano da tempo: lo sgombero dell’accampamento di Idomeni. Il portavoce del ministro dell’immigrazione ha detto che tutti sapevano che “le condizioni di vita” sarebbero state migliori nei campi in cui le persone saranno ricollocate e aveva promesso che “non sarebbe stata usata la forza”, ma anche che si aspettava che le 8000 persone che hanno vissuto lì per mesi sarebbero state spostate in meno di una settimana. Per garantire che nessuno potesse vedere il modo pacifico con cui Idomeni sarebbe stata sgomberata, a giornalisti e attivisti è stato precluso l’accesso all’area.\r\n\r\nUna spiegazione di come questo paradosso dello spostamento non violento di migliaia di persone, che non avevano intenzione di spostarsi, potesse essere risolto, è stata data da un rappresentante di MSF, secondo il quale la gestione del campo da parte della polizia ha “reso complicata la fornitura di cibo e l’assistenza sanitaria”.\r\n\r\nSi tratta di una mossa simile a quella riportata dai/dalle migranti di Vial a Chios, quando venne detto loro che avrebbero dovuto lasciare il campo per trasferirsi nell’altro hotspot di Kos: “Non avevamo l’acqua per poter usare i bagni o poter farci una doccia”, ha detto un migrante. “Avevamo giusto l’acqua potabile da bere. La polizia ha tagliato l’acqua perché, ci hanno detto, dobbiamo spostarci su un’altra isola”.\r\n\r\nQueste tattiche vengono solitamente definite assedi di guerra, intimidazioni, abusi o, per ultimo, atti antiumanitari. Ma negli ultimi tempi sembra essersi affermata la scuola di pensiero che ritiene queste pratiche non sostanzialmente sbagliate, trattandosi solo di una questione di procedure. Il lavoro umanitario consiste nel trovare “un buon posto”, identificato dai volontari o dalle autorità, dove poter trasferire i/le migranti. I desideri e le richieste dei/delle migranti sono semplicemente ignorati. Questo approccio cresce naturalmente nel contesto della politica di confine europea, e dovremmo cominciare a resistere e opporci ad essa.\r\n\r\nRimani in fila\r\nNon è solo il consueto sentimento europeo di superiorità che nutre questo atteggiamento. Durante il lavoro che ho svolto nelle mense questo inverno, mi ha colpito quanto velocemente una mentalità paternalista, o peggio autoritaria, si possa sviluppare tra i volontari.\r\nNoi, per lo più ventenni bianchi/e, eravamo donatori e loro riceventi. Noi avevamo cose che la maggior parte dei/delle migranti non aveva. Potevamo viaggiare, prendere in affitto case, guidare auto, mentre loro non potevano. Eravamo noi che l* facevamo mettere in fila, che decidevamo le loro porzioni, che decidevamo se una persona poteva ricevere una, due o nessuna porzione di zuppa, che l* facevamo allineare in fila, che facevamo rispettare la coda a chi la saltava e così via. Questa posizione di superiorità può facilmente sfociare nella prepotenza, e ho visto spesso e in diversi luoghi volontari urlare contro i/le migranti che erano in attesa in fila per ottenere un paio di mutande o una carta di registrazione. Si tratta di uno spettacolo che non vorrei vedere mai più.\r\n\r\nQuesta denigrazione è divenuta a volte sistematica quando le ONG e i distributori di cibo hanno marcato le unghie o distribuito braccialetti identificativi ai/alle migranti in modo da poter assegnare loro la “quota giusta”. La motivazioni sono candide, la pratica repellente. Ma quando le condizioni sono come erano quest’inverno in Grecia, la dignità dei migranti deve essere anteposta alle pratiche del lavoro umanitario. Le condizioni in cui sono stati portati dalla guerra a casa loro e dalla chiusura delle frontiere ci lascia pochissimi spazi di manovra.\r\n\r\nLo sfortunato risultato di questo schema è che “‘umanitarismo” è diventata una parola molto flessibile. Il trasferimento di migranti dall’hotspot sovraffollato di Vial a quello sull’isola di Kos potrebbe essere descritto come guidato da uno scopo “umanitario”, perché essi avrebbero avuto molto più spazio a Kos. Il fatto che essi fossero chiusi dentro, mentre a Vial erano liberi di uscire, mi è stato spiegato da un volontario come un piccolo e temporaneo inconveniente – non un abuso fondamentale dei diritti dei detenuti e un diniego della loro autonomia. Che i/le migranti detenute negli hotspot dicessero di subire trattamenti “da animali”, per molti vuol dire dar loro più zuppa, più spazio, più coperte piuttosto che una questione di dignità.