","8 marzo. Cronache e riflessioni","post",1520956644,[61,62,63,64,65,66,67,68,69],"http://radioblackout.org/tag/8-marzo/","http://radioblackout.org/tag/aborto/","http://radioblackout.org/tag/chiesa-ss-annunziata/","http://radioblackout.org/tag/lavori-di-cura/","http://radioblackout.org/tag/livorno/","http://radioblackout.org/tag/pisa/","http://radioblackout.org/tag/sciopero-femminista/","http://radioblackout.org/tag/torino/","http://radioblackout.org/tag/violenze-in-divisa/",[20,71,72,73,27,74,35,18,75],"aborto","chiesa ss annunziata","lavori di cura","Pisa","violenze in divisa",{"post_content":77,"tags":84},{"matched_tokens":78,"snippet":82,"value":83},[79,80,81,79],"lavori","di","cura","dal lavoro dentro casa, dai \u003Cmark>lavori\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>cura\u003C/mark>, dai \u003Cmark>lavori\u003C/mark> domestici e dai","Lo sciopero femminista globale ha investito decine \u003Cmark>di\u003C/mark> paesi. In Italia ci sono state iniziative in 50 città grandi e piccole. Una marea nero-fucsia ha riempito le piazze da nord a sud.\r\nNe abbiamo parlato con due compagne, Chiara \u003Cmark>di\u003C/mark> Non una \u003Cmark>di\u003C/mark> meno Torino e Patrizia \u003Cmark>di\u003C/mark> Non una \u003Cmark>di\u003C/mark> meno Livorno.\r\nCi hanno proposto una cronaca delle iniziative a Torino, a Livorno e Pisa.\r\n\r\nPatrizia ci ha raccontato le iniziative svoltesi nella sua città in mattinata e il corteo pomeridiano a Pisa cui hanno partecipato anche le livornesi.\r\nAl centro della giornata le violenze in divisa, il lavoro, la precarietà.\r\nCon Patrizia abbiamo fatto un bilancio \u003Cmark>di\u003C/mark> un percorso che è riuscito a mantenere, a parole e nei fatti, la propria autonomia, senza farsi sedurre dalle tante sirene elettorali.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2018 03 13 patrizia nudm liv\r\n\r\nChiara ci ha raccontato l’8 marzo torinese, una grande giornata \u003Cmark>di\u003C/mark> lotta.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2018 03 13 chiara nudm to\r\n\r\n\r\n\u003Cmark>Di\u003C/mark> seguito una cronaca della giornata:\r\n“Un alito \u003Cmark>di\u003C/mark> primavera ha accompagnato un lungo 8 marzo \u003Cmark>di\u003C/mark> lotta all’ombra della Mole.\r\nIn piazza Castello sin dal mattino è un fiorire \u003Cmark>di\u003C/mark> matrioske, cartelli, colori e suoni. In testa lo striscione “Scioperiamo dal lavoro \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>cura\u003C/mark>. Lottiamo insieme!”\r\nLo sciopero femminista contro la violenza maschile sulle donne e le violenze \u003Cmark>di\u003C/mark> genere, si è articolato come diserzione dal lavoro retribuito fuori casa, ma anche dal lavoro dentro casa, dai \u003Cmark>lavori\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>cura\u003C/mark>, dai \u003Cmark>lavori\u003C/mark> domestici e dai ruoli \u003Cmark>di\u003C/mark> genere imposti.\r\nLa rinnovata sessualizzazione del lavoro \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>cura\u003C/mark> non pagato riduce la conflittualità sociale conseguente alla erosione del welfare.\r\nLa riaffermazione \u003Cmark>di\u003C/mark> logiche patriarcali offre un puntello al capitale nella guerra a chi lavora.\r\nLo sciopero femminista scardina questo puntello, rimettendo al centro le lotte delle donne per la propria autonomia.\r\nLa prima tappa è al centro della piazza. Lunghi fili vengono tirati tra i pali: con pinze da bucato sono stesi pannolini, grembiuli, strofinacci… Tutti oggetti simbolo del lavoro \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>cura\u003C/mark>.\r\nUn camioncino prova senza successo a forzare il blocco, che si allarga sulla piazza. Un nucleo dell’antisommossa, schierato a pochi passi da una carrozzina con un neonat*, chiede a gran voce rinforzi. La digos si affanna al cellulare. Si parte in corteo verso via Po. Per l’intera mattinata si svolgono blocchi con slogan e comizi volanti ai principali incroci.\r\nIn corso Regina il corteo viene raggiunto dalle studentesse, che in mattinata avevano bloccato le lezioni al campus. La mattinata si conclude a Palazzo Nuovo, l’altra sede delle facoltà umanistiche.\r\n\r\nNel pomeriggio piazza XVIII dicembre, la piazza che ricorda i martiri della camera del lavoro, si riempie velocemente. Parrucche rosa, fucsia e viola sul nero degli abiti, tanti striscioni, tulle, cartelli. Il corteo si dipana per il centro. Saremo tremila, forse più.\r\nLa prima sosta è davanti alla caserma dei carabinieri Cernaia. Viene appeso uno striscione contro la violenza dei tribunali, in solidarietà alle donne stuprate, picchiate e offese che nelle aule \u003Cmark>di\u003C/mark> giustizia diventano imputate, chiamate a rispondere della propria vita, dei propri abiti, dei propri gusti, del proprio no alla violenza. Vengono lette alcune delle domande fatte in tribunale alle due studentesse statunitensi stuprate da due carabinieri la scorsa estate a Firenze. Domande \u003Cmark>di\u003C/mark> una violenza terribile.\r\nIn Italia viene ammazzata una donna ogni due giorni.\r\nSpesso gli assassini usano le pistole d’ordinanza, che hanno il diritto \u003Cmark>di\u003C/mark> portare perché fanno parte dell’elite poliziesca e militare, che detiene per conto dello Stato il monopolio legale della violenza.\r\nGli spazi \u003Cmark>di\u003C/mark> autonomia che le donne si sono conquistate hanno incrinato e a volte spezzato le relazioni gerarchiche tra i sessi, rompendo l’ordine simbolico e materiale, che le voleva sottomesse ed ubbidienti. Il moltiplicarsi su scala mondiale dei femminicidi dimostra che la strada della libertà femminile è ancora molto lunga. Il crescere della marea femminista è la risposta ad una violenza che ha i caratteri espliciti \u003Cmark>di\u003C/mark> una guerra planetaria alla libertà delle donne, alla libertà dei generi, alla libertà dai generi.\r\nNelle aule dei tribunali la violenza maschile viene declinata come affare privato, personale, accidentale, nascondendone il carattere disciplinare, punitivo, politico.\r\nLe lotte femministe ne fanno riemergere l’intrinseca politicità affinché divenga parte del discorso pubblico, in tutta la propria deflagrante potenza, mettendo in soffitta il paternalismo ipocrita delle quote rosa, delle pari opportunità, dei parcheggi riservati alle donne.\r\nTra i temi \u003Cmark>di\u003C/mark> questo 8 marzo \u003Cmark>di\u003C/mark> sciopero e lotta, la ferma volontà \u003Cmark>di\u003C/mark> rompere il silenzio e l’indifferenza, per sostenere un percorso \u003Cmark>di\u003C/mark> libertà, mutuo aiuto e autodifesa contro chi ci vorrebbe inchiodare nel ruolo \u003Cmark>di\u003C/mark> vittime.\r\nForte è il rifiuto che la difesa delle donne diventi l’alibi per politiche securitarie, che usino i nostri corpi per giustificare strette disciplinari sull’intera società.\r\n\r\n“Nello stato fiducia non ne abbiamo, la difesa ce la autogestiamo!”\r\n“Lo stupratore non è malato, è il figlio prediletto del patriarcato”\r\n“Siamo la voce potente e feroce \u003Cmark>di\u003C/mark> tutte le donne che più non hanno voce!” Questi slogan riempiono la piazza, deflagrano per il corteo.\r\n\r\nTra i tanti interventi quello \u003Cmark>di\u003C/mark> una ragazza curda, che ricorda la lotta delle donne \u003Cmark>di\u003C/mark> Afrin contro l’invasione turca e il patriarcato. Una studentessa sviluppa una critica alla scuola, dove lo sguardo femminista è quasi sempre assente.\r\n\r\nIn piazza Castello su uno dei tanti monumenti militaristi della città, quello dedicato al duca d’Aosta, in braccio ad uno dei soldati raffigurati viene messa una scopa, uno strofinaccio, un pezzo \u003Cmark>di\u003C/mark> tulle rosa.\r\nL’azione è accompagnata da un lungo intervento dal camion.\r\nÉ il momento per parlare delle donne stuprate in guerra, prede e strumento del conflitto. In guerra la logica patriarcale sottesa a torture e stupri è meno dissimulata che in tempi \u003Cmark>di\u003C/mark> pace.\r\nDahira nel 1993 aveva 23 anni. Dahira già conosceva il sapore amaro dell’essere donna in una società patriarcale. Era stata ripudiata dal marito, perché non riusciva a dargli dei figli. Una cosa inutile, priva \u003Cmark>di\u003C/mark> valore. Ma per lei il peggio doveva ancora venire. In una notte \u003Cmark>di\u003C/mark> maggio \u003Cmark>di\u003C/mark> 25 anni fa venne spogliata, legata sul cassone \u003Cmark>di\u003C/mark> un camion con le braccia e le gambe immobilizzate e stuprata con un razzo illuminante. I torturatori e violentatori erano paracadutisti della Folgore, in missione umanitaria in Somalia. Con cruda ironia la missione Nato, cui l’Italia partecipò si chiamava “Restore hope – restituire la speranza”.\r\nGli stessi parà stanno per sbarcare in Niger per una nuova missione. Questa volta l’obiettivo sono i migranti in viaggio verso l’Europa.\r\nAltri militari saranno in Libia, dove le milizie \u003Cmark>di\u003C/mark> Sabratha e Zawija, pagate dallo Stato italiano rinchiudono uomini, donne e bambini in prigioni per migranti, dove tutte le donne vengono stuprate. Gli esecutori sono in Libia, i mandanti sono sulle poltrone del governo italiano.\r\n\r\nIl corteo imbocca via Po e si ferma davanti alla chiesa della SS Annunziata, legata a Comunione e Liberazione. Lì viene appeso uno striscione con la scritta “Preti ed obiettori tremate. Le streghe son tornate!” Prezzemolo e ferri da calza sono lasciati \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte all’ingresso, per ricordare i tempi dell’aborto clandestino, quando le donne povere abortivano con decotti e ferri da calza, rischiando \u003Cmark>di\u003C/mark> morire.\r\nLa chiesa cattolica vorrebbe che le donne che decidono \u003Cmark>di\u003C/mark> non avere figli muoiano o vengano trattate da criminali. A quarant’anni dalla legge che ha depenalizzato l’aborto, ma lo ha sottoposto ad una rigida regolamentazione, in molte città italiane abortire è diventato impossibile, perché il 100% dei medici si dichiara obiettore.\r\nPreti ed obiettori vorrebbero inchiodarci al ruolo \u003Cmark>di\u003C/mark> madri e mogli. Quest’8 marzo ci trova più agguerrite che mai nella lotta per una maternità libera e consapevole.\r\n\r\nNelle piazze torinesi si è affermato un femminismo capace \u003Cmark>di\u003C/mark> obiettivi radicali e pratiche libertarie, vincendo la scommessa non facile dello sciopero femminista, con la buriana elettorale appena dietro le spalle, nel netto rifiuto \u003Cmark>di\u003C/mark> essere usate come trampolino per carriere politiche tinte \u003Cmark>di\u003C/mark> fucsia.\r\nIn quest’8 marzo è emerso l’intreccio potente tra la dominazione patriarcale e la violenza dello Stato, del capitalismo, delle frontiere, delle religioni.\r\n\u003Cmark>Di\u003C/mark> questi tempi non è poco. Un sasso nello stagno, che si allarga e moltiplica le pozze.\r\n\r\nIl corteo vibra dello slogan urlato da tutte “Ma quale Stato, ma quale dio, sul mio corpo decido io!”\r\n\r\nLa marea dilaga in piazza Vittorio dove viene disegnata una matrioska gigante al cui interno vengono lasciate scope, detersivi, grembiuli e strofinacci.\r\n\r\nUn grido potente riempie la piazza “Se non posso ballare non è la mia rivoluzione!”. 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Lo sciopero indetto per l’8 e il 9 marzo è stato cancellato dalla commissione di garanzia, che in applicazione alle direttive governative, ha imposto la revoca ai sindacati di base che lo avevano indetto, pena multe sia per i sindacati che per gli scioperanti. Il solo SLAI Cobas ha rifiutato di cancellare lo sciopero.\r\nIn diverse località sono state cancellate tutte le iniziative di lotta promosse per l’Otto e per il Nove, nonostante non vi siano stati divieti espliciti.\r\n\r\nC’è chi invece ha deciso, pur con le necessarie attenzioni, di rifiutare la quarantena politica imposta dallo Stato, uno Stato che ha massacrato la sanità, moltiplicato le spese militari, consentito esercitazioni militari statunitensi in tempo di epidemia, ma vuole tappare la bocca, criminalizzandola, ad ogni forma di opposizione sociale.\r\n\r\nA Torino, il collettivo anarcofemminista Wild Cat ha dato vita ad una settimana di informazione e lotta transfemminista che si è articolata in tre presidi e una manifestazione itinerante.\r\n\r\nAscolta la diretta con Maria di Wild C.A.T.:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/2020-03-wild-cat-8marzo.mp3\"][/audio]\r\n\r\nScarica l'audio\r\n\r\nA Livorno, Non una di meno, ha ricalibrato le iniziative previste, mantenendo tuttavia un presidio itinerante sul lungo mare, con focus sui ruoli di genere, la narrazione della violenza, il lavoro.\r\nLa statua del marinaio è stata detournata con spazzoloni, grembiuli, bambolotti, suscitando l’ira di un militare che ha chiamato la polizia. La manifestazione è proseguita per l’intera giornata, con numerose tappe sempre più partecipate.\r\n\r\nAscolta la diretta con Patrizia di Livorno:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/2020-03-10-patrizia-8marzo.mp3\"][/audio]\r\n\r\nScarica l'audio\r\n\r\nDi seguito la cronaca della settimana di lotta a Torino\r\n\r\nLunedì 2 marzo c’è stato un presidio alla farmacia Algostino e De Michelis di piazza Vittorio 10. Questa farmacia, gestita da integralisti cattolici, rifiuta di vendere la pillola del giorno dopo. Un’occasione per fare il punto sulle difficoltà crescenti per le donne che decidono di abortire.\r\nMassiccia la presenza poliziesca.\r\nDal volantino distribuito: “Qualcuno crede che la legge 194 che stabilisce le regole per l'IGV, l'interruzione volontaria di gravidanza, sia stata una grande conquista delle donne del nostro paese.\r\nNoi sappiamo invece che le leggi sono il precipitato normativo dei rapporti di forza all'interno di una società. La spinta del movimento femminista degli anni Settanta obbligò una coalizione di governo composta da laici e cattolici, in cui i cattolici erano la maggioranza, a depenalizzare l'aborto.\r\nLa rivolta delle donne, la disobbedienza esplicita di alcune di loro, la profonda trasformazione culturale in atto, spinsero alla promulgazione della 194. Fu, inevitabilmente, un compromesso. Per accedere all'IVG le donne sono obbligate a giustificare la propria scelta, a sottoporsi all'esame di psicologi e medici, a sottostare alle decisioni di genitori o giudici se minorenni. In compenso i medici possono dichiararsi obiettori e rifiutare di praticare le IVG.\r\nDa qualche anno \"volontari\" dei movimenti cattolici che negano la libertà di scelta alle donne, si sono infiltrati nei consultori e nei reparti ospedalieri, rendendo ancora più difficile accedere ad un servizio che in teoria dovrebbe essere garantito a tutte, come ogni altra forma di assistenza medica.\r\nLa legge 194, lungi dal garantire la libertà di scelta, la imbriglia e la mette sotto controllo. Dopo le ripetute sconfitte di referendum e iniziative legislative, la strategia di chi vorrebbe la restaurazione patriarcale, fa leva proprio sulle ambiguità di questa legge per rendere sempre più difficile l’aborto. In prima fila ci sono le organizzazioni cattoliche, che animano e sostengono i movimenti che arrivano a definirsi “pro vita”, e mirano a restaurare la gabbia familiare come nucleo etico di un’organizzazione sociale basata sulla gerarchia tra i sessi.\r\nNon solo. In questi anni le politiche dei governi che si sono succeduti hanno privilegiato il sostegno alla famiglia, a discapito degli individui, in un’ottica nazionalista, razzista, escludente. Dio, patria e famiglia è la cornice di politiche escludenti, che chiudono le frontiere, negano la solidarietà e promuovono l’incremento demografico in un pianeta sovraffollato.\r\nLa libertà delle donne passa dalla sottrazione al controllo dello Stato della scelta in materia di maternità. Non ci serve una legge, ma la possibilità di accedere liberamente e gratuitamente ad un servizio a tutela della nostra salute. E su questa non ammettiamo obiezioni.”\r\n\r\nMercoledì 4 marzo presidio di fronte alle sedi dei quotidiani Stampa e Repubblica, per denunciare la narrazione tossica della violenza patriarcale contro le donne.\r\nDue scatole, contenenti articoli di giornale esemplificativi della complicità dei media nella perpetuazione di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza di genere, sono state consegnate alle rispettive redazioni. Al presidio, pur non invitati, hanno partecipato Ros dei carabinieri, digos, commissariato di zona, oltre ad agenti dell’antisommossa.\r\n\r\nRiportiamo di seguito alcuni passaggi del volantino distribuito: “I numeri della violenza patriarcale contro le donne disegnano un vero bollettino di guerra. La guerra contro la libertà femminile, la guerra contro le donne libere. Una guerra che i media nascondono e minimizzano, contribuendo a moltiplicarla, offrendo attenuanti a chi uccide, picchia e stupra. \r\nDonne come Elisa, strangolata da un “gigante buono”, sono ammazzate due volte. Uccise dall’uomo che ha tolto loro la vita, uccise da chi nega loro la dignità, raccontando la violenza con la lente dell’amore, dell’eccesso, della passione e della follia. \r\nL’amore romantico, la passione coprono e mutano di segno alla violenza. Le donne sono uccise, ferite, stuprate per eccesso d’amore, per frenesia passionale. Un alibi preconfezionato, che ritroviamo negli articoli sui giornali, nelle interviste a parenti e vicini, nelle arringhe di avvocati e pubblici ministeri. Questa narrazione falsa mira a nascondere la guerra contro le donne, in quando donne, che viene combattuta ma non riconosciuta come tale.\r\n\r\nI media sono responsabili del perpetuarsi di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza contro le donne e tutt° coloro che non si adeguano alla norma eterosessuale. \r\nI media colpevolizzano chi subisce violenza, scandagliandone le vite, i comportamenti, le scelte di libertà, per giustificare la violenza maschile, per annullare la libertà delle donne, colpevoli di non essere prudenti, di non accettare come “normale” il rischio della violenza che le colpisce in quanto donne. \r\nLo stereotipo di “quelle che se la cercano”, che si tratti di sex worker o di donne che non vestono abiti simili a gabbie di stoffa, è una costante del racconto dei media. \r\n\r\nLa violenza di genere è confinata nelle pagine della cronaca nera, per negarne la valenza politica, trasformando pestaggi, stupri, omicidi, molestie in episodi di delinquenza comune, in questioni private. \r\nI media, di fronte al dispiegarsi violento della reazione patriarcale tentano di privatizzare, familizzare, domesticare lo scontro. Le donne sono vittime indifese, gli uomini sono violenti perché folli. La follia sottrae alla responsabilità, nasconde l’intenzione disciplinante e punitiva, diventa l’eccezione che spezza la normalità, ma non ne mette in discussione la narrazione condivisa.