","Monetarismo, Draghi e minibot","post",1561248616,[53,54,55,56,57,58,59],"http://radioblackout.org/tag/blockchain/","http://radioblackout.org/tag/crisi-monetaria/","http://radioblackout.org/tag/deflazione/","http://radioblackout.org/tag/draghi/","http://radioblackout.org/tag/minibot/","http://radioblackout.org/tag/monetarismo/","http://radioblackout.org/tag/quantitative-easing/",[21,25,19,15,17,23,27],{"post_content":62,"post_title":66,"tags":69},{"matched_tokens":63,"snippet":64,"value":65},[17],"quest'altro contesto vanno inseriti i \u003Cmark>minibot\u003C/mark> di Borghi, che però a","Districarsi nel turbocapitalismo monetarista è un'impresa, anche perché se si cominciasse a intravedere un barlume di rotta da seguire, si potrebbe forse prendere le contromisure, contrapporre scelte eticamente condivisibili, fargli male davvero... o semplicemente trarre piacere dal fatto che si era anticipato dove si stava andando a parare. E tralasciamo le opportunità redditizie derivanti dall'aver capito uno sviluppo economico-finanziario in corso.\r\n\r\nNon sono pochi i fronti che quotidianamente presenta la comunità economico-finanziaria; oggi ci siamo occupati di quello che pertiene all'ambito monetario a seguito dello scontro tra Draghi, che ha di nuovo imbracciato il bazooka del quantitative easing, e Trump, che si è trovato rinnovata la spietata concorrenza delle merci targate euro, proveniente dal sostegno alla moneta attraverso l'emissione di ulteriori certificati del tesoro del vecchio continente, spendibili a sostegno dell'economia UE, perché le previsioni sono di una nuova recessione... e allora sono stati rinnovati a forza in un'ammissione di fallimento, da questo lato dell'Atlantico come dall'altro con la reazione di riflesso della Federal Reserve; però abbiamo capito da questa chiacchierata che non si produce inflazione – come avveniva quando si batteva Lira negli anni Settanta – ma le paure possono essere neanche più di stagflazione quanto di deflazione... quindi diventa essenziale capire il contesto in cui opera questa imponente e unica immissione di liquidità lunga un decennio.\r\n\r\nAnche se si guarda alla produzione, si nota una stagnazione a ogni livello, persino tedeschi e cinesi hanno ridotto i ritmi... e anche in questo caso va contestualizzato il dato con il resto degli aspetti economici, primo tra tutti la droga dei tagli fiscali, ma anche la bolla borsistica creata dalla accumulazione senza ricaduta produttiva... e la mossa di Draghi si può leggere anche come risposta alla spinta neonazionalista (a diversi livelli e con differenti protagonisti) derivante dalle elezioni europee.\r\n\r\nL'avvento dei populismi, ancora più ammantati da sofismi in ambito economico-monetario (visto il nazionalismo e dunque l'attaccamento a una moneta \"sovrana\"), aggiunge strappi locali a quelli che sono quegli scontri planetari. In quest'altro contesto vanno inseriti i \u003Cmark>minibot\u003C/mark> di Borghi, che però a una disamina minimamente più approfondita rispetto al loro muoversi nella stessa direzione degli stimoli monetari che rimetterebbero in moto l'economia si ammantano di qualche afflato keynesiano (ovvero nella vulgata ormai diffusa, \"di sinistra\")... e anche stavolta dunque serve una contestualizzazione dei concetti sottesi a quelle che sembrano sparate provocatorie a livello locale, ma se ricondotte alle dispute tra Usa e UE assumono altri spunti di interesse.\r\n\r\nPer contestualizzare tutte queste innumerevoli spinte contrapposte ci siamo rivolti a Raffaele Sciortino, il cui ultimo libro è appunto, parafrasando John Reed, I dieci anni che sconvolsero il mondo. Raffaele ha cominciato a dischiuderci una spiegazione di quell'economia globalizzata che ha subito la prima crisi economicamente planetaria, dovendosi inventare soluzioni inedite per evitare che a settembre si ripeta:\r\n\r\nI surrogati monetari forse rilanciano, ma poi qualcuno deve pagare",{"matched_tokens":67,"snippet":68,"value":68},[17],"Monetarismo, Draghi e \u003Cmark>minibot\u003C/mark>",[70,72,74,76,78,81,83],{"matched_tokens":71,"snippet":21},[],{"matched_tokens":73,"snippet":25},[],{"matched_tokens":75,"snippet":19},[],{"matched_tokens":77,"snippet":15},[],{"matched_tokens":79,"snippet":80},[17],"\u003Cmark>minibot\u003C/mark>",{"matched_tokens":82,"snippet":23},[],{"matched_tokens":84,"snippet":27},[],[86,92,95],{"field":28,"indices":87,"matched_tokens":89,"snippets":91},[88],4,[90],[17],[80],{"field":93,"matched_tokens":94,"snippet":68,"value":68},"post_title",[17],{"field":96,"matched_tokens":97,"snippet":64,"value":65},"post_content",[17],578730123365712000,{"best_field_score":100,"best_field_weight":101,"fields_matched":102,"num_tokens_dropped":39,"score":103,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":39},"1108091339008",13,3,"578730123365711979",6646,{"collection_name":50,"first_q":17,"per_page":106,"q":17},6,{"facet_counts":108,"found":160,"hits":161,"out_of":306,"page":14,"request_params":307,"search_cutoff":29,"search_time_ms":112},[109,136],{"counts":110,"field_name":134,"sampled":29,"stats":135},[111,114,117,119,121,123,126,128,130,132],{"count":112,"highlighted":113,"value":113},16,"anarres",{"count":115,"highlighted":116,"value":116},5,"stakka stakka",{"count":115,"highlighted":118,"value":118},"frittura mista",{"count":88,"highlighted":120,"value":120},"liberation front",{"count":102,"highlighted":122,"value":122},"la perla di labuan",{"count":124,"highlighted":125,"value":125},2,"I Bastioni di Orione",{"count":14,"highlighted":127,"value":127},"happy hour",{"count":14,"highlighted":129,"value":129},"black milk",{"count":14,"highlighted":131,"value":131},"defendkurdistan",{"count":14,"highlighted":133,"value":133},"cattivi pensieri","podcastfilter",{"total_values":101},{"counts":137,"field_name":28,"sampled":29,"stats":158},[138,140,142,144,146,148,150,152,154,156],{"count":102,"highlighted":139,"value":139},"germania",{"count":124,"highlighted":141,"value":141},"Gaza",{"count":124,"highlighted":143,"value":143},"guerra",{"count":124,"highlighted":145,"value":145},"grecia",{"count":124,"highlighted":147,"value":147},"disoccupazione",{"count":14,"highlighted":149,"value":149},"renzi",{"count":14,"highlighted":151,"value":151},"carrara",{"count":14,"highlighted":153,"value":153},"#civediamopoi",{"count":14,"highlighted":155,"value":155},"fiscal compact",{"count":14,"highlighted":157,"value":157},"primo maggio 2014",{"total_values":159},82,49,[162,190,214,238,261,283],{"document":163,"highlight":176,"highlights":182,"text_match":185,"text_match_info":186},{"comment_count":39,"id":164,"is_sticky":39,"permalink":165,"podcastfilter":166,"post_author":167,"post_content":168,"post_date":169,"post_excerpt":45,"post_id":164,"post_modified":170,"post_thumbnail":45,"post_title":171,"post_type":172,"sort_by_date":173,"tag_links":174,"tags":175},"97372","http://radioblackout.org/podcast/aggiornamenti-dalla-campagna-defend-rojava-leconomia-anticapitalista-nellamministrazione-autonoma/",[131],"Alessandro","[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/04/dr14.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[Download]\r\n\r\nL'intera intervista è consultabile sul sito dell'Accademia per la Modernità Democratica.\r\n\r\nNella notte del 19 luglio 2012, con la presa da parte della popolazione dei silos di grano a Kobane, inizia quella che passerà alla storia come la rivoluzione del Rojava.\r\n\r\nLa scelta dei silos di grano non è casuale, essi infatti rappresentavano l'economia derubata al popolo da parte dello stato. Durante il regime, questa fetta di Siria era considerata il granaio del paese, lo stato possedeva le terre, decideva il prezzo del grano, forniva le sementi e raccoglieva tutto una volta pronto: nessuno dei produttori aveva il minimo controllo delle decisioni che venivano prese sulla produzione. Nella regione poi non erano sviluppate attività industriali, non era necessario e le poche industrie presenti, erano industrie statali e si dedicavano alla trasformazione dei prodotti agricoli. La popolazione viveva allora in uno stato di deprivazione e sudditanza ma la notte della rivoluzione, il popolo del Rojava, decide di riprendersi l'economia della propria terra.\r\n\r\nNel corso degli ultimi 12 anni l'esperienza accumulata è stata parecchia, lo racconta Azize Aslan in una recente intervista che potete leggere in forma integrale sotto questo podcast.\r\n\r\nIl processo rivoluzionario in atto si può spiegare con i termini che sono propri del movimento curdo: fare-distruggere-rifare; cioè, un processo di sperimentazione basato sull’autocritica della pratica al fine di creare un proprio modello.\r\n\r\nPrima di entrare nei dettagli specifici della sua organizzazione, sottolineiamo che l’economia sociale ha una doppia strategia: da un lato, mira a limitare il capitalismo (o a resistere al capitalismo), il quale va di pari passo con l’economia di guerra; dall’altro mira a rafforzare l’autogestione economica (autodifesa economica) del popolo creando nuovi spazi e relazioni socio-economiche.\r\n\r\nL’economia del Rojava si basa sull’autogestione attraverso comuni, assemblee e cooperative. La partecipazione democratica in ogni settore dell'organizzazione della vita è infatti uno dei caposaldi della rivoluzione. Il primo atto intrapreso dall'amministrazione autonoma ha riguardato le terre: quelle un tempo dello Stato siriano o di collaboratori di Daesh sono state comunalizzate: non appartengono a nessuno, ma tutti possono usarle. L'agricoltura è il settore più sviluppato ed è ritenuto prioritario perchè risponde ad un bisogno fondamentale, il cibo. L’agricoltura si fonda su cooperative temporanee che garantiscono l’uso rotativo della terra e promuovono la diversificazione delle colture. Ogni due anni, le terre vengono assegnate ad altre cooperative, per garantire a più persone possibili di poter accedere al lavoro agricolo.\r\n\r\nAnche l’industria, ridotta a fabbriche leggere e locali, è progettata secondo criteri di sostenibilità ambientale e sociale. La produzione non è finalizzata al profitto, ma al soddisfacimento dei bisogni collettivi.\r\n\r\nLe cooperative, considerate il terzo pilastro dell’autonomia insieme a comuni e assemblee, sono uno strumento essenziale per costruire un’economia condivisa e solidale. L’obiettivo dichiarato è “una cooperativa in ogni comune”, per rendere la vita economica pienamente collettiva e partecipata. Esse sono viste come un progetto di organizzazione politica a cui partecipano tutti i settori della società. Le cooperative sono viste come la “dimensione di costruzione” dell’autonomia democratica. Per implementarne l'uso sono state istituite le \"Case delle Cooperative\" che hanno il compito di sostenerne la nascita e la diffusione ma l’obiettivo non è semplicemente quello di creare delle cooperative come istituzioni produttive, ma di cercare un accordo collettivo per rendere cooperativi tutti i processi produttivi della comune, cioè per collettivizzarne la vita economica.\r\n\r\nNonostante la presenza di dinamiche di mercato ancora legate al capitalismo, l’amministrazione autonoma controlla prezzi e commerci, promuovendo mercati popolari e filiere solidali.\r\n\r\nL’autrice dell'intervista infatti sostiene che dopo anni di asservimento della società ad un’economia programmata dallo Stato (per arabi e curdi) vi è una forte spinta capitalista alla creazione dell’impresa privata. l’amministrazione lavora per diffondere l’idea delle cooperative, in maniera capillare, per liberare l’economia dal capitalismo.\r\n\r\nUn’attenzione particolare è riservata all’economia delle donne, organizzata in modo autonomo attraverso le strutture del movimento Kongra Star, che valorizza il sapere, la cura e la produzione delle donne.\r\n\r\nLe donne si organizzano infatti prima in ambito autonomo e poi in ambito misto. 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Questo è il fine dell’economia sociale-comunitaria-democratica.\r\n\r\nLe cooperative hanno questo fine ma sono molto lontane. Sono costituite da moltissime persone ma solo poche lavorano. In qualsiasi caso a tutti i socie viene redistribuito l’utile della cooperativa, ma comunque chi ci lavora lo fa da salariato.\r\n\r\nGli aspetti positivi sono a proposito sono\r\n\r\n \tassenza di capi diretti nelle cooperative, e quindi autogestione con assemblee giornaliere\r\n \tLavoro solo 6 ore al giorno, per permettere di partecipare alle assemblee politiche e alla vita della comunità\r\n\r\n\r\n\r\nRispetto alle sfide, vi sono fattori esterni come gli attacchi militari, l’embargo economico e la intromissione del dollaro come moneta circolante nella regione, che rafforza gli enti commerciali e indebolisce la popolazione. Questi elementi sono legati e rafforzano altre contraddizioni interne: innanzitutto, il sistema cooperativo attualmente non è capace di occupare una grossa fetta della popolazione; dal canto suo la società non lega ancora (totalmente) il lavoro alla riproduzione e costruzione dell’autonomia, che concepisce il lavoro come lavoro rivoluzionario. Un ostacolo a ciò è la mancanza di infrastrutture, che moltiplicherebbero gli ambiti di lavoro agricolo.\r\n\r\nUn processo rivoluzionario questo che stiamo raccontando quindi non privo di contraddizioni e sfide. Da un punto di vista teorico però tutto è guidato da una visione e un programma chiaro che ha tre principi fondamentali che sono gli assi teorici della concezione dell’economia della modernità democratica: un’economia democratica, ecologica e di liberazione per le donne.\r\n\r\nSebbene la teoria della lotta di classe del marxismo non venga rifiutata, la contraddizione principale viene riconosciuta in quella tra la società e le forze monopolistiche costituite dallo Stato, dalla borghesia e dal sistema patriarcale. Pertanto, l’economia sociale, così come intesa in Rojava, emerge come un’alternativa sia al liberismo economico che alla pianificazione centralizzata. Entrambe sono viste come forme monopolistiche.