\r\n\r\nApolitici\r\nÈ questa ridefinizione della parola “umanitario” come semplice fornitore di “comfort” che permette alle autorità greche di presentare l’evacuazione dei residenti di Idomeni verso i campi “più umanitari”, come un aiuto ai poveri ignoranti spaventati migranti ad effettuare la scelta più saggia. (Questo si chiama agire come un “salvatore bianco”). Ma è semplicemente irrilevante quanto buoni siano i campi militari. Il punto è che ai migranti non è lasciata scelta. Quello che manca qui è quello che dovrebbe essere un principio fondamentale dell’umanitarismo: non opporsi alla volontà e desideri di chi vi è soggetto. Trascinare adulti come se fossero bestie da un luogo a un altro non è mai un aiuto, non importa quanto gradevole sia il luogo dove verranno sistemati.\r\n\r\nQuando i/le migranti hanno occupato il porto di Chios, ne è nata una discussione simile. Avevano trovato un posto dove non potevano essere ignorati, dove i media hanno parlato con loro, dove le loro proteste sono state viste. Ma i volontari e le ONG li hanno supplicati di andare in campi “migliori” perché dotati di docce e letti caldi. Come se ciò importasse! Hanno scelto di dormire sul cemento, non perché fossero stupidi o privi di buon senso, ma perché volevano fare una dichiarazione politica. Ma che è caduta nel vuoto a causa di quei volontari che hanno lavorato “apoliticamente”; che volevano migliorare il comfort, non cambiare la società.\r\n\r\nLe radici del volontariato apolitico meritano un approfondimento a parte, che non voglio fare in questa sede, ma più o meno significa lavorare all’interno del sistema, registrarti (farti accreditare) quando ti dicono di farlo e non andare dove non ti è permesso. A volte le persone in buona fede seguono questa semplice idea: trovare persone in difficoltà e fornire loro tutto ciò che li fa sentire meglio.\r\n\r\nMantieni la calma e mangia la minestra\r\nIl rischio che i volontari non politicizzati corrono è quello di diventare strumenti pratici di una disumana politica statale, finendo col lavorare in condizioni che, a lungo andare, distruggono le speranze dei migranti – e che potrebbero col tempo eliminare ogni traccia di umanitarismo nel trattamento che ricevono.\r\n\r\nIl caso più evidente di questo atteggiamento è quando i volontari dicono ai migranti di mantenere la calma. Si tratta di una strategia tipicamente non politica: se VOI mantenete la calma, NOI saremo meglio in grado di portarvi la zuppa. Manca completamente uno sguardo più ampio: i/le migranti vengono violentemente perseguitati dalla UE, e vogliono esporre la loro situazione al pubblico europeo. Non possono farlo senza l’attenzione dei media, e i media non si presentano senza che vi sia un “incidente”. I migranti devono piangere, morire di fame, gridare o annegare per rappresentare una storia. Non appena “l’umanitarismo” li avvolge nel suo abbraccio soffocante, vengono buttati fuori dalle prime pagine – e possono aspettare in silenzio la deportazione. (È anche opportuno ricordare che i migranti nell’hotspot di Vial hanno notevolmente migliorato le loro condizioni evadendo letteralmente dal carcere, dopo che i volontari gli avevano detto che sarebbe stato meglio “tacere”.)\r\n\r\nE così, l’umanitarismo non politico raggiunge l’ obiettivo opposto. Rimuovendo i/le migranti dalla scena politica e dei media presso il porto di Chios, sgomberandoli da Idomeni, dalle piazze e dai parchi, dando loro quel tanto che basta di cibo per scongiurare la fame, le autorità sono riuscite a farli tacere.","27 Maggio 2016","2018-10-17 22:58:58","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/2016-05-20-manif-antimili-2-giu-200x110.jpg","Anarres del 27 maggio. 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Nostro corrispondente Gianni Carrozza, corrispondente parigino di Collegamenti e redattore di Vive La Sociale! su radio Frequence Plurielle.