","Migranti come \"lavoratori poveri\" e disoccupati nella crisi.","post",1392035374,[61,62,63,64,65,66],"http://radioblackout.org/tag/braccianti/","http://radioblackout.org/tag/confini/","http://radioblackout.org/tag/crisi/","http://radioblackout.org/tag/lavoratori-migranti-poveri/","http://radioblackout.org/tag/migranti-est-europa/","http://radioblackout.org/tag/politiche-migratorie-ue/",[28,26,68,69,15,70],"crisi","lavoratori migranti poveri","politiche migratorie UE",{"post_content":72,"post_title":77,"tags":81},{"matched_tokens":73,"snippet":75,"value":76},[74],"migranti","Come vivono uomini e donne \u003Cmark>migranti\u003C/mark> la crisi dilagante e prolungata","Come vivono uomini e donne \u003Cmark>migranti\u003C/mark> la crisi dilagante e prolungata dentro e fuori i confini dell'Unione Europea? Di fronte a quali forme di ricatto, di precarietà sempre crescente, di differenziazione giuridica, salariale, sociale si trovano i \u003Cmark>migranti\u003C/mark> neo-comunitari o extra-comunitari che vivono in Italia o in altri paesi UE? Quali risposte e quali lotte hanno saputo mettere in atto gli stessi \u003Cmark>migranti\u003C/mark> in diversi settori come per esempio nella logistica e nell'agricoltura?\r\n\r\nAbbiamo parlato questa mattina con Devi Sacchetto, docente di Sociologia del Lavoro presso l'Università di Padova, delle realtà che vivono i \u003Cmark>migranti\u003C/mark> - uomini e donne - nella crisi economica, tra disoccupazione forzata, sfruttamento e aumento dei cosiddetti \"lavoratori poveri\". Assistiamo oggi ad una proliferazione di confini di natura economica, giuridica, sociale e mediatica dentro e fuori UE ed area Schengen. 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Si registra un’aumento netto dei respingimenti e delle violenze tra molestie e trattamenti brutali e punitivi. \r\n\r\nI due progetti partono dai supporto bisogni delle persone per garantirne il diritto alla migrazione e al movimento. Dal supporto nel fornire beni materiali, alla creazione di momenti di socialità, come la palestra di arrampicata Flamingo Loophole inaugurata nel 2022 da Mediterranean Hope, per finire con operazioni di ricerca e soccorso in cui il collettivo rotte balcaniche si impegna per aiutare le persone bloccate nelle foreste a confine con la Turchia.\r\n\r\nQueste attività devono quotidianamente confrontarsi con la criminalizzazione della solidarietà, che prende l’aspetto di false accuse di smuggling, favoreggiamento all’immigrazione illegale e intimidazioni ai solidali. Ma la narrazione delle responsabilità va ribaltata: sono le politiche di criminalizzazione che creano confini da superare, le politiche estrattive e di violenza nei paesi d’origine a organizzare il flusso migratorio, così come l’erezione di frontiere a obbligare l’aiuto in mare dei naufraghi.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/Solidarietà-al-confine.mp3\"][/audio]","1 Marzo 2024","2024-03-04 13:50:29","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/photo-1553973784-ad1b60442b90-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"203\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/photo-1553973784-ad1b60442b90-300x203.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/photo-1553973784-ad1b60442b90-300x203.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/photo-1553973784-ad1b60442b90-1024x692.jpeg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/photo-1553973784-ad1b60442b90-768x519.jpeg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/photo-1553973784-ad1b60442b90-1536x1038.jpeg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/photo-1553973784-ad1b60442b90-2048x1384.jpeg 2048w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Solidarietà al confine: Bulgaria e Bosnia Erzegovina",1709298032,[131,132,133,65,134],"http://radioblackout.org/tag/area-schengen/","http://radioblackout.org/tag/bosnia/","http://radioblackout.org/tag/bulgaria/","http://radioblackout.org/tag/solidarieta-al-confine/",[136,137,138,15,139],"area Schengen","Bosnia","Bulgaria","solidarietà al confine",{"post_content":141,"tags":145},{"matched_tokens":142,"snippet":143,"value":144},[94],"che lavorano ai confini dell’est \u003Cmark>Europa\u003C/mark>: tra Sofia e Harmanli, nel","Nella settimana del processo all'equipaggio della nave Inventa vi abbiamo portato in dialogo due esperienze di solidarietà dal basso che lavorano ai confini dell’est \u003Cmark>Europa\u003C/mark>: tra Sofia e Harmanli, nel sud della Bulgaria verso il confine con la Turchia, da ormai un anno opera il Collettivo Rotte Balcaniche, mentre Mediterranean Hope lavora nei territori della Bosnia Erzegovina, dove ha sede a Bihać a 10km dal confine Croato. \r\n\r\nAbbiamo parlato dell’incremento di controlli legato all’entrata in Schengen della Bulgaria, un territorio già estremamente militarizzato per favorire lepolitiche di gestione dei flussi migratori che si concretizzano in brutali respingimenti e detenzioni, che il collettivo ha raccolto nel report \"Torchlight\".\r\n\r\nAnche in Bosnia Erzegovina, a causa delle politiche europee, vengono a crearsi bacini di contenimento, finanziati dalle nostre tasse, per mantenere le persone fuori dai confini. 