","Come risparmiare sulla “Buona scuola” precarizzando maestre diplomate","post",1525450646,[61,62,63,64],"http://radioblackout.org/tag/graduatorie/","http://radioblackout.org/tag/licenziate/","http://radioblackout.org/tag/maestre-diplomate/","http://radioblackout.org/tag/precarie/",[28,26,32,22],{"tags":67},[68,70,73,75],{"matched_tokens":69,"snippet":28},[],{"matched_tokens":71,"snippet":72},[26],"\u003Cmark>licenziate\u003C/mark>",{"matched_tokens":74,"snippet":32},[],{"matched_tokens":76,"snippet":22},[],[78],{"field":35,"indices":79,"matched_tokens":80,"snippets":82},[17],[81],[26],[72],578730123365712000,{"best_field_score":85,"best_field_weight":86,"fields_matched":17,"num_tokens_dropped":47,"score":87,"tokens_matched":17,"typo_prefix_score":47},"1108091339008",13,"578730123365711977",{"document":89,"highlight":103,"highlights":111,"text_match":118,"text_match_info":119},{"cat_link":90,"category":91,"comment_count":47,"id":92,"is_sticky":47,"permalink":93,"post_author":50,"post_content":94,"post_date":95,"post_excerpt":53,"post_id":92,"post_modified":96,"post_thumbnail":97,"post_thumbnail_html":98,"post_title":99,"post_type":58,"sort_by_date":100,"tag_links":101,"tags":102},[44],[46],"44975","http://radioblackout.org/2017/12/presidio-per-barbara-e-silvia-licenziate-per-aver-lottato/","Barbara e Silvia, lavoratrici della cooperativa “Il Ponte”, che gestisce alcune comunità psichiatriche, di recente privatizzate, sono state licenziate per aver lottato per un servizio migliore e condizioni di lavoro che permettano di realizzarlo.\r\nLo scorso autunno, dopo un iniziale provvedimento di sospensione, c’era stato un corteo di lavoratori e solidali.\r\nBarbara e Silvia sono della Cub sanità e assistenza, facevano, come le loro colleghe turni infernali in condizioni durissime.\r\n\r\nGiovedì 21 dicembre ci sarà la prima udienza del processo sul loro licenziamento.\r\n\r\nIn quell’occasione è stato indetto un presidio solidale e di lotta davanti al tribunale.\r\nL’appuntamento è alle 11.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Alessandro Zanetti della Cub.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2017 12 19 zanetti licenziate\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nSotto un sunto della Cub sul processo di privatizzazione, che ha portato alla situazione attuale.\r\n\r\n“IL PRETESTO PER LE DUE SOSPENSIONI\r\n\r\nL’8 settembre il TAR del Piemonte ha rigettato i ricorsi presentati da aziende e associazioni contro la DGR di riordino della residenzialità psichiatrica.\r\n\r\nIl 12 settembre la CUB Sanità ha scritto alle aziende Ester srl e Gruppo Igea srl chiedendo l’apertura di una trattativa sull’adeguamento degli standard di personale delle Comunità Protette “Sarli”, “De Salvia”, “Risso”, “Il Ponte” e “Althea”.\r\n\r\nIl 14 settembre la coordinatrice educativa delle Comunità dispone che le OSS della Comunità il Ponte debbano redigere 18 Piani Assistenziali Individuali (P.A.I.) entro pochi giorni, in quanto essi dovranno essere discussi con la ASL entro la fine di settembre. Ciò significa che la compilazione ricadrà quasi completamente sulla OSS Barbara Natale, Rappresentante sindacale CUB, che è l’unica che svolgendo turni diurni ha una conoscenza maggiore dei pazienti, infatti tutte le altre OSS della Comunità prendono servizio alle 24.00 e smontano alle 8 di mattina, cioè sono in servizio solo quando i pazienti dormono.\r\n\r\n \r\n\r\nIl 18 settembre la lavoratrice Natale effettua alcune fotocopie di documenti necessari alla compilazione dei suddetti Piani Assistenziali, durante il proprio turno di lavoro e in modo visibile, alla presenza dei colleghi, e inizia a redigere i P.A.I. richiesti.\r\n\r\nIl giorno 22 settembre, la stessa sig.ra Natale effettua delle altre copie. Poco dopo arriva in Comunità la proprietaria di una delle società “titolari” delle Comunità privatizzate, con la Polizia. Alla sig.ra Natale viene chiesta conferma del fatto che stesse facendo delle fotocopie. La signora conferma e spiega che le servivano per lavoro.\r\n\r\nLa Polizia chiede alla proprietaria, sig.ra Mafalda Basile, se conferma di voler denunciare la Rappresentante Sindacale e ne riceve conferma. Si procede così alla redazione di un verbale.\r\n\r\nIl giorno 25 settembre (lunedì) la lavoratrice viene sospesa dal lavoro, per “condotta penalmente perseguibile in quanto lesiva della privacy”.\r\n\r\nL’accusa è manifestamente falsa perché a) la sig.ra Natale lavora da molti anni presso il servizio ed è da sempre autorizzata al trattamento dei dati, né ha mai ricevuto la disposizione di non fotocopiare i materiali se necessario per lavoro; b) i dati dei pazienti sono stati trattati nei limiti della legge, per lavoro, senza alcun altro fine e senza divulgarli o anche lontanamente recare danni.\r\n\r\nSia sul piano materiale che sul piano giuridico, quindi, non esiste alcun fondamento, ma non è sufficiente: 4 giorno dopo viene sospesa dal lavoro anche la collega Silvia Copperi (anch’essa iscritta alla CUB Sanità) con l’accusa analoga, di avere mostrato alla presidente della cooperativa di cui è dipendente, in sede di incontro sindacale, la fotocopia di un verbale di riunione della Comunità.\r\n\r\nFar venire la polizia in comunità era inutile, inusitato e quindi aveva il solo scopo di intimidazione antisindacale.\r\n\r\nSospendere dal lavoro una operatrice per aver mostrato al proprio datore di lavoro un documento di lavoro, in sede di trattativa sindacale è una intimidazione antisindacale.\r\n\r\n \r\n\r\nLo scopo è chiarissimo: espellere il sindacato per non dovere discutere neanche lontanamente né arretrare di un centesimo rispetto ai guadagni smodati che stanno ricavando dalle Comunità psichiatriche privatizzate, come illustrato di seguito.\r\n\r\n \r\n\r\nUna semplice applicazione dei parametri noti relativi ai costi di funzionamento delle analoghe Comunità Protette fanno presumere alle OO.SS. scriventi un margine di utile per la gestione che sembrerebbe collocarsi tra i 30.000 e i 40.000 euro mensili per ciascuna delle 5 comunità. Una percentuale abnorme sul fatturato di poco più di 80.000 euro al mese, quando in un regime di normalità, gli Enti Pubblici committenti riconoscono alle imprese del settore un margine non superiore al 7-10%. In compenso l’organizzazione del lavoro è drasticamente peggiorata.\r\n\r\n \r\n\r\nLA PRIVATIZZAZIONE DELLE COMUNITA’\r\n\r\nPROTETTE EX ASL TO2\r\n\r\n \r\n\r\nLO SVOLGIMENTO DELLA PRIVATIZZAZIONE\r\n\r\nLe Comunità Protette per pazienti psichiatrici “Althea”, “De Salvia”, “Risso”, “Sarli” e “il Ponte” in poco più di un anno hanno subito una trasformazione radicale sotto il profilo gestionale e organizzativo.\r\n\r\nStoricamente tali Comunità funzionavano grazie ad una collaborazione tripartita tra la ASL TO2 che implementava le attività sanitarie, una cooperativa sociale (3 comunità con la coop. Zenith e 2 con la coop. Altramente) che svolgeva le attività educativo-assistenziali e una società privata (le due società Ester srl e Gruppo Igea srl) che apportava i muri e le attività di carattere alberghiero quali pulizie, mensa ecc.\r\n\r\n \r\n\r\nDalla primavera 2016 alle due società private veniva attribuita la titolarità completa delle attività, incluse quelle medico-psichiatriche, mentre la ASL ritirava il proprio personale. Le due cooperative sociali – divenute fornitrici delle società private – hanno continuato a svolgere le attività di carattere educativo, assistenziale e in parte infermieristico, ma a condizioni fortemente mutate.\r\n\r\n \r\n\r\nIn particolare la presenza di personale infermieristico, educativo e assistenziale è stata fortemente ridotta e tale si mantiene anche nel nuovo sviluppo di questa trasformazione, con il trasferimento dell’appalto dei servizi educativi, infermieristici e assistenziali (personale OSS) alla cooperativa XI Luglio con sede legale a Roma, aderente al consorzio La Meridiana.\r\n\r\n \r\n\r\nOve prima vi fosse la presenza infrasettimanale di 4 o 5 operatori, oggi ve ne sono 2, per qualche ora 3. Ove ve ne fossero stati 2-3, la presenza viene ridotta a 1-2. Si tenga conto che anche dove sussiste la presenza formale nel turno di più unità di personale, durante la settimana almeno una unità è spesso impegnata in attività esterne (pratiche burocratiche, accompagnamenti, visite mediche ecc.), lasciando così che in Comunità vi sia comunque una presenza singola, in un rapporto operatori-pazienti che tende ad essere molto spesso 1-a-19/1-a-20.\r\n\r\n \r\n\r\nE’ infatti testimoniato dagli operatori e operatrici che nell’arco di oltre un anno da quando si vive in questo regime, l’intensità delle situazioni di crisi di agitazione, aggressività, conflitti e quant’altro è fortemente intensificata, creando anche situazioni di rischio per gli operatori e per i pazienti stessi.\r\n\r\nEsiste anche da parte del personale il dubbio, fondato su episodi, di non essere più in grado di governare le situazioni di criticità sia psichica che sanitaria più in generale.\r\n\r\n \r\n\r\nA tutto ciò si aggiungano le gravi carenze di risorse gestionali come la mancanza di denaro liquido per la vita quotidiana, la mancanza di un qualsiasi veicolo per il trasporto dei pazienti (quando nella gestione mista precedente ve ne erano ben due) e così via.\r\n\r\n \r\n\r\nL’ATTEGGIAMENTO DELLA PROPRIETA’\r\n\r\nFin dallo scorso autunno la CUB Sanità avanzava la richiesta di aprire una trattativa sull’organizzazione del lavoro a cui è stato sempre opposto un rifiuto teso a procrastinare.