\r\n\r\nSulla base della visione di Öcalan, la prospettiva del confederalismo democratico definisce l’economia capitalista come un’anti-economia e insiste sul fatto che in un’economia reale il soggetto decisionale dovrebbe essere la società. Sostiene che dare voce a tutti gli individui della società nei processi di produzione, consumo e distribuzione democratizzerà l’economia. Sebbene la teoria della lotta di classe del marxismo non venga rifiutata, la contraddizione principale viene riconosciuta in quella tra la società e le forze monopolistiche costituite dallo Stato, dalla borghesia e dal sistema patriarcale\r\n\r\nIn sostanza, l’economia sociale si basa sul cooperativismo e sulla collettivizzazione dei processi lavorativi e dei mezzi di produzione. Un obiettivo fondamentale è l’eliminazione del rapporto salariale, cioè lo sfruttamento del lavoro individuale. È anche fondata sulla produzione di una vita comunitaria in condizioni di autosufficienza. Tuttavia, l’autosufficienza non è intesa come produzione e soddisfazione di tutti i bisogni a livello di una singola comunità, ma si basa su relazioni di scambio eque, democratiche e di reciprocità stabilite tra le comunità o, come in Rojava, tra le comuni. In altre parole, si basa sulla comprensione e sulla edificazione dell’economia come campo di decisione etica e politica. Si basa sul funzionamento armonioso di meccanismi di autogestione sociale come comuni, assemblee e cooperative.\r\n\r\nIn altre parole è un’economia che si basa su principi etici e politici, in cui la società decide, in cui la natura non è vista come un input ma come un soggetto sociale e integrato nella vita comune, e in cui le donne guidano il processo con il loro sapere e la loro saggezza non capitalizzata.\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n ","22 Aprile 2025","2025-04-22 15:30:36","Aggiornamenti dalla campagna Defend Rojava. 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Ci parla delle conseguenze del sisma a Bangkok, in particolare del palazzo in costruzione che si è sbriciolato travolgendo decine di operai birmani che lavoravano sul sito. Sono emerse situazioni di corruzione e utilizzo di materiali scadenti, in un contesto di speculazione selvaggia che alimenta una bolla immobiliare nella capitale thailandese sostenuta dagli investimenti per riciclare denaro da parte di cinesi, russi e birmani ricchi che sostengono gli affari della giunta. In Myanmar il bilancio delle vittime sale quotidianamente, non ci sono risorse sufficienti e quindi le operazioni e gli aiuti si sono concentrati sui punti dove si pensava fossero intrappolate più persone, trascurandone altri. Gli sfollati si sono rifugiati nei parchi e in altri luoghi all’aperto. La giunta cerca di convogliare gli aiuti nelle aree controllate dai militari che costituiscono circa il 20 per cento del paese, il regime ha invece ostacolato l’invio dei soccorsi verso le aree controllate dalle milizie. In questo contesto devastante si registrano anche danni enormi al patrimonio culturale birmano costituito dai templi e monumenti già patrimonio dell’umanità.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/myanmar-dopo-il-sisma-la-giunta-militare-fagocita-anche-gli-aiuti-umanitari--65378527\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/04/I-veri-terremoti-in-Myanmar.mp3\"][/audio]\r\n\r\nLa Turchia: il paese extrauropeo che a tutti è utile\r\nCon Murat Cinar il discorso si è dipanato a partire dall’aspetto strettamente economico a partire dai dazi trumpiani che vedono la Turchia colpita dalle ecumeniche gabelle al 10 per cento erga omnes per giungere a un confronto tra il movimento di Gezi Park di una dozzina di anni fa con le modalità e le strategie di quello attuale, per numeri comparabile con uno spirito adattato alla contingenza e a partire dalla surrettizia incarcerazione di Imamoğlu.\r\nLa Turchia è già sempre stata un terreno di analisi sdrucciolevole e Murat Cinar nelle ormai decennali presenze su radio blackout ha mantenuto un atteggiamento lucido ma prudente nelle considerazioni sulle conseguenze al riguardo di ciò che avviene. Il momento è particolarmente confuso: le aperture al Pkk con gli abboccamenti intrattenuti da Ocalan con componenti della compagine governativa e segnali inviati al movimento si intrecciano con il nuovo recluso che ha scavalcato di slancio in importanza e capacità di mobilitazione Demirtas: le modalità di incarcerazione del sindaco di Istanbul, speranza per una boccata d’aria per la penisola anatolica negli ultimi 30 anni, Imamoglu sono state ancora più dirompenti… ma hanno scatenato una sorta di Gezi Park che ci ha portato a fare un paragone azzardato con la grande insurrezione di una dozzina di anni fa, facendo le dovute proporzioni e sottolineando lo spirito diverso che anima i due momenti. Ma si può riscontrare una continuità tra tre generazioni impegnate a liberarsi di una morsa di potere e affari che ha spolpato il paese. Consentendo a Erdogan i giochetti anche internazionali, che sono quelli che gli conferiscono il potere all’interno.\r\n\r\nI dazi trumpiani sparigliano ancor di più il Sudovest asiatico\r\nSolo che le strategie internazionali appaiono sempre più da brivido senza rete, poiché si assiste a un autentico “tutti contro tutti” dove le alleanze variabili hanno una durata infima e sono alimentate dal capriccio dei veri potenti che esperimentano il neoassolutismo. L’abilità del presidente a scivolare attraverso la Storia e i suoi ribaltamenti è documentata dalle sanzioni daziarie di Trump che colpiscono Ankara con il minimo sindacale del 10% (certo che nella situazione economica della Turchia sarebbe stato esiziale un ulteriore accanimento); il dato realmente essenziale che evidenzia l’ambiguità di Erdogan è l’apparente guerra sul terreno siriano con lo stato d’Israele, salvo poi dover registrare accordi sottobanco, vendite di prodotti essenziali, trame antiraniane. La Turchia è comunque un paese – ancora – exraeuropeo che serve a sbrogliare certi dossier, come quello ucraino (dove non ha preso posizione e, anzi: alcuni oligarchi hanno avuto accesso alla cittadinanza turca per proseguire i propri affari), e che non impensierisce di certo per la concorrenza ai prodotti americani; è un grande produttore di armi a basso prezzo, capace di baccagliare qualunque altro potente per quanto distante possa apparire.\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/14bJ7PblJVxMAdeJTpHGJn?si=97a729e8f2a84b66\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/04/Le-mille-ambiguità-per-perpetuare-il-potere-a-Istanbul-.mp3\"][/audio]","6 Aprile 2025","2025-04-07 14:37:11","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/blade-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 03/04/2025- IL MOVIMENTO TURCO A SOSTEGNO DEL SINDACO DI ISTANBUL POTREBBE FAR TRABALLARE ERDOĞAN - IL TERREMOTO IN MYANMAR NON FA TREMARE LA GIUNTA",1743964558,[202],"http://radioblackout.org/tag/bastioniorione/",[204],"BastioniOrione",{"post_content":206},{"matched_tokens":207,"snippet":208,"value":209},[179],"che colpiscono Ankara con il \u003Cmark>minimo\u003C/mark> sindacale del 10% (certo che","Terremoto nel Sudest asiatico, sua vergognosa narrazione mediatica e prosecuzione dei misfatti della giunta birmana troppo utile agli interessi locali e globali. \r\nRivolta non solo giovanile nel Sudovest asiatico, scarso rilievo sulla stampa europea e consueta repressione con i soliti metodi di Erdoğan.\r\n\r\nLa politica della catastrofe in Myanmar, il paese che a tutti è utile non muti\r\nBastioni di Orione con Massimo Morello, esperto conoscitore dell’Asia residente a Bangkok, parliamo degli effetti del terremoto che ha colpito il Myanmar già devastato dalla guerra che oppone la sanguinaria giunta militare alle milizie etniche e l’opposizione. 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Pillole sintetiche dal mondo-guerra.\r\n1.2 (20.01.25)\r\n\r\nSe il rapporto essere umano-Capitale appare oggi come rapporto sociale preponderante, con il cieco e inarrestabile incedere della Tecnica, in Europa alcune tra le più recenti forme di conflittualità contro l'ordine costituito si sono manifestate nella forma di un rifiuto ad aderire \"docilmente\" all'essere ridotti a \"fondo\", risorsa sacrificabile per alimentare il progresso tecno-capitalista, il cui fondamento fatto di guerra costante, saccheggio e annientamento è pienamente svelato anche nel \"cuore della civiltà\". Il rifiuto di cui parliamo è sentito nella carne, prima che nel pensiero, e si traduce nel tradimento viscerale della fedeltà al principio di autorità allo Stato, di cui l'antagonismo contro il Green Pass in epoca pandemica e più recentemente le decine di migliaia di atti di diserzione e rivolta contro la mobilitazione alla guerra di trincea in Ucraina e in Russia sono tra gli esempi più eclatanti. \r\n\r\nOggi, in Europa (e non solo) chi si rifiuta è però sempre più \"messo al bando\". La non-sottomissione, l'indisponibilità all'obbedienza da parte delle masse sempre più \"eccedenti\" anche a queste latitudini, si inserisce in un contesto sociale frantumato e foriero di disorganizzazione, a cui lo Stato-rete risponde in maniera autoritaria e autoritativa, in modo del tutto trasversale alle sue tassonomie di governo formali. A trasformarsi è la stessa infrastruttura della cittadinanza, intesa come dispositivo di governo fondamentale del rapporto tra Stato e popolazione interna. Si assiste oggi al passaggio da una logica classificatoria e verbale propria della burocrazia documentale, a una logica matematica e numerica astratta, de-linguistica. Senza alcuna romanticizzazione dello Stato documentario, per cui la leggibilità dei cittadini e la loro astrazione statistica è stata funzionale all'implementazione di politiche che spaziano dall'igienismo, alla tassazione, all'annientamento razziale, al reclutamento militare di massa, l'avvento dello Stato biometrico è foriero di complesse implicazioni rispetto allo statuto dell'umano \"governato\" - c'è chi si è spinto fino a teorizzarne l'intrinseca e ineludibile portata de-soggettivante -, ma più prosaicamente certamente tale per cui il controllo, la sorveglianza e la punizione/eliminazione diventano automatizzati e più complessi da aggirare e trasgredire.\r\n\r\nLa diffusione di tecnologie di identificazione biometrica, con cui si trasforma il concetto di \"identità legale\" inchiodandolo alla \"verità\" del corpo, è al centro di questa trasformazione. Questi dispositivi sono funzionali a quello che può essere definito \"Stato dei varchi\" o ban-opticon (da ban: mettere al bando), un modello di gestione e controllo ubiquo e meccanico delle masse, la cui storia origina a fine Ottocento nei corpi dei recidivi nelle prigioni europee e in quelli dei colonizzati in Asia, Africa e nelle Americhe.\r\n\r\nNe parliamo con l'antropologo Armando Cutolo, autore di \"Biomaîtriser les identités? : État documentaire et citoyenneté au tournant biométrique\" (di seguito il minutaggio per facilitare l'ascolto):\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/statobiometrico.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n00.00 - l'individuazione: il cittadino \"messo al bando\"\r\n01.20 - il diffondersi in Europa della logica della de-soggettivazione sulla scena dell'identificazione?\r\n04.25 - la genealogia poliziesca e imperiale dello Stato biometrico, tra prigioni europee e colonie ottocentesche\r\n15.06 - il fondamento de-linguistico del dispositivo biometrico, una \"verità\" inscritta nel corpo, in Europa storicamente atto a sorvegliare la mobilità del \"delinquente\", dello \"straniero\" e dell'alieno interno per eccellenza, il \"rom\"\r\n21.19 - le aporie interne all'identificazione biometrica, l'assenza di \"veridizione\" e l'attualità delle pratiche sociali di falsificazione\r\n24.50 - non solo sorveglianza: la biometria come strumento del capitalismo digitale che veste gli abiti di \"sviluppo\" e \"democrazia\" nel Sud globale, il sistema \"Aadhaar\" in India, il ruolo della Banca Mondiale (ID4D) in Africa\r\n35.06 - la \"fine del lavoro\" dove il lavoro formale non c'è mai stato: gli schemi di reddito minimo biometrici \"contro la povertà\" in Costa d'Avorio come forma di governo contro-insurrezionale delle masse eccedenti, lo Stato post-sociale\r\n41.37 - la centralizzazione degli archivi, la collaborazione tra agenzie governative e aziende multinazionali, le pratiche di identificazione biometrica \"informali\": un indebolimento dello Stato?\r\n46.06 - l'identità civile biometrica indistinguibile da un dispositivo di sorveglianza\r\n\r\nL'interoperabilità tra piattaforme di governo biometrico e governo algoritmico sta alla base del funzionamento del capitalismo cibernetico contemporaneo, trovando applicazioni diversificate e flessibili a seconda degli scopi, dal \"portafoglio digitale\" sperimentato con la retorica dello \"snellimento\" della burocrazia statale, ai registri digitali \"Gosuslugi\" e \"Oberih\" per la mobilitazione coatta alla guerra in Russia e Ucraina, che in modo automatizzato costringono a una condizione di semi-legalità il cittadino renitente. Le cd. \"smart cities\" sono un terreno di sperimentazione per eccellenza del concetto di interoperabilità, funzionale a quello \"Stato dei varchi\" brutalmente in essere a Gaza e in Cisgiordania e che si sta strutturando anche qui.\r\n\r\nTorniamo sul caso di Venezia, tra Smart Control Room, ticket di accesso, varchi nella Stazione dei treni, ma anche partecipazione passiva e attiva dei cittadini alle piattaforme che svolgono una simultanea funzione di organizzazione e sorveglianza sociale.\r\n\r\nIn collegamento telefonico un compagno del Collettivo Sumud di Venezia, autore dell'opuscolo \"Un organo che tutto controlla, un controllo che tutto organizza\": \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/venezia.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","22 Gennaio 2025","2025-06-01 18:35:40","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/unnamed-5-200x110.jpg","Stato biometrico, Stato dei varchi",1737568826,[227],"http://radioblackout.org/tag/guerra/",[143],{"post_content":230},{"matched_tokens":231,"snippet":232,"value":233},[179],"stato: gli schemi di reddito \u003Cmark>minimo\u003C/mark> biometrici \"contro la povertà\" in","Happy Hour. 