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In tutta Italia, da nord a sud, le campagne rappresentano il territorio in cui si concentrano grandi quantità di braccianti, lavoratori e lavoratrici agricole che garantiscono l'arrivo di enormi quantità di frutta e verdura sugli scaffali della Grande Distribuzione Organizzata. I luoghi in cui vivono e lavorano i braccianti - in larghissima parte migranti ed in prevalenza provenienti da Africa ed Europa dell'Est - sono da tempo conosciuti: campi, ghetti, baraccopoli, casolari in rovina, ai margini dei centri urbani di provincia. Spesso, collettivi di solidali ed associazioni hanno denunciato le condizioni di sfruttamento lavorativo, ricatto e discriminazione a cui i lavoratori agricoli sono sottoposti, anche grazie alla presenza di differenti \"forme\" di caporalato, secondo schemi che si ripetono.\r\n\r\nQuesta mattina con Irene, ricercatrice presso l'Università di Bologna e attivista della rete Campagne in Lotta, abbiamo cercato di raccontare anche un altro mondo, strutturalmente collegato a quello appena descritto, ma di cui non si sente mai parlare. Seguendo la divisione tipica dell'organizzazione del lavoro capitalista, anche all'interno dei \"campi\" di raccolta e di vita le donne svolgono la maggior parte del lavoro sessuale e riproduttivo.\r\n\r\nEmergono così molti aspetti - invisibili ed invisibilizzati - legati alla condizione vissuta dalle donne \"impiegate\" nelle zone di raccolta agricola, in particolare africane e provenienti da Romania e Bulgaria. Donne che, oltre a vivere la \"consueta\" razzializzazione/etnicizzazione del lavoro, come accade per i lavoratori migranti, incarnano anche la razzializzazione del lavoro sessuale e riproduttivo. In moltissimi casi sono sottoposte a forme di sfruttamento e ricatto sessuale da parte di padroni, caporali, o, più in generale, dei \"datori di lavoro\". A questa violenza è funzionale la condizione di isolamento vissuta da queste donne (nei ghetti, nelle baraccolpoli, così come nei casolari in cui vivono precariamente), che rende molto complesso riuscire ad avere contatti con loro, oltre che includere la questione del lavoro sessuale/riproduttivo nella costruzione delle rivendicazioni bracciantili.\r\n\r\nAscolta l'intervista\r\n\r\nirene\r\n\r\n ","2 Giugno 2014","2014-06-09 12:23:58","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/06/donne-lavoro-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"240\" height=\"157\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/06/donne-lavoro.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","Il lavoro bracciantile ed il lavoro sessuale/riproduttivo: contropiano dalle campagne",1401716895,[180,61,181,65,182,183,184,185],"http://radioblackout.org/tag/baraccopoli/","http://radioblackout.org/tag/ghetti/","http://radioblackout.org/tag/prostituzione/","http://radioblackout.org/tag/ricatto-sessuale/","http://radioblackout.org/tag/sex-workers/","http://radioblackout.org/tag/sfruttamento-sessuale/",[187,28,188,15,189,190,191,192],"baraccopoli","ghetti","prostituzione","ricatto sessuale","sex workers","sfruttamento sessuale",{"post_content":194,"tags":198},{"matched_tokens":195,"snippet":196,"value":197},[74,94],"i braccianti - in larghissima parte \u003Cmark>migranti\u003C/mark> ed in prevalenza provenienti da Africa ed \u003Cmark>Europa\u003C/mark> dell'Est - sono da tempo conosciuti:","Intorno a Torino, da Saluzzo a Canelli, stanno per iniziare le stagioni di raccolta. 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La città dell’aerospazio, che sorgerà tra corso Francia e corso Marche, è stata candidata come sede di un acceleratore d’innovazione nel campo della Difesa e l’ufficio regionale per l’Europa del Defence Innovation Accelerator for the North Atlantic (D.I.A.N.A), una struttura della NATO.\r\nTorino punta tutto sull’industria bellica per il rilancio dell’economia. Un’economia di morte.\r\nBloccare la nascita di un nuovo polo di ricerca, progettazione e costruzione di ordigni bellici, impedire che la NATO abbia una sua base a Torino è un impegno concreto contro la guerra. \r\nLa manifestazione, che mira a rompere il muro di silenziosa omertà che copre la decisione di trasformare la nostra città in centro armiero di eccellenza, si muoverà per il centro cittadino, partendo dal piazza Borgodora.\r\n\r\nContro la guerra e chi la arma\r\nSabato 9 aprile\r\ncorteo\r\nore 14,30 \r\nPiazza Borgo Dora al Balon\r\n\r\n* No alla città dell'aerospazio, nuovo polo di ricerca, progettazione e produzione di armi.\r\n\r\n* No al progetto D.I.A.N.A. della Nato a Torino\r\n\r\n* Chiusura e riconversione dell'industria bellica\r\n\r\n* No all’ENI che devasta l’ambiente e promuove guerre per il gas e il petrolio\r\n\r\n* Contro la guerra ai poveri che in ogni dove pagano il prezzo più alto. No al carovita!\r\n\r\n* No alle spese militari! Vogliamo case, scuole, ospedali, trasporti per tutt*\r\n\r\n* Stop all'invio di armi in Ucraina, ritiro di tutte le missioni militari all'estero\r\n\r\n* Solidarietà ed accoglienza ai profughi di tutte le guerre\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/2022-04-05-corteo-no-guerra-9-aprile.mp3\"][/audio]\r\n\r\n* Contro tutti gli imperialismi per un mondo senza frontiere\r\n\r\nCoordinamento contro la guerra e chi la arma – Torino\r\n\r\ninfo: antimilitarista.to@gmail.com\r\n\r\nAscolta l’approfondimento:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/2022-04-05-corteo-no-guerra-9-aprile.mp3\"][/audio]\r\n\r\nDi seguito il testo analitico dell’Assemblea antimilitarista\r\n\r\nDisertiamo la guerra!