\r\n\r\n \r\n\r\nLa proprietà ribadiva inamovibile di attenersi alla vecchia legge regionale (DCR 357/97) e di voler attendere che la DGR sulla residenzialità psichiatrica (prima n.30/2015, poi corretta dalla 29/2016 e poi sospesa dal TAR fino al settembre 2017) entrasse in vigore a riordinare il settore, rendendo obbligatoria una maggiore intensità di personale.\r\n\r\n \r\n\r\nMa la vigenza dell’una o l’altra norma non muta la sostanza, dal momento che nel contratto stipulato tra la ASL Torino 2 e le società Ester e Gruppo Igea nel marzo 2016, vigevano due condizioni:\r\n\r\n \tsi applicava la normativa pre-esistente alla nuova DGR, la medesima che trovava applicazione anche nel precedente regime gestionale e che avrebbe logicamente dovuto avere sostanziale continuità nelle nuove condizioni, seppure con le possibili modifiche all’organizzazione del lavoro come facoltà dell’imprenditore;\r\n \tsi applicavano però tariffe tali da consentire all’imprenditore di dotare già le Comunità Protette di un organico sovrapponibile a quello previsto dalle nuove norme.\r\n\r\nRisulta al nostro Sindacato che le rette previste per le due tipologie di comunità (tipo A e tipo B secondo la DCR 357/97) siano quasi sovrapponibili con quelle delle analoghe comunità contemplate dalla nuova normativa (SRP 1 e SRP 2 secondo la DGR 29).\r\n\r\nRette riconosciute alle società Ester e Gruppo Igea: euro 168 (Tipo A) e 134 (Tipo B)\r\n\r\nRette previste dalla nuova normativa: euro 160 (SRP 1) e 135 (SRP 2)\r\n\r\nAppare evidente che la pretesa di attendere l’entrata in vigore di nuove norme per garantire una prestazione sufficiente per il percorso terapeutico dei pazienti e un lavoro sicuro e professionale agli operatori non ha fondamento economico.\r\n\r\n \r\n\r\nCome già detto, l’applicazione dei parametri noti relativi ai costi di funzionamento delle analoghe Comunità Protette fanno presumere alle OO.SS. scriventi un margine di utile per le società titolari delle Comunità Protette un margine di utile per la gestione caratteristica che sembrerebbe collocarsi tra i 30.000 e i 40.000 euro sul fatturato di poco più di 80.000 mensili per ciascuna delle 5 comunità.\r\n\r\nLe società Ester srl e Gruppo Igea srl non hanno mai voluto sedersi a un tavolo e confrontarsi su tale valutazione, nemmeno per smentirla concretamente.\r\n\r\n \r\n\r\nLa DGR 29-2016 è oggi rimessa in vigore dal TAR, ma la proprietà non solo non dà alcun segno di volersi adeguare, anzi, sfrutta qualsiasi scappatoia per rinviare ulteriormente e ribadisce che “non spetta al sindacato” proporre incontri per “il riordino del funzionamento delle Comunità”.\r\n\r\n \r\n\r\nL’AGGRESSIONE ALLA CUB SANITA’\r\n\r\nRitenendo irrimandabile un riaggiustamento dell’organizzazione del lavoro e delle risorse disponibili al fine di riportare le Comunità ad un migliore funzionamento, la nostra O.S. ha, nel corso dei mesi continuato a sollecitare sia le Aziende che i soggetti pubblici per ottenere quei miglioramenti necessari.\r\n\r\n \r\n\r\nIn occasione del “cambio di appalto” avvenuto il 1° giugno (uscenti coop. Zenith e coop. Altramente, entrante coop. XI Luglio) si è ottenuta la completa continuità occupazionale e delle tutele a favore di lavoratrici e lavoratori, inclusa l’applicazione dell’ “art.18”.\r\n\r\nSubito dopo la cooperativa XI luglio ha tentato una prima volta di cancellare la presenza della CUB Sanità, venendo però immediatamente condannata (Ordinanza del Tribunale di Torino del 10 luglio 2017) per “condotta antisindacale” ai sensi dello Statuto dei Lavoratori.\r\n\r\n \r\n\r\nIl successivo tentativo della CUB Sanità di riprendere il dialogo sindacale non decolla. I due incontri successivi alla sentenza del Tribunale non producono risultati di rilievo, invece arriva il nuovo accanito tentativo di eliminare il sindacato, con la sospensione della Rappresentante Sindacale e della collega.\r\n\r\n \r\n\r\nAlla richiesta di aprire una trattativa sull’adeguamento degli standard di personale all’entrata in vigore della DGR 29-2016, la proprietà risponde arrogantemente, con lettera del 27 settembre, che “non compete a codesta sigla sindacale… proporre…incontri per il riordino del funzionamento delle comunità”.\r\n\r\n \r\n\r\nLE CONSEGUENZE PER I PAZIENTI E IL PERSONALE\r\n\r\n \r\n\r\nVige per legge il diritto del singolo imprenditore di avvalersi dei fornitori di propria scelta o di cambiarli, o di scegliere l’organizzazione del lavoro. Ma è compito del sindacato contrattare l’organizzazione stessa del lavoro ed è diritto dei lavoratori e lavoratrici vedere tutelata la propria dignità e professionalità (aggredite dalla dequalificazione degli interventi al limite della violazione della deontologia professionale), nonché la propria salute e sicurezza che appaiono fortemente messe in pericolo sia dallo stress-lavoro correlato che dal rischio di eventi critici.\r\n\r\n \r\n\r\nQuello che la proprietà vuole ottenere, attaccando il sindacato e le operatrici sindacalizzate, è di stendere un velo di silenzio sulle conseguenze prodotte da una smodata volontà di lucro.\r\n\r\nGli operatori sindacalizzati sono infatti i migliori difensori, giorno per giorno, dei diritti dei pazienti, della qualità e professionalità del servizio.\r\n\r\n \r\n\r\nE’ ovvio che il numero di operatori e operatrici (infermieri, educatori, OSS) presenti durante la settimana allo standard precedentemente utilizzato solo nel weekend produce degli effetti.\r\n\r\n \r\n\r\nLe Comunità Protette, dovrebbero essere terapeutiche, cioè riabilitative e risocializzanti, integrando la dimensione strettamente medica con quella di carattere relazionale e sociale, infermieristica, farmacologica, psicoterapica, educativa nell’attuazione un Progetto Terapeutico Riabilitativo Personalizzato, nell’ambito di un Piano Terapeutico Individuale, così come stabilito dal Piano di Azione Nazionale per la Salute Mentale AGENAS-GISM recepito dall’Accordo Stato-Regioni del 17 ottobre 2013.\r\n\r\n \r\n\r\nLa carenza di riunioni di équipe multiprofessionali in cui siano stabilmente coinvolte le figure relazionali quotidiane (educatori-OSS-infermieri). La mancanza delle occasioni di passaggio di consegne tra gli operatori montanti e smontanti. La sostanziale assenza delle risorse necessarie allo svolgimento di progetti riabilitativi e risocializzanti. Tutti questi sono elementi che connotano l’attuale gestione del paziente in Comunità Protetta nel senso di una pura azione di badanza e contenimento, mentre il Piano Nazionale per la Salute Mentale parla, in riferimento alla tutela della salute mentale in età adulta di “prestazioni diagnostiche terapeutiche, riabilitative e socio riabilitative in regime residenziale nella fase intensiva ed estensiva, secondo il progetto terapeutico individuale” e di “prestazioni assistenziali e socio riabilitative, compresi programmi di reinserimento sociale e lavorativo, sia in regime residenziale nella fase di lungoassistenza che nella comunità secondo il progetto terapeutico individuale”.\r\n\r\n \r\n\r\nL’insufficienza della strutturazione professionale risulta anche dalla testimonianza di numerosi operatori che sostengono di non avere il tempo per svolgere una adeguata attività relazionale con gli ospiti della struttura. Gli ospiti di ciascuna comunità sono 20 e che quindi il rapporto operatori/pazienti, per molte ore della giornata è di 1:20. A ciò si assommi il fatto che le compresenze di 2 operatori, quando ci sono, sono sovente dedicate ad accompagnamenti o disbrigo di pratiche all’esterno, oppure ad attività assistenziali (igieniche e simili) per quelle persone non in grado di provvedere in maniera del tutto autonoma.\r\n\r\n \r\n\r\nCiò rende estremamente difficoltoso ottemperare a tutti gli impegni, le attività, le iniziative di cura, riabilitazione e risocializzazione che non attengano alla pura assistenza diretta alla persona (igiene, somministrazione dei farmaci, dei pasti e altre funzioni elementari), con quella che giudichiamo una netta riduzione della qualità e quantità delle prestazioni al paziente.\r\n\r\n \r\n\r\nL’impossibilità per il singolo operatore presente di occuparsi contemporaneamente delle esigenze materiali, emotive e relazionali di 20 pazienti ha come immediata conseguenza il minore “contenimento relazionale” di persone con difficoltà psicoaffettive e psichiatriche, e quindi il più facile insorgere di stati di disagio fino alle vere e proprie crisi di agitazione.\r\n\r\nTali crisi, ovviamente, sono normali nel contesto delle residenzialità psichiatriche, tanto più delle Comunità Protette, ma possono essere ridotte o aumentate per numero, intensità e frequenza dalla presenza di attività preventive di contenimento relazionale, di ascolto, di “presa in carico” dei bisogni sia pratici che relazionali del paziente.\r\n\r\n \r\n\r\nLa carenza di personale, inoltre, comporta un aggravio per l’operatore/trice turnante in termini di fatica, e di stress-lavoro correlato. Per conseguenza l’operatore sarà meno lucido, meno capace di interpretare i segnali di tensione che possono risultare premonitori dell’avvicinarsi di un momento difficile. Avrà perciò maggiori difficoltà a prevenire le crisi, ma anche a gestirle e a circoscriverle nel momento in cui esse dovessero scoppiare .\r\n\r\n \r\n\r\nIn caso di crisi di agitazione, poi, l’operatore/trice presente in struttura potrebbe trovarsi nell’impossibilità di gestire la situazione da solo e persino di poter chiamare aiuto in una situazione di rischio che, tenuto conto del contesto particolare, può implicare esiti anche seri.