","Aggiornamenti: Boicottaggio dell'istituto israeliano “TECHNION”","post",1457613039,[57,58,59,60,61,62,63],"http://radioblackout.org/tag/boicottaggio/","http://radioblackout.org/tag/call-to-action/","http://radioblackout.org/tag/israele/","http://radioblackout.org/tag/palestina/","http://radioblackout.org/tag/politecnico-di-torino/","http://radioblackout.org/tag/technion/","http://radioblackout.org/tag/universita-di-torino/",[65,26,66,67,30,16,28],"boicottaggio","Israele","palestina",{"post_content":69,"tags":75},{"matched_tokens":70,"snippet":73,"value":74},[71,72],"di","incontri","partecipa all'iniziativa con una serie \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>incontri\u003C/mark> e dibattiti; nella cornice dell'Israeli","La settimana scorsa si è tenuta la Israeli Apartheid Week, \u003Cmark>iniziativa\u003C/mark> promossa dal BDS (la campagna \u003Cmark>di\u003C/mark> Boicottaggio Disinvestimento e Sanzioni) che ogni anno coinvolge atenei e città \u003Cmark>di\u003C/mark> tutto il mondo per informare e sensibilizzare rispetto alle politiche coloniali portate avanti da Israele nei confronti dei palestinesi. Anche Torino partecipa all'iniziativa con una serie \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>incontri\u003C/mark> e dibattiti; nella cornice dell'Israeli Apartheid Week si inserisce l'assemblea studentesca che si è tenuta giovedì scorso al Campus Luigi Einaudi per discutere della cooperazione esistente fra le università italiane ed il TECHNION \u003Cmark>di\u003C/mark> Haifa (istituto \u003Cmark>di\u003C/mark> tecnologia da sempre in prima linea nello sviluppo \u003Cmark>di\u003C/mark> armi e armamenti utilizzati per portare avanti il colonialismo e l'apartheid in Palestina) e presentare l'appello \u003Cmark>di\u003C/mark> boicottaggio degli accordi lanciato da più \u003Cmark>di\u003C/mark> 320 professori in tutta italia. A due giorni dall'assemblea, però, l'ateneo torinese aveva revocato l'autorizzazione per l'uso dell'aula nella quale era previsto l'incontro, adducendo motivazioni palesemente pretestuose. \u003Cmark>Di\u003C/mark> qui la denuncia degli Studenti contro il Technion e la decisione \u003Cmark>di\u003C/mark> svolgere ugualmente l'assemblea, che si è tenuta nella main hall del Campus Einaudi. \r\nPer approfondire l'argomento e le motivazioni \u003Cmark>di\u003C/mark> questa campagna \u003Cmark>di\u003C/mark> boicottaggio il 24 febbraio abbiamo sentito Fabio uno studente del Progetto Palestina per promuovere una riunione preliminare in vista dell'assemblea pubblica del 3 marzo\r\nProgetto palestina\r\n\r\nIn merito all'assemblea del 3 marzo abbiamo sentito un ragazzo del progetto \"Studenti contro il Technion\"\r\n\r\n\r\nstudentivstechnion\r\nE infine oggi abbiamo risentito un ragazzo del progetto \"Studenti contro il Technion\" per promuovere l'incontro al Politecnico che, come è successo al Campus Einaudi la settimana scorsa è stato negato dal Rettore, ma si terrà ugualmente oggi giovedì 10 marzo, ore 17 per parlare con Enrico Bartolomei, Università \u003Cmark>di\u003C/mark> Macerata e Angelo Tartaglia, Politecnico \u003Cmark>di\u003C/mark> Torino. \r\nprogetto palestina\r\n\r\n ",[76,78,80,82,84,87,89],{"matched_tokens":77,"snippet":65},[],{"matched_tokens":79,"snippet":26},[],{"matched_tokens":81,"snippet":66},[],{"matched_tokens":83,"snippet":67},[],{"matched_tokens":85,"snippet":86},[71],"Politecnico \u003Cmark>di\u003C/mark> Torino",{"matched_tokens":88,"snippet":16},[],{"matched_tokens":90,"snippet":91},[71],"Università \u003Cmark>di\u003C/mark> Torino",[93,96],{"field":94,"matched_tokens":95,"snippet":73,"value":74},"post_content",[71,72],{"field":31,"indices":97,"matched_tokens":100,"snippets":103},[98,99],4,6,[101,102],[71],[71],[86,91],1733921019837546500,{"best_field_score":106,"best_field_weight":107,"fields_matched":108,"num_tokens_dropped":43,"score":109,"tokens_matched":35,"typo_prefix_score":43},"2216192835584",14,2,"1733921019837546610",{"document":111,"highlight":128,"highlights":134,"text_match":104,"text_match_info":137},{"cat_link":112,"category":113,"comment_count":43,"id":114,"is_sticky":43,"permalink":115,"post_author":46,"post_content":116,"post_date":117,"post_excerpt":49,"post_id":114,"post_modified":118,"post_thumbnail":119,"post_thumbnail_html":120,"post_title":121,"post_type":54,"sort_by_date":122,"tag_links":123,"tags":127},[40],[42],"47918","http://radioblackout.org/2018/06/giocosa-rivolta-autogestita-per-una-mobilita-sostenibile-massa-critica/","La massa critica è un raduno spontaneo e autogestito di centinaia di ciclisti che casualmente si incontrano periodicamente per percorrere strade, portati dalla curiosità di vedere cosa succede attraversando quei determinati viali che in quel momento li attraggono, e così li invadono, li interpretano, diventano loro il traffico e quell'altra congestione fatta di autosauri si deve adeguare alla novità. Finché la mobilità verrà ispirata alle due ruote, ribaltando il rapporto tra motori e pedali. Si ricomincia in piazza Castello alle 18 di giovedì 7 giugno\r\n\r\nLa pratica delle masse critiche periodiche nacque a San Francisco nel 1992, in Italia fu importata dieci anni dopo contemporaneamente a Milano e a Torino, dove ai primi di giugno del 2002 cinque pionieri si ritrovarono in piazza Palazzo di Città – come sfida all'istituzione che ha tra i suoi compiti agevolare la mobilità dei cittadini – per dare vita alla prima massa critica: Massimo \"Saigon\", Cristina, Enrica, Paolo Aghemo, che abbiamo chiamato ai nostri microfoni e che era stato promotore (se si può usare il termine per un ciclista inveterato) dell'idea di proporre questo flusso di bici che si mosse per la città a lungo, due volte al mese insinuandosi un po' in tutti i quartieri torinesi. Il quinto cavaliere era Giorgio Faraggiana, l'ideatore di quella targa riprodotta nell'immagine illustrativa di questa pagina.\r\n\r\nPerché abbiamo cercato Paolo per rievocare quella pagina rivoluzionaria per i ciclisti torinesi? il motivo è dato dalla resurrezione della massa critica torinese, che per iniziativa di due giovani entusiasti delle masse milanesi e della ciemmona fiorentina hanno deciso di riproporre il raduno spontaneo di ciclisti. La redazione info della radio ha pensato di mettere a disposizione i microfoni per far incontrare la massa critica di 16 anni fa attraverso la voce di Paolo con questa nuova iniziativa, ospitando negli studi Filippo e invitando tutti voi al primo appuntamento di giovedì 7 giugno in piazza Castello. E in preparazione dell'evento (dis)organizzato da Filippo potete ascoltarvi i racconti di quella che fu l'epicità degli incontri dalla voce di Paolo.\r\n\r\nMassa Critica Torino\r\n\r\n ","2 Giugno 2018","2018-06-06 11:54:48","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/06/2018-06-01_mc-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"202\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/06/2018-06-01_mc-300x202.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/06/2018-06-01_mc-300x202.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/06/2018-06-01_mc.jpg 333w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Gioiosa rivolta autogestita per una mobilità sostenibile: insomma massa critica",1527936075,[124,125,126],"http://radioblackout.org/tag/bici/","http://radioblackout.org/tag/massa-critica/","http://radioblackout.org/tag/mobilita/",[12,22,18],{"post_content":129},{"matched_tokens":130,"snippet":132,"value":133},[131,71],"iniziativa","massa critica torinese, che per \u003Cmark>iniziativa\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> due giovani entusiasti delle masse","La massa critica è un raduno spontaneo e autogestito \u003Cmark>di\u003C/mark> centinaia \u003Cmark>di\u003C/mark> ciclisti che casualmente si incontrano periodicamente per percorrere strade, portati dalla curiosità \u003Cmark>di\u003C/mark> vedere cosa succede attraversando quei determinati viali che in quel momento li attraggono, e così li invadono, li interpretano, diventano loro il traffico e quell'altra congestione fatta \u003Cmark>di\u003C/mark> autosauri si deve adeguare alla novità. 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Un buon modo per mettere a tacere preventivamente ogni voce fuori dal coro e per spostare la responsabilità del disastro dal governo ai singoli individui, isolati e atomizzati.\r\nManca tutto: mascherine, tamponi, posti letto, medici, infermieri, laboratori analisi. In questi anni i governi che si sono succeduti hanno tagliato la spesa per la sanità, favorendo gli interessi dei privati.\r\nI responsabili della diffusione del Covid 19 e della carenza di cure e prevenzione siedono sui banchi del governo.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Dario Antonelli, autore di un articolo uscito su Umanità Nova, che vi proponiamo di seguito:\r\n\r\nAscolta la diretta con Dario:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/2020-03-10-dario-la-lotta-non-va-in-quarantena.mp3\"][/audio]\r\n\r\nScarica l'audio\r\n\r\n“La solidarietà non va in quarantena\r\n\r\nNelle ultime settimane molte e molti di noi si stanno chiedendo come portare avanti l’attività politica, sindacale sociale nei contesti che viviamo. Ci siamo già trovati a prendere decisioni non facili, annullare o meno iniziative, manifestazioni, scioperi, presidi, assemblee e incontri pubblici, anche sotto la minaccia di un possibile divieto da parte delle autorità. Quello che sta succedendo può incidere significativamente sulla realtà che viviamo, di pari passo con gli effettivi rischi per la salute il processo emergenziale in corso attorno alla questione del coronavirus pone delle questioni molto importanti in termini politici.\r\n\r\nFino dalle prime notizie riguardo alla diffusione del virus in Cina i principali esponenti dei partiti che siedono in parlamento hanno iniziato a cavalcare l’emergenza, strumentalizzando la situazione. Non è una novità. È la cosiddetta “politica dell’emergenza”, il condensarsi del confronto politico attorno a questioni urgenti che dominano le testate dei giornali e danno vita agli hashtag più popolari, con sensazionalismo, con un linguaggio violento, proponendo soluzioni totali e impossibili. Il dibattito pubblico si muove di emergenza in emergenza, c’è quella del terremoto e quella della sicurezza, c’è l’emergenza freddo e quella dei rifiuti, c’è l’emergenza delle buche in strada e infine quella del coronavirus. A volte sono problemi reali a volte sono artefatti, ma non è importante, perché questi politici non vogliono certo risolvere davvero i problemi delle persone. Vogliono creare invece i temi scottanti su cui battere gli avversari e consolidare consensi. Ma attenzione, non è una questione di cialtroneria, incapacità, ignoranza, è una lotta per il potere.\r\n\r\nPerché la comunicazione spesso è solo un terreno di scontro, e l’emergenza, specie quando non è solo raccontata ma è anche formalmente riconosciuta dalla legge, come nel caso di alluvioni, terremoti, disastri e emergenze sanitarie, crea delle grandi “opportunità”. Con commissariati straordinari, appalti, consulenze, finanziamenti, snellimento delle procedure, provvedimenti fiscali, bonus, ammortizzatori sociali, si creano posizioni di potere molto appetibili sul piano economico e politico. Ogni stato di emergenza impone una maggiore concentrazione del potere, e per questo si accompagna ad un’intensificazione della lotta per il potere e la sua spartizione.\r\n\r\nProprio nelle scorse settimane c’è stato un duro scontro tra il governo centrale e le regioni guidate dal centrodestra che avevano immediatamente applicato misure drastiche. Un braccio di ferro sul piano delle competenze e dei provvedimenti che ha toccato anche aspetti costituzionali. Conte è arrivato a dire il 24 febbraio di essere pronto a togliere i poteri alle regioni in materia di sanità, possibile in casi straordinari in base all’articolo 120 della costituzione. Mentre il giorno successivo le tensioni avevano quasi fatto saltare la “cabina di regia” tra governo e regioni. In questo contesto, mentre i giornali parlavano di un possibile governo di unità nazionale Salvini-Renzi, proprio Salvini il 27 febbraio è salito al Quirinale per incontrare Mattarella e richiedere l’intervento del Presidente della Repubblica. Già il giorno dopo Renzi smentiva questa possibilità. Evidentemente era stato trovato un qualche accordo politico per affrontare questa prima fase. Questo teatrino, a colpi di dichiarazioni roboanti, provvedimenti draconiani, appelli all’unità, più che essere dettato da necessità sanitarie sembra esser mosso principalmente da esigenze politiche.\r\n\r\nDalla settimana successiva, il 4 marzo, con l’aumento effettivo dei casi e la diffusione del contagio anche fuori dalle regioni del nord Italia viene emesso un primo di una serie di decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri che hanno nell’arco di pochi giorni inasprito fortemente le restrizioni, andando ovviamente anche a toccare la libertà di manifestazione e di riunione. Il DPCM 4 marzo 2020, prevede misure restrittive valide per tutto il territorio nazionale fino al 3 aprile e tra le altre cose sospende “le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato, che comportano affollamento di persone tale da non consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro”\r\n\r\nQuesto provvedimento segue due comunicazioni della Commissione di Garanzia Sciopero che sospendono di fatto il diritto di sciopero per l’emergenza coronavirus. La prima comunicazione del 24 febbraio è un invito generale a sospendere gli scioperi dal 25 febbraio al 31 marzo che ha fatto saltare gli attesi scioperi della scuola del 6 marzo. La seconda del 28 febbraio invitava esplicitamente a sospendere gli scioperi generali convocati per il 9 marzo per le giornate globali di lotta femminista dell’8 e del 9 marzo. Si tratta di fatto di un divieto di sciopero specifico per la giornata del 9 marzo, che ha costretto gran parte dei sindacati a ritirare l’indizione, solo lo Slai Cobas ha mantenuto in piedi lo sciopero con rischio di pesanti sanzioni per l’organizzazione sindacale e gli scioperanti.\r\n\r\nNella notte tra il 7 e l’8 marzo viene emesso il DPCM 8 marzo 2020 con effetto immediato che dispone misure rigidissime. Con l’articolo 1 si estende la cosiddetta “Zona rossa” prevedendo anche il divieto di entrata e uscita e di spostamento – tranne che per emergenze e ovviamente per lavoro – all’interno del territorio dell’intera Regione Lombardia e di 14 provincie del Piemonte, dell’Emilia Romagna, del Veneto e delle Marche. Con l’articolo 2 si aumentano le misure restrittive sul territorio nazionale, vietando in modo totale le manifestazioni: “Sono sospese le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato.”\r\n\r\nTra il 9 e il 10 marzo infine è stato emesso un nuovo decreto, il DPCM 9 maro 2020, che ha esteso a tutto il territorio nazionale comprese le isole tutte le restrizioni, incluse le limitazioni agli spostamenti, ammessi solo per iderogabili e comprovati motivi di lavoro, per emergenza sanitaria e per necessità. Inoltre “su tutto il territorio nazionale è vietata ogni forma di assembramento di persone in luogo pubblico o aperto al pubblico”.\r\n\r\nSe con il DPCM 4 marzo eravamo letteralmente a un metro dalla sospensione delle libertà di riunione e manifestazione, con il potere discrezionale di questori e prefetti di vietare ogni iniziativa, con il più recente DPCM 9 marzo siamo arrivati invece al divieto totale per ogni forma di assembramento fino al 3 aprile. Una formulazione così ambigua, che impiega “assembramento” anziché “manifestazione”, lascia ampio margine di interpretazione alle autorità incaricate dell’ordine pubblico. Inoltre dopo decenni di provvedimenti antisciopero siamo giunti alla definitiva sospensione del diritto di sciopero. Questi decreti hanno avuto subito un effetto devastante, già il primo del 4 marzo, a una manciata giorni dalle manifestazioni dell’8 marzo organizzate in moltissime città dai nodi locali di NonUnaDiMeno e da altre realtà femministe aveva creato estrema confusione. In molte città di fronte a una situazione già segnata dalla paura alimentata dai media attorno all’emergenza coronavirus e dai reali timori per i rischi sanitari, che rendevano più difficile la partecipazione alle iniziative, il provvedimento del governo ha portato le assemblee locali ad annullare molte manifestazioni e momenti di piazza. In molte località comunque anche se non è stato possibile mantenere i cortei sono stati organizzati momenti di piazza rimodulati, resistendo in qualche modo ai provvedimenti e alla paura.\r\n\r\nQueste norme potrebbero cambiare già nelle prossime ore, essere ulteriormente inasprite, o essere affiancate da nuovi provvedimenti, la situazione è ancora abbastanza confusa, ad ogni modo in questo momento fino al 3 aprile sono vietate in modo arbitrario tutte le forme di manifestazione e riunione, con la giustificazione inappellabile della salute pubblica, e sono punibili tutti gli spostamenti considerati non necessari. Cosa succederà alle tante lotte territoriali, alle vertenze lavorative, alle proteste locali, alle mobilitazioni più radicali, se già queste misure hanno avuto un effetto così forte sulle manifestazioni dell’8 marzo, in una giornata di mobilitazione a livello internazionale che in questi anni ha saputo affermare una propria legittimità? Come è possibile in un simile contesto per chi deve continuare a lavorare, per chi è rinchiuso nelle carceri, per chi al di là del coronavirus deve ricorrere a cure mediche, per chi non ha casa o accesso a servizi igenici, per chi vive in alloggi malsani o precari, per tutti coloro che subiscono prepotenze e taglieggiamenti di speculatori e approfittatori, organizzarsi, far valere i propri diritti, ottenere condizioni decenti, creare forme di solidarietà? Siamo in una situazione in cui lo stato di emergenza conferisce al governo maggiore potere, in cui il Presidente della repubblica chiede “disciplina” e “responsabilità”, in cui le manifestazioni e le riunioni possono essere vietate in modo quasi arbitrario, in cui il diritto di sciopero è sospeso. È una situazione molto pericolosa.\r\n\r\nBasta pensare all’approccio militare che è stato scelto per affrontare la situazione delle carceri, le rivolte scoppiate in 27 penitenziari in tutta Italia rendono evidente che una parte della popolazione di questo paese, quasi 61000 persone vivono costretti in condizioni di sovraffollamento e igieniche disastrose. Per questo chiedono in questa situazione una cosa sola, libertà, attraverso un indulto o un amnistia. Per ora lo Stato ha risposto con i reparti antisommossa, i famigerati GOM, e con l’esercito. Ci sono al momento 11 morti tra i carcerati tra Modena e Rieti, per cause ancora da accertare, ma su cui appare evidente la responsabilità dello Stato e dei suoi apparati. Fuori dalle carceri c’erano anche familiari dei detenuti e realtà solidali, queste semplici presenze per i decreti di emergenza del governo possono essere considerate illegali.\r\n\r\nÈ bene notare che fin dalle prime settimane dell’emergenza si è iniziato a parlare di recessione, di crisi economica. In effetti molti settori produttivi in Italia e nel mondo sono colpiti dalle conseguenze dell’emergenza coronavirus, ed ora alcuni amministratori locali propongono un arresto temporaneo delle attività produttive. Ma sappiamo bene cosa significa il ritornello della recessione per milioni di lavoratrici e lavoratori sia precari che “garantiti”, sono già partiti dei licenziamenti, molti contratti a termine non saranno rinnovati, chi lavora a prestazione o in nero non percepisce stipendio, si richiedono sacrifici, si impongono le ferie, quando va bene c’è la cassa integrazione. Ma non è tutto, c’è chi già si sfrega le mani e vorrebbe cogliere l’occasione per intervenire più in profondità sui rapporti di lavoro, con “sperimentazioni” volte a restringere diritti e libertà di chi lavora. In un articolo di Repubblica del 24 febbraio, Mariano Corso responsabile dell'Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano afferma: “oltre al coronavirus, bisogna anche debellare un virus che è la nostra incapacità di lavorare in maniera efficiente, superando il pensiero che solo la presenza in ufficio sia garanzia di risultato”. Se da una parte quindi sono sospesi scioperi e manifestazioni non sono certo sospesi i licenziamenti né si frenano le pretese dei manager. Anzi loro possono dire che “Milano non si ferma” mentre chiedono altri soldi pubblici e lasciano a casa qualche migliaio di precari.\r\n\r\nFu proprio con lo stesso ritornello della recessione che meno di dieci anni fa il Governo guidato da Monti decise uno dei più pesanti tagli degli ultimi decenni ai finanziamenti per la sanità pubblica, e in 10 anni sono stato sottratti al Servizio Sanitario Nazionale 37 miliardi di euro. C’è il concreto rischio che la crisi economica legata all’emergenza coronavirus porti a una nuova stagione di “sacrifici”.