","Come risparmiare sulla “Buona scuola” precarizzando maestre diplomate","post",1525450646,[58,59,60,61],"http://radioblackout.org/tag/graduatorie/","http://radioblackout.org/tag/licenziate/","http://radioblackout.org/tag/maestre-diplomate/","http://radioblackout.org/tag/precarie/",[19,17,21,15],{"post_content":64,"post_title":70,"tags":73},{"matched_tokens":65,"snippet":68,"value":69},[66,67],"maestre","diplomate","poste questioni sulla situazione delle \u003Cmark>maestre\u003C/mark> \u003Cmark>diplomate\u003C/mark> magistrali sia quelle in ruolo","Senza i diplomati in Graduatoria ad Esaurimento le immissioni in ruolo nella Regione Piemonte saranno ridotte, le \u003Cmark>maestre\u003C/mark> che hanno superato l'anno di prova perderanno l'anzianità di servizio che non verrà riconosciuta, la loro precarizzazione dopo il licenziamento le riporterà alla situazione pluridecennale precedente di ricattabilità, salario inferiore, mancanza di ferie... e dall’altro lato il servizio sarà pieno di buchi, privo di insegnanti con cattedra assegnata, o meglio a cui è stata sottratta con l'inganno, mentre la politica fa i suoi giochetti e non prende in mano la situazione urgente che richiede un decreto che sani entro giugno la condizione di milgiaia di lavoratrici e lavoratori; senza per questo mettere in concorrenza laureati con master ad hoc che consentono una divisione facilmente risolvibile con nuove graduatorie aperte a tutti e non con il pasticcio del concorso chiuso dedicato alle \u003Cmark>diplomate\u003C/mark> entrate in deroga e ora espulse in Corte.\r\n\r\nIeri si è svolta una giornata di presidi e a Torino si è tenuto un incontro tra la CUB Scuola, il Coordinamento Diplomati Torino e l'Ufficio Scolastico Regionale rappresentato da Dottor Giuseppe Bordonaro.\r\nNel lungo incontro durato due ore sono state poste questioni sulla situazione delle \u003Cmark>maestre\u003C/mark> \u003Cmark>diplomate\u003C/mark> magistrali sia quelle in ruolo grazie a un ricorso, sia quelle che aspirano al ruolo e sono ancora nelle graduatorie a esaurimento (GAE).\r\n\r\nPerciò abbiamo chiamato Giulia Bertelli della Cub scuola che ci ha spiegato con la passione di chi è coinvolta in prima persona che:\r\n\r\n- nel caso di retrocessione in seconda fascia, e quindi alla condizione precaria, delle colleghe in ruolo il punteggio maturato durante il periodo di ruolo non verrà calcolato poiché conseguito in una collocazione non dovuta con il conseguente gravissimo danno ulteriore;\r\nse le cause delle colleghe che hanno fatto ricorso per ottenere l'immissione nelle gardutorie ad esaurimento dovessero avere merito negativo, la Regione Piemonte non avrebbe più tutto il personale sufficiente per le immissioni in ruolo necessarie a coprire il fabbisogno.\r\nGli unici che avrebbero diritto all'assunzione sarebbero 342 colleghi della scuola dell'infanzia attualmente nelle GAE e 500 idonei del concorso 2016 che, come si è detto, non sarebbero sufficienti a coprire i posti di ruolo disponibili.\r\nI posti di diritto non assegnati verrebbero quindi persi e dati come organico di fatto ai precari di seconda fascia sempre diplomati magistrali (in larga parte i licenziati a causa del parere dell'Adunanza Plenaria, che così verrebbero semplicemente pagati di meno e precarizzati ulteriormente)\r\n_ è stata richiesta una circolare che che ricordi alle scuole la necessità di provvedere alla ricostruzione anche per i colleghi di ruolo soggetti a ricorso. Si sta infatti verificando una situazione nella quale alcune scuole perfezionano la pratica e altre no.\r\n\r\nE', inoltre, evidente che, con la retrocessione alla seconda fascia di istituto dei diplomati magistrali ora in ruolo o in GAE e posizione utile per l'immissione in ruolo, si produrrebbe un danno enorme alla continuità didattica nonché alla creazione di posti di lavoro stabili\r\n\r\nQuesta situazione avrebbe solo un beneficiario: il Ministero dell'Economia e della Finanza che potrebbe risparmiare gli scatti di anzianità e due mesi di stipendio l'anno per ogni maestra oggi di ruolo che tornasse ad essere precaria.\r\n\r\nNon è rinviabile una soluzione mediante un decreto legge urgente che tenga conto delle differenti situazioni dei docenti già di ruolo e e di quelli in GAE con diploma e continua ad opporsi alla farsa del “concorso riservato” proposta dalla controparte e, a questo fine, ribadisce lo sciopero del 23 maggio.\r\n\r\nEcco come Giulia Bertelli ci ha spiegato nei dettagli cosa sta capitando e come si è dipanata la giornata di presidi:\r\n\r\nL'ultima frode della Buona Scuola\r\n\r\n ",{"matched_tokens":71,"snippet":72,"value":72},[66,67],"Come risparmiare sulla “Buona scuola” precarizzando \u003Cmark>maestre\u003C/mark> \u003Cmark>diplomate\u003C/mark>",[74,76,78,81],{"matched_tokens":75,"snippet":19},[],{"matched_tokens":77,"snippet":17},[],{"matched_tokens":79,"snippet":80},[66,67],"\u003Cmark>maestre\u003C/mark> \u003Cmark>diplomate\u003C/mark>",{"matched_tokens":82,"snippet":15},[],[84,90,93],{"field":32,"indices":85,"matched_tokens":87,"snippets":89},[86],2,[88],[66,67],[80],{"field":91,"matched_tokens":92,"snippet":72,"value":72},"post_title",[66,67],{"field":94,"matched_tokens":95,"snippet":68,"value":69},"post_content",[66,67],1157451471441625000,{"best_field_score":98,"best_field_weight":99,"fields_matched":100,"num_tokens_dropped":44,"score":101,"tokens_matched":86,"typo_prefix_score":44},"2211897868544",13,3,"1157451471441625195",{"document":103,"highlight":117,"highlights":125,"text_match":130,"text_match_info":131},{"cat_link":104,"category":105,"comment_count":44,"id":106,"is_sticky":44,"permalink":107,"post_author":47,"post_content":108,"post_date":109,"post_excerpt":50,"post_id":106,"post_modified":110,"post_thumbnail":111,"post_thumbnail_html":112,"post_title":113,"post_type":55,"sort_by_date":114,"tag_links":115,"tags":116},[41],[43],"45208","http://radioblackout.org/2018/01/abilitate-quando-serve-licenziate-quando-conviene-le-maestre-fanno-resistenza/","Il torpore delle vacanze natalizie è stato rotto dalla mobilitazione delle maestre diplomate, a cui una sentenza del Consiglio di Stato ha tolto la possibilità di essere inserite in graduatoria e quindi passare di ruolo. Un licenziamento mascherato per 60'000 insegnanti che hanno contribuito, tra mille difficoltà, a mandare avanti la scuola pubblica in questi anni di tagli e crisi. Ora, anche a causa di una sentenza europea che impone all'Italia di non infliggere più di 36 mesi di precariato ai dipendenti pubblici. Invece di liberarsi della precarietà, però, il nostro paese ha deciso di liberarsi dei precari.\r\n\r\n\r\n\r\nAbbiamo parlato della mobilitazione con una maestra di Settimo torinese\r\n\r\ncarmen","11 Gennaio 2018","2018-01-15 13:21:09","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/01/DSuUFrZXUAEncnj-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/01/DSuUFrZXUAEncnj-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/01/DSuUFrZXUAEncnj-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/01/DSuUFrZXUAEncnj.jpg 560w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Abilitate quando serve, licenziate quando conviene: le maestre fanno resistenza",1515671253,[],[],{"post_content":118,"post_title":122},{"matched_tokens":119,"snippet":120,"value":121},[66,67],"stato rotto dalla mobilitazione delle \u003Cmark>maestre\u003C/mark> \u003Cmark>diplomate\u003C/mark>, a cui una sentenza del","Il torpore delle vacanze natalizie è stato rotto dalla mobilitazione delle \u003Cmark>maestre\u003C/mark> \u003Cmark>diplomate\u003C/mark>, a cui una sentenza del Consiglio di Stato ha tolto la possibilità di essere inserite in graduatoria e quindi passare di ruolo. 