\r\n\r\n \r\n\r\nNumerosi episodi si sono verificati nell’arco dell’ultimo anno e mezzo a riprova di questa difficoltà. 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Altramente) che svolgeva le attività educativo-assistenziali e una società privata (le due società Ester srl e Gruppo Igea srl) che apportava i muri e le attività di carattere alberghiero quali pulizie, mensa ecc.\r\n\r\n \r\n\r\nDalla primavera 2016 alle due società private veniva attribuita la titolarità completa delle attività, incluse quelle medico-psichiatriche, mentre la ASL ritirava il proprio personale. Le due cooperative sociali – divenute fornitrici delle società private – hanno continuato a svolgere le attività di carattere educativo, assistenziale e in parte infermieristico, ma a condizioni fortemente mutate.\r\n\r\n \r\n\r\nIn particolare la presenza di personale infermieristico, educativo e assistenziale è stata fortemente ridotta e tale si mantiene anche nel nuovo sviluppo di questa trasformazione, con il trasferimento dell’appalto dei servizi educativi, infermieristici e assistenziali (personale OSS) alla cooperativa XI Luglio con sede legale a Roma, aderente al consorzio La Meridiana.\r\n\r\n \r\n\r\nOve prima vi fosse la presenza infrasettimanale di 4 o 5 operatori, oggi ve ne sono 2, per qualche ora 3. Ove ve ne fossero stati 2-3, la presenza viene ridotta a 1-2. Si tenga conto che anche dove sussiste la presenza formale nel turno di più unità di personale, durante la settimana almeno una unità è spesso impegnata in attività esterne (pratiche burocratiche, accompagnamenti, visite mediche ecc.), lasciando così che in Comunità vi sia comunque una presenza singola, in un rapporto operatori-pazienti che tende ad essere molto spesso 1-a-19/1-a-20.\r\n\r\n \r\n\r\nE’ infatti testimoniato dagli operatori e operatrici che nell’arco di oltre un anno da quando si vive in questo regime, l’intensità delle situazioni di crisi di agitazione, aggressività, conflitti e quant’altro è fortemente intensificata, creando anche situazioni di rischio per gli operatori e per i pazienti stessi.\r\n\r\nEsiste anche da parte del personale il dubbio, fondato su episodi, di non essere più in grado di governare le situazioni di criticità sia psichica che sanitaria più in generale.\r\n\r\n \r\n\r\nA tutto ciò si aggiungano le gravi carenze di risorse gestionali come la mancanza di denaro liquido per la vita quotidiana, la mancanza di un qualsiasi veicolo per il trasporto dei pazienti (quando nella gestione mista precedente ve ne erano ben due) e così via.\r\n\r\n \r\n\r\nL’ATTEGGIAMENTO DELLA PROPRIETA’\r\n\r\nFin dallo scorso autunno la CUB Sanità avanzava la richiesta di aprire una trattativa sull’organizzazione del lavoro a cui è stato sempre opposto un rifiuto teso a procrastinare.\r\n\r\n \r\n\r\nLa proprietà ribadiva inamovibile di attenersi alla vecchia legge regionale (DCR 357/97) e di voler attendere che la DGR sulla residenzialità psichiatrica (prima n.30/2015, poi corretta dalla 29/2016 e poi sospesa dal TAR fino al settembre 2017) entrasse in vigore a riordinare il settore, rendendo obbligatoria una maggiore intensità di personale.\r\n\r\n \r\n\r\nMa la vigenza dell’una o l’altra norma non muta la sostanza, dal momento che nel contratto stipulato tra la ASL Torino 2 e le società Ester e Gruppo Igea nel marzo 2016, vigevano due condizioni:\r\n\r\n \tsi applicava la normativa pre-esistente alla nuova DGR, la medesima che trovava applicazione anche nel precedente regime gestionale e che avrebbe logicamente dovuto avere sostanziale continuità nelle nuove condizioni, seppure con le possibili modifiche all’organizzazione del lavoro come facoltà dell’imprenditore;\r\n \tsi applicavano però tariffe tali da consentire all’imprenditore di dotare già le Comunità Protette di un organico sovrapponibile a quello previsto dalle nuove norme.\r\n\r\nRisulta al nostro Sindacato che le rette previste per le due tipologie di comunità (tipo A e tipo B secondo la DCR 357/97) siano quasi sovrapponibili con quelle delle analoghe comunità contemplate dalla nuova normativa (SRP 1 e SRP 2 secondo la DGR 29).\r\n\r\nRette riconosciute alle società Ester e Gruppo Igea: euro 168 (Tipo A) e 134 (Tipo B)\r\n\r\nRette previste dalla nuova normativa: euro 160 (SRP 1) e 135 (SRP 2)\r\n\r\nAppare evidente che la pretesa di attendere l’entrata in vigore di nuove norme per garantire una prestazione sufficiente per il percorso terapeutico dei pazienti e un lavoro sicuro e professionale agli operatori non ha fondamento economico.\r\n\r\n \r\n\r\nCome già detto, l’applicazione dei parametri noti relativi ai costi di funzionamento delle analoghe Comunità Protette fanno presumere alle OO.SS. scriventi un margine di utile per le società titolari delle Comunità Protette un margine di utile per la gestione caratteristica che sembrerebbe collocarsi tra i 30.000 e i 40.000 euro sul fatturato di poco più di 80.000 mensili per ciascuna delle 5 comunità.\r\n\r\nLe società Ester srl e Gruppo Igea srl non hanno mai voluto sedersi a un tavolo e confrontarsi su tale valutazione, nemmeno per smentirla concretamente.\r\n\r\n \r\n\r\nLa DGR 29-2016 è oggi rimessa in vigore dal TAR, ma la proprietà non solo non dà alcun segno di volersi adeguare, anzi, sfrutta qualsiasi scappatoia per rinviare ulteriormente e ribadisce che “non spetta al sindacato” proporre incontri per “il riordino del funzionamento delle Comunità”.\r\n\r\n \r\n\r\nL’AGGRESSIONE ALLA CUB SANITA’\r\n\r\nRitenendo irrimandabile un riaggiustamento dell’organizzazione del lavoro e delle risorse disponibili al fine di riportare le Comunità ad un migliore funzionamento, la nostra O.S. ha, nel corso dei mesi continuato a sollecitare sia le Aziende che i soggetti pubblici per ottenere quei miglioramenti necessari.\r\n\r\n \r\n\r\nIn occasione del “cambio di appalto” avvenuto il 1° giugno (uscenti coop. Zenith e coop. Altramente, entrante coop. XI Luglio) si è ottenuta la completa continuità occupazionale e delle tutele a favore di lavoratrici e lavoratori, inclusa l’applicazione dell’ “art.18”.\r\n\r\nSubito dopo la cooperativa XI luglio ha tentato una prima volta di cancellare la presenza della CUB Sanità, venendo però immediatamente condannata (Ordinanza del Tribunale di Torino del 10 luglio 2017) per “condotta antisindacale” ai sensi dello Statuto dei Lavoratori.\r\n\r\n \r\n\r\nIl successivo tentativo della CUB Sanità di riprendere il dialogo sindacale non decolla. I due incontri successivi alla sentenza del Tribunale non producono risultati di rilievo, invece arriva il nuovo accanito tentativo di eliminare il sindacato, con la sospensione della Rappresentante Sindacale e della collega.\r\n\r\n \r\n\r\nAlla richiesta di aprire una trattativa sull’adeguamento degli standard di personale all’entrata in vigore della DGR 29-2016, la proprietà risponde arrogantemente, con lettera del 27 settembre, che “non compete a codesta sigla sindacale… proporre…incontri per il riordino del funzionamento delle comunità”.\r\n\r\n \r\n\r\nLE CONSEGUENZE PER I PAZIENTI E IL PERSONALE\r\n\r\n \r\n\r\nVige per legge il diritto del singolo imprenditore di avvalersi dei fornitori di propria scelta o di cambiarli, o di scegliere l’organizzazione del lavoro. Ma è compito del sindacato contrattare l’organizzazione stessa del lavoro ed è diritto dei lavoratori e lavoratrici vedere tutelata la propria dignità e professionalità (aggredite dalla dequalificazione degli interventi al limite della violazione della deontologia professionale), nonché la propria salute e sicurezza che appaiono fortemente messe in pericolo sia dallo stress-lavoro correlato che dal rischio di eventi critici.\r\n\r\n \r\n\r\nQuello che la proprietà vuole ottenere, attaccando il sindacato e le operatrici sindacalizzate, è di stendere un velo di silenzio sulle conseguenze prodotte da una smodata volontà di lucro.\r\n\r\nGli operatori sindacalizzati sono infatti i migliori difensori, giorno per giorno, dei diritti dei pazienti, della qualità e professionalità del servizio.\r\n\r\n \r\n\r\nE’ ovvio che il numero di operatori e operatrici (infermieri, educatori, OSS) presenti durante la settimana allo standard precedentemente utilizzato solo nel weekend produce degli effetti.\r\n\r\n \r\n\r\nLe Comunità Protette, dovrebbero essere terapeutiche, cioè riabilitative e risocializzanti, integrando la dimensione strettamente medica con quella di carattere relazionale e sociale, infermieristica, farmacologica, psicoterapica, educativa nell’attuazione un Progetto Terapeutico Riabilitativo Personalizzato, nell’ambito di un Piano Terapeutico Individuale, così come stabilito dal Piano di Azione Nazionale per la Salute Mentale AGENAS-GISM recepito dall’Accordo Stato-Regioni del 17 ottobre 2013.\r\n\r\n \r\n\r\nLa carenza di riunioni di équipe multiprofessionali in cui siano stabilmente coinvolte le figure relazionali quotidiane (educatori-OSS-infermieri). La mancanza delle occasioni di passaggio di consegne tra gli operatori montanti e smontanti. La sostanziale assenza delle risorse necessarie allo svolgimento di progetti riabilitativi e risocializzanti. Tutti questi sono elementi che connotano l’attuale gestione del paziente in Comunità Protetta nel senso di una pura azione di badanza e contenimento, mentre il Piano Nazionale per la Salute Mentale parla, in riferimento alla tutela della salute mentale in età adulta di “prestazioni diagnostiche terapeutiche, riabilitative e socio riabilitative in regime residenziale nella fase intensiva ed estensiva, secondo il progetto terapeutico individuale” e di “prestazioni assistenziali e socio riabilitative, compresi programmi di reinserimento sociale e lavorativo, sia in regime residenziale nella fase di lungoassistenza che nella comunità secondo il progetto terapeutico individuale”.