","Inquinamento luminoso: uno spreco e un danno","post",1338816619,[60,61,62,63,64,65],"http://radioblackout.org/tag/buio/","http://radioblackout.org/tag/cielo/","http://radioblackout.org/tag/danno/","http://radioblackout.org/tag/inquinamento/","http://radioblackout.org/tag/luminoso/","http://radioblackout.org/tag/spreco/",[15,19,17,67,23,21],"inquinamento",{"post_content":69,"post_title":73,"tags":76},{"matched_tokens":70,"snippet":71,"value":72},[23],"all'eccesso di illuminazione e all'inquinamento \u003Cmark>luminoso\u003C/mark>. Danni non solo per l'ecosistema","Oggi la spesa energetica per la sola illuminazione pubblica risulta essere di un miliardo di euro, a cui vanno aggiunte le spese per la manutenzione del parco apparecchi esistente e quelle per i nuovi impianti che vengono installati ogni anno, senza tener conto dei danni dovuti all'eccesso di illuminazione e all'inquinamento \u003Cmark>luminoso\u003C/mark>. Danni non solo per l'ecosistema e le altre specie animali e vegetali ma, ovviamente, anche per l'uomo stesso.\r\n\r\nNe abbiamo discusso con Fabio Falchi, presidente di CieloBuio, coordinamento per la protezione del cielo notturno:\r\n\r\n[audio mp3=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/06/Fabio-Falchi-inquinamento-luminoso-04-05.mp3\"]\r\n\r\nScarica l'audio",{"matched_tokens":74,"snippet":75,"value":75},[23],"Inquinamento \u003Cmark>luminoso\u003C/mark>: uno spreco e un danno",[77,79,81,83,85,88],{"matched_tokens":78,"snippet":15},[],{"matched_tokens":80,"snippet":19},[],{"matched_tokens":82,"snippet":17},[],{"matched_tokens":84,"snippet":67},[],{"matched_tokens":86,"snippet":87},[23],"\u003Cmark>luminoso\u003C/mark>",{"matched_tokens":89,"snippet":21},[],[91,96,99],{"field":34,"indices":92,"matched_tokens":93,"snippets":95},[38],[94],[23],[87],{"field":97,"matched_tokens":98,"snippet":75,"value":75},"post_title",[23],{"field":100,"matched_tokens":101,"snippet":71,"value":72},"post_content",[23],578730123365712000,{"best_field_score":104,"best_field_weight":105,"fields_matched":106,"num_tokens_dropped":46,"score":107,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":46},"1108091339008",13,3,"578730123365711979",{"document":109,"highlight":137,"highlights":142,"text_match":145,"text_match_info":146},{"cat_link":110,"category":111,"comment_count":46,"id":112,"is_sticky":46,"permalink":113,"post_author":49,"post_content":114,"post_date":115,"post_excerpt":52,"post_id":112,"post_modified":116,"post_thumbnail":117,"post_thumbnail_html":118,"post_title":119,"post_type":57,"sort_by_date":120,"tag_links":121,"tags":129},[43],[45],"37098","http://radioblackout.org/2016/07/il-diritto-al-sogno-delle-donne-ribelli-di-tamnar/","Villaggi tribali, montanare del nordest dell'India che con la loro sola determinazione riescono a porre in scacco – almeno temporaneamente – potenti compagnie minerarie e le istituzioni locali, ribadendo il principio della difesa della propria terra e di condurre la vita che si è scelta, riconducibile al diritto al sogno, sancita da Mahasweta Devi, somma scrittrice in lingua bengalese, scomparsa proprio ieri, 28 luglio 2016, a novant'anni, che a lungo aveva sostenuto i diritti degli ultimi, occupandosi di queste realtà native,, con un luminoso passato precoloniale, relegate dall'occupazione inglese e poi anche con l'Indipendenza mantenute ai margini. Devi sosteneva il diritto al sogno, ma il suo era anche il nostro: un sogno di un mondo senza polizia e dove il diritto all'eguaglianza fosse centrale.\r\n\r\nLa morte dell'attivista e grande intellettuale indiana si inserisce luttuosamente in questo racconto che Marina Forti ci ha regalato dopo che avevamo programmato di dargli dignità radiofonica; lo fa in quel particolare modo che il continente indiano ha di mescolare morte e vita, in questo caso si tratta di una vittoria nella battaglia che le popolazioni locali di molte aree indiane conducono contro il profitto, appoggiato da autorità locali. Davide contro Golia: due potenti compagnie, una privata e una statale, contrapposte a un panchayat (un municipio) schiacciato, espropriato, costretto a convivere con camion, cantieri, corruzione, devastazione di ambiente (paesaggi di carbone depositato su ogni cosa), raggiri e compravendite, compensazioni (impegni) e degrado ambientale (reale).\r\n\r\nOtto giorni di blocco stradale, inamovibili: i risultati sembrano siano in qualche modo arrivati sotto forma di promesse ma anche con il ritiro delle false accuse su cui la polizia ricamava durissimi provvedimenti repressivi, la revisione delle acquisizioni illegali di terre... comunque la resistenza è stata strenua al punto da bloccare la macchina del profitto minerario in una zona dove la repressione è molto forte, anche per la presenza di una irriducibile guerriglia naxalita (maoisti), il che rende ancora più dirompente questa vittoria delle donne di Tamnar che sono riuscite a imporre la loro lotta innanzitutto al villaggio di coltivatori e poi al potere statale e al profitto delle agenzie minerarie.\r\n\r\nMa ascoltate la appassionata e suggestiva narrazione di Marina Forti, che inserisce questo episodio in una pletora di altri ripetuti in tanti altri conflitti e reti organizzate di di comunità che si contrappongono alla rapacità del profitto\r\n\r\nTamnar","30 Luglio 2016","2016-08-16 11:48:21","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/07/2016-07-29_Chhattisgarh-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"135\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/07/2016-07-29_Chhattisgarh-300x135.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/07/2016-07-29_Chhattisgarh-300x135.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/07/2016-07-29_Chhattisgarh-768x344.