","Venezuela e USA tra pressione e reazione","post",1429008497,[62,63,64,65,66,67,68],"http://radioblackout.org/tag/bolivarismo/","http://radioblackout.org/tag/crisi-economica/","http://radioblackout.org/tag/maduro/","http://radioblackout.org/tag/minaccia-sicurezza-nazionale-usa/","http://radioblackout.org/tag/unasur/","http://radioblackout.org/tag/usa/","http://radioblackout.org/tag/venezuela/",[70,71,72,35,21,15,73],"Bolivarismo","crisi economica","Maduro","Venezuela",{"post_content":75,"post_title":82,"tags":85},{"matched_tokens":76,"snippet":80,"value":81},[77,78,79],"minaccia","sicurezza","nazionale","ha dichiarato il Venezuela una \"\u003Cmark>minaccia\u003C/mark> per la \u003Cmark>sicurezza\u003C/mark> \u003Cmark>nazionale\u003C/mark>\" e avviato lo \"stato di","Sabato 11 aprile si è conclusa la 2 giorni della Cumbre de las Americas a Panamà, in cui tutti gli stati americani tranne \u003Cmark>USA\u003C/mark> e Canada hanno chiesto l’annullamento del decreto che il 9 marzo scorso ha dichiarato il Venezuela una \"\u003Cmark>minaccia\u003C/mark> per la \u003Cmark>sicurezza\u003C/mark> \u003Cmark>nazionale\u003C/mark>\" e avviato lo \"stato di emergenza\". Il decreto formalizza una serie di sanzioni nei confronti di funzionari e cittadini venezuelani negli Stati Uniti.\r\nAll'indomani dall'approvazione la reazione del governo di Maduro, in un paese che sta attraversando una forte crisi socio-economica e politica, è stata immediata così come quella dell’UNASUR, come rappresentante dell’unità politica dei paesi latinoamericani, nel condannare la misura adottata dal congresso statunitense.\r\nA 2 settimane dallo scoppio dello \"scontro diplomatico\" tra i due paesi ne abbiamo parlato con Luciano Andrenacci docente di politiche pubbliche alla FLACSO di Buenos Aires.\r\n\r\nAscolta il contributo\r\n\r\nUnknown",{"matched_tokens":83,"snippet":84,"value":84},[15],"Venezuela e \u003Cmark>USA\u003C/mark> tra pressione e reazione",[86,88,90,92,95,97,100],{"matched_tokens":87,"snippet":70},[],{"matched_tokens":89,"snippet":71},[],{"matched_tokens":91,"snippet":72},[],{"matched_tokens":93,"snippet":94},[77,78,79,15],"\u003Cmark>minaccia\u003C/mark> \u003Cmark>sicurezza\u003C/mark> \u003Cmark>nazionale\u003C/mark> \u003Cmark>USA\u003C/mark>",{"matched_tokens":96,"snippet":21},[],{"matched_tokens":98,"snippet":99},[15],"\u003Cmark>USA\u003C/mark>",{"matched_tokens":101,"snippet":73},[],[103,110,113],{"field":36,"indices":104,"matched_tokens":106,"snippets":109},[14,105],5,[107,108],[77,78,79,15],[15],[94,99],{"field":111,"matched_tokens":112,"snippet":80,"value":81},"post_content",[77,78,79],{"field":114,"matched_tokens":115,"snippet":84,"value":84},"post_title",[15],2314894167593451500,{"best_field_score":118,"best_field_weight":119,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":48,"score":120,"tokens_matched":121,"typo_prefix_score":48},"4419510927616",13,"2314894167593451627",4,{"document":123,"highlight":143,"highlights":157,"text_match":165,"text_match_info":166},{"cat_link":124,"category":125,"comment_count":48,"id":126,"is_sticky":48,"permalink":127,"post_author":51,"post_content":128,"post_date":129,"post_excerpt":54,"post_id":126,"post_modified":130,"post_thumbnail":131,"post_thumbnail_html":132,"post_title":133,"post_type":59,"sort_by_date":134,"tag_links":135,"tags":139},[45],[47],"80092","http://radioblackout.org/2023/02/un-pallone-spia-cinese-spiava-gli-stati-uniti/","Un pallone aerostatico cinese ha sorvolato lo spazio aereo americano prima di essere abbattuto sabato al largo della South Carolina. Per gli Stati Uniti, il pallone alto circa 60 metri era in grado di captare le comunicazioni e faceva parte di una flotta per sorvolare, monitorare, raccogliere dati di intelligence da mandare alla Cina dati di intelligence. E questo porrebbe una minaccia alla sicurezza nazionale americana. Inizialmente le autorità cinesi hanno sostenuto che si trattasse di un pallone meteorologico andato fuori rotta e che il suo viaggio si fosse svolto all’insaputa del presidente Xi Jinping.\r\n\r\nIl Dipartimento di Stato degli USA, che ha illustrato i risultati delle prime analisi sul pallone spia i cui detriti sono stati recuperati e portati a Quantico, ha ribadito la convinzione che la mongolfiera hi-tech sia un elemento di un sistema di spionaggio su cui Pechino sta investendo.\r\n\r\nLa saga del pallone spia hi-tec si è poi moltiplicata, con numerosi avvistamenti di oggetti volanti non identificati nei cieli di mezzo mondo (e conseguenti abbattimenti).\r\n\r\nCon Sabrina Moles, di China-Files, abbiamo provato a leggere la notizia nell'ottica più ampia delle relazioni politiche, militari ed economiche tra Stati Uniti e Cina. Ascoltate e scaricate la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/02/palloneusa.mp3\"][/audio]","14 Febbraio 2023","2023-02-14 00:18:50","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/02/index-1-200x110.png","\u003Cimg width=\"271\" height=\"186\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/02/index-1.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","Un \"pallone spia\" cinese spiava gli Stati Uniti?",1676333930,[136,137,138,67],"http://radioblackout.org/tag/cina/","http://radioblackout.org/tag/spionaggio/","http://radioblackout.org/tag/tecnologia/",[140,141,142,15],"cina","spionaggio.","tecnologia",{"post_content":144,"tags":148},{"matched_tokens":145,"snippet":146,"value":147},[77,78,79],"intelligence. E questo porrebbe una \u003Cmark>minaccia\u003C/mark> alla \u003Cmark>sicurezza\u003C/mark> \u003Cmark>nazionale\u003C/mark> americana. 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È durissimo il braccio di ferro tra Trump, che ha deciso pesanti dazi su alluminio e acciaio e l’Unione Europea, che minaccia ritorsioni.\r\nMacron ha telefonato a Trump per avvertirlo di una possibile rappresaglia. A fronte di tariffe del 25% sull’acciaio importato e del 10% sull’alluminio, gli europei potrebbero colpire il bourbon, le Harley Davidson e i mirtilli rossi; la Casa Bianca ha già detto che in tal caso taglierebbe le importazioni di auto europee, un mercato da 36 miliardi di dollari.\r\n\r\nL’Unione Europea, che oggi si atteggia a paladina del libero scambio, è a sua volta pesantemente protezionista.\r\nL’Ue, con i sussidi ai propri agricoltori, ha creato una pesante barriera ai commerci internazionali colpendo non solo gli statunitensi, ma gli africani e tanti paesi asiatici. L’industria e i servizi non sono da meno. Una società non europea non può possedere la maggioranza di una linea area. Senza dimenticare le tasse sui colossi high tech e sui campioni della economia digitale.\r\n\r\nI dazi, oggi come nel recente passato, rischiano di essere un boomerang per l’economia statunitense. Secondo i calcoli della società di consulenza Trade Partnership citata dall’Economist, l’aumento dei prezzi dell’acciaio e dell’alluminio crea circa 33 mila posti di lavoro nella metallurgia, ma ne distrugge 179 mila nelle industrie utilizzatrici.\r\nBush padre tentò di difendere l’industria automobilistica statunitense aumentando le tasse, ma non riuscì ad impedire l’avanzata delle auto nipponiche e tedesche negli Stati Uniti.\r\n\r\nLa mossa di Trump è molto insidiosa. Per i suoi predecessori le misure protezionistiche erano temporanee e comunque negoziabili negli organismi internazionali (il GATT prima e ora il WTO), Trump non crede né al libero scambio né alle trattative multilaterali. Per giustificare i dazi ha evocato la sicurezza nazionale, un argomento che dovrebbe metterlo al sicuro, perché previsto anche dagli accordi dell’Organizzazione Mondiale del Commercio – il WTO. Resta il fatto che la maggior parte dell’acciaio importato dagli Stati Uniti proviene dall’Europa, dal Canada, dal Messico, dalla Corea del Sud, tutti alleati strategici degli Usa. Un altro boomerang. Non solo: l’Europa fornisce gli acciai speciali, quelli utilizzati nelle industrie di punta, comprese quelle della difesa, che negli Stati Uniti hanno importanza, questa sì, strategica.