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Una sentenza che pone i molti maestri presi in mezzo a questa trappola (solo in Piemonte si parla di un migliaio di lavoratori che a giugno perderanno il posto) a organizzarsi e cercare solidarietà presso tutti i colleghi in una situazione nella quale non è possibile immaginare che un titolo abilitante all'insegnamento possa venire “ritirato” con un tratto di penna.\r\n\r\nA questo proposito è stato immediatamente indetto uno sciopero dei sindacati di base con manifestazione nazionale a Roma l'8 dicembre, mentre sono previsti presidi locali: il primo a Torino di fronte all'Ufficio Scolastico Regionale mercoledì 27 dicembre alle 10, inoltre si sta valutando un ricorso alla Corte di Giustizia Europea.\r\n\r\nIntanto i sindacati concertativi del pubblico impiego nella notte hanno invece siglato l'accordo con la controparte per un aumento di 85 euro, felici di salvaguardare gli 80 euro renziani, senza cominciare a porsi al servizio degli insegnanti che con un'iniziativa dal basso, riunendosi in assemblea fuori dell'orario (non avendo rappresentanze sindacali alternative che li possano davvero rappresentare), alla fine di un percorso di documentazione serio sulle effettive forme di trattamento europee della funzione insegnante, hanno stilato un documento con il quale diffidavano quei sindacati dal proseguire le trattative su quel piano inclinato perdente e riduttivo. Dalla scuola \"Padre Gemelli\" di corso Lombardia a Torino parte un messaggio chiaro che le insegnanti intendono trasmettere ai colleghi perché sottoscrivano (sono già state raccolte 50 firme soltanto in quel comprensorio) e diano luogo a un movimento che dia un segnale e richieda ai sindacati di rappresentare le autentiche istanze della categoria senza permettersi di imporre il solito accordo capestro concertato con il governo.\r\n\r\n \r\n\r\nAbbiamo sentito Cosimo Scarinzi della Cub a proposito dello scippo del posto di lavoro appena conquistato:\r\n\r\nmaestre disabilitate\r\n\r\ne poi la testimonianza di Teresina, insegnante della Padre Gemelli, scuola elementare di corso Lombardia a Torino, tra le maestre che non possono più accettare le vertenze dei sindacati concertativi:\r\n\r\nsindacati diffidati\r\n\r\nquesto è il testo della diffida, stilata direttamente da chi davvero non ne può più.\r\n\r\nGemelli\r\n\r\n \r\n\r\n ","23 Dicembre 2017","2018-01-08 13:12:30","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/2017-12-22_scuola-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"176\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/2017-12-22_scuola-300x176.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/2017-12-22_scuola-300x176.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/2017-12-22_scuola.jpg 647w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Pessima scuola: maestre disabilitate e sindacati diffidati",1514021890,[149,150,151,152,153],"http://radioblackout.org/tag/9-anni-di-vacanza-contrattuale/","http://radioblackout.org/tag/contratto-indegno/","http://radioblackout.org/tag/diplomi-magistrali/","http://radioblackout.org/tag/laurea-magistrale/","http://radioblackout.org/tag/sciopero-8-genanio-2018/",[31,25,27,23,29],{"post_content":156,"post_title":160},{"matched_tokens":157,"snippet":158,"value":159},[66,67],"Stato ha stabilito che le \u003Cmark>maestre\u003C/mark> \u003Cmark>diplomate\u003C/mark> magistrali non hanno diritto all'inserimento","Contro gli insegnanti diplomati magistrali: una sentenza inaccettabile, una sentenza che non si può accettare\r\n\r\nCon un pronunciamento che rovescia quanto stabilito da tutti quelli precedenti (che avevano accettato e sancito che il 2001 sarebbe stato considerato l'anno spartiacque per considerare validi e sufficienti i diplomi magistrali) e, soprattutto, che non tiene conto dei diritti e della stessa vita di decine di migliaia di insegnanti che hanno un titolo abilitante all'insegnamento, che sovente per molti anni hanno lavorato come precarie garantendo il funzionamento della scuola pubblica, il Consiglio di Stato ha stabilito che le \u003Cmark>maestre\u003C/mark> \u003Cmark>diplomate\u003C/mark> magistrali non hanno diritto all'inserimento nelle Graduatorie ad Esaurimento (Gae) e alla stessa assunzione a tempo indeterminato che molte si sono finalmente viste riconoscere a partire dal 2015.\r\n\r\nUna sentenza inaccettabile che pone il governo di fronte alla necessità di trovare una soluzione che garantisca i diritti di quelle insegnanti immesse in ruolo lo scorso anno (con scopi elettorali) dopo anni e decenni di precariato ben più formante di una laurea. 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Secondo i dati raccolti dai sindacati di base quasi una maestra su due ha scelto di incrociare le braccia per protestare contro la sentenza del Consiglio di Stato che ha dichiarato illegittimo l'inserimento nelle graduatorie a esaurimento e il passaggio in ruolo di quasi 50mila maestre diplomate. In Piemonte sono 800 quelle che rischiano di tornare precarie dopo anche dieci anni di servizio.\r\n\r\nAscolta la diretta delle 10,30 con Stefano della CUB dal presidio sotto il MIUR regionale (corso Vittorio 70), che in seguito si è trasformato in corteo:\r\n\r\nUnknown","8 Gennaio 2018","2018-01-10 12:41:40","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/01/HRE8YZ356124-kX4D-U11011817480221NXF-1024x576@LaStampa.it_-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/01/HRE8YZ356124-kX4D-U11011817480221NXF-1024x576@LaStampa.it_-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/01/HRE8YZ356124-kX4D-U11011817480221NXF-1024x576@LaStampa.it_-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/01/HRE8YZ356124-kX4D-U11011817480221NXF-1024x576@LaStampa.it_-768x433.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/01/HRE8YZ356124-kX4D-U11011817480221NXF-1024x576@LaStampa.it_.jpg 999w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Sciopero insegnanti, scuole chiuse e cortei",1515414490,[],[],{"post_content":185},{"matched_tokens":186,"snippet":187,"value":188},[66,67],"in ruolo di quasi 50mila \u003Cmark>maestre\u003C/mark> \u003Cmark>diplomate\u003C/mark>. 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Barthwal ha aggiunto che si è discusso anche di come facilitare i pagamenti nelle rispettive valute nazionali e ridurre le barriere non tariffarie al commercio.\r\n\r\n- La Mongolia intanto non a arrestato Putin che era andato lì per discutere del secondo braccio del gasdotto che unirà Cina e Russia passando dalla Mongolia che vede il 95% della sua bilancia commerciale dipendere da Mosca.\r\n\r\nma l'occasione era la commemorazione di una battaglia di Zukov che decise i giapponesi a rivolgersi definitivamente a sud e a non avvicinarsi mai più alla Siberia\r\n\r\n- Afghanistan: ora non possono cantare, oltre a non poter parlare o camminare in giro, ma sarà normale anche quando sarà impedito pure bere acqua o cagare alle donne afgane\r\n\r\nhttps://www.ispionline.it/it/pubblicazione/afghanistan-il-silenzio-delle-innocenti-182800#g1\r\n\r\nInteressante che la coalizione semaforo tedesca colga l’occasione per rimpatriare 28 afgani che erano riusciti a scappare dai talebani; rendendo sempre più centrale Doha, assurta a luogo topico e focale per ogni prassi di ambigua e ipocrita diplomazia mediorientalista\r\n\r\nhttps://www.lettera22.it/germania-afghanistan-i-rimpatri-e-lipocrisia-europea/\r\n\r\n_ altri passi diplomatici russi avvengono in Azerbaijan nell'anniversario della guerra lampo che ha cacciato gli armeni dal Nagorno\r\n\r\nhttps://geopoliticalfutures.com/azerbaijans-role-in-russian-strategy/\r\n\r\n_ 13 agosto: il ministro degli esteri cinese incontra il capo della giunta birmana\r\n\r\nIntanto a ferragosto, dopo un’offenisva di una settimana che probabilmente ha messo in allarme i cinesi, la resistenza shan e kachin sta prendendo in una morsa Mandalay (e c’è anche un risvolto relativo alle armi, che come sempre coinvolgono aziende italiane: l’acciaieria No 1 è stata distrutta da colpi di mortaio da 60 mm. – gli stessi che Idf ha comprato da Oto Melara via Pentagono – l’acciaieria è stata impiantata dall’amicizia russa, ma riattivata dalla Danieli di Udine. 