\r\n\r\n \r\n\r\nL’insufficienza della strutturazione professionale risulta anche dalla testimonianza di numerosi operatori che sostengono di non avere il tempo per svolgere una adeguata attività relazionale con gli ospiti della struttura. Gli ospiti di ciascuna comunità sono 20 e che quindi il rapporto operatori/pazienti, per molte ore della giornata è di 1:20. A ciò si assommi il fatto che le compresenze di 2 operatori, quando ci sono, sono sovente dedicate ad accompagnamenti o disbrigo di pratiche all’esterno, oppure ad attività assistenziali (igieniche e simili) per quelle persone non in grado di provvedere in maniera del tutto autonoma.\r\n\r\n \r\n\r\nCiò rende estremamente difficoltoso ottemperare a tutti gli impegni, le attività, le iniziative di cura, riabilitazione e risocializzazione che non attengano alla pura assistenza diretta alla persona (igiene, somministrazione dei farmaci, dei pasti e altre funzioni elementari), con quella che giudichiamo una netta riduzione della qualità e quantità delle prestazioni al paziente.\r\n\r\n \r\n\r\nL’impossibilità per il singolo operatore presente di occuparsi contemporaneamente delle esigenze materiali, emotive e relazionali di 20 pazienti ha come immediata conseguenza il minore “contenimento relazionale” di persone con difficoltà psicoaffettive e psichiatriche, e quindi il più facile insorgere di stati di disagio fino alle vere e proprie crisi di agitazione.\r\n\r\nTali crisi, ovviamente, sono normali nel contesto delle residenzialità psichiatriche, tanto più delle Comunità Protette, ma possono essere ridotte o aumentate per numero, intensità e frequenza dalla presenza di attività preventive di contenimento relazionale, di ascolto, di “presa in carico” dei bisogni sia pratici che relazionali del paziente.\r\n\r\n \r\n\r\nLa carenza di personale, inoltre, comporta un aggravio per l’operatore/trice turnante in termini di fatica, e di stress-lavoro correlato. Per conseguenza l’operatore sarà meno lucido, meno capace di interpretare i segnali di tensione che possono risultare premonitori dell’avvicinarsi di un momento difficile. Avrà perciò maggiori difficoltà a prevenire le crisi, ma anche a gestirle e a circoscriverle nel momento in cui esse dovessero scoppiare .\r\n\r\n \r\n\r\nIn caso di crisi di agitazione, poi, l’operatore/trice presente in struttura potrebbe trovarsi nell’impossibilità di gestire la situazione da solo e persino di poter chiamare aiuto in una situazione di rischio che, tenuto conto del contesto particolare, può implicare esiti anche seri.\r\n\r\n \r\n\r\nNumerosi episodi si sono verificati nell’arco dell’ultimo anno e mezzo a riprova di questa difficoltà. 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Cosa è cambiato negli ultimi 20 anni?\r\nNe abbiamo parlato con Robertino Barbieri di CanaPisa, autore di un articolo uscito sul settimanale Umanità Nova\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/2021-02-09-iron-war-on-drugs.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\nLeggi l’articolo:\r\n\r\n“Prima dell’arrivo del Covid 19 sul nostro pianeta, la cosiddetta “epidemia degli oppioidi” negli Stati Uniti era considerata una delle più gravi crisi sanitarie della nostra epoca. Nel 2017 un report del National Safety Council relativo ai rischi di morte prevenibili per la popolazione statunitense aveva messo il rischio di morire per overdose accidentale da oppioidi al quinto posto nella classifica delle morti prevenibili (guidata da malattie cardiovascolari, tumori e malattie respiratorie croniche), superando per la prima volta quello di rimanere vittima di un incidente automobilistico: 1 possibilità su 96 contro 1 su 103. La crisi era dovuta, secondo una nota diffusa dallo stesso Nsc, soprattutto all’uso illegale del fentanyl, un analgesico molto potente, di cui anche solo 20 milligrammi rappresentano una dose potenzialmente letale. Il fentanyl non è, però, una droga illegale ma un farmaco da prescrizione. Sono farmaci da prescrizione anche le altre sostanze (morfina, codeina, ossicodone, metadone e tramadolo) che, insieme al fentanyl, provocano la quasi totalità delle morti per overdose negli USA che in totale dal 1999 al 2017 sono state quasi 400 mila, mentre gli ultimi dati dei “Centers for Disease Control and Prevention” (CDC) riferiscono di 81mila vittime nei dodici mesi che vanno dal giugno 2019 al maggio 2020.\r\n\r\nI Cdc americani identificano l’inizio della “epidemia” nell’aumento della prescrizione degli oppioidi negli anni Novanta. Allora, rassicurati dalla aziende farmaceutiche che escludevano rischi di dipendenza dagli oppioidi, i medici cominciarono a prescriverne in grandi quantità. Prima nella farmacologia gli oppioidi erano utilizzati per la gestione del dolore severo – per esempio in seguito ad interventi chirurgici o in caso di tumori o altri gravi patologie. A partire dalla seconda metà degli anni Novanta vennero utilizzati anche per patologie meno gravi, inizialmente per il trattamento di dolori come quelli associati all’osteoartrite, poi per tutti i dolori alla schiena, ai muscoli ed alle ossa, poi per i dolori in genere (compresi mal di testa e mal di denti). In pochi anni gli oppioidi si diffusero come alternativa agli antidolorifici più diffusi (tipo aspirina ed aulin e quelli che continuiamo ad usare qui in Europa), rispetto ai quali erano più veloci a fermare il dolore, avevano meno effetti collaterali e davano anche una certa euforia.\r\n\r\nIn un paese in cui mettersi in malattia significa non prendere lo stipendio, per molti utilizzare oppioidi per ogni tipo di dolore diventò una pratica quotidiana. A differenza, però, dei loro concorrenti gli oppioidi non hanno anche effetti antinfiammatori: le cause del dolore rimangono e per lenirlo bisogna continuare ad utilizzare i farmaci. Come sanno bene tutti gli eroinomani, però, l’uso degli oppioidi (di tutti, compresi quelli da prescrizione) può indurre la tolleranza ai medicinali ed aumentare la sensibilità al dolore, con l’effetto che per avere lo stesso sollievo dal dolore servono più quantità del farmaco. Tutto questo, unitamente al fatto che gli oppioidi non solo alleviano il dolore, ma inducono anche euforia, aumenta chiaramente il rischio di dipendenza, con usi prolungati. Ad alti dosaggi gli oppioidi causano problemi respiratori e possono portare a morte e il rischio aumenta se nel mix finiscono anche alcolici e sedativi.\r\n\r\nNegli Stati Uniti, però, nella cultura dominante la performance lavorativa e non solo è considerata il primo sacro dovere di ogni essere umano, al punto che è considerato normale che in molti posti di lavoro tra i fattori che favoriscono la carriera ci sia il fatto di andarsi a fare una corsetta prima di arrivare puntualissimi in ufficio, tenendo fede a “work hard – play hard” (cioè “lavora duro – fai sport duro”), il motto stakanovista di Wall Street che da noi si vede sulle magliette dei runner più tristi. In pochi anni l’uso prolungato di oppioidi si è fatto sempre più frequente e diffuso, al punto che già all’inizio dei Duemila è arrivata quella che i Cdc hanno definito “la prima ondata di morti per overdose da oppioidi”, quasi interamente causata dall’utilizzo di farmaci legali.\r\n\r\nDi fronte a questa prima ondata di morti, il governo federale e i vari governi statali non hanno saputo far di meglio che aumentare i prezzi dei farmaci e varare misure per limitare la prescrizione di oppioidi da parte dei medici, con cose tipo il divieto di prescrivere oppioidi negli ospedali e nelle cliniche free-care (“gratuite”). Queste misure non hanno certo impedito a chi se lo poteva permettere di continuare ad utilizzare oppioidi con ricetta a pagamento ed hanno creato così un mercato parallelo illegale per chi come molti lavoratori manuali dei settori della logistica e della ristorazione non poteva permettersi di perdere lo stipendio mettendosi in malattia e neanche però di aggiungere il prezzo della ricetta a quello del farmaco. È così che, secondo i Cdc, l’eroina prima e la diffusione di oppioidi sintetici poi, in particolare il fentanyl illegale, avrebbero invece caratterizzato rispettivamente la “seconda” e la “terza” ondata dell’epidemia, che continua ad infuriare negli USA.\r\nDai primi anni Duemila, negli Stati Uniti tutti gli enti “ufficiali” (da quelli sanitari a quelli governativi) non hanno mancato di lanciare allarmi sulla “epidemia di oppioidi”, “uno dei più gravi problemi di salute pubblica dei nostri tempi” come l’ex presidente Trump l’ha definita, promettendo a più riprese crociate che non si sono mai viste. L’epidemia, quindi, continua ad infuriare, da un lato perché non è semplice bloccare la produzione di farmaci legali e nemmeno controllarla e dall’altro, è soprattutto perché l’utilizzo di farmaci veloci ed efficaci per fermare il dolore è quel che serve in un mondo in cui dappertutto le condizioni di lavoro sono peggiorate per tutte e tutti (negli USA come in Europa) e sono aumentate la fatica, lo stress e, invece, non bisogna mai fermarsi in quella corsa dei topi, la “rat-race” in cui il neoliberismo ha trasformato la nostra vita.