\r\nAl di là della cronaca dell'ultima settimana, tra blocchi delle raffinerie, scioperi delle ferrovie e grandi manifestazioni di piazza, con Gianni abbiamo provato a cogliere le prospettive di un movimento che, dopo due mesi, continua ad essere in crescita, nonostante ampi settori del maggiore sindacato, la CGT, abbiano scelto di radicalizzarsi per provare a controllare una situazione che minaccia(va) di non essere più controllabile dalle burocrazie sindacali. In quest'ultima settimana è scesa in campo anche FO, Force Ouvriere, sindacato classicamente padronale, mentre meno rilevante è il ruolo degli studenti. Crepe si aprono nel fronte governativo, dove il partito socialista deve fare i conti con una crescente fronda della sua base sociale e politica.\r\nContinuano le Nouit Debout e tentano – sia pure a fatica - di sbarcare anche nella banlieaue, mentre gli attivisti si spostano dove ci sono blocchi e azioni di picchetto.\r\nUna riflessione particolare è stata dedicata al tema del blocco (delle merci, delle persone, dei flussi di notizie) come strumento per mettere in difficoltà un padronato, molto più libero di agire, vista la leggerezza estrema del sistema produttivo, ancorato al just in time, privo di magazzino, con capannoni e macchine in leasing.\r\nNe è scaturito un dibattito interessante, in cui è emerso, che sebbene la pratica del blocco sia efficace nel mettere in difficoltà la controparte, l'ingovernabilità del territorio, passa, necessariamente da un allargamento del fronte di lotta più radicale. \r\n\r\n* Torino. Anarchici in piazza contro razzisti e polizia. 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Grandi scheletri senza infissi, sanitari, fili elettrici, recuperati e riciclati negli anni da chi ne aveva bisogno.\r\nProbabilmente non c'è neppure l'acqua.\r\nQui, i profughi, isolati in piccoli gruppi, sorvegliati dall'esercito, saranno lontani dagli sguardi e dalla possibilità da rendere visibile, e quindi politicamente rilevante, la loro condizione.\r\nIntorno alle ex fabbriche quartieri di immigrati dall'est, spesso ostili ai profughi, dove Crisi Argi, i nazisti di Alba Dorata, guadagnano terreno. Nelle ultime settimane hanno provato ad alzare la testa, facendo ronde per i quartieri, cosa mai avvenuta a Salonicco ed inquietante, nonostante i nazisti siano stati intercettati e fermati dai compagni.\r\nA Idomeni restano solo più 500 persone, le sole che non paiono disponibili ad andarsene volontariamente. Gli altri 7.900, in parte sono saliti spontaneamente sui pullman dell'esercito, molti altri – forse 3000 - se ne sono andati prima dello sgombero, improvvisando accampamenti in altre località lungo il confine. A Polycastro, in una stazione di servizio, sono accampate oltre duemila persone, in parte provenienti da Idomeni.\r\nSecondo fonti No Border in 700 ce l'avrebbero fatta a bucare il confine macedone.\r\nLo sgombero sinora “pacifico” dell'accampamento di Idomeni è frutto del lungo lavorio fatto da ONG, volontari e funzionari statali. I profughi sono stati privati dell'acqua, ogni giorno il cibo non bastava per tutti, l'accesso ad internet per tentare la domanda di ricollocazione in un altro paese europeo non era altro che una chimera.\r\nPrivati della loro dignità, minacciati ed umiliati, metà dei profughi hanno finito con accettare senza proteste la deportazione, un'altra metà hanno deciso di fuggire, prima dello sgombero, nella notte del 24 maggio.\r\nIl divieto ai giornalisti di raccontare lo sgombero era parte della strategia di isolamento delle persone. Se nessuno vede e racconta quello che succede, anche la protesta sembra diventare inutile.\r\nUn risultato che il governo Tsipras non dava certo per scontato, viste le migliaia di agenti in assetto antisommossa mandati a Idomeni da ogni parte della \u003Cmark>Grecia\u003C/mark>.\r\n\r\n* Zitto e mangia la minestra. É il titolo del contributo di Benjamin Julian sul blog refugeestrail. Mostra in modo efficace il ruolo dei volontari apolitici nell'assistenza e controllo dei migranti in viaggio a Chios e Idomeni. nel fiaccare la resistenza, umiliando le persone che si aiutano, riducendole a tubi digerenti, minori da assistere, inferiori cui mostrare il modo giusto di vivere. Uno sguardo colonialista e complice delle politiche repressive del governo.