\r\n\r\nQuando ci chiedono di essere responsabili di fare un passo indietro in nome della responsabilità collettiva ci prendono solo in giro. Chi è responsabile dello smantellamento della sanità pubblica che oltre a eliminare molte delle strutture incaricate della prevenzione, ha drasticamente ridotto i posti letto negli ospedali, e addirittura portato alla chiusura di distretti sanitari e presidi ospedalieri? Chi è responsabile della diffusione di malattie respiratorie causate dal grave inquinamento dell’aria, dalle produzioni nocive e da condizioni di vita e di lavoro malsane? Chi è responsabile del fatto che molte persone considerabili a rischio per il coronavirus sono ancora costrette a lavorare e non possono andare in pensione?\r\n\r\nSono le istituzioni, i partiti e gli industriali che hanno distrutto il nostro servizio sanitario, che hanno provocato l’aumento di malattie respiratorie croniche, che ci tengono nella disoccupazione o inchiodati al lavoro fino alla vecchiaia, sono loro che adesso ci chiedono di essere responsabili, di fare altri sacrifici e di non protestare.\r\n\r\nUn altro aspetto di questa emergenza da considerare è la traccia che lascerà nella società. Improvvisamente un paese come l’Italia si è trovato immerso in un clima “di guerra”. Non solo e non tanto per la militarizzazione delle aree sottoposte a quarantena ma per la martellante comunicazione politica e mediatica che ha tenuto banco sin dai primi giorni e che ha polarizzato l’attenzione su tutto il territorio del paese. I bollettini quotidiani che alla sera presentavano il conto dei morti, dei contagiati e dei guariti della giornata sono diventati presto una routine, accompagnati dalle notizie sui provvedimenti del governo e dagli appelli alla disciplina, al rispetto delle raccomandazioni igieniche, alla responsabilità, dai numeri di telefono tramite i quali segnalare possibili casi. Se alcune implicazioni di questo periodo si vedranno solo più avanti, altre sono già evidenti. In questo contesto lo Stato sembra essere l’unico garante della salute pubblica, contro il contagio, contro la morte, contro il caos. Questa immagine viene ancora più enfatizzata da chi esalta il modello cinese, o rispolvera addirittura Hobbes per richiamare alla necessità se non di una dittatura quantomeno di uno Stato forte come unica soluzione. In realtà lo Stato ha presieduto allo smantellamento della struttura sanitaria pubblica e per sua natura si preoccupa più di soddisfare le richieste degli industriali e dei grandi proprietari che di tutelare la salute dei cittadini. Inoltre al di là della questione dell’effettiva efficacia dei provvedimenti restrittivi finalizzati a limitare il contagio, su cui non ho alcuna competenza per esprimermi, l’approccio autoritario condotto con provvedimenti drastici applicati ciecamente e acriticamente può risultare disastroso in caso di errori di valutazione. Al contempo il ritornello “state chiusi in casa che ci pensiamo noi” attiva un processo di deresponsabilizzazione e infantilizzazione nella società molto pericoloso. Il senso di impotenza e impossibilità di incidere di fronte all’emergenza fa trascurare l’importanza delle scelte e delle iniziative individuali e collettive dal basso. Questi provvedimenti possono contribuire a disgregare ulteriormente il tessuto sociale, demolendo ogni forma di autodifesa individuale e collettiva, facendo perdere ogni fiducia nella capacità di reazione a livello sociale. L’autoritarismo non può sostituire la solidarietà, la consapevolezza, la responsabilità individuale, il confronto collettivo che in queste situazioni possono rappresentare delle indispensabili forme di prevenzione. Basti pensare al fatto che possono essere considerate illegali anche le forme di autorganizzazione che in molte città stanno emergendo, quali forme di solidarietà per la consegna dei generi alimentari, per il sostegno a chi perde il lavoro o non riceve lo stipendio, o altre attività semplici ma importanti per la sopravvivenza.\r\n\r\nLa responsabilità che preme in questo momento non è quella di attendere, disciplinatamente, chiusi in sé stessi, che il governo risolva tutto, andando magari comunque a lavoro perché la recessione è dietro l’angolo. Ma è quella di tenere vive e rafforzare le reti di solidarietà in modo che possano essere strumenti per tutti gli sfruttati e gli oppressi in questo contesto, a livello sanitario, sociale e politico.\r\n\r\nÈ bene quindi confrontarsi e riflettere sulla situazione, sia per saper affrontare collettivamente, consapevolmente e in modo solidale il rischio sanitario, sia per impedire che approfittando dell’emergenza venga veramente silenziata ogni forma di opposizione di piazza e ogni forma di attività sindacale. In una fase come questa è importante riaffermare la libertà di sciopero, di manifestazione e di riunione contro i provvedimenti repressivi del governo. Perché è importante, senza trascurare i rischi sanitari, mantenere gli spazi di libertà e agibilità politica, e rafforzare le reti di solidarietà e mutuo appoggio esistenti. Anche per evitare che quando tutto questo sarà finito non ci aspetti una realtà peggiore del virus stesso.”","10 Marzo 2020","2020-03-10 15:59:28","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/solidarietà-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"185\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/solidarietà-300x185.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/solidarietà-300x185.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/solidarietà-1024x633.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/solidarietà-768x475.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/solidarietà-1536x950.jpg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/solidarietà.jpg 1577w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","La solidarietà non va in quarantena",1583855968,[153,154,155,156,157,158],"http://radioblackout.org/tag/autogestione/","http://radioblackout.org/tag/covid-19/","http://radioblackout.org/tag/militarizzazione/","http://radioblackout.org/tag/mutuo-appoggio/","http://radioblackout.org/tag/salute/","http://radioblackout.org/tag/solidarieta/",[20,14,160,24,161,162],"militarizzazione","salute","solidarietà",{"post_content":164},{"matched_tokens":165,"snippet":166,"value":167},[71,71,131],"discrezionale \u003Cmark>di\u003C/mark> questori e prefetti \u003Cmark>di\u003C/mark> vietare ogni \u003Cmark>iniziativa\u003C/mark>, con il più recente DPCM","Lo Stato italiano prova a convincerci che rinunciare ad ogni libertà ci salverà dall’epidemia. Un buon modo per mettere a tacere preventivamente ogni voce fuori dal coro e per spostare la responsabilità del disastro dal governo ai singoli individui, isolati e atomizzati.\r\nManca tutto: mascherine, tamponi, posti letto, medici, infermieri, laboratori analisi. In questi anni i governi che si sono succeduti hanno tagliato la spesa per la sanità, favorendo gli interessi dei privati.\r\nI responsabili della diffusione del Covid 19 e della carenza \u003Cmark>di\u003C/mark> cure e prevenzione siedono sui banchi del governo.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Dario Antonelli, autore \u003Cmark>di\u003C/mark> un articolo uscito su Umanità Nova, che vi proponiamo \u003Cmark>di\u003C/mark> seguito:\r\n\r\nAscolta la diretta con Dario:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/2020-03-10-dario-la-lotta-non-va-in-quarantena.mp3\"][/audio]\r\n\r\nScarica l'audio\r\n\r\n“La solidarietà non va in quarantena\r\n\r\nNelle ultime settimane molte e molti \u003Cmark>di\u003C/mark> noi si stanno chiedendo come portare avanti l’attività politica, sindacale sociale nei contesti che viviamo. Ci siamo già trovati a prendere decisioni non facili, annullare o meno iniziative, manifestazioni, scioperi, presidi, assemblee e \u003Cmark>incontri\u003C/mark> pubblici, anche sotto la minaccia \u003Cmark>di\u003C/mark> un possibile divieto da parte delle autorità. Quello che sta succedendo può incidere significativamente sulla realtà che viviamo, \u003Cmark>di\u003C/mark> pari passo con gli effettivi rischi per la salute il processo emergenziale in corso attorno alla questione del coronavirus pone delle questioni molto importanti in termini politici.\r\n\r\nFino dalle prime notizie riguardo alla diffusione del virus in Cina i principali esponenti dei partiti che siedono in parlamento hanno iniziato a cavalcare l’emergenza, strumentalizzando la situazione. Non è una novità. È la cosiddetta “politica dell’emergenza”, il condensarsi del confronto politico attorno a questioni urgenti che dominano le testate dei giornali e danno vita agli hashtag più popolari, con sensazionalismo, con un linguaggio violento, proponendo soluzioni totali e impossibili. Il dibattito pubblico si muove \u003Cmark>di\u003C/mark> emergenza in emergenza, c’è quella del terremoto e quella della sicurezza, c’è l’emergenza freddo e quella dei rifiuti, c’è l’emergenza delle buche in strada e infine quella del coronavirus. A volte sono problemi reali a volte sono artefatti, ma non è importante, perché questi politici non vogliono certo risolvere davvero i problemi delle persone. Vogliono creare invece i temi scottanti su cui battere gli avversari e consolidare consensi. Ma attenzione, non è una questione \u003Cmark>di\u003C/mark> cialtroneria, incapacità, ignoranza, è una lotta per il potere.\r\n\r\nPerché la comunicazione spesso è solo un terreno \u003Cmark>di\u003C/mark> scontro, e l’emergenza, specie quando non è solo raccontata ma è anche formalmente riconosciuta dalla legge, come nel caso \u003Cmark>di\u003C/mark> alluvioni, terremoti, disastri e emergenze sanitarie, crea delle grandi “opportunità”. Con commissariati straordinari, appalti, consulenze, finanziamenti, snellimento delle procedure, provvedimenti fiscali, bonus, ammortizzatori sociali, si creano posizioni \u003Cmark>di\u003C/mark> potere molto appetibili sul piano economico e politico. Ogni stato \u003Cmark>di\u003C/mark> emergenza impone una maggiore concentrazione del potere, e per questo si accompagna ad un’intensificazione della lotta per il potere e la sua spartizione.\r\n\r\nProprio nelle scorse settimane c’è stato un duro scontro tra il governo centrale e le regioni guidate dal centrodestra che avevano immediatamente applicato misure drastiche. Un braccio \u003Cmark>di\u003C/mark> ferro sul piano delle competenze e dei provvedimenti che ha toccato anche aspetti costituzionali. Conte è arrivato a dire il 24 febbraio \u003Cmark>di\u003C/mark> essere pronto a togliere i poteri alle regioni in materia \u003Cmark>di\u003C/mark> sanità, possibile in casi straordinari in base all’articolo 120 della costituzione. Mentre il giorno successivo le tensioni avevano quasi fatto saltare la “cabina \u003Cmark>di\u003C/mark> regia” tra governo e regioni. In questo contesto, mentre i giornali parlavano \u003Cmark>di\u003C/mark> un possibile governo \u003Cmark>di\u003C/mark> unità nazionale Salvini-Renzi, proprio Salvini il 27 febbraio è salito al Quirinale per incontrare Mattarella e richiedere l’intervento del Presidente della Repubblica. Già il giorno dopo Renzi smentiva questa possibilità. Evidentemente era stato trovato un qualche accordo politico per affrontare questa prima fase. Questo teatrino, a colpi \u003Cmark>di\u003C/mark> dichiarazioni roboanti, provvedimenti draconiani, appelli all’unità, più che essere dettato da necessità sanitarie sembra esser mosso principalmente da esigenze politiche.\r\n\r\nDalla settimana successiva, il 4 marzo, con l’aumento effettivo dei casi e la diffusione del contagio anche fuori dalle regioni del nord Italia viene emesso un primo \u003Cmark>di\u003C/mark> una serie \u003Cmark>di\u003C/mark> decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri che hanno nell’arco \u003Cmark>di\u003C/mark> pochi giorni inasprito fortemente le restrizioni, andando ovviamente anche a toccare la libertà \u003Cmark>di\u003C/mark> manifestazione e \u003Cmark>di\u003C/mark> riunione. Il DPCM 4 marzo 2020, prevede misure restrittive valide per tutto il territorio nazionale fino al 3 aprile e tra le altre cose sospende “le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli \u003Cmark>di\u003C/mark> qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato, che comportano affollamento \u003Cmark>di\u003C/mark> persone tale da non consentire il rispetto della distanza \u003Cmark>di\u003C/mark> sicurezza interpersonale \u003Cmark>di\u003C/mark> almeno un metro”\r\n\r\nQuesto provvedimento segue due comunicazioni della Commissione \u003Cmark>di\u003C/mark> Garanzia Sciopero che sospendono \u003Cmark>di\u003C/mark> fatto il diritto \u003Cmark>di\u003C/mark> sciopero per l’emergenza coronavirus. La prima comunicazione del 24 febbraio è un invito generale a sospendere gli scioperi dal 25 febbraio al 31 marzo che ha fatto saltare gli attesi scioperi della scuola del 6 marzo. La seconda del 28 febbraio invitava esplicitamente a sospendere gli scioperi generali convocati per il 9 marzo per le giornate globali \u003Cmark>di\u003C/mark> lotta femminista dell’8 e del 9 marzo. Si tratta \u003Cmark>di\u003C/mark> fatto \u003Cmark>di\u003C/mark> un divieto \u003Cmark>di\u003C/mark> sciopero specifico per la giornata del 9 marzo, che ha costretto gran parte dei sindacati a ritirare l’indizione, solo lo Slai Cobas ha mantenuto in piedi lo sciopero con rischio \u003Cmark>di\u003C/mark> pesanti sanzioni per l’organizzazione sindacale e gli scioperanti.\r\n\r\nNella notte tra il 7 e l’8 marzo viene emesso il DPCM 8 marzo 2020 con effetto immediato che dispone misure rigidissime. Con l’articolo 1 si estende la cosiddetta “Zona rossa” prevedendo anche il divieto \u003Cmark>di\u003C/mark> entrata e uscita e \u003Cmark>di\u003C/mark> spostamento – tranne che per emergenze e ovviamente per lavoro – all’interno del territorio dell’intera Regione Lombardia e \u003Cmark>di\u003C/mark> 14 provincie del Piemonte, dell’Emilia Romagna, del Veneto e delle Marche. Con l’articolo 2 si aumentano le misure restrittive sul territorio nazionale, vietando in modo totale le manifestazioni: “Sono sospese le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli \u003Cmark>di\u003C/mark> qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato.”\r\n\r\nTra il 9 e il 10 marzo infine è stato emesso un nuovo decreto, il DPCM 9 maro 2020, che ha esteso a tutto il territorio nazionale comprese le isole tutte le restrizioni, incluse le limitazioni agli spostamenti, ammessi solo per iderogabili e comprovati motivi \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro, per emergenza sanitaria e per necessità. Inoltre “su tutto il territorio nazionale è vietata ogni forma \u003Cmark>di\u003C/mark> assembramento \u003Cmark>di\u003C/mark> persone in luogo pubblico o aperto al pubblico”.\r\n\r\nSe con il DPCM 4 marzo eravamo letteralmente a un metro dalla sospensione delle libertà \u003Cmark>di\u003C/mark> riunione e manifestazione, con il potere discrezionale \u003Cmark>di\u003C/mark> questori e prefetti \u003Cmark>di\u003C/mark> vietare ogni \u003Cmark>iniziativa\u003C/mark>, con il più recente DPCM 9 marzo siamo arrivati invece al divieto totale per ogni forma \u003Cmark>di\u003C/mark> assembramento fino al 3 aprile. Una formulazione così ambigua, che impiega “assembramento” anziché “manifestazione”, lascia ampio margine \u003Cmark>di\u003C/mark> interpretazione alle autorità incaricate dell’ordine pubblico. Inoltre dopo decenni \u003Cmark>di\u003C/mark> provvedimenti antisciopero siamo giunti alla definitiva sospensione del diritto \u003Cmark>di\u003C/mark> sciopero. Questi decreti hanno avuto subito un effetto devastante, già il primo del 4 marzo, a una manciata giorni dalle manifestazioni dell’8 marzo organizzate in moltissime città dai nodi locali \u003Cmark>di\u003C/mark> NonUnaDiMeno e da altre realtà femministe aveva creato estrema confusione. In molte città \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte a una situazione già segnata dalla paura alimentata dai media attorno all’emergenza coronavirus e dai reali timori per i rischi sanitari, che rendevano più difficile la partecipazione alle iniziative, il provvedimento del governo ha portato le assemblee locali ad annullare molte manifestazioni e momenti \u003Cmark>di\u003C/mark> piazza. In molte località comunque anche se non è stato possibile mantenere i cortei sono stati organizzati momenti \u003Cmark>di\u003C/mark> piazza rimodulati, resistendo in qualche modo ai provvedimenti e alla paura.\r\n\r\nQueste norme potrebbero cambiare già nelle prossime ore, essere ulteriormente inasprite, o essere affiancate da nuovi provvedimenti, la situazione è ancora abbastanza confusa, ad ogni modo in questo momento fino al 3 aprile sono vietate in modo arbitrario tutte le forme \u003Cmark>di\u003C/mark> manifestazione e riunione, con la giustificazione inappellabile della salute pubblica, e sono punibili tutti gli spostamenti considerati non necessari. Cosa succederà alle tante lotte territoriali, alle vertenze lavorative, alle proteste locali, alle mobilitazioni più radicali, se già queste misure hanno avuto un effetto così forte sulle manifestazioni dell’8 marzo, in una giornata \u003Cmark>di\u003C/mark> mobilitazione a livello internazionale che in questi anni ha saputo affermare una propria legittimità? Come è possibile in un simile contesto per chi deve continuare a lavorare, per chi è rinchiuso nelle carceri, per chi al \u003Cmark>di\u003C/mark> là del coronavirus deve ricorrere a cure mediche, per chi non ha casa o accesso a servizi igenici, per chi vive in alloggi malsani o precari, per tutti coloro che subiscono prepotenze e taglieggiamenti \u003Cmark>di\u003C/mark> speculatori e approfittatori, organizzarsi, far valere i propri diritti, ottenere condizioni decenti, creare forme \u003Cmark>di\u003C/mark> solidarietà? Siamo in una situazione in cui lo stato \u003Cmark>di\u003C/mark> emergenza conferisce al governo maggiore potere, in cui il Presidente della repubblica chiede “disciplina” e “responsabilità”, in cui le manifestazioni e le riunioni possono essere vietate in modo quasi arbitrario, in cui il diritto \u003Cmark>di\u003C/mark> sciopero è sospeso. È una situazione molto pericolosa.\r\n\r\nBasta pensare all’approccio militare che è stato scelto per affrontare la situazione delle carceri, le rivolte scoppiate in 27 penitenziari in tutta Italia rendono evidente che una parte della popolazione \u003Cmark>di\u003C/mark> questo paese, quasi 61000 persone vivono costretti in condizioni \u003Cmark>di\u003C/mark> sovraffollamento e igieniche disastrose. Per questo chiedono in questa situazione una cosa sola, libertà, attraverso un indulto o un amnistia. Per ora lo Stato ha risposto con i reparti antisommossa, i famigerati GOM, e con l’esercito. Ci sono al momento 11 morti tra i carcerati tra Modena e Rieti, per cause ancora da accertare, ma su cui appare evidente la responsabilità dello Stato e dei suoi apparati. Fuori dalle carceri c’erano anche familiari dei detenuti e realtà solidali, queste semplici presenze per i decreti \u003Cmark>di\u003C/mark> emergenza del governo possono essere considerate illegali.\r\n\r\nÈ bene notare che fin dalle prime settimane dell’emergenza si è iniziato a parlare \u003Cmark>di\u003C/mark> recessione, \u003Cmark>di\u003C/mark> crisi economica. In effetti molti settori produttivi in Italia e nel mondo sono colpiti dalle conseguenze dell’emergenza coronavirus, ed ora alcuni amministratori locali propongono un arresto temporaneo delle attività produttive. Ma sappiamo bene cosa significa il ritornello della recessione per milioni \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoratrici e lavoratori sia precari che “garantiti”, sono già partiti dei licenziamenti, molti contratti a termine non saranno rinnovati, chi lavora a prestazione o in nero non percepisce stipendio, si richiedono sacrifici, si impongono le ferie, quando va bene c’è la cassa integrazione. Ma non è tutto, c’è chi già si sfrega le mani e vorrebbe cogliere l’occasione per intervenire più in profondità sui rapporti \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro, con “sperimentazioni” volte a restringere diritti e libertà \u003Cmark>di\u003C/mark> chi lavora. In un articolo \u003Cmark>di\u003C/mark> Repubblica del 24 febbraio, Mariano Corso responsabile dell'Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico \u003Cmark>di\u003C/mark> Milano afferma: “oltre al coronavirus, bisogna anche debellare un virus che è la nostra incapacità \u003Cmark>di\u003C/mark> lavorare in maniera efficiente, superando il pensiero che solo la presenza in ufficio sia garanzia \u003Cmark>di\u003C/mark> risultato”. Se da una parte quindi sono sospesi scioperi e manifestazioni non sono certo sospesi i licenziamenti né si frenano le pretese dei manager. Anzi loro possono dire che “Milano non si ferma” mentre chiedono altri soldi pubblici e lasciano a casa qualche migliaio \u003Cmark>di\u003C/mark> precari.