\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che però i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione a riaffermare l’ordine patriarcale.”\r\n\r\nSabato 7 marzo un presidio partecipato e vivace si è svolto nell’area pedonale di via Montebello, sotto la Mole. Tirassegno antisessista, una mostra sulla violenza di genere e la performance “Ruoli in gioco. Rappresentazione De-genere” hanno riempito di contenuti un intenso pomeriggio di comunicazione e lotta.\r\nDal volantino distribuito: “Padroni, preti e fascisti non hanno fatto i conti con le tante donne che non ci stanno a recitare il canovaccio scritto per loro. Tante donne che, in questi ultimi decenni, hanno imparato a cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.\r\nPercorsi possibili solo fuori e contro il reticolo normativo stabilito dallo Stato e dalla religione.\r\nLa libertà di ciascun* di noi si realizza nella relazione con altre persone libere, fuori da ogni ruolo imposto o costrizione fisica o morale. In casa, per strada, al lavoro.\r\n\r\nVogliamo attraversare le nostre vite con la forza di chi si scioglie da vincoli e lacci.\r\nIl percorso di autonomia individuale si costruisce nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo. La solidarietà ed il mutuo appoggio si possono praticare attraverso relazioni libere, plurali, egualitarie.\r\nUna scommessa che spezza l’ordine. Morale, sociale, economico.”\r\n\r\nDomenica 8 marzo, in occasione dello sciopero globale transfemminista sono stati attraversati alcuni centri commerciali di Torino, tra i principali luoghi di lavoro sessualizzato e sfruttato, oggi aperti a tutti malgrado l'epidemia, come tanti altri luoghi di produzione e consumo.\r\nDi seguito il testo del volantino distribuito in questa occasione:\r\n“Diserzione transfemminista\r\nLo sciopero femminista dell’8 e 9 marzo è stato cancellato dai provvedimenti contro l’epidemia di Covid 19.\r\nEppure oggi, proprio l’epidemia rende più evidenti le ragioni dello sciopero.\r\nLo sciopero femminista contro la violenza maschile sulle donne e le violenze di genere, si articola come diserzione dal lavoro retribuito fuori casa, ma anche dal lavoro dentro casa, dai lavori di cura, dai lavori domestici e dai ruoli di genere imposti.\r\nLa rinnovata sessualizzazione del lavoro di cura non pagato riduce la conflittualità sociale conseguente all'erosione del welfare.\r\nLa riaffermazione di logiche patriarcali offre un puntello al capitale nella guerra a chi lavora.\r\nLo sciopero femminista scardina questo puntello, rimettendo al centro le lotte delle donne per la propria autonomia.\r\nUn’autonomia che viene attaccata dalla gestione governativa dell’epidemia di Covid 19.\r\nSiamo di fronte ad un terribile paradosso. Il governo vieta uno sciopero in nome dell’emergenza, ma non blocca nemmeno per un giorno la produzione. Non importa che si tratti spesso di produzioni inutili, a volte dannose, certo rimandabili a tempi migliori: le fabbriche di auto, vernici, plastica, laterizi, accessori, mobili non si sono mai fermate. Eppure lì si ammassa ogni giorno tanta gente, come a scuola o in un teatro.\r\nIn compenso sul lavoro femminile e femminilizzato si è riversata tanta parte del peso imposto dal diffondersi del virus e delle misure imposte dal governo.\r\nOggi tocca a tutti fare i conti con un sistema sanitario che è stato demolito, tagliando la spesa sanitaria mentre risorse sempre più ingenti venivano impiegate per armi e missioni militari.\r\nLa cura dei bambini che restano a casa perché le scuole sono chiuse, gli anziani a rischio, i disabili ricadono sulle spalle delle donne, già investite in modo pesante dalla precarietà del lavoro.\r\nUna precarietà avvertita come “normale”, perché il reddito da lavoro non è concepito come forma di autonomo sostentamento, ma come reddito accessorio, di mero supporto all’economia familiare.\r\nLa donna lavoratrice si porta dietro la zavorra di moglie-mamma-nuora-figlia-badante anche quando è al lavoro. Il suo ruolo familiare non decade mai.\r\nIl riproporsi, a destra come a sinistra di politiche che hanno il fulcro nella famiglia, nucleo etico dell’intera società, passa dalla riproposizione simbolica e materiale della divisione sessuale dei ruoli.\r\nIn questi anni il disciplinamento delle donne, specie quelle povere, è parte del processo di asservimento e messa in scacco delle classi subalterne. Anzi! Ne è uno dei cardini, perché il lavoro di cura non retribuito è fondamentale per garantire una secca riduzione dei costi della riproduzione sociale.\r\nIl divario retributivo tra uomini e donne che svolgono la stessa mansione è ancora forte in molti settori lavorativi. In Italia è in media del 10,4%.\r\nA livello globale le donne subiscono in media un divario retributivo del 23% ed hanno un tasso di partecipazione al mercato del lavoro del 26% più basso rispetto agli uomini.\r\nNon solo. Alle donne viene imposto di essere accoglienti, protettive, multitasking, disponibili, di mettere a disposizione del padrone le qualità che ci si aspetta da loro come dalle altre soggettività che sfuggono alla norma eteropatriarcale.\r\nAlle donne viene chiesto di mettere al lavoro i loro corpi al d\r\n\r\nLunedì 2 marzo c’è stato un presidio alla farmacia Algostino e De Michelis di piazza Vittorio 10. Questa farmacia, gestita da integralisti cattolici, rifiuta di vendere la pillola del giorno dopo. Un’occasione per fare il punto sulle difficoltà crescenti per le donne che decidono di abortire.\r\nMassiccia la presenza poliziesca.\r\nDal volantino distribuito: “Qualcuno crede che la legge 194 che stabilisce le regole per l'IGV, l'interruzione volontaria di gravidanza, sia stata una grande conquista delle donne del nostro paese.\r\nNoi sappiamo invece che le leggi sono il precipitato normativo dei rapporti di forza all'interno di una società. La spinta del movimento femminista degli anni Settanta obbligò una coalizione di governo composta da laici e cattolici, in cui i cattolici erano la maggioranza, a depenalizzare l'aborto.\r\nLa rivolta delle donne, la disobbedienza esplicita di alcune di loro, la profonda trasformazione culturale in atto, spinsero alla promulgazione della 194. Fu, inevitabilmente, un compromesso. Per accedere all'IVG le donne sono obbligate a giustificare la propria scelta, a sottoporsi all'esame di psicologi e medici, a sottostare alle decisioni di genitori o giudici se minorenni. In compenso i medici possono dichiararsi obiettori e rifiutare di praticare le IVG.\r\nDa qualche anno \"volontari\" dei movimenti cattolici che negano la libertà di scelta alle donne, si sono infiltrati nei consultori e nei reparti ospedalieri, rendendo ancora più difficile accedere ad un servizio che in teoria dovrebbe essere garantito a tutte, come ogni altra forma di assistenza medica.\r\nLa legge 194, lungi dal garantire la libertà di scelta, la imbriglia e la mette sotto controllo. Dopo le ripetute sconfitte di referendum e iniziative legislative, la strategia di chi vorrebbe la restaurazione patriarcale, fa leva proprio sulle ambiguità di questa legge per rendere sempre più difficile l’aborto. In prima fila ci sono le organizzazioni cattoliche, che animano e sostengono i movimenti che arrivano a definirsi “pro vita”, e mirano a restaurare la gabbia familiare come nucleo etico di un’organizzazione sociale basata sulla gerarchia tra i sessi.\r\nNon solo. In questi anni le politiche dei governi che si sono succeduti hanno privilegiato il sostegno alla famiglia, a discapito degli individui, in un’ottica nazionalista, razzista, escludente. Dio, patria e famiglia è la cornice di politiche escludenti, che chiudono le frontiere, negano la solidarietà e promuovono l’incremento demografico in un pianeta sovraffollato.\r\nLa libertà delle donne passa dalla sottrazione al controllo dello Stato della scelta in materia di maternità. Non ci serve una legge, ma la possibilità di accedere liberamente e gratuitamente ad un servizio a tutela della nostra salute. E su questa non ammettiamo obiezioni.”\r\n\r\nMercoledì 4 marzo presidio di fronte alle sedi dei quotidiani Stampa e Repubblica, per denunciare la narrazione tossica della violenza patriarcale contro le donne.\r\nDue scatole, contenenti articoli di giornale esemplificativi della complicità dei media nella perpetuazione di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza di genere, sono state consegnate alle rispettive redazioni. Al presidio, pur non invitati, hanno partecipato Ros dei carabinieri, digos, commissariato di zona, oltre ad agenti dell’antisommossa.\r\n\r\nRiportiamo di seguito alcuni passaggi del volantino distribuito: “I numeri della violenza patriarcale contro le donne disegnano un vero bollettino di guerra. La guerra contro la libertà femminile, la guerra contro le donne libere. Una guerra che i media nascondono e minimizzano, contribuendo a moltiplicarla, offrendo attenuanti a chi uccide, picchia e stupra. \r\nDonne come Elisa, strangolata da un “gigante buono”, sono ammazzate due volte. Uccise dall’uomo che ha tolto loro la vita, uccise da chi nega loro la dignità, raccontando la violenza con la lente dell’amore, dell’eccesso, della passione e della follia. \r\nL’amore romantico, la passione coprono e mutano di segno alla violenza. Le donne sono uccise, ferite, stuprate per eccesso d’amore, per frenesia passionale. Un alibi preconfezionato, che ritroviamo negli articoli sui giornali, nelle interviste a parenti e vicini, nelle arringhe di avvocati e pubblici ministeri. Questa narrazione falsa mira a nascondere la guerra contro le donne, in quando donne, che viene combattuta ma non riconosciuta come tale.\r\n\r\nI media sono responsabili del perpetuarsi di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza contro le donne e tutt° coloro che non si adeguano alla norma eterosessuale. \r\nI media colpevolizzano chi subisce violenza, scandagliandone le vite, i comportamenti, le scelte di libertà, per giustificare la violenza maschile, per annullare la libertà delle donne, colpevoli di non essere prudenti, di non accettare come “normale” il rischio della violenza che le colpisce in quanto donne. \r\nLo stereotipo di “quelle che se la cercano”, che si tratti di sex worker o di donne che non vestono abiti simili a gabbie di stoffa, è una costante del racconto dei media. \r\n\r\nLa violenza di genere è confinata nelle pagine della cronaca nera, per negarne la valenza politica, trasformando pestaggi, stupri, omicidi, molestie in episodi di delinquenza comune, in questioni private. \r\nI media, di fronte al dispiegarsi violento della reazione patriarcale tentano di privatizzare, familizzare, domesticare lo scontro. Le donne sono vittime indifese, gli uomini sono violenti perché folli. La follia sottrae alla responsabilità, nasconde l’intenzione disciplinante e punitiva, diventa l’eccezione che spezza la normalità, ma non ne mette in discussione la narrazione condivisa.\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che però i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione a riaffermare l’ordine patriarcale.”\r\n\r\nSabato 7 marzo un presidio partecipato e vivace si è svolto nell’area pedonale di via Montebello, sotto la Mole. Tirassegno antisessista, una mostra sulla violenza di genere e la performance “Ruoli in gioco. Rappresentazione De-genere” hanno riempito di contenuti un intenso pomeriggio di comunicazione e lotta.\r\nDal volantino distribuito: “Padroni, preti e fascisti non hanno fatto i conti con le tante donne che non ci stanno a recitare il canovaccio scritto per loro. Tante donne che, in questi ultimi decenni, hanno imparato a cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.\r\nPercorsi possibili solo fuori e contro il reticolo normativo stabilito dallo Stato e dalla religione.\r\nLa libertà di ciascun* di noi si realizza nella relazione con altre persone libere, fuori da ogni ruolo imposto o costrizione fisica o morale. In casa, per strada, al lavoro.\r\n\r\nVogliamo attraversare le nostre vite con la forza di chi si scioglie da vincoli e lacci.\r\nIl percorso di autonomia individuale si costruisce nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo. La solidarietà ed il mutuo appoggio si possono praticare attraverso relazioni libere, plurali, egualitarie.\r\nUna scommessa che spezza l’ordine. Morale, sociale, economico.”\r\n\r\nDomenica 8 marzo, in occasione dello sciopero globale transfemminista sono stati attraversati alcuni centri commerciali di Torino, tra i principali luoghi di lavoro sessualizzato e sfruttato, oggi aperti a tutti malgrado l'epidemia, come tanti altri luoghi di produzione e consumo.\r\nDi seguito il testo del volantino distribuito in questa occasione:\r\n“Diserzione transfemminista\r\nLo sciopero femminista dell’8 e 9 marzo è stato cancellato dai provvedimenti contro l’epidemia di Covid 19.\r\nEppure oggi, proprio l’epidemia rende più evidenti le ragioni dello sciopero.\r\nLo sciopero femminista contro la violenza maschile sulle donne e le violenze di genere, si articola come diserzione dal lavoro retribuito fuori casa, ma anche dal lavoro dentro casa, dai lavori di cura, dai lavori domestici e dai ruoli di genere imposti.\r\nLa rinnovata sessualizzazione del lavoro di cura non pagato riduce la conflittualità sociale conseguente all'erosione del welfare.\r\nLa riaffermazione di logiche patriarcali offre un puntello al capitale nella guerra a chi lavora.\r\nLo sciopero femminista scardina questo puntello, rimettendo al centro le lotte delle donne per la propria autonomia.\r\nUn’autonomia che viene attaccata dalla gestione governativa dell’epidemia di Covid 19.\r\nSiamo di fronte ad un terribile paradosso. Il governo vieta uno sciopero in nome dell’emergenza, ma non blocca nemmeno per un giorno la produzione. Non importa che si tratti spesso di produzioni inutili, a volte dannose, certo rimandabili a tempi migliori: le fabbriche di auto, vernici, plastica, laterizi, accessori, mobili non si sono mai fermate. Eppure lì si ammassa ogni giorno tanta gente, come a scuola o in un teatro.\r\nIn compenso sul lavoro femminile e femminilizzato si è riversata tanta parte del peso imposto dal diffondersi del virus e delle misure imposte dal governo.\r\nOggi tocca a tutti fare i conti con un sistema sanitario che è stato demolito, tagliando la spesa sanitaria mentre risorse sempre più ingenti venivano impiegate per armi e missioni militari.\r\nLa cura dei bambini che restano a casa perché le scuole sono chiuse, gli anziani a rischio, i disabili ricadono sulle spalle delle donne, già investite in modo pesante dalla precarietà del lavoro.\r\nUna precarietà avvertita come “normale”, perché il reddito da lavoro non è concepito come forma di autonomo sostentamento, ma come reddito accessorio, di mero supporto all’economia familiare.\r\nLa donna lavoratrice si porta dietro la zavorra di moglie-mamma-nuora-figlia-badante anche quando è al lavoro. Il suo ruolo familiare non decade mai.\r\nIl riproporsi, a destra come a sinistra di politiche che hanno il fulcro nella famiglia, nucleo etico dell’intera società, passa dalla riproposizione simbolica e materiale della divisione sessuale dei ruoli.\r\nIn questi anni il disciplinamento delle donne, specie quelle povere, è parte del processo di asservimento e messa in scacco delle classi subalterne. Anzi! Ne è uno dei cardini, perché il lavoro di cura non retribuito è fondamentale per garantire una secca riduzione dei costi della riproduzione sociale.\r\nIl divario retributivo tra uomini e donne che svolgono la stessa mansione è ancora forte in molti settori lavorativi. In Italia è in media del 10,4%.\r\nA livello globale le donne subiscono in media un divario retributivo del 23% ed hanno un tasso di partecipazione al mercato del lavoro del 26% più basso rispetto agli uomini.\r\nNon solo. Alle donne viene imposto di essere accoglienti, protettive, multitasking, disponibili, di mettere a disposizione del padrone le qualità che ci si aspetta da loro come dalle altre soggettività che sfuggono alla norma eteropatriarcale.\r\nAlle donne viene chiesto di mettere al lavoro i loro corpi al di là del compito per cui vengono assunte: bella presenza, trucco, tacchi, sorrisi e gonne sono imposti per far rendere di più un esercizio commerciale, per presentare meglio un’azienda, per attrarre clienti. L’agio del cliente passa dalla perpetuazione di un’immagine femminile che si adegui a modelli di seduttività, maternità, efficienza, servilità che riproducono stereotipi, che riprendono forza dentro i corpi messi al lavoro solo a condizione che vi si adattino. Una biopolitica patriarcale per il terzo millennio.\r\nDisertare da questa gabbia non è facile, ma necessario.”\r\n\r\nDi seguito l’appello per l’8 marzo di NUDM Livorno:\r\n\r\n”Domenica 8 marzo, giornata internazionale della donna, anche qui, come in molte parti d’Italia e del mondo, portiamo nelle strade e nelle piazze la nostra voglia di rompere l’ordine patriarcale e sessista, la nostra lotta e la nostra rivendicazione di libertà.\r\n\r\nE’ uno strano 8 marzo, con limitazioni pesanti a scioperi e manifestazioni dovuti all’emergenza coronavirus. Ma non siamo disposte a farci imporre il silenzio. C’è un’emergenza costante che va denunciata ed è quella della violenza quotidiana contro donne e soggettività autodeterminate.\r\n\r\nIn Italia ogni 15 minuti c’è un episodio di violenza denunciato, ogni 72 ore una donna uccisa.\r\n\r\nE accanto a questi tragici fatti c’è una situazione di violenza quotidiana che alimenta i singoli episodi di violenza e che comunque attraversa le nostre vite, imposta dal patriarcato e dalla cultura sessista.