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La gente non smobilita, può essere che ci abbia preso anche gusto. Certo è che oltre alla partita giocata contro il debole Yanukovich, a quelle latitudini se ne gioca un ben più importante, che la Russia non vuole perdere e che l'Europa non sembra in grado di giocare per conto proprio. La Merkel ha abbaiato ma non troppo forte e la soluzione immediata sfociata nella liberazione della Timoshenko sembra in realtà essere il male minore per tutti. In fondo non cambierebbe molto negli assetti di potere ucraini e alla fine ne uscirebbero soddisfatte tanto le oligarchie nazionali che i \"mercati\" internazionali. Le variabili restano molte. Innanzitutto, la piazza stessa, che la politica istituzionale vorrebbe asservita alle sue logiche ma che ha più riprese ha mostrato di seguire obiettivi propri, per quanto affastellati anche su piani coincidenti con quelli dell'estrema destra. In secondo luogo i fascisti istituzionali di Svoboda e quelli extraparlamentari di Pravi Sector, forza autonoma paramilitare che si è messa al servizio del popolo facendosi prima linea della rivoluzione e cercherà forse di giocare in proprio mentre Svoboda entrerebbe nella coalizione di governo ma per forzarne l'impeto in senso sciovinista. In terzo luogo gli ucraini russofoni delle regioni orientali, più ricchi dei cugini dell'ovest, storicamente più orientati verso la Russia e depositari di tradizioni filosovietiche ben sedimentate. Per il momento lo smembramento del paese non sembrai interessare nessuno ma abbiamo già visto prodursi dinamiche simili ad est e gli effetti sono stati devastanti, con la politica istituzionale ben pronta a soffiare sugli attriti interetnici. Spingendoli all'odio esasperato o inventandoli, di volta in volta, per conseguire precisi obiettivi politici e militari.\r\n\r\nAbbiamo raggiunto al telefono Matteo Tacconi, inviato in Ucraina per Il Manifesto.\r\n\r\nTacconi","25 Febbraio 2014","2014-02-27 12:43:40","Piazza Maidan: fascismi e proletari.",1393332689,[133,68,134,135,136],"http://radioblackout.org/tag/fascismi/","http://radioblackout.org/tag/piazza-maidan/","http://radioblackout.org/tag/rivoluzioni/","http://radioblackout.org/tag/ucraina/",[138,19,32,28,139],"fascismi","Ucraina",{"tags":141},[142,144,146,148,150],{"matched_tokens":143,"snippet":138},[],{"matched_tokens":145,"snippet":101},[19],{"matched_tokens":147,"snippet":32},[],{"matched_tokens":149,"snippet":28},[],{"matched_tokens":151,"snippet":139},[],[153],{"field":35,"indices":154,"matched_tokens":155,"snippets":157},[21],[156],[19],[101],{"best_field_score":118,"best_field_weight":119,"fields_matched":21,"num_tokens_dropped":47,"score":120,"tokens_matched":21,"typo_prefix_score":47},{"document":160,"highlight":184,"highlights":189,"text_match":193,"text_match_info":194},{"cat_link":161,"category":162,"comment_count":47,"id":163,"is_sticky":47,"permalink":164,"post_author":50,"post_content":165,"post_date":166,"post_excerpt":53,"post_id":163,"post_modified":167,"post_thumbnail":168,"post_thumbnail_html":169,"post_title":170,"post_type":58,"sort_by_date":171,"tag_links":172,"tags":178},[44],[46],"90557","http://radioblackout.org/2024/06/dalla-palestina-alle-metropoli-la-sfida-decoloniale-louisa-yousfi-youssef-boussoumah-speciale-info-da-fisica-occupata-per-la-palestina/","In diretta con lo studio mobile di Radio Blackout dalla facoltà di Fisica occupata ormai da un mese in sostegno alla lotta di liberazione del popolo palestinese e contro il genocidio israeliano, una puntata speciale a cura della redazione informativa di Radio Blackout. In collegamento sui 105,250 LOUISA YOUSFI e YOUSSEF BOUSSOUMAH, militanti decoloniali attivi/e in Francia nei percorsi di solidarietà con la Palestina, nelle lotte del proletariato coloniale nelle metropoli francesi e contro le politiche razziste della Republique, in un dibattito aperto con gli studenti e le studentesse occupanti della facoltà.\r\n\r\nIl racconto e l'analisi della storia di oppressione del popolo palestinese fanno spesso riferimento all'identità di Israele come uno Stato coloniale, che impone il proprio dominio non solo attraverso la forza bruta, ma anche attraverso la narrazione e la rappresentazione dei palestinesi come soggetti inferiori, arretrati e sanguinari, in irriducibile contrasto con i valori liberali espressi da una società israeliana che si considera avamposto della civiltà occidentale in un Medioriente ostile, fanatico ed oscurantista. L'idea di colonizzazione non è tuttavia un fenomeno esclusivo di Israele, quanto la chiave di volta dell'imperialismo ed uno dei meccanismi gerarchici e di dominio su cui si sono storicamente costruite le società occidentali. Il colonialismo - e la società occidentale tutta - non sono però immaginabili senza categorie ontologiche che ne giustifichino l’esistenza: l’Occidente coloniale è incapace di definire sé stesso se non in opposizione ad un’alterità radicale, quella di un’umanità non bianca, arretrata e naturalmente gerarchicamente inferiore, sulla quale altrettanto naturalmente imporre un dominio. Quando sembrano docili ed innocui, i colonizzati sono considerati selvaggi, ridotti ad uno stadio primitivo dello sviluppo umano, da addomesticare, sfruttare e condurre per mano sulla via di un progresso che, invariabilmente, li relegherà tra gli ultimi. Quando invece si ribellano, quando rifiutano il ruolo di vittime della colonizzazione, agli occhi dell’Occidente diventano alieni sanguinari, qualcosa di antitetico ed incompatibile con i fondamenti stessi della civiltà occidentale, barbari in guerra con i valori sacri di un’identità da imporre con la violenza ai refrattari.\r\nQuesta descrizione della resistenza dei colonizzati e di chi si ribella ad un'oppressione secolare dà la cifra della risposta delle società coloniali alle insurrezioni che periodicamente si sviluppano tra gli insubordinati delle sue periferie coloniali. Dai giovani delle metropoli francesi, americane ed europee in rivolta contro gli omicidi della polizia al popolo palestinese, che fa della resistenza allo stato coloniale di Israele un elemento chiave delle propria identità nazionale. Ogni atto di rivolta, per l'Occidente, non può che essere il prodotto di una massa di barbari, abitanti insubordinati di un pianeta diverso che non possono essere ricondotti all'ordine se non con l'unico linguaggio che sono in grado di intendere, quello della violenza e dello sterminio. Qui la PUNTATA COMPLETA:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/puntata-completo.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nL'intervista con LOUISA YOUSFI, militante decoloniale ed autrice di «Restare Barbari», in cui discutiamo dei concetti di colonialità, della costruzione coloniale delle società occidentali e della relazione che lega le strategie di repressione ed integrazione repubblicana sul proletariato indigeno delle periferie francesi alla dominazione sionista sul popolo palestinese, con un occhio all'evoluzione attuale del quadro politico francese che vede il rischio di una deriva fascista contro cui organizzarsi per garantire la sopravvivenza stessa dei percorsi di lotta decoloniali e anticapitalisti.\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/LOUISA-YOUSFI.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nL'intervista con YOUSSEF BOUSSOUMAH, storico e militante dei percorsi di solidarietà con la Palestina, che traccia l'evoluzione delle lotte di sostegno alla resistenza Palestinese in Francia, della storia del progetto di dominazione israeliano e delle possibilità di resistenza ad un’architettura ideologica che giustifica e pone le condizioni per perpetuare l’oppressione dei propri soggetti colonizzati, dagli omicidi polizieschi nelle periferie francesi al genocidio del popolo Palestinese.\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/YOUSSEF-BOSSOUMAH.mp3\"][/audio]","17 Giugno 2024","2024-06-18 10:11:30","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/WhatsApp-Image-2024-06-13-at-19.23.16-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"300\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/WhatsApp-Image-2024-06-13-at-19.23.16-300x300.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/WhatsApp-Image-2024-06-13-at-19.23.16-300x300.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/WhatsApp-Image-2024-06-13-at-19.23.16-1024x1024.jpeg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/WhatsApp-Image-2024-06-13-at-19.23.16-150x150.jpeg 150w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/WhatsApp-Image-2024-06-13-at-19.23.16-768x768.jpeg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/WhatsApp-Image-2024-06-13-at-19.23.16-690x690.jpeg 690w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/WhatsApp-Image-2024-06-13-at-19.23.16-170x170.jpeg 170w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/WhatsApp-Image-2024-06-13-at-19.23.16.jpeg 1080w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","DALLA PALESTINA ALLE METROPOLI: LA SFIDA DECOLONIALE - LOUISA YOUSFI, YOUSSEF BOUSSOUMAH - SPECIALE INFO DA FISICA OCCUPATA PER LA PALESTINA",1718657997,[173,174,175,176,177],"http://radioblackout.org/tag/decoloniale/","http://radioblackout.org/tag/banlieue/","http://radioblackout.org/tag/decolonizzazione/","http://radioblackout.org/tag/francia/","http://radioblackout.org/tag/palestina/",[179,180,181,182,183],"#decoloniale","banlieue","decolonizzazione","francia","palestina",{"post_content":185},{"matched_tokens":186,"snippet":187,"value":188},[19],"risposta delle società coloniali alle \u003Cmark>insurrezioni\u003C/mark> che periodicamente si sviluppano tra","In diretta con lo studio mobile di Radio Blackout dalla facoltà di Fisica occupata ormai da un mese in sostegno alla lotta di liberazione del popolo palestinese e contro il genocidio israeliano, una puntata speciale a cura della redazione informativa di Radio Blackout. 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Durante i dodici giorni di rivolta che hanno infiammato il paese contro il paquetazo di Lenín Moreno e contro il FMI, popolazioni indigene, disoccupat*, lavoratrici, femministe e studenti hanno détournato il termine facendolo diventare una parola d'ordine. Da qui nasce la revolución de los zánganos: l'ape è diventata un simbolo dell'insurrezione popolare.\r\nL'ondata di scontri e proteste che è riuscita ad imporre l'abrogazione dell'odiato decreto 883 - mirante ad aumentare il prezzo del carburante (e quindi di tutto) per ripagare il prestito che il governo ha contratto con l’FMI per coprire un condono di 4.5 miliardi di dollari in favore del settore bancario e imprenditoriale - è iniziata con uno sciopero dei trasportatori, a cui si sono unite in massa le popolazioni indigene delle montagne e le classi sfruttate delle città. Il governo ha subito trattato con il settore dei trasporti, fortemente reazionario, aumentando il costo dei biglietti e delle tariffe dei taxi. Così lo sciopero è terminato.\r\nGli sfruttati non si sono però fermati, ed al grido di El paro no para (lo sciopero non si ferma) hanno messo in campo una delle più grandi insurrezioni popolari degli ultimi trent’anni in Ecuador. Una fiammata che ha risvegliato dal torpore le classi povere, sprofondate nell'ultimo decennio, anche a causa dell'eredità del \"correismo\", in un pantano dove nulla si muoveva e dove pochi osavano alzare la voce. In particolare, le comunità indigene hanno dimostrato ancora una volta la propria forza e determinazione nella lotta contro il colonialismo neoliberista, scendendo dalla sierra per contribuire in modo determinante a far scappare Lenín Moreno a Guayaquil, enclave costiera del potere. Come nel 1997, quando marciarono verso Quito per destituire il presidente Abdalá Bucaram, o nel 2000 e 2005 quando lo fecero nuovamente con Jamil Mahuad e Lucio Gutiérrez, o quando resero impossibile firmare l'accordo di libero scambio con gli Stati Uniti nel 2006.\r\nCon Marcelo, in diretta da Quito, abbiamo ripercorso la cronaca dei dodici giorni di rivolta a partire dalle storiche fratture di classe e di colore in Ecuador, che si materializzano in termini spaziali nella spaccatura tra sierra e costa, facendo il punto sulle prospettive quotidiane di lotta che si aprono adesso, dopo la vittoria in quella che non è che una battaglia all'interno di un processo generale di guerra di classe.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/10/marcelo-ecuador.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n ","17 Ottobre 2019","2019-10-17 09:41:00","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/10/191012-ecuador-protet-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/10/191012-ecuador-protet-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/10/191012-ecuador-protet-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/10/191012-ecuador-protet-768x432.