\r\nIn realtà Trump è mosso soprattutto da ragioni interne. Non ultima la promessa di proteggere le industrie nazionali, che ha dato una bella spinta alla sua campagna elettorale.\r\nDopo l’uscita sui dazi, l’indice di popolarità di Trump, costantemente sceso dal giorno dell’insediamento, è lievemente risalito.\r\nSullo sfondo ci sono le elezioni di mid term negli Stati Uniti, che rinnoveranno parte del Senato e della Camera. 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La promozione di Domenico “Marco” Minniti da sottosegretario con delega ai Servizi segreti a ministro dell’Interno suggerisce di no. Il cambio al Viminale coincide con l’avvio di nuovi programmi di contrasto delle migrazioni “irregolari”, di gestione dell’ordine pubblico e repressione del dissenso. Peraltro alla vigilia di due importanti appuntamenti internazionali, che hanno contribuito alla scelta di rinviare la fine della legislatura: la celebrazione del 60esimo anniversario della firma del Trattato istitutivo della Cee (il 25 marzo a Roma) e, soprattutto, il vertice dei Capi di Stato del G7 a Taormina il 26 e 27 maggio.\r\nIn vista di tali scadenze, Marco Minniti appare come il politico più “adeguato” per consolidare il giro di vite securitario sul fronte interno e – in vista delle politiche – strappare a leghisti e centrodestra il monopolio della narrazione sul “pericolo” immigrato e sulla “sicurezza”. Di comprovata fede Nato, vicino all’establishment ultraconservatore degli Stati Uniti d’America e alle centrali d’intelligence più o meno occulte del nostro Paese, il suo curriculum vitae e le trame tessute in questi anni ci spiegano come e perché.\r\n\r\nLa sua “creatura” è l’ICSA, di cui sino alla morte è stato presidente Francesco Cossiga. Un nome un programma.\r\n\r\nEterogeneo per ideologie e orientamenti politici anche se in buona parte i cuori battono per l’ordine sociale e la conservazione, il consiglio scientifico della Fondazione ICSA testimonia la portata e la forza della rete di relazioni istituzionali, nazionali e internazionali, realizzata nel tempo da Marco Minniti. Si tratta di una lunga lista di Capi di Stato Maggiore delle forze armate e dell’Arma dei carabinieri; comandanti dei reparti speciali della Nato e dei servizi segreti; segretari e consiglieri militari di presidenti del consiglio e ministri; diplomatici, magistrati, responsabili della security di importanti holding economiche; giornalisti, professori universitari e finanche consulenti e analisti della CIA e dei dipartimenti statunitensi per la lotta al terrorismo.\r\n\r\nCoordinatore del Consiglio scientifico della Fondazione ICSA il sociologo Italo Saverio Trento.\r\n\r\nMembri\r\n\r\nAmm. Gianfranco Battelli, dal 1979 al 1983 a capo del cosiddetto “ufficio I” incaricato della valutazione, produzione e aggiornamento di tutti i documenti d’intelligence della Marina Militare; successivamente capo di Gabinetto del ministero della Difesa e dal 1996 al 2001 direttore del Sismi (i vecchi servizi segreti militari) e infine consigliere della Corte dei Conti.\r\n\r\nAmm. Sergio Biraghi, Capo di Stato Maggiore della Marina Militare dal 2004 al 2006 e poi consigliere militare del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.\r\n\r\nGen. Carlo Cabigiosu, già vicecomandante del Corpo d’Armata di reazione Rapida della Nato in Germania, poi Capo di Stato maggiore del Comando Regionale delle Forze Terrestri Alleate del Sud Europa (il primo generale italiano ad assumere tale carica, da sempre ricoperta da militari Usa), comandante della Forza Nato in Kosovo (2000-01), rappresentante dell’Italia al Senior Official Group (SOG) della Nato per la revisione della struttura di Comando dell'Alleanza e infine consigliere militare della Missione italiana in Iraq (2003-04).\r\n\r\nGen. Vincenzo Camporini, dal 2008 al 2011 Capo di Stato maggiore della difesa e poi consulente dell’allora ministro degli esteri Franco Frattini; oggi è vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali e membro della Fondazione Italia-Usa.\r\n\r\n \r\n\r\nGiovanni De Carli ed Edoardo Esposito, generali della Guardia di Finanza.\r\n\r\nGen. Giampaolo Ganzer, già comandante dei reparti dei Carabinieri impegnati contro la colonna veneto-friulana delle Brigate Rosse e delle teste di cuoio che liberarono il generale Usa James Lee Dozier sequestrato dalle Br a Verona nel 1981. Nel 2002 è stato nominato comandante del ROS (Raggruppamento Operativo Speciale) dell’Arma dei Carabinieri, incarico ricoperto sino al luglio 2012 nonostante la condanna in primo grado a 14 anni per “associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, al peculato, al falso e ad altri reati”, commessi nel corso di alcune operazioni antidroga dei ROS. Dopo la riduzione della condanna in secondo grado a 4 anni e 11 mesi di reclusione, lo scorso anno è scatta la prescrizione per i reati dopo la revisione della Cassazione.\r\n\r\nGen. Fabio Mini, esperto di geostrategia, ex comandante della missione Nato in Kosovo dal 2002 al 2003, autore di articoli per Limes, l’Espresso, la Repubblica e Il Fatto Quotidiano.\r\n\r\nGen. Mario Nunzella, già Capo di Stato maggiore dell’Arma dei Carabinieri, ex consigliere per la sicurezza del Presidente del Consiglio Massimo D’Alema, poi responsabile del coordinamento delle forze di polizia presso il Ministero dell’Interno. Nel giugno 2000 è stato nominato comandante del ROS dei Carabinieri.\r\n\r\nGen. Stefano Panato, ex sottocapo di Stato maggiore dell’Aeronautica (si è interessato ai programmi di sviluppo dei cacciabombardieri Tornado, Amx ed Eurofighter 2000), poi presidente del Centro Alti Studi per la Difesa (CASD), l’organismo di più alto livello nel campo della formazione e degli studi di sicurezza e vicedirettore del Sismi e dell’AISE (l’agenzia che sovrintende alla gestione dei servizi segreti). Dal 1999 al 2002 è stato consigliere militare presso la Rappresentanza d’Italia al Consiglio Atlantico a Bruxelles; oggi ricopre il ruolo coordinatore del Centro Studi Militari Aeronautici (Cesma) “Giulio Dohuet” di Roma.\r\n\r\nGen. Luciano Piacentini, già comandante del battaglione d’assalto “Col Moschin” e successivamente capo di Stato Maggiore della brigata paracadutisti “Folgore” e consigliere per la sicurezza in diverse aree del continente asiatico.\r\n\r\nGen. Sergio Siracusa, prima addetto militare presso l’ambasciata d’Italia a Washington, poi sottocapo di Stato maggiore presso il Comando Forze terrestri alleate del Sud Europa di Verona, direttore del Sismi dal 1994 al 1996, comandante generale dell’Arma dei Carabinieri dal 1997 al 2002 e infine Consigliere di Stato.\r\n\r\nGiancarlo Capaldo, procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ed ex collaboratore dei ministri della prima Repubblica Sebastiano Vassalli e Virginio Rognoni.\r\n\r\nStefano Dambruoso, ex magistrato a Milano dove ha condotto inchieste sulle cellule anarco-insurrezionaliste e sul terrorismo jidahista in Italia, dal 2008 Capo dell’Ufficio coordinamento attività internazionali del ministero della Giustizia, poi membro del Consiglio direttivo dell’Agenzia per la sicurezza nucleare e dal febbraio 2013 deputato alla Camera, eletto in Lombardia con Scelta Civica e transitato nel gruppo scissionista Civici e Innovatori. Membro anch’egli della Fondazione Italia-USA, nel gennaio 2016, unitamente al parlamentare Pd Andrea Manciulli (presidente della delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare della NATO) ha presentato la proposta di legge “Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo jihadista”.