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Fa parte del gruppo di ricerca DiPLab.\r\n\r\nAllora Antonio, noi ti abbiamo contattato perché al di là del tuo libro che ha avuto un discreto successo, è che sia in Italia che in Francia, dove mi pare l'hai pubblicato la prima volta nel 2019, sappiamo anche che a breve verrà pubblicato in un'edizione inglese, aggiornata, non ho capito se è già pubblicato o verrà pubblicato a quest'autunno.\r\n\r\nAllora, sto rivedendo per l'ennesima volta le bozze, quindi esce tra qualche mese in America con la Chicago University Press e quindi siamo molto eccitati tutti.\r\nPer questa opportunità di parlare a un pubblico più vasto, ecco.\r\n\r\nEcco, allora a partire proprio dal tuo lavoro abbiamo diverse domande per arrivare poi anche agli ultimissime ricerche che hai fatto con i tuoi collaboratori e altri ricercatori. Ma prima di arrivare un attimo a questo tema vorremmo un attimo definirne dei contorni e quindi incominciare chiedendoti un pochino come sei arrivato negli ultimi anni nel tuo lavoro di ricerca a occuparti di lavoro digitale e in particolar modo di intelligenza artificiale e la sua intersezione col mondo del lavoro.\r\n\r\nAllora diciamo che io ho un percorso un po' lungo perché sono vecchietto e strano perché comincia in Italia diciamo in giri operaisti e autonomi, stiamo parlando di diversi decenni fa, e poi quando mi sono trasferito all'estero il tutto si è articolato, si è complessificato perché ho iniziato soprattutto a interessarmi alla sociologia di internet, quindi da sociologo e un po' economista, decisamente interessato alle tematiche del lavoro, sono arrivato a questa grande questione che è: che cosa fa l'intelligenza artificiale al lavoro?\r\nLa risposta tipica sarebbe: l'intelligenza artificiale distrugge il lavoro, ma dopo anni di ricerche con i miei collaboratori in diverse parti del mondo e poi ne riparleremo quali, sono arrivato a una conclusione un po' diversa e cioè sarebbe a dire che tanto per cominciare questa idea della distruzione dei posti di lavoro è un pretesto.\r\nI posti di lavoro sono distrutti ma sono distrutti per una scelta degli imprenditori, per una scelta dei poteri pubblici, per una scelta dei capitalisti sostanzialmente e si usano le macchine.\r\nMa queste macchine in realtà non funzionano tanto bene, perché per farle funzionare ancora oggi c'è bisogno di tantissimo lavoro nascosto e questo lavoro nascosto viene chiamato digital labor o micro lavoro o lavoro dei dati, insomma ci sono tante maniere di definirlo, ma è sostanzialmente un lavoro che è necessario per tenere su grandi exploit tecnologici come per esempio ChatGPT.\r\nChatGPT non funziona soltanto per la magia degli algoritmi, ma come è stato dimostrato già subito dopo il suo lancio nel novembre 2022 ci sono diverse migliaia di persone che stanno lì a filtrare i dati e tantissime altre ancora di più che stanno lì a verificare se le risposte sono corrette, a volte siamo noi stessi, a volte sono delle persone pagate.\r\nMa queste persone sono pagate molto poco, vivono in condizioni di lavoro terribili che noi documentiamo un po' in tutto il mondo perché, e qui riveniamo a dove sono messi, anche se queste grandi imprese tecnologiche sono spesso presentate come la Silicon Valley o tutt'al più facciamo lo sforzo di vederle anche in Cina, nei grandi distretti industriali cinesi, in realtà sono largamente delle tecnologie sviluppate in paesi a basso reddito.\r\nQuindi quelli che venivano una volta chiamati paesi in via di sviluppo che nel frattempo si sono ampiamente sviluppati ma che continuano a avere seri problemi di distribuzione ineguale dei redditi, forti tassi di povertà, forti percentuali di persone che sono pronte a lavorare per pochissimo e quindi sono lì che le grandi imprese come OpenAI, come Meta vanno a raccogliere, per aiutare questi lavoratori poveri dei dati.\r\n\r\nPrendiamo un tema che tu hai affrontato più volte sia nel tuo libro ma anche in numerose ricerche che hai pubblicato, che è quello della scomparsa del lavoro, un tema che cerchi di andare a smontare a più riprese su come le nuove tecnologie, che siano l'automazione nei processi produttivi o le intelligenze artificiali nei servizi e nel commercio vadano a rendere inutile il lavoro umano. Ecco secondo te a quali fenomeni possiamo invece ricondurre quello che è poi l'impatto reale dell'adozione di prodotti commerciali basati su intelligenza artificiale nel mondo del lavoro? E poi come nasce questo mito della scomparsa del lavoro?\r\n\r\nSe vogliamo il mito della scomparsa del lavoro è un prodotto ideologico del sistema capitalistico attuale.\r\nQuando parlo di ideologia parlo veramente del fatto che è un mito che introduce un forte elemento di propaganda. Siamo tutti purtroppo confrontati all'emergenza di questa retorica politica del great replacement, la grande sostituzione, che di solito è un elemento, diciamo così, un argomento che è tirato fuori da razzisti e fascisti di diversa appartenenza politica. Quando sentiamo parlare di great replacement, di grande sostituzione, perché arrivano gli immigrati o arrivano altre persone che entrano nel mondo del lavoro, identifichiamo immediatamente queste persone come dei razzisti.\r\nMa non li identifichiamo altrettanto facilmente quando invece ci viene presentata questa idea della grande sostituzione tecnologica. Cioè l'idea secondo la quale i lavoratori non perderanno il loro lavoro a causa di immigrati o nuovi soggetti sociali, ma a causa delle macchine. In realtà si tratta dello stesso tipo di ragionamento e se guardiamo bene chi lo porta, chi veicola questo tipo di discorso, sono le stesse persone. Una persona che purtroppo qui in Francia è molto conosciuta, che è Jordan Bardellà, e ci sono delle possibilità, una percentuale non nulla di possibilità che ce lo ritroviamo come prossimo presidente del Consiglio.\r\nJordan Bardellà è un noto esponente neofascista del partito Rassemblement National e lui ha più volte detto che ci sono due tipi di grandi sostituzioni che si preparano, quella da parte dell'ondata migratoria e poi quella da parte delle tecnologie. Quindi mette sullo stesso piano questo tipo di discorso. E lo stesso tipo di discorso, come dire, lo possiamo smontare nella stessa maniera, sostanzialmente dicendo che non è l'immigrato che ruba il lavoro all'autoctono, che non è la tecnologia che ruba il lavoro ai lavoratori attuali, ma si tratta di una scelta di investitori e di grandi capitalisti di far presentare queste tecnologie come potenzialmente distruttrici di lavoro.\r\nQuando in realtà, se noi guardiamo la storia di tutta l'automazione, dall'automazione meccanica di diversi secoli fa all'automazione detta intelligente di oggi, vediamo che queste tecnologie sono fatte per lavorare con gli esseri umani e che permettono, in linea di principio, a più esseri umani di accedere al lavoro.\r\nMa c'è un ma, non è una visione ottimistica la mia, queste tecnologie dette intelligenti, ovvero tutto quello che ha a che fare con soluzioni algoritmiche, con l'uso di dati, le tecnologie di machine learning, ovverosia di apprendimento automatico, hanno bisogno di tantissima gente che insegna le macchine a fare quello che fanno.\r\nChatGPT è un esempio che tutti hanno sotto gli occhi, che è capace di generare testo, ma se guardiamo anche nell'acronimo GPT, la P di GPT significa pre-trained, significa pre-addestrato. Significa che qualcuno gli ha insegnato a questa macchina a fare quello che fa, come si addestra un atleta, o come si insegna ad uno studente.\r\nE questo qualcuno, noi ce lo immaginiamo sempre come un ingegnere, un data scientist, un software developer, ma in realtà si tratta, nella maggior parte dei casi, che significa che abbiamo anche delle cifre che sono abbastanza impressionanti, parliamo di diverse centinaia di milioni di persone nel mondo, che fanno un lavoro molto più terra terra.\r\nPer esempio, non lo so, prendiamo delle immagini, che ne so, generate da utilizzatori su Instagram e iniziamo a taggare queste immagini, oppure a identificare oggetti in queste immagini. Per esempio, se c'è un viso umano, mettiamo un tag uomo o essere umano. Se c'è un animale, mettiamo animale, il tipo di animale. A cosa serve tutto questo? La prossima volta che queste immagini verranno, tra virgolette, mostrate a un'intelligenza artificiale, questa intelligenza artificiale poi, a forza di esempi, imparerà a riconoscere gli esseri umani e a fare la differenza tra un essere umano e un animale. Quindi questo è un esempio molto facile, molto terra terra.\r\nUn altro esempio potrebbe essere che ChatGPT ha bisogno che qualcuno annoti i testi, ovvero sia, , che questo testo sia segnato, sia etichettato come un testo in inglese che parla di sport e che è lungo 300 parole.\r\nQueste informazioni sono necessarie alla macchina, perché la macchina impari. Queste operazioni in realtà sono delle operazioni relativamente semplici, metto molto l'accento sul relativamente, e soprattutto molto mal pagate. Molto mal pagate, stiamo parlando in realtà di un pagamento che a volte può arrivare a 1 o 2 dollari all'ora, perché queste persone sono pagate o all'ora o sono pagate addirittura a contimo, ovvero per ogni tipo di piccola informazione che aggiungono al database vengono pagate qualche centesimo.\r\nCi sono delle piattaforme che sono accessibili a tutti, purtroppo, un po' in tutto il mondo, che permettono ai lavoratori di iscriversi e quindi di accettare, di realizzare queste task, questi compiti, queste mansioni molto mal pagate e alle aziende di reclutare a volte centinaia, di migliaia, a volte addirittura milioni di persone che sono messe a lavoro per sviluppare questa intelligenza artificiale.\r\n\r\nEcco, su questo, l'anno scorso hai pubblicato insieme ad altri due ricercatori, Maxime Cornet e Clement Leclerc. Un paper dal titolo appunto \"The problem with annotation. Human labour and outsourcing between France and Madagascar\". Ecco, abbiamo letto il paper, è molto interessantecome avete ricostruito insomma la filiera, stai dicendo già adesso, della catalogazione e della categorizzazione condotta da due start-up francesi attive in questo settore.\r\nMa nel mentre vi siete presi la briga di andare a intervistare nello specifico qua in Madagascar, ma poi sappiamo che avete fatto anche altre ricerche da altre parti.\r\nEcco, ti chiederei un pochino adesso di entrare un po' magari più nel dettaglio della ricerca, nel senso di darci magari un po' conto di come avete condotto la ricerca e farci anche magari qualche esempio concreto. E poi, dall'altro lato, come vengono utilizzate queste tecnologie poi nella pratica, sia quella di sorveglianza, sia quella di organizzazione, sia poi il risultato delle interviste.\r\n\r\nÈ più facile se ti racconto un pochettino come lavoriamo in generale. Allora, noi siamo un gruppo di una ventina di persone, si chiama DiPLab, che significa Digital Platform Labor, quindi è un laboratorio di ricerca sostanzialmente, e praticamente quello che facciamo è realizzare delle inchieste un po' dappertutto nel mondo, ma siamo molto specializzati sull'America Latina e l'Africa, abbiamo fatto una ventina di inchieste in 20 diversi paesi negli anni, a partire dal 2018, e questi paesi sono molto diversi.\r\nAllora, ci sono sostanzialmente dei paesi molto poveri, come per esempio il Venezuela in America Latina o il Madagascar in Africa che sono diventati dei centri nevralgici di questo lavoro mal pagato ma necessario per produrre le intelligenze artificiali.\r\nSostanzialmente noi abbiamo raccolto testimonianze di migliaia, quasi 4 mila, lavoratori e lavoratrici un po' in tutto il mondo. Stiamo adesso iniziando anche a guardare altri paese e altri continenti come l'India e il Bangladesh che come potrai immaginare sono enormi e sostanzialmente negli anni abbiamo visto che ci sono dei tipi molto chiari, che diventano chiari dal punto di vista dei profili socio-demografici delle persone che lavorano per queste piattaforme.\r\nTanto per cominciare abbiamo a che fare con delle persone che sono nel fiore degli anni, quindi sarebbe dire delle persone che dovrebbero essere ben piazzate sul mercato del lavoro, stiamo parlando di persone dai 20 a massimo i 40 anni e queste persone sono anche delle persone che hanno un alto livello di specializzazioni di educazione, cioè hanno dei diplomi, intervistiamo abbastanza frequentemente delle persone che hanno lauree, master, quindi ti puoi immaginare che queste persone ancora una volta dovrebbero essere le più avvantaggiate dal punto di vista del mercato del lavoro e invece non accedono a delle buone posizioni, non accedono a dei posti di lavoro e quindi devono accettare delle forme di lavoro molto più informali, molto più precarie, quindi lavorare per queste piattaforme.\r\nA volte lavorano da casa, per esempio in paesi come il Venezuela sono sostanzialmente delle persone che lavorano da casa, quindi ci possiamo sostanzialmente immaginare delle persone che hanno già un computer, di solito un vecchio computer distribuito dallo Stato una decina di anni fa, che fortunatamente, perché sono in Venezuela, non pagano l'elettricità o gli viene offerta a prezzi controllati,e quindi possono permettersi di fare una piccola aziendina a casa loro, dico un'aziendina per modo di dire perché in realtà non c'è nessun contratto, quindi si connettono a una piattaforma, accettano di realizzare dei task, ottengono dei pagamenti di qualche centesimo che alla fine del mese gli fa qualche dollaro. Siccome in Venezuela 6 o 8 dollari sono un buon salario mensile, e soprattutto il dollaro è più apprezzato del bolivar che è la moneta locale che ha tendenza a svalutarsi da un giorno all'altro, queste persone trovano questo lavoro abbastanza interessante e sostanzialmente si creano delle delle piccole collettività familiari. C'è certe volte, non lo so, certe ore del giorno è il padre che lavora a questa piattaforma, su questa piattaforma altre volte è la nonna, altre volte sono i figli. Questa è la situazione in un paese come il Venezuela.