\r\nL’Italia è in guerra. Sebbene le forze armate del Belpaese abbiano preso parte attiva a conflitti in Europa, Africa e Medioriente sin dal 1992, la gran parte delle persone è convinta che l’ultima guerra sia finita nel 1945. I governi che si sono succeduti hanno coperto le operazioni belliche tricolori sotto un manto di ipocrisia. Missioni umanitarie, operazioni di polizia internazionali hanno travestito l’invio di truppe sui fronti di guerra in Somalia, Libano, Serbia, Iraq, Afganistan, Libia.\r\nQuest’estate, per la prima volta in quarant’anni un ministro della Difesa, in occasione del rifinanziamento delle missioni militari italiane all’estero, ha rivendicato spudoratamente le avventure neocoloniali delle forze armate come strumento di tutela degli interessi dell’Italia.\r\nBen 18 delle 40 missioni militari all’estero sono in Africa nel triangolo che va dalla Libia al Sahel sino al golfo di Guinea. Sono lì per fare la guerra ai migranti diretti in Europa e per sostenere l’ENI. La bandiera gialla con il cane a sei zampe dell’ENI accompagna il tricolore issato sui mezzi militari.\r\n\r\nIl conflitto imperialista tra la NATO, che mira a continuare l’espansione ad est cominciata dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica, e la Russia, che, dopo decenni di arretramento, ha deciso di passare al contrattacco occupando l’Ucraina, ha visto un repentino ritorno alla retorica umanitaria tipica dei governi di Roma.\r\nDal 24 febbraio, quando la Russia ha attaccato l’Ucraina, sono scesi in piazza anche i guerrafondai del PD, che si oppongono alla guerra spedendo armi al governo Zelensky. In un tripudio di bandiere nazionali ucraine e arcobaleni della pace viene messo in scena un pacifismo armato, chiaramente schierato con uno dei due imperialismi che si stanno sfidando sulla pelle di chi vive in Ucraina e deve affrontare morte, bombe, paura, coscrizione obbligatoria.\r\nIl governo ha proclamato lo Stato di emergenza “umanitario”. Questa decisione conferisce poteri straordinari all’esecutivo, che ha mano libera nella gestione dell’impegno dell’Italia nel conflitto in Ucraina. Un ponte aereo ha trasportato in Polonia armi destinate al governo Zelensky sin dal 2 marzo. Draghi ha deciso un ulteriore aumento della spesa militare e l’invio di truppe sul fronte est della NATO. 500 militari, scelti tra gli incursori della Marina, Col Moschin, Forze speciali dell'Aeronautica e Task Force 45, si vanno ad aggiungere ai 240 alpini in Lettonia e i 138 uomini dell'Aeronautica in Romania. Nel Mar Nero ci sono la fregata FREMM “Margottini” e il cacciamine “Viareggio”, oltre alla portaerei “Cavour” con i cacciabombardieri F-35.\r\n\r\n\r\nNoi non ci stiamo. Noi non ci arruoliamo né con la NATO, né con la Russia. Rifiutiamo la retorica patriottica come elemento di legittimazione degli Stati e delle loro pretese espansionistiche. L’antimilitarismo, l’internazionalismo, il disfattismo rivoluzionario sono stati centrali nelle lotte del movimento dei lavoratori e delle lavoratrici sin dalle sue origini. Sfruttamento ed oppressione colpiscono in egual misura a tutte le latitudini, il conflitto contro i “propri” padroni e contro i “propri” governanti è il miglior modo di opporsi alla violenza statale e alla ferocia del capitalismo in ogni dove.\r\nLe frontiere sono solo linee sottili su una mappa: un nulla che solo militari ben armati rendono tragicamente reali. Cancelliamole!\r\n\r\nA Torino sta per partire la costruzione della Città dell’Aerospazio, un centro di eccellenza per l’industria bellica aerospaziale promosso dal colosso armiero Leonardo e dal Politecnico subalpino. La città dell’aerospazio, che sorgerà tra corso Francia e corso Marche, è stata candidata come sede di un acceleratore d’innovazione nel campo della Difesa e l’ufficio regionale per l’Europa del Defence Innovation Accelerator for the North Atlantic (D.I.A.N.A), una struttura della NATO.\r\nTorino punta tutto sull’industria bellica per il rilancio dell’economia. Un’economia di morte.\r\nBloccare la nascita di un nuovo polo di ricerca, progettazione e costruzione di ordigni bellici, impedire che la NATO abbia una sua base a Torino è un impegno concreto contro la guerra.\r\nOpporsi allo Stato di emergenza bellico, all’aumento della spesa militare, all’invio di armi al governo Ucraino, lottare per il ritiro di tutte le missioni militari all’estero, per la chiusura e riconversione dell’industria bellica, per aprire le frontiere a tutti i profughi e ai migranti è un concreto ed urgente fronte di lotta.\r\nPer fermare le guerre non basta un no. Bisogna mettersi di mezzo. A partire dalla nostra città.\r\nSciopero generale, boicottaggio e blocco delle basi militari e delle fabbriche di morte!","5 Aprile 2022","2022-04-05 19:21:06","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/2022-03-30-manif-antimili-9-aprile-col-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"212\" height=\"300\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/2022-03-30-manif-antimili-9-aprile-col-212x300.