\r\n\r\nLa violenza di chi impone la maternità e il compito riproduttivo impedendo l’aborto;\r\n\r\nla violenza della chiesa e delle religioni che vogliono imporci una morale di rinuncia e obbedienza; la violenza delle guerre e del militarismo; la violenza dei tribunali e delle sentenze contro le donne; la violenza della famiglia che impone ruoli, gerarchia e divisione del lavoro;\r\n\r\nLa violenza economica, che impone alle donne più precarietà, più sfruttamento e meno reddito\r\n\r\nla violenza della repressione e della detenzione, nelle carceri come nei CPR;\r\n\r\nla violenza dei media, che alimentano la cultura dello stupro con narrazioni tossiche\r\n\r\nSu questa emergenza costante, chiamata patriarcato, i momenti critici come questo non fanno che scaricare altri problemi. In tempo di coronavirus è sulle donne che si scaricano gli ulteriori pesi del lavoro di cura di anziani e bambini, è sulle donne, con occupazioni meno stabili e meno remunerate, che si scarica il peso maggiore della crisi e della restrizione di reddito, ma anche lo sfruttamento dello smartworking.\r\n\r\nOra più che mai vogliamo alzare la voce:\r\n\r\n \tPer denunciare i mille volti di una violenza che alimenta il ripetersi quotidiano di stupri e femminicidi\r\n \tPer smascherare le soluzioni fasulle delle logiche securitarie, delle politiche familiste, dei codici rosa, rossi o multicolor.\r\n \tPer rompere il silenzio e affermare il diritto di essere in piazza contro chi cerca di imporre continuamente la logica dell’emergenza, del sacrificio, della subordinazione, della rinuncia.”","10 Marzo 2020","2020-03-10 13:34:53","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/89799081_545786572713079_8687073347642589184_o-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/89799081_545786572713079_8687073347642589184_o-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/89799081_545786572713079_8687073347642589184_o-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/89799081_545786572713079_8687073347642589184_o-1024x683.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/89799081_545786572713079_8687073347642589184_o-768x512.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/89799081_545786572713079_8687073347642589184_o-1536x1024.jpg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/89799081_545786572713079_8687073347642589184_o.jpg 2048w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Otto marzo di lotta da Torino a Livorno",1583847293,[61,133,65,134,68,135],"http://radioblackout.org/tag/femminismo/","http://radioblackout.org/tag/nudm-livorno/","http://radioblackout.org/tag/wild-c-a-t/",[20,31,27,137,18,138],"Nudm Livorno","Wild C.A.T.",{"post_content":140,"post_title":143},{"matched_tokens":141,"snippet":82,"value":142},[79,80,81,79],"L’otto marzo ai tempi del Covid 19. Lo sciopero indetto per l’8 e il 9 marzo è stato cancellato dalla commissione \u003Cmark>di\u003C/mark> garanzia, che in applicazione alle direttive governative, ha imposto la revoca ai sindacati \u003Cmark>di\u003C/mark> base che lo avevano indetto, pena multe sia per i sindacati che per gli scioperanti. Il solo SLAI Cobas ha rifiutato \u003Cmark>di\u003C/mark> cancellare lo sciopero.\r\nIn diverse località sono state cancellate tutte le iniziative \u003Cmark>di\u003C/mark> lotta promosse per l’Otto e per il Nove, nonostante non vi siano stati divieti espliciti.\r\n\r\nC’è chi invece ha deciso, pur con le necessarie attenzioni, \u003Cmark>di\u003C/mark> rifiutare la quarantena politica imposta dallo Stato, uno Stato che ha massacrato la sanità, moltiplicato le spese militari, consentito esercitazioni militari statunitensi in tempo \u003Cmark>di\u003C/mark> epidemia, ma vuole tappare la bocca, criminalizzandola, ad ogni forma \u003Cmark>di\u003C/mark> opposizione sociale.\r\n\r\nA Torino, il collettivo anarcofemminista Wild Cat ha dato vita ad una settimana \u003Cmark>di\u003C/mark> informazione e lotta transfemminista che si è articolata in tre presidi e una manifestazione itinerante.\r\n\r\nAscolta la diretta con Maria \u003Cmark>di\u003C/mark> Wild C.A.T.:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/2020-03-wild-cat-8marzo.mp3\"][/audio]\r\n\r\nScarica l'audio\r\n\r\nA Livorno, Non una \u003Cmark>di\u003C/mark> meno, ha ricalibrato le iniziative previste, mantenendo tuttavia un presidio itinerante sul lungo mare, con focus sui ruoli \u003Cmark>di\u003C/mark> genere, la narrazione della violenza, il lavoro.\r\nLa statua del marinaio è stata detournata con spazzoloni, grembiuli, bambolotti, suscitando l’ira \u003Cmark>di\u003C/mark> un militare che ha chiamato la polizia. La manifestazione è proseguita per l’intera giornata, con numerose tappe sempre più partecipate.\r\n\r\nAscolta la diretta con Patrizia \u003Cmark>di\u003C/mark> Livorno:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/2020-03-10-patrizia-8marzo.mp3\"][/audio]\r\n\r\nScarica l'audio\r\n\r\n\u003Cmark>Di\u003C/mark> seguito la cronaca della settimana \u003Cmark>di\u003C/mark> lotta a Torino\r\n\r\nLunedì 2 marzo c’è stato un presidio alla farmacia Algostino e De Michelis \u003Cmark>di\u003C/mark> piazza Vittorio 10. Questa farmacia, gestita da integralisti cattolici, rifiuta \u003Cmark>di\u003C/mark> vendere la pillola del giorno dopo. Un’occasione per fare il punto sulle difficoltà crescenti per le donne che decidono \u003Cmark>di\u003C/mark> abortire.\r\nMassiccia la presenza poliziesca.\r\nDal volantino distribuito: “Qualcuno crede che la legge 194 che stabilisce le regole per l'IGV, l'interruzione volontaria \u003Cmark>di\u003C/mark> gravidanza, sia stata una grande conquista delle donne del nostro paese.\r\nNoi sappiamo invece che le leggi sono il precipitato normativo dei rapporti \u003Cmark>di\u003C/mark> forza all'interno \u003Cmark>di\u003C/mark> una società. La spinta del movimento femminista degli anni Settanta obbligò una coalizione \u003Cmark>di\u003C/mark> governo composta da laici e cattolici, in cui i cattolici erano la maggioranza, a depenalizzare l'aborto.\r\nLa rivolta delle donne, la disobbedienza esplicita \u003Cmark>di\u003C/mark> alcune \u003Cmark>di\u003C/mark> loro, la profonda trasformazione culturale in atto, spinsero alla promulgazione della 194. Fu, inevitabilmente, un compromesso. Per accedere all'IVG le donne sono obbligate a giustificare la propria scelta, a sottoporsi all'esame \u003Cmark>di\u003C/mark> psicologi e medici, a sottostare alle decisioni \u003Cmark>di\u003C/mark> genitori o giudici se minorenni. In compenso i medici possono dichiararsi obiettori e rifiutare \u003Cmark>di\u003C/mark> praticare le IVG.\r\nDa qualche anno \"volontari\" dei movimenti cattolici che negano la libertà \u003Cmark>di\u003C/mark> scelta alle donne, si sono infiltrati nei consultori e nei reparti ospedalieri, rendendo ancora più difficile accedere ad un servizio che in teoria dovrebbe essere garantito a tutte, come ogni altra forma \u003Cmark>di\u003C/mark> assistenza medica.\r\nLa legge 194, lungi dal garantire la libertà \u003Cmark>di\u003C/mark> scelta, la imbriglia e la mette sotto controllo. Dopo le ripetute sconfitte \u003Cmark>di\u003C/mark> referendum e iniziative legislative, la strategia \u003Cmark>di\u003C/mark> chi vorrebbe la restaurazione patriarcale, fa leva proprio sulle ambiguità \u003Cmark>di\u003C/mark> questa legge per rendere sempre più difficile l’aborto. In prima fila ci sono le organizzazioni cattoliche, che animano e sostengono i movimenti che arrivano a definirsi “pro vita”, e mirano a restaurare la gabbia familiare come nucleo etico \u003Cmark>di\u003C/mark> un’organizzazione sociale basata sulla gerarchia tra i sessi.\r\nNon solo. In questi anni le politiche dei governi che si sono succeduti hanno privilegiato il sostegno alla famiglia, a discapito degli individui, in un’ottica nazionalista, razzista, escludente. Dio, patria e famiglia è la cornice \u003Cmark>di\u003C/mark> politiche escludenti, che chiudono le frontiere, negano la solidarietà e promuovono l’incremento demografico in un pianeta sovraffollato.\r\nLa libertà delle donne passa dalla sottrazione al controllo dello Stato della scelta in materia \u003Cmark>di\u003C/mark> maternità. Non ci serve una legge, ma la possibilità \u003Cmark>di\u003C/mark> accedere liberamente e gratuitamente ad un servizio a tutela della nostra salute. E su questa non ammettiamo obiezioni.”\r\n\r\nMercoledì 4 marzo presidio \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte alle sedi dei quotidiani Stampa e Repubblica, per denunciare la narrazione tossica della violenza patriarcale contro le donne.\r\nDue scatole, contenenti articoli \u003Cmark>di\u003C/mark> giornale esemplificativi della complicità dei media nella perpetuazione \u003Cmark>di\u003C/mark> un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza \u003Cmark>di\u003C/mark> genere, sono state consegnate alle rispettive redazioni. Al presidio, pur non invitati, hanno partecipato Ros dei carabinieri, digos, commissariato \u003Cmark>di\u003C/mark> zona, oltre ad agenti dell’antisommossa.\r\n\r\nRiportiamo \u003Cmark>di\u003C/mark> seguito alcuni passaggi del volantino distribuito: “I numeri della violenza patriarcale contro le donne disegnano un vero bollettino \u003Cmark>di\u003C/mark> guerra. La guerra contro la libertà femminile, la guerra contro le donne libere. Una guerra che i media nascondono e minimizzano, contribuendo a moltiplicarla, offrendo attenuanti a chi uccide, picchia e stupra. \r\nDonne come Elisa, strangolata da un “gigante buono”, sono ammazzate due volte. Uccise dall’uomo che ha tolto loro la vita, uccise da chi nega loro la dignità, raccontando la violenza con la lente dell’amore, dell’eccesso, della passione e della follia. \r\nL’amore romantico, la passione coprono e mutano \u003Cmark>di\u003C/mark> segno alla violenza. Le donne sono uccise, ferite, stuprate per eccesso d’amore, per frenesia passionale. Un alibi preconfezionato, che ritroviamo negli articoli sui giornali, nelle interviste a parenti e vicini, nelle arringhe \u003Cmark>di\u003C/mark> avvocati e pubblici ministeri. Questa narrazione falsa mira a nascondere la guerra contro le donne, in quando donne, che viene combattuta ma non riconosciuta come tale.\r\n\r\nI media sono responsabili del perpetuarsi \u003Cmark>di\u003C/mark> un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza contro le donne e tutt° coloro che non si adeguano alla norma eterosessuale. \r\nI media colpevolizzano chi subisce violenza, scandagliandone le vite, i comportamenti, le scelte \u003Cmark>di\u003C/mark> libertà, per giustificare la violenza maschile, per annullare la libertà delle donne, colpevoli \u003Cmark>di\u003C/mark> non essere prudenti, \u003Cmark>di\u003C/mark> non accettare come “normale” il rischio della violenza che le colpisce in quanto donne. \r\nLo stereotipo \u003Cmark>di\u003C/mark> “quelle che se la cercano”, che si tratti \u003Cmark>di\u003C/mark> sex worker o \u003Cmark>di\u003C/mark> donne che non vestono abiti simili a gabbie \u003Cmark>di\u003C/mark> stoffa, è una costante del racconto dei media. \r\n\r\nLa violenza \u003Cmark>di\u003C/mark> genere è confinata nelle pagine della cronaca nera, per negarne la valenza politica, trasformando pestaggi, stupri, omicidi, molestie in episodi \u003Cmark>di\u003C/mark> delinquenza comune, in questioni private. \r\nI media, \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte al dispiegarsi violento della reazione patriarcale tentano \u003Cmark>di\u003C/mark> privatizzare, familizzare, domesticare lo scontro. Le donne sono vittime indifese, gli uomini sono violenti perché folli. La follia sottrae alla responsabilità, nasconde l’intenzione disciplinante e punitiva, diventa l’eccezione che spezza la normalità, ma non ne mette in discussione la narrazione condivisa.\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che però i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus \u003Cmark>di\u003C/mark> follia, eccessi \u003Cmark>di\u003C/mark> sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione a riaffermare l’ordine patriarcale.”\r\n\r\nSabato 7 marzo un presidio partecipato e vivace si è svolto nell’area pedonale \u003Cmark>di\u003C/mark> via Montebello, sotto la Mole. Tirassegno antisessista, una mostra sulla violenza \u003Cmark>di\u003C/mark> genere e la performance “Ruoli in gioco. Rappresentazione De-genere” hanno riempito \u003Cmark>di\u003C/mark> contenuti un intenso pomeriggio \u003Cmark>di\u003C/mark> comunicazione e lotta.\r\nDal volantino distribuito: “Padroni, preti e fascisti non hanno fatto i conti con le tante donne che non ci stanno a recitare il canovaccio scritto per loro. Tante donne che, in questi ultimi decenni, hanno imparato a cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.\r\nPercorsi possibili solo fuori e contro il reticolo normativo stabilito dallo Stato e dalla religione.\r\nLa libertà \u003Cmark>di\u003C/mark> ciascun* \u003Cmark>di\u003C/mark> noi si realizza nella relazione con altre persone libere, fuori da ogni ruolo imposto o costrizione fisica o morale. In casa, per strada, al lavoro.\r\n\r\nVogliamo attraversare le nostre vite con la forza \u003Cmark>di\u003C/mark> chi si scioglie da vincoli e lacci.\r\nIl percorso \u003Cmark>di\u003C/mark> autonomia individuale si costruisce nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo. La solidarietà ed il mutuo appoggio si possono praticare attraverso relazioni libere, plurali, egualitarie.\r\nUna scommessa che spezza l’ordine. Morale, sociale, economico.”\r\n\r\nDomenica 8 marzo, in occasione dello sciopero globale transfemminista sono stati attraversati alcuni centri commerciali \u003Cmark>di\u003C/mark> Torino, tra i principali luoghi \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro sessualizzato e sfruttato, oggi aperti a tutti malgrado l'epidemia, come tanti altri luoghi \u003Cmark>di\u003C/mark> produzione e consumo.\r\n\u003Cmark>Di\u003C/mark> seguito il testo del volantino distribuito in questa occasione:\r\n“Diserzione transfemminista\r\nLo sciopero femminista dell’8 e 9 marzo è stato cancellato dai provvedimenti contro l’epidemia \u003Cmark>di\u003C/mark> Covid 19.\r\nEppure oggi, proprio l’epidemia rende più evidenti le ragioni dello sciopero.\r\nLo sciopero femminista contro la violenza maschile sulle donne e le violenze \u003Cmark>di\u003C/mark> genere, si articola come diserzione dal lavoro retribuito fuori casa, ma anche dal lavoro dentro casa, dai \u003Cmark>lavori\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>cura\u003C/mark>, dai \u003Cmark>lavori\u003C/mark> domestici e dai ruoli \u003Cmark>di\u003C/mark> genere imposti.\r\nLa rinnovata sessualizzazione del lavoro \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>cura\u003C/mark> non pagato riduce la conflittualità sociale conseguente all'erosione del welfare.\r\nLa riaffermazione \u003Cmark>di\u003C/mark> logiche patriarcali offre un puntello al capitale nella guerra a chi lavora.\r\nLo sciopero femminista scardina questo puntello, rimettendo al centro le lotte delle donne per la propria autonomia.\r\nUn’autonomia che viene attaccata dalla gestione governativa dell’epidemia \u003Cmark>di\u003C/mark> Covid 19.\r\nSiamo \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte ad un terribile paradosso. Il governo vieta uno sciopero in nome dell’emergenza, ma non blocca nemmeno per un giorno la produzione. Non importa che si tratti spesso \u003Cmark>di\u003C/mark> produzioni inutili, a volte dannose, certo rimandabili a tempi migliori: le fabbriche \u003Cmark>di\u003C/mark> auto, vernici, plastica, laterizi, accessori, mobili non si sono mai fermate. Eppure lì si ammassa ogni giorno tanta gente, come a scuola o in un teatro.\r\nIn compenso sul lavoro femminile e femminilizzato si è riversata tanta parte del peso imposto dal diffondersi del virus e delle misure imposte dal governo.\r\nOggi tocca a tutti fare i conti con un sistema sanitario che è stato demolito, tagliando la spesa sanitaria mentre risorse sempre più ingenti venivano impiegate per armi e missioni militari.\r\nLa \u003Cmark>cura\u003C/mark> dei bambini che restano a casa perché le scuole sono chiuse, gli anziani a rischio, i disabili ricadono sulle spalle delle donne, già investite in modo pesante dalla precarietà del lavoro.\r\nUna precarietà avvertita come “normale”, perché il reddito da lavoro non è concepito come forma \u003Cmark>di\u003C/mark> autonomo sostentamento, ma come reddito accessorio, \u003Cmark>di\u003C/mark> mero supporto all’economia familiare.\r\nLa donna lavoratrice si porta dietro la zavorra \u003Cmark>di\u003C/mark> moglie-mamma-nuora-figlia-badante anche quando è al lavoro. Il suo ruolo familiare non decade mai.\r\nIl riproporsi, a destra come a sinistra \u003Cmark>di\u003C/mark> politiche che hanno il fulcro nella famiglia, nucleo etico dell’intera società, passa dalla riproposizione simbolica e materiale della divisione sessuale dei ruoli.\r\nIn questi anni il disciplinamento delle donne, specie quelle povere, è parte del processo \u003Cmark>di\u003C/mark> asservimento e messa in scacco delle classi subalterne. Anzi! Ne è uno dei cardini, perché il lavoro \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>cura\u003C/mark> non retribuito è fondamentale per garantire una secca riduzione dei costi della riproduzione sociale.\r\nIl divario retributivo tra uomini e donne che svolgono la stessa mansione è ancora forte in molti settori lavorativi. In Italia è in media del 10,4%.\r\nA livello globale le donne subiscono in media un divario retributivo del 23% ed hanno un tasso \u003Cmark>di\u003C/mark> partecipazione al mercato del lavoro del 26% più basso rispetto agli uomini.\r\nNon solo. Alle donne viene imposto \u003Cmark>di\u003C/mark> essere accoglienti, protettive, multitasking, disponibili, \u003Cmark>di\u003C/mark> mettere a disposizione del padrone le qualità che ci si aspetta da loro come dalle altre soggettività che sfuggono alla norma eteropatriarcale.\r\nAlle donne viene chiesto \u003Cmark>di\u003C/mark> mettere al lavoro i loro corpi al d\r\n\r\nLunedì 2 marzo c’è stato un presidio alla farmacia Algostino e De Michelis \u003Cmark>di\u003C/mark> piazza Vittorio 10. Questa farmacia, gestita da integralisti cattolici, rifiuta \u003Cmark>di\u003C/mark> vendere la pillola del giorno dopo. Un’occasione per fare il punto sulle difficoltà crescenti per le donne che decidono \u003Cmark>di\u003C/mark> abortire.\r\nMassiccia la presenza poliziesca.