\r\n\r\nL’“epidemia da oppiodi” è chiaramente la più grande dimostrazione del fallimento della War On Drugs chiamata da Nixon e poi lanciata da Reagan. Da quarant’anni esatti, ormai, infuria negli Usa la Guerra Alla Droga (che Reagan evocò dal giorno del suo insediamento, nel gennaio 1981), milioni di persone sono state licenziate per essere state trovate positive ai test antidroga, la popolazione carceraria è quintuplicata (alla fine del 1979 c’erano nelle carceri USA meno di 400mila detenuti, alla fine degli anni Ottanta erano già più di due milioni), sono state lanciate vere e proprie campagne militari (come la famigerata CAMP, la Campaign Against Marijuana Plantantions che per le piantagioni di ganja illegale prevedeva il lancio dagli elicotteri del napalm che negli anni nel Nord della California ha provocato migliaia di nascite di bambini malformati). Nel frattempo, però, la più grande crisi sanitaria legata alle “droghe” è stata provocate da sostanze legali, diffuse da cause farmaceutiche che ad un certo punto avevano deciso che per aumentare i loro profitti nelle vendite e in borsa avrebbero puntato sulla diffusione degli oppioidi come antidolorifici “comuni” ed hanno poi sguinzagliato migliaia di informatori negli studi medici di tutto il paese a offrire depliant con articoli scientifici selezionati, corsi d’aggiornamento gratuiti etc.\r\n\r\nNegli ultimi dieci anni negli Stati Uniti la War On Drugs sta finendo: attualmente sono 33 gli stati che consentono almeno l’utilizzo e la vendita di cannabis medica e 15 (Arizona, Montana, Mississippi, New Jersey, South Dakota ed Oregon si sono aggiunte alla lista durante l’ultimo Election Day del 4 novembre) che consentono l’uso e la vendita di quella “ricreativa”. Secondo la Gallup, l’istituto di ricerca statistica che da anni registra un consenso crescente nell’opinione pubblica statunitense alla legalizzazione della marijuana (arrivato nel 2020 al record di 65% di favorevoli), la diffusione dell’epidemia d’oppioidi è stato uno dei fattori che hanno fatto crescere il sostegno alle tesi antiproibizioniste.\r\n\r\nIntanto, perché è diffusa la convinzione che la cannabis possa essere un’efficace sostituto per gli oppiodi, convinzione che, peraltro, sembrerebbe confermata da uno studio pubblicato il 27 gennaio sul British Medical Journal. Secondo la ricerca, l”accesso ai negozi legali di cannabis è associato a una riduzione delle morti legate agli oppioidi negli Stati Uniti, in particolare quelle legate agli oppioidi sintetici come il fentanyl. Confrontando i dati provenienti da 812 contee sulla presenza di punti vendita di marijuana legale e l’evoluzione dei tassi di overdose a casa di oppioidi, i ricercatori hanno verificato che le contee con un maggior numero di dispensari di cannabis attivi sono associate a tassi ridotti di mortalità legata ad overdose: la presenza di due dispensari, a scopi medici o ricreativi, è accompagnata dalla diminuzione del tasso di vittime degli oppiacei del 17%, mentre nelle contee dove sono presenti tre dispensari il tasso diminuisce di un ulteriore 9%.\r\n\r\nCertamente, però, anche perché proprio l’epidemia d’oppioidi è la dimostrazione del fallimento della War On Drugs che lo storico Howard Zinn ha definito a suo tempo “la causa delle più gravi, le più diffuse e le più sistematiche violazioni dei diritti umani della storia degli Stati Uniti”. Non per niente, la fine della War On Drugs è stata una delle richieste più condivise nei movimenti contro la polizia e contro Trump che dalla fine di maggio, dopo la morte di George Flloyd, hanno occupato (e continuano ad occupare anche dopo l’elezione di Biden perché anche chi l’ha votato contro Trump sa che non ci sono governanti amici, ma al massimo nemici meno nemici) le strade e le piazze della citta USA.\r\n\r\nLa War On Drugs non sta finendo solo negli USA. L’assemblea delle 53 nazioni rappresentate nella mattinata del 2 dicembre alla riconvocazione della 63ma CND “Conferenza Droghe Narcotiche delle Nazioni Unite” a Vienna ha votato la riclassificazione della cannabis come richiesto da un comitato di esperti nominato dall’Organizzazione mondiale della Sanità e la cannabis è stata tolta dalla Tabella IV – quella delle sostanze “a rischio particolarmente forte di abuso e senza alcuna utilità terapeutica” – e messa nella Tabella I, quella delle “sostanze pericolose” che comprende i farmaci legali ottenuti senza prescrizione. Questo di fatto rende non più valida la Convenzione di Vienna che dagli anni Sessanta ha messo fuorilegge la cannabis in tutto il mondo (anche se negli ultimi anni è stata legalizzata in Canada e in Uruguay, è in libera vendita da mezzo secolo nei coffee shop olandesi e da un po’ di tempo anche nei cannabis club spagnoli).\r\n\r\nIn Messico, in Svizzera, in Lussemburgo e in Macedonia del Nord sono stati già approvati dei progetti di legalizzazione di cui sono ancora stati definiti i tempi ma che si concretizzeranno nei prossimi anni.\r\n\r\nIn Italia, invece, siamo ancora ai tempi in cui basta un docufilm su Netflix su Muccioli “San Patrignano – luci e ombre”, che pur mostrando più luci che ombre non può tacere sull’omicidio di Roberto Maranzano, i suicidi nascosti le centinaia di denunce di violenze etc. e la reazione non è chiedersi come sia possibile che un tale lager degli orrori non sia ancora stato chiuso ma le urla e gli strepiti di fascisti e leghisti che, dello stupratore e torturatore Vincenzo Muccioli, ne fanno un emblema e che sono pronti a lanciarsi in una nuova e più feroce stagione della Guerra Alla Droga all’Italiana. La Lega ha dichiarato che i soldi del Recovery Fund dovrebbero essere impiegati “per la lotta alla droga (…) per costruire nuove carceri e per finanziare le comunità terapeutiche” e per quando tornerà al governo ha già presentato una proposta di legge a prima firma Molinari composta da due soli articoli che prevedono: 1. l’immediato arresto di chiunque coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito o consegna per qualunque scopo cannabis. Ad esempio, se un ragazzo dopo aver “fatto un tiro” passa alla propria ragazza o al proprio ragazzo una canna ci dovrebbe essere l’arresto immediato; 2. dopo l’arresto, l’incarcerazione.\r\n\r\nSecondo la proposta della Lega la pena dovrebbe andare dai 3 ai 6 anni di carcere con una sanzione dai 5mila ai 20mila euro e questo in modo tassativo perché la proposta chiede di eliminare le pene alternative al carcere, come i lavori di pubblica utilità. Se invece la persona coltiva o detiene cannabis ed il giudice non riscontra la “lieve entità”, la pena dovrebbe salire dai 6 ai 20 anni di carcere e dai 26mila ai 260mila euro (tanto per intenderci, per l’omicidio, così come da articolo 575 del codice penale, è prevista una pena dai 21 anni di carcere). Nel novero della cannabis, peraltro, rientra secondo la Lega anche la cannabis light (quella con basso contenuto di Thc che secondo un recente pronunciamento della Commissione Europea dovrebbe essere commercializzabile in tutta la UE), che viene venduta in centinaia di hemp shops di tutta Italia e che è proprio la marijuana che “non fa niente – speriamo che non si annoi” (come diceva una vignetta di Matteo Guarrnaccia ripresa anche da Gaber), visto che ha solo proprietà rilassanti senza avere effetti psichedelici.\r\n\r\nAd accompagnare il ritorno della crociata proibizionista anche un articolo sul settimanale berlusconiano Panorama che ha pubblicato un editoriale del direttore dal titolo: “Perché il consumo di droga va punito” (con a fianco, peraltro, una pubblicità, a tutta pagina, di una marca di grappa “da condividere e gustare in ogni occasione”), come se non fosse già punito abbastanza in quest’Italia più di un milione e 200mila persone sono state segnalate e sanzionate solo in quanto consumatori di sostanze proibite. Da parte loro, Pd e M5S che sono al governo (e probabilmente ci resteranno) non riescono neanche a trovare un cavillo per regolamentare in qualche modo la cannabis light e continuano solo a proseguire la Guerra alla Droga all’italiana. Senza farsi mancare neanche di fare un accordo antidroga con l’Iran (dove secondo Iran Human Rights, il governo nel 2019 ha giustiziato almeno 30 persone accusate di reati di droga), come rivelato dal Tehran Times che ha riferito che: “Dopo un incontro con l’ufficiale di collegamento della polizia antidroga italiana Salvatore Labarbera, il capo della polizia antidroga iraniana Majid Karimi ha annunciato che il livello di cooperazione tra i due Paesi sarà rafforzato e incrementato per la necessità di combattere gli stupefacenti anche a livello internazionale”, anche se fornire assistenza diretta contro il narcotraffico alle operazioni antidroga iraniane, comporterà inevitabilmente condanne a morte per presunti autori di reati di droga (e proprio per questo motivo hanno rifiutato di fornire assistenza alle operazioni antidroga iraniane Germania, Austria, Danimarca, Irlanda e Norvegia).