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Per ora Yunus non sta facendo niente per l’etnia perseguitata\r\n\r\nhttps://www.lettera22.it/rohingya-rischio-nuova-pulizia-etnica/\r\n\r\n_ il 21 l'anniversario 120 di Deng avvia il dibattito sulla svolta rispetto alla sua indicazione in un periodo di contrazione del pil e delle nascite e sul ruolo della leadership del Partito?\r\n\r\n- fine agosto: ulteriore spinta al decoupling con la mossa della Cina di affidarsi il più possibile al renminbi per le transazioni internazionali (casualmente poco dopo Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza, si è incontrato con Xi); proprio mentre si parlava di Latticework approach\r\n\r\nhttps://us8.campaign-archive.com/?u=36b7a9702ea86a9f69b819156&id=de22501dd6\r\n\r\ne al proposito salta fuori un piano “Nuclear employment guidance” per riorientare per la prima volta la strategia di deterrenza nucleare americana e concentrarsi sulla rapida espansione dell’arsenale della Cina\r\n\r\nhttps://www.china-files.com/la-nuova-strategia-nucleare-anti-cina-degli-usa/\r\n\r\n- movimenti nell'area indopacifica intorno al Giappone: Usa cercano di creare diverse coalizioni e alleanze la Cina fa incontri, ma poi sorvola isole disabitate giapponesi con aerei da guerra\r\n\r\n- intanto continuano a collidere navi cinesi e filippine, non so se vanno su Segugio a scegliere la compagnia di assicurazione; difficile un decoupling dell’economia filippina da quella cinese che è il suo maggior partner come per gli altri 7 dell’Asean, in mezzo ai consueti annosi accordi ed esercitazioni con gli Usa e il Giappone. 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Barthwal ha aggiunto che si è discusso anche di come facilitare i pagamenti nelle rispettive valute nazionali e ridurre le barriere non tariffarie al commercio.\r\n\r\n- La Mongolia intanto non a arrestato Putin che era andato lì per discutere del secondo braccio del gasdotto che unirà Cina e Russia passando dalla Mongolia che vede il 95% della sua bilancia commerciale dipendere da Mosca.\r\n\r\nma l'occasione era la commemorazione di una battaglia di Zukov che decise i giapponesi a rivolgersi definitivamente a sud e a non avvicinarsi mai più alla Siberia\r\n\r\n- Afghanistan: ora non possono cantare, oltre a non poter parlare o camminare in giro, ma sarà normale anche quando sarà impedito pure bere acqua o cagare alle donne afgane\r\n\r\nhttps://www.ispionline.it/it/pubblicazione/afghanistan-il-silenzio-delle-innocenti-182800#g1\r\n\r\nInteressante che la coalizione semaforo tedesca colga l’occasione per rimpatriare 28 afgani che erano riusciti a scappare dai talebani; rendendo sempre più centrale Doha, assurta a luogo topico e focale per ogni prassi di ambigua e ipocrita diplomazia mediorientalista\r\n\r\nhttps://www.lettera22.it/germania-afghanistan-i-rimpatri-e-lipocrisia-europea/\r\n\r\n_ altri passi diplomatici russi avvengono in Azerbaijan nell'anniversario della guerra lampo che ha cacciato gli armeni dal Nagorno\r\n\r\nhttps://geopoliticalfutures.com/azerbaijans-role-in-russian-strategy/\r\n\r\n_ 13 agosto: il ministro degli esteri cinese incontra il capo della giunta birmana\r\n\r\nIntanto a ferragosto, dopo un’offenisva di una settimana che probabilmente ha messo in allarme i cinesi, la resistenza shan e kachin sta prendendo in una morsa Mandalay (e c’è anche un risvolto relativo alle armi, che come sempre coinvolgono aziende italiane: l’acciaieria No 1 è stata distrutta da colpi di mortaio da 60 mm. – gli stessi che Idf ha comprato da Oto Melara via Pentagono – l’acciaieria è stata impiantata dall’amicizia russa, ma riattivata dalla Danieli di Udine. 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Per ora Yunus non sta facendo niente per l’etnia perseguitata\r\n\r\nhttps://www.lettera22.it/rohingya-rischio-nuova-pulizia-etnica/\r\n\r\n_ il 21 l'anniversario 120 di Deng avvia il dibattito sulla svolta rispetto alla sua indicazione in un periodo di contrazione del pil e delle nascite e sul ruolo della leadership del Partito?\r\n\r\n- fine agosto: ulteriore spinta al decoupling con la mossa della Cina di affidarsi il più possibile al renminbi per le transazioni internazionali (casualmente poco dopo Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza, si è incontrato con Xi); proprio \u003Cmark>mentre\u003C/mark> si parlava di Latticework approach\r\n\r\nhttps://us8.campaign-archive.com/?u=36b7a9702ea86a9f69b819156&id=de22501dd6\r\n\r\ne al proposito salta fuori un piano “Nuclear employment guidance” per riorientare per la prima volta la strategia di deterrenza nucleare americana e concentrarsi sulla rapida espansione dell’arsenale della Cina\r\n\r\nhttps://www.china-files.com/la-nuova-strategia-nucleare-anti-cina-degli-usa/\r\n\r\n- movimenti nell'area indopacifica intorno al Giappone: Usa cercano di creare diverse coalizioni e alleanze la Cina fa incontri, ma poi sorvola isole disabitate giapponesi con aerei da guerra\r\n\r\n- intanto continuano a collidere navi cinesi e filippine, non so se vanno su Segugio a scegliere la compagnia di assicurazione; difficile un decoupling dell’economia filippina da quella cinese che è il suo maggior partner come per gli altri 7 dell’Asean, in mezzo ai consueti annosi accordi ed esercitazioni con gli Usa e il Giappone. Il 30 luglio c’è stato un bilaterale tra Usa e Filippine con Blinken e Austin (500 milioni di dollari di aiuti militari)\r\n\r\nhttps://iari.site/2024/09/04/il-ruolo-storico-delle-filippine-in-asia-orientale/\r\n\r\n- oggi inizia a Beijing il summit triennale tra Cina e Africa... altro che piano Mattei e proattività meloniana che conduce in indopacifico\r\n\r\n(l'altro paese che periodicamente raduna i paesi africani per implementare affari e \"colonizzare\" è la Turchia, che non a caso vuole entrare nei Brics al summit del prossimo mese) qui sono i brics che vanno direttamente al Sud del mondo e si accreditano nella Cina come leader delle nazioni non occidentali\r\n\r\n_ 14 agosto il primo ministro thai Srettha Thaivisin dimesso d'ufficio dalla Corte costituzionale per una roba alla Sangiuliano, ma tanto il lavoro sporco lo aveva finito\r\n\r\nhttps://cnnespanol.cnn.com/2024/08/14/primer-ministro-tailandia-srettha-thavisin-destituido-decision-judicial-impactante-trax/#0\r\n\r\nTorna la dinastia Shinawatra:\r\n\r\nhttps://www.lettera22.it/e-giovane-abile-e-dinastica-la-nuova-premier-del-regno-thai/\r\n\r\nThailandia, inizio agosto: costituito il People's Party, provocatorio nome per l'ex MoveForward sciolto dai patriarchi monarchicio-militari\r\n\r\ne poi il 16 agosto nomina della figlia di shinawatra, il tycoon\r\n\r\nIndonesia sull'orlo di una crisi costituzionale\r\n\r\nhttps://www.geopolitica.info/indonesia-sullorlo-di-una-crisi-costituzionale/\r\n\r\n_ non cambia nulla: il figlio del Chapo ha impiegato poche settimane di carcere per pentirsi e collaborare... il fentanyl è prodotto su brevetto cinese, ma i messicani hanno la tecnologia e la rete per distribuirlo nelle vene dell'America; ma la war on drugs serve a entrambi i campi, come la guerra per Hamas e Israele, e non finirà mai\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/BASTIONI-05092024.mp3\"][/audio]",[253],{"field":94,"matched_tokens":254,"snippet":250,"value":251},[249],1155199431243464700,{"best_field_score":257,"best_field_weight":133,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":44,"score":258,"tokens_matched":86,"typo_prefix_score":259},"1112268865536","1155199431243464817",7,{"document":261,"highlight":274,"highlights":279,"text_match":255,"text_match_info":282},{"comment_count":44,"id":262,"is_sticky":44,"permalink":263,"podcastfilter":264,"post_author":265,"post_content":266,"post_date":267,"post_excerpt":50,"post_id":262,"post_modified":268,"post_thumbnail":269,"post_title":270,"post_type":241,"sort_by_date":271,"tag_links":272,"tags":273},"90730","http://radioblackout.org/podcast/gazaweb/",[204],"underscore","Ascolta la puntata completa\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/alberi-della-rete.mp3\"][/audio]\r\n\r\nGazaweb\r\nhttps://www.produzionidalbasso.com/project/fai-crescere-gli-alberi-della-rete-a-gaza-1/\r\n\r\nSilvio edizioni\r\n\r\nhttps://www.ilpost.it/2024/06/25/silvio-berlusconi-editore-mondadori/\r\n\r\nIl gruppo editoriale Mondadori ha annunciato formalmente la creazione di “Silvio Berlusconi Editore”, una nuova casa editrice del Gruppo Mondadori. Il primo libro uscirà il prossimo 5 settembre e sarà la traduzione del saggio On Leadership scritto da Tony Blair, primo ministro britannico tra il 1997 e il 2007 e a lungo leader del Partito Laburista. Sono state annunciate anche alcune pubblicazioni previste per il 2025, tra cui La fine del regime, dello scrittore russo Alexander Baunov, e Ragazzi di carta velina, dello scrittore italiano Walter Siti.