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/2022-03-30-manif-antimili-9-aprile-col-212x300.jpg 212w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/2022-03-30-manif-antimili-9-aprile-col-724x1024.jpg 724w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/2022-03-30-manif-antimili-9-aprile-col-768x1086.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/2022-03-30-manif-antimili-9-aprile-col.jpg 842w\" sizes=\"auto, (max-width: 212px) 100vw, 212px\" />","9 aprile. 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La","Il prossimo sabato a Torino si svolgerà un corteo di informazione e lotta contro la guerra e chi la arma.\r\nA Torino sta per partire la costruzione della Città dell’Aerospazio, un centro di eccellenza per l’industria bellica promosso dal colosso armiero Leonardo e dal Politecnico subalpino. La città dell’aerospazio, che sorgerà tra corso Francia e corso Marche, è stata candidata come sede di un acceleratore d’innovazione nel campo della Difesa e l’ufficio regionale per l’Europa del Defence Innovation Accelerator for the North Atlantic (D.I.A.N.A), una struttura della NATO.\r\nTorino punta tutto sull’industria bellica per il rilancio dell’economia. Un’economia di morte.\r\nBloccare la nascita di un nuovo polo di ricerca, progettazione e costruzione di ordigni bellici, impedire che la NATO abbia una sua base a Torino è un impegno concreto contro la guerra. \r\nLa manifestazione, che mira a rompere il muro di silenziosa omertà che copre la decisione di trasformare la nostra città in centro armiero di eccellenza, si muoverà per il centro cittadino, partendo dal piazza Borgodora.\r\n\r\nContro la guerra e chi la arma\r\nSabato 9 aprile\r\ncorteo\r\nore 14,30 \r\nPiazza Borgo Dora al Balon\r\n\r\n* No alla città dell'aerospazio, nuovo polo di ricerca, progettazione e produzione di armi.\r\n\r\n* No al progetto D.I.A.N.A. della Nato a Torino\r\n\r\n* Chiusura e riconversione dell'industria bellica\r\n\r\n* No all’ENI che devasta l’ambiente e promuove guerre per il gas e il petrolio\r\n\r\n* Contro la guerra ai poveri che in ogni dove pagano il prezzo più alto. No al carovita!\r\n\r\n* No alle spese militari! Vogliamo case, scuole, ospedali, trasporti per tutt*\r\n\r\n* Stop all'invio di armi in Ucraina, ritiro di tutte le missioni militari all'estero\r\n\r\n* Solidarietà ed accoglienza ai profughi di tutte le guerre\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/2022-04-05-corteo-no-guerra-9-aprile.mp3\"][/audio]\r\n\r\n* Contro tutti gli imperialismi per un mondo senza frontiere\r\n\r\nCoordinamento contro la guerra e chi la arma – Torino\r\n\r\ninfo: antimilitarista.to@gmail.com\r\n\r\nAscolta l’approfondimento:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/2022-04-05-corteo-no-guerra-9-aprile.mp3\"][/audio]\r\n\r\nDi seguito il testo analitico dell’Assemblea antimilitarista\r\n\r\nDisertiamo la guerra!\r\nL’Italia è in guerra. Sebbene le forze armate del Belpaese abbiano preso parte attiva a conflitti in \u003Cmark>Europa\u003C/mark>, Africa e Medioriente sin dal 1992, la gran parte delle persone è convinta che l’ultima guerra sia finita nel 1945. I governi che si sono succeduti hanno coperto le operazioni belliche tricolori sotto un manto di ipocrisia. Missioni umanitarie, operazioni di polizia internazionali hanno travestito l’invio di truppe sui fronti di guerra in Somalia, Libano, Serbia, Iraq, Afganistan, Libia.\r\nQuest’estate, per la prima volta in quarant’anni un ministro della Difesa, in occasione del rifinanziamento delle missioni militari italiane all’estero, ha rivendicato spudoratamente le avventure neocoloniali delle forze armate come strumento di tutela degli interessi dell’Italia.\r\nBen 18 delle 40 missioni militari all’estero sono in Africa nel triangolo che va dalla Libia al Sahel sino al golfo di Guinea. Sono lì per fare la guerra ai \u003Cmark>migranti\u003C/mark> diretti in \u003Cmark>Europa\u003C/mark> e per sostenere l’ENI. La bandiera gialla con il cane a sei zampe dell’ENI accompagna il tricolore issato sui mezzi militari.\r\n\r\nIl conflitto imperialista tra la NATO, che mira a continuare l’espansione ad \u003Cmark>est\u003C/mark> cominciata dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica, e la Russia, che, dopo decenni di arretramento, ha deciso di passare al contrattacco occupando l’Ucraina, ha visto un repentino ritorno alla retorica umanitaria tipica dei governi di Roma.\r\nDal 24 febbraio, quando la Russia ha attaccato l’Ucraina, sono scesi in piazza anche i guerrafondai del PD, che si oppongono alla guerra spedendo armi al governo Zelensky. In un tripudio di bandiere nazionali ucraine e arcobaleni della pace viene messo in scena un pacifismo armato, chiaramente schierato con uno dei due imperialismi che si stanno sfidando sulla pelle di chi vive in Ucraina e deve affrontare morte, bombe, paura, coscrizione obbligatoria.