\r\nDal volantino distribuito: “Qualcuno crede che la legge 194 che stabilisce le regole per l'IGV, l'interruzione volontaria \u003Cmark>di\u003C/mark> gravidanza, sia stata una grande conquista delle donne del nostro paese.\r\nNoi sappiamo invece che le leggi sono il precipitato normativo dei rapporti \u003Cmark>di\u003C/mark> forza all'interno \u003Cmark>di\u003C/mark> una società. La spinta del movimento femminista degli anni Settanta obbligò una coalizione \u003Cmark>di\u003C/mark> governo composta da laici e cattolici, in cui i cattolici erano la maggioranza, a depenalizzare l'aborto.\r\nLa rivolta delle donne, la disobbedienza esplicita \u003Cmark>di\u003C/mark> alcune \u003Cmark>di\u003C/mark> loro, la profonda trasformazione culturale in atto, spinsero alla promulgazione della 194. Fu, inevitabilmente, un compromesso. Per accedere all'IVG le donne sono obbligate a giustificare la propria scelta, a sottoporsi all'esame \u003Cmark>di\u003C/mark> psicologi e medici, a sottostare alle decisioni \u003Cmark>di\u003C/mark> genitori o giudici se minorenni. In compenso i medici possono dichiararsi obiettori e rifiutare \u003Cmark>di\u003C/mark> praticare le IVG.\r\nDa qualche anno \"volontari\" dei movimenti cattolici che negano la libertà \u003Cmark>di\u003C/mark> scelta alle donne, si sono infiltrati nei consultori e nei reparti ospedalieri, rendendo ancora più difficile accedere ad un servizio che in teoria dovrebbe essere garantito a tutte, come ogni altra forma \u003Cmark>di\u003C/mark> assistenza medica.\r\nLa legge 194, lungi dal garantire la libertà \u003Cmark>di\u003C/mark> scelta, la imbriglia e la mette sotto controllo. Dopo le ripetute sconfitte \u003Cmark>di\u003C/mark> referendum e iniziative legislative, la strategia \u003Cmark>di\u003C/mark> chi vorrebbe la restaurazione patriarcale, fa leva proprio sulle ambiguità \u003Cmark>di\u003C/mark> questa legge per rendere sempre più difficile l’aborto. In prima fila ci sono le organizzazioni cattoliche, che animano e sostengono i movimenti che arrivano a definirsi “pro vita”, e mirano a restaurare la gabbia familiare come nucleo etico \u003Cmark>di\u003C/mark> un’organizzazione sociale basata sulla gerarchia tra i sessi.\r\nNon solo. In questi anni le politiche dei governi che si sono succeduti hanno privilegiato il sostegno alla famiglia, a discapito degli individui, in un’ottica nazionalista, razzista, escludente. Dio, patria e famiglia è la cornice \u003Cmark>di\u003C/mark> politiche escludenti, che chiudono le frontiere, negano la solidarietà e promuovono l’incremento demografico in un pianeta sovraffollato.\r\nLa libertà delle donne passa dalla sottrazione al controllo dello Stato della scelta in materia \u003Cmark>di\u003C/mark> maternità. Non ci serve una legge, ma la possibilità \u003Cmark>di\u003C/mark> accedere liberamente e gratuitamente ad un servizio a tutela della nostra salute. E su questa non ammettiamo obiezioni.”\r\n\r\nMercoledì 4 marzo presidio \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte alle sedi dei quotidiani Stampa e Repubblica, per denunciare la narrazione tossica della violenza patriarcale contro le donne.\r\nDue scatole, contenenti articoli \u003Cmark>di\u003C/mark> giornale esemplificativi della complicità dei media nella perpetuazione \u003Cmark>di\u003C/mark> un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza \u003Cmark>di\u003C/mark> genere, sono state consegnate alle rispettive redazioni. Al presidio, pur non invitati, hanno partecipato Ros dei carabinieri, digos, commissariato \u003Cmark>di\u003C/mark> zona, oltre ad agenti dell’antisommossa.\r\n\r\nRiportiamo \u003Cmark>di\u003C/mark> seguito alcuni passaggi del volantino distribuito: “I numeri della violenza patriarcale contro le donne disegnano un vero bollettino \u003Cmark>di\u003C/mark> guerra. La guerra contro la libertà femminile, la guerra contro le donne libere. Una guerra che i media nascondono e minimizzano, contribuendo a moltiplicarla, offrendo attenuanti a chi uccide, picchia e stupra. \r\nDonne come Elisa, strangolata da un “gigante buono”, sono ammazzate due volte. Uccise dall’uomo che ha tolto loro la vita, uccise da chi nega loro la dignità, raccontando la violenza con la lente dell’amore, dell’eccesso, della passione e della follia. \r\nL’amore romantico, la passione coprono e mutano \u003Cmark>di\u003C/mark> segno alla violenza. Le donne sono uccise, ferite, stuprate per eccesso d’amore, per frenesia passionale. Un alibi preconfezionato, che ritroviamo negli articoli sui giornali, nelle interviste a parenti e vicini, nelle arringhe \u003Cmark>di\u003C/mark> avvocati e pubblici ministeri. Questa narrazione falsa mira a nascondere la guerra contro le donne, in quando donne, che viene combattuta ma non riconosciuta come tale.\r\n\r\nI media sono responsabili del perpetuarsi \u003Cmark>di\u003C/mark> un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza contro le donne e tutt° coloro che non si adeguano alla norma eterosessuale. \r\nI media colpevolizzano chi subisce violenza, scandagliandone le vite, i comportamenti, le scelte \u003Cmark>di\u003C/mark> libertà, per giustificare la violenza maschile, per annullare la libertà delle donne, colpevoli \u003Cmark>di\u003C/mark> non essere prudenti, \u003Cmark>di\u003C/mark> non accettare come “normale” il rischio della violenza che le colpisce in quanto donne. \r\nLo stereotipo \u003Cmark>di\u003C/mark> “quelle che se la cercano”, che si tratti \u003Cmark>di\u003C/mark> sex worker o \u003Cmark>di\u003C/mark> donne che non vestono abiti simili a gabbie \u003Cmark>di\u003C/mark> stoffa, è una costante del racconto dei media. \r\n\r\nLa violenza \u003Cmark>di\u003C/mark> genere è confinata nelle pagine della cronaca nera, per negarne la valenza politica, trasformando pestaggi, stupri, omicidi, molestie in episodi \u003Cmark>di\u003C/mark> delinquenza comune, in questioni private. \r\nI media, \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte al dispiegarsi violento della reazione patriarcale tentano \u003Cmark>di\u003C/mark> privatizzare, familizzare, domesticare lo scontro. Le donne sono vittime indifese, gli uomini sono violenti perché folli. La follia sottrae alla responsabilità, nasconde l’intenzione disciplinante e punitiva, diventa l’eccezione che spezza la normalità, ma non ne mette in discussione la narrazione condivisa.\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che però i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus \u003Cmark>di\u003C/mark> follia, eccessi \u003Cmark>di\u003C/mark> sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione a riaffermare l’ordine patriarcale.”\r\n\r\nSabato 7 marzo un presidio partecipato e vivace si è svolto nell’area pedonale \u003Cmark>di\u003C/mark> via Montebello, sotto la Mole. Tirassegno antisessista, una mostra sulla violenza \u003Cmark>di\u003C/mark> genere e la performance “Ruoli in gioco. Rappresentazione De-genere” hanno riempito \u003Cmark>di\u003C/mark> contenuti un intenso pomeriggio \u003Cmark>di\u003C/mark> comunicazione e lotta.\r\nDal volantino distribuito: “Padroni, preti e fascisti non hanno fatto i conti con le tante donne che non ci stanno a recitare il canovaccio scritto per loro. Tante donne che, in questi ultimi decenni, hanno imparato a cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.\r\nPercorsi possibili solo fuori e contro il reticolo normativo stabilito dallo Stato e dalla religione.\r\nLa libertà \u003Cmark>di\u003C/mark> ciascun* \u003Cmark>di\u003C/mark> noi si realizza nella relazione con altre persone libere, fuori da ogni ruolo imposto o costrizione fisica o morale. In casa, per strada, al lavoro.\r\n\r\nVogliamo attraversare le nostre vite con la forza \u003Cmark>di\u003C/mark> chi si scioglie da vincoli e lacci.\r\nIl percorso \u003Cmark>di\u003C/mark> autonomia individuale si costruisce nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo. La solidarietà ed il mutuo appoggio si possono praticare attraverso relazioni libere, plurali, egualitarie.\r\nUna scommessa che spezza l’ordine. Morale, sociale, economico.”\r\n\r\nDomenica 8 marzo, in occasione dello sciopero globale transfemminista sono stati attraversati alcuni centri commerciali \u003Cmark>di\u003C/mark> Torino, tra i principali luoghi \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro sessualizzato e sfruttato, oggi aperti a tutti malgrado l'epidemia, come tanti altri luoghi \u003Cmark>di\u003C/mark> produzione e consumo.\r\n\u003Cmark>Di\u003C/mark> seguito il testo del volantino distribuito in questa occasione:\r\n“Diserzione transfemminista\r\nLo sciopero femminista dell’8 e 9 marzo è stato cancellato dai provvedimenti contro l’epidemia \u003Cmark>di\u003C/mark> Covid 19.\r\nEppure oggi, proprio l’epidemia rende più evidenti le ragioni dello sciopero.\r\nLo sciopero femminista contro la violenza maschile sulle donne e le violenze \u003Cmark>di\u003C/mark> genere, si articola come diserzione dal lavoro retribuito fuori casa, ma anche dal lavoro dentro casa, dai \u003Cmark>lavori\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>cura\u003C/mark>, dai \u003Cmark>lavori\u003C/mark> domestici e dai ruoli \u003Cmark>di\u003C/mark> genere imposti.\r\nLa rinnovata sessualizzazione del lavoro \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>cura\u003C/mark> non pagato riduce la conflittualità sociale conseguente all'erosione del welfare.\r\nLa riaffermazione \u003Cmark>di\u003C/mark> logiche patriarcali offre un puntello al capitale nella guerra a chi lavora.\r\nLo sciopero femminista scardina questo puntello, rimettendo al centro le lotte delle donne per la propria autonomia.\r\nUn’autonomia che viene attaccata dalla gestione governativa dell’epidemia \u003Cmark>di\u003C/mark> Covid 19.\r\nSiamo \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte ad un terribile paradosso. Il governo vieta uno sciopero in nome dell’emergenza, ma non blocca nemmeno per un giorno la produzione. Non importa che si tratti spesso \u003Cmark>di\u003C/mark> produzioni inutili, a volte dannose, certo rimandabili a tempi migliori: le fabbriche \u003Cmark>di\u003C/mark> auto, vernici, plastica, laterizi, accessori, mobili non si sono mai fermate. Eppure lì si ammassa ogni giorno tanta gente, come a scuola o in un teatro.\r\nIn compenso sul lavoro femminile e femminilizzato si è riversata tanta parte del peso imposto dal diffondersi del virus e delle misure imposte dal governo.\r\nOggi tocca a tutti fare i conti con un sistema sanitario che è stato demolito, tagliando la spesa sanitaria mentre risorse sempre più ingenti venivano impiegate per armi e missioni militari.\r\nLa \u003Cmark>cura\u003C/mark> dei bambini che restano a casa perché le scuole sono chiuse, gli anziani a rischio, i disabili ricadono sulle spalle delle donne, già investite in modo pesante dalla precarietà del lavoro.\r\nUna precarietà avvertita come “normale”, perché il reddito da lavoro non è concepito come forma \u003Cmark>di\u003C/mark> autonomo sostentamento, ma come reddito accessorio, \u003Cmark>di\u003C/mark> mero supporto all’economia familiare.\r\nLa donna lavoratrice si porta dietro la zavorra \u003Cmark>di\u003C/mark> moglie-mamma-nuora-figlia-badante anche quando è al lavoro. Il suo ruolo familiare non decade mai.\r\nIl riproporsi, a destra come a sinistra \u003Cmark>di\u003C/mark> politiche che hanno il fulcro nella famiglia, nucleo etico dell’intera società, passa dalla riproposizione simbolica e materiale della divisione sessuale dei ruoli.\r\nIn questi anni il disciplinamento delle donne, specie quelle povere, è parte del processo \u003Cmark>di\u003C/mark> asservimento e messa in scacco delle classi subalterne. Anzi! Ne è uno dei cardini, perché il lavoro \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>cura\u003C/mark> non retribuito è fondamentale per garantire una secca riduzione dei costi della riproduzione sociale.\r\nIl divario retributivo tra uomini e donne che svolgono la stessa mansione è ancora forte in molti settori lavorativi. In Italia è in media del 10,4%.\r\nA livello globale le donne subiscono in media un divario retributivo del 23% ed hanno un tasso \u003Cmark>di\u003C/mark> partecipazione al mercato del lavoro del 26% più basso rispetto agli uomini.\r\nNon solo. Alle donne viene imposto \u003Cmark>di\u003C/mark> essere accoglienti, protettive, multitasking, disponibili, \u003Cmark>di\u003C/mark> mettere a disposizione del padrone le qualità che ci si aspetta da loro come dalle altre soggettività che sfuggono alla norma eteropatriarcale.\r\nAlle donne viene chiesto \u003Cmark>di\u003C/mark> mettere al lavoro i loro corpi al \u003Cmark>di\u003C/mark> là del compito per cui vengono assunte: bella presenza, trucco, tacchi, sorrisi e gonne sono imposti per far rendere \u003Cmark>di\u003C/mark> più un esercizio commerciale, per presentare meglio un’azienda, per attrarre clienti. L’agio del cliente passa dalla perpetuazione \u003Cmark>di\u003C/mark> un’immagine femminile che si adegui a modelli \u003Cmark>di\u003C/mark> seduttività, maternità, efficienza, servilità che riproducono stereotipi, che riprendono forza dentro i corpi messi al lavoro solo a condizione che vi si adattino. Una biopolitica patriarcale per il terzo millennio.\r\nDisertare da questa gabbia non è facile, ma necessario.”\r\n\r\n\u003Cmark>Di\u003C/mark> seguito l’appello per l’8 marzo \u003Cmark>di\u003C/mark> NUDM Livorno:\r\n\r\n”Domenica 8 marzo, giornata internazionale della donna, anche qui, come in molte parti d’Italia e del mondo, portiamo nelle strade e nelle piazze la nostra voglia \u003Cmark>di\u003C/mark> rompere l’ordine patriarcale e sessista, la nostra lotta e la nostra rivendicazione \u003Cmark>di\u003C/mark> libertà.\r\n\r\nE’ uno strano 8 marzo, con limitazioni pesanti a scioperi e manifestazioni dovuti all’emergenza coronavirus. Ma non siamo disposte a farci imporre il silenzio. C’è un’emergenza costante che va denunciata ed è quella della violenza quotidiana contro donne e soggettività autodeterminate.\r\n\r\nIn Italia ogni 15 minuti c’è un episodio \u003Cmark>di\u003C/mark> violenza denunciato, ogni 72 ore una donna uccisa.\r\n\r\nE accanto a questi tragici fatti c’è una situazione \u003Cmark>di\u003C/mark> violenza quotidiana che alimenta i singoli episodi \u003Cmark>di\u003C/mark> violenza e che comunque attraversa le nostre vite, imposta dal patriarcato e dalla cultura sessista.\r\n\r\nLa violenza \u003Cmark>di\u003C/mark> chi impone la maternità e il compito riproduttivo impedendo l’aborto;\r\n\r\nla violenza della chiesa e delle religioni che vogliono imporci una morale \u003Cmark>di\u003C/mark> rinuncia e obbedienza; la violenza delle guerre e del militarismo; la violenza dei tribunali e delle sentenze contro le donne; la violenza della famiglia che impone ruoli, gerarchia e divisione del lavoro;\r\n\r\nLa violenza economica, che impone alle donne più precarietà, più sfruttamento e meno reddito\r\n\r\nla violenza della repressione e della detenzione, nelle carceri come nei CPR;\r\n\r\nla violenza dei media, che alimentano la cultura dello stupro con narrazioni tossiche\r\n\r\nSu questa emergenza costante, chiamata patriarcato, i momenti critici come questo non fanno che scaricare altri problemi. In tempo \u003Cmark>di\u003C/mark> coronavirus è sulle donne che si scaricano gli ulteriori pesi del lavoro \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>cura\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> anziani e bambini, è sulle donne, con occupazioni meno stabili e meno remunerate, che si scarica il peso maggiore della crisi e della restrizione \u003Cmark>di\u003C/mark> reddito, ma anche lo sfruttamento dello smartworking.\r\n\r\nOra più che mai vogliamo alzare la voce:\r\n\r\n \tPer denunciare i mille volti \u003Cmark>di\u003C/mark> una violenza che alimenta il ripetersi quotidiano \u003Cmark>di\u003C/mark> stupri e femminicidi\r\n \tPer smascherare le soluzioni fasulle delle logiche securitarie, delle politiche familiste, dei codici rosa, rossi o multicolor.\r\n \tPer rompere il silenzio e affermare il diritto \u003Cmark>di\u003C/mark> essere in piazza contro chi cerca \u003Cmark>di\u003C/mark> imporre continuamente la logica dell’emergenza, del sacrificio, della subordinazione, della rinuncia.”",{"matched_tokens":144,"snippet":145,"value":145},[80],"Otto marzo \u003Cmark>di\u003C/mark> lotta da Torino a Livorno",[147,149],{"field":112,"matched_tokens":148,"snippet":82,"value":142},[79,80,81,79],{"field":150,"matched_tokens":151,"snippet":145,"value":145},"post_title",[80],1736172819517014000,{"best_field_score":154,"best_field_weight":155,"fields_matched":22,"num_tokens_dropped":48,"score":156,"tokens_matched":107,"typo_prefix_score":48},"3315704397824",14,"1736172819517014130",{"document":158,"highlight":176,"highlights":193,"text_match":152,"text_match_info":201},{"cat_link":159,"category":160,"comment_count":48,"id":161,"is_sticky":48,"permalink":162,"post_author":23,"post_content":163,"post_date":164,"post_excerpt":53,"post_id":161,"post_modified":165,"post_thumbnail":166,"post_thumbnail_html":167,"post_title":168,"post_type":58,"sort_by_date":169,"tag_links":170,"tags":173},[45],[47],"46306","http://radioblackout.org/2018/03/8-marzo-sciopero-femminista-globale/","La Rete Non Una di Meno ha lanciato uno sciopero globale per l’8 marzo 2018.\r\nUno sciopero contro la violenza patriarcale.\r\nIn Italia ogni due giorni una donna viene uccisa.\r\nCrescono gli stupri, le violenze, le molestie, le discriminazioni.\r\nÈ la reazione del patriarcato alla libertà femminile.\r\n\r\nIl termine femminicidio descrive l’uccisione di una donna in quanto donna. L’uccisione di una donna in quanto donna ha un significato intrinsecamente politico. Per paradosso il femminicidio è un atto politico, proprio perché ne viene nascosta, dissimulata, negata la politicità.\r\nSui corpi delle donne si giocano continue battaglie di civiltà. Sia che le si voglia “tutelare”, sia che le si voglia “asservire” la logica di fondo è la stessa. Resta al “tuo” posto. Torna al “tuo” posto. Penso io a te, penso io a proteggerti, a punirti, a disciplinarti.