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/10/191012-ecuador-protet.jpg 775w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Ecuador, la rivolta de los zánganos contro il neoliberismo",1571301183,[212,213,214,215,216,217,218],"http://radioblackout.org/tag/correismo/","http://radioblackout.org/tag/ecuador/","http://radioblackout.org/tag/fmi/","http://radioblackout.org/tag/insurrezione/","http://radioblackout.org/tag/moreno/","http://radioblackout.org/tag/popolazioni-indigene/","http://radioblackout.org/tag/zanganos/",[220,221,222,223,224,225,226],"correismo","Ecuador","fmi","insurrezione","moreno","popolazioni indigene","zanganos",{"post_content":228},{"matched_tokens":229,"snippet":230,"value":231},[19],"campo una delle più grandi \u003Cmark>insurrezioni\u003C/mark> popolari degli ultimi trent’anni in","Zánganos - parola spagnola che indica gli esemplari maschi delle api, rappresentati come semplici droni senza iniziativa personale - è un termine denigratorio che in Ecuador i ricchi usano per riferirsi ai poveri e ai lavoratori come \"ignoranti\" e \"pigri\". Durante i dodici giorni di rivolta che hanno infiammato il paese contro il paquetazo di Lenín Moreno e contro il FMI, popolazioni indigene, disoccupat*, lavoratrici, femministe e studenti hanno détournato il termine facendolo diventare una parola d'ordine. Da qui nasce la revolución de los zánganos: l'ape è diventata un simbolo dell'insurrezione popolare.\r\nL'ondata di scontri e proteste che è riuscita ad imporre l'abrogazione dell'odiato decreto 883 - mirante ad aumentare il prezzo del carburante (e quindi di tutto) per ripagare il prestito che il governo ha contratto con l’FMI per coprire un condono di 4.5 miliardi di dollari in favore del settore bancario e imprenditoriale - è iniziata con uno sciopero dei trasportatori, a cui si sono unite in massa le popolazioni indigene delle montagne e le classi sfruttate delle città. Il governo ha subito trattato con il settore dei trasporti, fortemente reazionario, aumentando il costo dei biglietti e delle tariffe dei taxi. 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Come nel 1997, quando marciarono verso Quito per destituire il presidente Abdalá Bucaram, o nel 2000 e 2005 quando lo fecero nuovamente con Jamil Mahuad e Lucio Gutiérrez, o quando resero impossibile firmare l'accordo di libero scambio con gli Stati Uniti nel 2006.\r\nCon Marcelo, in diretta da Quito, abbiamo ripercorso la cronaca dei dodici giorni di rivolta a partire dalle storiche fratture di classe e di colore in Ecuador, che si materializzano in termini spaziali nella spaccatura tra sierra e costa, facendo il punto sulle prospettive quotidiane di lotta che si aprono adesso, dopo la vittoria in quella che non è che una battaglia all'interno di un processo generale di guerra di classe.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/10/marcelo-ecuador.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n ",[233],{"field":191,"matched_tokens":234,"snippet":230,"value":231},[19],{"best_field_score":195,"best_field_weight":196,"fields_matched":21,"num_tokens_dropped":47,"score":197,"tokens_matched":21,"typo_prefix_score":47},{"document":237,"highlight":267,"highlights":272,"text_match":193,"text_match_info":275},{"cat_link":238,"category":239,"comment_count":47,"id":240,"is_sticky":47,"permalink":241,"post_author":50,"post_content":242,"post_date":243,"post_excerpt":53,"post_id":240,"post_modified":244,"post_thumbnail":245,"post_thumbnail_html":246,"post_title":247,"post_type":58,"sort_by_date":248,"tag_links":249,"tags":258},[44],[46],"52884","http://radioblackout.org/2019/03/in-africa-centrale-tra-repressione-dubbie-elezioni-e-vecchio-e-nuovo-colonialismo/","Durante queste amabili conversazioni con Cornelia si finisce sempre con inanellare serie di informazioni e passione per le genti africane; ci si accorge solo alla fine di un argomento che si è preso spunto da un evento per poi giungere a comprendere come si è arrivati a insurrezioni di etnie, cittadini, zone intere contro un potere corrotto dall'Occidente. E infatti in coda si è affrontato pure un caso di colonialismo militare che prosegue indisturbato dal 1964 e che ora è stato stigmatizzato dal Tribunale dell'Onu all'Aja... va be', non smantelleranno le basi militari dell'arcipelago di Chagos, ma è già una soddisfazione il riconoscimento del sopruso, della cacciata dei civili per fare posto ai militari anglo-statunitensi... una speranza probabilmente fallace, perché in fondo ai francesi e agli inglesi, come dice Cornelia Toelgyes, stanno subentrando cinesi e milizie russe (del gruppo Wagner abbiamo parlato anche a proposito del Sudan, ma soprattutto nel caso degli stupri in Centrafrica, dove i russi sostengono Touadera, il presidente).\r\n\r\nAbbiamo cominciato con le ancora calde elezioni senegalesi improntate ad una apparente democrazia, laddove in realtà tutti gli oppositori avevano da interporre rilievi e alcuni erano stati pretestuosamente esclusi dalle elezioni... anche in Nigeria è stato riconfermato Buhari, nessun cambiamento da registrare, neanche negli scontri etnici (anche per colpa del cambiamento climatico) o sul fronte caldo di Boko Haram, che era stato uno dei motivi del primo mandato di Buhari. Dal presunto spirito elettorale, con presidenti apparentemente democratici allo scivolamento nella dittatura il passo è breve, soprattutto quando si tenta di iterare i mandati a vita, come nel caso di Al Bashir in Sudan, dal 1989 al potere (e quando abbiamo sentito Cornelia venerdì 1° marzo non aveva ancora lasciato il vertice del partito di governo... ma le proteste non accennano a diminuire); ora – nonostante legislazioni d'emergenza protratte per un anno, stato di polizia, tribunali speciali – la popolazione è in piazza da più di due mesi e non intende ritirarsi dalle barricate contro la pretesa di un nuovo mandato, benché siano attivi contro di loro i famigerati Janjaweed, le milizie a cavallo.\r\n\r\nFacile passare al neocolonialismo russo sul Centrafrica, incentrato su militari e giacimenti, ricordando come il trattato di pace relativo al Centrafrica si sia firmato proprio a Khartum: si sente quanto Cornelia abbia a cuore questa ingerenza russa e ricorda come tre giornalisti russi siano stati uccisi proprio in connessione con i fatti centrafricani, dove si assiste allo scontro tra Putin e Macron.\r\n\r\nA unire il discorso dei migranti dal Corno d'Africa, la Libia e il Ciad c'è proprio la tragedia dei migranti. 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L'attacco alla categoria degli insegnanti è significativo, perché il sindacato dei maestri è tradizionalmente quello meglio organizzato; in particolare a Oaxaca fin dall'inizio è stato occupato lo Zocalo (la piazza principale)... Anna ci ha raccontato nei particolari quanto è avvenuto poi fino al massacro di questi giorni: dalle barricate in Oaxaca alle proteste di Monterrey, alle intimidazioni anche contro i giornalisti da parte di uno stato conclamatamente torturatore, militarizzato.\r\n\r\nLa rivolta è stata dura come la sua repressione negli stati a maggior presenza di realtà indigene, ma non è l'unico motivo di tensione nella federazione messicana, scontri, ribellioni e insurrezioni si registrano dal Chihuahua al Chiapas e l'uso del narcotraffico come pretesto per scatenare repressione è evidente in ogni azione del governo, molto scollato dal tessuto sociale e dalla popolazione.\r\n\r\n \r\n\r\nNe abbiamo parlato con Anna, appena tornata dal Messico ed esperta dell'area mesoamericana\r\n\r\nOaxaca - lotta insegnanti","25 Giugno 2016","2016-06-28 14:29:08","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/06/2016-06-24_andale-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"199\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/06/2016-06-24_andale-300x199.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/06/2016-06-24_andale-300x199.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/06/2016-06-24_andale.jpg 352w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Strage di Oaxaca: riconversione neoliberista, capitolo scuola.",1466854417,[290,291,292,293,294],"http://radioblackout.org/tag/barricate/","http://radioblackout.org/tag/insegnanti/","http://radioblackout.org/tag/massacro/","http://radioblackout.org/tag/narcostato-militarizzato/","http://radioblackout.org/tag/oaxaca/",[296,26,24,34,22],"barricate",{"post_content":298},{"matched_tokens":299,"snippet":300,"value":301},[19],"federazione messicana, scontri, ribellioni e \u003Cmark>insurrezioni\u003C/mark> si registrano dal Chihuahua al","La riforma del settore educativo risale all'inizio della presidenza Peña Nieto, esponente del Pri (il partito della rivoluzione istituzionale al potere quasi ininterrottamente da... sempre), una riforma che non ha nulla di pedagogico e serve solo a estromettere insegnanti politicamente o etnicamente sgraditi. 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da questo primo spunto si è sviluppata una disamina che ha coinvolto il Pakistan, con il quale l'Arabia Saudita ha stipulato un accordo di reciproco supporto in caso di aggressione, la centralità della spianata nei livelli di provocazione dell'entità ebraica, il dilettantismo trumpiano, finendo con rievocare la distruzione di vestigia e tradizioni culturali perpetrate dall'esercito americano nel recente passato, con lo stesso spregio coloniale e supponente dell'Idf, partendo dal presupposto di detenere il monopolio della cultura di riferimento.\r\nPer contiguità con la regione mediorientale abbiamo proseguito nella carrellata di conflitti che costellano il pianeta, attraversando Bab-al Mandab, ed è toccato a Matteo Palamidesse accompagnarci tra le divisioni armate dell'Africa orientale, dove l'attivazione della diga etiope Gerd sul Nilo Azzurro funge da pretesto per alimentare le divisioni etniche, le rivendicazioni di indipendenza e i campi contrapposti appoggiati da potenze straniere, coinvolgendo il territorio del Corno d'Africa ed estendendosi fino all'assedio di stampo medievale attuato dalle Rsf di Dagalo su Al Fashir nell'Est del Sudan, dove si consumano stragi quotidiane, l'ultima delle quali è avvenuta con un drone su una moschea che ha causato 75 morti poche ore dopo il racconto di Matteo ai nostri microfoni.\r\nL'elenco di conflitti, proteste e insurrezioni è poi proseguito in Sudest asiatico con Emanuele Giordana, che ci ha illustrato gli intrighi, collegati agli interessi delle scam city e del mondo dell'azzardo per quel che riguarda le scaramucce tra Thailandia e Cambogia e che hanno portato a un rivolgimento politico rischioso per la tradizionale suscettibilità dei militari thai, sempre pronti a sciogliere la conduzione democratica del paese, ora in mano a una nuova coalizione anodina condotta da Anutin Charnvirakul con l'appoggio esterno del Partito popolare (ex Move Forward), dopo la destituzione della famiglia Shinawatra; 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La credibilità dell’amministrazione Trump è scomparsa del tutto e il volto mascherato di sangue dello Stato ebraico è apparso improvvisamente con i suoi veri connotati al mondo arabo, che ha sempre abbandonato le genti di Palestina al loro destino sacrificale, in cambio di affari.\r\nIl raid israeliano a Doha ha superato il perimetro del conflitto con Hamas: ha squassato regole non scritte, infranto la logica del territorio mediatore, e messo in discussione l’intero schema di alleanze della diplomazia araba, quella stessa che ha permesso al Mossad le peggiori turpitudini e fornito appoggio per operazioni nell'area contro gli avversari di Israele, che con il suo istinto da scorpione ha punto persino il proprio cavallo di Troia nella regione. Il Qatar, lungi dall’essere un bersaglio secondario, entra nella storia come simbolo della frattura tra potenza militare israeliana e coesione regionale arabo-americana, dando spazio a una alleanza di nuovo stampo con una potenza nucleare che fa parte della Belt Road cinese e si approvvigiona da Pechino per i suoi ordigni, come la filosionista India si è accorta nell'ultimo conflitto di pochi mesi fa.\r\nForse ora tutti si accorgeranno che la volontà di cancellazione di ogni traccia di vita e cultura araba dal territorio della Israele biblica coinvolge anche le vestigia e le tradizioni mondiali, ma questo risultato è stato possibile perché tutto ciò che stanno perpetrando i sionisti è già stato sperimentato dai governi di Washington, per esempio in Iraq, dove sono state ridotte in briciole dallo spregio dell’esercito americano testimonianze artistiche e culturali millenarie. 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In questo anno in cui il bacino idrico si è andato riempiendo i dati dimostrano che questo non è avvenuto a detrimento dei paesi a valle, eppure i motivi di attrito con l’Egitto non scemano e anzi si dispiegano truppe del Cairo in Somalia, evidenziando alleanze e divisioni legate ad altri dossier, quali lo sbocco al mare in Somaliland (proprio la regione che per essere riconosciuta da Usa e Israele è disposta a ospitare i gazawi deportati) per Addis Abeba, o gli scontri interetnici sia a Nord in Puntland, che nel Jubbaland a Sud. Matteo Palamidesse ci aiuta a districarci ancora una volta in mezzo a queste dispute, ma ci apre anche una finestra sull’orrore attorno ad Al Fashir, città nel Sudan occidentale con 300.000 abitanti assediati dalle milizie delle Forze di intervento rapido di Hemedti; le sue parole a questo proposito vengono registrate qualche ora prima che un attacco contro una moschea proprio nei dintorni della città del Darfur ai confini con il Ciad il 19 settembre producesse 75 morti.