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/07/2016-07-29_Chhattisgarh-1024x459.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/07/2016-07-29_Chhattisgarh-100x44.jpg 100w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/07/2016-07-29_Chhattisgarh.jpg 1200w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Il diritto al sogno delle donne ribelli di Tamnar",1469904984,[122,123,124,125,126,127,128],"http://radioblackout.org/tag/adivasi/","http://radioblackout.org/tag/chhattisgarh/","http://radioblackout.org/tag/india/","http://radioblackout.org/tag/mahasweta-devi/","http://radioblackout.org/tag/miniere/","http://radioblackout.org/tag/tamnar/","http://radioblackout.org/tag/tribal-belt/",[130,131,132,133,134,135,136],"Adivasi","Chhattisgarh","india","Mahasweta Devi","miniere","Tamnar","tribal belt",{"post_content":138},{"matched_tokens":139,"snippet":140,"value":141},[23],"queste realtà native,, con un \u003Cmark>luminoso\u003C/mark> passato precoloniale, relegate dall'occupazione inglese","Villaggi tribali, montanare del nordest dell'India che con la loro sola determinazione riescono a porre in scacco – almeno temporaneamente – potenti compagnie minerarie e le istituzioni locali, ribadendo il principio della difesa della propria terra e di condurre la vita che si è scelta, riconducibile al diritto al sogno, sancita da Mahasweta Devi, somma scrittrice in lingua bengalese, scomparsa proprio ieri, 28 luglio 2016, a novant'anni, che a lungo aveva sostenuto i diritti degli ultimi, occupandosi di queste realtà native,, con un \u003Cmark>luminoso\u003C/mark> passato precoloniale, relegate dall'occupazione inglese e poi anche con l'Indipendenza mantenute ai margini. 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Nel centenario dell'entrata in guerra dell'Italia i fascisti di casa Pound, forti dell'appoggio delle istituzioni locali, hanno promosso una manifestazione nazionale nella cittadina giuliana. Casa Pound ha fatto un grosso investimento sulla giornata, organizzando pullman da tutta Italia, ma il corteo non ha raccolto la partecipazione sperata dai fascisti, che avevano annunciato dai due ai tremila partecipanti, ma ne hanno raccolti non più di 800.\r\nPienamente riuscita la scommessa degli antimilitaristi e antifascisti friulani e giuliani che hanno indetto un corteo antifascista e antimilitarista cui hanno partecipato oltre mille persone.\r\nNe abbiamo parlato con Federico di Trieste.\r\nAscolta la diretta:\r\nfederico_trieste-gorizia_corteo antimilitarista antinazionalista\r\n\r\nDi seguito alcuni stralci del report della giornata uscito sul settimanale “Umanità Nova”\r\nAl termine della prima parte del corteo, in Piazza della Vittoria (uno dei tanti toponimi amaro lascito della Prima Guerra Mondiale) si canta insieme “O Gorizia, tu sei maledetta”, uno dei canti contro la guerra più conosciuti, che racchiude in poche strofe tutta la follia e la tragicità della Prima Guerra. La pioggia ha smesso di cadere da poco, siamo più di mille, intervenuti da Gorizia, da tutto il Friuli Venezia Giulia e anche da Slovenia e Croazia, per ribadire che la guerra può essere solo ricordata perché non accada mai più e in nessun modo celebrata, vuoi da CasaPound, vuoi dallo Stato. Lentamente ci si prepara a tornare indietro, convinti - senza presunzione - di aver fatto quanto possibile per costruire una presenza che non fosse vista come un'invasione, ma un atto doveroso e irrinunciabile.\r\nCasaPound aveva annunciato agli inizi di aprile un corteo nazionale a Gorizia, per celebrare l'”esempio luminoso” di chi nelle trincee “sacrificò se stesso” (leggi: il massacro di migliaia di soldati mandati al macello) e “marchiare” il proprio radicamento in Friuli. La città isontina naturalmente non era stata scelta a caso: fu infatti l'unica conquistata con le armi, al costo di decine di migliaia di vite e della distruzione e abbandono dell'intera città – l'8 agosto 1916 vi era tra le macerie solo un decimo degli iniziali trentamila abitanti. Dopo la fine della guerra Gorizia conobbe la prima deportazione razzista a danno degli sloveni, che erano circa la metà della popolazione iniziale.\r\nMa questa scelta rispecchia anche il diffondersi, in questi anni, di un seme nazionalista e razzista, che nelle realtà più piccole e di confine trova purtroppo terreno fertile.\r\nIn risposta al corteo di CasaPound, e allo stesso tempo per contrastare lo stampo nazionalista e militarista delle celebrazioni istituzionali, molte realtà, associazioni e individualità della regione, di differenti aree politiche e culturali, hanno iniziato a pianificare una presenza antifascista e antimilitarista in contemporanea all'iniziativa neofascista.\r\nSi sono ritrovate sotto il cappello dell'Osservatorio antifascista regionale, realtà già presente sul territorio per il monitoraggio di tutti quei gruppi e associazioni che portano avanti la propaganda fascista, anche sotto la copertura di associazioni culturali. (...)