\r\n\r\nNicola Di Giannantonio, prefetto fuori ruolo presso la Presidenza del Consiglio nel 2000 e successivamente direttore della Sovrintendenza Centrale dei Servizi di Sicurezza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.\r\n\r\nDomenico Vulpiani, prefetto e direttore dell’Ufficio centrale ispettivo del Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, dal 1978 al 1988 responsabile dei servizi di protezione dei Presidenti della Repubblica Francesco Cossiga e Oscar Luigi Scalfaro, di alcuni presidenti del Consiglio e ministri dell’Interno. Dal 1990 al 1996 presso la Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione ha ricoperto diversi incarichi in materia di antiterrorismo; dal 1996 al 2001 è stato a capo della DIGOS di Roma, dal 2001 al 2009 direttore del Servizio Polizia Postale, ufficio specializzato nel contrasto ai crimini postali ed informatici e del Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche del Paese.\r\n\r\nGiovanni Castellaneta, già ambasciatore d’Italia negli Usa dal 2005 al 2009 (anni in cui vengono sottoscritti accordi strategici con Washington in campo militare e industriale, come ad esempio la coproduzione dei cacciabombardieri F-35, l’installazione del terminale MUOS a Niscemi e dei droni d’intelligence a Sigonella); successivamente presidente del consiglio di amministrazione di SACE (il gruppo assicurativo-finanziario a favore delle imprese italiane che operano all’estero, interamente controllato dalla Cassa depositi e Prestiti) e membro del Cda di Finmeccanica (l’holding a capo del complesso militare-industriale italiano). È stato inoltre consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio Berlusconi e suo rappresentante personale per i Vertici del G8 del 2001 e del 2005.\r\n\r\nGuido Lenzi, ambasciatore, già rappresentante permanente presso l’OSCE a Vienna, direttore dell’Istituto Europeo di Studi di Sicurezza a Parigi e consigliere diplomatico presso il ministero degli affari esteri e della difesa.\r\n\r\nAndrea Monorchio, originario di Reggio Calabria, ex ragioniere generale dello Stato, docente di materie economiche presso l’Università di Siena e la Luiss di Roma, per alcuni anni presidente del Cda di Infrastrutture S.p.A. (società voluta dal ministero del Tesoro per finanziare le grandi opere pubbliche) e dei collegi sindacali di Eni, Fintecna e Telespazio (gruppo Finmeccanica). Nell’ottobre 2011 è stato nominato vicepresidente della Banca popolare di Vicenza.\r\n\r\nPaolo Savona, già direttore generale e poi amministratore delegato della Banca Nazionale del Lavoro (1989-1990), presidente del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (dal 1990 al 1999 e dal 2010 al 2014), dei Cda di holding e società come Impregilo, Gemina, Aeroporti di Roma, Consorzio Venezia Nuova, Banca di Roma, membro dei Cda di RCS, TIM Italia, Capitalia. Savona è stato pure presidente della Commissione d’indagine sul nucleare in Italia e membro delle Commissioni Ortona e Jucci per la riforma dei servizi di sicurezza.\r\n\r\nAsher Daniel Colombo e Marzio Barbagli, docenti di sociologia dell’Università di Bologna, consulenti di fiducia del ministero dell’Interno e autori di diverse pubblicazioni sulle migrazioni internazionali e le “relazioni” immigrati-sicurezza-criminalità in Italia.\r\n\r\nSalvatore Tucci, docente di Calcolatori elettronici presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università “Tor Vergata” di Roma, dal 1999 al 2008 responsabile del sistema informativo della Presidenza del consiglio dei ministri.\r\n\r\nI giornalisti Andrea Nativi direttore della Rivista Italiana Difesa e Carlo Panella ex dirigente di Lotta Continua, collaboratore de Il Foglio e responsabile delle tribune politiche Mediaset, nominato da Marco Minniti quale membro della Commissione di studio sulla Jihad in Italia.\r\n\r\nI direttori della security e protezione aziendale, Raffaele Di Lella di ENAC (l’Ente nazionale per l’aviazione civile) e Franco Fiumara delle Ferrovie dello Stato (quest’ultimo ha pure diretto le compagnie della Guardia di finanza di Mondragone e Gela e il Nucleo centrale Polizia tributaria di Roma - Sezione Stupefacenti; nel dicembre 2014 è stato eletto presidente di Colpofer, l’Associazione internazionale dei Capi delle strutture di sicurezza aziendale ferroviaria di 24 paesi e della Polizia dei trasporti).\r\n\r\nLuisa Franchina, ingegnere elettronico ed esperta di strategie di sicurezza delle reti e dell’informazione, dal 2011 al 2013 direttrice generale del Nucleo operativo per gli attentati NBCR (nucleari, biologici, chimici e radiologici) presso la Presidenza del Consiglio e successivamente delegata italiana per la Protezione civile presso il comando Nato di Bruxelles.\r\n\r\nGli ispettori generali della Police nationale francese, Hélène Martini (già consigliere tecnico per la sicurezza interna del Presidente della Repubblica) ed Emile Pérez, direttore del Service de Coopération Technique Internationale de Police e presidente di Francopol.\r\n\r\nFrances Fragos Townsend, ex consigliere per la sicurezza nazionale e le politiche di lotta al terrorismo del presidente Usa George W. Bush, nonché inviata speciale per le ispezioni alla prigione-lager “Abu Ghraib” in Iraq, nota al mondo per i crimini commessi dai militari statunitensi a danno dei reclusi. Tra il 2006 e il 2007, l’allora vice-ministro all’interno Marco Minniti e il prefetto Carlo De Stefano (al tempo direttore centrale della Polizia di prevenzione e coordinatore del Comitato di analisi strategica antiterrorismo) ebbero modo d’incontrare più volte a Roma e Washington la consigliere Townsend per uno “scambio di informazioni Italia-Usa sulla “minaccia terroristica”.\r\n\r\nKurt Volker, ex ambasciatore Usa alla Nato (su nomina del presidente George W. Bush) ed ex analista internazionale della CIA, managing director del Centro per le Relazioni Transatlantiche alla Johns Hopkins University. Già consulente del senatore ultraconservatore John MacCain e vicedirettore dell’allora Segretario generale della NATO George Robertson (1998-2001), Volker ha ricoperto l’incarico di consulente del Dipartimento di Stato in preparazione dei summit Nato di Praga (2002) e Istanbul (2004).\r\nNe abbiamo parlato con Antonio Mazzeo, autore di un profilo di Minniti, uscito su Left.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2017 01 17 minniti mazzeo","17 Gennaio 2017","2017-01-20 16:11:16","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/01/Cossiga-e-Minniti-600x400-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/01/Cossiga-e-Minniti-600x400-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/01/Cossiga-e-Minniti-600x400-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/01/Cossiga-e-Minniti-600x400.jpg 600w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Minniti. 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Peraltro alla vigilia di due importanti appuntamenti internazionali, che hanno contribuito alla scelta di rinviare la fine della legislatura: la celebrazione del 60esimo anniversario della firma del Trattato istitutivo della Cee (il 25 marzo a Roma) e, soprattutto, il vertice dei Capi di Stato del G7 a Taormina il 26 e 27 maggio.\r\nIn vista di tali scadenze, Marco Minniti appare come il politico più “adeguato” per consolidare il giro di vite securitario sul fronte interno e – in vista delle politiche – strappare a leghisti e centrodestra il monopolio della narrazione sul “pericolo” immigrato e sulla “\u003Cmark>sicurezza”\u003C/mark>. Di comprovata fede Nato, vicino all’establishment ultraconservatore degli Stati Uniti d’America e alle centrali d’intelligence più o meno occulte del nostro Paese, il suo curriculum vitae e le trame tessute in questi anni ci spiegano come e perché.