\r\nNon poteva mancare anche uno sguardo al Sud Sudan nel giorno in cui è stato reso noto il rapporto della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud Sudan, frutto di due anni di indagini e analisi indipendenti che hanno evidenziato il Saccheggio di una nazione, come riporta il titolo del dossier stesso.\r\n\r\n \r\n\r\nIl dossier africano che racchiude i podcast precedenti si trova qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Infiniti-squilibri-distopici-in-Africa-orientale.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nIl capillare cambio di paradigma sistemico in Sudest asiatico\r\n\r\nCon Emanuele Giordana parliamo dei venti di rivolta giovanile che stanno scuotendo alcuni paesi asiatici, un'onda lunga partita dalle rivolte in Sri Lanka nel 2022 e Bangladesh nel 2024 che hanno defenestrato le dinastie al potere reclamando un cambiamento sostanziale . Le cause delle crisi che stanno attraversando alcuni paesi asiatici hanno le loro radici in un sistema di potere autoritario che nega le legittime aspirazioni delle nuove generazioni a una partecipazione concreta alle scelte che condizionano il loro futuro. La crisi economica, le distorsioni nello sviluppo eredità del colonialismo, l'iniqua distribuzione delle risorse, la corruzione imperante, le smodate ricchezze esibite da élite predatorie, l'ingombrante presenza dei militari nella vita politica ed economica, la disoccupazione giovanile e la mancanza di prospettive sono tratti comuni in paesi come la Thailandia, l'Indonesia e con caratteristiche più peculiari il Nepal. Sono paesi dove i giovani sono la maggioranza ma le loro richieste di cambiamento sono state compresse e represse per molto tempo e dove hanno trovato uno sbocco elettorale come in Thailandia i poteri conservatori e legati alla monarchia hanno invalidato l'esito elettorale. La chiamano la generazione \"z\" ma a prescindere dalle definizioni queste rivolte sono il sintomo di una forte richiesta di cambiamento del modello di accumulazione che ha contraddistinto la tumultuosa crescita dei paesi asiatici. Questa spinta generazionale ancora non riesce a trasformarsi in un articolato progetto politico ma sta mettendo in discussione fortemente un modello di società che ormai non garantisce né crescita né uguaglianza, le rivolte si stanno espandendo e chissà che dall'Asia arrivi anche in Europa questo virus benefico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/i-giovani-scuotono-l-asia-dalla-crisi-politica-thai-alle-rivolte-in-nepal-ed-indonesia--67824026\r\n\r\nAltri temi inerenti alla geopolitica estremorientale si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-GIORDANA-18092025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nTrump ringhia contro il Venezuela agitando lo spettro della guerra alla droga.\r\n\r\nTrump si rivolge verso il \" patio trasero\" yankee con molta più frequenza ed aggressività delle precedenti amministrazioni anche repubblicane. L'impero declinante ha perso importanti posizioni in America Latina nel confronto con il competitor cinese e quindi ora Washington si atteggia a \" terminator\" nella strategia della lotta antidroga ,alibi per eccellenza fin dai tempi di Nixon per mascherare le ingerenze nordamericane. Il target è il Venezuela, irriducibilmente chavista nonostante Maduro, comunque eccezione pur con le sue contraddizioni a causa di un modello economico redistributivo verso il basso che non trova più seguaci nella regione . Rimasto prigioniero delle logiche di capitalismo estrattivo il Venezuela di Maduro resiste anche per l'inefficacia di un'opposizione poco credibile ed asservita agli interessi statunitensi, preda ambita per le sue riserve petrolifere.\r\nIl narcotraffico costituisce la copertura per l'interventismo nordamericano che ricorda la versione 2.0 della dottrina Monroe, ma il destino manifesto è duro da affermare in un continente sempre più autonomo dai legami con l'ingombrante vicino e legato ad interessi economici ed investimenti cinesi.\r\n\r\nNe parliamo con Andrea Cegna, giornalista e conoscitore dell'America Latina\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-ringhia-contro-il-venezuela-agitando-lo-spettro-della-guerra-alla-droga--67855661\r\n\r\nPer ripercorrere i sentieri fin qui percorsi con i popoli latinos, si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-18092025-CEGNA.mp3\"][/audio]","20 Settembre 2025","2025-09-22 23:43:33","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 18/09/2025 - LA SVOLTA DELL'ATTACCO SIONISTA A DOHA; RIVOLTE E INTRIGHI NELLA CONTORTA ESTATE IN SUDEST ASIATICO; IL GERD ETIOPE, ALLEANZE IN CORNO D'AFRICA E L'ASSEDIO MEDIEVALE SUDANESE; WAR ON DRUGS CONTRO CARACAS, CARIBE E MEXICO","podcast",1758374559,[348,349],"http://radioblackout.org/tag/bastioni-di-orione/","http://radioblackout.org/tag/bastioniorione/",[330,326],{"post_content":352},{"matched_tokens":353,"snippet":354,"value":355},[19],"L'elenco di conflitti, proteste e \u003Cmark>insurrezioni\u003C/mark> è poi proseguito in Sudest","Nel 43esimo anniversario di Sabra e Chatila iniziamo la trasmissione con Laura Silvia Battaglia per analizzare quali strade si aprono al mondo arabo e in particolare ai paesi del Golfo dopo il proditorio attacco del fascistissimo governo israeliano contro la delegazione di Hamas chiamata a Doha a valutare le proposte di tregua; da questo primo spunto si è sviluppata una disamina che ha coinvolto il Pakistan, con il quale l'Arabia Saudita ha stipulato un accordo di reciproco supporto in caso di aggressione, la centralità della spianata nei livelli di provocazione dell'entità ebraica, il dilettantismo trumpiano, finendo con rievocare la distruzione di vestigia e tradizioni culturali perpetrate dall'esercito americano nel recente passato, con lo stesso spregio coloniale e supponente dell'Idf, partendo dal presupposto di detenere il monopolio della cultura di riferimento.\r\nPer contiguità con la regione mediorientale abbiamo proseguito nella carrellata di conflitti che costellano il pianeta, attraversando Bab-al Mandab, ed è toccato a Matteo Palamidesse accompagnarci tra le divisioni armate dell'Africa orientale, dove l'attivazione della diga etiope Gerd sul Nilo Azzurro funge da pretesto per alimentare le divisioni etniche, le rivendicazioni di indipendenza e i campi contrapposti appoggiati da potenze straniere, coinvolgendo il territorio del Corno d'Africa ed estendendosi fino all'assedio di stampo medievale attuato dalle Rsf di Dagalo su Al Fashir nell'Est del Sudan, dove si consumano stragi quotidiane, l'ultima delle quali è avvenuta con un drone su una moschea che ha causato 75 morti poche ore dopo il racconto di Matteo ai nostri microfoni.\r\nL'elenco di conflitti, proteste e \u003Cmark>insurrezioni\u003C/mark> è poi proseguito in Sudest asiatico con Emanuele Giordana, che ci ha illustrato gli intrighi, collegati agli interessi delle scam city e del mondo dell'azzardo per quel che riguarda le scaramucce tra Thailandia e Cambogia e che hanno portato a un rivolgimento politico rischioso per la tradizionale suscettibilità dei militari thai, sempre pronti a sciogliere la conduzione democratica del paese, ora in mano a una nuova coalizione anodina condotta da Anutin Charnvirakul con l'appoggio esterno del Partito popolare (ex Move Forward), dopo la destituzione della famiglia Shinawatra; sempre con il reporter esperto delle questioni estremo orientali abbiamo poi raggiunto il Nepal dove si è assistito a un nuovo episodio delle rivolte della macroarea nell'ultimo anno (dopo Bangla Desh e Sri Lanka) che hanno portato alla destituzione del governo corrotto filocinese; senza tralasciare il pugno di ferro di Prabowo che riprende la tradizione repressiva dell'Indonesia.\r\nLa lunga puntata si è conclusa in Latinamerica con Andrea Cegna inseguendo altri venti di guerra, anche questi scatenati dall'Impero americano in declino: le War on Drugs di nixoniana memoria, ripristinate dall'amministrazione Trump come pretesto per colpire i nemici del cortile di casa; così si è parlato di quale sia il significato ancora del regime bolivariano in Venezuela, ma anche del contrasto in Caribe e quale ruolo svolga il Mexico di Scheinbaum, riservandoci di affrontare tra un mese le alterne fortune del neoliberismo nel mondo latinoamericano, in particolare quello incarnato da Milei che ha subito sì una sonora sconfitta a Buenos Aires, ma in ottobre per le elezioni del Parlamento può ambire a un numero maggiore di rappresentanti eletti tra le sue file.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nOil non olet\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/3iOadt0OjeBCBS2wCkHYV6?si=2mNA3bJ4QpaubkOL24hdvg\r\n\r\nSi sono sprecati tutti gli aggettivi più vieti possibili per esprimere indignazione per l’efferatezza delle operazioni militari di Idf agli ordini politici del governo fascista di Netanyahu, sempre rispettando il diritto di Israele a perpetuare un genocidio in quanto popolo eletto, ma di fronte alla sorpresa per il bombardamento della delegazione riunita a valutare proposte di “pace” nel territorio sovrano del Qatar, una nazione filoamericana che ospita la più grossa base statunitense nel Sudovest asiatico e ha regalato l’aereo presidenziale come omaggio al nuovo imperatore, sono venute meno le inani riprovazioni e i vicini sauditi si sono rivolti al Pakistan in cerca di ombrello nucleare e protezione. La credibilità dell’amministrazione Trump è scomparsa del tutto e il volto mascherato di sangue dello Stato ebraico è apparso improvvisamente con i suoi veri connotati al mondo arabo, che ha sempre abbandonato le genti di Palestina al loro destino sacrificale, in cambio di affari.\r\nIl raid israeliano a Doha ha superato il perimetro del conflitto con Hamas: ha squassato regole non scritte, infranto la logica del territorio mediatore, e messo in discussione l’intero schema di alleanze della diplomazia araba, quella stessa che ha permesso al Mossad le peggiori turpitudini e fornito appoggio per operazioni nell'area contro gli avversari di Israele, che con il suo istinto da scorpione ha punto persino il proprio cavallo di Troia nella regione. Il Qatar, lungi dall’essere un bersaglio secondario, entra nella storia come simbolo della frattura tra potenza militare israeliana e coesione regionale arabo-americana, dando spazio a una alleanza di nuovo stampo con una potenza nucleare che fa parte della Belt Road cinese e si approvvigiona da Pechino per i suoi ordigni, come la filosionista India si è accorta nell'ultimo conflitto di pochi mesi fa.\r\nForse ora tutti si accorgeranno che la volontà di cancellazione di ogni traccia di vita e cultura araba dal territorio della Israele biblica coinvolge anche le vestigia e le tradizioni mondiali, ma questo risultato è stato possibile perché tutto ciò che stanno perpetrando i sionisti è già stato sperimentato dai governi di Washington, per esempio in Iraq, dove sono state ridotte in briciole dallo spregio dell’esercito americano testimonianze artistiche e culturali millenarie. Questo è reso possibile dalla presunzione che l’unica vera cultura sia quella ebraico-cristiana e tutti gli altri sono semplici colonizzati senza cultura propria.\r\nQuesti sono i prodromi perché quando gli invasati come Smotrich e Ben Gvir picconeranno la moschea di Gerusalemme, come già hanno cominciato a fare, Al-Aqsa sarà la soglia oltre alla quale la hybris ebraica renderà conto dei suoi abusi, perché la rivolta a quel punto non coinvolgerà solo i milioni di palestinesi, ma i miliardi di musulmani. E gli accordi finanziari, gli interessi per i resort progettati su una Striscia di concentramento e sterminio nulla potranno di fronte alla rivendicazione culturale delle masse oltraggiate dall’impunità israeliana.\r\nGià la trasferta di Rubio a Doha si è risolta in un fallimento: nonostante il giorno prima la riunione dei paesi coinvolti avesse balbettato, come una qualunque Unione europea, L’emiro Tamim ha chiesto i risarcimenti per i danni causati nel bombardamento israeliano su Doha, le scuse ufficiali e l’impegno di Netanyahu a non ripetere più la sua prepotenza e soprattutto di bloccare le uccisioni di innocenti a Gaza.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Oil-non-olet-in-Qatar.mp3\"][/audio]\r\n\r\nAltri temi inerenti all'aggressione colonialista israeliana degli ultimi 80 anni si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\nIrresolubili contrasti che trovano nell'acqua del Nilo pretesti per perpetuarsi\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/dalla-diga-sul-nilo-all-assedio-di-al-fashir-conflitti-in-africa-orientale--67835929\r\n\r\nFinalmente a inizio settembre si è inaugurata Gerd, la grande diga sul Nilo Azzurro voluta da Ahmed e che non solo approvvigionerebbe Etiopia, Sudan, Kenya e Gibuti di energia elettrica, ma coprirebbe il 20% dei consumi dell’Africa orientale. In questo anno in cui il bacino idrico si è andato riempiendo i dati dimostrano che questo non è avvenuto a detrimento dei paesi a valle, eppure i motivi di attrito con l’Egitto non scemano e anzi si dispiegano truppe del Cairo in Somalia, evidenziando alleanze e divisioni legate ad altri dossier, quali lo sbocco al mare in Somaliland (proprio la regione che per essere riconosciuta da Usa e Israele è disposta a ospitare i gazawi deportati) per Addis Abeba, o gli scontri interetnici sia a Nord in Puntland, che nel Jubbaland a Sud. Matteo Palamidesse ci aiuta a districarci ancora una volta in mezzo a queste dispute, ma ci apre anche una finestra sull’orrore attorno ad Al Fashir, città nel Sudan occidentale con 300.000 abitanti assediati dalle milizie delle Forze di intervento rapido di Hemedti; le sue parole a questo proposito vengono registrate qualche ora prima che un attacco contro una moschea proprio nei dintorni della città del Darfur ai confini con il Ciad il 19 settembre producesse 75 morti.