\r\nLa situazione in Madagascar è completamente diversa perché certo ci sono anche lì delle persone che lavorano da casa, molto meno perché la connessione costa cara e l'elettricità costa cara e in più ha tendenza al blackout, diciamo così, ma ci sono tantissime altre situazioni. Persone che lavorano in cybercafè, io per esempio in Madagascar sono andato in diversi cybercafè dove c'erano da una parte quelli che giocavano ai videogiochi e dall'altra quelli che facevano annotazione di immagini, o che facevano altri task.\r\nCi sono anche persone che lavorano da casa, come dicevo, e ci sono a volte degli uffici e delle aziende più classiche che assomigliano veramente a degli open space dove ci sono centinaia di persone che fanno dei turni di giorno e di notte e che fanno lavori di diverso tipo. Di solito queste sono delle mansioni un pochettino più complesse e delle mansioni soprattutto con aziende che lavorano da casa. Ci sono anche persone che impongono un certo livello di segreto industriale. Possono essere dei ministeri di governi stranieri, come abbiamo potuto vedere in Madagascar, a volte anche, e questo è molto più preoccupante, dei ministeri della difesa in diversi paesi stranieri e altre volte invece si tratta di grandi aziende, possono essere dei Google o delle Amazon, che hanno bisogno di dati di qualità.\r\nE' un'altra cosa che è stata molto eclatante, quello che quando noi l'abbiamo vissuto è stato certamente il più forte a livello di risultati. Stiamo parlando di un paio di anni fa, quando giustamente con i miei colleghi siamo andati andati diverse volte in Madagascar in realtà, perché è un paese abbastanza centrale.\r\nNel corso di questa missione, come la chiamiamo, nel 2022, siamo stati una settimana praticamente a vivere dentro, quasi, una casa che era stata trasformata in una fabbrica di click per l'intelligenza artificiale, una fabbrica di dati. Quindi ci dobbiamo immaginare una piccola casetta su due piani, con un garage, una soffitta, e praticamente in ogni stanza si entrava e c'erano da 20 a 30 persone su diversi computer che facevano dei task, che realizzavano della traduzione di dati o della notazione di dati, mettevano dei tag su delle immagini, vedi questo passo. Giorno e notte.\r\n\r\nNel caso specifico, uno dei casi, diciamo, più normali era quello di una azienda che aveva venduto degli scanner per i ristoranti aziendali. È presente quel tipo di situazione nei ristoranti aziendali. Si arriva con il vassoio, si passa il vassoio sotto uno scanner e questo vassoio ci dice automaticamente quanto dobbiamo pagare e quindi è tutto compactless e senza cassiere.\r\nQuello che non vi dicono è che però dall'altra parte del mondo ci sono delle persone che a volte in tempo reale fanno un lavoro di identificazione dei piatti del vostro vassoio. E questo è un lavoro che può diventare abbastanza complesso, soprattutto se consideriamo che, che ne so, i vassoi sono a volte in Germania e le persone che vedono che cosa c'è in questi vassoi si trovano in Mozambico, per esempio, e non ci sono gli stessi sistemi alimentari, non mangiano le stesse cose, non riconoscono gli stessi cibi. Quindi ci vuole tutto un lavoro di adattazione, di adattamento culturale. E un altro lavoro, invece, che è un altro progetto, che invece ci è sembrato particolarmente strano, poi siamo andati a grattare, lì era un'altra conferma di quello che sapevamo in realtà da lontano 2017, era che alcune di queste intelligenze artificiali non sono artificiali per niente. Ovvero, ossia, non c'è un vero e proprio algoritmo, ma c'è un finto algoritmo che in realtà è un certo numero di persone che a distanza realizzano questi task.\r\n\r\nQuindi l'esempio tipico, l'esempio vero, di cui parliamo poi nell'articolo, ma ne parliamo anche in altri contesti, è che, alcune persone che erano nel garage di questa casa di cui parlavo prima, facevano finta di essere una camera di videosorveglianza intelligente di quelle che si trovano nei supermercati.\r\nÈ una camera di videosorveglianza che viene venduta ai supermercati che riesce a riconoscere le persone e a interpretare i comportamenti delle persone. Se qualcuno ruba, non lo so, del cioccolato, del cibo per cani, questa camera, questa videocamera, invia un SMS al cassiere o alla cassiera e ci può essere un intervento in cui si può bloccare il ladro potenziale. Quello che non vi dicono è che in realtà questa videocamera intelligente è intelligente perché c'è l'intelligenza di questi lavoratori che vengono pagati molto poco e hanno dei turni abbastanza stretti, infatti devono in tempo reale comprendere quello che succede nei supermercati, hanno da 2 a 5 secondi per reagire e devono anche inviare dei finti sms automatici ai cassieri e alle cassiere in Europa, per esempio.\r\nQuindi si tratta di un caso che potrebbe essere assimilato a una frode, in realtà, ma che è molto più complesso e molto più comune, in realtà, perché tantissimi esempi di grandi intelligenze artificiali hanno dimostrato, e ci sono delle parti che non sono artificiali per niente.\r\nNel lontano 2019 abbiamo intervistato una persona che lavorava per Siri, quindi l'intelligenza artificiale di Apple, che diceva: \"io certe volte facevo l'intelligenza artificiale, perché certe volte Siri non funzionava bene e bisognava intervenire per fare un debugging in tempo reale\", per esempio. Solo che questo debugging in tempo reale significa simulare che ci sia un'intelligenza artificiale quando in realtà ci sono degli esseri umani. E questi esseri umani, questa è la parte più preoccupante, con questo finisco questo siparietto, erano anche molto mal pagati.\r\nPerché dobbiamo immaginarci che comunque, Antananarivo, la capitale del Madagascar, è una città grande, è una città relativamente cara rispetto al paese, che è un paese povero, ammettiamolo, però al tempo stesso la città non è una città nella quale si può vivere facilmente con qualche euro al mese. E nel caso specifico queste persone che addestravano o \"impersonavano\" un'intelligenza artificiale, venivano pagate tra i 90 e i 120 euro al mese. 90-120 euro al mese è ufficialmente il doppio del salario minimo del Madagascar, ma al tempo stesso non è sufficiente, soprattutto se queste persone hanno che ne so, una famiglia o dei figli . Quindi, sostanzialmente, queste persone erano anche bloccate in un lavoro precario e mal pagato che non gli permetteva di andare avanti.\r\nCon la loro carriera, con la loro vita, e ad avere delle prospettive, sostanzialmente, con il classico vicolo-ceco lavorativo che incontriamo tanto spesso ovunque nel mondo e sempre più spesso, ma che in questo caso diventa molto più grave perché è ufficialmente nel contesto della produzione di una delle più grandi fonti di ricchezza e di profitti degli ultimi anni, ovvero sia le intelligenze artificiali.\r\n\r\nE infatti l'esempio che hai dato mi ha ricordato due casi che erano emersi recentemente che avevamo avuto modo di commentare su questi microfoni , che uno è quello di Amazon dei negozi \"cashless\", che sembrava avere questo magico algoritmo che riesce a riconoscere in automatico quando le persone prendono un oggetto da uno scaffale, lo mettono nel carrello, gli addebitava diciamo il valore dell'oggetto, poi se magari lo rimettevano sullo scaffale glielo riaccreditava, eccetera. E rivelarono poi in realtà, si venne poi a scoprire che dietro questo magico algoritmo c'era un bacino di 20.000 lavoratori collocati in India, così come è uscito recentemente il caso di Presto Automation, una azienda in America che vendeva servizi di automazione alle casse per i fast food, il cui prodotto si era poi scoperto che aveva bisogno dell'intervento umano nel circa 70% dei casi. Quindi diciamo che la maggioranza poi delle azioni compiute da questi sistemi di appunto come dici te giustamente intelligenza artificiale dove poi dietro di artificiale non c'è niente, sono poi in realtà mantenuti da persone che spesso lavorano anche per una semplice questione di costi in paesi del secondo mondo, a prezzi che sarebbero diciamo inaccettabili nei paesi in cui quei negozi, quelle casse sono effettivamente collocate che poi alla fine è questo il vero vantaggio di questi strumenti. Perché tu alla fine hai un cassiere, , però lo paghi non al costo francese ma lo paghi al costo del Madagascar.\r\n\r\nCerto e c'è anche da aggiungere per esempio che non è soltanto questione di pagare i cassieri, ma cosa questo caso di off-shoring forzato determina per esempio per gli stati.\r\nTanto gli stati dei paesi a reddito basso, che hanno un costo di circa 25 miliardi di euro. C'è un costo di circa 25 miliardi di euro di reddito basso che per gli stati di paesi come per esempio, non lo so, i paesi europei c'è una perdita in termini di introiti fiscali, in termini di contributi, in termini di tutta una serie di altri servizi che normalmente sono dei servizi pubblici che sono finanziati a partire dal lavoro delle persone e a partire dalle aziende che pagano correttamente i lavoratori.\r\nSe queste aziende si sottraggono ai loro obblighi che ripeto sono di natura fiscale, contributiva, di previdenza sociale. Se si sottraggono a questi obblighi sostanzialmente stiamo sabotando lo stato sociale europeo in più oltre a danneggiare gli stati dei paesi terzi.\r\nNonché anche una cosa interessante che veniva fuori dalla ricerca, questo processo modifica anche il lavoro di chi rimane nel paese dove viene erogato il servizio.\r\nNella parte dei cassieri era anche abbastanza interessante vedere come il lavoro, per la parte delle videocamere di sicurezza, il lavoro dei cassieri e delle cassiere che rimangono sul posto viene a tutti gli effetti modificato perché si devono fare carico anche delle segnalazioni che vengono fatte dalle intelligenze artificiali o non artificiali remote, e quindi c'è paradossalmente un aumento del lavoro o anche una degradazione di chi mentre sta facendo un mestiere ne deve affiancare un'altro perché deve farsi interfaccia dell'intelligenza artificiale.\r\n\r\nEcco, su questo infatti ti volevo chiedere, riguardo poi a quella che è stata la vostra ricerca, se magari avete avuto modo di parlarne sia con chi in questo caso in Francia si trovava appunto ad avere il proprio lavoro modificato da queste intelligenze artificiali o nel caso specifico in Madagascar da chi è, nella componente degli sfruttati in questo colonialismo digitale, come queste persone poi percepiscano questa nuova trasformazione.\r\nMi riferisco in particolare a chi poi dà animo e forza a questi presunti algoritmi artificiali, di come poi questi percepiscano il fatto che quegli strumenti, quei prodotti in occidente vengano venduti come frutto della dell'intelligenza artificiale, e non come invece frutto del loro lavoro costante e quotidiano.\r\n\r\nGiustissima domanda che permette, che mi permette anche di raccontare un po' cosa facciamo oltre a girare il mondo e risolvere misteri come Scooby Doo.\r\nQuesta è la parte dove andiamo a raccogliere dati, intervistare persone, è una parte del nostro lavoro, poi c'è tutto quello che ha a che fare con aiutare i lavoratori a prendere coscienza, sviluppare soggettività, a organizzarsi e aiutare anche a volte stati, istituzioni internazionali o addirittura sindacati a inquadrare e aiutare e accompagnare meglio questi lavoratori, questo è un lavoro molto più vasto che però facciamo in diversi paesi del mondo. Ti do qualche esempio di come si può lavorare con per esempio i lavoratori in Europa che sono direttamente in Europa.\r\n\r\nPoi abbiamo un altro problema è che i lavoratori non sono stati colpiti da questa situazione, spesso sapendolo, cioè noi abbiamo a che fare con, per esempio non lo so, giusto ieri stavo continuando un lavoro con un'azienda francese, questa azienda francese ha subito un piano di ristrutturazione che è risultato in 250 licenziamenti, questi licenziamenti sono stati giustificati dall'arricuz di CIGPT e dell'intelligenza artificiale come se fosse una novità, il solito pretesto, in realtà i lavoratori hanno scoperto immediatamente dietro questa finta automatizzazione si nascondeva un caso di outsourcing di diverse centinaia di persone in un paese africano che erano messe lì a lavoro per far finta di essere un'intelligenza artificiale che ufficialmente ha distrutto i loro posti di lavoro. Quindi in questo caso la rivendicazione dei lavoratori licenziati che cercano di essere reintegrati o che cercano di essere rimborsati dei danni subiti si combina con il riconoscimento, con il fatto che sono oramai coscienti del fatto che ci sono masse di altri lavoratori in paesi terzi, nel caso specifico non soltanto in Africa ma anche in India per questa azienda di cui sto parlando e che quindi diventa una lotta internazionalista, ma perché internazionale di fatto?\r\n\r\nPerché non si possono risolvere i problemi di gente in Europa senza al tempo stesso prendere in conto quale ruolo e quali sono anche i danni subiti da persone in paesi terzi. Naturalmente noi lavoriamo anche in diversi paesi nei quali abbiamo condotto queste inchieste, nel caso specifico i due paesi sui quali stiamo lavorando di più ancora sono Madagascar e Kenya in Africa ci sono altri lavori in corso per paesi sudamericani come il Brasile e altri paesi africani come l'Egitto ma sono più diciamo così embrionali come come tipi di lavoro. Che tipo di lavoro facciamo? Beh a volte lavoriamo con le aziende, le aziende significa le piattaforme, per convincerle\r\nqueste piattaforme che sfruttano i lavoratori a trattarli meglio.\r\nE quindi adottare degli standard di lavoro equo, questi sono degli standard che sono stabiliti da un'organizzazione che si chiama Fair Work Project, che è condotta da nostri colleghi dell'Università di Oxford. Altre volte si tratta di applicare sostanzialmente le regole di gli standard internazionali di difesa del lavoro degno che invece sono stabiliti dall'ILO, cioè la International Labour Organization e con i quali, lavoriamo su altri progetti.