\r\nSabato 23 maggio Gorizia appariva una città fantasma. Pochissima gente in giro e molti negozi chiusi (con alcune piacevoli eccezioni). Merito del terrorismo mediatico scatenato dai giornali cittadini e dalla Questura, soprattutto riguardo al corteo antifascista. Nonostante questo, nel piazzale antistante la stazione si sono ritrovate almeno cinquecento persone, in attesa di partire in corteo. Partenza che è stata ritardata a causa del fermo prolungato del pullman su cui viaggiavano le compagne e i compagni slovene. La polizia italiana al confine li ha infatti schedati uno per uno e ha sequestrato le aste delle bandiere e degli striscioni (diventati poi ridicolmente sulla stampa i “bastoni” dei “facinorosi”). Dopo il loro arrivo il corteo è partito, con in testa uno striscione che affermava “Né guerre né confini né fascismi” in italiano, sloveno e friulano. Lo spezzone libertario era aperto dallo striscione “Contro la crisi del capitalismo, lotta di classe antifascismo” e complessivamente era partecipato da almeno duecento compagne e compagni (di sicuro lo spezzone specifico più grosso della manifestazione) con molte bandiere e tanti slogan lungo il percorso. \r\nDa segnalare fra gli altri all'interno del corteo anche la presenza di uno spezzone queer (promosso da alcun@ nostr@ compagn@), aperto dallo striscione “Voi Legione - Noi leGine”. (...)\r\nLungo il percorso il corteo si è ingrossato fino ad arrivare a sfiorare - e forse superare - i mille partecipanti. (...)","26 Maggio 2015","2015-05-28 13:47:17","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/05/23mag2015.corteogorizia01-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/05/23mag2015.corteogorizia01-300x225.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/05/23mag2015.corteogorizia01-300x225.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/05/23mag2015.corteogorizia01-768x576.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/05/23mag2015.corteogorizia01.jpg 853w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Gorizia. 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Nell'appello per la manifestazione, cui prenderanno parte anche esponenti della comunità curda a Torino, gli organizzatori scrivono \"Ovunque Kobane, ovunque resistenza! Da più di due anni il popolo del Rojava – regione a maggioranza curda nel nord della Siria – ha liberato il proprio territorio sperimentando una vera e propria rivoluzione sociale, fondata sulla partecipazione dal basso, l’uguaglianza tra uomini e donne e il rispetto dell’ambiente.\r\nProprio in queste ore, la “confederazione democratica” del Rojava è sotto attacco.\r\nLe sue milizie di difesa del popolo (YPG) e delle donne (YPJ), con l’aiuto dei guerriglieri del PKK, stanno combattendo – in particolare nel cantone di Kobane – un’eroica e disperata resistenza contro i tagliagole dello “Stato islamico”.\r\nL’autogoverno del Rojava sta dimostrando sul campo la possibilità di un’ alternativa alla balcanizzazione del Medio oriente, alla guerra fratricida, alla rapina delle risorse…\r\nProprio per questo si trova isolato, censurato, strangolato, dalla politica ipocrita di tutte le forze statali e capitaliste (Turchia in testa), che sostengono di fatto l’avanzata dell’I.S., mentre pubblicamente fingono di opporvisi.\r\nProprio per questo, in ogni dove c’è chi sta riconoscendo come propria la resistenza degli uomini e delle donne di Rojava!\r\nSpezziamo l’isolamento! Sosteniamo la resistenza popolare in Rojava!\"\r\n\r\nLe notizie che filtrano dai media e dalle agenzie curde riferiscono di una contr'offensiva delle milizie curde che ha posto un piccolo argine alla loro avanzata nella città. Le frontiere con la Turchia, aperte ai rifornimenti all'IS, restano chiuse per gli aiuti di cibo, armi e volontari diretti a Kobané.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Daniele Pepino, che conosce bene la situazione nel paese, spesso nostro interlocutore sulla situazione in quest'area.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\ndaniele_curdi\r\n\r\nDi seguito l'articolo di David Graeber, uscito sul Guardian, e diffuso da vari siti di movimento, e proposto agli ascoltatori di Blackout durante l'info.\r\n\r\nNel 1937, mio padre si arruolò volontario per combattere nelle Brigate Internazionali in difesa della Repubblica Spagnola. Quello che sarebbe stato un colpo di Stato fascista era stato temporaneamente fermato da un sollevamento dei lavoratori, condotto da anarchici e socialisti, e nella maggior parte della Spagna ne seguì una genuina rivoluzione sociale che portò intere città sotto il controllo di sistemi di democrazia diretta, le fabbriche sotto la gestione operaia e le donne ad assumere sempre più potere.\r\n\r\nI rivoluzionari spagnoli speravano di creare la visione di una società libera cui il mondo intero avrebbe potuto ispirarsi. Invece, i poteri mondiali dichiararono una politica di “non intervento” e mantennero un rigoroso embargo nei confronti della repubblica, persino dopo che Hitler e Mussolini, apparenti sostenitori di tale politica di “non intervento”, iniziarono a fare affluire truppe e armi per rinforzare la fazione fascista. Ne risultarono anni di guerra civile terminati con la soppressione della rivoluzione e con uno dei più sanguinosi massacri del secolo.\r\n\r\nNon avrei mai pensato di vedere, nel corso della mia vita, la stessa cosa accadere nuovamente. Ovviamente, nessun evento storico accade realmente due volte. Ci sono infinite differenze fra quello che accadde in Spagna nel 1936 e quello che sta accadendo ora in Rojava, le tre province a larga maggioranza curda nel nord della Siria. Ma alcune delle somiglianze sono così stringenti e così preoccupanti che credo sia un dovere morale per me, cresciuto in una famiglia le cui idee politiche furono in molti modi definite dalla Rivoluzione spagnola, dire: non possiamo fare sì che tutto ciò finisca ancora una volta allo stesso modo.