\r\n\r\nFu proprio con lo stesso ritornello della recessione che meno \u003Cmark>di\u003C/mark> dieci anni fa il Governo guidato da Monti decise uno dei più pesanti tagli degli ultimi decenni ai finanziamenti per la sanità pubblica, e in 10 anni sono stato sottratti al Servizio Sanitario Nazionale 37 miliardi \u003Cmark>di\u003C/mark> euro. C’è il concreto rischio che la crisi economica legata all’emergenza coronavirus porti a una nuova stagione \u003Cmark>di\u003C/mark> “sacrifici”.\r\n\r\nQuando ci chiedono \u003Cmark>di\u003C/mark> essere responsabili \u003Cmark>di\u003C/mark> fare un passo indietro in nome della responsabilità collettiva ci prendono solo in giro. Chi è responsabile dello smantellamento della sanità pubblica che oltre a eliminare molte delle strutture incaricate della prevenzione, ha drasticamente ridotto i posti letto negli ospedali, e addirittura portato alla chiusura \u003Cmark>di\u003C/mark> distretti sanitari e presidi ospedalieri? Chi è responsabile della diffusione \u003Cmark>di\u003C/mark> malattie respiratorie causate dal grave inquinamento dell’aria, dalle produzioni nocive e da condizioni \u003Cmark>di\u003C/mark> vita e \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro malsane? Chi è responsabile del fatto che molte persone considerabili a rischio per il coronavirus sono ancora costrette a lavorare e non possono andare in pensione?\r\n\r\nSono le istituzioni, i partiti e gli industriali che hanno distrutto il nostro servizio sanitario, che hanno provocato l’aumento \u003Cmark>di\u003C/mark> malattie respiratorie croniche, che ci tengono nella disoccupazione o inchiodati al lavoro fino alla vecchiaia, sono loro che adesso ci chiedono \u003Cmark>di\u003C/mark> essere responsabili, \u003Cmark>di\u003C/mark> fare altri sacrifici e \u003Cmark>di\u003C/mark> non protestare.\r\n\r\nUn altro aspetto \u003Cmark>di\u003C/mark> questa emergenza da considerare è la traccia che lascerà nella società. Improvvisamente un paese come l’Italia si è trovato immerso in un clima “\u003Cmark>di\u003C/mark> guerra”. Non solo e non tanto per la militarizzazione delle aree sottoposte a quarantena ma per la martellante comunicazione politica e mediatica che ha tenuto banco sin dai primi giorni e che ha polarizzato l’attenzione su tutto il territorio del paese. I bollettini quotidiani che alla sera presentavano il conto dei morti, dei contagiati e dei guariti della giornata sono diventati presto una routine, accompagnati dalle notizie sui provvedimenti del governo e dagli appelli alla disciplina, al rispetto delle raccomandazioni igieniche, alla responsabilità, dai numeri \u003Cmark>di\u003C/mark> telefono tramite i quali segnalare possibili casi. Se alcune implicazioni \u003Cmark>di\u003C/mark> questo periodo si vedranno solo più avanti, altre sono già evidenti. In questo contesto lo Stato sembra essere l’unico garante della salute pubblica, contro il contagio, contro la morte, contro il caos. Questa immagine viene ancora più enfatizzata da chi esalta il modello cinese, o rispolvera addirittura Hobbes per richiamare alla necessità se non \u003Cmark>di\u003C/mark> una dittatura quantomeno \u003Cmark>di\u003C/mark> uno Stato forte come unica soluzione. In realtà lo Stato ha presieduto allo smantellamento della struttura sanitaria pubblica e per sua natura si preoccupa più \u003Cmark>di\u003C/mark> soddisfare le richieste degli industriali e dei grandi proprietari che \u003Cmark>di\u003C/mark> tutelare la salute dei cittadini. Inoltre al \u003Cmark>di\u003C/mark> là della questione dell’effettiva efficacia dei provvedimenti restrittivi finalizzati a limitare il contagio, su cui non ho alcuna competenza per esprimermi, l’approccio autoritario condotto con provvedimenti drastici applicati ciecamente e acriticamente può risultare disastroso in caso \u003Cmark>di\u003C/mark> errori \u003Cmark>di\u003C/mark> valutazione. Al contempo il ritornello “state chiusi in casa che ci pensiamo noi” attiva un processo \u003Cmark>di\u003C/mark> deresponsabilizzazione e infantilizzazione nella società molto pericoloso. Il senso \u003Cmark>di\u003C/mark> impotenza e impossibilità \u003Cmark>di\u003C/mark> incidere \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte all’emergenza fa trascurare l’importanza delle scelte e delle iniziative individuali e collettive dal basso. Questi provvedimenti possono contribuire a disgregare ulteriormente il tessuto sociale, demolendo ogni forma \u003Cmark>di\u003C/mark> autodifesa individuale e collettiva, facendo perdere ogni fiducia nella capacità \u003Cmark>di\u003C/mark> reazione a livello sociale. L’autoritarismo non può sostituire la solidarietà, la consapevolezza, la responsabilità individuale, il confronto collettivo che in queste situazioni possono rappresentare delle indispensabili forme \u003Cmark>di\u003C/mark> prevenzione. Basti pensare al fatto che possono essere considerate illegali anche le forme \u003Cmark>di\u003C/mark> autorganizzazione che in molte città stanno emergendo, quali forme \u003Cmark>di\u003C/mark> solidarietà per la consegna dei generi alimentari, per il sostegno a chi perde il lavoro o non riceve lo stipendio, o altre attività semplici ma importanti per la sopravvivenza.\r\n\r\nLa responsabilità che preme in questo momento non è quella \u003Cmark>di\u003C/mark> attendere, disciplinatamente, chiusi in sé stessi, che il governo risolva tutto, andando magari comunque a lavoro perché la recessione è dietro l’angolo. Ma è quella \u003Cmark>di\u003C/mark> tenere vive e rafforzare le reti \u003Cmark>di\u003C/mark> solidarietà in modo che possano essere strumenti per tutti gli sfruttati e gli oppressi in questo contesto, a livello sanitario, sociale e politico.\r\n\r\nÈ bene quindi confrontarsi e riflettere sulla situazione, sia per saper affrontare collettivamente, consapevolmente e in modo solidale il rischio sanitario, sia per impedire che approfittando dell’emergenza venga veramente silenziata ogni forma \u003Cmark>di\u003C/mark> opposizione \u003Cmark>di\u003C/mark> piazza e ogni forma \u003Cmark>di\u003C/mark> attività sindacale. In una fase come questa è importante riaffermare la libertà \u003Cmark>di\u003C/mark> sciopero, \u003Cmark>di\u003C/mark> manifestazione e \u003Cmark>di\u003C/mark> riunione contro i provvedimenti repressivi del governo. Perché è importante, senza trascurare i rischi sanitari, mantenere gli spazi \u003Cmark>di\u003C/mark> libertà e agibilità politica, e rafforzare le reti \u003Cmark>di\u003C/mark> solidarietà e mutuo appoggio esistenti. Anche per evitare che quando tutto questo sarà finito non ci aspetti una realtà peggiore del virus stesso.”",[169],{"field":94,"matched_tokens":170,"snippet":166,"value":167},[71,71,131],1733921019569111000,{"best_field_score":173,"best_field_weight":107,"fields_matched":11,"num_tokens_dropped":43,"score":174,"tokens_matched":35,"typo_prefix_score":43},"2216192704512","1733921019569111153",6671,{"collection_name":54,"first_q":177,"per_page":99,"q":177},"iniziativa di incontri",11,{"facet_counts":180,"found":108,"hits":213,"out_of":1111,"page":11,"request_params":1112,"search_cutoff":32,"search_time_ms":1113},[181,189],{"counts":182,"field_name":187,"sampled":32,"stats":188},[183,185],{"count":11,"highlighted":184,"value":184},"ponte radio",{"count":11,"highlighted":186,"value":186},"stakka stakka","podcastfilter",{"total_values":108},{"counts":190,"field_name":31,"sampled":32,"stats":211},[191,193,195,197,199,201,203,205,207,209],{"count":11,"highlighted":192,"value":192},"Vij",{"count":11,"highlighted":194,"value":194},"warfuck",{"count":11,"highlighted":196,"value":196},"the fall",{"count":11,"highlighted":198,"value":198},"Television",{"count":11,"highlighted":200,"value":200},"Stinky Toys",{"count":11,"highlighted":202,"value":202},"Stigmatized",{"count":11,"highlighted":204,"value":204},"Sozial Ekel",{"count":11,"highlighted":206,"value":206},"Semiratruth",{"count":11,"highlighted":208,"value":208},"storia moviment",{"count":11,"highlighted":210,"value":210},"storia della tecnologia",{"total_values":212},210,[214,1085],{"document":215,"highlight":637,"highlights":1066,"text_match":1080,"text_match_info":1081},{"comment_count":43,"id":216,"is_sticky":43,"permalink":217,"podcastfilter":218,"post_author":219,"post_content":220,"post_date":221,"post_excerpt":49,"post_id":216,"post_modified":222,"post_thumbnail":223,"post_title":224,"post_type":225,"sort_by_date":226,"tag_links":227,"tags":438},"98458","http://radioblackout.org/podcast/black-holes-dal-9-al-15-maggio-2025/",[184],"harraga"," \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nLunedì 09 ore 21,00 – ENI greenwashing 31 minuti [Radio Cane]:\r\n\r\nCosa ci fanno gli esperti dell’Ente Nazionale Idrocarburi in cattedra a parlare di ambiente? E come è cambiato il modo in cui i grandi trafficanti di gas e petrolio si raccontano? Se un tempo dire “essere al verde” era come dire “non avere un soldo”, oggi invece il colore “green” attira enormi fiumi di denaro. Per metterci sopra le mani, o le zampe, occorre però cambiare abito e ritinteggiarsi il pelo, attraverso un’articolata campagna di “greenwashing”, senza per questo perdere il vizio, cioè ad esempio continuando, com’è il caso del Cane a Sei Zampe, ad estrarre fonti fossili ai quattro angoli del pianeta.\r\nAndrea Turco, coautore del dossier “Follow the green. La narrazione di Eni alla prova dei fatti”, ci accompagna nel fiabesco mondo della comunicazione targata Eni, ci racconta delle mire del Cane a Sei Zampe sui fondi europei per la transizione ecologica, e ci mette in guardia rispetto al progetto di stoccaggio di gas inquinanti al largo di Ravenna. L’impressione generale è quella d trovarsi di fronte ad una spaventosa visione “circolare” dell’economia che, più che ad una rivoluzione verde, somiglia ad una spirale senza uscita.\r\n\r\n \r\n\r\nLunedì 09 ore 21,30 – Woodstown: racconto horror di A. Daudet 14 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nRacconto horror del diciannovesimo secolo, ambientato in oscure foreste che si ribellano verso gli umani che le vogliono distruggere o controllare\r\n\r\n \r\n\r\nMercoledì 11 ore 08,30 – Do you remember revolution? pt. 2 31 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nRivisitazione Radiofonica del documentario di Loredana Bianconi del 1997\r\n“Do You Remember Revolution”\r\n\r\nBarbara Balzerani, Adriana Faranda, Nadia Mantovani, Susanna Ronconi, avevano vent’anni quando decisero di unirsi alla lotta armata e di lasciare alle spalle la vita sociale e la famiglia per fare della rivoluzione il centro e lo scopo della loro esistenza.\r\nPrendono qui parola, dopo lunghi anni di carcerazione, per raccontare e raccontarsi, partendo da dove tutto ha avuto inizio, interrogando e indagando responsabilità, torti e ragioni dell’ultimo grande conflitto sociale nella storia di questo Paese.\r\n\r\nDedicato alla Memoria di Barbara Balzerani (1949-2024)\r\n\r\n \r\n\r\nMercoledì 11 ore 16,30 – Intervista ad Andrea Borgnino sul futuro della radio 43 minuti [Radio Blackout, Stakka stakka]: Abbiamo avuto come redazione di Stakka stkka il piacere di fare una lunga discussione in studio con Andrea Borgnino, che cura la rubrica Interferenze per Radio3 Mondo, sul futuro della radio e il suo valore in contesti sensibili, come crisi umanitarie e conflitti.\r\nediting e mastering a cura di arsider\r\nplaylist from: dj subumano library archives\r\n\r\n \r\n\r\nGiovedì 12 ore 08,30 – Podcast Franti pt.2 36 minuti [Franti]:\r\n\r\nIl podcast che vi apprestate ad ascoltare prende le sue mosse dalla necessità di riattivare un ragionamento collettivo che tenga conto dell’attuale situazione in cui versa la scuola italiana, alla luce del turbine di eventi alla cui manifestazione abbiamo assistito negli ultimi anni, a partire dalla pandemia fino allo scoppio di nuove terribili guerre.\r\n\r\nQuesto esperimento porterà a contatto diverse generazioni di professori e di studenti, impegnati tutti nel difficile compito di ristabilire una egemonia del discorso e della prassi rivoluzionari – a partire anche dall’interrogarsi sul senso di parole come questa – nella scuola.\r\n\r\nEsso è frutto di un lavoro collettivo, e per il collettivo questo lavoro è pensato e svolto: per gli studenti, i docenti e gli educatori, e tutti coloro che gravitano attorno al mondo della scuola, che credono ancora nella possibilità di quello che il situazionista Raoul Vaneigem chiamava “rovesciamento di prospettiva”.\r\n\r\nLe puntate sono tutte registrate nei locali dell’Archivio Moroni e del Centro Sociale di via Conchetta 18, a Milano.\r\n\r\n \r\n\r\nGiovedì 12 ore 11,30 – La Casa Del Disastro! Je suis Punk! Breve storia delle origini del punk in Francia 53 minuti [La Casa del disastro!, Radio Onda D'urto]:\r\n\r\nBreve storia sulle origini del punk in Francia con musiche di BULDOZER, LOU REED, NEW YORK DOLLS, TELEVISION, STINKY TOYS\r\n\r\n \r\n\r\nGiovedì 12 ore 15,30 – Blackout Fest 2025 Mix 70 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nMix con gruppi e progetti che suoneranno all'edizione del Blackout Fest 2025. Con in ordine di apparizione: Andrea Santalucia, Arsenal Mikebe, Warfuck, Concetration, Odia, Ddwy, Jedbalak, Frammenti, Babe Roots, Korobu, Semiratruth, Ondakeiki, Ethico, Resina, Eden For All, Asino. Non sono tutti ovviamente!\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 13 ore 08,30 – Muhammad Alì, Rumble in the jungle 30 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nBiografia del leggendario pugile Muhammad Alì.\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 13 ore 19,00 – Babe Roots - Estratto dal live del 2019 al Leoncavallo 18 minuti [Babe Roots, Radio Blackout]:\r\n\r\nSessione spirituale e subacquea condensata in un mini-live-set purificante, deep dub techno. Tracklist:\r\n> Live intro feat Baba Ras (live only)\r\n\r\n> Jah Nuh Dead feat Another Channel\r\n\r\n> Can’t See feat Lee Perry (live only)\r\n\r\n> Sufferation Time feat Kojo Neatness (Babe Roots remix)\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 13 ore 20,00 – SFratture: Contro la guerra alle droghe 48 minuti [Fratture]:\r\n\r\nIl collettivo Fratture si occupa di cronaca e analisi del carcere e della società che lo alimenta.\r\nIn questo podcast si affronta il tema della guerra alle droghe, della riduzione del danno, del rapporto tra sostanze e detenzione, grazie a un'intervista alle Chemical Sisters.\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 13 ore 21,00 – Worlds to come - Chapter 2 - Corpi 32 minuti [Sei Iturriaga, Giulia Deval, Alessio Alonne]: Per trascendere l'idea dell'essere umano come centro dell'ordine, è necessario rioccupare i nostri corpi, il primato della mente, l'idea di coscienza costruita sul senso univoco della narrazione dominante che ci ha spinto alla negazione della materialità che ci costituisce. Tornare al corpo è l'unico modo che abbiamo per trovare il nostro posto nello spazio della ricostruzione. Non si tratta del corpo come unità standardizzata, regolata e limitata, bensì del veicolo di potenzialità fisiche con cui sperimentiamo la nostra esistenza. Il corpo come unità semantica a partire dalla quale abitiamo un mondo che può accettarci solo se diventiamo coscienti e responsabili della nostra appartenenza a un ordine geologico, rizomatico, acquifero, atmosferico, dove l'organico è solo un altro strato, un rivestimento permeabile attraverso cui passano gli elementi.\r\nI corpi non nascono, si fanno. I corpi sono marcati (sessualizzati, razzializzati, animalizzati). I corpi sono simpoietici. Questo è ciò che esploriamo in questa puntata grazie alle pratiche artistiche di Johanna Hedva e Justin Randolph Thompson.\r\n\r\n \r\n\r\nSabato 14 ore 00,30 – Lrwd - Mixtape tribute to Turin-Open-Medium 50 minuti [Lrwd, Radio Blackout]: Questo è un mixtape realizzato da Lrwd (si legge Lo-rrd) come tributo ai mezzi di comunicazione indipendenti di Torino, infatti questo fu messo a disposizione di download benefit Radio Blackout\r\n\r\n \r\n\r\nSabato 14 ore 08,30 – Ponte Radio - Resistere a sud 131 minuti [Radio Neanderthal, Ponte Radio]:\r\n\r\nPuntata del 29/11/2024 di Ponte Radio a cura di Radio Neanderthal, realizzata da registrazioni dell'iniziativa \"Resistere a sud\" al Terzo Piano Autogestito a Napoli. Chiacchiere e riflessioni su cosa significa stare, restare e resistere a Sud\r\n\r\n \r\n\r\nSabato 14 ore 20,00 – Macchina del tempo Ep.6 56 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nTrasmissione speciale ideata per il ventennale di Radio Blackout, contentitore di interviste, frammenti e testimonianze dagli archivi della radio.\r\n\r\n \r\n\r\nSabato 14 ore 21,30 – Intervista Alex Vargiu: Un punk a Roma 64 minuti [Radio Blackout, Radio Kebab]: Votato fin dalla fine degli anni 70 al Punk R'n'R Hc con gruppi come Stigma,Bloody Riot,Bingo,Dissuaders, Alex Vargiu, in questa intervista del 2015, ci sbatte in faccia il cadavere ambulante del punk! Punk's dead your the next!\r\n\r\n \r\n\r\nSabato 14 ore 23,00 – No Hay Banda Live @ Blackout house 19/5/19 110 minuti [No Hay Banda, Radio Blackout]: Nohaybandatrio was born in 2004, when Fabio Recchia (prepared bass and guitar which he plays simultaneously) met Marcello Allulli (sax and liveelectronics) and Emanuele Tommasi (drums and percussions).\r\n\r\nIts musical proposal has its roots in many genres: jazzcore, prog, math rock, `70s groove, soundtracks, noise… but they are all re-encoded in its unique style.\r\n\r\n \r\n\r\nDomenica 15 ore 09,00 – Audiodocumentario Saharawi pt.2 25 minuti [Tullio Togni]:\r\n\r\nTullio Togni, giornalista freelance, ha realizzato tre audio-doc sui Saharawi, frutto di diversi viaggi nel Sahara Occidentale, con le testimonianze dirette di lavoratori, sindacalisti, attivisti (nella zona occupata dal Marocco) e di profughi (nei campi in Algeria).\r\n\r\n \r\n\r\nDomenica 15 ore 09,30 – GRRAWR - Mix 05/2025 65 minuti [GRRAWR]:\r\n\r\nGRRAWR va alla ricerca del suono del suo cervello. La legge delle tre R (ripetere ripetere ripetere) è meravigliosamente incorniciata dai corollari della noia e dell'errore. Cosa fa un animale che ripete ripete ripete ma poi si distrae, si sbaglia e si dimentica che cosa doveva ripetere? Fare musica è solo un modo di fischiettare.\r\n\r\n \r\n\r\nDomenica 15 ore 13,30 – Psychotronic Radio vol.4 30 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nUn gorgo radiofonico di melma auricolare bizzarra e straziante fatta di b-movies z-movies musiche degenerate vhs a noleggio e pellicole infuocate!!\r\n\r\n \r\n\r\nDomenica 15 ore 18,30 – ARREMBAGGIO! compilation ardecore benefit v.3 32 minuti [Radio Blackout, compilation ardecore benefit]: Siamo partiti quasi per scherzo, poi l’affare si è ingrossato e siamo arrivati al volume 3. Oltre a queste edizioni digitali, stiamo curando anche le uscite in cassetta, non per santificare una moda ma per ribadire che il diy è il nostro unico “metodo”. Oggi come ieri, ma forse più di ieri, ciò che conta è lo spirito. 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\u003Cmark>di\u003C/mark> ambiente? E come è cambiato"," \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nLunedì 09 ore 21,00 – ENI greenwashing 31 minuti [Radio Cane]:\r\n\r\nCosa ci fanno gli esperti dell’Ente Nazionale Idrocarburi in cattedra a parlare \u003Cmark>di\u003C/mark> ambiente? E come è cambiato il modo in cui i grandi trafficanti \u003Cmark>di\u003C/mark> gas e petrolio si raccontano? Se un tempo dire “essere al verde” era come dire “non avere un soldo”, oggi invece il colore “green” attira enormi fiumi \u003Cmark>di\u003C/mark> denaro. Per metterci sopra le mani, o le zampe, occorre però cambiare abito e ritinteggiarsi il pelo, attraverso un’articolata campagna \u003Cmark>di\u003C/mark> “greenwashing”, senza per questo perdere il vizio, cioè ad esempio continuando, com’è il caso del Cane a Sei Zampe, ad estrarre fonti fossili ai quattro angoli del pianeta.\r\nAndrea Turco, coautore del dossier “Follow the green. La narrazione \u003Cmark>di\u003C/mark> Eni alla prova dei fatti”, ci accompagna nel fiabesco mondo della comunicazione targata Eni, ci racconta delle mire del Cane a Sei Zampe sui fondi europei per la transizione ecologica, e ci mette in guardia rispetto al progetto \u003Cmark>di\u003C/mark> stoccaggio \u003Cmark>di\u003C/mark> gas inquinanti al largo \u003Cmark>di\u003C/mark> Ravenna. L’impressione generale è quella d trovarsi \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte ad una spaventosa visione “circolare” dell’economia che, più che ad una rivoluzione verde, somiglia ad una spirale senza uscita.