\r\n\r\nLa sua “creatura” è l’ICSA, di cui sino alla morte è stato presidente Francesco Cossiga. Un nome un programma.\r\n\r\nEterogeneo per ideologie e orientamenti politici anche se in buona parte i cuori battono per l’ordine sociale e la conservazione, il consiglio scientifico della Fondazione ICSA testimonia la portata e la forza della rete di relazioni istituzionali, nazionali e internazionali, realizzata nel tempo da Marco Minniti. Si tratta di una lunga lista di Capi di Stato Maggiore delle forze armate e dell’Arma dei carabinieri; comandanti dei reparti speciali della Nato e dei servizi segreti; segretari e consiglieri militari di presidenti del consiglio e ministri; diplomatici, magistrati, responsabili della security di importanti holding economiche; giornalisti, professori universitari e finanche consulenti e analisti della CIA e dei dipartimenti statunitensi per la lotta al terrorismo.\r\n\r\nCoordinatore del Consiglio scientifico della Fondazione ICSA il sociologo Italo Saverio Trento.\r\n\r\nMembri\r\n\r\nAmm. Gianfranco Battelli, dal 1979 al 1983 a capo del cosiddetto “ufficio I” incaricato della valutazione, produzione e aggiornamento di tutti i documenti d’intelligence della Marina Militare; successivamente capo di Gabinetto del ministero della Difesa e dal 1996 al 2001 direttore del Sismi (i vecchi servizi segreti militari) e infine consigliere della Corte dei Conti.\r\n\r\nAmm. Sergio Biraghi, Capo di Stato Maggiore della Marina Militare dal 2004 al 2006 e poi consigliere militare del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.\r\n\r\nGen. Carlo Cabigiosu, già vicecomandante del Corpo d’Armata di reazione Rapida della Nato in Germania, poi Capo di Stato maggiore del Comando Regionale delle Forze Terrestri Alleate del Sud Europa (il primo generale italiano ad assumere tale carica, da sempre ricoperta da militari \u003Cmark>Usa\u003C/mark>), comandante della Forza Nato in Kosovo (2000-01), rappresentante dell’Italia al Senior Official Group (SOG) della Nato per la revisione della struttura di Comando dell'Alleanza e infine consigliere militare della Missione italiana in Iraq (2003-04).\r\n\r\nGen. Vincenzo Camporini, dal 2008 al 2011 Capo di Stato maggiore della difesa e poi consulente dell’allora ministro degli esteri Franco Frattini; oggi è vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali e membro della Fondazione Italia-Usa.\r\n\r\n \r\n\r\nGiovanni De Carli ed Edoardo Esposito, generali della Guardia di Finanza.\r\n\r\nGen. Giampaolo Ganzer, già comandante dei reparti dei Carabinieri impegnati contro la colonna veneto-friulana delle Brigate Rosse e delle teste di cuoio che liberarono il generale Usa James Lee Dozier sequestrato dalle Br a Verona nel 1981. Nel 2002 è stato nominato comandante del ROS (Raggruppamento Operativo Speciale) dell’Arma dei Carabinieri, incarico ricoperto sino al luglio 2012 nonostante la condanna in primo grado a 14 anni per “associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, al peculato, al falso e ad altri reati”, commessi nel corso di alcune operazioni antidroga dei ROS. Dopo la riduzione della condanna in secondo grado a 4 anni e 11 mesi di reclusione, lo scorso anno è scatta la prescrizione per i reati dopo la revisione della Cassazione.\r\n\r\nGen. Fabio Mini, esperto di geostrategia, ex comandante della missione Nato in Kosovo dal 2002 al 2003, autore di articoli per Limes, l’Espresso, la Repubblica e Il Fatto Quotidiano.\r\n\r\nGen. Mario Nunzella, già Capo di Stato maggiore dell’Arma dei Carabinieri, ex consigliere per la \u003Cmark>sicurezza\u003C/mark> del Presidente del Consiglio Massimo D’Alema, poi responsabile del coordinamento delle forze di polizia presso il Ministero dell’Interno. Nel giugno 2000 è stato nominato comandante del ROS dei Carabinieri.\r\n\r\nGen. Stefano Panato, ex sottocapo di Stato maggiore dell’Aeronautica (si è interessato ai programmi di sviluppo dei cacciabombardieri Tornado, Amx ed Eurofighter 2000), poi presidente del Centro Alti Studi per la Difesa (CASD), l’organismo di più alto livello nel campo della formazione e degli studi di \u003Cmark>sicurezza\u003C/mark> e vicedirettore del Sismi e dell’AISE (l’agenzia che sovrintende alla gestione dei servizi segreti). Dal 1999 al 2002 è stato consigliere militare presso la Rappresentanza d’Italia al Consiglio Atlantico a Bruxelles; oggi ricopre il ruolo coordinatore del Centro Studi Militari Aeronautici (Cesma) “Giulio Dohuet” di Roma.\r\n\r\nGen. Luciano Piacentini, già comandante del battaglione d’assalto “Col Moschin” e successivamente capo di Stato Maggiore della brigata paracadutisti “Folgore” e consigliere per la \u003Cmark>sicurezza\u003C/mark> in diverse aree del continente asiatico.\r\n\r\nGen. Sergio Siracusa, prima addetto militare presso l’ambasciata d’Italia a Washington, poi sottocapo di Stato maggiore presso il Comando Forze terrestri alleate del Sud Europa di Verona, direttore del Sismi dal 1994 al 1996, comandante generale dell’Arma dei Carabinieri dal 1997 al 2002 e infine Consigliere di Stato.\r\n\r\nGiancarlo Capaldo, procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ed ex collaboratore dei ministri della prima Repubblica Sebastiano Vassalli e Virginio Rognoni.\r\n\r\nStefano Dambruoso, ex magistrato a Milano dove ha condotto inchieste sulle cellule anarco-insurrezionaliste e sul terrorismo jidahista in Italia, dal 2008 Capo dell’Ufficio coordinamento attività internazionali del ministero della Giustizia, poi membro del Consiglio direttivo dell’Agenzia per la \u003Cmark>sicurezza\u003C/mark> nucleare e dal febbraio 2013 deputato alla Camera, eletto in Lombardia con Scelta Civica e transitato nel gruppo scissionista Civici e Innovatori. Membro anch’egli della Fondazione Italia-USA, nel gennaio 2016, unitamente al parlamentare Pd Andrea Manciulli (presidente della delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare della NATO) ha presentato la proposta di legge “Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo jihadista”.\r\n\r\nNicola Di Giannantonio, prefetto fuori ruolo presso la Presidenza del Consiglio nel 2000 e successivamente direttore della Sovrintendenza Centrale dei Servizi di \u003Cmark>Sicurezza\u003C/mark> del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.\r\n\r\nDomenico Vulpiani, prefetto e direttore dell’Ufficio centrale ispettivo del Dipartimento di Pubblica \u003Cmark>Sicurezza\u003C/mark> del Ministero dell’Interno, dal 1978 al 1988 responsabile dei servizi di protezione dei Presidenti della Repubblica Francesco Cossiga e Oscar Luigi Scalfaro, di alcuni presidenti del Consiglio e ministri dell’Interno. Dal 1990 al 1996 presso la Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione ha ricoperto diversi incarichi in materia di antiterrorismo; dal 1996 al 2001 è stato a capo della DIGOS di Roma, dal 2001 al 2009 direttore del Servizio Polizia Postale, ufficio specializzato nel contrasto ai crimini postali ed informatici e del Centro \u003Cmark>Nazionale\u003C/mark> Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche del Paese.