\r\n\r\nLa regione autonoma del Rojava, così come esiste oggi, è uno dei pochi raggi di luce – un raggio di luce molto luminoso, a dire il vero – a emergere dalla tragedia della Rivoluzione siriana. Dopo aver scacciato gli agenti del regime di Assad nel 2011, nonostante l’ostilità di quasi tutti i suoi vicini, il Rojava non solo ha mantenuto la sua indipendenza, ma si è configurato come un considerevole esperimento democratico. Sono state create assemblee popolari che costituiscono il supremo organo decisionale, consigli che rispettano un attento equilibrio etnico (in ogni municipalità, per esempio, le tre cariche più importanti devono essere ricoperte da un curdo, un arabo e un assiro o armeno cristiano, e almeno uno dei tre deve essere una donna), ci sono consigli delle donne e dei giovani, e, in un richiamo degno di nota alle Mujeres Libres della Spagna, c’è un’armata composta esclusivamente da donne, la milizia “YJA Star” (l’”Unione delle donne libere”, la cui stella nel nome si riferisce all’antica dea mesopotamica Ishtar), che ha condotto una larga parte delle operazioni di combattimento contro le forze dello Stato Islamico.\r\n\r\nCome può qualcosa come tutto questo accadere ed essere tuttavia perlopiù ignorato dalla comunità internazionale, persino, almeno in gran parte, dalla sinistra internazionale? 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Nel frattempo, l’armata turca staziona sui confini, impedendo che rinforzi e munizioni raggiungano i difensori, e gli aeroplani americani ronzano sopra la testa compiendo occasionali, simbolici bombardamenti dall’effetto di una puntura di spillo, giusto per poter dire che non è vero che non fanno niente contro un gruppo in guerra con i difensori di uno dei più grandi esperimenti democratici mondiali.\r\n\r\nSe oggi c’è un analogo dei Falangisti assassini e superficialmente devoti di Franco, chi potrebbe essere se non l’ISIS? Se c’è un analogo delle Mujeres Libres di Spagna, chi potrebbero essere se non le coraggiose donne che difendono le barricate a Kobané? Davvero il mondo – e questa volta, cosa più scandalosa di tutte, la sinistra internazionale, si sta rendendo complice del lasciare che la storia ripeta se stessa?","14 Ottobre 2014","2014-10-31 11:56:00","14 ottobre - Presidio solidale con il Rojavà a Torino",1413290362,[192,193,194,195,196,197],"http://radioblackout.org/tag/david-graeber/","http://radioblackout.org/tag/isis/","http://radioblackout.org/tag/kobane/","http://radioblackout.org/tag/presidio-per-il-rojava/","http://radioblackout.org/tag/rojava/","http://radioblackout.org/tag/torino/",[25,199,200,29,201,202],"isis","kobane","rojava","torino",{"post_content":204},{"matched_tokens":205,"snippet":206,"value":207},[23],"un raggio di luce molto \u003Cmark>luminoso\u003C/mark>, a dire il vero – a","Oggi pomeriggio alle 18 in piazza Castello si svolgerà un presidio solidale con le popolazioni del Rojava, assediate dai soldati del Califfato islamico. Nell'appello per la manifestazione, cui prenderanno parte anche esponenti della comunità curda a Torino, gli organizzatori scrivono \"Ovunque Kobane, ovunque resistenza! Da più di due anni il popolo del Rojava – regione a maggioranza curda nel nord della Siria – ha liberato il proprio territorio sperimentando una vera e propria rivoluzione sociale, fondata sulla partecipazione dal basso, l’uguaglianza tra uomini e donne e il rispetto dell’ambiente.\r\nProprio in queste ore, la “confederazione democratica” del Rojava è sotto attacco.\r\nLe sue milizie di difesa del popolo (YPG) e delle donne (YPJ), con l’aiuto dei guerriglieri del PKK, stanno combattendo – in particolare nel cantone di Kobane – un’eroica e disperata resistenza contro i tagliagole dello “Stato islamico”.\r\nL’autogoverno del Rojava sta dimostrando sul campo la possibilità di un’ alternativa alla balcanizzazione del Medio oriente, alla guerra fratricida, alla rapina delle risorse…\r\nProprio per questo si trova isolato, censurato, strangolato, dalla politica ipocrita di tutte le forze statali e capitaliste (Turchia in testa), che sostengono di fatto l’avanzata dell’I.S., mentre pubblicamente fingono di opporvisi.\r\nProprio per questo, in ogni dove c’è chi sta riconoscendo come propria la resistenza degli uomini e delle donne di Rojava!\r\nSpezziamo l’isolamento! Sosteniamo la resistenza popolare in Rojava!\"\r\n\r\nLe notizie che filtrano dai media e dalle agenzie curde riferiscono di una contr'offensiva delle milizie curde che ha posto un piccolo argine alla loro avanzata nella città. Le frontiere con la Turchia, aperte ai rifornimenti all'IS, restano chiuse per gli aiuti di cibo, armi e volontari diretti a Kobané.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Daniele Pepino, che conosce bene la situazione nel paese, spesso nostro interlocutore sulla situazione in quest'area.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\ndaniele_curdi\r\n\r\nDi seguito l'articolo di David Graeber, uscito sul Guardian, e diffuso da vari siti di movimento, e proposto agli ascoltatori di Blackout durante l'info.\r\n\r\nNel 1937, mio padre si arruolò volontario per combattere nelle Brigate Internazionali in difesa della Repubblica Spagnola. Quello che sarebbe stato un colpo di Stato fascista era stato temporaneamente fermato da un sollevamento dei lavoratori, condotto da anarchici e socialisti, e nella maggior parte della Spagna ne seguì una genuina rivoluzione sociale che portò intere città sotto il controllo di sistemi di democrazia diretta, le fabbriche sotto la gestione operaia e le donne ad assumere sempre più potere.\r\n\r\nI rivoluzionari spagnoli speravano di creare la visione di una società libera cui il mondo intero avrebbe potuto ispirarsi. Invece, i poteri mondiali dichiararono una politica di “non intervento” e mantennero un rigoroso embargo nei confronti della repubblica, persino dopo che Hitler e Mussolini, apparenti sostenitori di tale politica di “non intervento”, iniziarono a fare affluire truppe e armi per rinforzare la fazione fascista. 