\r\n\r\nIn questo contesto si comprende il silenzio su uno degli episodi più gravi avvenuti negli ultimi anni in Italia, la morte di 13 detenuti dopo le rivolte in carcere nel marzo dell’anno scorso. Anche se non si sa ancora di cosa sono morti (visto che scandalosamente non sono stati ancora rivelati i risultati delle autopsie mentre iniziano ad uscire testimonianze sull’ultraviolenza delle forze di polizie intervenute), erano tutti dentro “per droga” e sicuramente sono vittime di questa Guerra Alla Droga che è prima di tutto una guerra contro le persone che provoca soltanto sofferenza e dolore.”","9 Febbraio 2021","2021-02-09 17:26:10","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/war-on-drugs-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/war-on-drugs-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/war-on-drugs-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/war-on-drugs-1024x575.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/war-on-drugs-768x431.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/war-on-drugs.jpg 1296w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","La war on drugs sta finendo. 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Cosa è cambiato negli ultimi 20 anni?\r\nNe abbiamo parlato con Robertino Barbieri di CanaPisa, autore di un articolo uscito sul settimanale Umanità Nova\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/2021-02-09-iron-war-on-drugs.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\nLeggi l’articolo:\r\n\r\n“Prima dell’arrivo del Covid 19 sul nostro pianeta, la cosiddetta “epidemia degli oppioidi” negli Stati Uniti era considerata una delle più gravi crisi sanitarie della nostra epoca. Nel 2017 un report del National Safety Council relativo ai rischi di morte prevenibili per la popolazione statunitense aveva messo il rischio di morire per overdose accidentale da oppioidi al quinto posto nella classifica delle morti prevenibili (guidata da malattie cardiovascolari, tumori e malattie respiratorie croniche), superando per la prima volta quello di rimanere vittima di un incidente automobilistico: 1 possibilità su 96 contro 1 su 103. La crisi era dovuta, secondo una nota diffusa dallo stesso Nsc, soprattutto all’uso illegale del fentanyl, un analgesico molto potente, di cui anche solo 20 milligrammi rappresentano una dose potenzialmente letale. Il fentanyl non è, però, una droga illegale ma un farmaco da prescrizione. Sono farmaci da prescrizione anche le altre sostanze (morfina, codeina, ossicodone, metadone e tramadolo) che, insieme al fentanyl, provocano la quasi totalità delle morti per overdose negli USA che in totale dal 1999 al 2017 sono state quasi 400 mila, mentre gli ultimi dati dei “Centers for Disease Control and Prevention” (CDC) riferiscono di 81mila vittime nei dodici mesi che vanno dal giugno 2019 al maggio 2020.\r\n\r\nI Cdc americani identificano l’inizio della “epidemia” nell’aumento della prescrizione degli oppioidi negli anni Novanta. Allora, rassicurati dalla aziende farmaceutiche che escludevano rischi di dipendenza dagli oppioidi, i medici cominciarono a prescriverne in grandi quantità. Prima nella farmacologia gli oppioidi erano utilizzati per la gestione del dolore severo – per esempio in seguito ad interventi chirurgici o in caso di tumori o altri gravi patologie. A partire dalla seconda metà degli anni Novanta vennero utilizzati anche per patologie meno gravi, inizialmente per il trattamento di dolori come quelli associati all’osteoartrite, poi per tutti i dolori alla schiena, ai muscoli ed alle ossa, poi per i dolori in genere (compresi mal di testa e mal di denti). In pochi anni gli oppioidi si diffusero come alternativa agli antidolorifici più diffusi (tipo aspirina ed aulin e quelli che continuiamo ad usare qui in Europa), rispetto ai quali erano più veloci a fermare il dolore, avevano meno effetti collaterali e davano anche una certa euforia.\r\n\r\nIn un paese in cui mettersi in malattia significa non prendere lo stipendio, per molti utilizzare oppioidi per ogni tipo di dolore diventò una pratica quotidiana. A differenza, però, dei loro concorrenti gli oppioidi non hanno anche effetti antinfiammatori: le cause del dolore rimangono e per lenirlo bisogna continuare ad utilizzare i farmaci. Come sanno bene tutti gli eroinomani, però, l’uso degli oppioidi (di tutti, compresi quelli da prescrizione) può indurre la tolleranza ai medicinali ed aumentare la sensibilità al dolore, con l’effetto che per avere lo stesso sollievo dal dolore servono più quantità del farmaco. Tutto questo, unitamente al fatto che gli oppioidi non solo alleviano il dolore, ma inducono anche euforia, aumenta chiaramente il rischio di dipendenza, con usi prolungati. Ad alti dosaggi gli oppioidi causano problemi respiratori e possono portare a morte e il rischio aumenta se nel mix finiscono anche alcolici e sedativi.\r\n\r\nNegli Stati Uniti, però, nella cultura dominante la performance lavorativa e non solo è considerata il primo sacro dovere di ogni essere umano, al punto che è considerato normale che in molti posti di lavoro tra i fattori che favoriscono la carriera ci sia il fatto di andarsi a fare una corsetta prima di arrivare puntualissimi in ufficio, tenendo fede a “work hard – play hard” (cioè “lavora duro – fai sport duro”), il motto stakanovista di Wall Street che da noi si vede sulle magliette dei runner più tristi. In pochi anni l’uso prolungato di oppioidi si è fatto sempre più frequente e diffuso, al punto che già all’inizio dei Duemila è arrivata quella che i Cdc hanno definito “la prima ondata di morti per overdose da oppioidi”, quasi interamente causata dall’utilizzo di farmaci legali.\r\n\r\nDi fronte a questa prima ondata di morti, il governo federale e i vari governi statali non hanno saputo far di meglio che aumentare i prezzi dei farmaci e varare misure per limitare la prescrizione di oppioidi da parte dei medici, con cose tipo il divieto di prescrivere oppioidi negli ospedali e nelle cliniche free-care (“gratuite”). Queste misure non hanno certo impedito a chi se lo poteva permettere di continuare ad utilizzare oppioidi con ricetta a pagamento ed hanno creato così un mercato parallelo illegale per chi come molti lavoratori manuali dei settori della logistica e della ristorazione non poteva permettersi di perdere lo stipendio mettendosi in malattia e neanche però di aggiungere il prezzo della ricetta a quello del farmaco. È così che, secondo i Cdc, l’eroina prima e la diffusione di oppioidi sintetici poi, in particolare il fentanyl illegale, avrebbero invece caratterizzato rispettivamente la “seconda” e la “terza” ondata dell’epidemia, che continua ad infuriare negli USA.\r\nDai primi anni Duemila, negli Stati Uniti tutti gli enti “ufficiali” (da quelli sanitari a quelli governativi) non hanno mancato di lanciare allarmi sulla “epidemia di oppioidi”, “uno dei più gravi problemi di salute pubblica dei nostri tempi” come l’ex presidente Trump l’ha definita, promettendo a più riprese crociate che non si sono mai viste. L’epidemia, quindi, continua ad infuriare, da un lato perché non è semplice bloccare la produzione di farmaci legali e nemmeno controllarla e dall’altro, è soprattutto perché l’utilizzo di farmaci veloci ed efficaci per fermare il dolore è quel che serve in un mondo in cui dappertutto le condizioni di lavoro sono peggiorate per tutte e tutti (negli USA come in Europa) e sono aumentate la fatica, lo stress e, invece, non bisogna mai fermarsi in quella corsa dei topi, la “rat-race” in cui il neoliberismo ha trasformato la nostra vita.\r\n\r\nL’“epidemia da oppiodi” è chiaramente la più grande dimostrazione del fallimento della War On Drugs chiamata da Nixon e poi lanciata da Reagan. Da quarant’anni esatti, ormai, infuria negli Usa la Guerra Alla Droga (che Reagan evocò dal giorno del suo insediamento, nel gennaio 1981), milioni di persone sono state \u003Cmark>licenziate\u003C/mark> per essere state trovate positive ai test antidroga, la popolazione carceraria è quintuplicata (alla fine del 1979 c’erano nelle carceri USA meno di 400mila detenuti, alla fine degli anni Ottanta erano già più di due milioni), sono state lanciate vere e proprie campagne militari (come la famigerata CAMP, la Campaign Against Marijuana Plantantions che per le piantagioni di ganja illegale prevedeva il lancio dagli elicotteri del napalm che negli anni nel Nord della California ha provocato migliaia di nascite di bambini malformati). Nel frattempo, però, la più grande crisi sanitaria legata alle “droghe” è stata provocate da sostanze legali, diffuse da cause farmaceutiche che ad un certo punto avevano deciso che per aumentare i loro profitti nelle vendite e in borsa avrebbero puntato sulla diffusione degli oppioidi come antidolorifici “comuni” ed hanno poi sguinzagliato migliaia di informatori negli studi medici di tutto il paese a offrire depliant con articoli scientifici selezionati, corsi d’aggiornamento gratuiti etc.\r\n\r\nNegli ultimi dieci anni negli Stati Uniti la War On Drugs sta finendo: attualmente sono 33 gli stati che consentono almeno l’utilizzo e la vendita di cannabis medica e 15 (Arizona, Montana, Mississippi, New Jersey, South Dakota ed Oregon si sono aggiunte alla lista durante l’ultimo Election Day del 4 novembre) che consentono l’uso e la vendita di quella “ricreativa”. Secondo la Gallup, l’istituto di ricerca statistica che da anni registra un consenso crescente nell’opinione pubblica statunitense alla legalizzazione della marijuana (arrivato nel 2020 al record di 65% di favorevoli), la diffusione dell’epidemia d’oppioidi è stato uno dei fattori che hanno fatto crescere il sostegno alle tesi antiproibizioniste.