\r\n\r\nGiovanni Castellaneta, già ambasciatore d’Italia negli \u003Cmark>Usa\u003C/mark> dal 2005 al 2009 (anni in cui vengono sottoscritti accordi strategici con Washington in campo militare e industriale, come ad esempio la coproduzione dei cacciabombardieri F-35, l’installazione del terminale MUOS a Niscemi e dei droni d’intelligence a Sigonella); successivamente presidente del consiglio di amministrazione di SACE (il gruppo assicurativo-finanziario a favore delle imprese italiane che operano all’estero, interamente controllato dalla Cassa depositi e Prestiti) e membro del Cda di Finmeccanica (l’holding a capo del complesso militare-industriale italiano). È stato inoltre consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio Berlusconi e suo rappresentante personale per i Vertici del G8 del 2001 e del 2005.\r\n\r\nGuido Lenzi, ambasciatore, già rappresentante permanente presso l’OSCE a Vienna, direttore dell’Istituto Europeo di Studi di \u003Cmark>Sicurezza\u003C/mark> a Parigi e consigliere diplomatico presso il ministero degli affari esteri e della difesa.\r\n\r\nAndrea Monorchio, originario di Reggio Calabria, ex ragioniere generale dello Stato, docente di materie economiche presso l’Università di Siena e la Luiss di Roma, per alcuni anni presidente del Cda di Infrastrutture S.p.A. (società voluta dal ministero del Tesoro per finanziare le grandi opere pubbliche) e dei collegi sindacali di Eni, Fintecna e Telespazio (gruppo Finmeccanica). Nell’ottobre 2011 è stato nominato vicepresidente della Banca popolare di Vicenza.\r\n\r\nPaolo Savona, già direttore generale e poi amministratore delegato della Banca \u003Cmark>Nazionale\u003C/mark> del Lavoro (1989-1990), presidente del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (dal 1990 al 1999 e dal 2010 al 2014), dei Cda di holding e società come Impregilo, Gemina, Aeroporti di Roma, Consorzio Venezia Nuova, Banca di Roma, membro dei Cda di RCS, TIM Italia, Capitalia. Savona è stato pure presidente della Commissione d’indagine sul nucleare in Italia e membro delle Commissioni Ortona e Jucci per la riforma dei servizi di \u003Cmark>sicurezza\u003C/mark>.\r\n\r\nAsher Daniel Colombo e Marzio Barbagli, docenti di sociologia dell’Università di Bologna, consulenti di fiducia del ministero dell’Interno e autori di diverse pubblicazioni sulle migrazioni internazionali e le “relazioni” immigrati-sicurezza-criminalità in Italia.\r\n\r\nSalvatore Tucci, docente di Calcolatori elettronici presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università “Tor Vergata” di Roma, dal 1999 al 2008 responsabile del sistema informativo della Presidenza del consiglio dei ministri.\r\n\r\nI giornalisti Andrea Nativi direttore della Rivista Italiana Difesa e Carlo Panella ex dirigente di Lotta Continua, collaboratore de Il Foglio e responsabile delle tribune politiche Mediaset, nominato da Marco Minniti quale membro della Commissione di studio sulla Jihad in Italia.\r\n\r\nI direttori della security e protezione aziendale, Raffaele Di Lella di ENAC (l’Ente \u003Cmark>nazionale\u003C/mark> per l’aviazione civile) e Franco Fiumara delle Ferrovie dello Stato (quest’ultimo ha pure diretto le compagnie della Guardia di finanza di Mondragone e Gela e il Nucleo centrale Polizia tributaria di Roma - Sezione Stupefacenti; nel dicembre 2014 è stato eletto presidente di Colpofer, l’Associazione internazionale dei Capi delle strutture di \u003Cmark>sicurezza\u003C/mark> aziendale ferroviaria di 24 paesi e della Polizia dei trasporti).\r\n\r\nLuisa Franchina, ingegnere elettronico ed esperta di strategie di \u003Cmark>sicurezza\u003C/mark> delle reti e dell’informazione, dal 2011 al 2013 direttrice generale del Nucleo operativo per gli attentati NBCR (nucleari, biologici, chimici e radiologici) presso la Presidenza del Consiglio e successivamente delegata italiana per la Protezione civile presso il comando Nato di Bruxelles.\r\n\r\nGli ispettori generali della Police nationale francese, Hélène Martini (già consigliere tecnico per la \u003Cmark>sicurezza\u003C/mark> interna del Presidente della Repubblica) ed Emile Pérez, direttore del Service de Coopération Technique Internationale de Police e presidente di Francopol.\r\n\r\nFrances Fragos Townsend, ex consigliere per la \u003Cmark>sicurezza\u003C/mark> \u003Cmark>nazionale\u003C/mark> e le politiche di lotta al terrorismo del presidente \u003Cmark>Usa\u003C/mark> George W. 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Dei 15 membri del consiglio, 14 hanno votato a favore del testo, respingendo la decisione unilaterale dell'amministrazione statunitense e rimettendo al centro la necessità di negoziati. Gli USA hanno però posto il veto sulla risoluzione, di fatto affossandola.\r\n\r\n \r\n\r\nLa decisione ha suscitato l'immediata approvazione del premier israeliano Benjamin Netanayhu, mentre l'Autorità Nazionale Palestinese ha parlato di \"veto inaccettabile che minaccia la stabilità della comunità internazionale\". Il veto della Casa Bianca rivela l'intenzione di Trump di proseguire lungo la strada intrapresa, ma anche l'isolamento statunitese all'interno della comunità internazionale, che non ha dato segno di apprezzare il colpo di testa del tycoon (pur nel quadro di un generale e prolungato stallo dei negoziati e di politiche filo-israeliane mai messe in discussione).\r\n\r\n \r\n\r\nSu richiesta palestinese, domani la mozione di condanna per il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele arriverà sui banchi dell'Assemblea generale dell'Onu: se l'esito della votazione è scontato (qui gli USA non possono esercitare il diritto di veto), al tempo stesso la decisione non avrà alcuna conseguenza concreta poiché non ha effetto vincolante.\r\n\r\n \r\n\r\nAbbiamo commentato gli ultimi aggiornamenti con Chiara Cruciati, giornalista di Nena News:\r\n\r\ntrump_gerusalemme20dic","20 Dicembre 2017","2017-12-21 23:39:25","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/Palestina-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/Palestina-300x200.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/Palestina-300x200.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/12/Palestina.jpeg 640w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Gerusalemme capitale d'Israele, gli USA bloccano la mozione di condanna dell'ONU",1513790498,[263,264,265,266,192,67],"http://radioblackout.org/tag/gerusalemme/","http://radioblackout.org/tag/israele/","http://radioblackout.org/tag/onu/","http://radioblackout.org/tag/palestina/",[268,269,270,271,18,15],"gerusalemme","Israele","ONU","palestina",{"post_content":273,"post_title":278,"tags":281},{"matched_tokens":274,"snippet":276,"value":277},[275,77],"Nazionale","israeliano Benjamin Netanayhu, mentre l'Autorità \u003Cmark>Nazionale\u003C/mark> Palestinese ha parlato di \"veto inaccettabile che \u003Cmark>minaccia\u003C/mark> la stabilità della comunità internazionale\".","Era attesa per lunedì la votazione del Consiglio di \u003Cmark>Sicurezza\u003C/mark> dell’Onu sulla risoluzione, presentata dall'Egitto, di condanna del riconoscimento di Gerusalemme come capitale d’Israele. 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Tra interventi, stancil, cartelli, manifesti, scritte e sangue a terra la manifestazione ha avuto una forte impronta comunicativa.\r\n\r\n\r\nUna enorme scritta è stata fatta per le 26 ragazze nigeriane uccise dalle frontiere\r\n\r\nDi seguito il testo di presentazione della s-conferenza.\r\n\"Cos’è una S-conferenza stampa: è una conferenza stampa al contrario, invece di “chiedere” alla stampa di venire a darci parola e diffonderla, andiamo noi dalla stampa a dire quali sono le nostre parole.\r\nVogliamo essere artefici delle narrazioni che riguardano i nostri corpi e le nostre vite.\r\nNon vogliamo essere sempre e solo l'oggetto del discorso della cronaca nera, ma vogliamo raccontare le violenze che quotidianamente subiamo come conseguenze di un sistema economico, sociale, culturale che quelle violenze legittima e alimenta.