\r\n\r\n \r\n\r\nLunedì 09 ore 21,30 – Woodstown: racconto horror \u003Cmark>di\u003C/mark> A. Daudet 14 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nRacconto horror del diciannovesimo secolo, ambientato in oscure foreste che si ribellano verso gli umani che le vogliono distruggere o controllare\r\n\r\n \r\n\r\nMercoledì 11 ore 08,30 – Do you remember revolution? pt. 2 31 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nRivisitazione Radiofonica del documentario \u003Cmark>di\u003C/mark> Loredana Bianconi del 1997\r\n“Do You Remember Revolution”\r\n\r\nBarbara Balzerani, Adriana Faranda, Nadia Mantovani, Susanna Ronconi, avevano vent’anni quando decisero \u003Cmark>di\u003C/mark> unirsi alla lotta armata e \u003Cmark>di\u003C/mark> lasciare alle spalle la vita sociale e la famiglia per fare della rivoluzione il centro e lo scopo della loro esistenza.\r\nPrendono qui parola, dopo lunghi anni \u003Cmark>di\u003C/mark> carcerazione, per raccontare e raccontarsi, partendo da dove tutto ha avuto inizio, interrogando e indagando responsabilità, torti e ragioni dell’ultimo grande conflitto sociale nella storia \u003Cmark>di\u003C/mark> questo Paese.\r\n\r\nDedicato alla Memoria \u003Cmark>di\u003C/mark> Barbara Balzerani (1949-2024)\r\n\r\n \r\n\r\nMercoledì 11 ore 16,30 – Intervista ad Andrea Borgnino sul futuro della radio 43 minuti [Radio Blackout, Stakka stakka]: Abbiamo avuto come redazione \u003Cmark>di\u003C/mark> Stakka stkka il piacere \u003Cmark>di\u003C/mark> fare una lunga discussione in studio con Andrea Borgnino, che cura la rubrica Interferenze per Radio3 Mondo, sul futuro della radio e il suo valore in contesti sensibili, come crisi umanitarie e conflitti.\r\nediting e mastering a cura \u003Cmark>di\u003C/mark> arsider\r\nplaylist from: dj subumano library archives\r\n\r\n \r\n\r\nGiovedì 12 ore 08,30 – Podcast Franti pt.2 36 minuti [Franti]:\r\n\r\nIl podcast che vi apprestate ad ascoltare prende le sue mosse dalla necessità \u003Cmark>di\u003C/mark> riattivare un ragionamento collettivo che tenga conto dell’attuale situazione in cui versa la scuola italiana, alla luce del turbine \u003Cmark>di\u003C/mark> eventi alla cui manifestazione abbiamo assistito negli ultimi anni, a partire dalla pandemia fino allo scoppio \u003Cmark>di\u003C/mark> nuove terribili guerre.\r\n\r\nQuesto esperimento porterà a contatto diverse generazioni \u003Cmark>di\u003C/mark> professori e \u003Cmark>di\u003C/mark> studenti, impegnati tutti nel difficile compito \u003Cmark>di\u003C/mark> ristabilire una egemonia del discorso e della prassi rivoluzionari – a partire anche dall’interrogarsi sul senso \u003Cmark>di\u003C/mark> parole come questa – nella scuola.\r\n\r\nEsso è frutto \u003Cmark>di\u003C/mark> un lavoro collettivo, e per il collettivo questo lavoro è pensato e svolto: per gli studenti, i docenti e gli educatori, e tutti coloro che gravitano attorno al mondo della scuola, che credono ancora nella possibilità \u003Cmark>di\u003C/mark> quello che il situazionista Raoul Vaneigem chiamava “rovesciamento \u003Cmark>di\u003C/mark> prospettiva”.\r\n\r\nLe puntate sono tutte registrate nei locali dell’Archivio Moroni e del Centro Sociale \u003Cmark>di\u003C/mark> via Conchetta 18, a Milano.\r\n\r\n \r\n\r\nGiovedì 12 ore 11,30 – La Casa Del Disastro! Je suis Punk! Breve storia delle origini del punk in Francia 53 minuti [La Casa del disastro!, Radio Onda D'urto]:\r\n\r\nBreve storia sulle origini del punk in Francia con musiche \u003Cmark>di\u003C/mark> BULDOZER, LOU REED, NEW YORK DOLLS, TELEVISION, STINKY TOYS\r\n\r\n \r\n\r\nGiovedì 12 ore 15,30 – Blackout Fest 2025 Mix 70 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nMix con gruppi e progetti che suoneranno all'edizione del Blackout Fest 2025. Con in ordine \u003Cmark>di\u003C/mark> apparizione: Andrea Santalucia, Arsenal Mikebe, Warfuck, Concetration, Odia, Ddwy, Jedbalak, Frammenti, Babe Roots, Korobu, Semiratruth, Ondakeiki, Ethico, Resina, Eden For All, Asino. Non sono tutti ovviamente!\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 13 ore 08,30 – Muhammad Alì, Rumble in the jungle 30 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nBiografia del leggendario pugile Muhammad Alì.\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 13 ore 19,00 – Babe Roots - Estratto dal live del 2019 al Leoncavallo 18 minuti [Babe Roots, Radio Blackout]:\r\n\r\nSessione spirituale e subacquea condensata in un mini-live-set purificante, deep dub techno. Tracklist:\r\n> Live intro feat Baba Ras (live only)\r\n\r\n> Jah Nuh Dead feat Another Channel\r\n\r\n> Can’t See feat Lee Perry (live only)\r\n\r\n> Sufferation Time feat Kojo Neatness (Babe Roots remix)\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 13 ore 20,00 – SFratture: Contro la guerra alle droghe 48 minuti [Fratture]:\r\n\r\nIl collettivo Fratture si occupa \u003Cmark>di\u003C/mark> cronaca e analisi del carcere e della società che lo alimenta.\r\nIn questo podcast si affronta il tema della guerra alle droghe, della riduzione del danno, del rapporto tra sostanze e detenzione, grazie a un'intervista alle Chemical Sisters.\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 13 ore 21,00 – Worlds to come - Chapter 2 - Corpi 32 minuti [Sei Iturriaga, Giulia Deval, Alessio Alonne]: Per trascendere l'idea dell'essere umano come centro dell'ordine, è necessario rioccupare i nostri corpi, il primato della mente, l'idea \u003Cmark>di\u003C/mark> coscienza costruita sul senso univoco della narrazione dominante che ci ha spinto alla negazione della materialità che ci costituisce. Tornare al corpo è l'unico modo che abbiamo per trovare il nostro posto nello spazio della ricostruzione. Non si tratta del corpo come unità standardizzata, regolata e limitata, bensì del veicolo \u003Cmark>di\u003C/mark> potenzialità fisiche con cui sperimentiamo la nostra esistenza. Il corpo come unità semantica a partire dalla quale abitiamo un mondo che può accettarci solo se diventiamo coscienti e responsabili della nostra appartenenza a un ordine geologico, rizomatico, acquifero, atmosferico, dove l'organico è solo un altro strato, un rivestimento permeabile attraverso cui passano gli elementi.\r\nI corpi non nascono, si fanno. I corpi sono marcati (sessualizzati, razzializzati, animalizzati). I corpi sono simpoietici. Questo è ciò che esploriamo in questa puntata grazie alle pratiche artistiche \u003Cmark>di\u003C/mark> Johanna Hedva e Justin Randolph Thompson.\r\n\r\n \r\n\r\nSabato 14 ore 00,30 – Lrwd - Mixtape tribute to Turin-Open-Medium 50 minuti [Lrwd, Radio Blackout]: Questo è un mixtape realizzato da Lrwd (si legge Lo-rrd) come tributo ai mezzi \u003Cmark>di\u003C/mark> comunicazione indipendenti \u003Cmark>di\u003C/mark> Torino, infatti questo fu messo a disposizione \u003Cmark>di\u003C/mark> download benefit Radio Blackout\r\n\r\n \r\n\r\nSabato 14 ore 08,30 – Ponte Radio - Resistere a sud 131 minuti [Radio Neanderthal, Ponte Radio]:\r\n\r\nPuntata del 29/11/2024 \u003Cmark>di\u003C/mark> Ponte Radio a cura \u003Cmark>di\u003C/mark> Radio Neanderthal, realizzata da registrazioni dell'iniziativa \"Resistere a sud\" al Terzo Piano Autogestito a Napoli. Chiacchiere e riflessioni su cosa significa stare, restare e resistere a Sud\r\n\r\n \r\n\r\nSabato 14 ore 20,00 – Macchina del tempo Ep.6 56 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nTrasmissione speciale ideata per il ventennale \u003Cmark>di\u003C/mark> Radio Blackout, contentitore \u003Cmark>di\u003C/mark> interviste, frammenti e testimonianze dagli archivi della radio.\r\n\r\n \r\n\r\nSabato 14 ore 21,30 – Intervista Alex Vargiu: Un punk a Roma 64 minuti [Radio Blackout, Radio Kebab]: Votato fin dalla fine degli anni 70 al Punk R'n'R Hc con gruppi come Stigma,Bloody Riot,Bingo,Dissuaders, Alex Vargiu, in questa intervista del 2015, ci sbatte in faccia il cadavere ambulante del punk! Punk's dead your the next!\r\n\r\n \r\n\r\nSabato 14 ore 23,00 – No Hay Banda Live @ Blackout house 19/5/19 110 minuti [No Hay Banda, Radio Blackout]: Nohaybandatrio was born in 2004, when Fabio Recchia (prepared bass and guitar which he plays simultaneously) met Marcello Allulli (sax and liveelectronics) and Emanuele Tommasi (drums and percussions).\r\n\r\nIts musical proposal has its roots in many genres: jazzcore, prog, math rock, `70s groove, soundtracks, noise… but they are all re-encoded in its unique style.\r\n\r\n \r\n\r\nDomenica 15 ore 09,00 – Audiodocumentario Saharawi pt.2 25 minuti [Tullio Togni]:\r\n\r\nTullio Togni, giornalista freelance, ha realizzato tre audio-doc sui Saharawi, frutto \u003Cmark>di\u003C/mark> diversi viaggi nel Sahara Occidentale, con le testimonianze dirette \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoratori, sindacalisti, attivisti (nella zona occupata dal Marocco) e \u003Cmark>di\u003C/mark> profughi (nei campi in Algeria).\r\n\r\n \r\n\r\nDomenica 15 ore 09,30 – GRRAWR - Mix 05/2025 65 minuti [GRRAWR]:\r\n\r\nGRRAWR va alla ricerca del suono del suo cervello. La legge delle tre R (ripetere ripetere ripetere) è meravigliosamente incorniciata dai corollari della noia e dell'errore. Cosa fa un animale che ripete ripete ripete ma poi si distrae, si sbaglia e si dimentica che cosa doveva ripetere? Fare musica è solo un modo \u003Cmark>di\u003C/mark> fischiettare.\r\n\r\n \r\n\r\nDomenica 15 ore 13,30 – Psychotronic Radio vol.4 30 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nUn gorgo radiofonico \u003Cmark>di\u003C/mark> melma auricolare bizzarra e straziante fatta \u003Cmark>di\u003C/mark> b-movies z-movies musiche degenerate vhs a noleggio e pellicole infuocate!!\r\n\r\n \r\n\r\nDomenica 15 ore 18,30 – ARREMBAGGIO! compilation ardecore benefit v.3 32 minuti [Radio Blackout, compilation ardecore benefit]: Siamo partiti quasi per scherzo, poi l’affare si è ingrossato e siamo arrivati al volume 3. Oltre a queste edizioni digitali, stiamo curando anche le uscite in cassetta, non per santificare una moda ma per ribadire che il diy è il nostro unico “metodo”. Oggi come ieri, ma forse più \u003Cmark>di\u003C/mark> ieri, ciò che conta è lo spirito. 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completa\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/stakkastakka-231.mp3\"][/audio]\r\n\r\nIntervista Antonio Casilli\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/stakkastakka-casilli.mp3\"][/audio]\r\n\r\nCollegato con noi c'è Antonio Casilli, professore dell'Istituto Politecnico di Parigi e autore di diversi lavori, tra cui un libro pubblicato in Italia nel 2021, Schiavi del Click. Fa parte del gruppo di ricerca DiPLab.\r\n\r\nAllora Antonio, noi ti abbiamo contattato perché al di là del tuo libro che ha avuto un discreto successo, è che sia in Italia che in Francia, dove mi pare l'hai pubblicato la prima volta nel 2019, sappiamo anche che a breve verrà pubblicato in un'edizione inglese, aggiornata, non ho capito se è già pubblicato o verrà pubblicato a quest'autunno.\r\n\r\nAllora, sto rivedendo per l'ennesima volta le bozze, quindi esce tra qualche mese in America con la Chicago University Press e quindi siamo molto eccitati tutti.\r\nPer questa opportunità di parlare a un pubblico più vasto, ecco.\r\n\r\nEcco, allora a partire proprio dal tuo lavoro abbiamo diverse domande per arrivare poi anche agli ultimissime ricerche che hai fatto con i tuoi collaboratori e altri ricercatori. Ma prima di arrivare un attimo a questo tema vorremmo un attimo definirne dei contorni e quindi incominciare chiedendoti un pochino come sei arrivato negli ultimi anni nel tuo lavoro di ricerca a occuparti di lavoro digitale e in particolar modo di intelligenza artificiale e la sua intersezione col mondo del lavoro.\r\n\r\nAllora diciamo che io ho un percorso un po' lungo perché sono vecchietto e strano perché comincia in Italia diciamo in giri operaisti e autonomi, stiamo parlando di diversi decenni fa, e poi quando mi sono trasferito all'estero il tutto si è articolato, si è complessificato perché ho iniziato soprattutto a interessarmi alla sociologia di internet, quindi da sociologo e un po' economista, decisamente interessato alle tematiche del lavoro, sono arrivato a questa grande questione che è: che cosa fa l'intelligenza artificiale al lavoro?\r\nLa risposta tipica sarebbe: l'intelligenza artificiale distrugge il lavoro, ma dopo anni di ricerche con i miei collaboratori in diverse parti del mondo e poi ne riparleremo quali, sono arrivato a una conclusione un po' diversa e cioè sarebbe a dire che tanto per cominciare questa idea della distruzione dei posti di lavoro è un pretesto.\r\nI posti di lavoro sono distrutti ma sono distrutti per una scelta degli imprenditori, per una scelta dei poteri pubblici, per una scelta dei capitalisti sostanzialmente e si usano le macchine.\r\nMa queste macchine in realtà non funzionano tanto bene, perché per farle funzionare ancora oggi c'è bisogno di tantissimo lavoro nascosto e questo lavoro nascosto viene chiamato digital labor o micro lavoro o lavoro dei dati, insomma ci sono tante maniere di definirlo, ma è sostanzialmente un lavoro che è necessario per tenere su grandi exploit tecnologici come per esempio ChatGPT.\r\nChatGPT non funziona soltanto per la magia degli algoritmi, ma come è stato dimostrato già subito dopo il suo lancio nel novembre 2022 ci sono diverse migliaia di persone che stanno lì a filtrare i dati e tantissime altre ancora di più che stanno lì a verificare se le risposte sono corrette, a volte siamo noi stessi, a volte sono delle persone pagate.\r\nMa queste persone sono pagate molto poco, vivono in condizioni di lavoro terribili che noi documentiamo un po' in tutto il mondo perché, e qui riveniamo a dove sono messi, anche se queste grandi imprese tecnologiche sono spesso presentate come la Silicon Valley o tutt'al più facciamo lo sforzo di vederle anche in Cina, nei grandi distretti industriali cinesi, in realtà sono largamente delle tecnologie sviluppate in paesi a basso reddito.\r\nQuindi quelli che venivano una volta chiamati paesi in via di sviluppo che nel frattempo si sono ampiamente sviluppati ma che continuano a avere seri problemi di distribuzione ineguale dei redditi, forti tassi di povertà, forti percentuali di persone che sono pronte a lavorare per pochissimo e quindi sono lì che le grandi imprese come OpenAI, come Meta vanno a raccogliere, per aiutare questi lavoratori poveri dei dati.\r\n\r\nPrendiamo un tema che tu hai affrontato più volte sia nel tuo libro ma anche in numerose ricerche che hai pubblicato, che è quello della scomparsa del lavoro, un tema che cerchi di andare a smontare a più riprese su come le nuove tecnologie, che siano l'automazione nei processi produttivi o le intelligenze artificiali nei servizi e nel commercio vadano a rendere inutile il lavoro umano. Ecco secondo te a quali fenomeni possiamo invece ricondurre quello che è poi l'impatto reale dell'adozione di prodotti commerciali basati su intelligenza artificiale nel mondo del lavoro? E poi come nasce questo mito della scomparsa del lavoro?\r\n\r\nSe vogliamo il mito della scomparsa del lavoro è un prodotto ideologico del sistema capitalistico attuale.\r\nQuando parlo di ideologia parlo veramente del fatto che è un mito che introduce un forte elemento di propaganda. Siamo tutti purtroppo confrontati all'emergenza di questa retorica politica del great replacement, la grande sostituzione, che di solito è un elemento, diciamo così, un argomento che è tirato fuori da razzisti e fascisti di diversa appartenenza politica. Quando sentiamo parlare di great replacement, di grande sostituzione, perché arrivano gli immigrati o arrivano altre persone che entrano nel mondo del lavoro, identifichiamo immediatamente queste persone come dei razzisti.\r\nMa non li identifichiamo altrettanto facilmente quando invece ci viene presentata questa idea della grande sostituzione tecnologica. Cioè l'idea secondo la quale i lavoratori non perderanno il loro lavoro a causa di immigrati o nuovi soggetti sociali, ma a causa delle macchine. In realtà si tratta dello stesso tipo di ragionamento e se guardiamo bene chi lo porta, chi veicola questo tipo di discorso, sono le stesse persone. Una persona che purtroppo qui in Francia è molto conosciuta, che è Jordan Bardellà, e ci sono delle possibilità, una percentuale non nulla di possibilità che ce lo ritroviamo come prossimo presidente del Consiglio.\r\nJordan Bardellà è un noto esponente neofascista del partito Rassemblement National e lui ha più volte detto che ci sono due tipi di grandi sostituzioni che si preparano, quella da parte dell'ondata migratoria e poi quella da parte delle tecnologie. Quindi mette sullo stesso piano questo tipo di discorso. E lo stesso tipo di discorso, come dire, lo possiamo smontare nella stessa maniera, sostanzialmente dicendo che non è l'immigrato che ruba il lavoro all'autoctono, che non è la tecnologia che ruba il lavoro ai lavoratori attuali, ma si tratta di una scelta di investitori e di grandi capitalisti di far presentare queste tecnologie come potenzialmente distruttrici di lavoro.\r\nQuando in realtà, se noi guardiamo la storia di tutta l'automazione, dall'automazione meccanica di diversi secoli fa all'automazione detta intelligente di oggi, vediamo che queste tecnologie sono fatte per lavorare con gli esseri umani e che permettono, in linea di principio, a più esseri umani di accedere al lavoro.\r\nMa c'è un ma, non è una visione ottimistica la mia, queste tecnologie dette intelligenti, ovvero tutto quello che ha a che fare con soluzioni algoritmiche, con l'uso di dati, le tecnologie di machine learning, ovverosia di apprendimento automatico, hanno bisogno di tantissima gente che insegna le macchine a fare quello che fanno.\r\nChatGPT è un esempio che tutti hanno sotto gli occhi, che è capace di generare testo, ma se guardiamo anche nell'acronimo GPT, la P di GPT significa pre-trained, significa pre-addestrato. Significa che qualcuno gli ha insegnato a questa macchina a fare quello che fa, come si addestra un atleta, o come si insegna ad uno studente.\r\nE questo qualcuno, noi ce lo immaginiamo sempre come un ingegnere, un data scientist, un software developer, ma in realtà si tratta, nella maggior parte dei casi, che significa che abbiamo anche delle cifre che sono abbastanza impressionanti, parliamo di diverse centinaia di milioni di persone nel mondo, che fanno un lavoro molto più terra terra.\r\nPer esempio, non lo so, prendiamo delle immagini, che ne so, generate da utilizzatori su Instagram e iniziamo a taggare queste immagini, oppure a identificare oggetti in queste immagini. Per esempio, se c'è un viso umano, mettiamo un tag uomo o essere umano. Se c'è un animale, mettiamo animale, il tipo di animale. A cosa serve tutto questo? La prossima volta che queste immagini verranno, tra virgolette, mostrate a un'intelligenza artificiale, questa intelligenza artificiale poi, a forza di esempi, imparerà a riconoscere gli esseri umani e a fare la differenza tra un essere umano e un animale. Quindi questo è un esempio molto facile, molto terra terra.\r\nUn altro esempio potrebbe essere che ChatGPT ha bisogno che qualcuno annoti i testi, ovvero sia, , che questo testo sia segnato, sia etichettato come un testo in inglese che parla di sport e che è lungo 300 parole.\r\nQueste informazioni sono necessarie alla macchina, perché la macchina impari. Queste operazioni in realtà sono delle operazioni relativamente semplici, metto molto l'accento sul relativamente, e soprattutto molto mal pagate. Molto mal pagate, stiamo parlando in realtà di un pagamento che a volte può arrivare a 1 o 2 dollari all'ora, perché queste persone sono pagate o all'ora o sono pagate addirittura a contimo, ovvero per ogni tipo di piccola informazione che aggiungono al database vengono pagate qualche centesimo.\r\nCi sono delle piattaforme che sono accessibili a tutti, purtroppo, un po' in tutto il mondo, che permettono ai lavoratori di iscriversi e quindi di accettare, di realizzare queste task, questi compiti, queste mansioni molto mal pagate e alle aziende di reclutare a volte centinaia, di migliaia, a volte addirittura milioni di persone che sono messe a lavoro per sviluppare questa intelligenza artificiale.\r\n\r\nEcco, su questo, l'anno scorso hai pubblicato insieme ad altri due ricercatori, Maxime Cornet e Clement Leclerc. Un paper dal titolo appunto \"The problem with annotation. Human labour and outsourcing between France and Madagascar\". Ecco, abbiamo letto il paper, è molto interessantecome avete ricostruito insomma la filiera, stai dicendo già adesso, della catalogazione e della categorizzazione condotta da due start-up francesi attive in questo settore.\r\nMa nel mentre vi siete presi la briga di andare a intervistare nello specifico qua in Madagascar, ma poi sappiamo che avete fatto anche altre ricerche da altre parti.