\r\n\r\nSotto trovate la traduzione fatta dal blog Hurriya, che abbiamo letto ad Anarres\r\n\r\nOggi le autorità greche hanno dato l’avvio a quello che minacciavano da tempo: lo sgombero dell’accampamento di Idomeni. Il portavoce del ministro dell’immigrazione ha detto che tutti sapevano che “le condizioni di vita” sarebbero state migliori nei campi in cui le persone saranno ricollocate e aveva promesso che “non sarebbe stata usata la forza”, ma anche che si aspettava che le 8000 persone che hanno vissuto lì per mesi sarebbero state spostate in meno di una settimana. Per garantire che nessuno potesse vedere il modo pacifico con cui Idomeni sarebbe stata sgomberata, a giornalisti e attivisti è stato precluso l’accesso all’area.\r\n\r\nUna spiegazione di come questo paradosso dello spostamento non violento di migliaia di persone, che non avevano intenzione di spostarsi, potesse essere risolto, è stata data da un rappresentante di MSF, secondo il quale la gestione del campo da parte della polizia ha “reso complicata la fornitura di cibo e l’assistenza sanitaria”.\r\n\r\nSi tratta di una mossa simile a quella riportata dai/dalle migranti di Vial a Chios, quando venne detto loro che avrebbero dovuto lasciare il campo per trasferirsi nell’altro hotspot di Kos: “Non avevamo l’acqua per poter usare i bagni o poter farci una doccia”, ha detto un migrante. “Avevamo giusto l’acqua potabile da bere. La polizia ha tagliato l’acqua perché, ci hanno detto, dobbiamo spostarci su un’altra isola”.\r\n\r\nQueste tattiche vengono solitamente definite assedi di guerra, intimidazioni, abusi o, per ultimo, atti antiumanitari. Ma negli ultimi tempi sembra essersi affermata la scuola di pensiero che ritiene queste pratiche non sostanzialmente sbagliate, trattandosi solo di una questione di procedure. Il lavoro umanitario consiste nel trovare “un buon posto”, identificato dai volontari o dalle autorità, dove poter trasferire i/le migranti. I desideri e le richieste dei/delle migranti sono semplicemente ignorati. Questo approccio cresce naturalmente nel contesto della politica di confine europea, e dovremmo cominciare a resistere e opporci ad essa.\r\n\r\nRimani in fila\r\nNon è solo il consueto sentimento europeo di superiorità che nutre questo atteggiamento. Durante il lavoro che ho svolto nelle mense questo inverno, mi ha colpito quanto velocemente una mentalità paternalista, o peggio autoritaria, si possa sviluppare tra i volontari.\r\nNoi, per lo più ventenni bianchi/e, eravamo donatori e loro riceventi. Noi avevamo cose che la maggior parte dei/delle migranti non aveva. Potevamo viaggiare, prendere in affitto case, guidare auto, mentre loro non potevano. Eravamo noi che l* facevamo mettere in fila, che decidevamo le loro porzioni, che decidevamo se una persona poteva ricevere una, due o nessuna porzione di zuppa, che l* facevamo allineare in fila, che facevamo rispettare la coda a chi la saltava e così via. Questa posizione di superiorità può facilmente sfociare nella prepotenza, e ho visto spesso e in diversi luoghi volontari urlare contro i/le migranti che erano in attesa in fila per ottenere un paio di mutande o una carta di registrazione. Si tratta di uno spettacolo che non vorrei vedere mai più.\r\n\r\nQuesta denigrazione è divenuta a volte sistematica quando le ONG e i distributori di cibo hanno marcato le unghie o distribuito braccialetti identificativi ai/alle migranti in modo da poter assegnare loro la “quota giusta”. La motivazioni sono candide, la pratica repellente. Ma quando le condizioni sono come erano quest’inverno in \u003Cmark>Grecia\u003C/mark>, la dignità dei migranti deve essere anteposta alle pratiche del lavoro umanitario. Le condizioni in cui sono stati portati dalla guerra a casa loro e dalla chiusura delle frontiere ci lascia pochissimi spazi di manovra.