\r\n\r\n \r\n\r\nL'assemblea della Rete Non Una di Meno di Torino ha deciso di non fare una conferenza stampa per presentare la manifestazione nazionale del 25 novembre a Roma, ma di fare un presidio nel centro della città, di fronte alla Rai, per proporre una narrazione della violenza di genere diversa da quella di gran parte dei media nazionali ed internazionali.\r\n\r\nLa violenza di genere è confinata nelle pagine della cronaca nera, una collocazione che ne nega la valenza politica, trasformando pestaggi, stupri, omicidi, molestie in episodi di delinquenza comune, in questioni private. La libertà che le donne si sono conquistate ha incrinato e a volte spezzato le relazioni gerarchiche tra i sessi, rompendo l'ordine simbolico e materiale, che le voleva sottomesse ed ubbidienti. Il moltiplicarsi su scala mondiale dei femminicidi dimostra che la strada della libertà e dell'autonomia femminile è ancora molto lunga. E in salita. La narrazione della violenza proposta da tanti media rende questa salita più ripida.\r\n\r\nI media di fronte al dispiegarsi violento della reazione patriarcale tentano di privatizzare, familizzare, domesticare lo scontro. Le donne sono vittime indifese, gli uomini sono violenti perché folli. La follia sottrae alla responsabilità, nascondendo l’esplicita intenzione disciplinante e punitiva.\r\n\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione diffusa a riaffermare l’ordine patriarcale.\r\n\r\nI media descrivono le donne come vittime da tutelare, ottenendo l’effetto paradossale di rinforzare l’opinione che le donne siano intrinsecamente deboli. Noi non siamo vittime, non accettiamo che la libertà e la sicurezza delle donne possa divenire alibi per moltiplicare la pressione disciplinare, i dispositivi securitari e repressivi, il crescere del controllo poliziesco sul territorio.\r\n\r\nLe donne libere stanno creando reti solidali, che le rendono più forti individualmente e collettivamente. Disprezziamo la violenza e chi la usa contro di noi, ma quando è necessario sappiamo difenderci da chi ci attacca, nella consapevolezza che chi tocca una, tocca tutte.\r\n\r\nI media usano la violenza sulle donne come strumento per rinforzare il razzismo nei confronti dei migranti: la violenza di genere è raccontata in modo molto diverso se i protagonisti sono nati qui o altrove. La violenza verso le donne migranti viene spesso minimizzata, perché considerata “intrinseca” alla loro cultura. Parimenti se il violento è uno straniero la stessa argomentazione viene usata per invocare la chiusura delle frontiere ed espulsioni di massa. Il moltiplicarsi dei femminicidi agiti da uomini italiani verso donne italiane dimostra che la violenza di genere è senza frontiere. Come lo sciopero femminista del prossimo otto marzo.\r\n\r\nI media colpevolizzano chi subisce violenza, scandagliandone le vite, i comportamenti, le scelte di libertà, per giustificare la violenza maschile, per annullare la libertà delle donne, colpevoli di non essere prudenti, di non accettare come “normale” il rischio della violenza che le colpisce in quanto donne. Lo stereotipo di “quelle che se la cercano”, che si tratti di sex worker o di donne che non vestono abiti simili a gabbie di stoffa, è una costante del racconto dei media. Decenni di femminismo e di storia della libertà femminile vengono deliberatamente ignorati.\r\n\r\nI media negano identità e dignità alle persone, quando scrivono di “trans uccisi”, senza nulla sapere delle loro vite. Il genere non è un destino, né una condanna, ma un percorso che ciascun* attraversa per trovare se stess*, fuori da stereotipi e ruoli imposti.\r\nI media sono responsabili del perpetuarsi di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza contro le donne, la violenza di genere.\"\r\n\r\n \r\n\r\nSulla pagina facebook di non una di meno Torino trovate foto, video, resoconti della giornata.\r\n\r\nAscolta la diretta con Bia:\r\n2017 11 21 bia corteo e sconferenza\r\n\r\n*****************************************************************************************************\r\n\r\nOgni giorno, in ogni dove, una donna viene uccisa, stuprata, molestata. Una violenza continua, diffusa, che permea ogni ambito sociale. Una violenza “normale”, quotidiana.\r\nMa media, istituzioni, magistratura, ci impongono una storia diversa. Le tante violenze agite in casa sono descritte come momenti di “follia”, drammi personali, uomini impazziti. Il folle sfugge alle regole della comunità, perché il suo agire è privo di ragione e, quindi, non rappresenta una rottura del patto sociale.\r\nSe le violenze avvengono in strada, sui posti di lavoro, o nei luoghi di divertimento, stupri e molestie cambiano di segno in base alla personalità, al mestiere, alla nazionalità delle persone coinvolte. Se lo stupratore indossa la divisa prevale il garantismo e si fruga nella vita delle donne per screditarle.\r\nSe i violenti sono uomini stranieri o marginali allora tutto cambia. Vengono paragonati a belve feroci fuori controllo. Aggressioni e femminicidi hanno enormi eco mediatiche, vengono diffusi con dovizia i particolari più crudi per suscitare orrore, paura, disprezzo.\r\n\r\n \r\n\r\nI corpi e le vite delle donne vengono usati per moltiplicare i militari nelle strade, per criminalizzare gli immigrati, per aumentare i controlli e promuovere nuove leggi più repressive.\r\n\r\n \r\n\r\nSui corpi delle donne si giocano continue battaglie di civiltà. Sia che le si voglia “tutelare”, sia che le si voglia “asservire” la logica di fondo è la stessa. Resta al “tuo” posto. Torna al “tuo” posto. Penso io a te, penso io a proteggerti, a punirti, a disciplinarti.\r\nLa narrazione della violenza come follia o criminalità agita da pochi soggetti estranei, rende invisibile la guerra contro le donne per la ri-affermazione di una relazione di tipo patriarcale.\r\n\r\n \r\n\r\nLe donne sfidano il patriarcato. In ogni dove.\r\n\r\nNegare questa sfida, considerare la lotta delle donne contro il patriarcato un retaggio residuale di un passato che non torna, è una falsificazione, che nasconde la caratteristica reattiva di tanta parte della violenza maschile sulle donne. A tutte le latitudini.\r\n\r\n \r\n\r\nLa violenza di genere è intrisecamente politica. Non solo per i numeri impressionanti ma, soprattutto, per i mille dispositivi messi in campo, per nascondere, privare di senso, sminuire la portata sistemica dell’attacco.\r\n\r\nLa violenza colpisce anche quelle che non la subiscono. La minaccia stessa, il pericolo di attraversare liberamente i luoghi delle nostre vite sono parte di un dispositivo che prova a tenerci sotto scacco, nell’auspicio di disciplinarci con la paura.\r\n\r\nLe femministe lottano perché la paura cambi di campo. Non c’è libertà se non nel rischio e nella lotta. Chi cade nel cammino non è una vittima ma una donna colpita perché libera. Chi ci uccide compie un atto politico. Sfidare assassini e stupratori è un atto politico.\r\nLe strade libere le fanno le donne che le attraversano.\r\n\r\n \r\n\r\nDi violenza di genere e delle tante iniziative torinesi verso il corteo femminista del 25 novembre a Roma, abbiamo parlato con Chiara della rete Non Una di Meno di Torino.