\r\nQuindi sostanzialmente si tratta in certi casi di far applicare la legge, in altri casi si tratta di aiutare lo sviluppo di soggettività collettive da parte dei lavoratori. Per esempio quello che sta succedendo in Kenya è da una parte preoccupante, perché l'ordine pubblico del paese si è molto degradato, ma allo stesso molto interessante perché il Kenya è un paese che è stato al centro di una serie di rivelazioni molto forti negli ultimi due anni. Si è scoperto sostanzialmente che sia Meta, ovvero sia Facebook, che OpenAI, ovvero sia ChatGPT, si sono serviti di lavoratori keniani per adestrare le loro intelligenze artificiali, produrre dati e fare altri tipi di lavoro.\r\nQueste persone si sono in frattempo organizzate in diversi sindacati, uno si chiama Tech Workers, un altro si chiama African Content Moderators, sono dei sindacati che hanno oramai migliaia di iscritti e che partecipano anche alle manifestazioni che si stanno svolgendo in questo momento in Kenya contro la riforma finanziaria di quel paese. Quindi sostanzialmente vediamo progressivamente delle persone, delle organizzazioni che nascono all'interno di questo settore, che è dopo tutto un settore abbastanza sconosciuto, anche se veramente avrei dei dubbi a definirlo come un settore di nicchia, visto il numero di persone che secondo le stime degli ultimi anni iniziano ad esserci dentro, ma che si articolano, si combinano con movimenti molto più vasti e quindi ci sono anche delle forme embrionali di costruzione di coscienza di classe, se vogliamo, o di costruzione di movimenti multitudinari nei quali questi laboratori di dati entrano a far parte.\r\n\r\nMi sposterei un attimo su una questione che avevo ripreso appunto dal tuo libro Schiavi del Clic, ma che poi insomma è anche ricitato in vari articoli, che è noto come il paradosso di Solow su come sia stato misurato che la digitalizzazione nella manifattura e l'automazione nei servizi non abbiano poi portato a un reale aumento della produttività, anzi addirittura all'inizio del ventunesimo secolo si misura una decrescita nella produttività portata da questi strumenti.\r\nStrumenti che invece avrebbero dovuto, non dico sostituire il lavoro umano, ma quantomeno aumentarne la capacità produttiva.\r\nDa questo punto di vista, se la digitalizzazione ha avuto un impatto tanto trascurabile, perché rimane comunque una delle principali voci di investimentoda parte di grandi corporazioni e dei governi?\r\n\r\nAllora, do una precisazione piccolissima di natura statistica, anche se poi un po' scocciante, pedante da parte mia, quello che diminuisce è il tasso di crescita della produttività, quindi significa che la produttività continua a crescere, certo, ma in maniera molto meno veloce e in certi casi la crescita si è interrotta, non c'è una diminuzione della produttività, ecco, significa che sostanzialmente a forza tu puoi introdurre tutta l'automazione che vuoi, la produttività non cresce, poi la produttività cresce anche per altri motivi, perché sostanzialmente se ci sono altri metodi che non sono di natura automatica, ma possono essere, che ne so, riorganizzazione del lavoro, oppure la disponibilità di infrastrutture, la produttività potrebbe crescere, ma quello che giustamente sottolinei nella tua domanda è per quale motivo, malgrado i risultati dell'automatizzazione non ci siano dal punto di vista della produttività, si continua a investire tanto?\r\nBeh, perché risponderei, ci sono dei risultati per gli investitori in termini di profitto, in termini di rendita economica, quindi malgrado la produttività non aumenti, loro riescono comunque a creare dei profitti, e creare dei profitti sostanzialmente grazie al fatto che oggi come oggi non hai bisogno di avere un prodotto che funziona e nemmeno di venderlo volendo, perché le grandi aziende e le grandi piattaforme degli ultimi anni sono basate su un'idea di, a grosso modo, di soppensioni da parte dei produttori. Quindi, la città è un'azienda, che ha delle piccole aziende che vengono fatte a volte di stati e a volte di grandi investitori, è quello che si chiama il venture capitalism, quindi significa che ci sono dei grandi finanziatori che ti pagano, ti danno dei finanziamenti, delle sovvenzioni di centinaia di miliardi e sperano che un giorno forse tu riuscirai a fare un profitto, ma in certi casi, ti posso citare il caso di Uber, questo profitto non arriva mai.\r\nUber è arrivato a fare un utile , alla fine dell'anno scorso, a mostrare per la prima volta da quando è stata creata un minimo di profitto, non perché è riuscita a vendere meglio il suo prodotto, ovvero la sua piattaforma, che continua a essere in perdita. Uber in realtà spende molto di più a convincerti a usare Uber che non quello che guadagna facendoti usare Uber.\r\nSono riusciti a fare un minimo di profitto perché hanno fatto un'acquisizione di un'altra azienda che aveva un bilancio positivo.\r\nMa questo significa sostanzialmente che ci sono delle incitazioni, degli incentivi per i grandi investitori di continuare a investire nell'intelligenza artificiale, anche se poi il tornaconto non c'è. Certo non c'è il tornaconto a livello collettivo perché gli stati non ci guadagnano abbastanza, i lavoratori certamente non ci guadagnano in questa situazione e le aziende stesse continuano a fare perdite, ma in questo caso di venture capitalism ci sono ancora degli imbecilli che continuano a finanziarli. Questi imbecilli sono degli imbecilli pericolosi.\r\nStiamo parlando di persone del calibro di Mark Andresen o Peter Thiel. Dei nomi che forse non dicono niente alle persone che ci ascoltano. La cosiddetta paypal mafia anche nota. Sì esattamente. Persone che sono vicine a noti esponenti dell'estrema destra come Elon Musk e compagnie. Loro stessi sono delle persone di estrema destra. Mark Andresen è uno che pubblicamente ha dichiarato di quanto era bello il colonialismo. Peter Thiel è un eugenista dichiarato. Un pro-trumpiano nichilista , e queste persone sono quelli che continuano a finanziare questi grandi sforzi di investimento che sono pericolosi dal punto di vista sociale, dal punto di vista economico e aggiungerei anche, anche se poi di questo ne parliamo più recentemente in testi che non sono ancora stati tradotti in inglese in certi casi, anche hanno un impatto ecologico serissimo.\r\nPerché investire in grandi infrastrutture come ChatGPT significa anche investire in data center, significa investire nell'estrazione mineraria e nell'uso di energie che non sono certamente sostenibili.\r\nNon sono certamente un caso di tecnologia verde malgrado il fatto che cerchino costantemente di vendersi come green AI, quindi di fare un pochettino di ripulitura e di riciclaggio. Quindi l'uso fatto della retorica ecologista per cercare di vendere quello che fanno ha un serio impatto se pensiamo soltanto agli investimenti proposti da Sam Altman, quindi uno dei principali creatori di ChatGPT, stiamo parlando di un fabbisogno energetico che supera ampiamente tutte le tecnologie che abbiamo avuto finora.\r\nE quindi questo servirebbe soltanto a creare cosa? Un chatbot che risponde alle mie richieste astuse di ricette, magari la ricetta di una torta ssacher ma scritte come fosse un sonetto di Shakespeare, che è la cosa più inutile del mondo a pensarci.\r\n\r\n\r\nAntonio su questo non so se ci puoi dedicare ancora qualche minuto, volevo su questo farti ancora due domande proprio sul tema ambientale.\r\nAnche da questi microfoni abbiamo più volte portato approfondimenti, per esempio un dato delle ultime settimane è che le previsioni sono che i data center negli Stati Uniti consumeranno il 10% di tutta l'elettricità prodotte nel paese entro il 2030, ogni settimana escono annunci di questo tipo. E in generale, anche invece riportando un po' l'argomento su un piano politico, negli ultimi anni c'è stato un tentativo a più riprese di creare punti di convergenza tra quelle che sono le distopie digitali che con te abbiamo sottolineato in questa intervista e invece delle lotte ambientali che rappresentano sicuramente un punto di vista anche un po' più avanzato dal punto di vista anche dello stato di salute dei movimenti. Basti pensare appunto che termini costrutti di ricerca come l'estrattivismo digitale e altri sono stati proprio mutuati da una parte all'altra, presi dal mondo dell'ecologia.\r\nEcco, questo è sicuramente un tentativo che si è fatto, molto interessante, però noi rileviamo anche che negli ultimi anni questa potenziale alleanza e punti di convergenza stenta un po' a costruirsi. Non so, anche dal nostro punto di vista spesso e volentieri abbiamo cercato di portare questi discorsi all'interno anche di iniziative politiche e movimenti, ma si fa un po' fatica, un po' per la natura delle lotte ambientali che pur essendo a una vocazione sicuramente internazionale di ampio respiro spesso sono estremamente localizzate, e invece lavori come il tuo ad esempio che ci portano a attraversare delle filiere che poi camminano un po' in tutto il mondo.\r\nEcco, tu come vedi questa situazione? Come vedi il rapporto in generale e quali potrebbero essere secondo te nuovi punti di convergenza tra le movimenti nel digitale sia sindacali che internazionali?\r\n\r\nAllora, diciamo che in un certo senso penso che i problemi siano di due tipi il primo è che attualmente i movimenti ambientalisti a livello internazionale sono ancora molto diversi e che non c'è stata una chiara separazione tra, diciamo, un'ala riformista, chiamiamola così sostanzialmente quella che è più compatibile con delle istanze capitaliste e quindi sostanzialmente per farla corta sono quelli che propongono l'idea che c'è una tecnologia sostenibile basta semplicemente scegliere il meno peggio o addirittura pensare a una tecnologia che possa essere effettivamente green e dall'altra parte un'area massimalista dei movimenti ecologistici che invece sostanzialmente sostengono quella che possiamo chiamare una redirezione ecologica ovvero bisogna veramente avere un sussulto politico per cambiare completamente la maniera di considerare queste cose e né l'una né l'altra nel caso specifico al di là di queste diciamo di questa complessità dei movimenti ecologici attuali ambientalisti attuali né l'una né l'altra ha una visione completa se vogliamo forse un po' quelli della redirezione ecologica perché ci sarebbe bisogno di avere una specie di cartografia di che cosa fanno le intelligenze artificiali a non soltanto le filiere o le supply chains ma anche a posti che sono a volte molto distanti da noi ed è difficile immaginarsi quali sono le condizioni di vita o quali sono le condizioni stesse ambientali in paesi come la Bolivia considerando che la maggior parte di noi non ci ha mai messo piede in Bolivia immaginarsi che ci siano l'adi di sale come è il caso di Bolivia e di Uyuni che è il più grande giacimento di litio del mondo che è talmente centrale per le nostre batterie di tutto quello che abbiamo in tasca dallo smartphone al tablet per chi ce l'ha le biciclette elettriche o i veicoli elettrici, le automobili questa cosa di immaginarsi quanto importante sia un posto talmente lontano da noi da qualcosa che è così vicino a noi che abbiamo nelle nostre tasche questo è uno sforzo serio è uno sforzo serio che però ha nel futuro una necessità di svilupparsi e che si svilupperà purtroppo perché queste lotte ecologiche arrivano sempre più vicino a noi se pensiamo in particolare a una faccenda che è un po' diversa la questione dei data center i data center non sono per la maggior parte situati in paesi terzi a basso reddito ma sono per la maggior parte dei casi messi dietro l'angolo rispetto a noi sono in Italia, sono in Francia sono negli Stati Uniti certo sono anche in Cina e in maniera crescente perché la Cina non è più da tanti tanti anni un paese povero ma sono sostanzialmente nel nord del mondo e nel nord del mondo sono dei posti dove sono delle strutture che pesano molto sul consumo energetico paesi come l'Irlanda che sono oggi dei grandi hub per i data center sono dei paesi nei quali l'infrastruttura di produzione dell'elettricità è molto affaticata dalla presenza di questi data center in Spagna si stanno sviluppando dei collettivi che mettono insieme tecnologia e piuttosto critica tecnologica e critica ecologica che si oppongono per esempio alla creazione di nuovi data center in posti che specialmente in Spagna sono già desertici e che quindi non hanno bisogno in più di questo ennesimo peso quindi queste sono delle prospettive che sono interessanti e aggiungo che sono interessanti purtroppo perché sono delle questioni e dei problemi ecologici sempre più pressanti che arrivano sempre più vicino alle nostre case e che se finora non c'è stata una diciamo così un'alleanza tra movimenti di critica tecnologica e movimenti di rivendicazione legate all'ambiente questo secondo me cambierà molto presto\r\n\r\n \r\n\r\nHai qualcosa da aggiungere o altri riferimenti che vuoi darci per chi ci ascolta per seguire il vostro lavoro o anche altri lavori che reputi interessanti su questi temi?\r\n\r\nAllora voglio invitare coloro che ci ascoltano se sono interessati e interessate, l'otto luglio c'è il lancio a distanza, nel senso che è un evento virtuale ed è gratis, e si può partecipare da tutto il mondo, che si chiama Workers Inquiry. Per gli italiani traduzione è semplicemente inchiesta operaia.\r\nWorkers Inquiry è il lavoro, la produzione di una mia carissima collega e amica e anche lei membra di DiPLab che si chiama Milagros Miceli che è una ricercatrice che da tanti anni lavora a Berlino per il Weizenbaum Institute e che ha avuto questa idea assolutamente geniale, ovvero piuttosto che, come lo facciamo noi da tanti anni, girare il mondo e andare a intervistare persone, aiutare i lavoratori dei dati, ovvero i microlaboratori di cui ho parlato finora, questi che attestano l'intelligenza artificiale, a raccontare le loro stesse condizioni di lavoro e a condurre loro stessi delle inchieste sulle proprie condizioni di lavoro.Ed è una maniera di effettivamente ricollegarsi alla grande tradizione operaista.