\r\nIl governo ha proclamato lo Stato di emergenza “umanitario”. Questa decisione conferisce poteri straordinari all’esecutivo, che ha mano libera nella gestione dell’impegno dell’Italia nel conflitto in Ucraina. Un ponte aereo ha trasportato in Polonia armi destinate al governo Zelensky sin dal 2 marzo. Draghi ha deciso un ulteriore aumento della spesa militare e l’invio di truppe sul fronte \u003Cmark>est\u003C/mark> della NATO. 500 militari, scelti tra gli incursori della Marina, Col Moschin, Forze speciali dell'Aeronautica e Task Force 45, si vanno ad aggiungere ai 240 alpini in Lettonia e i 138 uomini dell'Aeronautica in Romania. Nel Mar Nero ci sono la fregata FREMM “Margottini” e il cacciamine “Viareggio”, oltre alla portaerei “Cavour” con i cacciabombardieri F-35.\r\n\r\n\r\nNoi non ci stiamo. Noi non ci arruoliamo né con la NATO, né con la Russia. Rifiutiamo la retorica patriottica come elemento di legittimazione degli Stati e delle loro pretese espansionistiche. L’antimilitarismo, l’internazionalismo, il disfattismo rivoluzionario sono stati centrali nelle lotte del movimento dei lavoratori e delle lavoratrici sin dalle sue origini. Sfruttamento ed oppressione colpiscono in egual misura a tutte le latitudini, il conflitto contro i “propri” padroni e contro i “propri” governanti è il miglior modo di opporsi alla violenza statale e alla ferocia del capitalismo in ogni dove.\r\nLe frontiere sono solo linee sottili su una mappa: un nulla che solo militari ben armati rendono tragicamente reali. 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Sono lì per fare la guerra ai migranti diretti in Europa e per sostenere l’ENI. La bandiera gialla con il cane a sei zampe dell’ENI accompagna il tricolore issato sui mezzi militari. Le multinazionali energetiche come l’ENI e le banche producono guerre e saccheggio ambientale. La guerra viene progettata, organizzata, condotta da generali senza divisa e stellette, quelli che in giacca e cravatta siedono nei consigli d’amministrazione delle multinazionali.\r\nAppuntamento in piazza degli affari alle 14,30\r\nNe abbiamo parlato con Massimo dell’assemblea antimilitarista\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/03/2022-03-29-massimo-2-aprile.mp3\"][/audio]\r\n\r\ndi seguito il testo di indizione completo:\r\n\r\n2 Aprile Milano\r\n\r\n\r\nMANIFESTAZIONE\r\n\r\nContro tutte le guerre e chi le arma\r\n\r\nContro le politiche guerrafondaie dell'ENI\r\n\r\nL’Italia è in guerra. 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La guerra viene progettata, organizzata, condotta da generali senza divisa e stellette, quelli che in giacca e cravatta siedono nei consigli d’amministrazione delle multinazionali insieme ai loro strapagati consulenti. Sono loro che lasciano ad altri il “lavoro sporco” mentre pianificano una guerra invisibile, che apparentemente non distrugge, non sparge sangue. Il fronte non è solo sui campi di battaglia ma passa attraverso le nostre città e le nostre vite. Un fronte invisibile, solo apparentemente silenzioso, ma che ogni giorno presenta il bollettino di caduti che hanno tanti volti. Il volto della classe lavoratrice, con il carovita e il progressivo prelievo dai salari per finanziare le spese militari ormai senza limite. Il volto delle giovani generazioni ripagate con la precarietà, con salari che bastano solo a sopravvivere. Il volto dell’ambiente devastato per alimentare la macchina della produzione. Essere in piazza significa denunciare tutto questo e lottare per una trasformazione sociale radicale che investa tutte e tutti, umani e non umani, per costruire un presente ed un futuro senza sfruttamento, oppressione, guerre e saccheggio dell’ambiente. Contro informare, organizzarci e lottare sono le nostre armi. Le armi della dignità delle persone e della coscienza antiautoritaria di classe. Il conflitto imperialista tra la NATO, che mira a continuare l’espansione ad est cominciata dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica, e la Russia, che, dopo decenni di arretramento, ha deciso di passare al contrattacco occupando l’Ucraina, ha causato un grande balzo in avanti della propaganda militarista. Draghi ha deciso un ulteriore aumento della spesa militare e l’invio di truppe sul fronte est della NATO. 500 militari, scelti tra gli incursori della Marina, Col Moschin, Forze speciali dell'Aeronautica e Task Force 45, si vanno ad aggiungere ai 240 alpini in Lettonia e i 138 uomini dell'Aeronautica in Romania. Nel Mar Nero ci sono la fregata FREMM “Margottini” e il cacciamine “Viareggio”, oltre alla portaerei “Cavour” con i cacciabombardieri F-35. Noi non ci stiamo. Noi non ci arruoliamo né con la NATO, né con la Russia. Rifiutiamo la retorica patriottica e nazionalista, diretta emanazione della logica patriarcale, come elemento di legittimazione degli Stati e delle loro pretese espansionistiche.\r\n\r\nL’antimilitarismo, l’internazionalismo, il disfattismo rivoluzionario sono stati centrali nelle lotte del movimento dei lavoratori e delle lavoratrici sin dalle sue origini. Sfruttamento ed oppressione colpiscono in egual misura a tutte le latitudini, il conflitto contro i “propri” padroni e contro i “propri” governanti è il miglior modo di opporsi alla violenza statale e alla ferocia del capitalismo in ogni dove. Opporsi allo Stato di emergenza bellico, all’aumento della spesa militare, lottare per il ritiro di tutte le missioni militari all’estero, per la chiusura e riconversione dell’industria bellica, per aprire le frontiere a tutti i profughi, ai migranti e ai disertori è un concreto ed urgente fronte di lotta.