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Dopo aver scacciato gli agenti del regime di Assad nel 2011, nonostante l’ostilità di quasi tutti i suoi vicini, il Rojava non solo ha mantenuto la sua indipendenza, ma si è configurato come un considerevole esperimento democratico. Sono state create assemblee popolari che costituiscono il supremo organo decisionale, consigli che rispettano un attento equilibrio etnico (in ogni municipalità, per esempio, le tre cariche più importanti devono essere ricoperte da un curdo, un arabo e un assiro o armeno cristiano, e almeno uno dei tre deve essere una donna), ci sono consigli delle donne e dei giovani, e, in un richiamo degno di nota alle Mujeres Libres della Spagna, c’è un’armata composta esclusivamente da donne, la milizia “YJA Star” (l’”Unione delle donne libere”, la cui stella nel nome si riferisce all’antica dea mesopotamica Ishtar), che ha condotto una larga parte delle operazioni di combattimento contro le forze dello Stato Islamico.\r\n\r\nCome può qualcosa come tutto questo accadere ed essere tuttavia perlopiù ignorato dalla comunità internazionale, persino, almeno in gran parte, dalla sinistra internazionale? Principalmente, sembra, perché il partito rivoluzionario del Rojava, il PYD, lavora in alleanza con il turco Partito Curdo dei Lavoratori (PKK), un movimento combattente marxista impegnato sin dagli anni Settanta in una lunga guerra contro lo Stato turco. La Nato, gli Stati Uniti e l’Unione Europea lo classificano ufficialmente come “organizzazione terroristica”. Nel frattempo, l’opinione di sinistra lo descrive spesso come Stalinista.\r\n\r\nMa, in realtà, il PKK non assomiglia neppure lontanamente al vecchio, organizzato verticalmente, partito Leninista che era una volta. La sua evoluzione interna, e la conversione intellettuale del suo fondatore, Abdullah Ocalan, detenuto in un’isola-prigione turca dal 1999, lo hanno condotto a cambiare radicalmente i propri scopi e le proprie tattiche.\r\n\r\nIl PKK ha dichiarato che esso non cerca nemmeno più di creare uno Stato curdo. Invece, ispirato in parte dalla visione dell’ecologista sociale e anarchico Murray Bookchin, ha adottato una visione di “municipalismo libertario”, invitando i curdi a formare libere comunità basate sull’autogoverno, basate sui principi della democrazia diretta, che si federeranno tra loro aldilà dei confini nazionali – che si spera che col tempo diventino sempre più privi di significato. In questo modo, suggeriscono i curdi, la loro lotta potrebbe diventare un modello per un movimento globale verso una radicale e genuina democrazia, un’economia cooperativa e la graduale dissoluzione dello stato-nazione burocratico.\r\n\r\nA partire dal 2005 il PKK, ispirato dalla strategia dei ribelli zapatisti in Chiapas, ha dichiarato un cessate il fuoco unilaterale nei confronti dello Stato turco e ha iniziato a concentrare i propri sforzi nello sviluppo di strutture democratiche nei territori di cui già ha il controllo. Alcuni si sono chiesti quanto realmente sinceri siano questi sforzi. Ovviamente, elementi autoritari rimangono. Ma quello che è successo in Rojava, dove la Rivoluzione siriana ha dato ai curdi radicali la possibilità di condurre tali esperimenti su territori ampi e confinanti fra loro, suggerisce che tutto ciò è tutt’altro che un’operazione di facciata. Sono stati formati consigli, assemblee e milizie popolari, le proprietà del regime sono state trasformate in cooperative condotte dai lavoratori – e tutto nonostante i continui attacchi dalle forze fasciste dell’ISIS. Il risultato combacia perfettamente con ogni definizione possibile di “rivoluzione sociale”. Nel Medio Oriente, almeno, tali sforzi sono stati notati: particolarmente dopo che il PKK e le forze del Rojava per combattere efficacemente e con successo nei territori dell’ISIS in Iraq per salvare migliaia di rifugiati Yezidi intrappolati sul Monte Sinjar dopo che le locali milizie peshmerga avevano abbandonato il campo di battaglia. Queste azioni sono state ampiamente celebrate nella regione, ma, significativamente, non fecero affatto notizia sulla stampa europea o nord-americana.\r\n\r\nOra, l’ISIS è tornato, con una gran quantità di carri armati americani e di artiglieria pesante sottratti alle forze irachene, per vendicarsi contro molte di quelle stesse milizie rivoluzionarie a Kobané, dichiarando la loro intenzione di massacrare e ridurre in schiavitù – si, letteralmente ridurre in schiavitù – l’intera popolazione civile. Nel frattempo, l’armata turca staziona sui confini, impedendo che rinforzi e munizioni raggiungano i difensori, e gli aeroplani americani ronzano sopra la testa compiendo occasionali, simbolici bombardamenti dall’effetto di una puntura di spillo, giusto per poter dire che non è vero che non fanno niente contro un gruppo in guerra con i difensori di uno dei più grandi esperimenti democratici mondiali.\r\n\r\nSe oggi c’è un analogo dei Falangisti assassini e superficialmente devoti di Franco, chi potrebbe essere se non l’ISIS? Se c’è un analogo delle Mujeres Libres di Spagna, chi potrebbero essere se non le coraggiose donne che difendono le barricate a Kobané? 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Alcuni efferati omicidi sconvolgono Bologna. Il lettore segue la storia attraverso i punti di vista di tre personaggi. Il primo é l'ispettrice Grazia Negro che deve indagare. \"Grazia abbassò la lampo del bomber e infilò una mano sotto per spostare la pistola. Aveva le mestruazioni.\" Il secondo personaggio é Simone che non vede e vive in un mondo di suoni. \"Io di amici non ne ho. Gli altri parlano di lucido, opaco, luminoso. Cose che non capisco, che non mi riguardano.