\r\n\r\nAmmettere la natura intrinsecamente politica dei femminicidi e, in genere, della violenza maschile sulle donne aprirebbe una crepa difficilmente colmabile, perché renderebbe visibile una guerra non dichiarata ma brutale. Per questo motivo l’uccisione di una donna in quanto donna viene considerato un fatto privato. Un fatto che assurge a visibilità pubblica solo nelle pagine di “nera” dei quotidiani.\r\nFemminicidi, torture e stupri diventano pubblici quando sono agiti in strada, fuori dagli spazi domestici, familiari o di relazione, quando i profili di chi uccide e violenta si prestano ad alimentare il discorso securitario, favorendo un aumento della militarizzazione, la crescita della canea razzista, nuove e più dure leggi.\r\nLa guerra contro le migrazioni ha bisogno di trasformare in nemico chi viaggia. I corpi delle donne diventano il luogo sul quale si gioca la contrapposizione tra chi “tutela” le donne e chi le attacca. La “civiltà” dell’Occidente contro gli estranei, stranieri, diversi, nemici. Quelli da tenere fuori, perché tutto sia in ordine.\r\nBen diverso è lo sguardo verso le immigrate, che abitano le nostre case e si occupano degli anziani, dei bambini, della casa, verso le ragazze di ogni dove sui marciapiedi in attesa di clienti. Corpi femminili docili e disponibili, a disposizione di chi ha potere e soldi.\r\n\r\nQuando invece l’assassino, lo stupratore ha le chiavi di casa, i femminicidi e gli stupri vengono descritti con gli strumenti messi a disposizione dalla psichiatria: il violento è un malato. Raptus, follia, depressione rendono agilmente plastica la narrazione della violenza.\r\nIl folle sfugge alle regole della comunità, perché il suo agire è privo di ragione e, quindi, non rappresenta una rottura del patto sociale. La narrazione della violenza come follia o criminalità agita da pochi soggetti estranei, rende invisibile la guerra contro le donne per la ri-affermazione di una relazione di tipo patriarcale.\r\n\r\nLo sguardo patriarcale si impone nelle istituzioni, che negano il carattere sistemico della violenza di genere, si esplicita nei media, deflagra nel dibattito pubblico sui social, dove la veloce interattività e la solitudine di chi scrive facilitano un linguaggio più crudo, non mitigato dal politicamente corretto.\r\n\r\nLa rete femminista Non Una di Meno si articola intorno alla necessità che nella guerra contro la libertà femminile si moltiplichino le relazioni, il mutuo soccorso, gli intrecci solidali per battere un nemico subdolo, annidato in ogni spazio che viviamo.\r\nNon Una di Meno propone altresì uno sguardo transfemmnista e intersezionale, uno sguardo situato, che intreccia le varie forme dell’oppressione e dello sfruttamento.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Sara di Non Una di Meno Trieste.\r\nCon lei abbiamo parlato anche del lavoro, che, sempre più precario e sottopagato per tutt*, lo è ancor più per le donne. Pagate meno e sfruttate di più, spesso obbligate a mettere al lavoro la propria stessa immagine.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2018 06 03 nudm sara\r\n\r\nQuest’anno a Torino ci saranno due appuntamenti.\r\n\r\nAlle 10,30 in piazza Castello angolo via Garibaldi\r\n\r\nper una mattinata di azioni\r\n\r\nQuest’anno uno dei focus della giornata sarà il lavoro di cura.\r\nLa rinnovata sessualizzazione del lavoro di cura non pagato riduce la conflittualità sociale conseguente alla erosione del welfare. \r\n La riaffermazione di logiche patriarcali offre un puntello al capitale nella guerra a chi lavora.\r\n Lo sciopero femminista scardina questo puntello e rimette al centro le lotte delle donne per la propria autonomia.\r\n\r\n“In occasione della giornata di sciopero femminista globale contro la violenza maschile sulle donne e le violenze di genere, scioperiamo non solo dal lavoro retribuito fuori casa, ma anche dal lavoro dentro casa, dai lavori di cura, dai lavori domestici (che ancora gravano soprattutto sulle donne) e dai ruoli di genere imposti.\r\nRendiamo visibile il lavoro invisibile, uscendo in strada portando con noi gli oggetti simbolo delle attività e dei lavori da cui l'8 marzo vogliamo scioperare.”\r\n\r\nOre 16,30 piazza 18 dicembre\r\n Corteo cittadino sino in piazza Vittorio.\r\n\r\nDello sciopero e delle iniziative torinesi ci ha parlato Bia di Non Una di Meno Torino\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2018 06 03 nudm bia","6 Marzo 2018","2018-03-09 12:58:54","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/03/8m-to-corteo-200x110.png","\u003Cimg width=\"300\" height=\"168\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/03/8m-to-corteo-300x168.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","8 marzo. 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Nella vita nuova che essi immaginavano e intendevano creare, si sperava che l’impresa di domare le paure e di imbrigliare i pericoli da cui esse derivano potesse realizzarsi. Nel contesto liquido-moderno, invece, la lotta contro le paure si è rivelata un compito a vita, mentre i pericoli che innescano le paure hanno finito per apparire come compagni permanenti e inseparabili della vita umana, anche quando si sospetta che nessuno di essi sia insormontabile.\r\nLa nostra vita è tutt’altro che priva di paure, e il contesto liquido-moderno in cui essa va vissuta è tutt’altro che esente da pericoli e minacce. Tutta la vita è ormai diventata una lotta, lunga e probabilmente impossibile da vincere, contro l’impatto potenzialmente invalidante delle paure, e contro i pericoli, veri o presunti, che temiamo.\"\r\n“Il secolo che viene può essere un’epoca di catastrofe definitiva. O può essere un’epoca in cui si stringerà e si darà vita a un nuovo patto tra intellettuali e popolo, inteso ormai come umanità. Speriamo di poter ancora scegliere tra questi due futuri”.\r\nAscolta il contributo di Paolo:\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/paolo.mp3\"][/audio]\r\n\r\nDopo la giornata di giovedì 16 in solidarietà con i detenuti alla Dozza di Bologna e al carcere di Rebibbia di Roma, oggi c'è stato un saluto al carcere delle Vallette di Torino, Larry ci fa un breve resoconto:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/larry.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nGiovedì 16 aprile\r\n\r\nUna puntata di microfoni aperti interamente dedicata alle prospettive di lotta dentro-e-contro al lavoro.\r\nCosa succederebbe se provassimo a immaginare un presente e un futuro al di fuori della logica del lavoro fondata su espropriazione e alienazione?\r\n\r\nPrendendo spunto dallo scritto di Fabio Vighi La causa assente: tempo e lavoro all'epoca del Coronavirus: \"(...) dobbiamo ammettere che il virus ci consegna un oggetto sempre più raro nella nostra epoca, ovvero un tempo almeno parzialmente liberato dalla ‘passione conformistica’ che ci lega al nostro mondo. Improvvisamente diventa possibile, in un certo senso inevitabile, sottrarci agli imperativi (o ‘aperitivi’) categorici che regolano le nostre vite. Alla fissità dello spazio in cui siamo costretti fa da contraltare una temporalità svincolata dai regimi di comportamento coattivo del turbocapitalismo. (...) Chiunque si pone criticamente nei confronti del capitalismo – e, sottolineo, che può permettersi di farlo in questi giorni così drammatici – non può lasciarsi sfuggire l’opportunità di una riflessione a tutto campo su cos’è in gioco in un mondo tenuto sotto scacco da un virus partorito dal ventre ipertrofico del ‘più efficiente sistema economico che ci sia dato conoscere’\".\r\n\r\nSiamo partite dalla lettura di alcuni stralci dell'articolo di Veronica Gago e Luci Cavallero Crack Up! Femminismo, pandemia e il futuro che verrà, scritto a partire dal contesto argentino, dove si legge: \"La quarantena amplifica la scena della riproduzione sociale, cioè l’evidenza dell’infrastruttura che sostiene la vita collettiva e della precarietà di cui si fa carico. Chi sono coloro che rendono possibile la quarantena? Tutti i lavori di cura, di pulizia e di mantenimento, le molteplici attività del sistema sanitario e agricolo compongono oggi l’infrastruttura imprescindibile. Qual è il criterio per dichiararli tali? Essi esprimono il limite del capitale: quello da cui non può prescindere la vita sociale per continuare ad andare avanti. Esiste anche una vasta area della logistica e un settore del capitalismo delle piattaforme che, nonostante riponga la sua fiducia nella metafisica degli algoritmi e del Gps, si sostiene su corpi concreti. Questi corpi, generalmente migranti, sono quelli che attraversano la città deserta, quelli che permettono – con la propria esposizione – di sostenere e rifornire i rifugi di molti e molte. (...) Sono queste infrastrutture collettive a essere le vere trame dell’interdipendenza, a cui viene delegata la riproduzione nel momento stesso in cui continuano a essere disprezzate. (...). A partire da questa constatazione, è necessario pensare alla riorganizzazione globale dei lavori – al loro riconoscimento, ai salari e alle gerarchie – durante e dopo la pandemia. Detto diversamente: la pandemia può anche essere una prova generale di una diversa organizzazione del lavoro. Non possiamo essere ingenui su questo.\"\r\n\r\nA questo proposito abbiamo ricevuto alcuni contributi dal mondo del lavoro di cura...\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/WhatsApp-Audio-2020-04-15-at-18.32.30.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/WhatsApp-Audio-2020-04-15-at-12.19.05-online-audio-converter.com_.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/aaa.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n...per poi porre uno sguardo sul lavoro sessuale ai tempi di Covid-19, nel momento in cui le sex workers hanno abbandonato quasi del tutto le vie delle città. Come riportato nell'articolo di Grips Sex worker nella pandemia: \"Per chi lavora nei mercati del sesso, senza reti familiari e di protezione, il lockdown significa mancanza di soldi per sopravvivere, fare la spesa e pagare affitti o bollette. Per chi è implicato in reti di sfruttamento, la situazione è ulteriormente aggravata dalla mancanza di autonomia e dalla pendenza del debito da pagare. (...) la rete delle unità di strada assieme ai collettivi a sostegno delle e dei sex worker, come il collettivo Ombre Rosse, ha lanciato una campagna di raccolta fondi per supportarle nelle spese quotidiane e di sopravvivenza\".\r\nAscolta il contributo che abbiamo ricevuto:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/WhatsApp-Audio-2020-04-16-at-22.31.02-online-audio-converter.com_.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nPrendendo spunto dall'articolo di Coniare Rivolta Campi vuoti e campioni di ipocrisia: basta salari da fame, abbiamo poi parlato del ritorno alla ribalta dello sfruttamento nel settore agricolo, apertamente invocato dalla ministra delle politiche agricole Bellanova, così come dai sindaci del Cuneese con le associazioni del padronato (Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Confcooperative), che propongono, fronte alla carenza di manodopera migrante, sgravi fiscali e l’assunzione di cassintegrati, pensionati, studenti, percettori di reddito di cittadinanza. \"Il nodo centrale è uno: senza i braccianti agricoli sottopagati, cioè senza manodopera a basso costo da importare, l’agricoltura italiana non va avanti. I già citati episodi non fanno quindi che mettere a nudo la realtà del sistema di produzione agricolo, fatta di salari da fame per lavoratrici e lavoratori, italiani e stranieri. L’agricoltura si fonda sul sistematico impiego di lavoro precario e discontinuo\".\r\nAbbiamo ricevuto in proposito la testimonianza da un bracciante che vive in una tendopoli nella piana di Gioia Tauro :\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/audio.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nInfine, un punto di vista sulle prospettive aperte dalla pandemia, in termini di riorganizzazione del lavoro:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/PTT-20200416-WA0007-online-audio-converter.com_.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nMentre i padroni già affilano i coltelli per un “ritorno alla normalità” che significherà ancora più sfruttamento e povertà, che futuro immaginiamo dentro e contro al lavoro durante e dopo questa crisi? Quali forme di libertà possiamo o potremmo costruire e praticare?\r\n\r\nLo Stato e i padroni, individualmente o attraverso le loro associazioni, hanno gettato la maschera se ancora ce ne fosse bisogno. A fronte di proteste, scioperi spontanei, assenteismo (fino al 40%) che si sono manifestati nelle scorse settimane nelle fabbriche di fronte all’obbligo del continuare la produzione, anche in assenza di qualunque tutela per la salute di chi è costretto a lavorare per sopravvivere, Conte e il suo governo hanno appoggiato in toto le richieste di Confindustria.\r\nLa repressione nel frattempo colpiva chi si ribellava, chi scioperava per avere protezioni e tutele, per non ammalarsi in fabbrica o in magazzino. Come le rivolte nelle carceri partite pochi giorni prima, si è trattato di lotte contro la gestione dell’emergenza sulla pelle degli sfruttati, dei sacrificabili.\r\nSappiamo che oltre a quelle autorizzate per decreto tramite i codici ATECO, già oggi sono 71 mila le aziende che si sono autocertificate come “essenziali” per poter continuare a produrre. A chi si è lasciato il compito di valutare le deroghe? Ai prefetti. Secondo l’Istat, in Italia è rimasto aperto per tutto il tempo oltre il 52% delle imprese.\r\n\r\nMai sazi, i padroni però continuano a minacciare e vogliono al più presto la riapertura generalizzata della produzione in barba alla precauzione e alla sicurezza, mettendo così in pericolo milioni di lavoratrici e lavoratori. Ripartire subito, senza aspettare il 4 maggio. Questo il messaggio che Confindustria Piemonte ha recapitato al governatore Cirio. “E’ il sistema che deve mettere insieme le cose: fornire le mascherine, il gel igienizzante e i guanti, organizzare i trasporti” aggiungono gli industriali.\r\nCome scritto su un foglio murale, ai tempi della pandemia: 'qualcuno parla di “suddivisione squilibrata del rischio”. Altri, che guardano all’intero pianeta e alle sue gigantesche ingiustizie, di “apocalisse differenziata”'.\r\nNé mascherine, né gel o guanti potranno camuffare lo sfruttamento e la schiavitù. Mai come adesso il ricatto del lavoro si manifesta in tutta la sua evidenza, laddove gli scopi, gli obiettivi, i prodotti delle attività sono espropriati. Dove i corpi sono sempre più sprezzantemente sacrificati sull’altare del profitto. \"Ciò che conta davvero è che si lavori… che tu lavori... che io lavori…\".\r\n\r\n-------------------------------------------------------------------------------------------\r\n\r\nGiovedì 16 aprile\r\n\r\nIl Lockdown non ferma le lotte\r\n\r\nArriva notizia in radio delle difficoltà incontrate dagli operai a lavoro in Val Clarea nella creazione del corridoio ecologico per la farfalla Zerinzia, opera fondamentale per l'allargamento del cantiere dell'alta velocità. Infatti pare che il disboscamento sia fortemento rallentato da pezzi metallici conficcati nei tronchi degli alberi.","18 Aprile 2020","2020-04-21 11:00:56","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/apr-14-17-200x110.png","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/apr-14-17-300x169.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/apr-14-17-300x169.png 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/apr-14-17-1024x576.png 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/apr-14-17-768x432.png 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/apr-14-17-1536x864.png 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/apr-14-17.png 1920w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Microfoni aperti 14/17 aprile",1587250513,[218],"http://radioblackout.org/tag/microfoni-aperti/",[33],{"post_content":221},{"matched_tokens":222,"snippet":223,"value":224},[79,80,81,80,80],"possibile la quarantena? Tutti i \u003Cmark>lavori\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>cura\u003C/mark>, \u003Cmark>di\u003C/mark> pulizia e \u003Cmark>di\u003C/mark> mantenimento,","Venerdì 17 aprile\r\n\r\nPuntata \u003Cmark>di\u003C/mark> open mic dedicata al tema della paura, partendo dal testo La paura liquida \u003Cmark>di\u003C/mark> Z.Bauman:\r\n“Questa nostra vita si è rivelata ben diversa da quella che avevano previsto e iniziato a progettare i saggi dell’Illuminismo e i loro eredi discepoli. Nella vita nuova che essi immaginavano e intendevano creare, si sperava che l’impresa \u003Cmark>di\u003C/mark> domare le paure e \u003Cmark>di\u003C/mark> imbrigliare i pericoli da cui esse derivano potesse realizzarsi. Nel contesto liquido-moderno, invece, la lotta contro le paure si è rivelata un compito a vita, mentre i pericoli che innescano le paure hanno finito per apparire come compagni permanenti e inseparabili della vita umana, anche quando si sospetta che nessuno \u003Cmark>di\u003C/mark> essi sia insormontabile.\r\nLa nostra vita è tutt’altro che priva \u003Cmark>di\u003C/mark> paure, e il contesto liquido-moderno in cui essa va vissuta è tutt’altro che esente da pericoli e minacce. Tutta la vita è ormai diventata una lotta, lunga e probabilmente impossibile da vincere, contro l’impatto potenzialmente invalidante delle paure, e contro i pericoli, veri o presunti, che temiamo.\"\r\n“Il secolo che viene può essere un’epoca \u003Cmark>di\u003C/mark> catastrofe definitiva. O può essere un’epoca in cui si stringerà e si darà vita a un nuovo patto tra intellettuali e popolo, inteso ormai come umanità. Speriamo \u003Cmark>di\u003C/mark> poter ancora scegliere tra questi due futuri”.\r\nAscolta il contributo \u003Cmark>di\u003C/mark> Paolo:\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/paolo.mp3\"][/audio]\r\n\r\nDopo la giornata \u003Cmark>di\u003C/mark> giovedì 16 in solidarietà con i detenuti alla Dozza \u003Cmark>di\u003C/mark> Bologna e al carcere \u003Cmark>di\u003C/mark> Rebibbia \u003Cmark>di\u003C/mark> Roma, oggi c'è stato un saluto al carcere delle Vallette \u003Cmark>di\u003C/mark> Torino, Larry ci fa un breve resoconto:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/larry.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nGiovedì 16 aprile\r\n\r\nUna puntata \u003Cmark>di\u003C/mark> microfoni aperti interamente dedicata alle prospettive \u003Cmark>di\u003C/mark> lotta dentro-e-contro al lavoro.