\r\n\r\nDa che parte stare?\r\n\r\nhttps://futurism.com/the-byte/cop-leaps-tesla-self-driving\r\nhttps://www.cbsnews.com/losangeles/news/self-driving-tesla-crashes-into-police-cruiser-in-fullerton/\r\n\r\nAI is just going great\r\n\r\nhttps://www.bloomberg.com/news/articles/2023-12-07/ai-fast-food-drive-thrus-need-human-workers-70-of-time\r\n\r\nAssange\r\n\r\nhttps://www.ilpost.it/2024/06/26/julian-assange-liberato/\r\n\r\nLa liberazione di Assange era prevista da un accordo raggiunto martedì tra lui e il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, dove Assange, per via della sua attività con WikiLeaks, è accusato di aver violato l’Espionage Act, una legge contro lo spionaggio: complessivamente rischiava fino a 175 anni di carcere. L’accordo prevedeva che Assange si dichiarasse colpevole di aver ottenuto e diffuso in modo illegale alcuni documenti considerati sensibili per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, e che in cambio venisse giudicato a Saipan, che ricade sotto la giurisdizione statunitense ma non è propriamente territorio americano.\r\n\r\nhttps://www.ilpost.it/2024/06/26/accordo-liberazione-assange/\r\n\r\nSecondo BBC News le trattative che hanno portato a un accordo di fatto sono iniziate nel 2022, quando in Australia è entrato in carica un governo di centrosinistra guidato da Anthony Albanese, del Partito Laburista. Albanese aveva reso la liberazione di Assange una delle priorità diplomatiche del suo governo: nell’ottobre del 2023 in una visita alla Casa Bianca ne aveva parlato direttamente col presidente statunitense Joe Biden, mentre qualche mese dopo il suo partito aveva appoggiato una mozione parlamentare, approvata a larga maggioranza, che di fatto chiedeva la liberazione di Assange agli Stati Uniti e al Regno Unito, dove era detenuto.\r\n\r\nhttps://www.ilpost.it/2024/06/25/wikileaks-oggi/\r\n\r\nNel 2016 WikiLeaks tornò improvvisamente rilevante perché cominciò a diffondere documenti riservati (soprattutto email) che provenivano dal Partito Democratico statunitense e dal comitato elettorale di Hillary Clinton, che in quel momento era candidata alle elezioni presidenziali. A quanto sembra i documenti erano stati sottratti al partito e a Clinton da hacker russi vicini al regime di Vladimir Putin, che durante quella campagna elettorale provarono ad agevolare l’elezione di Donald Trump, ritenuto meno ostile di Clinton a Putin. WikiLeaks ha sempre negato di avere ricevuto i documenti dai russi, ma l’intelligence statunitense si è detta certa che la provenienza dei documenti fosse quella.\r\n\r\nWikiLeaks era nata come progetto personale di Assange, ma negli anni in cui era maggiormente esposta si era allargata fino a impiegare giornalisti, esperti di sicurezza e attivisti per la trasparenza. Fra il 2007 e il 2010 WikiLeaks pubblicò centinaia di migliaia di documenti riservati che riguardavano soprattutto gli Stati Uniti e le operazioni militari in Iraq e Afghanistan, oltre a moltissime comunicazioni diplomatiche (quindi riservate) con i rappresentanti di altri paesi. In una prima fase WikiLeaks collaborò con i giornali più rispettati al mondo, fra cui il New York Times e il Guardian: negli anni poi quelle collaborazioni si sono interrotte, anche per via dell’approccio spregiudicato e spesso poco ortodosso dal punto di vista giornalistico di Assange, noto peraltro per il suo atteggiamento spesso megalomane e paranoico.\r\n\r\nCompagni in lotta\r\n\r\nhttps://www.youtube.com/watch?v=YyL1VGfFeS4\r\nhttps://www.lastampa.it/cronaca/2024/06/20/video/il_bancomobile_di_bitcoin_cosi_franco_lee_promuoveva_la_sua_attivita_illecita_via_social-14407986/?ref=LSHA-BH-P5-S2-T1\r\n\r\nhttps://decrypt.co/236152/certik-kraken-extortion-white-hat-hack","26 Giugno 2024","2024-06-26 23:03:01","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/gazaweb-200x110.jpg","Gazaweb",1719442961,[],[],{"post_content":275},{"matched_tokens":276,"snippet":277,"value":278},[249],"di Assange una delle priorità \u003Cmark>diplomatiche\u003C/mark> del suo governo: nell’ottobre del","Ascolta la puntata completa\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/alberi-della-rete.mp3\"][/audio]\r\n\r\nGazaweb\r\nhttps://www.produzionidalbasso.com/project/fai-crescere-gli-alberi-della-rete-a-gaza-1/\r\n\r\nSilvio edizioni\r\n\r\nhttps://www.ilpost.it/2024/06/25/silvio-berlusconi-editore-mondadori/\r\n\r\nIl gruppo editoriale Mondadori ha annunciato formalmente la creazione di “Silvio Berlusconi Editore”, una nuova casa editrice del Gruppo Mondadori. Il primo libro uscirà il prossimo 5 settembre e sarà la traduzione del saggio On Leadership scritto da Tony Blair, primo ministro britannico tra il 1997 e il 2007 e a lungo leader del Partito Laburista. Sono state annunciate anche alcune pubblicazioni previste per il 2025, tra cui La fine del regime, dello scrittore russo Alexander Baunov, e Ragazzi di carta velina, dello scrittore italiano Walter Siti.\r\n\r\nDa che parte stare?\r\n\r\nhttps://futurism.com/the-byte/cop-leaps-tesla-self-driving\r\nhttps://www.cbsnews.com/losangeles/news/self-driving-tesla-crashes-into-police-cruiser-in-fullerton/\r\n\r\nAI is just going great\r\n\r\nhttps://www.bloomberg.com/news/articles/2023-12-07/ai-fast-food-drive-thrus-need-human-workers-70-of-time\r\n\r\nAssange\r\n\r\nhttps://www.ilpost.it/2024/06/26/julian-assange-liberato/\r\n\r\nLa liberazione di Assange era prevista da un accordo raggiunto martedì tra lui e il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, dove Assange, per via della sua attività con WikiLeaks, è accusato di aver violato l’Espionage Act, una legge contro lo spionaggio: complessivamente rischiava fino a 175 anni di carcere. 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Questo sarà uno degli striscioni del corteo antifascista di domenica 7 febbraio alle Vallette. Forse basterebbe per dare il senso dell'iniziativa. Ovviamente non basta ma vale la pena ricordare che l'essenziale è tutto lì. Il corteo è promosso dai “Soliti ragazzi del quartiere” e da altri antifascisti torinesi, che quest'anno hanno voluto fosse il culmine di una settimana di informazione e lotta. I fascisti hanno indetto un corteo presso il villaggio Santa Caterina, la zona di case popolari che dagli anni Cinquanta ospita un folto gruppo di esuli istriani e dalmati. Per i fascisti è un'occasione per lucidare le armi della retorica nazionalista, facendo leva sulla memoria dolorosa dei profughi e dei loro discendenti, che presero la via dell'esilio tra il 1943 e il 1956.\r\nPer gli antifascisti e per i libertari è invece un'opportunità per mettere al centro una memoria che, nel rispetto di chi allora dovette lasciare le proprie case, prendendo la via dell'esilio, sappia cogliere tutto il male profondo che si radica e cresce di fronte ad ogni linea di frontiera, ad ogni spazio diviso da filo spinato, ad ogni bandiera che divida “noi” e “loro”. Chiunque essi siano.