\r\nEcco, ti chiederei un pochino adesso di entrare un po' magari più nel dettaglio della ricerca, nel senso di darci magari un po' conto di come avete condotto la ricerca e farci anche magari qualche esempio concreto. E poi, dall'altro lato, come vengono utilizzate queste tecnologie poi nella pratica, sia quella di sorveglianza, sia quella di organizzazione, sia poi il risultato delle interviste.\r\n\r\nÈ più facile se ti racconto un pochettino come lavoriamo in generale. Allora, noi siamo un gruppo di una ventina di persone, si chiama DiPLab, che significa Digital Platform Labor, quindi è un laboratorio di ricerca sostanzialmente, e praticamente quello che facciamo è realizzare delle inchieste un po' dappertutto nel mondo, ma siamo molto specializzati sull'America Latina e l'Africa, abbiamo fatto una ventina di inchieste in 20 diversi paesi negli anni, a partire dal 2018, e questi paesi sono molto diversi.\r\nAllora, ci sono sostanzialmente dei paesi molto poveri, come per esempio il Venezuela in America Latina o il Madagascar in Africa che sono diventati dei centri nevralgici di questo lavoro mal pagato ma necessario per produrre le intelligenze artificiali.\r\nSostanzialmente noi abbiamo raccolto testimonianze di migliaia, quasi 4 mila, lavoratori e lavoratrici un po' in tutto il mondo. Stiamo adesso iniziando anche a guardare altri paese e altri continenti come l'India e il Bangladesh che come potrai immaginare sono enormi e sostanzialmente negli anni abbiamo visto che ci sono dei tipi molto chiari, che diventano chiari dal punto di vista dei profili socio-demografici delle persone che lavorano per queste piattaforme.\r\nTanto per cominciare abbiamo a che fare con delle persone che sono nel fiore degli anni, quindi sarebbe dire delle persone che dovrebbero essere ben piazzate sul mercato del lavoro, stiamo parlando di persone dai 20 a massimo i 40 anni e queste persone sono anche delle persone che hanno un alto livello di specializzazioni di educazione, cioè hanno dei diplomi, intervistiamo abbastanza frequentemente delle persone che hanno lauree, master, quindi ti puoi immaginare che queste persone ancora una volta dovrebbero essere le più avvantaggiate dal punto di vista del mercato del lavoro e invece non accedono a delle buone posizioni, non accedono a dei posti di lavoro e quindi devono accettare delle forme di lavoro molto più informali, molto più precarie, quindi lavorare per queste piattaforme.\r\nA volte lavorano da casa, per esempio in paesi come il Venezuela sono sostanzialmente delle persone che lavorano da casa, quindi ci possiamo sostanzialmente immaginare delle persone che hanno già un computer, di solito un vecchio computer distribuito dallo Stato una decina di anni fa, che fortunatamente, perché sono in Venezuela, non pagano l'elettricità o gli viene offerta a prezzi controllati,e quindi possono permettersi di fare una piccola aziendina a casa loro, dico un'aziendina per modo di dire perché in realtà non c'è nessun contratto, quindi si connettono a una piattaforma, accettano di realizzare dei task, ottengono dei pagamenti di qualche centesimo che alla fine del mese gli fa qualche dollaro. Siccome in Venezuela 6 o 8 dollari sono un buon salario mensile, e soprattutto il dollaro è più apprezzato del bolivar che è la moneta locale che ha tendenza a svalutarsi da un giorno all'altro, queste persone trovano questo lavoro abbastanza interessante e sostanzialmente si creano delle delle piccole collettività familiari. C'è certe volte, non lo so, certe ore del giorno è il padre che lavora a questa piattaforma, su questa piattaforma altre volte è la nonna, altre volte sono i figli. Questa è la situazione in un paese come il Venezuela.\r\nLa situazione in Madagascar è completamente diversa perché certo ci sono anche lì delle persone che lavorano da casa, molto meno perché la connessione costa cara e l'elettricità costa cara e in più ha tendenza al blackout, diciamo così, ma ci sono tantissime altre situazioni. Persone che lavorano in cybercafè, io per esempio in Madagascar sono andato in diversi cybercafè dove c'erano da una parte quelli che giocavano ai videogiochi e dall'altra quelli che facevano annotazione di immagini, o che facevano altri task.\r\nCi sono anche persone che lavorano da casa, come dicevo, e ci sono a volte degli uffici e delle aziende più classiche che assomigliano veramente a degli open space dove ci sono centinaia di persone che fanno dei turni di giorno e di notte e che fanno lavori di diverso tipo. Di solito queste sono delle mansioni un pochettino più complesse e delle mansioni soprattutto con aziende che lavorano da casa. Ci sono anche persone che impongono un certo livello di segreto industriale. Possono essere dei ministeri di governi stranieri, come abbiamo potuto vedere in Madagascar, a volte anche, e questo è molto più preoccupante, dei ministeri della difesa in diversi paesi stranieri e altre volte invece si tratta di grandi aziende, possono essere dei Google o delle Amazon, che hanno bisogno di dati di qualità.\r\nE' un'altra cosa che è stata molto eclatante, quello che quando noi l'abbiamo vissuto è stato certamente il più forte a livello di risultati. Stiamo parlando di un paio di anni fa, quando giustamente con i miei colleghi siamo andati andati diverse volte in Madagascar in realtà, perché è un paese abbastanza centrale.\r\nNel corso di questa missione, come la chiamiamo, nel 2022, siamo stati una settimana praticamente a vivere dentro, quasi, una casa che era stata trasformata in una fabbrica di click per l'intelligenza artificiale, una fabbrica di dati. Quindi ci dobbiamo immaginare una piccola casetta su due piani, con un garage, una soffitta, e praticamente in ogni stanza si entrava e c'erano da 20 a 30 persone su diversi computer che facevano dei task, che realizzavano della traduzione di dati o della notazione di dati, mettevano dei tag su delle immagini, vedi questo passo. Giorno e notte.\r\n\r\nNel caso specifico, uno dei casi, diciamo, più normali era quello di una azienda che aveva venduto degli scanner per i ristoranti aziendali. È presente quel tipo di situazione nei ristoranti aziendali. Si arriva con il vassoio, si passa il vassoio sotto uno scanner e questo vassoio ci dice automaticamente quanto dobbiamo pagare e quindi è tutto compactless e senza cassiere.\r\nQuello che non vi dicono è che però dall'altra parte del mondo ci sono delle persone che a volte in tempo reale fanno un lavoro di identificazione dei piatti del vostro vassoio. E questo è un lavoro che può diventare abbastanza complesso, soprattutto se consideriamo che, che ne so, i vassoi sono a volte in Germania e le persone che vedono che cosa c'è in questi vassoi si trovano in Mozambico, per esempio, e non ci sono gli stessi sistemi alimentari, non mangiano le stesse cose, non riconoscono gli stessi cibi. Quindi ci vuole tutto un lavoro di adattazione, di adattamento culturale. E un altro lavoro, invece, che è un altro progetto, che invece ci è sembrato particolarmente strano, poi siamo andati a grattare, lì era un'altra conferma di quello che sapevamo in realtà da lontano 2017, era che alcune di queste intelligenze artificiali non sono artificiali per niente. Ovvero, ossia, non c'è un vero e proprio algoritmo, ma c'è un finto algoritmo che in realtà è un certo numero di persone che a distanza realizzano questi task.\r\n\r\nQuindi l'esempio tipico, l'esempio vero, di cui parliamo poi nell'articolo, ma ne parliamo anche in altri contesti, è che, alcune persone che erano nel garage di questa casa di cui parlavo prima, facevano finta di essere una camera di videosorveglianza intelligente di quelle che si trovano nei supermercati.\r\nÈ una camera di videosorveglianza che viene venduta ai supermercati che riesce a riconoscere le persone e a interpretare i comportamenti delle persone. Se qualcuno ruba, non lo so, del cioccolato, del cibo per cani, questa camera, questa videocamera, invia un SMS al cassiere o alla cassiera e ci può essere un intervento in cui si può bloccare il ladro potenziale. Quello che non vi dicono è che in realtà questa videocamera intelligente è intelligente perché c'è l'intelligenza di questi lavoratori che vengono pagati molto poco e hanno dei turni abbastanza stretti, infatti devono in tempo reale comprendere quello che succede nei supermercati, hanno da 2 a 5 secondi per reagire e devono anche inviare dei finti sms automatici ai cassieri e alle cassiere in Europa, per esempio.\r\nQuindi si tratta di un caso che potrebbe essere assimilato a una frode, in realtà, ma che è molto più complesso e molto più comune, in realtà, perché tantissimi esempi di grandi intelligenze artificiali hanno dimostrato, e ci sono delle parti che non sono artificiali per niente.\r\nNel lontano 2019 abbiamo intervistato una persona che lavorava per Siri, quindi l'intelligenza artificiale di Apple, che diceva: \"io certe volte facevo l'intelligenza artificiale, perché certe volte Siri non funzionava bene e bisognava intervenire per fare un debugging in tempo reale\", per esempio. Solo che questo debugging in tempo reale significa simulare che ci sia un'intelligenza artificiale quando in realtà ci sono degli esseri umani. E questi esseri umani, questa è la parte più preoccupante, con questo finisco questo siparietto, erano anche molto mal pagati.\r\nPerché dobbiamo immaginarci che comunque, Antananarivo, la capitale del Madagascar, è una città grande, è una città relativamente cara rispetto al paese, che è un paese povero, ammettiamolo, però al tempo stesso la città non è una città nella quale si può vivere facilmente con qualche euro al mese. E nel caso specifico queste persone che addestravano o \"impersonavano\" un'intelligenza artificiale, venivano pagate tra i 90 e i 120 euro al mese. 90-120 euro al mese è ufficialmente il doppio del salario minimo del Madagascar, ma al tempo stesso non è sufficiente, soprattutto se queste persone hanno che ne so, una famiglia o dei figli . Quindi, sostanzialmente, queste persone erano anche bloccate in un lavoro precario e mal pagato che non gli permetteva di andare avanti.\r\nCon la loro carriera, con la loro vita, e ad avere delle prospettive, sostanzialmente, con il classico vicolo-ceco lavorativo che incontriamo tanto spesso ovunque nel mondo e sempre più spesso, ma che in questo caso diventa molto più grave perché è ufficialmente nel contesto della produzione di una delle più grandi fonti di ricchezza e di profitti degli ultimi anni, ovvero sia le intelligenze artificiali.\r\n\r\nE infatti l'esempio che hai dato mi ha ricordato due casi che erano emersi recentemente che avevamo avuto modo di commentare su questi microfoni , che uno è quello di Amazon dei negozi \"cashless\", che sembrava avere questo magico algoritmo che riesce a riconoscere in automatico quando le persone prendono un oggetto da uno scaffale, lo mettono nel carrello, gli addebitava diciamo il valore dell'oggetto, poi se magari lo rimettevano sullo scaffale glielo riaccreditava, eccetera. E rivelarono poi in realtà, si venne poi a scoprire che dietro questo magico algoritmo c'era un bacino di 20.000 lavoratori collocati in India, così come è uscito recentemente il caso di Presto Automation, una azienda in America che vendeva servizi di automazione alle casse per i fast food, il cui prodotto si era poi scoperto che aveva bisogno dell'intervento umano nel circa 70% dei casi. Quindi diciamo che la maggioranza poi delle azioni compiute da questi sistemi di appunto come dici te giustamente intelligenza artificiale dove poi dietro di artificiale non c'è niente, sono poi in realtà mantenuti da persone che spesso lavorano anche per una semplice questione di costi in paesi del secondo mondo, a prezzi che sarebbero diciamo inaccettabili nei paesi in cui quei negozi, quelle casse sono effettivamente collocate che poi alla fine è questo il vero vantaggio di questi strumenti. Perché tu alla fine hai un cassiere, , però lo paghi non al costo francese ma lo paghi al costo del Madagascar.\r\n\r\nCerto e c'è anche da aggiungere per esempio che non è soltanto questione di pagare i cassieri, ma cosa questo caso di off-shoring forzato determina per esempio per gli stati.\r\nTanto gli stati dei paesi a reddito basso, che hanno un costo di circa 25 miliardi di euro. C'è un costo di circa 25 miliardi di euro di reddito basso che per gli stati di paesi come per esempio, non lo so, i paesi europei c'è una perdita in termini di introiti fiscali, in termini di contributi, in termini di tutta una serie di altri servizi che normalmente sono dei servizi pubblici che sono finanziati a partire dal lavoro delle persone e a partire dalle aziende che pagano correttamente i lavoratori.\r\nSe queste aziende si sottraggono ai loro obblighi che ripeto sono di natura fiscale, contributiva, di previdenza sociale. Se si sottraggono a questi obblighi sostanzialmente stiamo sabotando lo stato sociale europeo in più oltre a danneggiare gli stati dei paesi terzi.\r\nNonché anche una cosa interessante che veniva fuori dalla ricerca, questo processo modifica anche il lavoro di chi rimane nel paese dove viene erogato il servizio.\r\nNella parte dei cassieri era anche abbastanza interessante vedere come il lavoro, per la parte delle videocamere di sicurezza, il lavoro dei cassieri e delle cassiere che rimangono sul posto viene a tutti gli effetti modificato perché si devono fare carico anche delle segnalazioni che vengono fatte dalle intelligenze artificiali o non artificiali remote, e quindi c'è paradossalmente un aumento del lavoro o anche una degradazione di chi mentre sta facendo un mestiere ne deve affiancare un'altro perché deve farsi interfaccia dell'intelligenza artificiale.\r\n\r\nEcco, su questo infatti ti volevo chiedere, riguardo poi a quella che è stata la vostra ricerca, se magari avete avuto modo di parlarne sia con chi in questo caso in Francia si trovava appunto ad avere il proprio lavoro modificato da queste intelligenze artificiali o nel caso specifico in Madagascar da chi è, nella componente degli sfruttati in questo colonialismo digitale, come queste persone poi percepiscano questa nuova trasformazione.\r\nMi riferisco in particolare a chi poi dà animo e forza a questi presunti algoritmi artificiali, di come poi questi percepiscano il fatto che quegli strumenti, quei prodotti in occidente vengano venduti come frutto della dell'intelligenza artificiale, e non come invece frutto del loro lavoro costante e quotidiano.\r\n\r\nGiustissima domanda che permette, che mi permette anche di raccontare un po' cosa facciamo oltre a girare il mondo e risolvere misteri come Scooby Doo.\r\nQuesta è la parte dove andiamo a raccogliere dati, intervistare persone, è una parte del nostro lavoro, poi c'è tutto quello che ha a che fare con aiutare i lavoratori a prendere coscienza, sviluppare soggettività, a organizzarsi e aiutare anche a volte stati, istituzioni internazionali o addirittura sindacati a inquadrare e aiutare e accompagnare meglio questi lavoratori, questo è un lavoro molto più vasto che però facciamo in diversi paesi del mondo. Ti do qualche esempio di come si può lavorare con per esempio i lavoratori in Europa che sono direttamente in Europa.\r\n\r\nPoi abbiamo un altro problema è che i lavoratori non sono stati colpiti da questa situazione, spesso sapendolo, cioè noi abbiamo a che fare con, per esempio non lo so, giusto ieri stavo continuando un lavoro con un'azienda francese, questa azienda francese ha subito un piano di ristrutturazione che è risultato in 250 licenziamenti, questi licenziamenti sono stati giustificati dall'arricuz di CIGPT e dell'intelligenza artificiale come se fosse una novità, il solito pretesto, in realtà i lavoratori hanno scoperto immediatamente dietro questa finta automatizzazione si nascondeva un caso di outsourcing di diverse centinaia di persone in un paese africano che erano messe lì a lavoro per far finta di essere un'intelligenza artificiale che ufficialmente ha distrutto i loro posti di lavoro. Quindi in questo caso la rivendicazione dei lavoratori licenziati che cercano di essere reintegrati o che cercano di essere rimborsati dei danni subiti si combina con il riconoscimento, con il fatto che sono oramai coscienti del fatto che ci sono masse di altri lavoratori in paesi terzi, nel caso specifico non soltanto in Africa ma anche in India per questa azienda di cui sto parlando e che quindi diventa una lotta internazionalista, ma perché internazionale di fatto?\r\n\r\nPerché non si possono risolvere i problemi di gente in Europa senza al tempo stesso prendere in conto quale ruolo e quali sono anche i danni subiti da persone in paesi terzi. Naturalmente noi lavoriamo anche in diversi paesi nei quali abbiamo condotto queste inchieste, nel caso specifico i due paesi sui quali stiamo lavorando di più ancora sono Madagascar e Kenya in Africa ci sono altri lavori in corso per paesi sudamericani come il Brasile e altri paesi africani come l'Egitto ma sono più diciamo così embrionali come come tipi di lavoro. Che tipo di lavoro facciamo? Beh a volte lavoriamo con le aziende, le aziende significa le piattaforme, per convincerle\r\nqueste piattaforme che sfruttano i lavoratori a trattarli meglio.\r\nE quindi adottare degli standard di lavoro equo, questi sono degli standard che sono stabiliti da un'organizzazione che si chiama Fair Work Project, che è condotta da nostri colleghi dell'Università di Oxford. Altre volte si tratta di applicare sostanzialmente le regole di gli standard internazionali di difesa del lavoro degno che invece sono stabiliti dall'ILO, cioè la International Labour Organization e con i quali, lavoriamo su altri progetti.\r\nQuindi sostanzialmente si tratta in certi casi di far applicare la legge, in altri casi si tratta di aiutare lo sviluppo di soggettività collettive da parte dei lavoratori. Per esempio quello che sta succedendo in Kenya è da una parte preoccupante, perché l'ordine pubblico del paese si è molto degradato, ma allo stesso molto interessante perché il Kenya è un paese che è stato al centro di una serie di rivelazioni molto forti negli ultimi due anni. Si è scoperto sostanzialmente che sia Meta, ovvero sia Facebook, che OpenAI, ovvero sia ChatGPT, si sono serviti di lavoratori keniani per adestrare le loro intelligenze artificiali, produrre dati e fare altri tipi di lavoro.\r\nQueste persone si sono in frattempo organizzate in diversi sindacati, uno si chiama Tech Workers, un altro si chiama African Content Moderators, sono dei sindacati che hanno oramai migliaia di iscritti e che partecipano anche alle manifestazioni che si stanno svolgendo in questo momento in Kenya contro la riforma finanziaria di quel paese. Quindi sostanzialmente vediamo progressivamente delle persone, delle organizzazioni che nascono all'interno di questo settore, che è dopo tutto un settore abbastanza sconosciuto, anche se veramente avrei dei dubbi a definirlo come un settore di nicchia, visto il numero di persone che secondo le stime degli ultimi anni iniziano ad esserci dentro, ma che si articolano, si combinano con movimenti molto più vasti e quindi ci sono anche delle forme embrionali di costruzione di coscienza di classe, se vogliamo, o di costruzione di movimenti multitudinari nei quali questi laboratori di dati entrano a far parte.\r\n\r\nMi sposterei un attimo su una questione che avevo ripreso appunto dal tuo libro Schiavi del Clic, ma che poi insomma è anche ricitato in vari articoli, che è noto come il paradosso di Solow su come sia stato misurato che la digitalizzazione nella manifattura e l'automazione nei servizi non abbiano poi portato a un reale aumento della produttività, anzi addirittura all'inizio del ventunesimo secolo si misura una decrescita nella produttività portata da questi strumenti.\r\nStrumenti che invece avrebbero dovuto, non dico sostituire il lavoro umano, ma quantomeno aumentarne la capacità produttiva.\r\nDa questo punto di vista, se la digitalizzazione ha avuto un impatto tanto trascurabile, perché rimane comunque una delle principali voci di investimentoda parte di grandi corporazioni e dei governi?\r\n\r\nAllora, do una precisazione piccolissima di natura statistica, anche se poi un po' scocciante, pedante da parte mia, quello che diminuisce è il tasso di crescita della produttività, quindi significa che la produttività continua a crescere, certo, ma in maniera molto meno veloce e in certi casi la crescita si è interrotta, non c'è una diminuzione della produttività, ecco, significa che sostanzialmente a forza tu puoi introdurre tutta l'automazione che vuoi, la produttività non cresce, poi la produttività cresce anche per altri motivi, perché sostanzialmente se ci sono altri metodi che non sono di natura automatica, ma possono essere, che ne so, riorganizzazione del lavoro, oppure la disponibilità di infrastrutture, la produttività potrebbe crescere, ma quello che giustamente sottolinei nella tua domanda è per quale motivo, malgrado i risultati dell'automatizzazione non ci siano dal punto di vista della produttività, si continua a investire tanto?