\" Il terzo personaggio é l'Iguana, l'assassino che tiene in scacco gli investigatori. \"Sento le campane dell'inferno. Me le sento risuonare nella testa, tutto il giorno e tutta la notte.\" Sullo sfondo la città universitaria, come un vecchio poliziotto la descrive alla nuova arrivata. \"Studenti che vanno e vengono da tutt'Italia, che lasciano i corsi e poi li riprendono, che dormono da amici e parenti, sempre in nero. Lei dice l'università, ispettrice? L'università é un città clandestina.\" In \"Indagine non autorizzata\" del 1993 Carlo Lucarelli ci porta sulla riviera romagnola nel 1936. Una donna viene trovata assassinata sulla spiaggia a breve distanza dalla villa del Duce. Gli investigatori vogliono chiudere in fretta l'imbarazzante indagine e arrestano il sospetto più ovvio, il marito che l'Ovra ha schedato per \"simpatie anarco-socialistoidi\". L'ispettore Marino non é convinto. \"Risolto il caso? Non ha ancora confessato!\" Ma arriva il telegramma di congratulazioni del Duce che chiude ogni discussione. 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Il Fronte tigrino si è sentito più volte preso di mira dalle riforme del nuovo premier, che intanto ha creato una propria formazione politica, il Partito della prosperità.\r\n\r\nNel Tigray le autorità locali hanno deciso di tenere elezioni indipendenti, quelle che sono state rinviate ad agosto con la causale (forse pretestuosa?) della epidemia di SarsCov2 e il Tpfl è stato riconfermato al governo regionale.Ora lo scontro è diventato militare, con il rischio che la rivalità politica si trasformi in conflitto interetnico. Soprattutto per l'avvicendamento di una tribù diversa (gli oromo) alla guida del paese, che sancisce il venir meno del processo di integrazione tra le molte etnie che compongono l'Etiopia; proprio quel sabotaggio del superamento delle divisioni etniche che nella testimonianza del giovane etiope si attribuiva al trentennio tigrino.\r\n\r\nMulu Nega è stato nominato da Ahmed nuovo governatore ad interim per la regione settentrionale del Tigray. Poco prima il parlamento aveva preso la risoluzione di stabilire un'amministrazione provvisoria. Ahmed sta producendo lo sforzo di superare l'etno-nazionalismo per arrivare a una forma di nazionalismo etiope, che la Diga della Rinascita rappresenta così unitaria (ma è divisiva – ovviamente – con gli altri paesi dell'area). Ma non può che essere a tempi lunghi, visto che persino la sua stessa etnia oromo si contrappone (molteplici sono stati gli scontri e i moti di piazza nei mesi scorsi). L'apertura liberista al capitale privato crea attriti nell’intera società, nel Tigray ancora di più; la penetrazione di militari nazionali nella regione settentrionale è quindi vista come intrusione, che ha fatto esplodere gli attacchi di Makallè. Si rischia l'esatto opposto del tentativo di unificare: la frammentazione perché ciascuno non si sente rappresentato a sufficienza. Intanto sono già 15.000 gli sfollati e innumerevoli i morti (si parla di 500 solo nel massacro del 10 novembre a Mai-Kadra, in Tigray).\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/2020_11_10_Nazionalismo-e-svolta-liberista-di-Ahmed_03.mp3\"][/audio]\r\n\r\nNel 2019 il Conte1 aveva stipulato con la ministra Trenta accordi militari con il presidente-nobel_per_la_pace_Ahmed: «difesa e sicurezza, formazione e addestramento, assistenza tecnica, operazioni di supporto alla pace... trasferimento di struttura d'arma e apparecchiatura bellica... è auspicata la promozione di iniziative finalizzate a razionalizzare il controllo sui prodotti a uso militare»; come i precedenti governi, soprattutto di centrosinistra, avevano appoggiato la parte eritrea, ora già coinvolta con esplosioni all'Asmara, perché gli ahmara si sono schierati subito con Addis Abeba. L'Italia sta cercando di tornare a essere protagonista nel Corno d'Africa... e quindi soffierà sul fuoco della guerra in un’area popolata dagli apparati militari di tutte le potenze mondiali, che si stanno accaparrando fette di un territorio che controlla traffici, merci, risorse. Una vera operazione neocoloniale nascosta sotto la cooperazione allo sviluppo.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/Etiopia-meta-del-complesso-militar-industriale-italiano_04.mp3\"][/audio]\r\n\r\nLe nazioni sono al soldo di potenze straniere per ridisegnare la geopolitica internazionale come avvenne nel periodo coloniale classico: tutte le potenze sono intente a controllare il passaggio del Mar Rosso da Aden a Suez (infatti a Gibuti, snodo essenziale del Belt Road Initiative, sono presenti tutti i contingenti militari) e ogni mossa è un riposizionamento strategico.\r\n\r\n \r\n\r\nCon Angelo si è anche parlato di Costa d’Avorio e altre nazioni africane, come l'emblematico Congo (una volta Zaire) per la sua particolare interpretazione del concetto occidentale di democrazia, e alcune hanno affrontato elezioni che sono normalmente truffe, perché l’accaparramento delel risorse e la loro svendita è sicuramente colonialismo e spartizione, ma anche esportazione di uno schema che già non funziona in Occidente e con l’Africa non c’entra nulla e impone sistemi economici di sfruttamento e ora anche di contesa con la penetrazione cinese, senza passare attraverso l’humus attraverso il quale si sono formate le comunità africane.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/2020_11_10_concetto-di-democrazia-importato-in-Africa.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nE poi una chiosa africana sulla pirateria e il pattugliamento italiano del Golfo di Guinea (per ordine di Descalzi? mah!)