\r\nMa vi posso anche assicurare che è un risultato anche da un punto di vista sociale, politico, perché ci sono queste persone che l'8 luglio parleranno durante il lancio di questa iniziativa e quindi vedrete testimonianze di persone dal Kenya, dall'Iran, dal Venezuela, da tanti altri posti e dalla Germania ovviamente, ma soprattutto ci sono anche degli estratti video che sono di grandissima qualità. Quindi vi consiglio di cercare Workers Inquiry Milagros Miceli su internet e di connettervi l'8 luglio, quindi tra qualche giorno.","11 Luglio 2024","2024-07-11 12:19:56","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/rick-rothenberg-kroIft6D9wk-unsplash-scaled-1-200x110.jpg","StakkaStakka 3 Luglio 2024 – Intervista Antonio Casilli",1720700396,[],[],{"post_content":253},{"matched_tokens":254,"snippet":255,"value":256},[179],"ufficialmente il doppio del salario \u003Cmark>minimo\u003C/mark> del Madagascar, ma al tempo","Puntata completa\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/stakkastakka-231.mp3\"][/audio]\r\n\r\nIntervista Antonio Casilli\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/stakkastakka-casilli.mp3\"][/audio]\r\n\r\nCollegato con noi c'è Antonio Casilli, professore dell'Istituto Politecnico di Parigi e autore di diversi lavori, tra cui un libro pubblicato in Italia nel 2021, Schiavi del Click. Fa parte del gruppo di ricerca DiPLab.\r\n\r\nAllora Antonio, noi ti abbiamo contattato perché al di là del tuo libro che ha avuto un discreto successo, è che sia in Italia che in Francia, dove mi pare l'hai pubblicato la prima volta nel 2019, sappiamo anche che a breve verrà pubblicato in un'edizione inglese, aggiornata, non ho capito se è già pubblicato o verrà pubblicato a quest'autunno.\r\n\r\nAllora, sto rivedendo per l'ennesima volta le bozze, quindi esce tra qualche mese in America con la Chicago University Press e quindi siamo molto eccitati tutti.\r\nPer questa opportunità di parlare a un pubblico più vasto, ecco.\r\n\r\nEcco, allora a partire proprio dal tuo lavoro abbiamo diverse domande per arrivare poi anche agli ultimissime ricerche che hai fatto con i tuoi collaboratori e altri ricercatori. Ma prima di arrivare un attimo a questo tema vorremmo un attimo definirne dei contorni e quindi incominciare chiedendoti un pochino come sei arrivato negli ultimi anni nel tuo lavoro di ricerca a occuparti di lavoro digitale e in particolar modo di intelligenza artificiale e la sua intersezione col mondo del lavoro.\r\n\r\nAllora diciamo che io ho un percorso un po' lungo perché sono vecchietto e strano perché comincia in Italia diciamo in giri operaisti e autonomi, stiamo parlando di diversi decenni fa, e poi quando mi sono trasferito all'estero il tutto si è articolato, si è complessificato perché ho iniziato soprattutto a interessarmi alla sociologia di internet, quindi da sociologo e un po' economista, decisamente interessato alle tematiche del lavoro, sono arrivato a questa grande questione che è: che cosa fa l'intelligenza artificiale al lavoro?\r\nLa risposta tipica sarebbe: l'intelligenza artificiale distrugge il lavoro, ma dopo anni di ricerche con i miei collaboratori in diverse parti del mondo e poi ne riparleremo quali, sono arrivato a una conclusione un po' diversa e cioè sarebbe a dire che tanto per cominciare questa idea della distruzione dei posti di lavoro è un pretesto.\r\nI posti di lavoro sono distrutti ma sono distrutti per una scelta degli imprenditori, per una scelta dei poteri pubblici, per una scelta dei capitalisti sostanzialmente e si usano le macchine.\r\nMa queste macchine in realtà non funzionano tanto bene, perché per farle funzionare ancora oggi c'è bisogno di tantissimo lavoro nascosto e questo lavoro nascosto viene chiamato digital labor o micro lavoro o lavoro dei dati, insomma ci sono tante maniere di definirlo, ma è sostanzialmente un lavoro che è necessario per tenere su grandi exploit tecnologici come per esempio ChatGPT.\r\nChatGPT non funziona soltanto per la magia degli algoritmi, ma come è stato dimostrato già subito dopo il suo lancio nel novembre 2022 ci sono diverse migliaia di persone che stanno lì a filtrare i dati e tantissime altre ancora di più che stanno lì a verificare se le risposte sono corrette, a volte siamo noi stessi, a volte sono delle persone pagate.\r\nMa queste persone sono pagate molto poco, vivono in condizioni di lavoro terribili che noi documentiamo un po' in tutto il mondo perché, e qui riveniamo a dove sono messi, anche se queste grandi imprese tecnologiche sono spesso presentate come la Silicon Valley o tutt'al più facciamo lo sforzo di vederle anche in Cina, nei grandi distretti industriali cinesi, in realtà sono largamente delle tecnologie sviluppate in paesi a basso reddito.\r\nQuindi quelli che venivano una volta chiamati paesi in via di sviluppo che nel frattempo si sono ampiamente sviluppati ma che continuano a avere seri problemi di distribuzione ineguale dei redditi, forti tassi di povertà, forti percentuali di persone che sono pronte a lavorare per pochissimo e quindi sono lì che le grandi imprese come OpenAI, come Meta vanno a raccogliere, per aiutare questi lavoratori poveri dei dati.\r\n\r\nPrendiamo un tema che tu hai affrontato più volte sia nel tuo libro ma anche in numerose ricerche che hai pubblicato, che è quello della scomparsa del lavoro, un tema che cerchi di andare a smontare a più riprese su come le nuove tecnologie, che siano l'automazione nei processi produttivi o le intelligenze artificiali nei servizi e nel commercio vadano a rendere inutile il lavoro umano. Ecco secondo te a quali fenomeni possiamo invece ricondurre quello che è poi l'impatto reale dell'adozione di prodotti commerciali basati su intelligenza artificiale nel mondo del lavoro? E poi come nasce questo mito della scomparsa del lavoro?\r\n\r\nSe vogliamo il mito della scomparsa del lavoro è un prodotto ideologico del sistema capitalistico attuale.\r\nQuando parlo di ideologia parlo veramente del fatto che è un mito che introduce un forte elemento di propaganda. Siamo tutti purtroppo confrontati all'emergenza di questa retorica politica del great replacement, la grande sostituzione, che di solito è un elemento, diciamo così, un argomento che è tirato fuori da razzisti e fascisti di diversa appartenenza politica. Quando sentiamo parlare di great replacement, di grande sostituzione, perché arrivano gli immigrati o arrivano altre persone che entrano nel mondo del lavoro, identifichiamo immediatamente queste persone come dei razzisti.\r\nMa non li identifichiamo altrettanto facilmente quando invece ci viene presentata questa idea della grande sostituzione tecnologica. Cioè l'idea secondo la quale i lavoratori non perderanno il loro lavoro a causa di immigrati o nuovi soggetti sociali, ma a causa delle macchine. In realtà si tratta dello stesso tipo di ragionamento e se guardiamo bene chi lo porta, chi veicola questo tipo di discorso, sono le stesse persone. Una persona che purtroppo qui in Francia è molto conosciuta, che è Jordan Bardellà, e ci sono delle possibilità, una percentuale non nulla di possibilità che ce lo ritroviamo come prossimo presidente del Consiglio.\r\nJordan Bardellà è un noto esponente neofascista del partito Rassemblement National e lui ha più volte detto che ci sono due tipi di grandi sostituzioni che si preparano, quella da parte dell'ondata migratoria e poi quella da parte delle tecnologie. Quindi mette sullo stesso piano questo tipo di discorso. E lo stesso tipo di discorso, come dire, lo possiamo smontare nella stessa maniera, sostanzialmente dicendo che non è l'immigrato che ruba il lavoro all'autoctono, che non è la tecnologia che ruba il lavoro ai lavoratori attuali, ma si tratta di una scelta di investitori e di grandi capitalisti di far presentare queste tecnologie come potenzialmente distruttrici di lavoro.\r\nQuando in realtà, se noi guardiamo la storia di tutta l'automazione, dall'automazione meccanica di diversi secoli fa all'automazione detta intelligente di oggi, vediamo che queste tecnologie sono fatte per lavorare con gli esseri umani e che permettono, in linea di principio, a più esseri umani di accedere al lavoro.\r\nMa c'è un ma, non è una visione ottimistica la mia, queste tecnologie dette intelligenti, ovvero tutto quello che ha a che fare con soluzioni algoritmiche, con l'uso di dati, le tecnologie di machine learning, ovverosia di apprendimento automatico, hanno bisogno di tantissima gente che insegna le macchine a fare quello che fanno.\r\nChatGPT è un esempio che tutti hanno sotto gli occhi, che è capace di generare testo, ma se guardiamo anche nell'acronimo GPT, la P di GPT significa pre-trained, significa pre-addestrato. Significa che qualcuno gli ha insegnato a questa macchina a fare quello che fa, come si addestra un atleta, o come si insegna ad uno studente.\r\nE questo qualcuno, noi ce lo immaginiamo sempre come un ingegnere, un data scientist, un software developer, ma in realtà si tratta, nella maggior parte dei casi, che significa che abbiamo anche delle cifre che sono abbastanza impressionanti, parliamo di diverse centinaia di milioni di persone nel mondo, che fanno un lavoro molto più terra terra.\r\nPer esempio, non lo so, prendiamo delle immagini, che ne so, generate da utilizzatori su Instagram e iniziamo a taggare queste immagini, oppure a identificare oggetti in queste immagini. Per esempio, se c'è un viso umano, mettiamo un tag uomo o essere umano. Se c'è un animale, mettiamo animale, il tipo di animale. A cosa serve tutto questo? La prossima volta che queste immagini verranno, tra virgolette, mostrate a un'intelligenza artificiale, questa intelligenza artificiale poi, a forza di esempi, imparerà a riconoscere gli esseri umani e a fare la differenza tra un essere umano e un animale. Quindi questo è un esempio molto facile, molto terra terra.\r\nUn altro esempio potrebbe essere che ChatGPT ha bisogno che qualcuno annoti i testi, ovvero sia, , che questo testo sia segnato, sia etichettato come un testo in inglese che parla di sport e che è lungo 300 parole.\r\nQueste informazioni sono necessarie alla macchina, perché la macchina impari. Queste operazioni in realtà sono delle operazioni relativamente semplici, metto molto l'accento sul relativamente, e soprattutto molto mal pagate. Molto mal pagate, stiamo parlando in realtà di un pagamento che a volte può arrivare a 1 o 2 dollari all'ora, perché queste persone sono pagate o all'ora o sono pagate addirittura a contimo, ovvero per ogni tipo di piccola informazione che aggiungono al database vengono pagate qualche centesimo.\r\nCi sono delle piattaforme che sono accessibili a tutti, purtroppo, un po' in tutto il mondo, che permettono ai lavoratori di iscriversi e quindi di accettare, di realizzare queste task, questi compiti, queste mansioni molto mal pagate e alle aziende di reclutare a volte centinaia, di migliaia, a volte addirittura milioni di persone che sono messe a lavoro per sviluppare questa intelligenza artificiale.\r\n\r\nEcco, su questo, l'anno scorso hai pubblicato insieme ad altri due ricercatori, Maxime Cornet e Clement Leclerc. Un paper dal titolo appunto \"The problem with annotation. Human labour and outsourcing between France and Madagascar\". Ecco, abbiamo letto il paper, è molto interessantecome avete ricostruito insomma la filiera, stai dicendo già adesso, della catalogazione e della categorizzazione condotta da due start-up francesi attive in questo settore.\r\nMa nel mentre vi siete presi la briga di andare a intervistare nello specifico qua in Madagascar, ma poi sappiamo che avete fatto anche altre ricerche da altre parti.\r\nEcco, ti chiederei un pochino adesso di entrare un po' magari più nel dettaglio della ricerca, nel senso di darci magari un po' conto di come avete condotto la ricerca e farci anche magari qualche esempio concreto. E poi, dall'altro lato, come vengono utilizzate queste tecnologie poi nella pratica, sia quella di sorveglianza, sia quella di organizzazione, sia poi il risultato delle interviste.\r\n\r\nÈ più facile se ti racconto un pochettino come lavoriamo in generale. Allora, noi siamo un gruppo di una ventina di persone, si chiama DiPLab, che significa Digital Platform Labor, quindi è un laboratorio di ricerca sostanzialmente, e praticamente quello che facciamo è realizzare delle inchieste un po' dappertutto nel mondo, ma siamo molto specializzati sull'America Latina e l'Africa, abbiamo fatto una ventina di inchieste in 20 diversi paesi negli anni, a partire dal 2018, e questi paesi sono molto diversi.\r\nAllora, ci sono sostanzialmente dei paesi molto poveri, come per esempio il Venezuela in America Latina o il Madagascar in Africa che sono diventati dei centri nevralgici di questo lavoro mal pagato ma necessario per produrre le intelligenze artificiali.\r\nSostanzialmente noi abbiamo raccolto testimonianze di migliaia, quasi 4 mila, lavoratori e lavoratrici un po' in tutto il mondo. Stiamo adesso iniziando anche a guardare altri paese e altri continenti come l'India e il Bangladesh che come potrai immaginare sono enormi e sostanzialmente negli anni abbiamo visto che ci sono dei tipi molto chiari, che diventano chiari dal punto di vista dei profili socio-demografici delle persone che lavorano per queste piattaforme.\r\nTanto per cominciare abbiamo a che fare con delle persone che sono nel fiore degli anni, quindi sarebbe dire delle persone che dovrebbero essere ben piazzate sul mercato del lavoro, stiamo parlando di persone dai 20 a massimo i 40 anni e queste persone sono anche delle persone che hanno un alto livello di specializzazioni di educazione, cioè hanno dei diplomi, intervistiamo abbastanza frequentemente delle persone che hanno lauree, master, quindi ti puoi immaginare che queste persone ancora una volta dovrebbero essere le più avvantaggiate dal punto di vista del mercato del lavoro e invece non accedono a delle buone posizioni, non accedono a dei posti di lavoro e quindi devono accettare delle forme di lavoro molto più informali, molto più precarie, quindi lavorare per queste piattaforme.