\r\nBeh, perché risponderei, ci sono dei risultati per gli investitori in termini di profitto, in termini di rendita economica, quindi malgrado la produttività non aumenti, loro riescono comunque a creare dei profitti, e creare dei profitti sostanzialmente grazie al fatto che oggi come oggi non hai bisogno di avere un prodotto che funziona e nemmeno di venderlo volendo, perché le grandi aziende e le grandi piattaforme degli ultimi anni sono basate su un'idea di, a grosso modo, di soppensioni da parte dei produttori. Quindi, la città è un'azienda, che ha delle piccole aziende che vengono fatte a volte di stati e a volte di grandi investitori, è quello che si chiama il venture capitalism, quindi significa che ci sono dei grandi finanziatori che ti pagano, ti danno dei finanziamenti, delle sovvenzioni di centinaia di miliardi e sperano che un giorno forse tu riuscirai a fare un profitto, ma in certi casi, ti posso citare il caso di Uber, questo profitto non arriva mai.\r\nUber è arrivato a fare un utile , alla fine dell'anno scorso, a mostrare per la prima volta da quando è stata creata un minimo di profitto, non perché è riuscita a vendere meglio il suo prodotto, ovvero la sua piattaforma, che continua a essere in perdita. Uber in realtà spende molto di più a convincerti a usare Uber che non quello che guadagna facendoti usare Uber.\r\nSono riusciti a fare un minimo di profitto perché hanno fatto un'acquisizione di un'altra azienda che aveva un bilancio positivo.\r\nMa questo significa sostanzialmente che ci sono delle incitazioni, degli incentivi per i grandi investitori di continuare a investire nell'intelligenza artificiale, anche se poi il tornaconto non c'è. Certo non c'è il tornaconto a livello collettivo perché gli stati non ci guadagnano abbastanza, i lavoratori certamente non ci guadagnano in questa situazione e le aziende stesse continuano a fare perdite, ma in questo caso di venture capitalism ci sono ancora degli imbecilli che continuano a finanziarli. Questi imbecilli sono degli imbecilli pericolosi.\r\nStiamo parlando di persone del calibro di Mark Andresen o Peter Thiel. Dei nomi che forse non dicono niente alle persone che ci ascoltano. La cosiddetta paypal mafia anche nota. Sì esattamente. Persone che sono vicine a noti esponenti dell'estrema destra come Elon Musk e compagnie. Loro stessi sono delle persone di estrema destra. Mark Andresen è uno che pubblicamente ha dichiarato di quanto era bello il colonialismo. Peter Thiel è un eugenista dichiarato. Un pro-trumpiano nichilista , e queste persone sono quelli che continuano a finanziare questi grandi sforzi di investimento che sono pericolosi dal punto di vista sociale, dal punto di vista economico e aggiungerei anche, anche se poi di questo ne parliamo più recentemente in testi che non sono ancora stati tradotti in inglese in certi casi, anche hanno un impatto ecologico serissimo.\r\nPerché investire in grandi infrastrutture come ChatGPT significa anche investire in data center, significa investire nell'estrazione mineraria e nell'uso di energie che non sono certamente sostenibili.\r\nNon sono certamente un caso di tecnologia verde malgrado il fatto che cerchino costantemente di vendersi come green AI, quindi di fare un pochettino di ripulitura e di riciclaggio. Quindi l'uso fatto della retorica ecologista per cercare di vendere quello che fanno ha un serio impatto se pensiamo soltanto agli investimenti proposti da Sam Altman, quindi uno dei principali creatori di ChatGPT, stiamo parlando di un fabbisogno energetico che supera ampiamente tutte le tecnologie che abbiamo avuto finora.\r\nE quindi questo servirebbe soltanto a creare cosa? Un chatbot che risponde alle mie richieste astuse di ricette, magari la ricetta di una torta ssacher ma scritte come fosse un sonetto di Shakespeare, che è la cosa più inutile del mondo a pensarci.\r\n\r\n\r\nAntonio su questo non so se ci puoi dedicare ancora qualche minuto, volevo su questo farti ancora due domande proprio sul tema ambientale.\r\nAnche da questi microfoni abbiamo più volte portato approfondimenti, per esempio un dato delle ultime settimane è che le previsioni sono che i data center negli Stati Uniti consumeranno il 10% di tutta l'elettricità prodotte nel paese entro il 2030, ogni settimana escono annunci di questo tipo. E in generale, anche invece riportando un po' l'argomento su un piano politico, negli ultimi anni c'è stato un tentativo a più riprese di creare punti di convergenza tra quelle che sono le distopie digitali che con te abbiamo sottolineato in questa intervista e invece delle lotte ambientali che rappresentano sicuramente un punto di vista anche un po' più avanzato dal punto di vista anche dello stato di salute dei movimenti. Basti pensare appunto che termini costrutti di ricerca come l'estrattivismo digitale e altri sono stati proprio mutuati da una parte all'altra, presi dal mondo dell'ecologia.\r\nEcco, questo è sicuramente un tentativo che si è fatto, molto interessante, però noi rileviamo anche che negli ultimi anni questa potenziale alleanza e punti di convergenza stenta un po' a costruirsi. Non so, anche dal nostro punto di vista spesso e volentieri abbiamo cercato di portare questi discorsi all'interno anche di iniziative politiche e movimenti, ma si fa un po' fatica, un po' per la natura delle lotte ambientali che pur essendo a una vocazione sicuramente internazionale di ampio respiro spesso sono estremamente localizzate, e invece lavori come il tuo ad esempio che ci portano a attraversare delle filiere che poi camminano un po' in tutto il mondo.\r\nEcco, tu come vedi questa situazione? Come vedi il rapporto in generale e quali potrebbero essere secondo te nuovi punti di convergenza tra le movimenti nel digitale sia sindacali che internazionali?\r\n\r\nAllora, diciamo che in un certo senso penso che i problemi siano di due tipi il primo è che attualmente i movimenti ambientalisti a livello internazionale sono ancora molto diversi e che non c'è stata una chiara separazione tra, diciamo, un'ala riformista, chiamiamola così sostanzialmente quella che è più compatibile con delle istanze capitaliste e quindi sostanzialmente per farla corta sono quelli che propongono l'idea che c'è una tecnologia sostenibile basta semplicemente scegliere il meno peggio o addirittura pensare a una tecnologia che possa essere effettivamente green e dall'altra parte un'area massimalista dei movimenti ecologistici che invece sostanzialmente sostengono quella che possiamo chiamare una redirezione ecologica ovvero bisogna veramente avere un sussulto politico per cambiare completamente la maniera di considerare queste cose e né l'una né l'altra nel caso specifico al di là di queste diciamo di questa complessità dei movimenti ecologici attuali ambientalisti attuali né l'una né l'altra ha una visione completa se vogliamo forse un po' quelli della redirezione ecologica perché ci sarebbe bisogno di avere una specie di cartografia di che cosa fanno le intelligenze artificiali a non soltanto le filiere o le supply chains ma anche a posti che sono a volte molto distanti da noi ed è difficile immaginarsi quali sono le condizioni di vita o quali sono le condizioni stesse ambientali in paesi come la Bolivia considerando che la maggior parte di noi non ci ha mai messo piede in Bolivia immaginarsi che ci siano l'adi di sale come è il caso di Bolivia e di Uyuni che è il più grande giacimento di litio del mondo che è talmente centrale per le nostre batterie di tutto quello che abbiamo in tasca dallo smartphone al tablet per chi ce l'ha le biciclette elettriche o i veicoli elettrici, le automobili questa cosa di immaginarsi quanto importante sia un posto talmente lontano da noi da qualcosa che è così vicino a noi che abbiamo nelle nostre tasche questo è uno sforzo serio è uno sforzo serio che però ha nel futuro una necessità di svilupparsi e che si svilupperà purtroppo perché queste lotte ecologiche arrivano sempre più vicino a noi se pensiamo in particolare a una faccenda che è un po' diversa la questione dei data center i data center non sono per la maggior parte situati in paesi terzi a basso reddito ma sono per la maggior parte dei casi messi dietro l'angolo rispetto a noi sono in Italia, sono in Francia sono negli Stati Uniti certo sono anche in Cina e in maniera crescente perché la Cina non è più da tanti tanti anni un paese povero ma sono sostanzialmente nel nord del mondo e nel nord del mondo sono dei posti dove sono delle strutture che pesano molto sul consumo energetico paesi come l'Irlanda che sono oggi dei grandi hub per i data center sono dei paesi nei quali l'infrastruttura di produzione dell'elettricità è molto affaticata dalla presenza di questi data center in Spagna si stanno sviluppando dei collettivi che mettono insieme tecnologia e piuttosto critica tecnologica e critica ecologica che si oppongono per esempio alla creazione di nuovi data center in posti che specialmente in Spagna sono già desertici e che quindi non hanno bisogno in più di questo ennesimo peso quindi queste sono delle prospettive che sono interessanti e aggiungo che sono interessanti purtroppo perché sono delle questioni e dei problemi ecologici sempre più pressanti che arrivano sempre più vicino alle nostre case e che se finora non c'è stata una diciamo così un'alleanza tra movimenti di critica tecnologica e movimenti di rivendicazione legate all'ambiente questo secondo me cambierà molto presto\r\n\r\n \r\n\r\nHai qualcosa da aggiungere o altri riferimenti che vuoi darci per chi ci ascolta per seguire il vostro lavoro o anche altri lavori che reputi interessanti su questi temi?\r\n\r\nAllora voglio invitare coloro che ci ascoltano se sono interessati e interessate, l'otto luglio c'è il lancio a distanza, nel senso che è un evento virtuale ed è gratis, e si può partecipare da tutto il mondo, che si chiama Workers Inquiry. Per gli italiani traduzione è semplicemente inchiesta operaia.\r\nWorkers Inquiry è il lavoro, la produzione di una mia carissima collega e amica e anche lei membra di DiPLab che si chiama Milagros Miceli che è una ricercatrice che da tanti anni lavora a Berlino per il Weizenbaum Institute e che ha avuto questa idea assolutamente geniale, ovvero piuttosto che, come lo facciamo noi da tanti anni, girare il mondo e andare a intervistare persone, aiutare i lavoratori dei dati, ovvero i microlaboratori di cui ho parlato finora, questi che attestano l'intelligenza artificiale, a raccontare le loro stesse condizioni di lavoro e a condurre loro stessi delle inchieste sulle proprie condizioni di lavoro.Ed è una maniera di effettivamente ricollegarsi alla grande tradizione operaista.\r\nMa vi posso anche assicurare che è un risultato anche da un punto di vista sociale, politico, perché ci sono queste persone che l'8 luglio parleranno durante il lancio di questa iniziativa e quindi vedrete testimonianze di persone dal Kenya, dall'Iran, dal Venezuela, da tanti altri posti e dalla Germania ovviamente, ma soprattutto ci sono anche degli estratti video che sono di grandissima qualità. Quindi vi consiglio di cercare Workers Inquiry Milagros Miceli su internet e di connettervi l'8 luglio, quindi tra qualche giorno.","11 Luglio 2024","2024-07-11 12:19:56","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/rick-rothenberg-kroIft6D9wk-unsplash-scaled-1-200x110.jpg","StakkaStakka 3 Luglio 2024 – Intervista Antonio Casilli",1720700396,[],[],{"post_content":1100},{"matched_tokens":1101,"snippet":1102,"value":1103},[71,131,71],"luglio parleranno durante il lancio \u003Cmark>di\u003C/mark> questa \u003Cmark>iniziativa\u003C/mark> e quindi vedrete testimonianze \u003Cmark>di\u003C/mark>","Puntata completa\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/stakkastakka-231.mp3\"][/audio]\r\n\r\nIntervista Antonio Casilli\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/stakkastakka-casilli.mp3\"][/audio]\r\n\r\nCollegato con noi c'è Antonio Casilli, professore dell'Istituto Politecnico \u003Cmark>di\u003C/mark> Parigi e autore \u003Cmark>di\u003C/mark> diversi lavori, tra cui un libro pubblicato in Italia nel 2021, Schiavi del Click. Fa parte del gruppo \u003Cmark>di\u003C/mark> ricerca DiPLab.\r\n\r\nAllora Antonio, noi ti abbiamo contattato perché al \u003Cmark>di\u003C/mark> là del tuo libro che ha avuto un discreto successo, è che sia in Italia che in Francia, dove mi pare l'hai pubblicato la prima volta nel 2019, sappiamo anche che a breve verrà pubblicato in un'edizione inglese, aggiornata, non ho capito se è già pubblicato o verrà pubblicato a quest'autunno.\r\n\r\nAllora, sto rivedendo per l'ennesima volta le bozze, quindi esce tra qualche mese in America con la Chicago University Press e quindi siamo molto eccitati tutti.\r\nPer questa opportunità \u003Cmark>di\u003C/mark> parlare a un pubblico più vasto, ecco.\r\n\r\nEcco, allora a partire proprio dal tuo lavoro abbiamo diverse domande per arrivare poi anche agli ultimissime ricerche che hai fatto con i tuoi collaboratori e altri ricercatori. Ma prima \u003Cmark>di\u003C/mark> arrivare un attimo a questo tema vorremmo un attimo definirne dei contorni e quindi incominciare chiedendoti un pochino come sei arrivato negli ultimi anni nel tuo lavoro \u003Cmark>di\u003C/mark> ricerca a occuparti \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro digitale e in particolar modo \u003Cmark>di\u003C/mark> intelligenza artificiale e la sua intersezione col mondo del lavoro.\r\n\r\nAllora diciamo che io ho un percorso un po' lungo perché sono vecchietto e strano perché comincia in Italia diciamo in giri operaisti e autonomi, stiamo parlando \u003Cmark>di\u003C/mark> diversi decenni fa, e poi quando mi sono trasferito all'estero il tutto si è articolato, si è complessificato perché ho iniziato soprattutto a interessarmi alla sociologia \u003Cmark>di\u003C/mark> internet, quindi da sociologo e un po' economista, decisamente interessato alle tematiche del lavoro, sono arrivato a questa grande questione che è: che cosa fa l'intelligenza artificiale al lavoro?\r\nLa risposta tipica sarebbe: l'intelligenza artificiale distrugge il lavoro, ma dopo anni \u003Cmark>di\u003C/mark> ricerche con i miei collaboratori in diverse parti del mondo e poi ne riparleremo quali, sono arrivato a una conclusione un po' diversa e cioè sarebbe a dire che tanto per cominciare questa idea della distruzione dei posti \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro è un pretesto.\r\nI posti \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro sono distrutti ma sono distrutti per una scelta degli imprenditori, per una scelta dei poteri pubblici, per una scelta dei capitalisti sostanzialmente e si usano le macchine.\r\nMa queste macchine in realtà non funzionano tanto bene, perché per farle funzionare ancora oggi c'è bisogno \u003Cmark>di\u003C/mark> tantissimo lavoro nascosto e questo lavoro nascosto viene chiamato digital labor o micro lavoro o lavoro dei dati, insomma ci sono tante maniere \u003Cmark>di\u003C/mark> definirlo, ma è sostanzialmente un lavoro che è necessario per tenere su grandi exploit tecnologici come per esempio ChatGPT.\r\nChatGPT non funziona soltanto per la magia degli algoritmi, ma come è stato dimostrato già subito dopo il suo lancio nel novembre 2022 ci sono diverse migliaia \u003Cmark>di\u003C/mark> persone che stanno lì a filtrare i dati e tantissime altre ancora \u003Cmark>di\u003C/mark> più che stanno lì a verificare se le risposte sono corrette, a volte siamo noi stessi, a volte sono delle persone pagate.\r\nMa queste persone sono pagate molto poco, vivono in condizioni \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro terribili che noi documentiamo un po' in tutto il mondo perché, e qui riveniamo a dove sono messi, anche se queste grandi imprese tecnologiche sono spesso presentate come la Silicon Valley o tutt'al più facciamo lo sforzo \u003Cmark>di\u003C/mark> vederle anche in Cina, nei grandi distretti industriali cinesi, in realtà sono largamente delle tecnologie sviluppate in paesi a basso reddito.\r\nQuindi quelli che venivano una volta chiamati paesi in via \u003Cmark>di\u003C/mark> sviluppo che nel frattempo si sono ampiamente sviluppati ma che continuano a avere seri problemi \u003Cmark>di\u003C/mark> distribuzione ineguale dei redditi, forti tassi \u003Cmark>di\u003C/mark> povertà, forti percentuali \u003Cmark>di\u003C/mark> persone che sono pronte a lavorare per pochissimo e quindi sono lì che le grandi imprese come OpenAI, come Meta vanno a raccogliere, per aiutare questi lavoratori poveri dei dati.\r\n\r\nPrendiamo un tema che tu hai affrontato più volte sia nel tuo libro ma anche in numerose ricerche che hai pubblicato, che è quello della scomparsa del lavoro, un tema che cerchi \u003Cmark>di\u003C/mark> andare a smontare a più riprese su come le nuove tecnologie, che siano l'automazione nei processi produttivi o le intelligenze artificiali nei servizi e nel commercio vadano a rendere inutile il lavoro umano. Ecco secondo te a quali fenomeni possiamo invece ricondurre quello che è poi l'impatto reale dell'adozione \u003Cmark>di\u003C/mark> prodotti commerciali basati su intelligenza artificiale nel mondo del lavoro? E poi come nasce questo mito della scomparsa del lavoro?\r\n\r\nSe vogliamo il mito della scomparsa del lavoro è un prodotto ideologico del sistema capitalistico attuale.\r\nQuando parlo \u003Cmark>di\u003C/mark> ideologia parlo veramente del fatto che è un mito che introduce un forte elemento \u003Cmark>di\u003C/mark> propaganda. Siamo tutti purtroppo confrontati all'emergenza \u003Cmark>di\u003C/mark> questa retorica politica del great replacement, la grande sostituzione, che \u003Cmark>di\u003C/mark> solito è un elemento, diciamo così, un argomento che è tirato fuori da razzisti e fascisti \u003Cmark>di\u003C/mark> diversa appartenenza politica. Quando sentiamo parlare \u003Cmark>di\u003C/mark> great replacement, \u003Cmark>di\u003C/mark> grande sostituzione, perché arrivano gli immigrati o arrivano altre persone che entrano nel mondo del lavoro, identifichiamo immediatamente queste persone come dei razzisti.\r\nMa non li identifichiamo altrettanto facilmente quando invece ci viene presentata questa idea della grande sostituzione tecnologica. Cioè l'idea secondo la quale i lavoratori non perderanno il loro lavoro a causa \u003Cmark>di\u003C/mark> immigrati o nuovi soggetti sociali, ma a causa delle macchine. In realtà si tratta dello stesso tipo \u003Cmark>di\u003C/mark> ragionamento e se guardiamo bene chi lo porta, chi veicola questo tipo \u003Cmark>di\u003C/mark> discorso, sono le stesse persone. Una persona che purtroppo qui in Francia è molto conosciuta, che è Jordan Bardellà, e ci sono delle possibilità, una percentuale non nulla \u003Cmark>di\u003C/mark> possibilità che ce lo ritroviamo come prossimo presidente del Consiglio.\r\nJordan Bardellà è un noto esponente neofascista del partito Rassemblement National e lui ha più volte detto che ci sono due tipi \u003Cmark>di\u003C/mark> grandi sostituzioni che si preparano, quella da parte dell'ondata migratoria e poi quella da parte delle tecnologie. Quindi mette sullo stesso piano questo tipo \u003Cmark>di\u003C/mark> discorso. E lo stesso tipo \u003Cmark>di\u003C/mark> discorso, come dire, lo possiamo smontare nella stessa maniera, sostanzialmente dicendo che non è l'immigrato che ruba il lavoro all'autoctono, che non è la tecnologia che ruba il lavoro ai lavoratori attuali, ma si tratta \u003Cmark>di\u003C/mark> una scelta \u003Cmark>di\u003C/mark> investitori e \u003Cmark>di\u003C/mark> grandi capitalisti \u003Cmark>di\u003C/mark> far presentare queste tecnologie come potenzialmente distruttrici \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro.\r\nQuando in realtà, se noi guardiamo la storia \u003Cmark>di\u003C/mark> tutta l'automazione, dall'automazione meccanica \u003Cmark>di\u003C/mark> diversi secoli fa all'automazione detta intelligente \u003Cmark>di\u003C/mark> oggi, vediamo che queste tecnologie sono fatte per lavorare con gli esseri umani e che permettono, in linea \u003Cmark>di\u003C/mark> principio, a più esseri umani \u003Cmark>di\u003C/mark> accedere al lavoro.\r\nMa c'è un ma, non è una visione ottimistica la mia, queste tecnologie dette intelligenti, ovvero tutto quello che ha a che fare con soluzioni algoritmiche, con l'uso \u003Cmark>di\u003C/mark> dati, le tecnologie \u003Cmark>di\u003C/mark> machine learning, ovverosia \u003Cmark>di\u003C/mark> apprendimento automatico, hanno bisogno \u003Cmark>di\u003C/mark> tantissima gente che insegna le macchine a fare quello che fanno.