\r\n\r\nSino a poco tempo fa le fucilazioni e successivo seppellimento nelle foibe, le cavità tipiche del Carso, era un cavallo di battaglia delle destre, che liquidavano le ultime convulse fasi della seconda guerra mondiale tra Trieste, l'Istria e la costa Dalmata, come pulizia etnica nei confronti delle popolazioni di lingua italiana che vivevano in quelle zone.\r\nOggi gli argomenti dei fascisti li usano tutti. Il dramma delle popolazioni giuliano-dalmata fu scatenato «da un moto di odio e furia sanguinaria e un disegno annessionistico slavo che prevalse innanzitutto nel trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica». Queste parole le ha pronunciate nel 2007 il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione della “giornata del ricordo”, ma, non per caso, vennero condivise in modo bipartisan dalla destra e dalla sinistra parlamentari. Queste frasi vennero pronunciate alla foiba di Bazovizza, chiusa da una colata di cemento, sì che le richieste degli storici di potervi accedere per verificare quanti morti vi fossero dentro, è stata seppellita dalla retorica nazionalista.\r\nIl dramma del “confine orientale” ha radici lontane. Dopo la prima guerra mondiale, l'Italia si sedette da vincitrice al tavolo delle trattative. Il trattato di Rapallo, che perfezionò le condizioni stabilite durante la conferenza di Versailles, sancì l'annessione all'Italia di Trento, Trieste, Istria, e Dalmazia. Luoghi dove almeno un milione di persone parlavano lingue diverse dall'italiano, ma vennero obbligate a parlarlo in tutte le situazioni pubbliche e, soprattutto, a scuola. Oltre cinquantamila persone lasciarono Trieste dopo l'annessione: funzionari dell'impero austroungarico o semplici cittadini di lingua austriaca o slovena, per i quali non c'erano prospettive di vita nella Trieste “italiana”. Una città poliglotta e vivace stava smarrendo la propria peculiarità di luogo di incontro e intreccio di culture diverse.\r\nIl fascismo accentuò la repressione nei confronti delle popolazioni di lingua slovena e croata, l'occupazione tedesca e italiana della Jugoslavia fu accompagnata da atrocità indelebili. Questa non è una giustificazione di quanto accadde, ma più banalmente la restituzione di un contesto di guerra durissimo. Nella seconda guerra mondiale in Jugoslavia morirono un milione di persone, altrettante persero la vita nell'Italia del Nord.\r\nNelle fucilazioni dei partigiani titoisti caddero molti fascisti, anche se i gerarchi più importanti fecero in tempo a trovare scampo a Trieste. Caddero anche molte persone le cui collusioni dirette con il fascismo erano molto più impalpabili. L'equiparazione tra fascismo e italianità, perseguita con forza dal regime mussoliniano, costerà molto cara a chi, in quanto italiano, venne considerato tout court fascista. Oggi gli storici concordano sul fatto che le cifre reali sugli infoibati sono molto lontane da quelle proposte dalla retorica nazionalista, ma per noi anche uno solo sarebbe troppo. Sloveno, italiano, croato che sia.\r\n\r\nPiù significativo fu invece l'esodo dall'Istria e dalle coste dalmate. Città come Pola e Zara persero oltre il 80% della popolazione. Accolti bene dalle popolazioni più vicine, vennero trattati con disprezzo ed odio altrove. Ad Ancona vennero accolti a sputi e trattati da fascisti in fuga. Qui a Torino erano guardati con diffidenza. Per la gente comune, con involontaria, ma non meno feroce ironia, erano “gli slavi”.\r\n\r\nLa radice del male, oggi come allora, è nel nazionalismo che divide, separa, spezza.\r\n\r\nA ciascuno di noi il compito di combattere il fascismo oggi. I profughi di altre guerre, di altri luoghi sono lo spauracchio con il quale i fascisti del nuovo millennio, provano a dar gambe alla guerra tra i poveri, all'odio verso i diversi, alla chiusura identitaria.\r\nRicordare oggi le vicende del confine orientale, un confine spostato tante volte nel sangue, significa confrontarsi con la pratica di una verità, che riconoscendo le vittime e il contesto di quelle vicende, ci insegna che solo un'umanità senza frontiere può mettere la parola fine ad orrori che, ogni giorno si ripetono ad ogni latitudine. In nome di un dio, di una nazione, di una frontiera fatta di nulla.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Claudio Venza, docente di storia all'università di Trieste, anarchico e antifascista.\r\n\r\nAscolta la diretta realizzata da Anarres:\r\n\r\n2016-02-05-venza-foibe\r\n\r\nDi seguito una scheda sull'esodo istriano e un'intervista a Gloria Nemec, sulla memoria dell’esodo istriano e dei “rimasti”. Entrambi i pezzi usciranno sul settimanale anarchico Umanità Nova\r\n\r\nLe tappe dell’esodo istriano (1943-1956)\r\n\r\nI numeri dei profughi italiani dall’Istria, Fiume e Dalmazia hanno costituito un cavallo di battaglia per tutti coloro che hanno presentato pubblicamente il fatto storico, in particolare per chi ha speculato su questo distacco doloroso per fini nazionalistici e revanschisti. La rivincita (revanche) è stata invocata a più riprese da chi si illudeva di una possibile guerra tra Italia e Jugoslavia e poi tra Occidente e Oriente, un conflitto in cui Trieste avrebbe dovuto essere il pretesto, il bottino e il perno.\r\n\r\nLe prime stime si aggiravano su poco più di 200.000 unità. Poi il livello è stato portato a 350.000 da diversi sostenitori (come padre Flaminio Rocchi). Sul piano di una lettura dell’esodo in versione anticomunista e antislava, anche i numeri degli “infoibati” venivano gonfiati fino a parlare, senza la minima prova, di “ventimila italiani massacrati in quanto tali”. La cifra più attendibile dell’esodo, in conseguenza di recenti ricerche d’archivio, si aggira sulle 300.000 persone emigrate verso l’Italia.\r\n\r\nIn realtà si pone un problema metodologico di notevole significato storico e politico: come stabilire l’italianità certa quando in Istria, ma non solo, le ascendenze, la lingua d’uso, i cognomi sono cambiati molto di frequente ? In effetti la popolazione si mescolava, e si mescola, al di là di proclamate barriere nazionali e linguistiche. Si tenga conto che l’identità prevalente ai giorni nostri è quella “istriana”, una miscela di italiano-sloveno-croato consolidata nel corso del tempo.\r\n\r\nLa prima fase della fuga dalle campagne istriane di persone di cultura prevalentemente italiana (dopo un ventennio di un regime fascista fautore di una martellante snazionalizzazione ai danni della popolazione slava) si registra dopo l’8 settembre 1943, la “capitolazione” dell’Italia e la conseguente fuga di persone e gruppi particolarmente esposti sul piano politico, nazionale e/o della lotta di classe, diretta in particolare contro i proprietari terrieri. Prima, e a seguito, dei Trattati di pace si registrano circa tre anni di possibili opzioni dei soggetti che decidono di spostarsi in Italia. Questo flusso interessa diverse decine di migliaia di persone timorose del nuovo corso politico che, in teoria, ruota attorno ai “poteri popolari”, organismi controllati di fatto dalla Lega dei Comunisti, il vero detentore del potere istituzionale.\r\n\r\nSono segnalati, e confermati da ispezioni del partito a livello centrale, molti casi di abusi per ostacolare la libera scelta dell’opzione filo italiana. Si riaprono, anche su pressioni diplomatiche, i termini e nel 1950-51 si assiste ad una nuova ondata di esuli verso l’Italia. In questo frangente anche diversi militanti comunisti filostaliniani cercano di uscire dallo stato jugoslavo dove i titoisti esercitano un controllo e una repressione fortissimi verso gli ex-compagni sospettati di cominformismo.