\r\nCosa succederebbe se provassimo a immaginare un presente e un futuro al \u003Cmark>di\u003C/mark> fuori della logica del lavoro fondata su espropriazione e alienazione?\r\n\r\nPrendendo spunto dallo scritto \u003Cmark>di\u003C/mark> Fabio Vighi La causa assente: tempo e lavoro all'epoca del Coronavirus: \"(...) dobbiamo ammettere che il virus ci consegna un oggetto sempre più raro nella nostra epoca, ovvero un tempo almeno parzialmente liberato dalla ‘passione conformistica’ che ci lega al nostro mondo. Improvvisamente diventa possibile, in un certo senso inevitabile, sottrarci agli imperativi (o ‘aperitivi’) categorici che regolano le nostre vite. Alla fissità dello spazio in cui siamo costretti fa da contraltare una temporalità svincolata dai regimi \u003Cmark>di\u003C/mark> comportamento coattivo del turbocapitalismo. (...) Chiunque si pone criticamente nei confronti del capitalismo – e, sottolineo, che può permettersi \u003Cmark>di\u003C/mark> farlo in questi giorni così drammatici – non può lasciarsi sfuggire l’opportunità \u003Cmark>di\u003C/mark> una riflessione a tutto campo su cos’è in gioco in un mondo tenuto sotto scacco da un virus partorito dal ventre ipertrofico del ‘più efficiente sistema economico che ci sia dato conoscere’\".\r\n\r\nSiamo partite dalla lettura \u003Cmark>di\u003C/mark> alcuni stralci dell'articolo \u003Cmark>di\u003C/mark> Veronica Gago e Luci Cavallero Crack Up! Femminismo, pandemia e il futuro che verrà, scritto a partire dal contesto argentino, dove si legge: \"La quarantena amplifica la scena della riproduzione sociale, cioè l’evidenza dell’infrastruttura che sostiene la vita collettiva e della precarietà \u003Cmark>di\u003C/mark> cui si fa carico. Chi sono coloro che rendono possibile la quarantena? Tutti i \u003Cmark>lavori\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>cura\u003C/mark>, \u003Cmark>di\u003C/mark> pulizia e \u003Cmark>di\u003C/mark> mantenimento, le molteplici attività del sistema sanitario e agricolo compongono oggi l’infrastruttura imprescindibile. Qual è il criterio per dichiararli tali? Essi esprimono il limite del capitale: quello da cui non può prescindere la vita sociale per continuare ad andare avanti. Esiste anche una vasta area della logistica e un settore del capitalismo delle piattaforme che, nonostante riponga la sua fiducia nella metafisica degli algoritmi e del Gps, si sostiene su corpi concreti. Questi corpi, generalmente migranti, sono quelli che attraversano la città deserta, quelli che permettono – con la propria esposizione – \u003Cmark>di\u003C/mark> sostenere e rifornire i rifugi \u003Cmark>di\u003C/mark> molti e molte. (...) Sono queste infrastrutture collettive a essere le vere trame dell’interdipendenza, a cui viene delegata la riproduzione nel momento stesso in cui continuano a essere disprezzate. (...). A partire da questa constatazione, è necessario pensare alla riorganizzazione globale dei \u003Cmark>lavori\u003C/mark> – al loro riconoscimento, ai salari e alle gerarchie – durante e dopo la pandemia. Detto diversamente: la pandemia può anche essere una prova generale \u003Cmark>di\u003C/mark> una diversa organizzazione del lavoro. Non possiamo essere ingenui su questo.\"\r\n\r\nA questo proposito abbiamo ricevuto alcuni contributi dal mondo del lavoro \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>cura\u003C/mark>...\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/WhatsApp-Audio-2020-04-15-at-18.32.30.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/WhatsApp-Audio-2020-04-15-at-12.19.05-online-audio-converter.com_.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/aaa.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n...per poi porre uno sguardo sul lavoro sessuale ai tempi \u003Cmark>di\u003C/mark> Covid-19, nel momento in cui le sex workers hanno abbandonato quasi del tutto le vie delle città. Come riportato nell'articolo \u003Cmark>di\u003C/mark> Grips Sex worker nella pandemia: \"Per chi lavora nei mercati del sesso, senza reti familiari e \u003Cmark>di\u003C/mark> protezione, il lockdown significa mancanza \u003Cmark>di\u003C/mark> soldi per sopravvivere, fare la spesa e pagare affitti o bollette. Per chi è implicato in reti \u003Cmark>di\u003C/mark> sfruttamento, la situazione è ulteriormente aggravata dalla mancanza \u003Cmark>di\u003C/mark> autonomia e dalla pendenza del debito da pagare. (...) la rete delle unità \u003Cmark>di\u003C/mark> strada assieme ai collettivi a sostegno delle e dei sex worker, come il collettivo Ombre Rosse, ha lanciato una campagna \u003Cmark>di\u003C/mark> raccolta fondi per supportarle nelle spese quotidiane e \u003Cmark>di\u003C/mark> sopravvivenza\".\r\nAscolta il contributo che abbiamo ricevuto:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/WhatsApp-Audio-2020-04-16-at-22.31.02-online-audio-converter.com_.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nPrendendo spunto dall'articolo \u003Cmark>di\u003C/mark> Coniare Rivolta Campi vuoti e campioni \u003Cmark>di\u003C/mark> ipocrisia: basta salari da fame, abbiamo poi parlato del ritorno alla ribalta dello sfruttamento nel settore agricolo, apertamente invocato dalla ministra delle politiche agricole Bellanova, così come dai sindaci del Cuneese con le associazioni del padronato (Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Confcooperative), che propongono, fronte alla carenza \u003Cmark>di\u003C/mark> manodopera migrante, sgravi fiscali e l’assunzione \u003Cmark>di\u003C/mark> cassintegrati, pensionati, studenti, percettori \u003Cmark>di\u003C/mark> reddito \u003Cmark>di\u003C/mark> cittadinanza. \"Il nodo centrale è uno: senza i braccianti agricoli sottopagati, cioè senza manodopera a basso costo da importare, l’agricoltura italiana non va avanti. I già citati episodi non fanno quindi che mettere a nudo la realtà del sistema \u003Cmark>di\u003C/mark> produzione agricolo, fatta \u003Cmark>di\u003C/mark> salari da fame per lavoratrici e lavoratori, italiani e stranieri. L’agricoltura si fonda sul sistematico impiego \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro precario e discontinuo\".\r\nAbbiamo ricevuto in proposito la testimonianza da un bracciante che vive in una tendopoli nella piana \u003Cmark>di\u003C/mark> Gioia Tauro :\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/audio.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nInfine, un punto \u003Cmark>di\u003C/mark> vista sulle prospettive aperte dalla pandemia, in termini \u003Cmark>di\u003C/mark> riorganizzazione del lavoro:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/PTT-20200416-WA0007-online-audio-converter.com_.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nMentre i padroni già affilano i coltelli per un “ritorno alla normalità” che significherà ancora più sfruttamento e povertà, che futuro immaginiamo dentro e contro al lavoro durante e dopo questa crisi? Quali forme \u003Cmark>di\u003C/mark> libertà possiamo o potremmo costruire e praticare?\r\n\r\nLo Stato e i padroni, individualmente o attraverso le loro associazioni, hanno gettato la maschera se ancora ce ne fosse bisogno. A fronte \u003Cmark>di\u003C/mark> proteste, scioperi spontanei, assenteismo (fino al 40%) che si sono manifestati nelle scorse settimane nelle fabbriche \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte all’obbligo del continuare la produzione, anche in assenza \u003Cmark>di\u003C/mark> qualunque tutela per la salute \u003Cmark>di\u003C/mark> chi è costretto a lavorare per sopravvivere, Conte e il suo governo hanno appoggiato in toto le richieste \u003Cmark>di\u003C/mark> Confindustria.\r\nLa repressione nel frattempo colpiva chi si ribellava, chi scioperava per avere protezioni e tutele, per non ammalarsi in fabbrica o in magazzino. Come le rivolte nelle carceri partite pochi giorni prima, si è trattato \u003Cmark>di\u003C/mark> lotte contro la gestione dell’emergenza sulla pelle degli sfruttati, dei sacrificabili.\r\nSappiamo che oltre a quelle autorizzate per decreto tramite i codici ATECO, già oggi sono 71 mila le aziende che si sono autocertificate come “essenziali” per poter continuare a produrre. A chi si è lasciato il compito \u003Cmark>di\u003C/mark> valutare le deroghe? Ai prefetti. Secondo l’Istat, in Italia è rimasto aperto per tutto il tempo oltre il 52% delle imprese.\r\n\r\nMai sazi, i padroni però continuano a minacciare e vogliono al più presto la riapertura generalizzata della produzione in barba alla precauzione e alla sicurezza, mettendo così in pericolo milioni \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoratrici e lavoratori. Ripartire subito, senza aspettare il 4 maggio. Questo il messaggio che Confindustria Piemonte ha recapitato al governatore Cirio. “E’ il sistema che deve mettere insieme le cose: fornire le mascherine, il gel igienizzante e i guanti, organizzare i trasporti” aggiungono gli industriali.\r\nCome scritto su un foglio murale, ai tempi della pandemia: 'qualcuno parla \u003Cmark>di\u003C/mark> “suddivisione squilibrata del rischio”. Altri, che guardano all’intero pianeta e alle sue gigantesche ingiustizie, \u003Cmark>di\u003C/mark> “apocalisse differenziata”'.\r\nNé mascherine, né gel o guanti potranno camuffare lo sfruttamento e la schiavitù. Mai come adesso il ricatto del lavoro si manifesta in tutta la sua evidenza, laddove gli scopi, gli obiettivi, i prodotti delle attività sono espropriati. Dove i corpi sono sempre più sprezzantemente sacrificati sull’altare del profitto. \"Ciò che conta davvero è che si \u003Cmark>lavori…\u003C/mark> che tu \u003Cmark>lavori\u003C/mark>... che io \u003Cmark>lavori…\u003C/mark>\".\r\n\r\n-------------------------------------------------------------------------------------------\r\n\r\nGiovedì 16 aprile\r\n\r\nIl Lockdown non ferma le lotte\r\n\r\nArriva notizia in radio delle difficoltà incontrate dagli operai a lavoro in Val Clarea nella creazione del corridoio ecologico per la farfalla Zerinzia, opera fondamentale per l'allargamento del cantiere dell'alta velocità. 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L'appello lo potete leggere qui.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Chiara, redattrice della radio ed esponente di “Non una di meno” di Torino.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2017 01 31 chiara sciopero donne\r\n\r\nDi seguito l'appello delle donne argentine di Ni Una Menos:\r\n\r\n“L’otto marzo la terra trema. Le donne del mondo si uniscono e lanciano una prova di forza e un grido comune: sciopero internazionale delle donne. Ci fermiamo. Scioperiamo, ci organizziamo e ci incontriamo tra di noi. Mettiamo in pratica il mondo in cui vogliamo vivere.\r\n\r\n#NoiScioperiamo\r\nScioperiamo per denunciare:\r\nChe il capitale sfrutta le nostre economie informali, precarie e intermittenti.\r\nChe gli stati nazionali e il mercato ci sfruttano quando ci indebitano.\r\nChe gli Stati criminalizzano i nostri movimenti migratori.\r\nChe guadagniamo meno degli uomini e che il divario salariale tocca, in media, il 27%.\r\nChe non si riconosce il fatto che il lavoro domestico e di cura è lavoro non retribuito, che si somma mediamente per 3 ore in più alle nostre giornate lavorative.\r\nChe questa violenza economica aumenta la nostra vulnerabilità di fronte alla violenza maschile, di cui l’atto estremo più aberrante sono i femminicidi.\r\nScioperiamo per reclamare il diritto all’aborto libero e perché nessuna sia obbligata alla maternità.\r\nScioperiamo per rendere visibile che se i lavori di cura non diventano responsabilità di tutta la società noi ci vediamo obbligate a riprodurre lo sfruttamento classista e coloniale tra donne. Per andare a lavorare dipendiamo da altre donne. Per spostarci dipendiamo da altre donne.\r\nScioperiamo per valorizzare il lavoro invisibilizzato che facciamo, che costruisce reti, sostegno e strategie vitali in contesti difficili e di crisi.\r\n\r\n#NonSiamoTutte \r\nScioperiamo perché mancano le vittime di femminicidio, voci che si spengono violentemente ad un ritmo da brivido di una al giorno solo in Argentina.\r\nMancano le lesbiche e le transessuali assassinate da crimini di odio.\r\nMancano le prigioniere politiche, le ricercate, le assassinate nel nostro territorio latinoamericano per difendere la terra e le sue risorse.\r\nMancano le donne incarcerate per delitti minori che criminalizzano forme di sopravvivenza, mentre i crimini delle multinazionali e del narcotraffico rimangono impuniti perché beneficiano il capitale.\r\nMancano le morte e le prigioniere per aborti insicuri.\r\nMancano le desaparecidas.\r\nDi fronte a luoghi che diventano un inferno, ci organizziamo per difenderci e prenderci cura tra di noi.\r\nDi fronte al crimine maschilista e alla sua pedagogia della crudeltà, di fronte all’intento dei mezzi di comunicazione di vittimizzarci e terrorizzarci, trasformiamo il dolore individuale in complicità collettiva e la rabbia in lotta collettiva.\r\n\r\nDi fronte alla crudeltà, più femminismo.\r\n\r\n#NoiCiOrganizziamo\r\nNoi ci appropriamo degli strumenti dello sciopero perché le nostre domande sono urgenti. Facciamo dello sciopero delle donne una misura ampia e attuale, capace di proteggere le occupate e le disoccupate, le donne senza salario e quelle che prendono un sussidio, le lavoratrici in proprio e le studentesse, perché tutte siamo lavoratrici.\r\nNoi scioperiamo.\r\nCi organizziamo contro il confino domestico, contro la maternità obbligatoria e contro la competizione tra donne, tutte forme spinte dal mercato e dal modello della famiglia patriarcale.\r\nCi organizziamo in ogni dove: nelle case, per le strade, sui luoghi di lavoro, nelle scuole, nei mercati, nei quartieri.\r\nLa forza del nostro movimento sta nei legami che creiamo tra noi.\r\nCi organizziamo per cambiare tutto.\r\n\r\n#LInternazionaleFemminista\r\nTessiamo un nuovo internazionalismo.\r\nDalle situazioni concrete in cui ci troviamo, interpretiamo la congiuntura.\r\nVediamo che di fronte al rigurgito neo-conservatore, localmente e globalmente il movimento delle donne emerge come potenza di una alternativa.\r\nVediamo che la nuova “caccia alle streghe”, che ora perseguita ciò che nomina “ideologia di genere”, prova giustamente a combattere e neutralizzare la nostra forza e a spezzare la nostra volontà.\r\nDi fronte alle spoliazioni multiple, alle espropriazioni e alle guerre contemporanee che occupano la terra e il corpo delle donne come territori prediletti di conquista, noi ci accorpiamo politicamente e spiritualmente.\r\n\r\n#CiMuoveIlDesiderio\r\nPerché #ViveELibereCiVogliamo, noi ci arrischiamo in alleanza insolite.\r\nPerché noi ci appropriamo del tempo e apriamo spazi di libertà per noi, facciamo dello stare unite un sollievo e una conversazione tra alleate, trasformiamo le assemblee in manifestazioni, le manifestazioni in festa, la festa in un futuro comune.\r\nPerché #SiamoPerNoistesse, questo 8 marzo è il primo giorno della nostra nuova vita.\r\nPerché #CiMuoveIlDesiderio, il 2017 è il tempo della nostra rivoluzione.”\r\nIl prossimo fine settimana si svolgerà a Bologna un'assemblea nazionale, nella quale si continuerà il confronto intrapreso a Roma.\r\n\r\nA Torino la prossima assemblea è fissata per il 7 marzo, in luogo e data ancora da stabilire.\r\nPer info: https://nonunadimeno.wordpress.com","31 Gennaio 2017","2017-02-03 14:00:45","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/01/paro_internacional-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"111\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/01/paro_internacional-300x111.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/01/paro_internacional-300x111.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/01/paro_internacional.jpg 764w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","8 marzo. Fermiamo il mondo contro la violenza maschile sulle donne",1485865309,[245,246,247,248,68],"http://radioblackout.org/tag/8-marzo-2017/","http://radioblackout.org/tag/appello-ai-sindacati/","http://radioblackout.org/tag/non-una-dui-meno/","http://radioblackout.org/tag/sciopero-delle-donne/",[250,251,252,253,18],"8 marzo 2017","appello ai sindacati","non una dui meno","sciopero delle donne",{"post_content":255},{"matched_tokens":256,"snippet":257,"value":258},[79,80,81,80],"rendere visibile che se i \u003Cmark>lavori\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>cura\u003C/mark> non diventano responsabilità \u003Cmark>di\u003C/mark> tutta","Il 27 novembre la grande assemblea che si svolse il giorno successivo alla imponente manifestazione che, il giorno precedente, aveva attraversato le strade \u003Cmark>di\u003C/mark> Roma, si concluse con la decisione \u003Cmark>di\u003C/mark> fare proprio l'appello delle donne argentine per una giornata \u003Cmark>di\u003C/mark> sciopero e \u003Cmark>di\u003C/mark> lotta internazionale contro la violenza \u003Cmark>di\u003C/mark> genere l'8 marzo del 2017.\r\n\r\nLe donne della Rete “non una \u003Cmark>di\u003C/mark> meno” nei vari territori stanno costruendo lo sciopero, facendo assemblee, costruendo gruppi tematici \u003Cmark>di\u003C/mark> informazione e lotta, dando spazio alle istanze emerse dalle varie assemblee.\r\n\r\nAll'appello rivolto ai sindacati, perché indicessero sciopero sinora hanno risposto solo alcuni sindacati \u003Cmark>di\u003C/mark> base. L'appello lo potete leggere qui.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Chiara, redattrice della radio ed esponente \u003Cmark>di\u003C/mark> “Non una \u003Cmark>di\u003C/mark> meno” \u003Cmark>di\u003C/mark> Torino.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2017 01 31 chiara sciopero donne\r\n\r\n\u003Cmark>Di\u003C/mark> seguito l'appello delle donne argentine \u003Cmark>di\u003C/mark> Ni Una Menos:\r\n\r\n“L’otto marzo la terra trema. Le donne del mondo si uniscono e lanciano una prova \u003Cmark>di\u003C/mark> forza e un grido comune: sciopero internazionale delle donne. Ci fermiamo. Scioperiamo, ci organizziamo e ci incontriamo tra \u003Cmark>di\u003C/mark> noi. Mettiamo in pratica il mondo in cui vogliamo vivere.\r\n\r\n#NoiScioperiamo\r\nScioperiamo per denunciare:\r\nChe il capitale sfrutta le nostre economie informali, precarie e intermittenti.\r\nChe gli stati nazionali e il mercato ci sfruttano quando ci indebitano.