\r\nA volte lavorano da casa, per esempio in paesi come il Venezuela sono sostanzialmente delle persone che lavorano da casa, quindi ci possiamo sostanzialmente immaginare delle persone che hanno già un computer, di solito un vecchio computer distribuito dallo Stato una decina di anni fa, che fortunatamente, perché sono in Venezuela, non pagano l'elettricità o gli viene offerta a prezzi controllati,e quindi possono permettersi di fare una piccola aziendina a casa loro, dico un'aziendina per modo di dire perché in realtà non c'è nessun contratto, quindi si connettono a una piattaforma, accettano di realizzare dei task, ottengono dei pagamenti di qualche centesimo che alla fine del mese gli fa qualche dollaro. Siccome in Venezuela 6 o 8 dollari sono un buon salario mensile, e soprattutto il dollaro è più apprezzato del bolivar che è la moneta locale che ha tendenza a svalutarsi da un giorno all'altro, queste persone trovano questo lavoro abbastanza interessante e sostanzialmente si creano delle delle piccole collettività familiari. C'è certe volte, non lo so, certe ore del giorno è il padre che lavora a questa piattaforma, su questa piattaforma altre volte è la nonna, altre volte sono i figli. Questa è la situazione in un paese come il Venezuela.\r\nLa situazione in Madagascar è completamente diversa perché certo ci sono anche lì delle persone che lavorano da casa, molto meno perché la connessione costa cara e l'elettricità costa cara e in più ha tendenza al blackout, diciamo così, ma ci sono tantissime altre situazioni. Persone che lavorano in cybercafè, io per esempio in Madagascar sono andato in diversi cybercafè dove c'erano da una parte quelli che giocavano ai videogiochi e dall'altra quelli che facevano annotazione di immagini, o che facevano altri task.\r\nCi sono anche persone che lavorano da casa, come dicevo, e ci sono a volte degli uffici e delle aziende più classiche che assomigliano veramente a degli open space dove ci sono centinaia di persone che fanno dei turni di giorno e di notte e che fanno lavori di diverso tipo. Di solito queste sono delle mansioni un pochettino più complesse e delle mansioni soprattutto con aziende che lavorano da casa. Ci sono anche persone che impongono un certo livello di segreto industriale. Possono essere dei ministeri di governi stranieri, come abbiamo potuto vedere in Madagascar, a volte anche, e questo è molto più preoccupante, dei ministeri della difesa in diversi paesi stranieri e altre volte invece si tratta di grandi aziende, possono essere dei Google o delle Amazon, che hanno bisogno di dati di qualità.\r\nE' un'altra cosa che è stata molto eclatante, quello che quando noi l'abbiamo vissuto è stato certamente il più forte a livello di risultati. Stiamo parlando di un paio di anni fa, quando giustamente con i miei colleghi siamo andati andati diverse volte in Madagascar in realtà, perché è un paese abbastanza centrale.\r\nNel corso di questa missione, come la chiamiamo, nel 2022, siamo stati una settimana praticamente a vivere dentro, quasi, una casa che era stata trasformata in una fabbrica di click per l'intelligenza artificiale, una fabbrica di dati. Quindi ci dobbiamo immaginare una piccola casetta su due piani, con un garage, una soffitta, e praticamente in ogni stanza si entrava e c'erano da 20 a 30 persone su diversi computer che facevano dei task, che realizzavano della traduzione di dati o della notazione di dati, mettevano dei tag su delle immagini, vedi questo passo. Giorno e notte.\r\n\r\nNel caso specifico, uno dei casi, diciamo, più normali era quello di una azienda che aveva venduto degli scanner per i ristoranti aziendali. È presente quel tipo di situazione nei ristoranti aziendali. Si arriva con il vassoio, si passa il vassoio sotto uno scanner e questo vassoio ci dice automaticamente quanto dobbiamo pagare e quindi è tutto compactless e senza cassiere.\r\nQuello che non vi dicono è che però dall'altra parte del mondo ci sono delle persone che a volte in tempo reale fanno un lavoro di identificazione dei piatti del vostro vassoio. E questo è un lavoro che può diventare abbastanza complesso, soprattutto se consideriamo che, che ne so, i vassoi sono a volte in Germania e le persone che vedono che cosa c'è in questi vassoi si trovano in Mozambico, per esempio, e non ci sono gli stessi sistemi alimentari, non mangiano le stesse cose, non riconoscono gli stessi cibi. Quindi ci vuole tutto un lavoro di adattazione, di adattamento culturale. E un altro lavoro, invece, che è un altro progetto, che invece ci è sembrato particolarmente strano, poi siamo andati a grattare, lì era un'altra conferma di quello che sapevamo in realtà da lontano 2017, era che alcune di queste intelligenze artificiali non sono artificiali per niente. Ovvero, ossia, non c'è un vero e proprio algoritmo, ma c'è un finto algoritmo che in realtà è un certo numero di persone che a distanza realizzano questi task.\r\n\r\nQuindi l'esempio tipico, l'esempio vero, di cui parliamo poi nell'articolo, ma ne parliamo anche in altri contesti, è che, alcune persone che erano nel garage di questa casa di cui parlavo prima, facevano finta di essere una camera di videosorveglianza intelligente di quelle che si trovano nei supermercati.\r\nÈ una camera di videosorveglianza che viene venduta ai supermercati che riesce a riconoscere le persone e a interpretare i comportamenti delle persone. Se qualcuno ruba, non lo so, del cioccolato, del cibo per cani, questa camera, questa videocamera, invia un SMS al cassiere o alla cassiera e ci può essere un intervento in cui si può bloccare il ladro potenziale. Quello che non vi dicono è che in realtà questa videocamera intelligente è intelligente perché c'è l'intelligenza di questi lavoratori che vengono pagati molto poco e hanno dei turni abbastanza stretti, infatti devono in tempo reale comprendere quello che succede nei supermercati, hanno da 2 a 5 secondi per reagire e devono anche inviare dei finti sms automatici ai cassieri e alle cassiere in Europa, per esempio.\r\nQuindi si tratta di un caso che potrebbe essere assimilato a una frode, in realtà, ma che è molto più complesso e molto più comune, in realtà, perché tantissimi esempi di grandi intelligenze artificiali hanno dimostrato, e ci sono delle parti che non sono artificiali per niente.\r\nNel lontano 2019 abbiamo intervistato una persona che lavorava per Siri, quindi l'intelligenza artificiale di Apple, che diceva: \"io certe volte facevo l'intelligenza artificiale, perché certe volte Siri non funzionava bene e bisognava intervenire per fare un debugging in tempo reale\", per esempio. Solo che questo debugging in tempo reale significa simulare che ci sia un'intelligenza artificiale quando in realtà ci sono degli esseri umani. E questi esseri umani, questa è la parte più preoccupante, con questo finisco questo siparietto, erano anche molto mal pagati.\r\nPerché dobbiamo immaginarci che comunque, Antananarivo, la capitale del Madagascar, è una città grande, è una città relativamente cara rispetto al paese, che è un paese povero, ammettiamolo, però al tempo stesso la città non è una città nella quale si può vivere facilmente con qualche euro al mese. E nel caso specifico queste persone che addestravano o \"impersonavano\" un'intelligenza artificiale, venivano pagate tra i 90 e i 120 euro al mese. 90-120 euro al mese è ufficialmente il doppio del salario \u003Cmark>minimo\u003C/mark> del Madagascar, ma al tempo stesso non è sufficiente, soprattutto se queste persone hanno che ne so, una famiglia o dei figli . Quindi, sostanzialmente, queste persone erano anche bloccate in un lavoro precario e mal pagato che non gli permetteva di andare avanti.\r\nCon la loro carriera, con la loro vita, e ad avere delle prospettive, sostanzialmente, con il classico vicolo-ceco lavorativo che incontriamo tanto spesso ovunque nel mondo e sempre più spesso, ma che in questo caso diventa molto più grave perché è ufficialmente nel contesto della produzione di una delle più grandi fonti di ricchezza e di profitti degli ultimi anni, ovvero sia le intelligenze artificiali.\r\n\r\nE infatti l'esempio che hai dato mi ha ricordato due casi che erano emersi recentemente che avevamo avuto modo di commentare su questi microfoni , che uno è quello di Amazon dei negozi \"cashless\", che sembrava avere questo magico algoritmo che riesce a riconoscere in automatico quando le persone prendono un oggetto da uno scaffale, lo mettono nel carrello, gli addebitava diciamo il valore dell'oggetto, poi se magari lo rimettevano sullo scaffale glielo riaccreditava, eccetera. E rivelarono poi in realtà, si venne poi a scoprire che dietro questo magico algoritmo c'era un bacino di 20.000 lavoratori collocati in India, così come è uscito recentemente il caso di Presto Automation, una azienda in America che vendeva servizi di automazione alle casse per i fast food, il cui prodotto si era poi scoperto che aveva bisogno dell'intervento umano nel circa 70% dei casi. Quindi diciamo che la maggioranza poi delle azioni compiute da questi sistemi di appunto come dici te giustamente intelligenza artificiale dove poi dietro di artificiale non c'è niente, sono poi in realtà mantenuti da persone che spesso lavorano anche per una semplice questione di costi in paesi del secondo mondo, a prezzi che sarebbero diciamo inaccettabili nei paesi in cui quei negozi, quelle casse sono effettivamente collocate che poi alla fine è questo il vero vantaggio di questi strumenti. Perché tu alla fine hai un cassiere, , però lo paghi non al costo francese ma lo paghi al costo del Madagascar.\r\n\r\nCerto e c'è anche da aggiungere per esempio che non è soltanto questione di pagare i cassieri, ma cosa questo caso di off-shoring forzato determina per esempio per gli stati.\r\nTanto gli stati dei paesi a reddito basso, che hanno un costo di circa 25 miliardi di euro. C'è un costo di circa 25 miliardi di euro di reddito basso che per gli stati di paesi come per esempio, non lo so, i paesi europei c'è una perdita in termini di introiti fiscali, in termini di contributi, in termini di tutta una serie di altri servizi che normalmente sono dei servizi pubblici che sono finanziati a partire dal lavoro delle persone e a partire dalle aziende che pagano correttamente i lavoratori.\r\nSe queste aziende si sottraggono ai loro obblighi che ripeto sono di natura fiscale, contributiva, di previdenza sociale. Se si sottraggono a questi obblighi sostanzialmente stiamo sabotando lo stato sociale europeo in più oltre a danneggiare gli stati dei paesi terzi.\r\nNonché anche una cosa interessante che veniva fuori dalla ricerca, questo processo modifica anche il lavoro di chi rimane nel paese dove viene erogato il servizio.\r\nNella parte dei cassieri era anche abbastanza interessante vedere come il lavoro, per la parte delle videocamere di sicurezza, il lavoro dei cassieri e delle cassiere che rimangono sul posto viene a tutti gli effetti modificato perché si devono fare carico anche delle segnalazioni che vengono fatte dalle intelligenze artificiali o non artificiali remote, e quindi c'è paradossalmente un aumento del lavoro o anche una degradazione di chi mentre sta facendo un mestiere ne deve affiancare un'altro perché deve farsi interfaccia dell'intelligenza artificiale.\r\n\r\nEcco, su questo infatti ti volevo chiedere, riguardo poi a quella che è stata la vostra ricerca, se magari avete avuto modo di parlarne sia con chi in questo caso in Francia si trovava appunto ad avere il proprio lavoro modificato da queste intelligenze artificiali o nel caso specifico in Madagascar da chi è, nella componente degli sfruttati in questo colonialismo digitale, come queste persone poi percepiscano questa nuova trasformazione.\r\nMi riferisco in particolare a chi poi dà animo e forza a questi presunti algoritmi artificiali, di come poi questi percepiscano il fatto che quegli strumenti, quei prodotti in occidente vengano venduti come frutto della dell'intelligenza artificiale, e non come invece frutto del loro lavoro costante e quotidiano.\r\n\r\nGiustissima domanda che permette, che mi permette anche di raccontare un po' cosa facciamo oltre a girare il mondo e risolvere misteri come Scooby Doo.\r\nQuesta è la parte dove andiamo a raccogliere dati, intervistare persone, è una parte del nostro lavoro, poi c'è tutto quello che ha a che fare con aiutare i lavoratori a prendere coscienza, sviluppare soggettività, a organizzarsi e aiutare anche a volte stati, istituzioni internazionali o addirittura sindacati a inquadrare e aiutare e accompagnare meglio questi lavoratori, questo è un lavoro molto più vasto che però facciamo in diversi paesi del mondo. Ti do qualche esempio di come si può lavorare con per esempio i lavoratori in Europa che sono direttamente in Europa.\r\n\r\nPoi abbiamo un altro problema è che i lavoratori non sono stati colpiti da questa situazione, spesso sapendolo, cioè noi abbiamo a che fare con, per esempio non lo so, giusto ieri stavo continuando un lavoro con un'azienda francese, questa azienda francese ha subito un piano di ristrutturazione che è risultato in 250 licenziamenti, questi licenziamenti sono stati giustificati dall'arricuz di CIGPT e dell'intelligenza artificiale come se fosse una novità, il solito pretesto, in realtà i lavoratori hanno scoperto immediatamente dietro questa finta automatizzazione si nascondeva un caso di outsourcing di diverse centinaia di persone in un paese africano che erano messe lì a lavoro per far finta di essere un'intelligenza artificiale che ufficialmente ha distrutto i loro posti di lavoro. Quindi in questo caso la rivendicazione dei lavoratori licenziati che cercano di essere reintegrati o che cercano di essere rimborsati dei danni subiti si combina con il riconoscimento, con il fatto che sono oramai coscienti del fatto che ci sono masse di altri lavoratori in paesi terzi, nel caso specifico non soltanto in Africa ma anche in India per questa azienda di cui sto parlando e che quindi diventa una lotta internazionalista, ma perché internazionale di fatto?