\r\n\r\n \r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n2017 11 15 cacerolata chiara nudm\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito i principali appuntamenti:\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 17 novembre\r\n\r\n\r\nore 21\r\n\r\n\r\npiazza Castello\r\n\r\n\r\nCorteo con cacerolata rumorosa contro la violenza patriarcale\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nSabato 18 novembre cena benefit per il pullman per il corteo del 25 a Roma. Poi karaoke e djset\r\n\r\nOre 20 al Gabrio di via Millio 42\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nMartedì 21 novembre ore 17,30 s-conferenza stampa di fronte alla Rai in via Verdi contro la narrazione dei media che nega il senso intrinsecamente politico della violenza di genere.","21 Novembre 2017","2017-11-25 10:32:44","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/11/17-nov-burn-macho-burn-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/11/17-nov-burn-macho-burn-300x225.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/11/17-nov-burn-macho-burn-300x225.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/11/17-nov-burn-macho-burn.jpg 501w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Le strade libere le fanno le donne che le attraversano",1511276252,[322,323,324,325,326,327,328,329],"http://radioblackout.org/tag/cacerolata-femminista/","http://radioblackout.org/tag/femminicidio/","http://radioblackout.org/tag/femminismo/","http://radioblackout.org/tag/guerra-alle-donne/","http://radioblackout.org/tag/non-una-di-meno-torino/","http://radioblackout.org/tag/patriarcato/","http://radioblackout.org/tag/s-conferenza-stampa/","http://radioblackout.org/tag/torino/",[331,332,333,334,335,336,337,338],"cacerolata femminista","femminicidio","femminismo","guerra alle donne","non una di meno torino","patriarcato","s-conferenza stampa","torino",{"post_content":340},{"matched_tokens":341,"snippet":342,"value":343},[79],"stampa per presentare la manifestazione \u003Cmark>nazionale\u003C/mark> del 25 novembre a Roma,","Aggiornamento al 21 novembre\r\n\r\nBia di NUDM Torino ci racconta il corteo del 17 novembre e presenta la s-conferenza stampa di oggi pomeriggio di fronte alla RAI.\r\n\r\n\r\nIl corteo del 17 ha attraversato il centro cittadino per oltre tre ore. Tra interventi, stancil, cartelli, manifesti, scritte e sangue a terra la manifestazione ha avuto una forte impronta comunicativa.\r\n\r\n\r\nUna enorme scritta è stata fatta per le 26 ragazze nigeriane uccise dalle frontiere\r\n\r\nDi seguito il testo di presentazione della s-conferenza.\r\n\"Cos’è una S-conferenza stampa: è una conferenza stampa al contrario, invece di “chiedere” alla stampa di venire a darci parola e diffonderla, andiamo noi dalla stampa a dire quali sono le nostre parole.\r\nVogliamo essere artefici delle narrazioni che riguardano i nostri corpi e le nostre vite.\r\nNon vogliamo essere sempre e solo l'oggetto del discorso della cronaca nera, ma vogliamo raccontare le violenze che quotidianamente subiamo come conseguenze di un sistema economico, sociale, culturale che quelle violenze legittima e alimenta.\r\n\r\n \r\n\r\nL'assemblea della Rete Non Una di Meno di Torino ha deciso di non fare una conferenza stampa per presentare la manifestazione \u003Cmark>nazionale\u003C/mark> del 25 novembre a Roma, ma di fare un presidio nel centro della città, di fronte alla Rai, per proporre una narrazione della violenza di genere diversa da quella di gran parte dei media nazionali ed internazionali.\r\n\r\nLa violenza di genere è confinata nelle pagine della cronaca nera, una collocazione che ne nega la valenza politica, trasformando pestaggi, stupri, omicidi, molestie in episodi di delinquenza comune, in questioni private. 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In ogni dove.\r\n\r\nNegare questa sfida, considerare la lotta delle donne contro il patriarcato un retaggio residuale di un passato che non torna, è una falsificazione, che nasconde la caratteristica reattiva di tanta parte della violenza maschile sulle donne. A tutte le latitudini.\r\n\r\n \r\n\r\nLa violenza di genere è intrisecamente politica. Non solo per i numeri impressionanti ma, soprattutto, per i mille dispositivi messi in campo, per nascondere, privare di senso, sminuire la portata sistemica dell’attacco.\r\n\r\nLa violenza colpisce anche quelle che non la subiscono. La \u003Cmark>minaccia\u003C/mark> stessa, il pericolo di attraversare liberamente i luoghi delle nostre vite sono parte di un dispositivo che prova a tenerci sotto scacco, nell’auspicio di disciplinarci con la paura.\r\n\r\nLe femministe lottano perché la paura cambi di campo. Non c’è libertà se non nel rischio e nella lotta. Chi cade nel cammino non è una vittima ma una donna colpita perché libera. Chi ci uccide compie un atto politico. Sfidare assassini e stupratori è un atto politico.\r\nLe strade libere le fanno le donne che le attraversano.\r\n\r\n \r\n\r\nDi violenza di genere e delle tante iniziative torinesi verso il corteo femminista del 25 novembre a Roma, abbiamo parlato con Chiara della rete Non Una di Meno di Torino.\r\n\r\n \r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n2017 11 15 cacerolata chiara nudm\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito i principali appuntamenti:\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 17 novembre\r\n\r\n\r\nore 21\r\n\r\n\r\npiazza Castello\r\n\r\n\r\nCorteo con cacerolata rumorosa contro la violenza patriarcale\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nSabato 18 novembre cena benefit per il pullman per il corteo del 25 a Roma. Poi karaoke e djset\r\n\r\nOre 20 al Gabrio di via Millio 42\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nMartedì 21 novembre ore 17,30 s-conferenza stampa di fronte alla Rai in via Verdi contro la narrazione dei media che nega il senso intrinsecamente politico della violenza di genere.",[345],{"field":111,"matched_tokens":346,"snippet":342,"value":343},[79],2308138768554524700,{"best_field_score":349,"best_field_weight":168,"fields_matched":20,"num_tokens_dropped":48,"score":350,"tokens_matched":121,"typo_prefix_score":48},"1120976240640","2308138768554524785",6646,{"collection_name":59,"first_q":35,"per_page":353,"q":35},6,7,{"facet_counts":356,"found":20,"hits":368,"out_of":394,"page":20,"request_params":395,"search_cutoff":37,"search_time_ms":121},[357,363],{"counts":358,"field_name":361,"sampled":37,"stats":362},[359],{"count":20,"highlighted":360,"value":360},"I Bastioni di Orione","podcastfilter",{"total_values":20},{"counts":364,"field_name":36,"sampled":37,"stats":367},[365],{"count":20,"highlighted":366,"value":366},"Bastioni di Orione",{"total_values":20},[369],{"document":370,"highlight":385,"highlights":390,"text_match":347,"text_match_info":393},{"comment_count":48,"id":371,"is_sticky":48,"permalink":372,"podcastfilter":373,"post_author":374,"post_content":375,"post_date":376,"post_excerpt":54,"post_id":371,"post_modified":377,"post_thumbnail":378,"post_title":379,"post_type":380,"sort_by_date":381,"tag_links":382,"tags":384},"96797","http://radioblackout.org/podcast/bastioni-di-orione-27-03-2025-le-forze-armate-cinesi-si-rinnovano-la-groenlandia-vista-dal-di-dentro-sudan-lesercito-si-riprende-khartoum/",[360],"radiokalakuta","Bastioni di Orione si confronta con Simone Dossi direttore di Orizzonte Cina che si occupa di sicurezza e forze armate in Cina, a proposito del rinnovamento delle forze armate cinesi che hanno mostrato i nuovi caccia invisibili di sesta generazione e la strategia militare di Pechino verso la sua periferia. Le forze armate cinesi hanno attraversato una profonda trasformazione negli ultimi decenni dagli anni '80 sia per quello che concerne la dottrina militare sia l'organizzazione. E' mutato il ruolo dell'Esercito di liberazione che nasce nel 1927 come esercito del partito a protezione dalla sovversione per poi estendere le sue attività contro le minacce esterne. Dopo Tienanmen L'Esercito di liberazione lascia il compito della sicurezza interna ad altri apparati per concentrarsi nel controllo delle zone dove la Cina ha interessi particolari .Gli interessi essenziali da difendere vengono collocati nella periferia intesa come tutto ciò che sta intorno alla Cina ,ma a differenza degli U.S.A. con una proiezione selettiva e non globale. La leva militare è solo uno strumento e non il piu' importante per contribuire al mantenimento dell'ordine internazionale e modificarlo in base ai propri interessi attraverso lo sforzo della diplomazia . La sfida tecnologica è considerata dai vertici militari un elemento cruciale e la dottrina cinese è concentrata sul concetto di guerra informatizzata con un coinvolgimento anche del settore civile in questo processo di modernizzazione delle forze armate. Pechino si presenta come il pilastro della stabilità dell'ordine internazionale nella sua dimensione economica cercando di recuperare un rapporto commerciale con l'Europa sconcertata dalle politiche aggressive di Trump ,forte del volano delle industrie statali ancora prevalenti nell'ecosistema economico cinese.