\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/pirateria-e-pattugliamento-italiano.mp3\"][/audio]\r\n\r\nNell’ultimo quarto d’ora si è parlato di tagliagole processati all’Aja da presidenti (Ngbagbo, come Thaci dell’Uck kosovaro); poi a tamburo battente breakin’ news del 10 novembre... ma probabilmente sono notizie in evoluzione con dossier che finiremo con il riprendere in mano.\r\n\r\nScioperi in emergenza Covid madrilena – lo sciopero pandemico, poi lo sgombero di Guernica, Argenitna; uragano Eta nei Caraibi, infatti non c’entra con l’Euskadi. Poi la Bolivia di Arce e Morales in piena esaltazione retorica di ritorno al potere: diversamente dal Perù, dove continuano a dimettersi presidenti nela normalizzazione susseguente alla fine di Sendero luminoso; in Brasilesi sospende la sperimentaione del vaccino. Un po’ di nostalgia per il Farabundo Martì salvadoregno e scivolare alla fine verso il sogno distopico del Myanmar di Aung san Suu Kiy e le elezioni dell’8 novembre, cercando il pelo nel Rakhine e gli odi intrecciati che hanno aiutato l avittoria di The Lady coi risvolti economici di nuovo della Belt Road Initiative.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/ultimo-quarto-dora.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ","15 Novembre 2020","2023-04-19 15:08:16","I Bastioni di Macallè: dietro la resa dei conti tra tribù etiopi un cambio di sistema",1605484755,[323],"http://radioblackout.org/tag/bastioniorione/",[246],{"post_content":326},{"matched_tokens":327,"snippet":328,"value":329},[23],"susseguente alla fine di Sendero \u003Cmark>luminoso\u003C/mark>; in Brasilesi sospende la sperimentaione","I Bastioni si sono riscaldati prima di adentrarsi nel Corno d’Africa facendo qualche valutazione su elezioni varie, in particolare quelle negli Usa, ma anche in Tanzania, Costa d’Avorio, Guinea:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/2020_11_10_primi-venti-minuti.mp3\"][/audio]\r\n\r\nLa rivolta tigrina, mentre trasmettevamo la terza puntata dei Bastioni di Orione, cominciava a inasprirsi e Ahmed iniziava la risposta violenta alla reazione all’”invasione” governativa del territorio tigrino, ricco, nell’ultimo quarto di secolo al potere e convinto ad opporsi allo smantellamento dell’etno-nazinalismo, avviato dal neoliberismo di Ahmed, che con il nobel della pace in una mano e la Diga della Rinascita soffia sul nazionalismo con i fondi cinesi a sostenerlo, perché l’area rappresenta il corridoio della Belt Road Initiative, quel Mar Rosso appetibile da tutte le potenze, ch einfatti sono stanziali a Gibuti.\r\n\r\nAbbiamo affrontato l’argomento dapprima con un vocale registrato da un giovane etiope – non tigrino e dunque molto critico con gli insorti. Ha fatto daportavoce di un gruppo di emigrati dal Corno d'Africa a Toriino. Scegliendo deliberatamente questo approccio sapevamo che ne sarebbe scaturita una visione parziale e divisiva che è componente essenziale del dissidio secolare tra le tribù che popolano quell'area: amhara, oromo, tigrini, borana, mursi, karo, hamar...\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/2020-11-10_fatti_narrazione-etiope_01.mp3\"][/audio]\r\n\r\nll primo tassello da cui partire per descrivere la situazione è l'ancora forte percezione di sé della minoranza tigrina di fronte alla spinta all'integrazione nazionale impressa da Ahmed e dalla sua esigenza di rilanciare l'economia anche con le ingenti risorse del Nord del paese, sia dopo questi ultimi decenni, successivi al crollo del regime del Derg, le innumerevoli guerre con Eritrea e Somalia, sia con la costante centralità della regione del Tigré con la sua gestione del potere nell'ultimo ventennio da parte della minoranza tigrina (6 per cento della popolazione etiope), oppressione di cui si avverte l'eco nelle parole risentite del nostro interlocutore africano, che legittimava l'intervento di Addis Abeba contro i ricchi secessionisti tigrini (cristiani), vieppiù separatisti e fomentatori delle divisioni etniche dopo aver perso il controllo del potere centrale e dell'esercito.\r\n\r\nNe abbiamo quindi discusso con Angelo Ferrari:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/2020_11_10_Etiopia-Chi-sta-sabotando-la-convivenza-e-lintegrazione-etnica_02.mp3\"][/audio]\r\n\r\nLa crisi del Tigray nasce dallo scontro politico con il Tpfl, che è stato a lungo il partito egemone in seno all'Ersdf. 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Poco prima il parlamento aveva preso la risoluzione di stabilire un'amministrazione provvisoria. Ahmed sta producendo lo sforzo di superare l'etno-nazionalismo per arrivare a una forma di nazionalismo etiope, che la Diga della Rinascita rappresenta così unitaria (ma è divisiva – ovviamente – con gli altri paesi dell'area). Ma non può che essere a tempi lunghi, visto che persino la sua stessa etnia oromo si contrappone (molteplici sono stati gli scontri e i moti di piazza nei mesi scorsi). L'apertura liberista al capitale privato crea attriti nell’intera società, nel Tigray ancora di più; la penetrazione di militari nazionali nella regione settentrionale è quindi vista come intrusione, che ha fatto esplodere gli attacchi di Makallè. Si rischia l'esatto opposto del tentativo di unificare: la frammentazione perché ciascuno non si sente rappresentato a sufficienza. 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L'Italia sta cercando di tornare a essere protagonista nel Corno d'Africa... e quindi soffierà sul fuoco della guerra in un’area popolata dagli apparati militari di tutte le potenze mondiali, che si stanno accaparrando fette di un territorio che controlla traffici, merci, risorse. Una vera operazione neocoloniale nascosta sotto la cooperazione allo sviluppo.