\r\n\r\nLo sfortunato risultato di questo schema è che “‘umanitarismo” è diventata una parola molto flessibile. Il trasferimento di migranti dall’hotspot sovraffollato di Vial a quello sull’isola di Kos potrebbe essere descritto come guidato da uno scopo “umanitario”, perché essi avrebbero avuto molto più spazio a Kos. Il fatto che essi fossero chiusi dentro, mentre a Vial erano liberi di uscire, mi è stato spiegato da un volontario come un piccolo e temporaneo inconveniente – non un abuso fondamentale dei diritti dei detenuti e un diniego della loro autonomia. Che i/le migranti detenute negli hotspot dicessero di subire trattamenti “da animali”, per molti vuol dire dar loro più zuppa, più spazio, più coperte piuttosto che una questione di dignità.\r\n\r\nApolitici\r\nÈ questa ridefinizione della parola “umanitario” come semplice fornitore di “comfort” che permette alle autorità greche di presentare l’evacuazione dei residenti di Idomeni verso i campi “più umanitari”, come un aiuto ai poveri ignoranti spaventati migranti ad effettuare la scelta più saggia. (Questo si chiama agire come un “salvatore bianco”). Ma è semplicemente irrilevante quanto buoni siano i campi militari. Il punto è che ai migranti non è lasciata scelta. Quello che manca qui è quello che dovrebbe essere un principio fondamentale dell’umanitarismo: non opporsi alla volontà e desideri di chi vi è soggetto. Trascinare adulti come se fossero bestie da un luogo a un altro non è mai un aiuto, non importa quanto gradevole sia il luogo dove verranno sistemati.\r\n\r\nQuando i/le migranti hanno occupato il porto di Chios, ne è nata una discussione simile. Avevano trovato un posto dove non potevano essere ignorati, dove i media hanno parlato con loro, dove le loro proteste sono state viste. Ma i volontari e le ONG li hanno supplicati di andare in campi “migliori” perché dotati di docce e letti caldi. Come se ciò importasse! Hanno scelto di dormire sul cemento, non perché fossero stupidi o privi di buon senso, ma perché volevano fare una dichiarazione politica. Ma che è caduta nel vuoto a causa di quei volontari che hanno lavorato “apoliticamente”; che volevano migliorare il comfort, non cambiare la società.\r\n\r\nLe radici del volontariato apolitico meritano un approfondimento a parte, che non voglio fare in questa sede, ma più o meno significa lavorare all’interno del sistema, registrarti (farti accreditare) quando ti dicono di farlo e non andare dove non ti è permesso. A volte le persone in buona fede seguono questa semplice idea: trovare persone in difficoltà e fornire loro tutto ciò che li fa sentire meglio.\r\n\r\nMantieni la calma e mangia la minestra\r\nIl rischio che i volontari non politicizzati corrono è quello di diventare strumenti pratici di una disumana politica statale, finendo col lavorare in condizioni che, a lungo andare, distruggono le speranze dei migranti – e che potrebbero col tempo eliminare ogni traccia di umanitarismo nel trattamento che ricevono.\r\n\r\nIl caso più evidente di questo atteggiamento è quando i volontari dicono ai migranti di mantenere la calma. Si tratta di una strategia tipicamente non politica: se VOI mantenete la calma, NOI saremo meglio in grado di portarvi la zuppa. Manca completamente uno sguardo più ampio: i/le migranti vengono violentemente perseguitati dalla UE, e vogliono esporre la loro situazione al pubblico europeo. Non possono farlo senza l’attenzione dei media, e i media non si presentano senza che vi sia un “incidente”. I migranti devono piangere, morire di fame, gridare o annegare per rappresentare una storia. Non appena “l’umanitarismo” li avvolge nel suo abbraccio soffocante, vengono buttati fuori dalle prime pagine – e possono aspettare in silenzio la deportazione. (È anche opportuno ricordare che i migranti nell’hotspot di Vial hanno notevolmente migliorato le loro condizioni evadendo letteralmente dal carcere, dopo che i volontari gli avevano detto che sarebbe stato meglio “tacere”.)\r\n\r\nE così, l’umanitarismo non politico raggiunge l’ obiettivo opposto. Rimuovendo i/le migranti dalla scena politica e dei media presso il porto di Chios, sgomberandoli da Idomeni, dalle piazze e dai parchi, dando loro quel tanto che basta di cibo per scongiurare la fame, le autorità sono riuscite a farli tacere.",{"matched_tokens":625,"snippet":626,"value":626},[75],"Anarres del 27 maggio. 