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/4rtkQThKyjnHzrkZ9zSBNK?si=ucxQAd1oQBqYnUwYnOlvKw\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/BASTIONI-27032025-DOSSI.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nCon Fabrizio Barzanti ,musicista del gruppo reggae \"Sauwestari\" che vive in Groenlandia da decenni, proviamo a dare uno sguardo dall'interno a questa isola enorme oggetto delle attenzioni non molto gradite della nuova amministrazione statunitense . Fabrizio ci racconta di un sentimento antiamericano sempre piu' diffuso fra la popolazione inuit ,già sottoposta ad un violento processo di colonizzazione da parte danese fin dal 1721. La dinamica coloniale si ripresenta con le pretese di sfruttamento delle risorse minerarie e la minaccia di annessione espresse in maniera virulenta da Trump , inoltre gli Stati Uniti già hanno una base militare nell'isola . La colonizzazione danese ha portato all'emarginazione del popolo nativo inuit ,al suo inurbamento forzato, alla sterilizzazione di massa delle donne inuit, l'uso dell'alcol per anestetizzare i nativi, la rottura degli stili di vita tradizionali legati ai cicli naturali ,la soppressione delle figure che rivestivano un ruolo preminente come gli sciamani . Già qualche anno fa ci fu un movimento di protesta contro lo sfruttamento delle miniere di uranio , il riscaldamento globale sta portando ad un significativo cambiamento del clima che sta incidendo profondamente sull'equilibrio ambientale favorendo le politiche estrattiviste sostenute dagli interessi americani.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/6EwBZOAurQIoTYK01AcWRu?si=lElKQ5iCSd2dvUeHoyO6hA\r\n\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/BASTIONI-27032025-GROENLANDIA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nCon Matteo Palamidesse che scrive su Focus on Africa, parliamo della situazione in Sudan dove l'esercito ha ripreso Khartoum cristalizzando una spartizione di fatto del paese con il Darfur in mano alle RSF di Emmeti e il nord in mano all'esercito .Si susseguono i massacri di civili come avvenuto a Tora nel Darfur settentrionale dove l'esercito ha bombardato un mercato pieno di gente e si contano almeno 300 morti e un numero imprecisato di feriti. I successi di questi giorni sono dovuti anche allo spostamento di truppe e mezzi nella capitale, da zone in cui non si aveva la capacità militare di sfondare le linee delle milizie. Ma la guerra non è affatto finita. Le RSF difficilmente arretreranno dal Darfur, nella regione godono di un buon supporto militare, anche da parte di altri attori regionali, hanno l’appoggio di alcuni clan, controllano gran parte del territorio. Le infrastrutture del Paese sono andate completamente distrutte, le comunicazioni sono ormai totalmente interrotte, migliaia di sfollati ogni giorno cercano di trovare un rifugio ,la situazione umanitaria è sempre piu' drammatica.\r\n\r\nAnche nel Sud Sudan la situazione è sempre più tesa ,il 27 marzo l’opposizione sudsudanese ha annunciato l’abrogazione dell’accordo di pace del 2018 in Sud Sudan dopo l’arresto del vicepresidente Riek Machar, che era ai ferri corti con il presidente Salva Kiir, mentre le Nazioni Unite temono una ripresa della guerra civile. Il Sud Sudan, che ha ottenuto l’indipendenza dal Sudan nel 2011, è ancora in preda a una cronica instabilità dopo una guerra civile che ha visto contrapporsi le forze di Kiir e Machar tra il 2013 e il 2018. Al termine del conflitto, che ha causato circa 400mila morti e quattro milioni di sfollati, le parti avevano firmato un fragile accordo di condivisione del potere.\r\n\r\nIntanto nel Tigray l'occupazione degli uffici governativi ha portato il presidente dell’amministrazione ad interim Getachew Reda a parlare pubblicamente di un tentativo di rovesciamento dell’amministrazione da parte di un gruppo di leader politici e funzionari militari, in combutta con il governo eritreo.I timori di un nuovo conflitto sono emersi nelle ultime settimane dopo che l’Eritrea avrebbe ordinato una mobilitazione militare a livello nazionale e l’Etiopia ha schierato truppe verso il loro confine. Il presidente ad interim è fuggito ad Addis Abeba e Ahmed ,il presidente etiope,ha rimosso Getachew Reda provocando la reazione del governo tigrino. Le politiche accentratrici di Ahmed stano destabilizzando lo stato multinazionale etiope ,provocando una situazione di conflitto che ha già coinvolto pesantemente il Tigray e la regione Afar con il coinvolgimento eritreo.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/3nLRfgHgMoKy1QI59KGYs1?si=e5aoDFKGTaWVWV8htM2kjg\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/BASTIONI-27032025-PALAMIDESSE.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\"La sempre più ampia estensione del Grande conflitto in Corno d’Africa\".\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ","30 Marzo 2025","2025-04-04 16:34:11","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/05/blade-1-3-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 27/03/2025- LE FORZE ARMATE CINESI SI RINNOVANO -LA GROENLANDIA VISTA DAL DI DENTRO-SUDAN L'ESERCITO SI RIPRENDE KHARTOUM","podcast",1743378585,[383],"http://radioblackout.org/tag/bastioni-di-orione/",[366],{"post_content":386},{"matched_tokens":387,"snippet":388,"value":389},[78],"Cina che si occupa di \u003Cmark>sicurezza\u003C/mark> e forze armate in Cina,","Bastioni di Orione si confronta con Simone Dossi direttore di Orizzonte Cina che si occupa di \u003Cmark>sicurezza\u003C/mark> e forze armate in Cina, a proposito del rinnovamento delle forze armate cinesi che hanno mostrato i nuovi caccia invisibili di sesta generazione e la strategia militare di Pechino verso la sua periferia. 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Il Sud Sudan, che ha ottenuto l’indipendenza dal Sudan nel 2011, è ancora in preda a una cronica instabilità dopo una guerra civile che ha visto contrapporsi le forze di Kiir e Machar tra il 2013 e il 2018. Al termine del conflitto, che ha causato circa 400mila morti e quattro milioni di sfollati, le parti avevano firmato un fragile accordo di condivisione del potere.\r\n\r\nIntanto nel Tigray l'occupazione degli uffici governativi ha portato il presidente dell’amministrazione ad interim Getachew Reda a parlare pubblicamente di un tentativo di rovesciamento dell’amministrazione da parte di un gruppo di leader politici e funzionari militari, in combutta con il governo eritreo.I timori di un nuovo conflitto sono emersi nelle ultime settimane dopo che l’Eritrea avrebbe ordinato una mobilitazione militare a livello \u003Cmark>nazionale\u003C/mark> e l’Etiopia ha schierato truppe verso il loro confine. 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