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/Etiopia-meta-del-complesso-militar-industriale-italiano_04.mp3\"][/audio]\r\n\r\nLe nazioni sono al soldo di potenze straniere per ridisegnare la geopolitica internazionale come avvenne nel periodo coloniale classico: tutte le potenze sono intente a controllare il passaggio del Mar Rosso da Aden a Suez (infatti a Gibuti, snodo essenziale del Belt Road Initiative, sono presenti tutti i contingenti militari) e ogni mossa è un riposizionamento strategico.\r\n\r\n \r\n\r\nCon Angelo si è anche parlato di Costa d’Avorio e altre nazioni africane, come l'emblematico Congo (una volta Zaire) per la sua particolare interpretazione del concetto occidentale di democrazia, e alcune hanno affrontato elezioni che sono normalmente truffe, perché l’accaparramento delel risorse e la loro svendita è sicuramente colonialismo e spartizione, ma anche esportazione di uno schema che già non funziona in Occidente e con l’Africa non c’entra nulla e impone sistemi economici di sfruttamento e ora anche di contesa con la penetrazione cinese, senza passare attraverso l’humus attraverso il quale si sono formate le comunità africane.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/2020_11_10_concetto-di-democrazia-importato-in-Africa.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nE poi una chiosa africana sulla pirateria e il pattugliamento italiano del Golfo di Guinea (per ordine di Descalzi? mah!)\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/pirateria-e-pattugliamento-italiano.mp3\"][/audio]\r\n\r\nNell’ultimo quarto d’ora si è parlato di tagliagole processati all’Aja da presidenti (Ngbagbo, come Thaci dell’Uck kosovaro); poi a tamburo battente breakin’ news del 10 novembre... ma probabilmente sono notizie in evoluzione con dossier che finiremo con il riprendere in mano.\r\n\r\nScioperi in emergenza Covid madrilena – lo sciopero pandemico, poi lo sgombero di Guernica, Argenitna; uragano Eta nei Caraibi, infatti non c’entra con l’Euskadi. 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Crary che ci pone diverse questioni. Da che è nato il capitalismo, lo si narra come un incessante sviluppo, soprattutto a livello tecnico, ma anche di infrastrutture, di comunicazioni e soprattutto di dominio. Questo eterno avanzamento non è altro che il ripetersi di rapporti gerarchici con mezzi nuovi, perché il capitalismo non porta al progresso, ma ad una sua sistematica riproduzione.\r\nLa sigla 24/7 ne è la formula rappresentativa per eccellenza: l’eterno presente, laddove i cicli del giorno e delle stagioni vengono annullati da ambienti asettici e proposte di consumo sempre uguali. Giorno e notte non esistono più, le distanze vengono eliminate dalle reti wirless, la necessità di riposo sostituita da uno stand-by corporale, insomma i ritmi odierni sono più adatti ad androidi che a esseri umani. Ed è verso questa frontiera che studi e ricerche si stanno sviluppando.\r\n\r\nEppure il sonno, i sogni, il riposo, l’attesa e la noia sono state sempre considerate (almeno fino all’Illuminismo) diritto e prerogativa di ogni essere umano, invece oggi sono tacciate, vissute come una sconfitta: un’inutile perdita di tempo.\r\nLa perdita di tempo è l’atto di resistenza del sonno, arco temporale in cui non si consuma e non si produce, incubo per la mentalità produttivista di questo secolo che sclera anche solo per un loading un po’ lento. Durante il sonno si esce dalla frenesia, ma anche dai sempiterni social, per qualche ora ci si nasconde e forse ci si ritrova, quantomeno si ritrovano sensi e percezioni che parevano ovattati, sommersi dai rumori e dagli impulsi di cui siamo attorniati.\r\n\r\nIl sonno infine ci regala i sogni che sono la base per poter immaginare un futuro differente.\r\n\r\nPrima puntata:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/07/24-7-prima-parte.mp3\"][/audio]\r\n\r\nSeconda puntata:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/07/24-7-seconda-parte.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ",[375],{"field":100,"matched_tokens":376,"snippet":372,"value":373},[23],{"best_field_score":147,"best_field_weight":148,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":46,"score":149,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":46},{"document":379,"highlight":394,"highlights":399,"text_match":145,"text_match_info":402},{"comment_count":46,"id":380,"is_sticky":46,"permalink":381,"podcastfilter":382,"post_author":383,"post_content":384,"post_date":385,"post_excerpt":52,"post_id":380,"post_modified":386,"post_thumbnail":387,"post_title":388,"post_type":263,"sort_by_date":389,"tag_links":390,"tags":393},"25067","http://radioblackout.org/podcast/tdm-scio-a-volte-ritornano/",[231],"dj","Tutti i giorni, da mesi, il popolo italiano acclama a gran voce il suo ritorno. Non si tratta di Massimiliano Latorre, il marò coll'ictus, nè di Danilo Calvani il forcone sulla Jaguar, bensì del Teste di Minchia Sciò, che dopo avere calcato i più prestigiosi palchi russi in tour con Albano, giovedì 25 settembre riprenderà il luminoso sentiero radiofonico della Vera\r\n Verità.\r\n E' Donna Felicità che traccia il solco, ma è Chinotto che lo difende. Acid Gaggio, quel parassita, come al solito non fa niente.\r\n\r\nIl tempo passa, Belen ormai ha trentanni e da tre Mike Bongiorno manca dal loculo, il Tdm poteva andare su Radio Deejay, Radio Capital, la Rai. Ma niente, non ci hanno chiamato.\r\n Avremmo comunque declinato tutte le offerte con la solita gran classe, perchè è sulle libere frequenze di Radio Blackout che il Tdm vuole stare, tornando con nuove rubriche, sit-com, spot, notizie e\r\n sbronze colossali.\r\n\r\nPerchè bisogna essere onesti, il Tdm può apparire come una marea di stronzate, ma va contestualizzato. 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