\r\n\r\nIl 2 aprile saremo quindi in piazza a denunciare le guerre scaturite dagli interessi delle multinazionali energetiche, dal mantenimento di apparati militari sempre più costosi e dalla devastazione dell’ambiente schiacciato dalla logica feroce del profitto. Per indicare in modo chiaro i responsabili manifesteremo nelle piazze del potere finanziario da Piazza Affari a Piazza della Scala.\r\n\r\nContro le banche, i veri padroni del sistema energetico, i responsabili della rapina ambientale e del finanziamento dell’apparato industriale militare. Per fermare le guerre non basta un no. Bisogna mettersi di mezzo. A partire dalle nostre città.\r\n\r\nSciopero generale\r\n\r\nboicottaggio e blocco delle basi militari e delle fabbriche di morte!\r\n\r\nAppuntamento h.14.30 in piazza Affari a Milano\r\n\r\nASSEMBLEA ANTIMILITARISTA\r\n\r\n\r\n ","29 Marzo 2022","2022-03-29 14:56:09","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/03/2022-03-28-banner-2-aprile-mi-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"111\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/03/2022-03-28-banner-2-aprile-mi-300x111.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/03/2022-03-28-banner-2-aprile-mi-300x111.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/03/2022-03-28-banner-2-aprile-mi-768x284.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/03/2022-03-28-banner-2-aprile-mi.jpg 851w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Milano 2 aprile. 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Essere in piazza significa denunciare tutto questo e lottare per una trasformazione sociale radicale che investa tutte e tutti, umani e non umani, per costruire un presente ed un futuro senza sfruttamento, oppressione, guerre e saccheggio dell’ambiente. Contro informare, organizzarci e lottare sono le nostre armi. Le armi della dignità delle persone e della coscienza antiautoritaria di classe. Il conflitto imperialista tra la NATO, che mira a continuare l’espansione ad \u003Cmark>est\u003C/mark> cominciata dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica, e la Russia, che, dopo decenni di arretramento, ha deciso di passare al contrattacco occupando l’Ucraina, ha causato un grande balzo in avanti della propaganda militarista. Draghi ha deciso un ulteriore aumento della spesa militare e l’invio di truppe sul fronte \u003Cmark>est\u003C/mark> della NATO. 500 militari, scelti tra gli incursori della Marina, Col Moschin, Forze speciali dell'Aeronautica e Task Force 45, si vanno ad aggiungere ai 240 alpini in Lettonia e i 138 uomini dell'Aeronautica in Romania. Nel Mar Nero ci sono la fregata FREMM “Margottini” e il cacciamine “Viareggio”, oltre alla portaerei “Cavour” con i cacciabombardieri F-35. Noi non ci stiamo. Noi non ci arruoliamo né con la NATO, né con la Russia. Rifiutiamo la retorica patriottica e nazionalista, diretta emanazione della logica patriarcale, come elemento di legittimazione degli Stati e delle loro pretese espansionistiche.\r\n\r\nL’antimilitarismo, l’internazionalismo, il disfattismo rivoluzionario sono stati centrali nelle lotte del movimento dei lavoratori e delle lavoratrici sin dalle sue origini. 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Dopo un lungo presidio al Balon, dove la Murga ha dato vita ad un ampio giro informativo, il corteo, aperto dallo striscione “contro la guerra e chi la arma” si è mosso verso porta Palazzo, il più grande mercato all’aperto d’Europa, dove, nonostante gli svariati tentativi di riqualificazione escludente, pulsa il cuore della Torino che fa fatica ad arrivare a fine mese, che vive di lavori precari, che non ce la fa più a pagare fitti, mutui e bollette. In mezzo ai banchi della frutta e della verdura tanta gente si è fermata ad ascoltare i tanti interventi che si sono susseguiti.\r\nLa Murga ha dato vita ad un breve ed intensa performance sulla spesa di guerra. 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Il corteo, dopo aver attraversato via Po, si è concluso in piazza Vittorio.\r\nAlla manifestazione hanno partecipato tantissime realtà politiche, sociali, sindacali, transfemministe queer, case occupate, centri sociali, assemblee di lotta.\r\nIn un grande cerchio si è dato vita ad un’assemblea di piazza, che ha ribadito la ferma opposizione a tutte le guerre, a tutti gli eserciti, frontiere, nazionalismi.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Alby dell’Assemblea Antimilitarista di Torino\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/2022-04-12-alby-corteo-no-guerra-9-apr.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\nProssimo incontro dell’Assemblea Antimilitarista\r\nMercoledì 13 aprile ore 21 in corso Palermo 46\r\n\r\ndi seguito alcuni stralci dal comunicato dell’Assemblea Antimilitarista\r\n\r\n“La giornata si era aperta con la notizia che la NATO sarebbe sbarcata Torino, dove verrà ospitato uno dei 9 acceleratori di innovazione della NATO in Europa. Bocciata invece la candidatura di Torino come sede dell'ufficio regionale europeo del Defence Innovation Accelerator for the North Atlantic (D.I.A.N.A), che è stato assegnato alla Gran Bretagna. Pochi giorni dopo la visita del viceministro della Difesa Mulé a Bruxelles per caldeggiare la candidatura di Torino anche per l'ufficio regionale, siamo convinti che il fatto che in città stesse crescendo la protesta, abbia contribuito a ridimensionale il ruolo dell’Italia in questo progetto della NATO.