\r\n\r\nIntanto, perché è diffusa la convinzione che la cannabis possa essere un’efficace sostituto per gli oppiodi, convinzione che, peraltro, sembrerebbe confermata da uno studio pubblicato il 27 gennaio sul British Medical Journal. Secondo la ricerca, l”accesso ai negozi legali di cannabis è associato a una riduzione delle morti legate agli oppioidi negli Stati Uniti, in particolare quelle legate agli oppioidi sintetici come il fentanyl. Confrontando i dati provenienti da 812 contee sulla presenza di punti vendita di marijuana legale e l’evoluzione dei tassi di overdose a casa di oppioidi, i ricercatori hanno verificato che le contee con un maggior numero di dispensari di cannabis attivi sono associate a tassi ridotti di mortalità legata ad overdose: la presenza di due dispensari, a scopi medici o ricreativi, è accompagnata dalla diminuzione del tasso di vittime degli oppiacei del 17%, mentre nelle contee dove sono presenti tre dispensari il tasso diminuisce di un ulteriore 9%.\r\n\r\nCertamente, però, anche perché proprio l’epidemia d’oppioidi è la dimostrazione del fallimento della War On Drugs che lo storico Howard Zinn ha definito a suo tempo “la causa delle più gravi, le più diffuse e le più sistematiche violazioni dei diritti umani della storia degli Stati Uniti”. Non per niente, la fine della War On Drugs è stata una delle richieste più condivise nei movimenti contro la polizia e contro Trump che dalla fine di maggio, dopo la morte di George Flloyd, hanno occupato (e continuano ad occupare anche dopo l’elezione di Biden perché anche chi l’ha votato contro Trump sa che non ci sono governanti amici, ma al massimo nemici meno nemici) le strade e le piazze della citta USA.\r\n\r\nLa War On Drugs non sta finendo solo negli USA. L’assemblea delle 53 nazioni rappresentate nella mattinata del 2 dicembre alla riconvocazione della 63ma CND “Conferenza Droghe Narcotiche delle Nazioni Unite” a Vienna ha votato la riclassificazione della cannabis come richiesto da un comitato di esperti nominato dall’Organizzazione mondiale della Sanità e la cannabis è stata tolta dalla Tabella IV – quella delle sostanze “a rischio particolarmente forte di abuso e senza alcuna utilità terapeutica” – e messa nella Tabella I, quella delle “sostanze pericolose” che comprende i farmaci legali ottenuti senza prescrizione. Questo di fatto rende non più valida la Convenzione di Vienna che dagli anni Sessanta ha messo fuorilegge la cannabis in tutto il mondo (anche se negli ultimi anni è stata legalizzata in Canada e in Uruguay, è in libera vendita da mezzo secolo nei coffee shop olandesi e da un po’ di tempo anche nei cannabis club spagnoli).\r\n\r\nIn Messico, in Svizzera, in Lussemburgo e in Macedonia del Nord sono stati già approvati dei progetti di legalizzazione di cui sono ancora stati definiti i tempi ma che si concretizzeranno nei prossimi anni.\r\n\r\nIn Italia, invece, siamo ancora ai tempi in cui basta un docufilm su Netflix su Muccioli “San Patrignano – luci e ombre”, che pur mostrando più luci che ombre non può tacere sull’omicidio di Roberto Maranzano, i suicidi nascosti le centinaia di denunce di violenze etc. e la reazione non è chiedersi come sia possibile che un tale lager degli orrori non sia ancora stato chiuso ma le urla e gli strepiti di fascisti e leghisti che, dello stupratore e torturatore Vincenzo Muccioli, ne fanno un emblema e che sono pronti a lanciarsi in una nuova e più feroce stagione della Guerra Alla Droga all’Italiana. La Lega ha dichiarato che i soldi del Recovery Fund dovrebbero essere impiegati “per la lotta alla droga (…) per costruire nuove carceri e per finanziare le comunità terapeutiche” e per quando tornerà al governo ha già presentato una proposta di legge a prima firma Molinari composta da due soli articoli che prevedono: 1. l’immediato arresto di chiunque coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito o consegna per qualunque scopo cannabis. Ad esempio, se un ragazzo dopo aver “fatto un tiro” passa alla propria ragazza o al proprio ragazzo una canna ci dovrebbe essere l’arresto immediato; 2. dopo l’arresto, l’incarcerazione.\r\n\r\nSecondo la proposta della Lega la pena dovrebbe andare dai 3 ai 6 anni di carcere con una sanzione dai 5mila ai 20mila euro e questo in modo tassativo perché la proposta chiede di eliminare le pene alternative al carcere, come i lavori di pubblica utilità. Se invece la persona coltiva o detiene cannabis ed il giudice non riscontra la “lieve entità”, la pena dovrebbe salire dai 6 ai 20 anni di carcere e dai 26mila ai 260mila euro (tanto per intenderci, per l’omicidio, così come da articolo 575 del codice penale, è prevista una pena dai 21 anni di carcere). Nel novero della cannabis, peraltro, rientra secondo la Lega anche la cannabis light (quella con basso contenuto di Thc che secondo un recente pronunciamento della Commissione Europea dovrebbe essere commercializzabile in tutta la UE), che viene venduta in centinaia di hemp shops di tutta Italia e che è proprio la marijuana che “non fa niente – speriamo che non si annoi” (come diceva una vignetta di Matteo Guarrnaccia ripresa anche da Gaber), visto che ha solo proprietà rilassanti senza avere effetti psichedelici.\r\n\r\nAd accompagnare il ritorno della crociata proibizionista anche un articolo sul settimanale berlusconiano Panorama che ha pubblicato un editoriale del direttore dal titolo: “Perché il consumo di droga va punito” (con a fianco, peraltro, una pubblicità, a tutta pagina, di una marca di grappa “da condividere e gustare in ogni occasione”), come se non fosse già punito abbastanza in quest’Italia più di un milione e 200mila persone sono state segnalate e sanzionate solo in quanto consumatori di sostanze proibite. Da parte loro, Pd e M5S che sono al governo (e probabilmente ci resteranno) non riescono neanche a trovare un cavillo per regolamentare in qualche modo la cannabis light e continuano solo a proseguire la Guerra alla Droga all’italiana. Senza farsi mancare neanche di fare un accordo antidroga con l’Iran (dove secondo Iran Human Rights, il governo nel 2019 ha giustiziato almeno 30 persone accusate di reati di droga), come rivelato dal Tehran Times che ha riferito che: “Dopo un incontro con l’ufficiale di collegamento della polizia antidroga italiana Salvatore Labarbera, il capo della polizia antidroga iraniana Majid Karimi ha annunciato che il livello di cooperazione tra i due Paesi sarà rafforzato e incrementato per la necessità di combattere gli stupefacenti anche a livello internazionale”, anche se fornire assistenza diretta contro il narcotraffico alle operazioni antidroga iraniane, comporterà inevitabilmente condanne a morte per presunti autori di reati di droga (e proprio per questo motivo hanno rifiutato di fornire assistenza alle operazioni antidroga iraniane Germania, Austria, Danimarca, Irlanda e Norvegia).\r\n\r\nIn questo contesto si comprende il silenzio su uno degli episodi più gravi avvenuti negli ultimi anni in Italia, la morte di 13 detenuti dopo le rivolte in carcere nel marzo dell’anno scorso. 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Il 27 settembre si è aperto il processo che vede imputati per omicidio colposo i 3 vigili autori della manovra contenitiva che ha di fatto soffocato l'uomo, e lo psichiatra che ha disposto il TSO senza che ci fossero le necessarie condizioni previste dalla legge. Tutti hanno continuato e continuano a svolgere le proprie mansioni. I vigili sono stati spostati in un altro reparto. Nel passaggio ci è scappata una promozione.\r\n\r\nDurante le udienze preliminari il Comune e l'Asl To2 avevano offerto 400.000 euro ai familiari della vittima, che li hanno rifiutati. Il solo fatto che due enti che versano in ristrettezze economiche abbiano proposto massimali di risarcimento ancor prima che fosse accertata l'effettiva responsabilità degli imputati, ci fa capire il peso che questo processo potrebbe avere nell'attaccare l'istituzione psichiatrica e i suoi (ab)usi, ponendo l'attenzione sul TSO, ovvero quel trattamento che dà agli psichiatri il potere di catturare, imprigionare e drogare le persone contro la loro volontà e in modo del tutto arbitrario.\r\n\r\nQuella di Andrea non è una storia di malasanità, un errore nell'attuazione di un provvedimento terapeutico, ma è la più tragica conseguenza di pratiche quotidianamente perpetrate dalla psichiatria, di continui ricatti, violenze e vessazioni che la maggior parte degli utenti psichiatrici sono costretti a subire. 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Luca di Vallo della Lucania, sono state immortalate da una telecamera: 87 ore di agonia durante le quali, pesantemente sedato con farmaci antipsicotici, è stato legato mani e piedi al letto, senza cibo né acqua, fino alla morte il 31 luglio del 2009. Anche Franco è morto durante un ricovero coatto, anche in questo caso il comportamento della vittima era tranquillo e conciliante, e anche stavolta il provvedimento non era legittimo. Anche qui un altro processo iniziato a novembre 2014 che vede imputati 12 infermieri e 6 medici (per reati di sequestro, falso in atto pubblico e morte in conseguenza ad altro reato - il sequestro), in cui si cerca sempre di circoscrivere la tortura subita all'interno di un ospedale come un episodio unico di disservizio ed inefficienza. 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É paradossale che un uomo controllato da famiglia e Sert per la sua dipendenza dipendenza da droghe, sia morto in ospedale per un'overdose di psicofarmaci, ovvero sempre sostanze psicotrope ma \"legali\" in quanto prescritte da medici.