\r\nNon poteva mancare anche uno sguardo al Sud Sudan nel giorno in cui è stato reso noto il rapporto della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud Sudan, frutto di due anni di indagini e analisi indipendenti che hanno evidenziato il Saccheggio di una nazione, come riporta il titolo del dossier stesso.\r\n\r\n \r\n\r\nIl dossier africano che racchiude i podcast precedenti si trova qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Infiniti-squilibri-distopici-in-Africa-orientale.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nIl capillare cambio di paradigma sistemico in Sudest asiatico\r\n\r\nCon Emanuele Giordana parliamo dei venti di rivolta giovanile che stanno scuotendo alcuni paesi asiatici, un'onda lunga partita dalle rivolte in Sri Lanka nel 2022 e Bangladesh nel 2024 che hanno defenestrato le dinastie al potere reclamando un cambiamento sostanziale . Le cause delle crisi che stanno attraversando alcuni paesi asiatici hanno le loro radici in un sistema di potere autoritario che nega le legittime aspirazioni delle nuove generazioni a una partecipazione concreta alle scelte che condizionano il loro futuro. La crisi economica, le distorsioni nello sviluppo eredità del colonialismo, l'iniqua distribuzione delle risorse, la corruzione imperante, le smodate ricchezze esibite da élite predatorie, l'ingombrante presenza dei militari nella vita politica ed economica, la disoccupazione giovanile e la mancanza di prospettive sono tratti comuni in paesi come la Thailandia, l'Indonesia e con caratteristiche più peculiari il Nepal. Sono paesi dove i giovani sono la maggioranza ma le loro richieste di cambiamento sono state compresse e represse per molto tempo e dove hanno trovato uno sbocco elettorale come in Thailandia i poteri conservatori e legati alla monarchia hanno invalidato l'esito elettorale. La chiamano la generazione \"z\" ma a prescindere dalle definizioni queste rivolte sono il sintomo di una forte richiesta di cambiamento del modello di accumulazione che ha contraddistinto la tumultuosa crescita dei paesi asiatici. Questa spinta generazionale ancora non riesce a trasformarsi in un articolato progetto politico ma sta mettendo in discussione fortemente un modello di società che ormai non garantisce né crescita né uguaglianza, le rivolte si stanno espandendo e chissà che dall'Asia arrivi anche in Europa questo virus benefico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/i-giovani-scuotono-l-asia-dalla-crisi-politica-thai-alle-rivolte-in-nepal-ed-indonesia--67824026\r\n\r\nAltri temi inerenti alla geopolitica estremorientale si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-GIORDANA-18092025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nTrump ringhia contro il Venezuela agitando lo spettro della guerra alla droga.\r\n\r\nTrump si rivolge verso il \" patio trasero\" yankee con molta più frequenza ed aggressività delle precedenti amministrazioni anche repubblicane. L'impero declinante ha perso importanti posizioni in America Latina nel confronto con il competitor cinese e quindi ora Washington si atteggia a \" terminator\" nella strategia della lotta antidroga ,alibi per eccellenza fin dai tempi di Nixon per mascherare le ingerenze nordamericane. Il target è il Venezuela, irriducibilmente chavista nonostante Maduro, comunque eccezione pur con le sue contraddizioni a causa di un modello economico redistributivo verso il basso che non trova più seguaci nella regione . Rimasto prigioniero delle logiche di capitalismo estrattivo il Venezuela di Maduro resiste anche per l'inefficacia di un'opposizione poco credibile ed asservita agli interessi statunitensi, preda ambita per le sue riserve petrolifere.\r\nIl narcotraffico costituisce la copertura per l'interventismo nordamericano che ricorda la versione 2.0 della dottrina Monroe, ma il destino manifesto è duro da affermare in un continente sempre più autonomo dai legami con l'ingombrante vicino e legato ad interessi economici ed investimenti cinesi.\r\n\r\nNe parliamo con Andrea Cegna, giornalista e conoscitore dell'America Latina\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-ringhia-contro-il-venezuela-agitando-lo-spettro-della-guerra-alla-droga--67855661\r\n\r\nPer ripercorrere i sentieri fin qui percorsi con i popoli latinos, si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-18092025-CEGNA.mp3\"][/audio]",[357],{"field":191,"matched_tokens":358,"snippet":354,"value":355},[19],{"best_field_score":195,"best_field_weight":196,"fields_matched":21,"num_tokens_dropped":47,"score":197,"tokens_matched":21,"typo_prefix_score":47},{"document":361,"highlight":374,"highlights":379,"text_match":193,"text_match_info":382},{"comment_count":47,"id":362,"is_sticky":47,"permalink":363,"podcastfilter":364,"post_author":365,"post_content":366,"post_date":367,"post_excerpt":53,"post_id":362,"post_modified":368,"post_thumbnail":369,"post_title":370,"post_type":345,"sort_by_date":371,"tag_links":372,"tags":373},"69586","http://radioblackout.org/podcast/il-diavolo-al-pontelungo-la-perla-di-labuan-4-6-2021/",[317],"Riccardino","[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/06/2021.06.04-14.00.00-escopost.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\"Falliti i moti anarchici di Spagna, nel 1873 l'agitatore Michele Bakunin si trovava rifugiato nella libera Elvezia, a Locarno, alla mercè della grazia di Dio, in cui non credeva.\" Bakunin é il protagonista di \"Il diavolo al Pontelungo\" scritto nel 1957 da Riccardo Bacchelli. Nato nella Russia zarista, figlio di proprietari terrieri e allievo ufficiale, Michele Bakunin scoprì l'anarchia che divenne lo scopo della sua vita, fu condannato alla pena di morte poi commutata nella deportazione a vita in Siberia da dove fuggì. Sia nella vita reale che nel romanzo Bakunin fonda una comune alla villa della Baronata in Svizzera, che avebbe dovuto essere un'esperienza di vita egualitaria e al tempo stesso il quartier generale della rivoluzione in Italia, premessa della rivoluzione mondiale. Nella Baronata si trovano personaggi che hanno fatto la storia dell'anarchia. \"A Carlo Cafiero era rimasto qualcosa della prima educazione in seminario a Barletta, dov'era nato da buona famiglia facoltosa.\" Poi ci sono le donne che danno il loro contributo. \"Vera Karpov faceva l'anarchica perchè ci s'era trovata, e soprattutto perchè si era innamorata di Costa, aveva portato la sua corrispondenza segreta.\" Tutto è pronto, le armi sono arrivate e il nuovo mondo é a portata di mano. \"Il segreto di tute le insurrezioni è la sorpresa. Invece di scendere in piazza e farci schiacciare, ci impadroniamo del forte.\" Il piano trapela, Bakunin deve fuggire vestito da prete, ma la tonaca non riesce a nascondere a lungo lo spirito barricadero del vecchio agitatore russo. \"Comparve agli astanti, tra strepiti di gioia, la faccia poco devota di quel discendente di boiardi anarchico.\" La speranza è intatta, la rivoluzione mondiale é solo rimandata. Riccardo Bacchelli nacque a Bologna nel 1891 e morì a Monza nel 1985. Buon ascolto.","6 Giugno 2021","2021-06-06 10:12:52","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/06/BAKUNIN2-1-196x110.jpg","IL DIAVOLO AL PONTELUNGO - LA PERLA DI LABUAN 4/6/2021",1622974372,[],[],{"post_content":375},{"matched_tokens":376,"snippet":377,"value":378},[19],"Il segreto di tute le \u003Cmark>insurrezioni\u003C/mark> è la sorpresa. Invece di","[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/06/2021.06.04-14.00.00-escopost.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\"Falliti i moti anarchici di Spagna, nel 1873 l'agitatore Michele Bakunin si trovava rifugiato nella libera Elvezia, a Locarno, alla mercè della grazia di Dio, in cui non credeva.\" Bakunin é il protagonista di \"Il diavolo al Pontelungo\" scritto nel 1957 da Riccardo Bacchelli. Nato nella Russia zarista, figlio di proprietari terrieri e allievo ufficiale, Michele Bakunin scoprì l'anarchia che divenne lo scopo della sua vita, fu condannato alla pena di morte poi commutata nella deportazione a vita in Siberia da dove fuggì. Sia nella vita reale che nel romanzo Bakunin fonda una comune alla villa della Baronata in Svizzera, che avebbe dovuto essere un'esperienza di vita egualitaria e al tempo stesso il quartier generale della rivoluzione in Italia, premessa della rivoluzione mondiale. 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Anche in streaming\r\n\r\nAscolta e diffondi il podcast:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/05/2021-04-30-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nPrimo Maggio. Una giornata di lotta\r\nMolti, anche negli ambienti più radicali, relegano il primo maggio tra le ricorrenze, o, peggio, tra le “feste”. Momenti rituali di scarso interesse. É il segno dei tempi, il segno del capitalismo trionfante, che riesce a ridurre a poco o nulla la memoria delle lotte, delle insurrezioni, della durezza estrema dello scontro tra sfruttati e sfruttatori, dai cui è nata questa giornata di sciopero generale. Una giornata di lotta segnata dal sangue versato nelle strade e nelle piazze.\r\nQuest’anno la crisi pandemica azzanna le vite dei poveri ed il governo si fa grossi regali alle imprese, le piazze tornano a riempirsi\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Varengo\r\n\r\nArgo. Riqualificazioni escludenti e controllo\r\nLa scorsa settimana vi abbiamo presentato Argo, il nuovo cane da guardia di Appendino e soci.\r\nSiamo tornati sul tema per proporvi, assieme a Giovanni Semi, docente di sociologia all’Università di Torino, un approfondimento sulla stretta relazione tra i progetti di riqualificazione escludente tra Aurora e Barriera e la crescita dei dispositivi di repressione e controllo sul territorio. \r\nToNite, Argo, il nuovo studentato, le universiadi... lo spazio rubato ai poveri.\r\nIl software del quale sono dotate le telecamere di Argo consente loro di individuare, persone o gruppi di persone precisi.\r\nVa da se che con questo sistema la polizia potrà estendere e specializzare il proprio potere di controllo sui soggetti considerati pericolosi per l’ordine costituito. \r\nInutile dire che i primi quartieri in cui verranno installate saranno Barriera e Aurora, i quartieri che, complici anche alcuni progetti di riqualificazione escludente, la polizia è chiamata a controllare e, soprattutto a “normalizzare”. \r\n\r\nPrimo Maggio a Torino\r\nIl governo ci ha rubato la libertà promettendo tutela e cure contro l’epidemia. Oggi sappiamo di aver perso la libertà senza ottenere alcuna sicurezza.\r\nUna strage di Stato.\r\nMentre i ricchi hanno continuato ad arricchirsi le vite dei poveri sono state incastrate nel meccanismo “produci, consuma, crepa”. Vuoti a perdere. Pedine sostituibili.\r\nNe abbiamo parlato con Emilio\r\n\r\nProssime iniziative:\r\n\r\nVenerdì 14 maggio ore 21\r\nIncontro on line su zoom\r\nhttps://us02web.zoom.us/j/88203519909\r\nID riunione: 882 0351 9909 \r\nVagli a spiegare che è primavera.\r\nCarcere, biopolitica e disciplina. Michel Foucault e il gruppo di informazione sulle prigioni.\r\nIntroduce Salvo Vaccaro, docente di filosofia politica all'Università di Palermo.\r\nSecondo incontro di informazione e lotta contro le prigioni.\r\n\r\nDomenica 16 maggio\r\nore 16 in piazza Statuto ad Asti\r\nIl laboratorio autogestito la Miccia organizza il terzo appuntamento “Vagli a spiegare che è primavera. Conoscere il carcere per abbatterlo”\r\nPer raccontare la quotidianità nel carcere, la noia, la burocrazia, l’arbitrio, l’umiliazione, la vita in gabbia. \r\nDistro, interventi e performance. \r\n\r\nVenerdì 28 maggio\r\nore 18 in largo Vitale 113\r\nIn-dipendenze: corpi e sostanze fra desiderio e stigma\r\nAssemblea pubblica verso il free(k) pride del 10 luglio\r\nBanchetta mostruosa - Sballo delle debuttanti\r\n\r\nSenzaPatria. Tre giorni di informazione e lotta al militarismo\r\n\r\nSabato 29 maggio\r\nore 10,30\r\nPunto info al Balon\r\n\r\nLunedì 31 maggio\r\nore 10\r\nPunto info al mercato di Caselle Torinese\r\n\r\nMercoledì 2 giugno\r\nGiornata dei SenzaPatria\r\nContro le cerimonie militariste del 2 giugno\r\nAppuntamento in piazza Castello alle ore 16\r\nDistro, performance, interventi, azioni comunicative, e le sonorità di “Note di rivolta”\r\n\r\nGiovedì 10 giugno\r\nore 18 ai giardini reali – corso San Maurizio angolo via Rossini\r\nLa città degli esclusi\r\nArgo, ToNite, sgomberi e riqualificazioni escludenti in Aurora\r\nNe parliamo con Francesco Miliaccio, attivista e studioso, autore, tra gli altri, de “La venere degli stracci - Miseria, rivolta e potere nella città post-industriale”\r\n\r\nSabato 12 giugno\r\nore 14\r\nmarcia popolare No Tav da Bussoleno a San Didero\r\n\r\nSabato 10 luglio\r\nFree(k) Pride per le strade di Torino!