\r\nChatGPT è un esempio che tutti hanno sotto gli occhi, che è capace \u003Cmark>di\u003C/mark> generare testo, ma se guardiamo anche nell'acronimo GPT, la P \u003Cmark>di\u003C/mark> GPT significa pre-trained, significa pre-addestrato. Significa che qualcuno gli ha insegnato a questa macchina a fare quello che fa, come si addestra un atleta, o come si insegna ad uno studente.\r\nE questo qualcuno, noi ce lo immaginiamo sempre come un ingegnere, un data scientist, un software developer, ma in realtà si tratta, nella maggior parte dei casi, che significa che abbiamo anche delle cifre che sono abbastanza impressionanti, parliamo \u003Cmark>di\u003C/mark> diverse centinaia \u003Cmark>di\u003C/mark> milioni \u003Cmark>di\u003C/mark> persone nel mondo, che fanno un lavoro molto più terra terra.\r\nPer esempio, non lo so, prendiamo delle immagini, che ne so, generate da utilizzatori su Instagram e iniziamo a taggare queste immagini, oppure a identificare oggetti in queste immagini. Per esempio, se c'è un viso umano, mettiamo un tag uomo o essere umano. Se c'è un animale, mettiamo animale, il tipo \u003Cmark>di\u003C/mark> animale. A cosa serve tutto questo? La prossima volta che queste immagini verranno, tra virgolette, mostrate a un'intelligenza artificiale, questa intelligenza artificiale poi, a forza \u003Cmark>di\u003C/mark> esempi, imparerà a riconoscere gli esseri umani e a fare la differenza tra un essere umano e un animale. Quindi questo è un esempio molto facile, molto terra terra.\r\nUn altro esempio potrebbe essere che ChatGPT ha bisogno che qualcuno annoti i testi, ovvero sia, , che questo testo sia segnato, sia etichettato come un testo in inglese che parla \u003Cmark>di\u003C/mark> sport e che è lungo 300 parole.\r\nQueste informazioni sono necessarie alla macchina, perché la macchina impari. Queste operazioni in realtà sono delle operazioni relativamente semplici, metto molto l'accento sul relativamente, e soprattutto molto mal pagate. Molto mal pagate, stiamo parlando in realtà \u003Cmark>di\u003C/mark> un pagamento che a volte può arrivare a 1 o 2 dollari all'ora, perché queste persone sono pagate o all'ora o sono pagate addirittura a contimo, ovvero per ogni tipo \u003Cmark>di\u003C/mark> piccola informazione che aggiungono al database vengono pagate qualche centesimo.\r\nCi sono delle piattaforme che sono accessibili a tutti, purtroppo, un po' in tutto il mondo, che permettono ai lavoratori \u003Cmark>di\u003C/mark> iscriversi e quindi \u003Cmark>di\u003C/mark> accettare, \u003Cmark>di\u003C/mark> realizzare queste task, questi compiti, queste mansioni molto mal pagate e alle aziende \u003Cmark>di\u003C/mark> reclutare a volte centinaia, \u003Cmark>di\u003C/mark> migliaia, a volte addirittura milioni \u003Cmark>di\u003C/mark> persone che sono messe a lavoro per sviluppare questa intelligenza artificiale.\r\n\r\nEcco, su questo, l'anno scorso hai pubblicato insieme ad altri due ricercatori, Maxime Cornet e Clement Leclerc. Un paper dal titolo appunto \"The problem with annotation. Human labour and outsourcing between France and Madagascar\". Ecco, abbiamo letto il paper, è molto interessantecome avete ricostruito insomma la filiera, stai dicendo già adesso, della catalogazione e della categorizzazione condotta da due start-up francesi attive in questo settore.\r\nMa nel mentre vi siete presi la briga \u003Cmark>di\u003C/mark> andare a intervistare nello specifico qua in Madagascar, ma poi sappiamo che avete fatto anche altre ricerche da altre parti.\r\nEcco, ti chiederei un pochino adesso \u003Cmark>di\u003C/mark> entrare un po' magari più nel dettaglio della ricerca, nel senso \u003Cmark>di\u003C/mark> darci magari un po' conto \u003Cmark>di\u003C/mark> come avete condotto la ricerca e farci anche magari qualche esempio concreto. E poi, dall'altro lato, come vengono utilizzate queste tecnologie poi nella pratica, sia quella \u003Cmark>di\u003C/mark> sorveglianza, sia quella \u003Cmark>di\u003C/mark> organizzazione, sia poi il risultato delle interviste.\r\n\r\nÈ più facile se ti racconto un pochettino come lavoriamo in generale. Allora, noi siamo un gruppo \u003Cmark>di\u003C/mark> una ventina \u003Cmark>di\u003C/mark> persone, si chiama DiPLab, che significa Digital Platform Labor, quindi è un laboratorio \u003Cmark>di\u003C/mark> ricerca sostanzialmente, e praticamente quello che facciamo è realizzare delle inchieste un po' dappertutto nel mondo, ma siamo molto specializzati sull'America Latina e l'Africa, abbiamo fatto una ventina \u003Cmark>di\u003C/mark> inchieste in 20 diversi paesi negli anni, a partire dal 2018, e questi paesi sono molto diversi.\r\nAllora, ci sono sostanzialmente dei paesi molto poveri, come per esempio il Venezuela in America Latina o il Madagascar in Africa che sono diventati dei centri nevralgici \u003Cmark>di\u003C/mark> questo lavoro mal pagato ma necessario per produrre le intelligenze artificiali.\r\nSostanzialmente noi abbiamo raccolto testimonianze \u003Cmark>di\u003C/mark> migliaia, quasi 4 mila, lavoratori e lavoratrici un po' in tutto il mondo. Stiamo adesso iniziando anche a guardare altri paese e altri continenti come l'India e il Bangladesh che come potrai immaginare sono enormi e sostanzialmente negli anni abbiamo visto che ci sono dei tipi molto chiari, che diventano chiari dal punto \u003Cmark>di\u003C/mark> vista dei profili socio-demografici delle persone che lavorano per queste piattaforme.\r\nTanto per cominciare abbiamo a che fare con delle persone che sono nel fiore degli anni, quindi sarebbe dire delle persone che dovrebbero essere ben piazzate sul mercato del lavoro, stiamo parlando \u003Cmark>di\u003C/mark> persone dai 20 a massimo i 40 anni e queste persone sono anche delle persone che hanno un alto livello \u003Cmark>di\u003C/mark> specializzazioni \u003Cmark>di\u003C/mark> educazione, cioè hanno dei diplomi, intervistiamo abbastanza frequentemente delle persone che hanno lauree, master, quindi ti puoi immaginare che queste persone ancora una volta dovrebbero essere le più avvantaggiate dal punto \u003Cmark>di\u003C/mark> vista del mercato del lavoro e invece non accedono a delle buone posizioni, non accedono a dei posti \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro e quindi devono accettare delle forme \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro molto più informali, molto più precarie, quindi lavorare per queste piattaforme.\r\nA volte lavorano da casa, per esempio in paesi come il Venezuela sono sostanzialmente delle persone che lavorano da casa, quindi ci possiamo sostanzialmente immaginare delle persone che hanno già un computer, \u003Cmark>di\u003C/mark> solito un vecchio computer distribuito dallo Stato una decina \u003Cmark>di\u003C/mark> anni fa, che fortunatamente, perché sono in Venezuela, non pagano l'elettricità o gli viene offerta a prezzi controllati,e quindi possono permettersi \u003Cmark>di\u003C/mark> fare una piccola aziendina a casa loro, dico un'aziendina per modo \u003Cmark>di\u003C/mark> dire perché in realtà non c'è nessun contratto, quindi si connettono a una piattaforma, accettano \u003Cmark>di\u003C/mark> realizzare dei task, ottengono dei pagamenti \u003Cmark>di\u003C/mark> qualche centesimo che alla fine del mese gli fa qualche dollaro. Siccome in Venezuela 6 o 8 dollari sono un buon salario mensile, e soprattutto il dollaro è più apprezzato del bolivar che è la moneta locale che ha tendenza a svalutarsi da un giorno all'altro, queste persone trovano questo lavoro abbastanza interessante e sostanzialmente si creano delle delle piccole collettività familiari. C'è certe volte, non lo so, certe ore del giorno è il padre che lavora a questa piattaforma, su questa piattaforma altre volte è la nonna, altre volte sono i figli. Questa è la situazione in un paese come il Venezuela.\r\nLa situazione in Madagascar è completamente diversa perché certo ci sono anche lì delle persone che lavorano da casa, molto meno perché la connessione costa cara e l'elettricità costa cara e in più ha tendenza al blackout, diciamo così, ma ci sono tantissime altre situazioni. Persone che lavorano in cybercafè, io per esempio in Madagascar sono andato in diversi cybercafè dove c'erano da una parte quelli che giocavano ai videogiochi e dall'altra quelli che facevano annotazione \u003Cmark>di\u003C/mark> immagini, o che facevano altri task.\r\nCi sono anche persone che lavorano da casa, come dicevo, e ci sono a volte degli uffici e delle aziende più classiche che assomigliano veramente a degli open space dove ci sono centinaia \u003Cmark>di\u003C/mark> persone che fanno dei turni \u003Cmark>di\u003C/mark> giorno e \u003Cmark>di\u003C/mark> notte e che fanno lavori \u003Cmark>di\u003C/mark> diverso tipo. \u003Cmark>Di\u003C/mark> solito queste sono delle mansioni un pochettino più complesse e delle mansioni soprattutto con aziende che lavorano da casa. Ci sono anche persone che impongono un certo livello \u003Cmark>di\u003C/mark> segreto industriale. Possono essere dei ministeri \u003Cmark>di\u003C/mark> governi stranieri, come abbiamo potuto vedere in Madagascar, a volte anche, e questo è molto più preoccupante, dei ministeri della difesa in diversi paesi stranieri e altre volte invece si tratta \u003Cmark>di\u003C/mark> grandi aziende, possono essere dei Google o delle Amazon, che hanno bisogno \u003Cmark>di\u003C/mark> dati \u003Cmark>di\u003C/mark> qualità.\r\nE' un'altra cosa che è stata molto eclatante, quello che quando noi l'abbiamo vissuto è stato certamente il più forte a livello \u003Cmark>di\u003C/mark> risultati. Stiamo parlando \u003Cmark>di\u003C/mark> un paio \u003Cmark>di\u003C/mark> anni fa, quando giustamente con i miei colleghi siamo andati andati diverse volte in Madagascar in realtà, perché è un paese abbastanza centrale.\r\nNel corso \u003Cmark>di\u003C/mark> questa missione, come la chiamiamo, nel 2022, siamo stati una settimana praticamente a vivere dentro, quasi, una casa che era stata trasformata in una fabbrica \u003Cmark>di\u003C/mark> click per l'intelligenza artificiale, una fabbrica \u003Cmark>di\u003C/mark> dati. Quindi ci dobbiamo immaginare una piccola casetta su due piani, con un garage, una soffitta, e praticamente in ogni stanza si entrava e c'erano da 20 a 30 persone su diversi computer che facevano dei task, che realizzavano della traduzione \u003Cmark>di\u003C/mark> dati o della notazione \u003Cmark>di\u003C/mark> dati, mettevano dei tag su delle immagini, vedi questo passo. Giorno e notte.\r\n\r\nNel caso specifico, uno dei casi, diciamo, più normali era quello \u003Cmark>di\u003C/mark> una azienda che aveva venduto degli scanner per i ristoranti aziendali. È presente quel tipo \u003Cmark>di\u003C/mark> situazione nei ristoranti aziendali. Si arriva con il vassoio, si passa il vassoio sotto uno scanner e questo vassoio ci dice automaticamente quanto dobbiamo pagare e quindi è tutto compactless e senza cassiere.\r\nQuello che non vi dicono è che però dall'altra parte del mondo ci sono delle persone che a volte in tempo reale fanno un lavoro \u003Cmark>di\u003C/mark> identificazione dei piatti del vostro vassoio. E questo è un lavoro che può diventare abbastanza complesso, soprattutto se consideriamo che, che ne so, i vassoi sono a volte in Germania e le persone che vedono che cosa c'è in questi vassoi si trovano in Mozambico, per esempio, e non ci sono gli stessi sistemi alimentari, non mangiano le stesse cose, non riconoscono gli stessi cibi. Quindi ci vuole tutto un lavoro \u003Cmark>di\u003C/mark> adattazione, \u003Cmark>di\u003C/mark> adattamento culturale. E un altro lavoro, invece, che è un altro progetto, che invece ci è sembrato particolarmente strano, poi siamo andati a grattare, lì era un'altra conferma \u003Cmark>di\u003C/mark> quello che sapevamo in realtà da lontano 2017, era che alcune \u003Cmark>di\u003C/mark> queste intelligenze artificiali non sono artificiali per niente. Ovvero, ossia, non c'è un vero e proprio algoritmo, ma c'è un finto algoritmo che in realtà è un certo numero \u003Cmark>di\u003C/mark> persone che a distanza realizzano questi task.\r\n\r\nQuindi l'esempio tipico, l'esempio vero, \u003Cmark>di\u003C/mark> cui parliamo poi nell'articolo, ma ne parliamo anche in altri contesti, è che, alcune persone che erano nel garage \u003Cmark>di\u003C/mark> questa casa \u003Cmark>di\u003C/mark> cui parlavo prima, facevano finta \u003Cmark>di\u003C/mark> essere una camera \u003Cmark>di\u003C/mark> videosorveglianza intelligente \u003Cmark>di\u003C/mark> quelle che si trovano nei supermercati.\r\nÈ una camera \u003Cmark>di\u003C/mark> videosorveglianza che viene venduta ai supermercati che riesce a riconoscere le persone e a interpretare i comportamenti delle persone. Se qualcuno ruba, non lo so, del cioccolato, del cibo per cani, questa camera, questa videocamera, invia un SMS al cassiere o alla cassiera e ci può essere un intervento in cui si può bloccare il ladro potenziale. Quello che non vi dicono è che in realtà questa videocamera intelligente è intelligente perché c'è l'intelligenza \u003Cmark>di\u003C/mark> questi lavoratori che vengono pagati molto poco e hanno dei turni abbastanza stretti, infatti devono in tempo reale comprendere quello che succede nei supermercati, hanno da 2 a 5 secondi per reagire e devono anche inviare dei finti sms automatici ai cassieri e alle cassiere in Europa, per esempio.\r\nQuindi si tratta \u003Cmark>di\u003C/mark> un caso che potrebbe essere assimilato a una frode, in realtà, ma che è molto più complesso e molto più comune, in realtà, perché tantissimi esempi \u003Cmark>di\u003C/mark> grandi intelligenze artificiali hanno dimostrato, e ci sono delle parti che non sono artificiali per niente.\r\nNel lontano 2019 abbiamo intervistato una persona che lavorava per Siri, quindi l'intelligenza artificiale \u003Cmark>di\u003C/mark> Apple, che diceva: \"io certe volte facevo l'intelligenza artificiale, perché certe volte Siri non funzionava bene e bisognava intervenire per fare un debugging in tempo reale\", per esempio. Solo che questo debugging in tempo reale significa simulare che ci sia un'intelligenza artificiale quando in realtà ci sono degli esseri umani. E questi esseri umani, questa è la parte più preoccupante, con questo finisco questo siparietto, erano anche molto mal pagati.\r\nPerché dobbiamo immaginarci che comunque, Antananarivo, la capitale del Madagascar, è una città grande, è una città relativamente cara rispetto al paese, che è un paese povero, ammettiamolo, però al tempo stesso la città non è una città nella quale si può vivere facilmente con qualche euro al mese. E nel caso specifico queste persone che addestravano o \"impersonavano\" un'intelligenza artificiale, venivano pagate tra i 90 e i 120 euro al mese. 90-120 euro al mese è ufficialmente il doppio del salario minimo del Madagascar, ma al tempo stesso non è sufficiente, soprattutto se queste persone hanno che ne so, una famiglia o dei figli . Quindi, sostanzialmente, queste persone erano anche bloccate in un lavoro precario e mal pagato che non gli permetteva \u003Cmark>di\u003C/mark> andare avanti.\r\nCon la loro carriera, con la loro vita, e ad avere delle prospettive, sostanzialmente, con il classico vicolo-ceco lavorativo che \u003Cmark>incontri\u003C/mark>amo tanto spesso ovunque nel mondo e sempre più spesso, ma che in questo caso diventa molto più grave perché è ufficialmente nel contesto della produzione \u003Cmark>di\u003C/mark> una delle più grandi fonti \u003Cmark>di\u003C/mark> ricchezza e \u003Cmark>di\u003C/mark> profitti degli ultimi anni, ovvero sia le intelligenze artificiali.\r\n\r\nE infatti l'esempio che hai dato mi ha ricordato due casi che erano emersi recentemente che avevamo avuto modo \u003Cmark>di\u003C/mark> commentare su questi microfoni , che uno è quello \u003Cmark>di\u003C/mark> Amazon dei negozi \"cashless\", che sembrava avere questo magico algoritmo che riesce a riconoscere in automatico quando le persone prendono un oggetto da uno scaffale, lo mettono nel carrello, gli addebitava diciamo il valore dell'oggetto, poi se magari lo rimettevano sullo scaffale glielo riaccreditava, eccetera. E rivelarono poi in realtà, si venne poi a scoprire che dietro questo magico algoritmo c'era un bacino \u003Cmark>di\u003C/mark> 20.000 lavoratori collocati in India, così come è uscito recentemente il caso \u003Cmark>di\u003C/mark> Presto Automation, una azienda in America che vendeva servizi \u003Cmark>di\u003C/mark> automazione alle casse per i fast food, il cui prodotto si era poi scoperto che aveva bisogno dell'intervento umano nel circa 70% dei casi. Quindi diciamo che la maggioranza poi delle azioni compiute da questi sistemi \u003Cmark>di\u003C/mark> appunto come dici te giustamente intelligenza artificiale dove poi dietro \u003Cmark>di\u003C/mark> artificiale non c'è niente, sono poi in realtà mantenuti da persone che spesso lavorano anche per una semplice questione \u003Cmark>di\u003C/mark> costi in paesi del secondo mondo, a prezzi che sarebbero diciamo inaccettabili nei paesi in cui quei negozi, quelle casse sono effettivamente collocate che poi alla fine è questo il vero vantaggio \u003Cmark>di\u003C/mark> questi strumenti. Perché tu alla fine hai un cassiere, , però lo paghi non al costo francese ma lo paghi al costo del Madagascar.\r\n\r\nCerto e c'è anche da aggiungere per esempio che non è soltanto questione \u003Cmark>di\u003C/mark> pagare i cassieri, ma cosa questo caso \u003Cmark>di\u003C/mark> off-shoring forzato determina per esempio per gli stati.\r\nTanto gli stati dei paesi a reddito basso, che hanno un costo \u003Cmark>di\u003C/mark> circa 25 miliardi \u003Cmark>di\u003C/mark> euro. C'è un costo \u003Cmark>di\u003C/mark> circa 25 miliardi \u003Cmark>di\u003C/mark> euro \u003Cmark>di\u003C/mark> reddito basso che per gli stati \u003Cmark>di\u003C/mark> paesi come per esempio, non lo so, i paesi europei c'è una perdita in termini \u003Cmark>di\u003C/mark> introiti fiscali, in termini \u003Cmark>di\u003C/mark> contributi, in termini \u003Cmark>di\u003C/mark> tutta una serie \u003Cmark>di\u003C/mark> altri servizi che normalmente sono dei servizi pubblici che sono finanziati a partire dal lavoro delle persone e a partire dalle aziende che pagano correttamente i lavoratori.\r\nSe queste aziende si sottraggono ai loro obblighi che ripeto sono \u003Cmark>di\u003C/mark> natura fiscale, contributiva, \u003Cmark>di\u003C/mark> previdenza sociale. Se si sottraggono a questi obblighi sostanzialmente stiamo sabotando lo stato sociale europeo in più oltre a danneggiare gli stati dei paesi terzi.\r\nNonché anche una cosa interessante che veniva fuori dalla ricerca, questo processo modifica anche il lavoro \u003Cmark>di\u003C/mark> chi rimane nel paese dove viene erogato il servizio.\r\nNella parte dei cassieri era anche abbastanza interessante vedere come il lavoro, per la parte delle videocamere \u003Cmark>di\u003C/mark> sicurezza, il lavoro dei cassieri e delle cassiere che rimangono sul posto viene a tutti gli effetti modificato perché si devono fare carico anche delle segnalazioni che vengono fatte dalle intelligenze artificiali o non artificiali remote, e quindi c'è paradossalmente un aumento del lavoro o anche una degradazione \u003Cmark>di\u003C/mark> chi mentre sta facendo un mestiere ne deve affiancare un'altro perché deve farsi interfaccia dell'intelligenza artificiale.\r\n\r\nEcco, su questo infatti ti volevo chiedere, riguardo poi a quella che è stata la vostra ricerca, se magari avete avuto modo \u003Cmark>di\u003C/mark> parlarne sia con chi in questo caso in Francia si trovava appunto ad avere il proprio lavoro modificato da queste intelligenze artificiali o nel caso specifico in Madagascar da chi è, nella componente degli sfruttati in questo colonialismo digitale, come queste persone poi percepiscano questa nuova trasformazione.\r\nMi riferisco in particolare a chi poi dà animo e forza a questi presunti algoritmi artificiali, \u003Cmark>di\u003C/mark> come poi questi percepiscano il fatto che quegli strumenti, quei prodotti in occidente vengano venduti come frutto della dell'intelligenza artificiale, e non come invece frutto del loro lavoro costante e quotidiano.\r\n\r\nGiustissima domanda che permette, che mi permette anche \u003Cmark>di\u003C/mark> raccontare un po' cosa facciamo oltre a girare il mondo e risolvere misteri come Scooby Doo.\r\nQuesta è la parte dove andiamo a raccogliere dati, intervistare persone, è una parte del nostro lavoro, poi c'è tutto quello che ha a che fare con aiutare i lavoratori a prendere coscienza, sviluppare soggettività, a organizzarsi e aiutare anche a volte stati, istituzioni internazionali o addirittura sindacati a inquadrare e aiutare e accompagnare meglio questi lavoratori, questo è un lavoro molto più vasto che però facciamo in diversi paesi del mondo. Ti do qualche esempio \u003Cmark>di\u003C/mark> come si può lavorare con per esempio i lavoratori in Europa che sono direttamente in Europa.