\r\n\r\nTalvolta le uscite dalla Jugoslavia sono rese difficili dalle professioni qualificate dei richiedenti che sono preziose per un paese distrutto da una guerra devastante con circa un milione di morti. Ad esempio, ai medici e agli artigiani riesce difficile ottenere il consenso all’espatrio. Poiché sembrava che il flusso stesse spopolando le stesse campagne, il potere jugoslavo trova modi e forme per scoraggiare l’esodo di utili produttori agricoli.\r\n\r\nNell’Istria slovena, dopo il memorandum di Londra del 1954 (che pone fine al Territorio Libero di Trieste e quindi assegna la Zona B, nel nord dell’Istria, alla Jugoslavia), si alimenta una nuova corrente di un esodo che termina, più o meno, nel 1956. Questo flusso non raggiunge i numeri impressionanti che avevano svuotato di fatto città importanti come Pola e Zara con l’esodo dell’80-90 % dei residenti.\r\n\r\nI circa 300.000 profughi saranno accolti in più di 100 campi più o meno improvvisati, sparsi per il territorio italiano, in attesa della costruzione di appositi borghi o dell’ulteriore emigrazione di varie migliaia verso mete d’oltremare, come il Nord America, l’Argentina, l’Australia.\r\n\r\nDa più parti si evoca una “diaspora” istriana assumendo la definizione, però molto più pregnante, della dispersione degli ebrei in età moderna e contemporanea. Ad ogni modo va ricordato che buona parte dei profughi non apparteneva ai ceti dirigenti o privilegiati, compromessi col fascismo che fuse in un’unica immagine pubblica l’italiano e il fascista.\r\n\r\nLa dittatura contribuì così a dirigere la prevedibile resa dei conti dopo il 1945. In essa gli elementi nazionali e quelli di classe risultarono spesso confusi e comunque portatori di gravi conseguenze sul piano dei destini collettivi.\r\n\r\nClaudio Venza\r\n\r\n*****\r\n\r\nLa memoria dell’esodo istriano\r\nClaudio Venza, docente di storia all’Università di Trieste, ha intervistato per il settimanale Umanità Nova, una studiosa di storia sociale, Gloria Nemec, sulla memoria dell’esodo istriano e dei “rimasti”.\r\nVi proponiamo di seguito l’intervista.\r\n\r\n1. Come ti sei avvicinata alla storia dell’esodo dei giuliano-dalmati?\r\n\r\nDa studiosa di storia sociale, ho lavorato sul campo dei processi collettivi e di formazione delle memorie nella zona alto-adriatica, in particolar modo nel secondo dopoguerra. Dove si poteva, ho privilegiato l’uso delle fonti orali, delle memorie autobiografiche e familiari, nell’ambito di progetti grandi e piccoli, internazionali e locali. Il fatto che Trieste fosse divenuta “la più grande città istriana” a seguito dell’esodo dei giuliano dalmati, non mi sembrava un fatto irrilevante: il carico di memorie dolorose e conflittuali aveva connotato non poco la città, anche se sino ai primi anni ’90 la storiografia aveva fatto un uso limitatissimo delle memorie dei protagonisti. La raccolta di testimonianze degli esuli da Grisignana d’Istria che ha prodotto Un paese perfetto (1998) ha fatto un po’ da apripista ad altre indagini con fonti orali, mie e di altri. Per me era importante ricostruire memorie lunghe – dal fascismo al definitivo sradicamento e inserimento nella società triestina - attraverso le storie di famiglie contadine di una piccola comunità. Mi interessava entrare in un mondo di mentalità, valori, cultura materiale e linguaggi per capire meglio la crisi collettiva che aveva comportato l’abbandono di massa del luogo d’origine. Molte narrazioni pubbliche riferite all’esodo si focalizzano invece sul breve periodo 1943-45 come se nulla fosse successo prima e nulla dopo.\r\n\r\n2. Che tipologia di persone hai incontrato nelle tue ricerche?\r\n\r\nUn po’ di tutti i tipi. A Trieste ho intervistato soprattutto esuli dalla Zona B, e soprattutto quella specifica tipologia istriana di coltivatori diretti, su proprietà medio-piccole e residenti nelle cittadine. La gran parte dei testimoni sottolineava un’appartenenza urbana-rurale che credo sia specifico elemento costitutivo delle identità culturali degli italiani d’Istria. Molti lavoravano la loro terra “senza servi né padroni” come ha scritto Guido Miglia e si definivano agricoltori ma non contadini perché vivevano nel perimetro urbano. Si percepivano come cittadini occupati in campagna, si cambiavano finito il lavoro per presentarsi con “aspetto civile”, frequentare la piazza, il caffè, l’osteria, dove si ritrovavano gli operatori comunali, gli artigiani, i bottegai. Su quel perimetro spesso si giocava un confronto di lungo periodo tra mondo latino e slavo: nazionale, economico e culturale, secondo una miriade di variabili, dati i profondi fenomeni di ibridismo e le radici intrecciate di molte famiglie. E’ chiaro che il ventennio fascista e i processi di snazionalizzazione degli alloglotti (non parlanti l’italiano come lingua d’uso) rafforzarono per gli italiani delle cittadine il senso della supremazia storica e favorirono una rappresentazione quasi mitica dell’italianità di frontiera. Si affermò quel nesso indissolubile tra fascismo e italianità che si sarebbe ritorto crudelmente a danno degli italiani.\r\nTra le comunità italiane di rimasti in Istria ho incontrato uomini e donne di tutti i tipi, ovviamente di età adeguata perché chiedevo loro di raccontarmi le storie familiari tra guerra, esodo e dopoguerra. Ho intervistato contadini, operai, pescatori e insegnanti, illetterati e laureati, persone coinvolte nella costruzione dei poteri popolari e persone che li subirono, nell’intento di ricostruire quella pluralità dinamica di storie che è tratto fondamentale della realtà istriana, spesso oscurato dall’univoca definizione di “rimasti”. L’ascolto delle storie di vita insegna la complessità.\r\n\r\n3. Come vedono e giudicano oggi quell’evento lontano?\r\n\r\nL’esodo fu una crisi comunitaria e una profonda lacerazione: la nostalgia per un mondo scomparso e idealizzato è un tratto comune nella memoria di esuli e rimasti. Fu un lutto complicato da elaborare nel dopoguerra, mentre si imponevano travagliati percorsi di integrazione o di adattamento al nuovo contesto jugoslavo.\r\n\r\n4. Sino a che punto la memoria degli esuli trasfigura la realtà storica secondo un paradigma che è stato definito “vittimistico”?\r\n\r\nC’è stato un buco nero nella memoria europea del dopoguerra: quello delle migrazioni forzate e della semplificazione etnica che ne conseguì. Si stima che circa venti milioni di persone furono variamente obbligate a trasferirsi, le loro esperienze e memorie rimasero escluse dalla formazione di una memoria collettiva nel corso dei processi di ristabilizzazione post-bellica. E’ chiaro che il paradigma risentito-vittimistico ha un suo senso storico, come compare dalle ultime generazioni di ricerche sui trasferimenti di popolazioni europee. La storia orale ha avuto un ruolo decisivo nel riportare alla luce queste vicende. E siccome i traumi si ereditano, anche le generazioni successive si sono fatte carico della memoria di un evento accaduto molto tempo prima del quale il resto è stato conseguenza.\r\n\r\nGloria Nemec ha insegnato Storia sociale all’Università di Trieste. Da decenni conduce un lavoro sulle fonti orali. Ha pubblicato: Un paese perfetto. Storia e memoria di una comunità in esilio. Grisignana d’Istria (1930-1960), Gorizia, LEG, 2015; Nascita di una minoranza. Istria 1947-1965. Storia e memoria degli italiani rimasti nell’area istro-quarnerina, Fiume-Trieste-Rovigno, 2012; Dopo venuti a Trieste. Storie di esuli giuliano-dalmati attraverso un manicomio di confine, Trieste-Merano, Circolo “Istria”- ed. 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Ovviamente non basta ma vale la pena ricordare che l'essenziale è tutto lì. Il corteo è promosso dai “Soliti ragazzi del quartiere” e da altri antifascisti torinesi, che quest'anno hanno voluto fosse il culmine di una settimana di informazione e lotta. I fascisti hanno indetto un corteo presso il villaggio Santa Caterina, la zona di case popolari che dagli anni Cinquanta ospita un folto gruppo di esuli istriani e dalmati. Per i fascisti è un'occasione per lucidare le armi della retorica nazionalista, facendo leva sulla memoria dolorosa dei profughi e dei loro discendenti, che presero la via dell'esilio tra il 1943 e il 1956.