\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni mercoledì dalle 17,30. \r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nWild C.A.T. Collettivo Anarco-Femminista Torinese\r\ncorso Palermo 46 – @Wild.C.A.T.anarcofem\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org\r\n\r\nfb: @anarresinfo","13 Maggio 2021","2021-05-13 17:55:25","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/05/photo_2021-05-02_10-45-29-200x110.jpg","Anarres del 30 aprile. Primo Maggio. Gentrification sulle rive della Dora. Vuoti a perdere...",1620927821,[],[],{"post_content":397},{"matched_tokens":398,"snippet":399,"value":400},[19],"la memoria delle lotte, delle \u003Cmark>insurrezioni\u003C/mark>, della durezza estrema dello scontro","Il nostro nostro viaggio su Anarres, il pianeta delle utopie concrete.\r\nDalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming\r\n\r\nAscolta e diffondi il podcast:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/05/2021-04-30-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nPrimo Maggio. Una giornata di lotta\r\nMolti, anche negli ambienti più radicali, relegano il primo maggio tra le ricorrenze, o, peggio, tra le “feste”. Momenti rituali di scarso interesse. É il segno dei tempi, il segno del capitalismo trionfante, che riesce a ridurre a poco o nulla la memoria delle lotte, delle \u003Cmark>insurrezioni\u003C/mark>, della durezza estrema dello scontro tra sfruttati e sfruttatori, dai cui è nata questa giornata di sciopero generale. Una giornata di lotta segnata dal sangue versato nelle strade e nelle piazze.\r\nQuest’anno la crisi pandemica azzanna le vite dei poveri ed il governo si fa grossi regali alle imprese, le piazze tornano a riempirsi\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Varengo\r\n\r\nArgo. Riqualificazioni escludenti e controllo\r\nLa scorsa settimana vi abbiamo presentato Argo, il nuovo cane da guardia di Appendino e soci.\r\nSiamo tornati sul tema per proporvi, assieme a Giovanni Semi, docente di sociologia all’Università di Torino, un approfondimento sulla stretta relazione tra i progetti di riqualificazione escludente tra Aurora e Barriera e la crescita dei dispositivi di repressione e controllo sul territorio. \r\nToNite, Argo, il nuovo studentato, le universiadi... lo spazio rubato ai poveri.\r\nIl software del quale sono dotate le telecamere di Argo consente loro di individuare, persone o gruppi di persone precisi.\r\nVa da se che con questo sistema la polizia potrà estendere e specializzare il proprio potere di controllo sui soggetti considerati pericolosi per l’ordine costituito. \r\nInutile dire che i primi quartieri in cui verranno installate saranno Barriera e Aurora, i quartieri che, complici anche alcuni progetti di riqualificazione escludente, la polizia è chiamata a controllare e, soprattutto a “normalizzare”. \r\n\r\nPrimo Maggio a Torino\r\nIl governo ci ha rubato la libertà promettendo tutela e cure contro l’epidemia. Oggi sappiamo di aver perso la libertà senza ottenere alcuna sicurezza.\r\nUna strage di Stato.\r\nMentre i ricchi hanno continuato ad arricchirsi le vite dei poveri sono state incastrate nel meccanismo “produci, consuma, crepa”. Vuoti a perdere. Pedine sostituibili.\r\nNe abbiamo parlato con Emilio\r\n\r\nProssime iniziative:\r\n\r\nVenerdì 14 maggio ore 21\r\nIncontro on line su zoom\r\nhttps://us02web.zoom.us/j/88203519909\r\nID riunione: 882 0351 9909 \r\nVagli a spiegare che è primavera.\r\nCarcere, biopolitica e disciplina. Michel Foucault e il gruppo di informazione sulle prigioni.\r\nIntroduce Salvo Vaccaro, docente di filosofia politica all'Università di Palermo.\r\nSecondo incontro di informazione e lotta contro le prigioni.\r\n\r\nDomenica 16 maggio\r\nore 16 in piazza Statuto ad Asti\r\nIl laboratorio autogestito la Miccia organizza il terzo appuntamento “Vagli a spiegare che è primavera. Conoscere il carcere per abbatterlo”\r\nPer raccontare la quotidianità nel carcere, la noia, la burocrazia, l’arbitrio, l’umiliazione, la vita in gabbia. \r\nDistro, interventi e performance. \r\n\r\nVenerdì 28 maggio\r\nore 18 in largo Vitale 113\r\nIn-dipendenze: corpi e sostanze fra desiderio e stigma\r\nAssemblea pubblica verso il free(k) pride del 10 luglio\r\nBanchetta mostruosa - Sballo delle debuttanti\r\n\r\nSenzaPatria. Tre giorni di informazione e lotta al militarismo\r\n\r\nSabato 29 maggio\r\nore 10,30\r\nPunto info al Balon\r\n\r\nLunedì 31 maggio\r\nore 10\r\nPunto info al mercato di Caselle Torinese\r\n\r\nMercoledì 2 giugno\r\nGiornata dei SenzaPatria\r\nContro le cerimonie militariste del 2 giugno\r\nAppuntamento in piazza Castello alle ore 16\r\nDistro, performance, interventi, azioni comunicative, e le sonorità di “Note di rivolta”\r\n\r\nGiovedì 10 giugno\r\nore 18 ai giardini reali – corso San Maurizio angolo via Rossini\r\nLa città degli esclusi\r\nArgo, ToNite, sgomberi e riqualificazioni escludenti in Aurora\r\nNe parliamo con Francesco Miliaccio, attivista e studioso, autore, tra gli altri, de “La venere degli stracci - Miseria, rivolta e potere nella città post-industriale”\r\n\r\nSabato 12 giugno\r\nore 14\r\nmarcia popolare No Tav da Bussoleno a San Didero\r\n\r\nSabato 10 luglio\r\nFree(k) Pride per le strade di Torino!\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni mercoledì dalle 17,30. \r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nWild C.A.T. 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Venerdì 23 un lungo assedio alle poche decine di fascisti radunatisi in via Baltea, la solidarietà degli abitanti, l'assenza di sostegno nel quartiere, che invece hanno riempito il giardinetto di corso Palermo angolo via Sesia, hanno decretato il flop dell'iniziativa fascista. \r\nBayer compra Monsanto: nasce il nuovo megamostro della chimica.\r\nNe abbiamo discusso con Marco Tafel\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nVenerdì 30 settembre\r\nore 21 – corso Palermo 46\r\npresentazione del libro di Alessio Lega “BAKUNIN, IL DEMONE DELLA RIVOLTA\r\nTra insurrezioni, complotti e galere i tumulti, le contraddizioni e l'incontenibile passione rivoluzionaria dell'anarchico russo” \r\nMichail Bakunin (1814-1876), nato nobile e morto in miseria, attraversa impetuosamente il suo secolo in nome di un'idea esagerata di libertà che sconvolge l'immaginario politico europeo. Pensatore rivoluzionario che tempra le sue idee nel fuoco dell'azione, accorre in difesa delle barricate di mezza Europa, collezionando condanne a morte in vari imperi e sopravvivendo a carcerazioni durissime. Deportato in Siberia, scappa – su slitte, cavalli, treni e velieri – per tornare lì dove la rivoluzione lo chiama: in un'Europa in ebollizione in cui lo aspettano altre barricate e altre insurrezioni. Vinto ma non domato, muore usurato da una vita segnata da mille sfide mentre – irresistibilmente – sta progettando nuove rivoluzioni e nuovi mondi.\r\nSabato 1 ottobre \r\nal Balon – via Andreis angolo via Borgodora (se piove in piazza della Repubblica sotto la tettoia dei casalinghi)\r\nore 10,30 – 13,30\r\nPresidio contro tutte le frontiere \r\nGiovedì 6 ottobre \r\nore 17,30\r\nai giardinetti di corso Palermo angolo via Sesia – punto info su guerra sociale e lotte nelle periferie, apericena benefit lotte sociali\r\nDocumenti\r\nComunicato-appello da parte di uno degli italiani unitosi allo YPG, scritto in occasione del corteo nazionale del 24 settembre a Roma. \r\nCiao a tutti e tutte, sono uno degli italiani che si sono uniti allo YPG, unità di difesa del popolo del Rojava. Non sono il primo e non sarò l'ultimo, in Rojava la solidarietà internazionale é molto forte e sono centinaia le persone che arrivano da ogni parte del mondo per far parte di questa rivoluzione. Siamo a conoscenza del corteo nazionale del 24 Settembre che si terrà a Roma e ciò non può che farci felici e darci sostegno e forza nel continuare a lottare.\r\nNelle ultime settimane sui giornali siamo stati chiamati terroristi, è stato detto che comunisti e anarchici vanno ad addestrarsi in Siria, vorrei dire ai giornalisti ed ai politici che si riempiono la bocca di belle parole, che questa rivoluzione non è fatta solo da comunisti o anarchici, ma anzi da curdi, arabi, assiri, ezidi, armeni, turcommanni e da tutte quelle persone che si identificano nel confederalismo democratico. La realtà è completamente diversa da quella che viene raccontata dai giornali e dal governo, i veri terroristi sono seduti nei palazzi del potere e spostano sulla scacchiera le loro pedine, un giorno amiche, un giorno nemiche, ma quando i nodi vengono al pettine e la verità viene a galla i nemici si scoprono. l'Italia è complice di questa guerra, l'Alenia fornisce elicotteri da combattimento alla Turchia per bombardare il Bakur, l'Italia è inoltre il maggior produttore di mine al mondo ed è anche grazie all'Italia se centinaia di persone sono morte o sono rimaste gravemente ferite per colpa delle migliaia di mine disseminate dall'Isis. Grazie all'accordo di 6 miliardi di euro tra unione europea e Turchia, migliaia di persone vivono in campi profughi che sono delle vere e proprie prigioni a cielo aperto. Grazie a questi soldi ricevuti dall'unione europea la Turchia sta completando la costruzione di un muro di separazione con il Rojava, con il quale si proteggono i militari che sparano senza scrupoli su chi cerca di scappare da questa guerra; sono già decine le persone uccise lungo questo confine.\r\n\r\nL'operazione di invasione del Rojava da parte della Turchia è partita già a metà agosto con la finta invasione di Jarablus, in pratica operazione di sostegno all'Isis, che per la prima volta è retrocesso senza combattere. Successivamente la Turchia ha utilizzato questa nuova postazione per far partire l'invasione di alcuni villaggi del cantone di Efrin; e in queste settimane sono state molte le provocazioni.\r\n\r\nIl rischio di una guerra aperta tra Turchia e Rojava è sempre più alto; ora più che mai è importante sostenere il confederalismo democratico a livello internazionale facendo pressioni sui governi e sugli Stati, complici e autori di questa guerra, perchè interrompano le relazioni politiche, economiche e militari con Ankara; ora più che mai è importante chiedere l'apertura delle frontiere per far entrare aiuti alimentari e medicine, beni di prima necessità che qui mancano.\r\n\r\nE' questa la vera realtà della guerra; la lotta al terrorismo è una menzogna ed è soltanto una facciata per nascondere gli interessi di governi e industrie belliche.\r\n\r\nIl mio pensiero qui in Rojava non può che andare alle migliaia di compagni e compagne caduti o rimasti gravemente feriti per far si che questa rivoluzione sia ancora in vita e prosegua il percorso verso la libertà.\r\n\r\nSperando sempre che dai semi rivoluzionari gettati qui in Rojava un giorno possano nascere fiori in tutto il mondo.\r\nBiji Rojava biji Kurdistan. \r\nSerkeftin\r\n000000\r\nLa Commissione di Corrispondenza dellaFederazione Anarchica Italiana fa propriol’appello del Gruppo Anarchico “Carlo Cafiero” – FAI di Roma, ed invita tutte le realtà federate ad attivarsi per la più ampia partecipazione allo spezzone rosso e nero alla manifestazione del 24 settembre a Roma.\r\nIl colpo di stato in Turchia ha permesso al governo turco di imporre lo stato di emergenza, e di accrescere la repressione nei confronti dei gruppi attivi nelle lotte e dei movimenti sociali. Anche i/le nostre compagni/e anarchici/che della DAF (Devrimci Anarsist Faaliyet / Azione Rivoluzionaria Anarchica) oltra a socialisti, gruppi curdi democratici sono stati colpiti dalla stretta liberticida del governo. Il giornale Meydan è stato chiuso e tre nuove indagini sono state avviate, con la scusa di essere un’organizzazione terroristica. \r\n Nelle regioni a maggioranza curda la repressione ha assunto la forma di una guerra aperta contro la popolazione, mentre gli attivisti in carcere, fra cui Abdullah Öcalan, sono costretti in condizioni inumane.\r\n La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana, sicura di interpretare i sentimenti delle anarchiche e degli anarchici di lingua italiana, esprime la solidarietà internazionalista al popolo curdo e a tutti i popoli che vivono nelle regioni del Kurdistan, vittime dell’aggressione della Turchia, della Siria e dello Stato Islamico; esprime altresì il sostegno alla resistenza, all’autogestione dal basso ed al comunalismo, alla rivoluzione in Rojava, per il suo ulteriore sviluppo in una prospettiva libertaria; invita a mobilitarsi contro il governo italiano e le altre potenze imperialiste, grandi e piccole, dell’est e dell’ovest, che appoggiano la guerra e il progetto di annientamento del popolo curdo.\r\n000000\r\nUna Biennale d’eccezione \r\n\r\nLanciando pietre\r\n\r\nThrowing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperityi di Douglas Rushkoff se non fosse un interessante libro sugli esiti della economia digitale potrebbe essere un ottimo libro di architettura. Le pietre di cui fa cenno il titolo sono quelle che hanno gettato i residenti di alcuni quartieri di San Francisco contro i Google bus che vengono a raccogliere i dipendenti dell’omonima ditta. Attorno alle fermate dei bus dei privilegiati dell’azienda informatica gli affitti sono cresciuti in maniera talmente elevata che molti abitanti sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Una nuova forma raffinata di gentrificazioneii.