\r\n\r\nPoi abbiamo un altro problema è che i lavoratori non sono stati colpiti da questa situazione, spesso sapendolo, cioè noi abbiamo a che fare con, per esempio non lo so, giusto ieri stavo continuando un lavoro con un'azienda francese, questa azienda francese ha subito un piano \u003Cmark>di\u003C/mark> ristrutturazione che è risultato in 250 licenziamenti, questi licenziamenti sono stati giustificati dall'arricuz \u003Cmark>di\u003C/mark> CIGPT e dell'intelligenza artificiale come se fosse una novità, il solito pretesto, in realtà i lavoratori hanno scoperto immediatamente dietro questa finta automatizzazione si nascondeva un caso \u003Cmark>di\u003C/mark> outsourcing \u003Cmark>di\u003C/mark> diverse centinaia \u003Cmark>di\u003C/mark> persone in un paese africano che erano messe lì a lavoro per far finta \u003Cmark>di\u003C/mark> essere un'intelligenza artificiale che ufficialmente ha distrutto i loro posti \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro. Quindi in questo caso la rivendicazione dei lavoratori licenziati che cercano \u003Cmark>di\u003C/mark> essere reintegrati o che cercano \u003Cmark>di\u003C/mark> essere rimborsati dei danni subiti si combina con il riconoscimento, con il fatto che sono oramai coscienti del fatto che ci sono masse \u003Cmark>di\u003C/mark> altri lavoratori in paesi terzi, nel caso specifico non soltanto in Africa ma anche in India per questa azienda \u003Cmark>di\u003C/mark> cui sto parlando e che quindi diventa una lotta internazionalista, ma perché internazionale \u003Cmark>di\u003C/mark> fatto?\r\n\r\nPerché non si possono risolvere i problemi \u003Cmark>di\u003C/mark> gente in Europa senza al tempo stesso prendere in conto quale ruolo e quali sono anche i danni subiti da persone in paesi terzi. Naturalmente noi lavoriamo anche in diversi paesi nei quali abbiamo condotto queste inchieste, nel caso specifico i due paesi sui quali stiamo lavorando \u003Cmark>di\u003C/mark> più ancora sono Madagascar e Kenya in Africa ci sono altri lavori in corso per paesi sudamericani come il Brasile e altri paesi africani come l'Egitto ma sono più diciamo così embrionali come come tipi \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro. Che tipo \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro facciamo? Beh a volte lavoriamo con le aziende, le aziende significa le piattaforme, per convincerle\r\nqueste piattaforme che sfruttano i lavoratori a trattarli meglio.\r\nE quindi adottare degli standard \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro equo, questi sono degli standard che sono stabiliti da un'organizzazione che si chiama Fair Work Project, che è condotta da nostri colleghi dell'Università \u003Cmark>di\u003C/mark> Oxford. Altre volte si tratta \u003Cmark>di\u003C/mark> applicare sostanzialmente le regole \u003Cmark>di\u003C/mark> gli standard internazionali \u003Cmark>di\u003C/mark> difesa del lavoro degno che invece sono stabiliti dall'ILO, cioè la International Labour Organization e con i quali, lavoriamo su altri progetti.\r\nQuindi sostanzialmente si tratta in certi casi \u003Cmark>di\u003C/mark> far applicare la legge, in altri casi si tratta \u003Cmark>di\u003C/mark> aiutare lo sviluppo \u003Cmark>di\u003C/mark> soggettività collettive da parte dei lavoratori. Per esempio quello che sta succedendo in Kenya è da una parte preoccupante, perché l'ordine pubblico del paese si è molto degradato, ma allo stesso molto interessante perché il Kenya è un paese che è stato al centro \u003Cmark>di\u003C/mark> una serie \u003Cmark>di\u003C/mark> rivelazioni molto forti negli ultimi due anni. Si è scoperto sostanzialmente che sia Meta, ovvero sia Facebook, che OpenAI, ovvero sia ChatGPT, si sono serviti \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoratori keniani per adestrare le loro intelligenze artificiali, produrre dati e fare altri tipi \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro.\r\nQueste persone si sono in frattempo organizzate in diversi sindacati, uno si chiama Tech Workers, un altro si chiama African Content Moderators, sono dei sindacati che hanno oramai migliaia \u003Cmark>di\u003C/mark> iscritti e che partecipano anche alle manifestazioni che si stanno svolgendo in questo momento in Kenya contro la riforma finanziaria \u003Cmark>di\u003C/mark> quel paese. Quindi sostanzialmente vediamo progressivamente delle persone, delle organizzazioni che nascono all'interno \u003Cmark>di\u003C/mark> questo settore, che è dopo tutto un settore abbastanza sconosciuto, anche se veramente avrei dei dubbi a definirlo come un settore \u003Cmark>di\u003C/mark> nicchia, visto il numero \u003Cmark>di\u003C/mark> persone che secondo le stime degli ultimi anni iniziano ad esserci dentro, ma che si articolano, si combinano con movimenti molto più vasti e quindi ci sono anche delle forme embrionali \u003Cmark>di\u003C/mark> costruzione \u003Cmark>di\u003C/mark> coscienza \u003Cmark>di\u003C/mark> classe, se vogliamo, o \u003Cmark>di\u003C/mark> costruzione \u003Cmark>di\u003C/mark> movimenti multitudinari nei quali questi laboratori \u003Cmark>di\u003C/mark> dati entrano a far parte.\r\n\r\nMi sposterei un attimo su una questione che avevo ripreso appunto dal tuo libro Schiavi del Clic, ma che poi insomma è anche ricitato in vari articoli, che è noto come il paradosso \u003Cmark>di\u003C/mark> Solow su come sia stato misurato che la digitalizzazione nella manifattura e l'automazione nei servizi non abbiano poi portato a un reale aumento della produttività, anzi addirittura all'inizio del ventunesimo secolo si misura una decrescita nella produttività portata da questi strumenti.\r\nStrumenti che invece avrebbero dovuto, non dico sostituire il lavoro umano, ma quantomeno aumentarne la capacità produttiva.\r\nDa questo punto \u003Cmark>di\u003C/mark> vista, se la digitalizzazione ha avuto un impatto tanto trascurabile, perché rimane comunque una delle principali voci \u003Cmark>di\u003C/mark> investimentoda parte \u003Cmark>di\u003C/mark> grandi corporazioni e dei governi?\r\n\r\nAllora, do una precisazione piccolissima \u003Cmark>di\u003C/mark> natura statistica, anche se poi un po' scocciante, pedante da parte mia, quello che diminuisce è il tasso \u003Cmark>di\u003C/mark> crescita della produttività, quindi significa che la produttività continua a crescere, certo, ma in maniera molto meno veloce e in certi casi la crescita si è interrotta, non c'è una diminuzione della produttività, ecco, significa che sostanzialmente a forza tu puoi introdurre tutta l'automazione che vuoi, la produttività non cresce, poi la produttività cresce anche per altri motivi, perché sostanzialmente se ci sono altri metodi che non sono \u003Cmark>di\u003C/mark> natura automatica, ma possono essere, che ne so, riorganizzazione del lavoro, oppure la disponibilità \u003Cmark>di\u003C/mark> infrastrutture, la produttività potrebbe crescere, ma quello che giustamente sottolinei nella tua domanda è per quale motivo, malgrado i risultati dell'automatizzazione non ci siano dal punto \u003Cmark>di\u003C/mark> vista della produttività, si continua a investire tanto?\r\nBeh, perché risponderei, ci sono dei risultati per gli investitori in termini \u003Cmark>di\u003C/mark> profitto, in termini \u003Cmark>di\u003C/mark> rendita economica, quindi malgrado la produttività non aumenti, loro riescono comunque a creare dei profitti, e creare dei profitti sostanzialmente grazie al fatto che oggi come oggi non hai bisogno \u003Cmark>di\u003C/mark> avere un prodotto che funziona e nemmeno \u003Cmark>di\u003C/mark> venderlo volendo, perché le grandi aziende e le grandi piattaforme degli ultimi anni sono basate su un'idea \u003Cmark>di\u003C/mark>, a grosso modo, \u003Cmark>di\u003C/mark> soppensioni da parte dei produttori. Quindi, la città è un'azienda, che ha delle piccole aziende che vengono fatte a volte \u003Cmark>di\u003C/mark> stati e a volte \u003Cmark>di\u003C/mark> grandi investitori, è quello che si chiama il venture capitalism, quindi significa che ci sono dei grandi finanziatori che ti pagano, ti danno dei finanziamenti, delle sovvenzioni \u003Cmark>di\u003C/mark> centinaia \u003Cmark>di\u003C/mark> miliardi e sperano che un giorno forse tu riuscirai a fare un profitto, ma in certi casi, ti posso citare il caso \u003Cmark>di\u003C/mark> Uber, questo profitto non arriva mai.\r\nUber è arrivato a fare un utile , alla fine dell'anno scorso, a mostrare per la prima volta da quando è stata creata un minimo \u003Cmark>di\u003C/mark> profitto, non perché è riuscita a vendere meglio il suo prodotto, ovvero la sua piattaforma, che continua a essere in perdita. Uber in realtà spende molto \u003Cmark>di\u003C/mark> più a convincerti a usare Uber che non quello che guadagna facendoti usare Uber.\r\nSono riusciti a fare un minimo \u003Cmark>di\u003C/mark> profitto perché hanno fatto un'acquisizione \u003Cmark>di\u003C/mark> un'altra azienda che aveva un bilancio positivo.\r\nMa questo significa sostanzialmente che ci sono delle incitazioni, degli incentivi per i grandi investitori \u003Cmark>di\u003C/mark> continuare a investire nell'intelligenza artificiale, anche se poi il tornaconto non c'è. Certo non c'è il tornaconto a livello collettivo perché gli stati non ci guadagnano abbastanza, i lavoratori certamente non ci guadagnano in questa situazione e le aziende stesse continuano a fare perdite, ma in questo caso \u003Cmark>di\u003C/mark> venture capitalism ci sono ancora degli imbecilli che continuano a finanziarli. Questi imbecilli sono degli imbecilli pericolosi.\r\nStiamo parlando \u003Cmark>di\u003C/mark> persone del calibro \u003Cmark>di\u003C/mark> Mark Andresen o Peter Thiel. Dei nomi che forse non dicono niente alle persone che ci ascoltano. La cosiddetta paypal mafia anche nota. Sì esattamente. Persone che sono vicine a noti esponenti dell'estrema destra come Elon Musk e compagnie. Loro stessi sono delle persone \u003Cmark>di\u003C/mark> estrema destra. Mark Andresen è uno che pubblicamente ha dichiarato \u003Cmark>di\u003C/mark> quanto era bello il colonialismo. Peter Thiel è un eugenista dichiarato. Un pro-trumpiano nichilista , e queste persone sono quelli che continuano a finanziare questi grandi sforzi \u003Cmark>di\u003C/mark> investimento che sono pericolosi dal punto \u003Cmark>di\u003C/mark> vista sociale, dal punto \u003Cmark>di\u003C/mark> vista economico e aggiungerei anche, anche se poi \u003Cmark>di\u003C/mark> questo ne parliamo più recentemente in testi che non sono ancora stati tradotti in inglese in certi casi, anche hanno un impatto ecologico serissimo.\r\nPerché investire in grandi infrastrutture come ChatGPT significa anche investire in data center, significa investire nell'estrazione mineraria e nell'uso \u003Cmark>di\u003C/mark> energie che non sono certamente sostenibili.\r\nNon sono certamente un caso \u003Cmark>di\u003C/mark> tecnologia verde malgrado il fatto che cerchino costantemente \u003Cmark>di\u003C/mark> vendersi come green AI, quindi \u003Cmark>di\u003C/mark> fare un pochettino \u003Cmark>di\u003C/mark> ripulitura e \u003Cmark>di\u003C/mark> riciclaggio. Quindi l'uso fatto della retorica ecologista per cercare \u003Cmark>di\u003C/mark> vendere quello che fanno ha un serio impatto se pensiamo soltanto agli investimenti proposti da Sam Altman, quindi uno dei principali creatori \u003Cmark>di\u003C/mark> ChatGPT, stiamo parlando \u003Cmark>di\u003C/mark> un fabbisogno energetico che supera ampiamente tutte le tecnologie che abbiamo avuto finora.\r\nE quindi questo servirebbe soltanto a creare cosa? Un chatbot che risponde alle mie richieste astuse \u003Cmark>di\u003C/mark> ricette, magari la ricetta \u003Cmark>di\u003C/mark> una torta ssacher ma scritte come fosse un sonetto \u003Cmark>di\u003C/mark> Shakespeare, che è la cosa più inutile del mondo a pensarci.\r\n\r\n\r\nAntonio su questo non so se ci puoi dedicare ancora qualche minuto, volevo su questo farti ancora due domande proprio sul tema ambientale.\r\nAnche da questi microfoni abbiamo più volte portato approfondimenti, per esempio un dato delle ultime settimane è che le previsioni sono che i data center negli Stati Uniti consumeranno il 10% \u003Cmark>di\u003C/mark> tutta l'elettricità prodotte nel paese entro il 2030, ogni settimana escono annunci \u003Cmark>di\u003C/mark> questo tipo. E in generale, anche invece riportando un po' l'argomento su un piano politico, negli ultimi anni c'è stato un tentativo a più riprese \u003Cmark>di\u003C/mark> creare punti \u003Cmark>di\u003C/mark> convergenza tra quelle che sono le distopie digitali che con te abbiamo sottolineato in questa intervista e invece delle lotte ambientali che rappresentano sicuramente un punto \u003Cmark>di\u003C/mark> vista anche un po' più avanzato dal punto \u003Cmark>di\u003C/mark> vista anche dello stato \u003Cmark>di\u003C/mark> salute dei movimenti. Basti pensare appunto che termini costrutti \u003Cmark>di\u003C/mark> ricerca come l'estrattivismo digitale e altri sono stati proprio mutuati da una parte all'altra, presi dal mondo dell'ecologia.\r\nEcco, questo è sicuramente un tentativo che si è fatto, molto interessante, però noi rileviamo anche che negli ultimi anni questa potenziale alleanza e punti \u003Cmark>di\u003C/mark> convergenza stenta un po' a costruirsi. Non so, anche dal nostro punto \u003Cmark>di\u003C/mark> vista spesso e volentieri abbiamo cercato \u003Cmark>di\u003C/mark> portare questi discorsi all'interno anche \u003Cmark>di\u003C/mark> iniziative politiche e movimenti, ma si fa un po' fatica, un po' per la natura delle lotte ambientali che pur essendo a una vocazione sicuramente internazionale \u003Cmark>di\u003C/mark> ampio respiro spesso sono estremamente localizzate, e invece lavori come il tuo ad esempio che ci portano a attraversare delle filiere che poi camminano un po' in tutto il mondo.\r\nEcco, tu come vedi questa situazione? Come vedi il rapporto in generale e quali potrebbero essere secondo te nuovi punti \u003Cmark>di\u003C/mark> convergenza tra le movimenti nel digitale sia sindacali che internazionali?\r\n\r\nAllora, diciamo che in un certo senso penso che i problemi siano \u003Cmark>di\u003C/mark> due tipi il primo è che attualmente i movimenti ambientalisti a livello internazionale sono ancora molto diversi e che non c'è stata una chiara separazione tra, diciamo, un'ala riformista, chiamiamola così sostanzialmente quella che è più compatibile con delle istanze capitaliste e quindi sostanzialmente per farla corta sono quelli che propongono l'idea che c'è una tecnologia sostenibile basta semplicemente scegliere il meno peggio o addirittura pensare a una tecnologia che possa essere effettivamente green e dall'altra parte un'area massimalista dei movimenti ecologistici che invece sostanzialmente sostengono quella che possiamo chiamare una redirezione ecologica ovvero bisogna veramente avere un sussulto politico per cambiare completamente la maniera \u003Cmark>di\u003C/mark> considerare queste cose e né l'una né l'altra nel caso specifico al \u003Cmark>di\u003C/mark> là \u003Cmark>di\u003C/mark> queste diciamo \u003Cmark>di\u003C/mark> questa complessità dei movimenti ecologici attuali ambientalisti attuali né l'una né l'altra ha una visione completa se vogliamo forse un po' quelli della redirezione ecologica perché ci sarebbe bisogno \u003Cmark>di\u003C/mark> avere una specie \u003Cmark>di\u003C/mark> cartografia \u003Cmark>di\u003C/mark> che cosa fanno le intelligenze artificiali a non soltanto le filiere o le supply chains ma anche a posti che sono a volte molto distanti da noi ed è difficile immaginarsi quali sono le condizioni \u003Cmark>di\u003C/mark> vita o quali sono le condizioni stesse ambientali in paesi come la Bolivia considerando che la maggior parte \u003Cmark>di\u003C/mark> noi non ci ha mai messo piede in Bolivia immaginarsi che ci siano l'adi \u003Cmark>di\u003C/mark> sale come è il caso \u003Cmark>di\u003C/mark> Bolivia e \u003Cmark>di\u003C/mark> Uyuni che è il più grande giacimento \u003Cmark>di\u003C/mark> litio del mondo che è talmente centrale per le nostre batterie \u003Cmark>di\u003C/mark> tutto quello che abbiamo in tasca dallo smartphone al tablet per chi ce l'ha le biciclette elettriche o i veicoli elettrici, le automobili questa cosa \u003Cmark>di\u003C/mark> immaginarsi quanto importante sia un posto talmente lontano da noi da qualcosa che è così vicino a noi che abbiamo nelle nostre tasche questo è uno sforzo serio è uno sforzo serio che però ha nel futuro una necessità \u003Cmark>di\u003C/mark> svilupparsi e che si svilupperà purtroppo perché queste lotte ecologiche arrivano sempre più vicino a noi se pensiamo in particolare a una faccenda che è un po' diversa la questione dei data center i data center non sono per la maggior parte situati in paesi terzi a basso reddito ma sono per la maggior parte dei casi messi dietro l'angolo rispetto a noi sono in Italia, sono in Francia sono negli Stati Uniti certo sono anche in Cina e in maniera crescente perché la Cina non è più da tanti tanti anni un paese povero ma sono sostanzialmente nel nord del mondo e nel nord del mondo sono dei posti dove sono delle strutture che pesano molto sul consumo energetico paesi come l'Irlanda che sono oggi dei grandi hub per i data center sono dei paesi nei quali l'infrastruttura \u003Cmark>di\u003C/mark> produzione dell'elettricità è molto affaticata dalla presenza \u003Cmark>di\u003C/mark> questi data center in Spagna si stanno sviluppando dei collettivi che mettono insieme tecnologia e piuttosto critica tecnologica e critica ecologica che si oppongono per esempio alla creazione \u003Cmark>di\u003C/mark> nuovi data center in posti che specialmente in Spagna sono già desertici e che quindi non hanno bisogno in più \u003Cmark>di\u003C/mark> questo ennesimo peso quindi queste sono delle prospettive che sono interessanti e aggiungo che sono interessanti purtroppo perché sono delle questioni e dei problemi ecologici sempre più pressanti che arrivano sempre più vicino alle nostre case e che se finora non c'è stata una diciamo così un'alleanza tra movimenti \u003Cmark>di\u003C/mark> critica tecnologica e movimenti \u003Cmark>di\u003C/mark> rivendicazione legate all'ambiente questo secondo me cambierà molto presto\r\n\r\n \r\n\r\nHai qualcosa da aggiungere o altri riferimenti che vuoi darci per chi ci ascolta per seguire il vostro lavoro o anche altri lavori che reputi interessanti su questi temi?\r\n\r\nAllora voglio invitare coloro che ci ascoltano se sono interessati e interessate, l'otto luglio c'è il lancio a distanza, nel senso che è un evento virtuale ed è gratis, e si può partecipare da tutto il mondo, che si chiama Workers Inquiry. Per gli italiani traduzione è semplicemente inchiesta operaia.\r\nWorkers Inquiry è il lavoro, la produzione \u003Cmark>di\u003C/mark> una mia carissima collega e amica e anche lei membra \u003Cmark>di\u003C/mark> DiPLab che si chiama Milagros Miceli che è una ricercatrice che da tanti anni lavora a Berlino per il Weizenbaum Institute e che ha avuto questa idea assolutamente geniale, ovvero piuttosto che, come lo facciamo noi da tanti anni, girare il mondo e andare a intervistare persone, aiutare i lavoratori dei dati, ovvero i microlaboratori \u003Cmark>di\u003C/mark> cui ho parlato finora, questi che attestano l'intelligenza artificiale, a raccontare le loro stesse condizioni \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro e a condurre loro stessi delle inchieste sulle proprie condizioni \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro.Ed è una maniera \u003Cmark>di\u003C/mark> effettivamente ricollegarsi alla grande tradizione operaista.\r\nMa vi posso anche assicurare che è un risultato anche da un punto \u003Cmark>di\u003C/mark> vista sociale, politico, perché ci sono queste persone che l'8 luglio parleranno durante il lancio \u003Cmark>di\u003C/mark> questa \u003Cmark>iniziativa\u003C/mark> e quindi vedrete testimonianze \u003Cmark>di\u003C/mark> persone dal Kenya, dall'Iran, dal Venezuela, da tanti altri posti e dalla Germania ovviamente, ma soprattutto ci sono anche degli estratti video che sono \u003Cmark>di\u003C/mark> grandissima qualità. Quindi vi consiglio \u003Cmark>di\u003C/mark> cercare Workers Inquiry Milagros Miceli su internet e \u003Cmark>di\u003C/mark> connettervi l'8 luglio, quindi tra qualche giorno.",[1105],{"field":94,"matched_tokens":1106,"snippet":1102,"value":1103},[71,131,71],1733920985343590400,{"best_field_score":1109,"best_field_weight":107,"fields_matched":11,"num_tokens_dropped":43,"score":1110,"tokens_matched":35,"typo_prefix_score":11},"2216175992832","1733920985343590513",6663,{"collection_name":225,"first_q":177,"per_page":99,"q":177},8,{"title":1115,"slug":1116},"Bobina","bobina-intelligente",["Reactive",1118],{},["Set"],["ShallowReactive",1121],{"$f_gHogzgsXwyL7KBO1jhzKvSrPuXuDt76udnDdqtTLrs":-1,"$fCR8XLcHAGnyDRTTmmZhqiLZlx8MlL2CPP81p5SoXevQ":-1},true,"/search?query=iniziativa+di+incontri"]