\r\nPer gli antifascisti e per i libertari è invece un'opportunità per mettere al centro una memoria che, nel rispetto di chi allora dovette lasciare le proprie case, prendendo la via dell'esilio, sappia cogliere tutto il male profondo che si radica e cresce di fronte ad ogni linea di frontiera, ad ogni spazio diviso da filo spinato, ad ogni bandiera che divida “noi” e “loro”. Chiunque essi siano.\r\n\r\nSino a poco tempo fa le fucilazioni e successivo seppellimento nelle foibe, le cavità tipiche del Carso, era un cavallo di battaglia delle \u003Cmark>destre\u003C/mark>, che liquidavano le ultime convulse fasi della seconda guerra mondiale tra Trieste, l'Istria e la costa Dalmata, come pulizia etnica nei confronti delle popolazioni di lingua italiana che vivevano in quelle zone.\r\nOggi gli argomenti dei fascisti li usano tutti. Il dramma delle popolazioni giuliano-dalmata fu scatenato «da un moto di odio e furia sanguinaria e un disegno annessionistico slavo che prevalse innanzitutto nel trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica». Queste parole le ha pronunciate nel 2007 il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione della “giornata del ricordo”, ma, non per caso, vennero condivise in modo bipartisan dalla destra e dalla sinistra parlamentari. Queste frasi vennero pronunciate alla foiba di Bazovizza, chiusa da una colata di cemento, sì che le richieste degli storici di potervi accedere per verificare quanti morti vi fossero dentro, è stata seppellita dalla retorica nazionalista.\r\nIl dramma del “confine orientale” ha radici lontane. Dopo la prima guerra mondiale, l'Italia si sedette da vincitrice al tavolo delle trattative. Il trattato di Rapallo, che perfezionò le condizioni stabilite durante la conferenza di Versailles, sancì l'annessione all'Italia di Trento, Trieste, Istria, e Dalmazia. Luoghi dove almeno un milione di persone parlavano lingue diverse dall'italiano, ma vennero obbligate a parlarlo in tutte le situazioni pubbliche e, soprattutto, a scuola. Oltre cinquantamila persone lasciarono Trieste dopo l'annessione: funzionari dell'impero austroungarico o semplici cittadini di lingua austriaca o slovena, per i quali non c'erano prospettive di vita nella Trieste “italiana”. Una città poliglotta e vivace stava smarrendo la propria peculiarità di luogo di incontro e intreccio di culture diverse.\r\nIl fascismo accentuò la repressione nei confronti delle popolazioni di lingua slovena e croata, l'occupazione tedesca e italiana della Jugoslavia fu accompagnata da atrocità indelebili. Questa non è una giustificazione di quanto accadde, ma più banalmente la restituzione di un contesto di guerra durissimo. Nella seconda guerra mondiale in Jugoslavia morirono un milione di persone, altrettante persero la vita nell'Italia del Nord.\r\nNelle fucilazioni dei partigiani titoisti caddero molti fascisti, anche se i gerarchi più importanti fecero in tempo a trovare scampo a Trieste. Caddero anche molte persone le cui collusioni dirette con il fascismo erano molto più impalpabili. L'equiparazione tra fascismo e italianità, perseguita con forza dal regime mussoliniano, costerà molto cara a chi, in quanto italiano, venne considerato tout court fascista. Oggi gli storici concordano sul fatto che le cifre reali sugli infoibati sono molto lontane da quelle proposte dalla retorica nazionalista, ma per noi anche uno solo sarebbe troppo. Sloveno, italiano, croato che sia.\r\n\r\nPiù significativo fu invece l'esodo dall'Istria e dalle coste dalmate. Città come Pola e Zara persero oltre il 80% della popolazione. Accolti bene dalle popolazioni più vicine, vennero trattati con disprezzo ed odio altrove. Ad Ancona vennero accolti a sputi e trattati da fascisti in fuga. Qui a Torino erano guardati con diffidenza. Per la gente comune, con involontaria, ma non meno feroce ironia, erano “gli slavi”.\r\n\r\nLa radice del male, oggi come allora, è nel nazionalismo che divide, separa, spezza.\r\n\r\nA ciascuno di noi il compito di combattere il fascismo oggi. I profughi di altre guerre, di altri luoghi sono lo spauracchio con il quale i fascisti del nuovo millennio, provano a dar gambe alla guerra tra i poveri, all'odio verso i diversi, alla chiusura identitaria.\r\nRicordare oggi le vicende del confine orientale, un confine spostato tante volte nel sangue, significa confrontarsi con la pratica di una verità, che riconoscendo le vittime e il contesto di quelle vicende, ci insegna che solo un'umanità senza frontiere può mettere la parola fine ad orrori che, ogni giorno si ripetono ad ogni latitudine. In nome di un dio, di una nazione, di una frontiera fatta di nulla.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Claudio Venza, docente di storia all'università di Trieste, anarchico e antifascista.\r\n\r\nAscolta la diretta realizzata da Anarres:\r\n\r\n2016-02-05-venza-foibe\r\n\r\nDi seguito una scheda sull'esodo istriano e un'intervista a Gloria Nemec, sulla memoria dell’esodo istriano e dei “rimasti”. Entrambi i pezzi usciranno sul settimanale anarchico Umanità Nova\r\n\r\nLe tappe dell’esodo istriano (1943-1956)\r\n\r\nI numeri dei profughi italiani dall’Istria, Fiume e Dalmazia hanno costituito un cavallo di battaglia per tutti coloro che hanno presentato pubblicamente il fatto storico, in particolare per chi ha speculato su questo distacco doloroso per fini nazionalistici e revanschisti. La rivincita (revanche) è stata invocata a più riprese da chi si illudeva di una possibile guerra tra Italia e Jugoslavia e poi tra Occidente e Oriente, un conflitto in cui Trieste avrebbe dovuto essere il pretesto, il bottino e il perno.\r\n\r\nLe prime stime si aggiravano su poco più di 200.000 unità. Poi il livello è stato portato a 350.000 da diversi sostenitori (come padre Flaminio Rocchi). Sul piano di una lettura dell’esodo in versione anticomunista e antislava, anche i numeri degli “infoibati” venivano gonfiati fino a parlare, senza la minima prova, di “ventimila italiani massacrati in quanto tali”. La cifra più attendibile dell’esodo, in conseguenza di recenti ricerche d’archivio, si aggira sulle 300.000 persone emigrate verso l’Italia.\r\n\r\nIn realtà si pone un problema metodologico di notevole significato storico e politico: come stabilire l’italianità certa quando in Istria, ma non solo, le ascendenze, la lingua d’uso, i cognomi sono cambiati molto di frequente ? In effetti la popolazione si mescolava, e si mescola, al di là di proclamate barriere nazionali e linguistiche. Si tenga conto che l’identità prevalente ai giorni nostri è quella “istriana”, una miscela di italiano-sloveno-croato consolidata nel corso del tempo.\r\n\r\nLa prima fase della fuga dalle campagne istriane di persone di cultura prevalentemente italiana (dopo un ventennio di un regime fascista fautore di una martellante snazionalizzazione ai danni della popolazione slava) si registra dopo l’8 settembre 1943, la “capitolazione” dell’Italia e la conseguente fuga di persone e gruppi particolarmente esposti sul piano politico, nazionale e/o della lotta di classe, diretta in particolare contro i proprietari terrieri. Prima, e a seguito, dei Trattati di pace si registrano circa tre anni di possibili opzioni dei soggetti che decidono di spostarsi in Italia. Questo flusso interessa diverse decine di migliaia di persone timorose del nuovo corso politico che, in teoria, ruota attorno ai “poteri popolari”, organismi controllati di fatto dalla Lega dei Comunisti, il vero detentore del potere istituzionale.