\r\n\r\nRushkoff, scrittore e saggista cyberpunk e collaboratore di Timothy Leary ci descrive un mondo in cui le differenze aumentano e nel quale le promesse di maggiori opportunità e di democrazia dell’economia digitale si sono rivelate un abbaglio fatale. “Il problema è che siamo ostaggi della trappola della crescita e le tecnologie digitali, che all’inizio sembravano promettere modelli più distribuiti e partecipati per l’economia, si sono trasformate in meri acceleratori di una crescita sempre più frenetica e sorda ai bisogni della società”iii. Nel suo libro Rushkoff cerca di spiegare dove abbiamo sbagliato e per quale motivo e come sia possibile riprogrammare l’economia digitale e le nostre attività ripartendo dal basso per promuovere un’economia sostenibile per raggiungere un benessere il più diffuso possibile.\r\n\r\nNella costruzione del nostro ambiente urbano ci siamo lasciati affascinare dallo stesso meccanismo: la crescita impetuosa delle città e delle conurbazioni a causa di un mix di demografia e spinte speculative ha prodotto i modelli illusori di ‘smart city’, di città cablate super tecnologiche e la rincorsa al gigantismo ed alle emergenze dei grandi edifici simbolo, incarnazione della ‘hubris’ degli archi-star. Ora ci rendiamo conto che questa corsa alla cementificazione del pianeta produce solo macerie nel tessuto abitativo e nei legami comunitari, indispensabili per una vita in armonia con l’ambiente e il territorio.\r\n\r\nL’edizione 2016 della Biennale di Architettura di Venezia, curata dal cileno Alejandro Aravena ha come titolo Reporting from the front ed ha l’ambizione di fotografare lo stato dei lavori in quelle aree del mondo di frontiera in cui si sta preparando il futuro del nostro spazio abitativo.\r\n\r\nQuesta Biennale nelle intenzioni di Aravena si “propone dunque di condividere con un pubblico più ampio, il lavoro delle persone che scrutano l’orizzonte alla ricerca di nuovi ambiti di azione, affrontando temi quali la segregazione, le diseguaglianze, le perifereie, l’accesso a strutture igienico-sanitarie, i disastri naturali, la carenza di alloggi, la migrazione, l’informalità, la criminalità, il traffico, lo spreco, l’inquinamento e la partecipazione delle comunità.”\r\n\r\nE Paolo Baratta, Presidente della Biennale aggiunge: “Ci interessa l’architettura come strumento di self-government, come strumento di una civiltà umanistica, non in grazia di uno stile formale, ma come evidenza della capacità dell’uomo di essere padrone dei propri destini”.\r\n\r\nUna edizione con un programma sideralmente opposto a quello della precedente, affidata all’archistar Rem Koolhas, che mette sul tappeto molti temi che come libertari ci sono cari: l’autocostruzione, la partecipazione, la progettazione comunitaria e i processi ecologici di recupero dell’esistente insieme allo sviluppo di tecnologie appropriate condivisibili.\r\n\r\nBaratta ci ricorda che l’immaginario architettonico del secolo scorso preconizzava la costruzione di grandi centri urbani inseriti in un territorio che offriva ancora grandi spazi vergini. È stato il periodo della ‘ville radieuse’ di Le Corbusier, della realizzazione in nuovi insediamenti di grandi capitali, come Chandigar o Brasilia. Oggi gli spazi su cui gli architetti sono chiamati ad operare sono spesso enormi aree urbane abbandonate e degradate ed in ogni caso, a causa della crescita urbana e delle nuove forme di produzione post-industriale, gli spazi naturali tendono a divenire sempre più spazi interni ad una pianificazione planetaria.\r\n\r\nSpazi che le autorità non riescono più a controllare o dirigere, per mancanza di risorse economiche ma anche di nuovi strumenti operativi efficaci. Ottima situazione per chi è impegnato in prima linea, sul‘fronte’ e sperimenta nuovi modelli abitativi solidali.\r\n\r\n“una volta i villaggi ci proteggevano dalla natura oggi la natura è il nostro rifugio dalle tensioni urbane” ci ricorda nella sua installazione di video il cileno Elton Leniz invitato da Aravena.\r\n\r\nLa situazione attuale dello sviluppo del fenomeno urbano è ben fotografata nel padiglione della Sala d’armi all’Arsenale dove è esposto il Progetto Speciale ‘Conflitti dell’era urbana’ curato da Riky Burdett. Burdett descrive le due grandi spinte che tendono a definire il nostro ambiente costruito: quelle che lui definisce le Soluzioni dall’alto -quelle istituzionali e dei grandi agenti della pianificazione- su una parete del padiglione e le Soluzioni dal basso –autocostruzione, partecipazione e processi spontanei- sulla parete opposta. Tra i due estremi sono rappresentate le mappe di alcune conurbazioni rappresentative che tendono a diventare in ogni luogo del pianeta ‘il territorio’ non solo una parte dell’ambiente antropizzato: il ‘tutto costruito’ con spazi di ‘natura’ addomesticata tra i suoi interstizi, l’opposto del rapporto urbano agricolo naturale artificiale che esiste da quando esiste l’uomo civile, il prodotto della ‘civitas’, la comunità stanziale di un gruppo di uomini in un territorio definito dalla sua architettura.\r\n\r\nSi aprono spazi vuoti all’interno di queste inquietanti conurbazioni neo-plastiche e come dice Baratta, è in questi spazi, che sono il fronte in cui si combatte per definire l’assetto del nostro ambiente futuro, che dobbiamo cercare esperienze e buone pratiche da analizzare. Reporting from the Front. Con l’intento di ingenerare progetti e processi che diano risposte complesse e condivisibili e che possano divenire nuovi standard e modelli. Architetture anche di piccole dimensioni ma che presentino un’alta qualità professionale e un forte legame con le comunità che le generano.\r\n\r\nRushkoff nel suo saggio parla anche di gig economy, l’economia dei piccoli lavori on-demand, modello Uber, in poche parole il modello che vuole trasportarci dal‘diritto al lavoro’ al nessun diritto dei ‘lavoretti’. In vista di un’uberizzazione della società dobbiamo adattarci anche a una gig-architecture? A un’architettura dei progettini? Che se poi piacciono e funzionano possano essere rilanciati da qualche bella multinazionale e ri-proposti come ready made architettonici. Servono a questo i tanti collettivi, più o meno marginali o antagonisti che vediamo rappresentati in questa bella biennale? Mettere in moto qualche interessante Processo che possa poi da altri essere rivenduto come Progetto?\r\n\r\nProgetti e Processi\r\n\r\nUn discrimine da avere ben presente tra le proposte interessanti viste in questa Biennale è proprio quello di saper distinguere da chi propone progetti confezionati da rivendere alla comunità e tra chi sceglie di ingenerare processi di crescita dal basso proponendo soluzioni che diano risposte a bisogni locali che diventino poi patrimonio collettivo. È ad esempio la scelta del gruppo Ctrl+z: costruire processi in forma partecipativa che non siano isolabili dal contesto che li ha prodotti, che valgano qui e ora, con questo materiale. Un bel esempio le “atrapaniebla” le torri dell’acqua che trasformano la condensa della nebbia in acqua potabile che Ctrl+z ha presentato ai magazzini del Sale nella mostra Spazi d’Eccezione, ‘torri low-tech basate sui materiali che si possono trovare a livello locale. Grazie alla leggerezza e alla modularità. La nostra proposta si può montare in due giorni senza la necessità di gru, ponteggi o altri ausili.’ Un modello della torre è stato montato all’interno dell’Esposizione nel giardino dell’Arsenale.\r\n\r\nA poca distanza la Norman Foster Foundation, insieme alla Future Africa EPFL e ad altre fondazioni, propone una rete di drone-port, aereoporti per droni per collegare in Africa villaggi isolati in ampi territori senza altre possibilità di comunicazione efficienti. I drone-port di Foster sono l’estto opposto della proposta di Ctrl+z, si riducono ad una scatola ed un progetto realizzabile in loco grazie ad un know how centralizzato, drone-porti per ricevere attraverso velivoli teleguidati ad alta tecnologie merci da un distributore lontano, un ragno nella rete da qualche parte. La realizzazione tecnologica dell’antico ‘culto del Cargo’ caro agli antropologi.\r\n\r\nSpazi d’Eccezione\r\n\r\nI fronti da esplorare oggi non sono quello spazio piano senza limiti che sembra indicare il logo di questa edizione: una foto scattata da Bruce Chatwin che ritrae un’archeologa tedesca, Maria Reiche, sopra una scala di alluminio che osserva i tracciati di pietre del deserto peruviano di Nazca, sono fronti interni allo sviluppo planetario del capitale, luoghi di rovine, di cicatrici, di macerie, quasi sempre ‘spazi d’eccezione’ in cui le normali regole del vivere sono sospese da un potere non normato. E in quei fronti, da tempo, c’è chi lotta e costruisce alternative. Di questi lotte dà testimonianza con uno sguardo libertario l’esposizione ‘Spazi d’Eccezione’ ai Magazzini del Sale, ‘un libro, un meeting e una mostra’ organizzati dai collettivi di Escuela Moderna e S.a.L.E. Docks.\r\n\r\nCtrl+z, Recets Urbanas che abbiamo già citato e altri espositori al Sale partecipano in varie forme anche all’esposizione ufficiale e Spazi d’Eccezione ha organizzato anche un meeting interno alla Biennale nell’ambito delle Biennale Sessions, per portare argomenti misteriosamente scomparsi dal dibattito sul territorio quali il No Mose, il No Tav il No Muos e tanti alti piccoli tentativi di autogestione del territorio e delle lotte urbane. Un tentativo di intrusione riuscito all’interno della Biennale ufficiale è stato quello del colletivo ‘Detroit Resist’ presente nella mostra al Sale che si occupa in modo militante di riqualificazione urbana a Detroit, un gruppo composto da attivisti, artisti, architetti e membri della comunità. Detroit Resist ha organizzato una occupazione digitale del padiglione degli Usa che quest’anno ha come tema “The Architectural immagination” e come oggetto proprio la riqualificazione della città di Detroit con giganteschi progetti con fini speculativi.\r\n\r\nTante sono le presenze libertarie di cui varrebbe la pena dare conto, dall’allestimento del padiglione Italia affidato alla TAM associati dal titolo ‘Taking Care, progettare per il bene comune’ alle presenze individuali, ai collettivi ad alcuni interessanti padiglioni nazionali. Iniziamo presentando il progetto ‘Spazi d’eccezione’ con un articolo di Paolo Martore e Massimo Mazzone. Altri seguiranno.\r\n\r\n“‘Spazi d’eccezione’ NON è un Padiglione Nazionale né un pezzo della Mostra Internazionale né un evento collaterale. ‘Spazi d’eccezione’ è quel lato in ombra a cui tutti fanno riferimento, quel Germinal, quell’humus dal quale tutti ambiguamente attingono, ma di cui nessuno parla mai con chiarezza.”iv Così Massimo Mazzone portavoce di Escuela Moderna nella sua introduzione al catalogo dell’esposizione.\r\n\r\nIn uno dei tanti padiglioni che trattavano di autocostruzione tra le varie indicazioni operative figurava anche la dicitura: ‘quando e in quali luoghi è opportuno accettare situazioni diffuse di illegalità marginale per favorire la costituzione di comunità…’\r\n\r\nNell’installazione di Recetas Urbanas nel padiglione all’Arsenale, all’interno della Biennale, si rivendicava il ‘diritto’ all’illegalità in situazioni di necessità: ecco la differenza che conta con la mostra istituzionale e che appare filo conduttore dell’esposizione al Sale.\r\n\r\nTolleranza dall’alto rivendicazione dal basso. Le varie gradazioni di questo rapporto segnano il sottile confine tra una social democrazia eterodiretta ed una comunità viva con fermenti libertari. Di ciò soprattutto dà testimonianza Spazi d’eccezione.\r\n\r\nViene a proposito il post di Marco Baravalle, animatore di ‘S.a.L.E. Docks’ e curatore di ‘Spazi d’eccezione’ insieme a Massimo Mazzone, a commento della cancellazione della performance Rebootati al padiglione Uruguaiano da parte della direzione della Biennale: “L'arte e l'architettura amano l'informalità quando si lascia rappresentare. Questo è l'essenza del pauperismo: fare dei poveri un soggetto immobile, procedere al saccheggio culturale oltre che a quello materiale. Ad essi è consentito solo di partecipare (solitamente a ciò che è già stato scelto), ad essi è consentito di attivarsi in quanto comunità (che parola è?) su sollecitazione dell'artista o dall'architetto di turno. Che l'illegalità sia individuale, di massa, dettata dalla fame o orientata politicamente, essa è una necessità legata alla sopravvivenza, al miglioramento delle proprie condizioni sociali o ad un nuovo modo di vivere in comune. Secondo qualcuno queste sono anche le priorità dell'architettura.”\r\n\r\n“Spazi d’eccezione credo sia un’ottima risposta e contemporaneamente una vetrina –anche se parziale- di tante praticabili ipotesi di lavoro. Spazi di Eccezione serve a mostrare alcune delle tante iniziative di libertà che combattono sul fronte del costruito che con difficoltà e determinazione stanno cercando di mettersi in rete e acquistare forma visibile.