\r\nChe gli Stati criminalizzano i nostri movimenti migratori.\r\nChe guadagniamo meno degli uomini e che il divario salariale tocca, in media, il 27%.\r\nChe non si riconosce il fatto che il lavoro domestico e \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>cura\u003C/mark> è lavoro non retribuito, che si somma mediamente per 3 ore in più alle nostre giornate lavorative.\r\nChe questa violenza economica aumenta la nostra vulnerabilità \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte alla violenza maschile, \u003Cmark>di\u003C/mark> cui l’atto estremo più aberrante sono i femminicidi.\r\nScioperiamo per reclamare il diritto all’aborto libero e perché nessuna sia obbligata alla maternità.\r\nScioperiamo per rendere visibile che se i \u003Cmark>lavori\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>cura\u003C/mark> non diventano responsabilità \u003Cmark>di\u003C/mark> tutta la società noi ci vediamo obbligate a riprodurre lo sfruttamento classista e coloniale tra donne. Per andare a lavorare dipendiamo da altre donne. Per spostarci dipendiamo da altre donne.\r\nScioperiamo per valorizzare il lavoro invisibilizzato che facciamo, che costruisce reti, sostegno e strategie vitali in contesti difficili e \u003Cmark>di\u003C/mark> crisi.\r\n\r\n#NonSiamoTutte \r\nScioperiamo perché mancano le vittime \u003Cmark>di\u003C/mark> femminicidio, voci che si spengono violentemente ad un ritmo da brivido \u003Cmark>di\u003C/mark> una al giorno solo in Argentina.\r\nMancano le lesbiche e le transessuali assassinate da crimini \u003Cmark>di\u003C/mark> odio.\r\nMancano le prigioniere politiche, le ricercate, le assassinate nel nostro territorio latinoamericano per difendere la terra e le sue risorse.\r\nMancano le donne incarcerate per delitti minori che criminalizzano forme \u003Cmark>di\u003C/mark> sopravvivenza, mentre i crimini delle multinazionali e del narcotraffico rimangono impuniti perché beneficiano il capitale.\r\nMancano le morte e le prigioniere per aborti insicuri.\r\nMancano le desaparecidas.\r\n\u003Cmark>Di\u003C/mark> fronte a luoghi che diventano un inferno, ci organizziamo per difenderci e prenderci \u003Cmark>cura\u003C/mark> tra \u003Cmark>di\u003C/mark> noi.\r\n\u003Cmark>Di\u003C/mark> fronte al crimine maschilista e alla sua pedagogia della crudeltà, \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte all’intento dei mezzi \u003Cmark>di\u003C/mark> comunicazione \u003Cmark>di\u003C/mark> vittimizzarci e terrorizzarci, trasformiamo il dolore individuale in complicità collettiva e la rabbia in lotta collettiva.\r\n\r\n\u003Cmark>Di\u003C/mark> fronte alla crudeltà, più femminismo.\r\n\r\n#NoiCiOrganizziamo\r\nNoi ci appropriamo degli strumenti dello sciopero perché le nostre domande sono urgenti. Facciamo dello sciopero delle donne una misura ampia e attuale, capace \u003Cmark>di\u003C/mark> proteggere le occupate e le disoccupate, le donne senza salario e quelle che prendono un sussidio, le lavoratrici in proprio e le studentesse, perché tutte siamo lavoratrici.\r\nNoi scioperiamo.\r\nCi organizziamo contro il confino domestico, contro la maternità obbligatoria e contro la competizione tra donne, tutte forme spinte dal mercato e dal modello della famiglia patriarcale.\r\nCi organizziamo in ogni dove: nelle case, per le strade, sui luoghi \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro, nelle scuole, nei mercati, nei quartieri.\r\nLa forza del nostro movimento sta nei legami che creiamo tra noi.\r\nCi organizziamo per cambiare tutto.\r\n\r\n#LInternazionaleFemminista\r\nTessiamo un nuovo internazionalismo.\r\nDalle situazioni concrete in cui ci troviamo, interpretiamo la congiuntura.\r\nVediamo che \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte al rigurgito neo-conservatore, localmente e globalmente il movimento delle donne emerge come potenza \u003Cmark>di\u003C/mark> una alternativa.\r\nVediamo che la nuova “caccia alle streghe”, che ora perseguita ciò che nomina “ideologia \u003Cmark>di\u003C/mark> genere”, prova giustamente a combattere e neutralizzare la nostra forza e a spezzare la nostra volontà.\r\n\u003Cmark>Di\u003C/mark> fronte alle spoliazioni multiple, alle espropriazioni e alle guerre contemporanee che occupano la terra e il corpo delle donne come territori prediletti \u003Cmark>di\u003C/mark> conquista, noi ci accorpiamo politicamente e spiritualmente.\r\n\r\n#CiMuoveIlDesiderio\r\nPerché #ViveELibereCiVogliamo, noi ci arrischiamo in alleanza insolite.\r\nPerché noi ci appropriamo del tempo e apriamo spazi \u003Cmark>di\u003C/mark> libertà per noi, facciamo dello stare unite un sollievo e una conversazione tra alleate, trasformiamo le assemblee in manifestazioni, le manifestazioni in festa, la festa in un futuro comune.\r\nPerché #SiamoPerNoistesse, questo 8 marzo è il primo giorno della nostra nuova vita.\r\nPerché #CiMuoveIlDesiderio, il 2017 è il tempo della nostra rivoluzione.”\r\nIl prossimo fine settimana si svolgerà a Bologna un'assemblea nazionale, nella quale si continuerà il confronto intrapreso a Roma.\r\n\r\nA Torino la prossima assemblea è fissata per il 7 marzo, in luogo e data ancora da stabilire.\r\nPer info: https://nonunadimeno.wordpress.com",[260],{"field":112,"matched_tokens":261,"snippet":257,"value":258},[79,80,81,80],{"best_field_score":154,"best_field_weight":155,"fields_matched":229,"num_tokens_dropped":48,"score":230,"tokens_matched":107,"typo_prefix_score":48},{"document":264,"highlight":284,"highlights":289,"text_match":292,"text_match_info":293},{"cat_link":265,"category":266,"comment_count":48,"id":267,"is_sticky":48,"permalink":268,"post_author":23,"post_content":269,"post_date":270,"post_excerpt":53,"post_id":267,"post_modified":271,"post_thumbnail":272,"post_thumbnail_html":273,"post_title":274,"post_type":58,"sort_by_date":275,"tag_links":276,"tags":280},[45],[47],"83881","http://radioblackout.org/2023/09/monza-il-boccaccio-occupa-ancora/","Nella giornata di ieri è stato liberato un nuovo spazio da parte del Boccaccio, dopo l'ultimo sgombero di via Timavo.\r\n\r\nIl nuovo Foa Boccaccio si trova in via Val D'Ossola 4, servono persone che diano una mano dalla mattinata di oggi per ripulire e vivere lo spazio.\r\n\r\nProssimi appuntamenti:\r\n\r\n– Venerdì 22 dalle 10:30 inizio giornata di lavori collettivi per prenderci cura dello spazio e scambiare due chiacchiere.\r\n\r\n– Sabato 23 dalle 18: Aperitivo a sostegno di prigionierə politichə palestinesi. A seguire presentazione del progetto West Climbing Bank e di Tracciato Plaestina, racconto di viaggio in Cisgiordania con Elena Mistrello.\r\n\r\nIl comunicato dell'occupazione: https://boccaccio.noblogs.org/post/2023/09/21/il-boccaccio-rioccupa/\r\n\r\nL'intervista con un compagno del Foa Boccaccio:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/Boccaccio_220923.mp3\"][/audio]","22 Settembre 2023","2023-09-22 11:47:32","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/380890312_690260583130417_3679952124733026108_n-e1695319519123-1280x556-190030232-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"130\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/380890312_690260583130417_3679952124733026108_n-e1695319519123-1280x556-190030232-300x130.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/380890312_690260583130417_3679952124733026108_n-e1695319519123-1280x556-190030232-300x130.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/380890312_690260583130417_3679952124733026108_n-e1695319519123-1280x556-190030232-1024x445.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/380890312_690260583130417_3679952124733026108_n-e1695319519123-1280x556-190030232-768x334.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/380890312_690260583130417_3679952124733026108_n-e1695319519123-1280x556-190030232-1170x512.jpg 1170w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/380890312_690260583130417_3679952124733026108_n-e1695319519123-1280x556-190030232-690x302.jpg 690w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/380890312_690260583130417_3679952124733026108_n-e1695319519123-1280x556-190030232-100x44.jpg 100w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/380890312_690260583130417_3679952124733026108_n-e1695319519123-1280x556-190030232.jpg 1280w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Monza: il Boccaccio occupa ancora",1695383252,[277,278,279],"http://radioblackout.org/tag/boccaccio/","http://radioblackout.org/tag/monza/","http://radioblackout.org/tag/occupazione/",[281,282,283],"boccaccio","Monza","occupazione",{"post_content":285},{"matched_tokens":286,"snippet":287,"value":288},[80,79,81],"22 dalle 10:30 inizio giornata \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>lavori\u003C/mark> collettivi per prenderci \u003Cmark>cura\u003C/mark> dello spazio e scambiare due","Nella giornata \u003Cmark>di\u003C/mark> ieri è stato liberato un nuovo spazio da parte del Boccaccio, dopo l'ultimo sgombero \u003Cmark>di\u003C/mark> via Timavo.\r\n\r\nIl nuovo Foa Boccaccio si trova in via Val D'Ossola 4, servono persone che diano una mano dalla mattinata \u003Cmark>di\u003C/mark> oggi per ripulire e vivere lo spazio.\r\n\r\nProssimi appuntamenti:\r\n\r\n– Venerdì 22 dalle 10:30 inizio giornata \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>lavori\u003C/mark> collettivi per prenderci \u003Cmark>cura\u003C/mark> dello spazio e scambiare due chiacchiere.\r\n\r\n– Sabato 23 dalle 18: Aperitivo a sostegno \u003Cmark>di\u003C/mark> prigionierə politichə palestinesi. 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Storia e geografia del medium espositivo\", di Luca Massidda, edito dalla Franco Angeli.\r\nNegli ultimi vent'anni il dispositivo dell'esposizione universale è tornato ad assumere una nuova centralità, a causa delle modificazioni dell'economia globale e della presenza massiccia e diffusa dei media. Mega eventi attraverso i quali il capitale si autorappresenta, si conferma e si giustifica, anche alla luce del fatto che i valori che le vecchie esposizioni universali mettevano in campo, non esistono più: l'allora nascente società di massa, l'autorappresentazione identitaria degli stati nazione, il modo di produzione industriale, la metropoli moderna, l'ideologia modernista, la giovane industria culturale.\r\nQual è dunque il ruolo di un expo in un sistema profondamente trasformato, globalizzato e di urbanità transnazionale? Quale il senso di un expo in un sistema capitalistico fortemente connotato dall'immaterialità e da una produzione che è sempre più produzione di bisogni?\r\nL'Expo 2015 si pone al centro di qualcosa che è chiamata \"crisi\", in nome della quale si impongono misure restrittive ai paesi deboli, ma che in realtà rappresenta una fase di profondo reengeneering del capitale, del rapporto capitale-lavoro, e del rapporto tra capitali e territori e la fine definitiva del modello di welfare invalso almeno nella nostra parte di mondo. C'è bisogno intanto di spacciatori di svaghi e di puntare se non sui consumi, dato l'impoverimento, perlomeno sull'implemento della coazione a consumare, che si presenta come l'unico modello possibile di esistenza individuale e generale. Ecco perchè, date tutte le trasformazioni storiche conosciute dal dispositivo espositivo in quanto in relazione alle modificazioni del sistema capitalistico, l'appeal spettacolare, l'atmosfera di grande orgia feticistica, non smette di aleggiare anche intorno ai lavori dell'expo milanese, trabocca dalle pagine del sito, in cui una donna giovane e mulatta, a pubblicizzare la transizione verso una società interculturale fondata sull'universale eguaglianza dei consumatori e delle consumatrici di tutto il mondo uniti.\r\n***\r\nExpo non è “solo” un cantiere di speculazioni e un banco di prova delle nuove riforme strutturali del lavoro (all'insegna del self-management, della gratuità e della flessibilità), ma si configura anche come spazio di produzione di discorso, di simboli, di miti e di pratiche che vanno ad alimentare un'idea di mondo nata nella notte dei tempi. Uno dei campi discorsivi e simbolici attorno a cui si costruisce l'Esposizione Universale del terzo millennio è appunto quello della femminilità come insieme di attributi salvifici e creativi della donna e quello della vita come terreno di sfida politica ed economica.\r\nUn “femminile” tanto negato e oppresso nello spazio del biologico e del riproduttivo, quanto sacralizzato in veste di principio materno, generativo e vitale. Questo mito non ha smesso di esistere nell'epoca della religione del denaro e anzi, negli ultimi quarantanni, ha avuto un ruolo preminente all'interno di quel passaggio storico in cui un nuovo paradigma economico ha tentato di recuperare la forza dirompente delle lotte femministe degli anni Settanta. Ha stabilito, cioè, quel differenziale femminile da poter valorizzare sul mercato che prende il nome di diversity management: maggior capacità di cura delle relazioni, di creatività e di pragmatismo che richiamerebbero gli attributi tipici del lavoro domestico come luogo - in fondo e sempre - riservato alle donne. Expo conferma questa narrazione e ne mostra i paradossi, rilancia la sfida internazionale in difesa della vita e in nome delle donne ma ne svela il nesso indissolubile con le logiche di accumulazione di profitto e con le politiche della morte dell'attuale governance globale.\r\nLa politica sulle donne che Expo sta portando avanti attraverso la campagna \"Women for expo\", offre un'immagine della donna che è quella della cura, della nutrizione; La donna al servizio della casa, della famiglia, e alla fine anche del pianeta; depositaria di un sapere culinario, regina del focolare domestico. Da un lato si promuove la donna imprenditrice e di potere, sfruttatrice di altre donne e di altri uomini, e dall’altro si accentua l’oppressione di tutte le altre donne, giustificandola con la “vocazione” alla maternità e alla cura, per impedire qualsiasi rivendicazione di libertà e parità, del resto impossibile in una società che divide per sfruttare meglio.\r\ndal blog de le Lucciole di Milano:\r\nLa quota rosa di Expo e la GayStreet risultano essere dispositivi di normalizzazione e di reclusione all’interno di spazi fisici e politici, che, vantandosi di essere progetti progressisti, tentano di nascondere lo stato dell’arte dei percorsi di smantellamento dei diritti nel mondo del lavoro, della scuola, della sanità e del welfare, e l’assenza di ogni tipo di diritto per i soggetti lgbit*. Sebbene i due progetti abbiano consistenze diverse, sono entrambi accomunati dall’utilizzare le nostre identità e i nostri corpi in nome del profitto, e propongono la sussunzione delle nostre rivendicazioni e delle nostre lotte all’interno di un processo sociale e politico, sempre più escludente, maschile e razzista.\r\n***Abbiamo consigliato anche la lettura del testo \"Senza donne non c'è sovranità alimentare\", di Esther Vivas, che analizza l'impatto delle politiche agro-industriali sulle donne e il ruolo chiave che le donne contadine giocano nel nord come nel sud del mondo nella produzione e distribuzione del cibo. L'articolo inoltre analizza se e come il modello di agricoltura dominante può incorporare una prospettiva femminista e come, invece, i movimenti sociali che si occupano di sovranità alimentare possono incorporare una prospettiva femminista.\r\nPer riascoltare la puntata:\r\n il colpo della strega_16febbr_primaparte\r\nil colpo della strega_16febbr_secondaparte\r\nil colpo della strega_16febbr_terzaparte","25 Febbraio 2015","2018-10-24 17:35:23","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/10/adesivo-il-colpo-della-strega-new-copy-e1413229678451-200x110.jpg","Le esposizioni universali ed Expo Milano 2015 (Il colpo della strega, 19febbraio2015)","podcast",1424861385,[365,366,367,368,369,370,371,64,372,373,374,375,376,377,378,379,380,381],"http://radioblackout.org/tag/campesinas/","http://radioblackout.org/tag/diversity-management/","http://radioblackout.org/tag/esposizioni-universali/","http://radioblackout.org/tag/expo-2015/","http://radioblackout.org/tag/femminilizzazione-del-lavoro/","http://radioblackout.org/tag/gay-street/","http://radioblackout.org/tag/glbtq/","http://radioblackout.org/tag/maternita/","http://radioblackout.org/tag/migrazioni/","http://radioblackout.org/tag/nutrimento/","http://radioblackout.org/tag/precarieta/","http://radioblackout.org/tag/sovranita-alimentare/","http://radioblackout.org/tag/speculazioni/","http://radioblackout.org/tag/terra/","http://radioblackout.org/tag/territori/","http://radioblackout.org/tag/via-campesina/","http://radioblackout.org/tag/women-for-expo/",[383,384,385,386,387,338,388,73,389,390,336,391,346,340,392,334,342,344],"campesinas","diversity management","esposizioni universali","expo 2015","femminilizzazione del lavoro","glbtq","maternità","migrazioni","precarietà","terra",{"post_content":394,"tags":398},{"matched_tokens":395,"snippet":396,"value":397},[80,81,80],"nome di diversity management: maggior capacità \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>cura\u003C/mark> delle relazioni, \u003Cmark>di\u003C/mark> creatività e","Puntata dedicata ad alcuni approfondimenti sull'Expo 2015 \u003Cmark>di\u003C/mark> Milano.\r\n***Un lungo excursus sulla storia delle esposizioni universali, a partire dall'\"Atlante delle grandi esposizioni universali. Storia e geografia del medium espositivo\", \u003Cmark>di\u003C/mark> Luca Massidda, edito dalla Franco Angeli.\r\nNegli ultimi vent'anni il dispositivo dell'esposizione universale è tornato ad assumere una nuova centralità, a causa delle modificazioni dell'economia globale e della presenza massiccia e diffusa dei media. Mega eventi attraverso i quali il capitale si autorappresenta, si conferma e si giustifica, anche alla luce del fatto che i valori che le vecchie esposizioni universali mettevano in campo, non esistono più: l'allora nascente società \u003Cmark>di\u003C/mark> massa, l'autorappresentazione identitaria degli stati nazione, il modo \u003Cmark>di\u003C/mark> produzione industriale, la metropoli moderna, l'ideologia modernista, la giovane industria culturale.