\r\n\r\nSono segnalati, e confermati da ispezioni del partito a livello centrale, molti casi di abusi per ostacolare la libera scelta dell’opzione filo italiana. Si riaprono, anche su pressioni \u003Cmark>diplomatiche\u003C/mark>, i termini e nel 1950-51 si assiste ad una nuova ondata di esuli verso l’Italia. In questo frangente anche diversi militanti comunisti filostaliniani cercano di uscire dallo stato jugoslavo dove i titoisti esercitano un controllo e una repressione fortissimi verso gli ex-compagni sospettati di cominformismo.\r\n\r\nTalvolta le uscite dalla Jugoslavia sono rese difficili dalle professioni qualificate dei richiedenti che sono preziose per un paese distrutto da una guerra devastante con circa un milione di morti. Ad esempio, ai medici e agli artigiani riesce difficile ottenere il consenso all’espatrio. Poiché sembrava che il flusso stesse spopolando le stesse campagne, il potere jugoslavo trova modi e forme per scoraggiare l’esodo di utili produttori agricoli.\r\n\r\nNell’Istria slovena, dopo il memorandum di Londra del 1954 (che pone fine al Territorio Libero di Trieste e quindi assegna la Zona B, nel nord dell’Istria, alla Jugoslavia), si alimenta una nuova corrente di un esodo che termina, più o meno, nel 1956. Questo flusso non raggiunge i numeri impressionanti che avevano svuotato di fatto città importanti come Pola e Zara con l’esodo dell’80-90 % dei residenti.\r\n\r\nI circa 300.000 profughi saranno accolti in più di 100 campi più o meno improvvisati, sparsi per il territorio italiano, in attesa della costruzione di appositi borghi o dell’ulteriore emigrazione di varie migliaia verso mete d’oltremare, come il Nord America, l’Argentina, l’Australia.\r\n\r\nDa più parti si evoca una “diaspora” istriana assumendo la definizione, però molto più pregnante, della dispersione degli ebrei in età moderna e contemporanea. Ad ogni modo va ricordato che buona parte dei profughi non apparteneva ai ceti dirigenti o privilegiati, compromessi col fascismo che fuse in un’unica immagine pubblica l’italiano e il fascista.\r\n\r\nLa dittatura contribuì così a dirigere la prevedibile resa dei conti dopo il 1945. In essa gli elementi nazionali e quelli di classe risultarono spesso confusi e comunque portatori di gravi conseguenze sul piano dei destini collettivi.\r\n\r\nClaudio Venza\r\n\r\n*****\r\n\r\nLa memoria dell’esodo istriano\r\nClaudio Venza, docente di storia all’Università di Trieste, ha intervistato per il settimanale Umanità Nova, una studiosa di storia sociale, Gloria Nemec, sulla memoria dell’esodo istriano e dei “rimasti”.\r\nVi proponiamo di seguito l’intervista.\r\n\r\n1. Come ti sei avvicinata alla storia dell’esodo dei giuliano-dalmati?\r\n\r\nDa studiosa di storia sociale, ho lavorato sul campo dei processi collettivi e di formazione delle memorie nella zona alto-adriatica, in particolar modo nel secondo dopoguerra. Dove si poteva, ho privilegiato l’uso delle fonti orali, delle memorie autobiografiche e familiari, nell’ambito di progetti grandi e piccoli, internazionali e locali. Il fatto che Trieste fosse divenuta “la più grande città istriana” a seguito dell’esodo dei giuliano dalmati, non mi sembrava un fatto irrilevante: il carico di memorie dolorose e conflittuali aveva connotato non poco la città, anche se sino ai primi anni ’90 la storiografia aveva fatto un uso limitatissimo delle memorie dei protagonisti. La raccolta di testimonianze degli esuli da Grisignana d’Istria che ha prodotto Un paese perfetto (1998) ha fatto un po’ da apripista ad altre indagini con fonti orali, mie e di altri. Per me era importante ricostruire memorie lunghe – dal fascismo al definitivo sradicamento e inserimento nella società triestina - attraverso le storie di famiglie contadine di una piccola comunità. Mi interessava entrare in un mondo di mentalità, valori, cultura materiale e linguaggi per capire meglio la crisi collettiva che aveva comportato l’abbandono di massa del luogo d’origine. Molte narrazioni pubbliche riferite all’esodo si focalizzano invece sul breve periodo 1943-45 come se nulla fosse successo prima e nulla dopo.\r\n\r\n2. Che tipologia di persone hai incontrato nelle tue ricerche?\r\n\r\nUn po’ di tutti i tipi. A Trieste ho intervistato soprattutto esuli dalla Zona B, e soprattutto quella specifica tipologia istriana di coltivatori diretti, su proprietà medio-piccole e residenti nelle cittadine. La gran parte dei testimoni sottolineava un’appartenenza urbana-rurale che credo sia specifico elemento costitutivo delle identità culturali degli italiani d’Istria. Molti lavoravano la loro terra “senza servi né padroni” come ha scritto Guido Miglia e si definivano agricoltori ma non contadini perché vivevano nel perimetro urbano. Si percepivano come cittadini occupati in campagna, si cambiavano finito il lavoro per presentarsi con “aspetto civile”, frequentare la piazza, il caffè, l’osteria, dove si ritrovavano gli operatori comunali, gli artigiani, i bottegai. Su quel perimetro spesso si giocava un confronto di lungo periodo tra mondo latino e slavo: nazionale, economico e culturale, secondo una miriade di variabili, dati i profondi fenomeni di ibridismo e le radici intrecciate di molte famiglie. E’ chiaro che il ventennio fascista e i processi di snazionalizzazione degli alloglotti (non parlanti l’italiano come lingua d’uso) rafforzarono per gli italiani delle cittadine il senso della supremazia storica e favorirono una rappresentazione quasi mitica dell’italianità di frontiera. Si affermò quel nesso indissolubile tra fascismo e italianità che si sarebbe ritorto crudelmente a danno degli italiani.\r\nTra le comunità italiane di rimasti in Istria ho incontrato uomini e donne di tutti i tipi, ovviamente di età adeguata perché chiedevo loro di raccontarmi le storie familiari tra guerra, esodo e dopoguerra. Ho intervistato contadini, operai, pescatori e insegnanti, illetterati e laureati, persone coinvolte nella costruzione dei poteri popolari e persone che li subirono, nell’intento di ricostruire quella pluralità dinamica di storie che è tratto fondamentale della realtà istriana, spesso oscurato dall’univoca definizione di “rimasti”. L’ascolto delle storie di vita insegna la complessità.\r\n\r\n3. Come vedono e giudicano oggi quell’evento lontano?\r\n\r\nL’esodo fu una crisi comunitaria e una profonda lacerazione: la nostalgia per un mondo scomparso e idealizzato è un tratto comune nella memoria di esuli e rimasti. Fu un lutto complicato da elaborare nel dopoguerra, \u003Cmark>mentre\u003C/mark> si imponevano travagliati percorsi di integrazione o di adattamento al nuovo contesto jugoslavo.\r\n\r\n4. Sino a che punto la memoria degli esuli trasfigura la realtà storica secondo un paradigma che è stato definito “vittimistico”?\r\n\r\nC’è stato un buco nero nella memoria europea del dopoguerra: quello delle migrazioni forzate e della semplificazione etnica che ne conseguì. Si stima che circa venti milioni di persone furono variamente obbligate a trasferirsi, le loro esperienze e memorie rimasero escluse dalla formazione di una memoria collettiva nel corso dei processi di ristabilizzazione post-bellica. E’ chiaro che il paradigma risentito-vittimistico ha un suo senso storico, come compare dalle ultime generazioni di ricerche sui trasferimenti di popolazioni europee. La storia orale ha avuto un ruolo decisivo nel riportare alla luce queste vicende. E siccome i traumi si ereditano, anche le generazioni successive si sono fatte carico della memoria di un evento accaduto molto tempo prima del quale il resto è stato conseguenza.\r\n\r\nGloria Nemec ha insegnato Storia sociale all’Università di Trieste. Da decenni conduce un lavoro sulle fonti orali. Ha pubblicato: Un paese perfetto. Storia e memoria di una comunità in esilio. Grisignana d’Istria (1930-1960), Gorizia, LEG, 2015; Nascita di una minoranza. Istria 1947-1965. Storia e memoria degli italiani rimasti nell’area istro-quarnerina, Fiume-Trieste-Rovigno, 2012; Dopo venuti a Trieste. Storie di esuli giuliano-dalmati attraverso un manicomio di confine, Trieste-Merano, Circolo “Istria”- ed. 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