\r\nResta ovviamente aperto il fronte di lotta contro la costruzione della Città dell’Aerospazio, un centro di eccellenza per l’industria bellica promosso dal colosso armiero Leonardo e dal Politecnico subalpino e contro la presenza di uno dei nodi di DIANA a Torino.\r\nTorino punta tutto sull’industria bellica per il rilancio dell’economia. Un’economia di morte.\r\nBloccare la nascita di un nuovo polo di ricerca, progettazione e costruzione di ordigni bellici, impedire che la NATO abbia una sua base a Torino è un impegno concreto contro la guerra, che è stato ribadito in numerosi interventi. \r\nLa manifestazione del 9 aprile ha contribuito a rompere il muro di silenziosa omertà che copre la decisione di trasformare la nostra città in centro armiero di eccellenza. Uno dei tasselli di un percorso antimilitarista che si nutre della consapevolezza che le basi della guerra sono a due passi dalle nostre case, dove sorgono fabbriche d’armi, caserme, aeroporti militari.\r\nIn tantissimi interventi è stata sostenuta l’importanza dello sciopero generale contro la guerra, che l’assemblea nazionale di parte del sindacalismo di base ha lanciato per il 20 maggio.\r\nDal 24 febbraio, quando la Russia ha attaccato l’Ucraina, il governo ha deciso di “opporsi” alla guerra spedendo armi al governo Zelensky. 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","questa puntata è il confine \u003Cmark>Est\u003C/mark> della fortezza \u003Cmark>Europa. \u003C/mark> Ne abbiamo parlato con due","Tema principale di questa puntata è il confine \u003Cmark>Est\u003C/mark> della fortezza \u003Cmark>Europa. \u003C/mark> Ne abbiamo parlato con due compagni di Rotte Balcaniche che ci hanno raccontato cosa succede sulla frontiera tra Turchia e Bulgaria. 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Mercoledì 6 agosto c'é stato un blackout totale. A Tripoli internet, la rete dei cellulari e l'acqua funzionano a singhiozzo.\r\nAnche l'assistenza sanitaria è a rischio, perché il governo filippino ha chiesto ai 13mila lavoratori immigrati nel paese di lasciare la Libia. Ben tremila filippini lavoravano in Libia come infermieri e medici.\r\nIl parlamento, eletto il 25 giugno, in una consultazione in cui gli islamisti al potere dopo la guerra civile scatanatasi dopo l'intervento di Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti ed Italia nel paese, sono ora in minoranza, si è riunito per la prima volta a Tobruk, 1500 chilometro da Tripoli. Tobruk è nell'estremo est del paese, molto vicino alla frontiera egiziana.\r\nLunedì 4 agosto 160 parlamentari su 188 hano eletto presidente del parlamento il giurista Aguila Salah Iss. Alla votazione non hanno preso parte i deputati vicini ai Fratelli Musulmani che hanno boicottato la votazione, perché sia il Gran Mufti al-Ghariani e il presidente uscente Abu Sahmain, sostenuto dagli islamisti, hanno detto che ritengono incostituzionale la nuova Assemblea.\r\nUn'assemblea parlamentare quasi in esilio, perché sia la capitale Tripoli, che il maggiore centro della Cirenaica, Bengasi sono teatro di feroci combattimenti.\r\n\r\nGli Stati Uniti e quasi tutti i Paesi europei hanno rimpatriato i propri connazionali ed evacuato le proprie rappresentanze, con l'eccezione dell'ambasciata italiana che rimane aperta. Gli interessi italiani nell'ex colonia sono ancora fortissimi e il governo Renzi non può certo permettersi di abbandonare il campo. Già nel 2011, dopo mesi alla finestra il governo italiano decise di intervenire in Libia, rompendo l'alleanza con il governo di Muammar Gheddafi, per contrastare il piano franco inglese di sostituire l'Italia sia nerll'interscambio commerciale sia nel ruolo di referente privilegiato in Europa.\r\nL'Italia riuscì in quell'occasione a mantenere i contratti dell'ENI, ma, nonostante le assicurazioni delle nuove autorità libiche, non è mai riuscita ad ottenere l'outsourcing della repressione dell'immigrazione già garantito da Gheddafi. In questi giorni il governo moltiplica gli allarmi sull'emergenza immigrati, ma, nei fatti la crisi libica rende difficile richiudere la frontiera sud.\r\n\r\nPer profughi e migranti la situazione nel paese è terribile. L'Alto commissariato Onu per i rifiugati, che ha lasciato Tripoli a causa degli scontri, segnala che circa 30mila persone hanno passato il confine con la Tunisia la scorsa settimana, mentre ogni giorno 3.000 uomini attraversano la frontiera con l'Egitto; sono soprattutto egiziani che lavoravano in Libia, ma anche libici che possono permettersi la fuga. Tuttavia, la condizione peggiore è quella dei rifugiati provenienti dall'Africa subsahariana. \"Sono quasi 37mila - spiega l'agenzia Onu - le persone che abbiamo registrato; nella sola Tripoli, più di 150 persone provenienti da Eritrea e Somalia hanno chiamato il nostro numero verde per richiedere medicinali o un luogo più sicuro dove stare. Stiamo anche ricevendo chiamate da molti siriani e palestinesi che si trovano a Bengasi e che hanno un disperato bisogno di assistenza\".