\r\n\r\n \r\n\r\nNonostante in Italia i manicomi siano stati chiusi alla fine degli anni Settanta, l'orrore psichiatrico non è mai finito e come si moriva nei manicomi, si muore oggi nei nuovi luoghi della psichiatria, strutture più piccole capillarmente diffuse sul territorio, all'interno delle quali continuano a perpetrarsi sia l'etichetta di \"malato mentale\" sia i metodi coercitivi e violenti della psichiatria.\r\nDi recente a Torino a due lavoratrici OSS della comunità psichiatrica torinese \"Il Ponte\", che sono state sospese e licenziate poiché lottavano contro la contenzione fisica dei pazienti all'interno delle 5 comunità psichiatriche, dove, nonostante le alte rette versate dall'ASL, manca il personale. 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I macchinari furono immediatamente portati via e rimase solo una produzione minima.\r\n\r\nLa vicenda Omsa è stata immediatamente accompagnata da iniziative di solidarietà, tra cui la campagna di boicottaggio.\r\n\r\nMentre l'etichetta \"crisi\" diventa spesso il pretesto per chiedere sacrifici da parte dei lavoratori, nei confronti di imprenditori e aziende, in nome di una generica \"solidarietà\" nazionale, il caso Omsa dimostra come anche laddove la crisi non c'è a prevalere sono sempre gli interessi del profitto.\r\n\r\nAi microfoni di Interferenze, la diretta telefonica con Samuela, una delle lavoratrici della Omsa di Faenza.\r\n\r\n \r\n\r\n[audio:http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/01/Omsa.mp3|titles=Omsa in Lotta]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ","9 Gennaio 2012","2018-10-17 22:11:17","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/01/bomsa-200x110.jpg","Boicotta OMSA!","podcast",1326152448,[289,290],"http://radioblackout.org/tag/interferenze/","http://radioblackout.org/tag/omsa/",[273,271],{"post_content":293},{"matched_tokens":294,"snippet":295,"value":296},[26],"fine della cassa integrazione, saranno \u003Cmark>licenziate\u003C/mark>.\r\nLa vicenda di Faenza risale","Con un fax, la vigilia di Capodanno, il gruppo GoldenLady ha fatto sapere alle 239 lavoratrici dello stabilimento Omsa di Faenza che il 12 marzo 2012, alla fine della cassa integrazione, saranno \u003Cmark>licenziate\u003C/mark>.\r\nLa vicenda di Faenza risale al 2010 quando arrivò, all'improvviso e senza nessuna comunicazione ai sindacati, l'avviso di chiusura e l'inizio della cassa integrazione. 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Quest'ultima gestisce vari centri in Piemonte, nei quali il personale è costretto a lavorare a ritmi folli, senza adeguata turnazione e con delle modalità disumanizzanti nei confronti dei loro ospiti. Lo sciopero/protesta congiunto di CUB, CGIL, CISL e UIL, sotto il grattacielo della regione Piemonte pare avere sortito effetti diversi a seconda del sindacato di appartenenza, con i sindacalisti confederali accolti e quelli di base esclusi dal confronto, nonostante la schiacciante maggioranza di iscritti/e a quest'ultimo. Un altro incontro è stato fissato a giovedì 9 Novembre, nel frattempo Francesca ci ha raccontato altri aspetti che riguardano la vita di chi lavora e di chi viene assistito/a in queste strutture.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/F_m_07_11_Francesca-rsu-CUB-su-protesta-contro-multinazionale-gestrice-RSA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nIl secondo argomento è stato quello della lotta delle lavoratrici e dei lavoratori della Tessitura Albini a Mottola (Taranto), alle prese con un blocco dei cancelli dello stabilimento. Ci è stato mandato questo contributo audio realizzato dalle compagne dello SLAI cobas di Taranto che vi riproponiamo. Qualche giorno fa le lavoratrici e i lavoratori sono state licenziate/i dall'azienda, che chiuderà i battenti, ma da parte della futura proprietà non c'è la minima intenzione di assumere, solo cassa integrazione fino a fine Dicembre. Un'altra beffa è rappresentata dal fatto che gli imprenditori tessili avevano dapprima potuto acquisire lo stabilimento praticamente a costo zero, grazie a degli incentivi statali, potendolo poi rivendere alla nuova proprietà a circa 4 milioni di euro. L'ennesima storia di padroni/predoni che non tengono in considerazione la vita di 92 lavoratrici e lavoratori, che però promettono di non voler mollare di fronte a questo abuso.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/Tessitura-5.11.23.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nPer il terzo approfondimento abbiamo voluto parlare di un film, vincitore di un premio al Job Days Film Festival di Torino, ovvero \"Il posto\". 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Il film non vuole fare un'inchiesta sul solo aspetto lavorativo dei personaggi, ma riesce a restituire uno spaccato ad ampio spettro e pieno di contraddizioni, su un pezzo di società del nostro paese, il quale \"sogno\" è solo quello di avere un decente impiego per sopravvivere.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/F_m_07_11_Gianluca-Matarrese-su-film-da-lui-co-diretto-Il-Posto.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]","9 Novembre 2023","2023-11-09 19:04:46","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/il_posto_a_steady_job_poster_low_jpg_1400x0_crop_q85-200x110.jpg","frittura mista|radio fabbrica 07/11/2023",1699556426,[],[],{"post_content":316},{"matched_tokens":317,"snippet":318,"value":319},[26],"e i lavoratori sono state \u003Cmark>licenziate\u003C/mark>/i dall'azienda, che chiuderà i battenti,"," \r\n\r\nIl primo approfondimento della puntata lo abbiamo fatto in compagnia di Francesca, lavoratrice nelle residenze per anziani nonchè rsu del sindacato CUB, sulla protesta contro la multinazionale Colisee. Quest'ultima gestisce vari centri in Piemonte, nei quali il personale è costretto a lavorare a ritmi folli, senza adeguata turnazione e con delle modalità disumanizzanti nei confronti dei loro ospiti. Lo sciopero/protesta congiunto di CUB, CGIL, CISL e UIL, sotto il grattacielo della regione Piemonte pare avere sortito effetti diversi a seconda del sindacato di appartenenza, con i sindacalisti confederali accolti e quelli di base esclusi dal confronto, nonostante la schiacciante maggioranza di iscritti/e a quest'ultimo. Un altro incontro è stato fissato a giovedì 9 Novembre, nel frattempo Francesca ci ha raccontato altri aspetti che riguardano la vita di chi lavora e di chi viene assistito/a in queste strutture.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/F_m_07_11_Francesca-rsu-CUB-su-protesta-contro-multinazionale-gestrice-RSA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nIl secondo argomento è stato quello della lotta delle lavoratrici e dei lavoratori della Tessitura Albini a Mottola (Taranto), alle prese con un blocco dei cancelli dello stabilimento. Ci è stato mandato questo contributo audio realizzato dalle compagne dello SLAI cobas di Taranto che vi riproponiamo. Qualche giorno fa le lavoratrici e i lavoratori sono state \u003Cmark>licenziate\u003C/mark>/i dall'azienda, che chiuderà i battenti, ma da parte della futura proprietà non c'è la minima intenzione di assumere, solo cassa integrazione fino a fine Dicembre. Un'altra beffa è rappresentata dal fatto che gli imprenditori tessili avevano dapprima potuto acquisire lo stabilimento praticamente a costo zero, grazie a degli incentivi statali, potendolo poi rivendere alla nuova proprietà a circa 4 milioni di euro. L'ennesima storia di padroni/predoni che non tengono in considerazione la vita di 92 lavoratrici e lavoratori, che però promettono di non voler mollare di fronte a questo abuso.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/Tessitura-5.11.23.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nPer il terzo approfondimento abbiamo voluto parlare di un film, vincitore di un premio al Job Days Film Festival di Torino, ovvero \"Il posto\". Abbiamo intervistato Gianluca Matarrese, regista della pellicola assieme a Mattia Colombo, riguardo a quest'opera documentaristica che racconta le tante storie di chi, per ottenere appunto \"il posto(fisso)\", decide di tentare continui concorsi pubblici per entrare nelle strutture sanitarie pubbliche come infermiere/a. Il viaggio in cui i due registi ci accompagnano, nasce dall'idea di Raffaele, aspirante infermiere, che si inventa un'agenzia di viaggi appositamente pensata per chi è costretto/a spostarsi dal sud al nord Italia per tentare questi concorsi, i quali costi collaterali (trasporto ed eventuale alloggio) ricadono normalmente in maniera pesante su queste persone. Il film non vuole fare un'inchiesta sul solo aspetto lavorativo dei personaggi, ma riesce a restituire uno spaccato ad ampio spettro e pieno di contraddizioni, su un pezzo di società del nostro paese, il quale \"sogno\" è solo quello di avere un decente impiego per sopravvivere.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/F_m_07_11_Gianluca-Matarrese-su-film-da-lui-co-diretto-Il-Posto.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]",[321],{"field":116,"matched_tokens":322,"snippet":318,"value":319},[26],578730089005449300,{"best_field_score":325,"best_field_weight":177,"fields_matched":17,"num_tokens_dropped":47,"score":326,"tokens_matched":17,"typo_prefix_score":17},"1108074561536","578730089005449329",6637,{"collection_name":286,"first_q":26,"per_page":259,"q":26},["Reactive",330],{},["Set"],["ShallowReactive",333],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$f1hH4brcaWjnprmow2N0Ff9LR82nKslcip43U7xm0hSU":-1},true,"/search?query=licenziate"]