\r\n\r\nÈ in questa ottica che le esperienze contenute in questo lavoro comune hanno un senso, sono alfabeti, sillabe di linguaggi base per ricreare mondi con parole, azioni, fantasie di pratiche condivise. L’espressione di volontà che già esistono e balbettano futuri di libertà e testimonianza necessaria di un filone regressivo nelle pratiche progettuali e nella pianificazione urbana e territoriale che ritorna dominante nel panorama contemporaneo. Pratiche attive da sempre ma che ritornano visibili.\r\n\r\nRebuilding from the front, non Reporting. Un’azione attiva, non una passiva. Non un centro che va a vedere una periferia ma una periferia –anche interna- che ritrova/reinventa la propria forma. Non riportare dal fronte ma ricostruire dal fronte, partendo da ciò che già esiste nel presente, secondo l’insegnamento di Peter Kropotkin, senza ideologie, attraverso sperimentazioni continue.\r\n\r\nCominciamo dunque a ricostruire il mondo partendo dal fronte, da dove si combatte ogni giorno per dare forma a spazi di libertà, spazi che esistono in luoghi marginali, su fratture tettoniche, in Rojava e nelle nostre metropoli, che si parlano in rete e si reinventano quotidianamente, TAZ, zone temporaneamente autonome che anche clonate o colonizzate restano vive altrove, affreschi che occupano spazi e pareti e spariscono coperti da una mano di Blu, seppellendo con una risata gli affanni del mercato.”v\r\n\r\n\r\ni Throwing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperity (Tirare pietre al bus di Google: come la crescita è diventata la nemica della prosperità) Douglas Rushkoff, Portfolio, 2016.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nii Per gentrificazione si intende la trasformazione di un quartiere popolare o degradato in zona abitativa di pregio, con conseguente cambiamento della composizione sociale e dei prezzi delle abitazioni.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niii ‘Il Digitale era un’utopia. Ora è un incubo Monopolista’, di Giuliano Aluffi in il Venerdì della Repubblica, 26 maggio 2016\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niv Spazi d’eccezione, a cura di Escuela Moderna – S.a.L.E. Docks; Milieu,pag.9 edizioni, Milano 2016\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nv idem pag.38","23 Settembre 2016","2018-10-17 23:05:54","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/barriera-antifa-07-200x110.jpg","Anarres del 23 settembre: megalopoli, gentrification, resistenza popolare e architettura; Rojava; retate al campo rom; casa Pound non sbarca in Barriera, Bayer assorbe Monsanto",1474643948,[417],"http://radioblackout.org/tag/macerie-su-macerie/",[328],{"post_content":420},{"matched_tokens":421,"snippet":422,"value":423},[19],"IL DEMONE DELLA RIVOLTA\r\nTra \u003Cmark>insurrezioni\u003C/mark>, complotti e galere i tumulti,","Anarres del 23 settembre: megalopoli, gentrification, resistenza popolare e architettura; Rojava; retate al campo rom; casa Pound non sbarca in Barriera, Bayer assorbe Monsanto\r\n\r\nAscolta il podcast della puntata:\r\n\r\n2016-09-23-anarres1\r\n\r\n2016-09-23-anarres2\r\n\r\nNel nostro viaggio su Anarres – il pianeta delle utopie concrete questa settimana siamo approdati a...\r\n\r\nAbbiamo preso spunto dall'ultima, anomala, Biennale di architettura di Venezia per parlare di gentrification, megaprogetti, resistenza popolare e architettura.\r\nCi ha guidato in questo viaggio tra Europa, Sud America e Africa, Franco Buncuga, anarchico, architetto, collaboratore della rivista ApArte per la quale ha realizzato un articolo sulla Biennale.\r\n\r\nRojava – il corteo del 24 settembre a Roma: il comunicato della cdc della fai, l’appello di un combattente italiano.\r\n\r\nAppendino come Fassino: retate, arresti e fogli di via al campo rom di via Germagnano\r\n\r\nCasa Pound non sbarca in Barriera. Venerdì 23 un lungo assedio alle poche decine di fascisti radunatisi in via Baltea, la solidarietà degli abitanti, l'assenza di sostegno nel quartiere, che invece hanno riempito il giardinetto di corso Palermo angolo via Sesia, hanno decretato il flop dell'iniziativa fascista. \r\nBayer compra Monsanto: nasce il nuovo megamostro della chimica.\r\nNe abbiamo discusso con Marco Tafel\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nVenerdì 30 settembre\r\nore 21 – corso Palermo 46\r\npresentazione del libro di Alessio Lega “BAKUNIN, IL DEMONE DELLA RIVOLTA\r\nTra \u003Cmark>insurrezioni\u003C/mark>, complotti e galere i tumulti, le contraddizioni e l'incontenibile passione rivoluzionaria dell'anarchico russo” \r\nMichail Bakunin (1814-1876), nato nobile e morto in miseria, attraversa impetuosamente il suo secolo in nome di un'idea esagerata di libertà che sconvolge l'immaginario politico europeo. Pensatore rivoluzionario che tempra le sue idee nel fuoco dell'azione, accorre in difesa delle barricate di mezza Europa, collezionando condanne a morte in vari imperi e sopravvivendo a carcerazioni durissime. Deportato in Siberia, scappa – su slitte, cavalli, treni e velieri – per tornare lì dove la rivoluzione lo chiama: in un'Europa in ebollizione in cui lo aspettano altre barricate e altre \u003Cmark>insurrezioni\u003C/mark>. Vinto ma non domato, muore usurato da una vita segnata da mille sfide mentre – irresistibilmente – sta progettando nuove rivoluzioni e nuovi mondi.\r\nSabato 1 ottobre \r\nal Balon – via Andreis angolo via Borgodora (se piove in piazza della Repubblica sotto la tettoia dei casalinghi)\r\nore 10,30 – 13,30\r\nPresidio contro tutte le frontiere \r\nGiovedì 6 ottobre \r\nore 17,30\r\nai giardinetti di corso Palermo angolo via Sesia – punto info su guerra sociale e lotte nelle periferie, apericena benefit lotte sociali\r\nDocumenti\r\nComunicato-appello da parte di uno degli italiani unitosi allo YPG, scritto in occasione del corteo nazionale del 24 settembre a Roma. \r\nCiao a tutti e tutte, sono uno degli italiani che si sono uniti allo YPG, unità di difesa del popolo del Rojava. Non sono il primo e non sarò l'ultimo, in Rojava la solidarietà internazionale é molto forte e sono centinaia le persone che arrivano da ogni parte del mondo per far parte di questa rivoluzione. Siamo a conoscenza del corteo nazionale del 24 Settembre che si terrà a Roma e ciò non può che farci felici e darci sostegno e forza nel continuare a lottare.\r\nNelle ultime settimane sui giornali siamo stati chiamati terroristi, è stato detto che comunisti e anarchici vanno ad addestrarsi in Siria, vorrei dire ai giornalisti ed ai politici che si riempiono la bocca di belle parole, che questa rivoluzione non è fatta solo da comunisti o anarchici, ma anzi da curdi, arabi, assiri, ezidi, armeni, turcommanni e da tutte quelle persone che si identificano nel confederalismo democratico. La realtà è completamente diversa da quella che viene raccontata dai giornali e dal governo, i veri terroristi sono seduti nei palazzi del potere e spostano sulla scacchiera le loro pedine, un giorno amiche, un giorno nemiche, ma quando i nodi vengono al pettine e la verità viene a galla i nemici si scoprono. l'Italia è complice di questa guerra, l'Alenia fornisce elicotteri da combattimento alla Turchia per bombardare il Bakur, l'Italia è inoltre il maggior produttore di mine al mondo ed è anche grazie all'Italia se centinaia di persone sono morte o sono rimaste gravemente ferite per colpa delle migliaia di mine disseminate dall'Isis. Grazie all'accordo di 6 miliardi di euro tra unione europea e Turchia, migliaia di persone vivono in campi profughi che sono delle vere e proprie prigioni a cielo aperto. Grazie a questi soldi ricevuti dall'unione europea la Turchia sta completando la costruzione di un muro di separazione con il Rojava, con il quale si proteggono i militari che sparano senza scrupoli su chi cerca di scappare da questa guerra; sono già decine le persone uccise lungo questo confine.\r\n\r\nL'operazione di invasione del Rojava da parte della Turchia è partita già a metà agosto con la finta invasione di Jarablus, in pratica operazione di sostegno all'Isis, che per la prima volta è retrocesso senza combattere. Successivamente la Turchia ha utilizzato questa nuova postazione per far partire l'invasione di alcuni villaggi del cantone di Efrin; e in queste settimane sono state molte le provocazioni.\r\n\r\nIl rischio di una guerra aperta tra Turchia e Rojava è sempre più alto; ora più che mai è importante sostenere il confederalismo democratico a livello internazionale facendo pressioni sui governi e sugli Stati, complici e autori di questa guerra, perchè interrompano le relazioni politiche, economiche e militari con Ankara; ora più che mai è importante chiedere l'apertura delle frontiere per far entrare aiuti alimentari e medicine, beni di prima necessità che qui mancano.\r\n\r\nE' questa la vera realtà della guerra; la lotta al terrorismo è una menzogna ed è soltanto una facciata per nascondere gli interessi di governi e industrie belliche.\r\n\r\nIl mio pensiero qui in Rojava non può che andare alle migliaia di compagni e compagne caduti o rimasti gravemente feriti per far si che questa rivoluzione sia ancora in vita e prosegua il percorso verso la libertà.\r\n\r\nSperando sempre che dai semi rivoluzionari gettati qui in Rojava un giorno possano nascere fiori in tutto il mondo.\r\nBiji Rojava biji Kurdistan. \r\nSerkeftin\r\n000000\r\nLa Commissione di Corrispondenza dellaFederazione Anarchica Italiana fa propriol’appello del Gruppo Anarchico “Carlo Cafiero” – FAI di Roma, ed invita tutte le realtà federate ad attivarsi per la più ampia partecipazione allo spezzone rosso e nero alla manifestazione del 24 settembre a Roma.\r\nIl colpo di stato in Turchia ha permesso al governo turco di imporre lo stato di emergenza, e di accrescere la repressione nei confronti dei gruppi attivi nelle lotte e dei movimenti sociali. Anche i/le nostre compagni/e anarchici/che della DAF (Devrimci Anarsist Faaliyet / Azione Rivoluzionaria Anarchica) oltra a socialisti, gruppi curdi democratici sono stati colpiti dalla stretta liberticida del governo. Il giornale Meydan è stato chiuso e tre nuove indagini sono state avviate, con la scusa di essere un’organizzazione terroristica. \r\n Nelle regioni a maggioranza curda la repressione ha assunto la forma di una guerra aperta contro la popolazione, mentre gli attivisti in carcere, fra cui Abdullah Öcalan, sono costretti in condizioni inumane.\r\n La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana, sicura di interpretare i sentimenti delle anarchiche e degli anarchici di lingua italiana, esprime la solidarietà internazionalista al popolo curdo e a tutti i popoli che vivono nelle regioni del Kurdistan, vittime dell’aggressione della Turchia, della Siria e dello Stato Islamico; esprime altresì il sostegno alla resistenza, all’autogestione dal basso ed al comunalismo, alla rivoluzione in Rojava, per il suo ulteriore sviluppo in una prospettiva libertaria; invita a mobilitarsi contro il governo italiano e le altre potenze imperialiste, grandi e piccole, dell’est e dell’ovest, che appoggiano la guerra e il progetto di annientamento del popolo curdo.\r\n000000\r\nUna Biennale d’eccezione \r\n\r\nLanciando pietre\r\n\r\nThrowing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperityi di Douglas Rushkoff se non fosse un interessante libro sugli esiti della economia digitale potrebbe essere un ottimo libro di architettura. Le pietre di cui fa cenno il titolo sono quelle che hanno gettato i residenti di alcuni quartieri di San Francisco contro i Google bus che vengono a raccogliere i dipendenti dell’omonima ditta. Attorno alle fermate dei bus dei privilegiati dell’azienda informatica gli affitti sono cresciuti in maniera talmente elevata che molti abitanti sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Una nuova forma raffinata di gentrificazioneii.\r\n\r\nRushkoff, scrittore e saggista cyberpunk e collaboratore di Timothy Leary ci descrive un mondo in cui le differenze aumentano e nel quale le promesse di maggiori opportunità e di democrazia dell’economia digitale si sono rivelate un abbaglio fatale. “Il problema è che siamo ostaggi della trappola della crescita e le tecnologie digitali, che all’inizio sembravano promettere modelli più distribuiti e partecipati per l’economia, si sono trasformate in meri acceleratori di una crescita sempre più frenetica e sorda ai bisogni della società”iii. Nel suo libro Rushkoff cerca di spiegare dove abbiamo sbagliato e per quale motivo e come sia possibile riprogrammare l’economia digitale e le nostre attività ripartendo dal basso per promuovere un’economia sostenibile per raggiungere un benessere il più diffuso possibile.\r\n\r\nNella costruzione del nostro ambiente urbano ci siamo lasciati affascinare dallo stesso meccanismo: la crescita impetuosa delle città e delle conurbazioni a causa di un mix di demografia e spinte speculative ha prodotto i modelli illusori di ‘smart city’, di città cablate super tecnologiche e la rincorsa al gigantismo ed alle emergenze dei grandi edifici simbolo, incarnazione della ‘hubris’ degli archi-star. Ora ci rendiamo conto che questa corsa alla cementificazione del pianeta produce solo macerie nel tessuto abitativo e nei legami comunitari, indispensabili per una vita in armonia con l’ambiente e il territorio.\r\n\r\nL’edizione 2016 della Biennale di Architettura di Venezia, curata dal cileno Alejandro Aravena ha come titolo Reporting from the front ed ha l’ambizione di fotografare lo stato dei lavori in quelle aree del mondo di frontiera in cui si sta preparando il futuro del nostro spazio abitativo.