\r\nQual è dunque il ruolo \u003Cmark>di\u003C/mark> un expo in un sistema profondamente trasformato, globalizzato e \u003Cmark>di\u003C/mark> urbanità transnazionale? Quale il senso \u003Cmark>di\u003C/mark> un expo in un sistema capitalistico fortemente connotato dall'immaterialità e da una produzione che è sempre più produzione \u003Cmark>di\u003C/mark> bisogni?\r\nL'Expo 2015 si pone al centro \u003Cmark>di\u003C/mark> qualcosa che è chiamata \"crisi\", in nome della quale si impongono misure restrittive ai paesi deboli, ma che in realtà rappresenta una fase \u003Cmark>di\u003C/mark> profondo reengeneering del capitale, del rapporto capitale-lavoro, e del rapporto tra capitali e territori e la fine definitiva del modello \u003Cmark>di\u003C/mark> welfare invalso almeno nella nostra parte \u003Cmark>di\u003C/mark> mondo. C'è bisogno intanto \u003Cmark>di\u003C/mark> spacciatori \u003Cmark>di\u003C/mark> svaghi e \u003Cmark>di\u003C/mark> puntare se non sui consumi, dato l'impoverimento, perlomeno sull'implemento della coazione a consumare, che si presenta come l'unico modello possibile \u003Cmark>di\u003C/mark> esistenza individuale e generale. Ecco perchè, date tutte le trasformazioni storiche conosciute dal dispositivo espositivo in quanto in relazione alle modificazioni del sistema capitalistico, l'appeal spettacolare, l'atmosfera \u003Cmark>di\u003C/mark> grande orgia feticistica, non smette \u003Cmark>di\u003C/mark> aleggiare anche intorno ai \u003Cmark>lavori\u003C/mark> dell'expo milanese, trabocca dalle pagine del sito, in cui una donna giovane e mulatta, a pubblicizzare la transizione verso una società interculturale fondata sull'universale eguaglianza dei consumatori e delle consumatrici \u003Cmark>di\u003C/mark> tutto il mondo uniti.\r\n***\r\nExpo non è “solo” un cantiere \u003Cmark>di\u003C/mark> speculazioni e un banco \u003Cmark>di\u003C/mark> prova delle nuove riforme strutturali del lavoro (all'insegna del self-management, della gratuità e della flessibilità), ma si configura anche come spazio \u003Cmark>di\u003C/mark> produzione \u003Cmark>di\u003C/mark> discorso, \u003Cmark>di\u003C/mark> simboli, \u003Cmark>di\u003C/mark> miti e \u003Cmark>di\u003C/mark> pratiche che vanno ad alimentare un'idea \u003Cmark>di\u003C/mark> mondo nata nella notte dei tempi. Uno dei campi discorsivi e simbolici attorno a cui si costruisce l'Esposizione Universale del terzo millennio è appunto quello della femminilità come insieme \u003Cmark>di\u003C/mark> attributi salvifici e creativi della donna e quello della vita come terreno \u003Cmark>di\u003C/mark> sfida politica ed economica.\r\nUn “femminile” tanto negato e oppresso nello spazio del biologico e del riproduttivo, quanto sacralizzato in veste \u003Cmark>di\u003C/mark> principio materno, generativo e vitale. Questo mito non ha smesso \u003Cmark>di\u003C/mark> esistere nell'epoca della religione del denaro e anzi, negli ultimi quarantanni, ha avuto un ruolo preminente all'interno \u003Cmark>di\u003C/mark> quel passaggio storico in cui un nuovo paradigma economico ha tentato \u003Cmark>di\u003C/mark> recuperare la forza dirompente delle lotte femministe degli anni Settanta. Ha stabilito, cioè, quel differenziale femminile da poter valorizzare sul mercato che prende il nome di diversity management: maggior capacità \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>cura\u003C/mark> delle relazioni, \u003Cmark>di\u003C/mark> creatività e \u003Cmark>di\u003C/mark> pragmatismo che richiamerebbero gli attributi tipici del lavoro domestico come luogo - in fondo e sempre - riservato alle donne. Expo conferma questa narrazione e ne mostra i paradossi, rilancia la sfida internazionale in difesa della vita e in nome delle donne ma ne svela il nesso indissolubile con le logiche \u003Cmark>di\u003C/mark> accumulazione \u003Cmark>di\u003C/mark> profitto e con le politiche della morte dell'attuale governance globale.\r\nLa politica sulle donne che Expo sta portando avanti attraverso la campagna \"Women for expo\", offre un'immagine della donna che è quella della \u003Cmark>cura\u003C/mark>, della nutrizione; La donna al servizio della casa, della famiglia, e alla fine anche del pianeta; depositaria \u003Cmark>di\u003C/mark> un sapere culinario, regina del focolare domestico. 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Seguiamo gli aggiornamenti con Caterina del collettivo FEM.IN lotta!\r\n\r\nL'ASL di Bologna chiude il punto nascite dell'ospedale di Bentivoglio per destinare letti e medici all'emergenza COVID, succede proprio l'8 marzo. Ne parliamo con Lavinia dell' Assemblea per la Salute del Territorio, una rete che si sta organizzando per rivendicare un approccio alla salute diverso, garanzie e tutele nella sanità territoriale e che si propone di riappropriarsi del significato di salute oggi.\r\n\r\nA proposito di cambiare paradigma.. con Gaia Benzi, traduttrice insieme a Marie Moise del Libro Il Manifesto della Cura, parliamo di un nuovo modo di concepire la cura. Un concetto centrale in quanto la pandemia ha svelato la catena di sfruttamento dei lavori di cura ancor più di prima che si muove in parallelo con la progressiva privatizzazione dei servizi destinati all'assistenza delle persone.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/03/2021_03_11_congiunzioni-27-escopost.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","12 Marzo 2021","2021-04-20 11:30:27","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/03/le_balene_di_aristotele_bassa14-200x110.jpg","CONGIUNZIONI#27 - LOTTO PERCHE' E' ESSENZIALE - [11 MARZO]",1615543157,[],[],{"post_content":540},{"matched_tokens":541,"snippet":542,"value":543},[80,79,80,81,80],"la catena \u003Cmark>di\u003C/mark> sfruttamento dei \u003Cmark>lavori\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>cura\u003C/mark> ancor più \u003Cmark>di\u003C/mark> prima che","Pochi giorni fa è stato l'8 marzo, essenziale è la lotta per la difesa e la riappropriazione della salute!\r\n\r\nDopo 3 giorni \u003Cmark>di\u003C/mark> occupazione dal tetto dell'ASP \u003Cmark>di\u003C/mark> Cosenza per rivendicare un piano vaccinale adeguato, per un tracciamento effettivo dei positivi conteggiando anche i tamponi fatti presso sanità privata, il commissario Longo ha concesso un incontro. 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Un concetto centrale in quanto la pandemia ha svelato la catena \u003Cmark>di\u003C/mark> sfruttamento dei \u003Cmark>lavori\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>cura\u003C/mark> ancor più \u003Cmark>di\u003C/mark> prima che si muove in parallelo con la progressiva privatizzazione dei servizi destinati all'assistenza delle persone.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/03/2021_03_11_congiunzioni-27-escopost.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ",[545],{"field":112,"matched_tokens":546,"snippet":542,"value":543},[80,79,80,81,80],{"best_field_score":154,"best_field_weight":155,"fields_matched":229,"num_tokens_dropped":48,"score":230,"tokens_matched":107,"typo_prefix_score":48},{"document":549,"highlight":562,"highlights":567,"text_match":152,"text_match_info":570},{"comment_count":48,"id":550,"is_sticky":48,"permalink":551,"podcastfilter":552,"post_author":553,"post_content":554,"post_date":555,"post_excerpt":53,"post_id":550,"post_modified":556,"post_thumbnail":557,"post_title":558,"post_type":362,"sort_by_date":559,"tag_links":560,"tags":561},"64887","http://radioblackout.org/podcast/congiunzioni-15-chi-decide-sui-nostri-corpi-27-novembre/",[309],"bic","La pandemia ha imposto un approccio utilitaristico alla scelta etica di salvare vite: Alain Brossat identifica questo processo come “un’assuefazione all’intollerabile, ciò che fino a ieri, sotto un altro regime normativo, era considerato inconcepibile e intollerabile sta iniziando a far parte del paesaggio al punto che la maggior parte delle persone impara presto a convivere con questi nuovi fenomeni: famiglie con bambini per strada, migranti sotto la tangenziale e, ai tempi del Covid, la terza e la quarta età ricodificate come categoria “non prioritaria”. Siamo pronti, se siamo ancora nel pieno della vita, a trovare se non normale almeno accettabile che in tempi di emergenza epidemica, pratichiamo a danno degli anziani una medicina di guerra”. Perchè in un sistema capitalista, patriarcale e razzista si decide – e si è obbligati - a salvare chi è utile alla riproduzione della società e alla produzione dei profitti, per altri.\r\nQuesta battaglia si gioca sui corpi delle donne, delle migranti, di tutti coloro che svolgono lavori retribuiti e non retribuiti, lavori di cura, considerati essenziali. Sono i corpi che oggi subiscono la violenza di uno sfruttamento ancora più duro e cieco.\r\nAbbiamo parlato della giornata contro le violenze maschili sulle donne e sui generi con @Nonunadimeno Pisa & dell’autogestione della cura, facendoci raccontare la pratica di alcuni collettivi femministi in Messico che accompagno le donne verso un aborto sicuro e illegale, tramite l’esperienza di una medica femminista.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/congiunzioni-15.mp3\"][/audio]","30 Novembre 2020","2020-11-30 08:30:45","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/photo_2020-11-28_10-38-12-200x110.jpg","Congiunzioni #15 – Chi decide sui nostri corpi? – [27 Novembre]",1606725045,[],[],{"post_content":563},{"matched_tokens":564,"snippet":565,"value":566},[79,79,80,81],"\u003Cmark>lavori\u003C/mark> retribuiti e non retribuiti, \u003Cmark>lavori\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>cura\u003C/mark>, considerati essenziali. 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Con la protezione di un nutrito dispositivo poliziesco si è consumata la grande favola del capitalismo urbano sulla restituzione alla città di uno spazio di nuova vita. Il progetto che ha modificato l’area dell’ex centrale Enel nel quartiere di Aurora, a firma del milanese Cino Zucchi, ridefinisce la forma dell’isolato che si affaccia su Largo Brescia; un edificio di vetro nero - una nuvola poco promettente, senza ironia - il cui basamento forma una figura fluttuante in cui sono stati ricavati due giardini, uno verso via Bologna, l’altro, una più vasta corte interna, che ha un varco d’ingresso in via Parma. L’architetto sostiene che saranno due nuovi spazi pubblici aperti sulla città insieme a un passaggio attraversabile del piano terra dell’edificio.\r\n\r\nNon volendo dare nessuna valenza positiva agli spazi pubblici, che sappiamo benissimo essere lo spazio dello Stato, ci interessa tuttavia vedere i cambiamenti di paradigma di questa concezione e sottolineare come i cortili di proprietà di un’azienda possano essere considerati tali. Progettisti e signori del Comune che hanno stipulato il patto per la riqualificazione attraverso La Nuvola fanno passare uno spazio all’aperto, legato a funzioni specifiche degli interessi aziendali e di riqualificazione di un pezzo di città, come fosse un semplice giardinetto rionale. La concezione di spazio pubblico intesa da Cino Zucchi si configura come un’area permeabile ma non sicuramente accessibile a tutti, non contrattabile nelle modalità del suo utilizzo e sotto il controllo delle forme anguste ricavate sotto allo sguardo di chi sta negli uffici e della sorveglianza vera e propria. Come reagirebbero delle guardie del posto all’ingresso in uno di questi giardini di un gruppetto di ragazzini palla al piede? Spingendoci ancor oltre con l’immaginazione, cosa farebbero se qualcuno decidesse di passare la notte dormendoci dentro?\r\n\r\nNon ci vuole altrettanta fantasia per avere una risposta. Certi luoghi, di nuova edificazione o “rigenerati” che siano, sono elementi necessari alla costruzione di una forte tensione simbolica e figurativa delle nuove politiche urbane: legano e connettono fattori strategici della vita sociale in corrispondenza di “fratture”, cioè pezzi di città o quartieri critici in cui si devono ricompattare funzioni di produzione economica e aggregazione di persone che possano con i propri stili di vita (non solo quelli inerenti al consumo) promuoverli, trasformarli, cancellare il ricordo di come venivano vissuti precedentemente. \r\n\r\nE così la retorica su quegli spazi aperti, se si tiene ben a mente come oggi è il quartiere di Aurora, non sono che la rappresentazione fisica di una minaccia, indiretta ma perfettamente esplicita: indiretta perché sono destinati a una popolazione diversa da quella che attualmente ancora vive in quartiere, esplicita perché sono l’ennesimo avviso che in questa zona si cercano nuovi abitanti e che quelli meno profittevoli non sono più desiderati. I senza reddito, o quelli che ce l’hanno basso, gli occupanti di case e chi si arrangia per campare, non sono coloro che corrispondono alle esigenze del mercato urbano in questa zona. Magari i diseredati saranno utili in piccoli numeri, come vuole il discorso del mix sociale, per lo svolgimento dei lavori di manutenzione o di cura, ma la maggior parte è già un’eccedenza di cui si stanno sbarazzando soprattutto attraverso l’aumento del costo della vita e nello specifico degli alloggi. Se si prova a cercar casa in affitto in questa lingua di città che a nord costeggia il centro, è quasi impossibile trovarla perché tutte le case vuote sono in vendita: tutti i piccoli proprietari vendono a prezzi stracciati e la flessione del costo di questa offerta porterà a breve a nuove proprietà in grado di permettersi una ristrutturazione generale dei palazzi oggi fatiscenti. Nei prossimi anni ciò segnerà una forte rivalutazione immobiliare e una deperiferizzazione del quartiere. I primi segnali di questo fenomeno si sono già dati e alcuni loft di fresca ristrutturazione sono stati venduti o vengono affittati a prezzi molto alti a giovani professionisti, molti legati alla Lavazza o al suo indotto.\r\n\r\nNon sono del resto destinati proprio a loro i fantomatici spazi pubblici dentro alla Nuvola?\r\n\r\nNon è per loro il ristorante che troverà spazio proprio dentro Nuvola gestito da un cuoco stellato Michelin?\r\n\r\nNon sono per loro, o per gli studenti dell’adiacente ed esosissima scuola IAAD, le nuove panchine a forma di chicco di caffè di Largo Brescia da poco trasformato da incrocio ad ambientazione urbana?\r\n\r\n[audio mp3=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/04/lavazzamacerie1-mp3cut.net_.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[audio mp3=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/04/lavazzamacerie2-mp3cut.net_.mp3\"][/audio]\r\n\r\nSeconda parte\r\n\r\nNuovi investimenti per il mercato di Porta Palazzo: il discorso pubblicitario sull'esperienza alimentare e la ristrutturazione di alcuni edifici nella storica piazza.\r\n\r\n[audio mp3=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/04/lavazzamacerie3-mp3cut.net_.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ","19 Aprile 2018","2018-10-17 23:05:49","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/04/aurora-colonization-200x110.jpg","Macerie su Macerie - 18 aprile 2018. 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Con cartelloni espositivi e una breve spiegazione conosceremo i luoghi che verranno devastati nella Valle. Una conoscenza fondamentale per affrontare la lotta nei prossimi anni (e l'assemblea del pomeriggio).\r\nore 13:00 – Pranzo al presidio (ponte nuovo Exilles) a cura di “Fornelli in lotta”\r\nore 16:00 – Incontro su situazione e prospettive della lotta contro il tav e tutto ciò che ci avvelena\r\n- Introduzione a cura di radionotav\r\n- Intervento su situazione dei lavori in valle, di Simone Franchino (tecnico notav)\r\n- Assemblea aperta sulle prospettive di lotta\r\nore 18:00 – Assemblea di gestione\r\nore 19:30 – Cena a cura di “Fornelli in lotta”\r\nore 21:00 – Concerto:- Photiastisphilakes (musica rebetica delle periferie)\r\n- Puck e la sua banda (folk)","3 Luglio 2020","2020-07-03 15:48:49","programma presidio in movimento",1593791329,[611],"http://radioblackout.org/tag/radio-no-tav/",[330],{"post_content":614},{"matched_tokens":615,"snippet":616,"value":617},[81,80,79,80],"che ci avvelena\r\n- Introduzione a \u003Cmark>cura\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> radionotav\r\n- Intervento su situazione dei \u003Cmark>lavori\u003C/mark> in valle, \u003Cmark>di\u003C/mark> Simone Franchino","Venerdì 3 luglio\r\n\r\n\r\nore 17:00 – Susa, piazza del Sole, presidio in movimento\r\n(ore 18:30 – Giaglione, cena condivisa alla tettoia)\r\nore 19:30 – Cena al presidio – ponte nuovo Exilles, s.s. 24\r\nore 21:00 – Teatro: El trio churro Compagnia Chien Barbu mal rasé\r\n\r\n\r\nProgramma per Sabato 4 luglio\r\n\r\nore 9:00 San Didero - colazione\r\nore 10:00 – Tour informativo a tappe sui luoghi dei futuri cantieri, partenza dal presidio \u003Cmark>di\u003C/mark> San Didero con automobili. Con cartelloni espositivi e una breve spiegazione conosceremo i luoghi che verranno devastati nella Valle. Una conoscenza fondamentale per affrontare la lotta nei prossimi anni (e l'assemblea del pomeriggio).\r\nore 13:00 – Pranzo al presidio (ponte nuovo Exilles) a \u003Cmark>cura\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> “Fornelli in lotta”\r\nore 16:00 – Incontro su situazione e prospettive della lotta contro il tav e tutto ciò che ci avvelena\r\n- Introduzione a \u003Cmark>cura\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> radionotav\r\n- Intervento su situazione dei \u003Cmark>lavori\u003C/mark> in valle, \u003Cmark>di\u003C/mark> Simone Franchino (tecnico notav)\r\n- Assemblea aperta sulle prospettive \u003Cmark>di\u003C/mark> lotta\r\nore 18:00 – Assemblea \u003Cmark>di\u003C/mark> gestione\r\nore 19:30 – Cena a \u003Cmark>cura\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> “Fornelli in lotta”\r\nore 21:00 – Concerto:- Photiastisphilakes (musica rebetica delle periferie)\r\n- Puck e la sua banda (folk)",[619],{"field":112,"matched_tokens":620,"snippet":616,"value":617},[81,80,79,80],1736172818845925400,{"best_field_score":623,"best_field_weight":155,"fields_matched":229,"num_tokens_dropped":48,"score":624,"tokens_matched":107,"typo_prefix_score":48},"3315704070144","1736172818845925489",6637,{"collection_name":362,"first_q":73,"per_page":14,"q":73},8,["Reactive",629],{},["Set"],["ShallowReactive",632],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$fff-M1x-7vcQ-0Zh6XBulVm2KyLPHtwCusga5IRVeezo":-1},true,"/search?query=lavori+di+cura"]