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In risposta a questo ennesimo attacco, diversi sindacati hanno indetto uno sciopero di 48 ore, culminato con la manifestazione in piazza Syntagma di domenica, proprio nelle ore in cui in Parlamento veniva discusso il pacchetto di misure. Verso sera si sono registrati violenti scontri tra parte dei manifestanti e le forze dell'ordine.\r\n\r\n \r\n\r\nPer approfondire i contenuti di questa riforma pensionistica, per un bilancio delle giornate di lotta e per avere una fotografia della situazione attuale in Grecia, ascolta la diretta con un compagno da Atene:\r\n\r\n \r\n\r\ngrecia 1","10 Maggio 2016","2018-10-17 22:08:32","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/grecia-200x110.jpeg","Grecia: scioperi e proteste contro le nuove misure di austerity. Un aggiornamento da Atene",1462894271,[64,676,65,170,677],"http://radioblackout.org/tag/crisi/","http://radioblackout.org/tag/scontri/",[69,31,15,174,679],"scontri",{"post_content":681,"post_title":685,"tags":688},{"matched_tokens":682,"snippet":683,"value":684},[75],"al Parlamento nel caso la \u003Cmark>Grecia\u003C/mark> non raggiunga l'obiettivo di avanzo","Domenica 8 maggio il Parlamento greco ha approvato l'ennesimo pacchetto di austerity: ad essere preso di mira questa volta sopratutto il sistema pensionistico, con forti tagli alle pensioni, l'incremento dei contributi previdenziali e nuovi aumenti delle imposte dirette e indirette.\r\n\r\n \r\n\r\nUna manovra da 3,6 miliardi di euro di tagli a cui si somma il piano da 1,8 miliardi di euro che l'FMI vuole fare approvare al Parlamento nel caso la \u003Cmark>Grecia\u003C/mark> non raggiunga l'obiettivo di avanzo primario del 3,5% fissato per il 2018. 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Un'esperienza che il governo Samaras non poteva più tollerare: ieri mattina la polizia in assetto antisommossa ha sgomberato gli uffici occupati.\r\nUn ulteriore tassello della lotta dello Stato greco contro l'informazione dal basso e le esperienze di autogestione, capaci di eludere la propaganda di regime e insieme essere strumenti per la solidarietà e il mutuo appoggio.\r\nSul fronte delle lotte sociali l'ultimo sciopero generale del pubblico impiego, complici le violente piogge che hanno frustato le principali città greche, non ha avuto una partecipazione adeguata allo scontro in atto. Probabilmente, dopo 35 scioperi generali, la gente stremata dal duro prezzo imposto dal governo e dalla trojka.\r\nIn questi giorni si sta profilando un nuovo orizzonte di lotta, quello della casa.\r\nIn Grecia moltissimi sono prorietari della casa dove abitano. La crisi ha reso difficile pagare i mutui o le ipoteche accese per far fronte alla difficoltà quotidiane. Ipoteche concentrate nelle mani di poche banche che ne hanno fatto incetta a scopo speculativo.\r\nSinora la bomba sociale innescata da questa situazione non è scoppiata perché i governi avevano imposto una moratoria di sgomberi e sfratti, tuttavia oggi la trojka pretende di attaccare l'ultimo baluardo tra povertà e miseria, chiedendo che i debiti vengano pagati.\r\nSe ciò avvenisse le case immediatamente espropriabili sarebbero oltre 100.000. Calcolando in maniera ipotetica che solo la metà siano realmente abitate, le conseguenze sarebbero devastanti.\r\nNon meno di centocinquantamila persone si troverrebbero in strada. Non solo. Gran parte di queste case verrebbero acquistate ad un prezzo inferiore al loro valore. Gli sfrattati sarebbero ancora in debito con le banche. Un debito inesigibile.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con Gheorgo, un compagno del gruppo dei comunisti libertari di Atene.\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2013 11 08 georgo grecia","8 Novembre 2013","2018-10-17 22:59:38","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/11/8606_greece_anarchists_students__002_-thumb-200x110.jpg","Grecia. 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