\r\n\r\nQuesta Biennale nelle intenzioni di Aravena si “propone dunque di condividere con un pubblico più ampio, il lavoro delle persone che scrutano l’orizzonte alla ricerca di nuovi ambiti di azione, affrontando temi quali la segregazione, le diseguaglianze, le perifereie, l’accesso a strutture igienico-sanitarie, i disastri naturali, la carenza di alloggi, la migrazione, l’informalità, la criminalità, il traffico, lo spreco, l’inquinamento e la partecipazione delle comunità.”\r\n\r\nE Paolo Baratta, Presidente della Biennale aggiunge: “Ci interessa l’architettura come strumento di self-government, come strumento di una civiltà umanistica, non in grazia di uno stile formale, ma come evidenza della capacità dell’uomo di essere padrone dei propri destini”.\r\n\r\nUna edizione con un programma sideralmente opposto a quello della precedente, affidata all’archistar Rem Koolhas, che mette sul tappeto molti temi che come libertari ci sono cari: l’autocostruzione, la partecipazione, la progettazione comunitaria e i processi ecologici di recupero dell’esistente insieme allo sviluppo di tecnologie appropriate condivisibili.\r\n\r\nBaratta ci ricorda che l’immaginario architettonico del secolo scorso preconizzava la costruzione di grandi centri urbani inseriti in un territorio che offriva ancora grandi spazi vergini. È stato il periodo della ‘ville radieuse’ di Le Corbusier, della realizzazione in nuovi insediamenti di grandi capitali, come Chandigar o Brasilia. Oggi gli spazi su cui gli architetti sono chiamati ad operare sono spesso enormi aree urbane abbandonate e degradate ed in ogni caso, a causa della crescita urbana e delle nuove forme di produzione post-industriale, gli spazi naturali tendono a divenire sempre più spazi interni ad una pianificazione planetaria.\r\n\r\nSpazi che le autorità non riescono più a controllare o dirigere, per mancanza di risorse economiche ma anche di nuovi strumenti operativi efficaci. Ottima situazione per chi è impegnato in prima linea, sul‘fronte’ e sperimenta nuovi modelli abitativi solidali.\r\n\r\n“una volta i villaggi ci proteggevano dalla natura oggi la natura è il nostro rifugio dalle tensioni urbane” ci ricorda nella sua installazione di video il cileno Elton Leniz invitato da Aravena.\r\n\r\nLa situazione attuale dello sviluppo del fenomeno urbano è ben fotografata nel padiglione della Sala d’armi all’Arsenale dove è esposto il Progetto Speciale ‘Conflitti dell’era urbana’ curato da Riky Burdett. Burdett descrive le due grandi spinte che tendono a definire il nostro ambiente costruito: quelle che lui definisce le Soluzioni dall’alto -quelle istituzionali e dei grandi agenti della pianificazione- su una parete del padiglione e le Soluzioni dal basso –autocostruzione, partecipazione e processi spontanei- sulla parete opposta. Tra i due estremi sono rappresentate le mappe di alcune conurbazioni rappresentative che tendono a diventare in ogni luogo del pianeta ‘il territorio’ non solo una parte dell’ambiente antropizzato: il ‘tutto costruito’ con spazi di ‘natura’ addomesticata tra i suoi interstizi, l’opposto del rapporto urbano agricolo naturale artificiale che esiste da quando esiste l’uomo civile, il prodotto della ‘civitas’, la comunità stanziale di un gruppo di uomini in un territorio definito dalla sua architettura.\r\n\r\nSi aprono spazi vuoti all’interno di queste inquietanti conurbazioni neo-plastiche e come dice Baratta, è in questi spazi, che sono il fronte in cui si combatte per definire l’assetto del nostro ambiente futuro, che dobbiamo cercare esperienze e buone pratiche da analizzare. Reporting from the Front. Con l’intento di ingenerare progetti e processi che diano risposte complesse e condivisibili e che possano divenire nuovi standard e modelli. Architetture anche di piccole dimensioni ma che presentino un’alta qualità professionale e un forte legame con le comunità che le generano.\r\n\r\nRushkoff nel suo saggio parla anche di gig economy, l’economia dei piccoli lavori on-demand, modello Uber, in poche parole il modello che vuole trasportarci dal‘diritto al lavoro’ al nessun diritto dei ‘lavoretti’. In vista di un’uberizzazione della società dobbiamo adattarci anche a una gig-architecture? A un’architettura dei progettini? Che se poi piacciono e funzionano possano essere rilanciati da qualche bella multinazionale e ri-proposti come ready made architettonici. Servono a questo i tanti collettivi, più o meno marginali o antagonisti che vediamo rappresentati in questa bella biennale? Mettere in moto qualche interessante Processo che possa poi da altri essere rivenduto come Progetto?\r\n\r\nProgetti e Processi\r\n\r\nUn discrimine da avere ben presente tra le proposte interessanti viste in questa Biennale è proprio quello di saper distinguere da chi propone progetti confezionati da rivendere alla comunità e tra chi sceglie di ingenerare processi di crescita dal basso proponendo soluzioni che diano risposte a bisogni locali che diventino poi patrimonio collettivo. È ad esempio la scelta del gruppo Ctrl+z: costruire processi in forma partecipativa che non siano isolabili dal contesto che li ha prodotti, che valgano qui e ora, con questo materiale. Un bel esempio le “atrapaniebla” le torri dell’acqua che trasformano la condensa della nebbia in acqua potabile che Ctrl+z ha presentato ai magazzini del Sale nella mostra Spazi d’Eccezione, ‘torri low-tech basate sui materiali che si possono trovare a livello locale. Grazie alla leggerezza e alla modularità. La nostra proposta si può montare in due giorni senza la necessità di gru, ponteggi o altri ausili.’ Un modello della torre è stato montato all’interno dell’Esposizione nel giardino dell’Arsenale.\r\n\r\nA poca distanza la Norman Foster Foundation, insieme alla Future Africa EPFL e ad altre fondazioni, propone una rete di drone-port, aereoporti per droni per collegare in Africa villaggi isolati in ampi territori senza altre possibilità di comunicazione efficienti. I drone-port di Foster sono l’estto opposto della proposta di Ctrl+z, si riducono ad una scatola ed un progetto realizzabile in loco grazie ad un know how centralizzato, drone-porti per ricevere attraverso velivoli teleguidati ad alta tecnologie merci da un distributore lontano, un ragno nella rete da qualche parte. La realizzazione tecnologica dell’antico ‘culto del Cargo’ caro agli antropologi.\r\n\r\nSpazi d’Eccezione\r\n\r\nI fronti da esplorare oggi non sono quello spazio piano senza limiti che sembra indicare il logo di questa edizione: una foto scattata da Bruce Chatwin che ritrae un’archeologa tedesca, Maria Reiche, sopra una scala di alluminio che osserva i tracciati di pietre del deserto peruviano di Nazca, sono fronti interni allo sviluppo planetario del capitale, luoghi di rovine, di cicatrici, di macerie, quasi sempre ‘spazi d’eccezione’ in cui le normali regole del vivere sono sospese da un potere non normato. E in quei fronti, da tempo, c’è chi lotta e costruisce alternative. Di questi lotte dà testimonianza con uno sguardo libertario l’esposizione ‘Spazi d’Eccezione’ ai Magazzini del Sale, ‘un libro, un meeting e una mostra’ organizzati dai collettivi di Escuela Moderna e S.a.L.E. Docks.\r\n\r\nCtrl+z, Recets Urbanas che abbiamo già citato e altri espositori al Sale partecipano in varie forme anche all’esposizione ufficiale e Spazi d’Eccezione ha organizzato anche un meeting interno alla Biennale nell’ambito delle Biennale Sessions, per portare argomenti misteriosamente scomparsi dal dibattito sul territorio quali il No Mose, il No Tav il No Muos e tanti alti piccoli tentativi di autogestione del territorio e delle lotte urbane. Un tentativo di intrusione riuscito all’interno della Biennale ufficiale è stato quello del colletivo ‘Detroit Resist’ presente nella mostra al Sale che si occupa in modo militante di riqualificazione urbana a Detroit, un gruppo composto da attivisti, artisti, architetti e membri della comunità. Detroit Resist ha organizzato una occupazione digitale del padiglione degli Usa che quest’anno ha come tema “The Architectural immagination” e come oggetto proprio la riqualificazione della città di Detroit con giganteschi progetti con fini speculativi.\r\n\r\nTante sono le presenze libertarie di cui varrebbe la pena dare conto, dall’allestimento del padiglione Italia affidato alla TAM associati dal titolo ‘Taking Care, progettare per il bene comune’ alle presenze individuali, ai collettivi ad alcuni interessanti padiglioni nazionali. Iniziamo presentando il progetto ‘Spazi d’eccezione’ con un articolo di Paolo Martore e Massimo Mazzone. Altri seguiranno.\r\n\r\n“‘Spazi d’eccezione’ NON è un Padiglione Nazionale né un pezzo della Mostra Internazionale né un evento collaterale. ‘Spazi d’eccezione’ è quel lato in ombra a cui tutti fanno riferimento, quel Germinal, quell’humus dal quale tutti ambiguamente attingono, ma di cui nessuno parla mai con chiarezza.”iv Così Massimo Mazzone portavoce di Escuela Moderna nella sua introduzione al catalogo dell’esposizione.\r\n\r\nIn uno dei tanti padiglioni che trattavano di autocostruzione tra le varie indicazioni operative figurava anche la dicitura: ‘quando e in quali luoghi è opportuno accettare situazioni diffuse di illegalità marginale per favorire la costituzione di comunità…’\r\n\r\nNell’installazione di Recetas Urbanas nel padiglione all’Arsenale, all’interno della Biennale, si rivendicava il ‘diritto’ all’illegalità in situazioni di necessità: ecco la differenza che conta con la mostra istituzionale e che appare filo conduttore dell’esposizione al Sale.\r\n\r\nTolleranza dall’alto rivendicazione dal basso. Le varie gradazioni di questo rapporto segnano il sottile confine tra una social democrazia eterodiretta ed una comunità viva con fermenti libertari. Di ciò soprattutto dà testimonianza Spazi d’eccezione.\r\n\r\nViene a proposito il post di Marco Baravalle, animatore di ‘S.a.L.E. Docks’ e curatore di ‘Spazi d’eccezione’ insieme a Massimo Mazzone, a commento della cancellazione della performance Rebootati al padiglione Uruguaiano da parte della direzione della Biennale: “L'arte e l'architettura amano l'informalità quando si lascia rappresentare. Questo è l'essenza del pauperismo: fare dei poveri un soggetto immobile, procedere al saccheggio culturale oltre che a quello materiale. Ad essi è consentito solo di partecipare (solitamente a ciò che è già stato scelto), ad essi è consentito di attivarsi in quanto comunità (che parola è?) su sollecitazione dell'artista o dall'architetto di turno. Che l'illegalità sia individuale, di massa, dettata dalla fame o orientata politicamente, essa è una necessità legata alla sopravvivenza, al miglioramento delle proprie condizioni sociali o ad un nuovo modo di vivere in comune. Secondo qualcuno queste sono anche le priorità dell'architettura.”\r\n\r\n“Spazi d’eccezione credo sia un’ottima risposta e contemporaneamente una vetrina –anche se parziale- di tante praticabili ipotesi di lavoro. Spazi di Eccezione serve a mostrare alcune delle tante iniziative di libertà che combattono sul fronte del costruito che con difficoltà e determinazione stanno cercando di mettersi in rete e acquistare forma visibile.\r\n\r\nÈ in questa ottica che le esperienze contenute in questo lavoro comune hanno un senso, sono alfabeti, sillabe di linguaggi base per ricreare mondi con parole, azioni, fantasie di pratiche condivise. L’espressione di volontà che già esistono e balbettano futuri di libertà e testimonianza necessaria di un filone regressivo nelle pratiche progettuali e nella pianificazione urbana e territoriale che ritorna dominante nel panorama contemporaneo. Pratiche attive da sempre ma che ritornano visibili.\r\n\r\nRebuilding from the front, non Reporting. Un’azione attiva, non una passiva. Non un centro che va a vedere una periferia ma una periferia –anche interna- che ritrova/reinventa la propria forma. Non riportare dal fronte ma ricostruire dal fronte, partendo da ciò che già esiste nel presente, secondo l’insegnamento di Peter Kropotkin, senza ideologie, attraverso sperimentazioni continue.\r\n\r\nCominciamo dunque a ricostruire il mondo partendo dal fronte, da dove si combatte ogni giorno per dare forma a spazi di libertà, spazi che esistono in luoghi marginali, su fratture tettoniche, in Rojava e nelle nostre metropoli, che si parlano in rete e si reinventano quotidianamente, TAZ, zone temporaneamente autonome che anche clonate o colonizzate restano vive altrove, affreschi che occupano spazi e pareti e spariscono coperti da una mano di Blu, seppellendo con una risata gli affanni del mercato.”v\r\n\r\n\r\ni Throwing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperity (Tirare pietre al bus di Google: come la crescita è diventata la nemica della prosperità) Douglas Rushkoff, Portfolio, 2016.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nii Per gentrificazione si intende la trasformazione di un quartiere popolare o degradato in zona abitativa di pregio, con conseguente cambiamento della composizione sociale e dei prezzi delle abitazioni.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niii ‘Il Digitale era un’utopia. 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