\r\n\r\nGli africani neri rischiano la pelle. Uomini delle milizie entrano nelle case che danno rifugio ai profughi, che vengono derubati di ogni cosa e spesso uccisi. Molti maschi vengono rapiti e ridotti in schiavitù: vengono obbligati a fare i facchini durante gli spostamenti, le donne vengono invece sistematicamente stuprate. Nelle carceri, dove i migranti subsahariani sono detenuti finché pagano un riscatto, la situazione è peggiorata: oltre ai \"consueti\" abusi ai prigionieri è negato anche il cibo.\r\n\r\nLe divisioni storiche tra Tripolitania, Cirenaica, e Fezzan sono divenute esplosive. Al di là della partita politica c'é la lotta senza quartiere per il controllo delle risorse, in primis il petrolio.\r\nDopo la caduta di Moammar Gheddafi tre estati fa, i vari governi che si sono succeduti non sono riusciti a imporsi sui circa 140 gruppi tribali che compongono la Libia. Il 16 maggio Khalifa Haftar, ex generale dell'esercito, a capo della brigata Al Saiqa ha attaccato il parlamento e lanciato l'offensiva contro le forze islamiste, particolarmente forti nella Cirenaica, la regione di Bengasi. Oggi a Bengasi le milizie islamiste hanno preso il controllo della città mentre il generale Haftar controllerebbe solo l'aeroporto. I gruppi jihadisti, riuniti nel Consiglio della Shura dei rivoluzionari di Bengasi, hanno proclamato un emirato islamico. Tra di loro, ci sono anche i salafiti di Ansar al Sharia.\r\nHaftar, che alcuni ritengono agente della CIA, è sostenuto da Egitto e Algeria e, forse, dagli stessi Stati Uniti non ha le forze per prendere il controllo della regione. La coalizione contro di lui comprende sia gli islamisti sia laici che non lo considerano un golpista.\r\nLa politica statunitense nella regione è all'insegna delle ambigue alleanze che caratterizzano da un paio di decenni le scelte delle varie amministrazioni. In Libia Obama sostiene Haftar, mentre in Siria appoggia le milizie quaediste anti Assad, le stesse che in Iraq hanno invaso il nord, controllando Mosul e la cristiana piana di Ninive. D'altro canto il sostegno verso il governo dello shiita Nouri al Maliki è solo verbale: nessuna iniziativa militare è stata sinora intrapresa contro il Califfato di Al Baghdadi. Al Quaeda, un brand buono per tante occasioni, è come un cane feroce, che azzanna i tuoi avversari, ma sfugge completamente anche al controllo di chi lo nutre e l'ha nutrito per decenni. L'Afganistan ne è la dimostrazione.\r\nNello scacchiere geopolitico in Libia, chi pare aver perso la partita sono state le formazioni vicine ai Fratelli Musulmani sostenute dal Qatar, a sua volta apoggiato dalla Francia.\r\n\r\nA Tripoli la situazione è fuori controllo: lo scontro è tra la milizia di Zintan, una città del nordovest, e un gruppo armato nato dall'alleanza delle milizie di Misurata e di alcuni gruppi islamisti. Dal 13 luglio, gli scontri, con oltre 100 morti, si concentrano attorno all'aeroporto, controllato dai primi e bombardato dai secondi. La scorsa settimana, per vari giorni la capitale è stata coperta dal fumo di un deposito di carburante, colpito da alcuni razzi da qui arriva parte del petrolio importato in Italia con il gasdotto Greenstream, che copre il 10-11% dei consumi nazionali.\r\n\r\nSe le formazioni quaediste dovessero prendere il controllo dei pozzi petroliferi le conseguenze sarebbero gravi soprattutto per la Tunisia e per i paesi africani.\r\n\r\nQuesta situazione mette in luce la decadenza degli Stati Uniti, che fanno di un'alchimia da stregoni una strategia. Un gioco complesso che sempre meno produce i risultati desiderati.\r\nOltre la scacchiera dei grandi giochi restano le migliaia e migliaia di uomini, donne, bambini massacrati.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con Karim Metref, un torinese di origine Kabila, insegnante, blogger, attento osservatore di quanto accade in nord Africa.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2014 08 01 karim metref libia","7 Agosto 2014","2018-10-17 22:59:29","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/08/libia-200x110.jpg","Libia. Il grande gioco tra sangue e petrolio",1407441307,[491,492,493,494,495],"http://radioblackout.org/tag/al-quaeda/","http://radioblackout.org/tag/italia/","http://radioblackout.org/tag/libia/","http://radioblackout.org/tag/petrolio/","http://radioblackout.org/tag/stati-uniti/",[357,497,349,353,498],"italia","Stati Uniti",{"post_content":500},{"matched_tokens":501,"snippet":502,"value":503},[400],"da Tripoli. 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Dal 13 luglio, gli scontri, con oltre 100 morti, si concentrano attorno all'aeroporto, controllato dai primi e bombardato dai secondi. La scorsa settimana, per vari giorni la capitale è stata coperta dal fumo di un deposito di carburante, colpito da alcuni razzi da qui arriva parte del petrolio importato in Italia con il gasdotto Greenstream, che copre il 10-11% dei consumi nazionali.\r\n\r\nSe le formazioni quaediste dovessero prendere il controllo dei pozzi petroliferi le conseguenze sarebbero gravi soprattutto per la Tunisia e per i paesi africani.\r\n\r\nQuesta situazione mette in luce la decadenza degli Stati Uniti, che fanno di un'alchimia da stregoni una strategia. 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