\r\n\r\nPerché non si possono risolvere i problemi di gente in Europa senza al tempo stesso prendere in conto quale ruolo e quali sono anche i danni subiti da persone in paesi terzi. Naturalmente noi lavoriamo anche in diversi paesi nei quali abbiamo condotto queste inchieste, nel caso specifico i due paesi sui quali stiamo lavorando di più ancora sono Madagascar e Kenya in Africa ci sono altri lavori in corso per paesi sudamericani come il Brasile e altri paesi africani come l'Egitto ma sono più diciamo così embrionali come come tipi di lavoro. Che tipo di lavoro facciamo? Beh a volte lavoriamo con le aziende, le aziende significa le piattaforme, per convincerle\r\nqueste piattaforme che sfruttano i lavoratori a trattarli meglio.\r\nE quindi adottare degli standard di lavoro equo, questi sono degli standard che sono stabiliti da un'organizzazione che si chiama Fair Work Project, che è condotta da nostri colleghi dell'Università di Oxford. Altre volte si tratta di applicare sostanzialmente le regole di gli standard internazionali di difesa del lavoro degno che invece sono stabiliti dall'ILO, cioè la International Labour Organization e con i quali, lavoriamo su altri progetti.\r\nQuindi sostanzialmente si tratta in certi casi di far applicare la legge, in altri casi si tratta di aiutare lo sviluppo di soggettività collettive da parte dei lavoratori. Per esempio quello che sta succedendo in Kenya è da una parte preoccupante, perché l'ordine pubblico del paese si è molto degradato, ma allo stesso molto interessante perché il Kenya è un paese che è stato al centro di una serie di rivelazioni molto forti negli ultimi due anni. Si è scoperto sostanzialmente che sia Meta, ovvero sia Facebook, che OpenAI, ovvero sia ChatGPT, si sono serviti di lavoratori keniani per adestrare le loro intelligenze artificiali, produrre dati e fare altri tipi di lavoro.\r\nQueste persone si sono in frattempo organizzate in diversi sindacati, uno si chiama Tech Workers, un altro si chiama African Content Moderators, sono dei sindacati che hanno oramai migliaia di iscritti e che partecipano anche alle manifestazioni che si stanno svolgendo in questo momento in Kenya contro la riforma finanziaria di quel paese. Quindi sostanzialmente vediamo progressivamente delle persone, delle organizzazioni che nascono all'interno di questo settore, che è dopo tutto un settore abbastanza sconosciuto, anche se veramente avrei dei dubbi a definirlo come un settore di nicchia, visto il numero di persone che secondo le stime degli ultimi anni iniziano ad esserci dentro, ma che si articolano, si combinano con movimenti molto più vasti e quindi ci sono anche delle forme embrionali di costruzione di coscienza di classe, se vogliamo, o di costruzione di movimenti multitudinari nei quali questi laboratori di dati entrano a far parte.\r\n\r\nMi sposterei un attimo su una questione che avevo ripreso appunto dal tuo libro Schiavi del Clic, ma che poi insomma è anche ricitato in vari articoli, che è noto come il paradosso di Solow su come sia stato misurato che la digitalizzazione nella manifattura e l'automazione nei servizi non abbiano poi portato a un reale aumento della produttività, anzi addirittura all'inizio del ventunesimo secolo si misura una decrescita nella produttività portata da questi strumenti.\r\nStrumenti che invece avrebbero dovuto, non dico sostituire il lavoro umano, ma quantomeno aumentarne la capacità produttiva.\r\nDa questo punto di vista, se la digitalizzazione ha avuto un impatto tanto trascurabile, perché rimane comunque una delle principali voci di investimentoda parte di grandi corporazioni e dei governi?\r\n\r\nAllora, do una precisazione piccolissima di natura statistica, anche se poi un po' scocciante, pedante da parte mia, quello che diminuisce è il tasso di crescita della produttività, quindi significa che la produttività continua a crescere, certo, ma in maniera molto meno veloce e in certi casi la crescita si è interrotta, non c'è una diminuzione della produttività, ecco, significa che sostanzialmente a forza tu puoi introdurre tutta l'automazione che vuoi, la produttività non cresce, poi la produttività cresce anche per altri motivi, perché sostanzialmente se ci sono altri metodi che non sono di natura automatica, ma possono essere, che ne so, riorganizzazione del lavoro, oppure la disponibilità di infrastrutture, la produttività potrebbe crescere, ma quello che giustamente sottolinei nella tua domanda è per quale motivo, malgrado i risultati dell'automatizzazione non ci siano dal punto di vista della produttività, si continua a investire tanto?\r\nBeh, perché risponderei, ci sono dei risultati per gli investitori in termini di profitto, in termini di rendita economica, quindi malgrado la produttività non aumenti, loro riescono comunque a creare dei profitti, e creare dei profitti sostanzialmente grazie al fatto che oggi come oggi non hai bisogno di avere un prodotto che funziona e nemmeno di venderlo volendo, perché le grandi aziende e le grandi piattaforme degli ultimi anni sono basate su un'idea di, a grosso modo, di soppensioni da parte dei produttori. Quindi, la città è un'azienda, che ha delle piccole aziende che vengono fatte a volte di stati e a volte di grandi investitori, è quello che si chiama il venture capitalism, quindi significa che ci sono dei grandi finanziatori che ti pagano, ti danno dei finanziamenti, delle sovvenzioni di centinaia di miliardi e sperano che un giorno forse tu riuscirai a fare un profitto, ma in certi casi, ti posso citare il caso di Uber, questo profitto non arriva mai.\r\nUber è arrivato a fare un utile , alla fine dell'anno scorso, a mostrare per la prima volta da quando è stata creata un \u003Cmark>minimo\u003C/mark> di profitto, non perché è riuscita a vendere meglio il suo prodotto, ovvero la sua piattaforma, che continua a essere in perdita. Uber in realtà spende molto di più a convincerti a usare Uber che non quello che guadagna facendoti usare Uber.\r\nSono riusciti a fare un \u003Cmark>minimo\u003C/mark> di profitto perché hanno fatto un'acquisizione di un'altra azienda che aveva un bilancio positivo.\r\nMa questo significa sostanzialmente che ci sono delle incitazioni, degli incentivi per i grandi investitori di continuare a investire nell'intelligenza artificiale, anche se poi il tornaconto non c'è. Certo non c'è il tornaconto a livello collettivo perché gli stati non ci guadagnano abbastanza, i lavoratori certamente non ci guadagnano in questa situazione e le aziende stesse continuano a fare perdite, ma in questo caso di venture capitalism ci sono ancora degli imbecilli che continuano a finanziarli. Questi imbecilli sono degli imbecilli pericolosi.\r\nStiamo parlando di persone del calibro di Mark Andresen o Peter Thiel. Dei nomi che forse non dicono niente alle persone che ci ascoltano. La cosiddetta paypal mafia anche nota. Sì esattamente. Persone che sono vicine a noti esponenti dell'estrema destra come Elon Musk e compagnie. Loro stessi sono delle persone di estrema destra. Mark Andresen è uno che pubblicamente ha dichiarato di quanto era bello il colonialismo. Peter Thiel è un eugenista dichiarato. Un pro-trumpiano nichilista , e queste persone sono quelli che continuano a finanziare questi grandi sforzi di investimento che sono pericolosi dal punto di vista sociale, dal punto di vista economico e aggiungerei anche, anche se poi di questo ne parliamo più recentemente in testi che non sono ancora stati tradotti in inglese in certi casi, anche hanno un impatto ecologico serissimo.\r\nPerché investire in grandi infrastrutture come ChatGPT significa anche investire in data center, significa investire nell'estrazione mineraria e nell'uso di energie che non sono certamente sostenibili.\r\nNon sono certamente un caso di tecnologia verde malgrado il fatto che cerchino costantemente di vendersi come green AI, quindi di fare un pochettino di ripulitura e di riciclaggio. Quindi l'uso fatto della retorica ecologista per cercare di vendere quello che fanno ha un serio impatto se pensiamo soltanto agli investimenti proposti da Sam Altman, quindi uno dei principali creatori di ChatGPT, stiamo parlando di un fabbisogno energetico che supera ampiamente tutte le tecnologie che abbiamo avuto finora.\r\nE quindi questo servirebbe soltanto a creare cosa? Un chatbot che risponde alle mie richieste astuse di ricette, magari la ricetta di una torta ssacher ma scritte come fosse un sonetto di Shakespeare, che è la cosa più inutile del mondo a pensarci.\r\n\r\n\r\nAntonio su questo non so se ci puoi dedicare ancora qualche minuto, volevo su questo farti ancora due domande proprio sul tema ambientale.\r\nAnche da questi microfoni abbiamo più volte portato approfondimenti, per esempio un dato delle ultime settimane è che le previsioni sono che i data center negli Stati Uniti consumeranno il 10% di tutta l'elettricità prodotte nel paese entro il 2030, ogni settimana escono annunci di questo tipo. E in generale, anche invece riportando un po' l'argomento su un piano politico, negli ultimi anni c'è stato un tentativo a più riprese di creare punti di convergenza tra quelle che sono le distopie digitali che con te abbiamo sottolineato in questa intervista e invece delle lotte ambientali che rappresentano sicuramente un punto di vista anche un po' più avanzato dal punto di vista anche dello stato di salute dei movimenti. Basti pensare appunto che termini costrutti di ricerca come l'estrattivismo digitale e altri sono stati proprio mutuati da una parte all'altra, presi dal mondo dell'ecologia.\r\nEcco, questo è sicuramente un tentativo che si è fatto, molto interessante, però noi rileviamo anche che negli ultimi anni questa potenziale alleanza e punti di convergenza stenta un po' a costruirsi. Non so, anche dal nostro punto di vista spesso e volentieri abbiamo cercato di portare questi discorsi all'interno anche di iniziative politiche e movimenti, ma si fa un po' fatica, un po' per la natura delle lotte ambientali che pur essendo a una vocazione sicuramente internazionale di ampio respiro spesso sono estremamente localizzate, e invece lavori come il tuo ad esempio che ci portano a attraversare delle filiere che poi camminano un po' in tutto il mondo.\r\nEcco, tu come vedi questa situazione? Come vedi il rapporto in generale e quali potrebbero essere secondo te nuovi punti di convergenza tra le movimenti nel digitale sia sindacali che internazionali?\r\n\r\nAllora, diciamo che in un certo senso penso che i problemi siano di due tipi il primo è che attualmente i movimenti ambientalisti a livello internazionale sono ancora molto diversi e che non c'è stata una chiara separazione tra, diciamo, un'ala riformista, chiamiamola così sostanzialmente quella che è più compatibile con delle istanze capitaliste e quindi sostanzialmente per farla corta sono quelli che propongono l'idea che c'è una tecnologia sostenibile basta semplicemente scegliere il meno peggio o addirittura pensare a una tecnologia che possa essere effettivamente green e dall'altra parte un'area massimalista dei movimenti ecologistici che invece sostanzialmente sostengono quella che possiamo chiamare una redirezione ecologica ovvero bisogna veramente avere un sussulto politico per cambiare completamente la maniera di considerare queste cose e né l'una né l'altra nel caso specifico al di là di queste diciamo di questa complessità dei movimenti ecologici attuali ambientalisti attuali né l'una né l'altra ha una visione completa se vogliamo forse un po' quelli della redirezione ecologica perché ci sarebbe bisogno di avere una specie di cartografia di che cosa fanno le intelligenze artificiali a non soltanto le filiere o le supply chains ma anche a posti che sono a volte molto distanti da noi ed è difficile immaginarsi quali sono le condizioni di vita o quali sono le condizioni stesse ambientali in paesi come la Bolivia considerando che la maggior parte di noi non ci ha mai messo piede in Bolivia immaginarsi che ci siano l'adi di sale come è il caso di Bolivia e di Uyuni che è il più grande giacimento di litio del mondo che è talmente centrale per le nostre batterie di tutto quello che abbiamo in tasca dallo smartphone al tablet per chi ce l'ha le biciclette elettriche o i veicoli elettrici, le automobili questa cosa di immaginarsi quanto importante sia un posto talmente lontano da noi da qualcosa che è così vicino a noi che abbiamo nelle nostre tasche questo è uno sforzo serio è uno sforzo serio che però ha nel futuro una necessità di svilupparsi e che si svilupperà purtroppo perché queste lotte ecologiche arrivano sempre più vicino a noi se pensiamo in particolare a una faccenda che è un po' diversa la questione dei data center i data center non sono per la maggior parte situati in paesi terzi a basso reddito ma sono per la maggior parte dei casi messi dietro l'angolo rispetto a noi sono in Italia, sono in Francia sono negli Stati Uniti certo sono anche in Cina e in maniera crescente perché la Cina non è più da tanti tanti anni un paese povero ma sono sostanzialmente nel nord del mondo e nel nord del mondo sono dei posti dove sono delle strutture che pesano molto sul consumo energetico paesi come l'Irlanda che sono oggi dei grandi hub per i data center sono dei paesi nei quali l'infrastruttura di produzione dell'elettricità è molto affaticata dalla presenza di questi data center in Spagna si stanno sviluppando dei collettivi che mettono insieme tecnologia e piuttosto critica tecnologica e critica ecologica che si oppongono per esempio alla creazione di nuovi data center in posti che specialmente in Spagna sono già desertici e che quindi non hanno bisogno in più di questo ennesimo peso quindi queste sono delle prospettive che sono interessanti e aggiungo che sono interessanti purtroppo perché sono delle questioni e dei problemi ecologici sempre più pressanti che arrivano sempre più vicino alle nostre case e che se finora non c'è stata una diciamo così un'alleanza tra movimenti di critica tecnologica e movimenti di rivendicazione legate all'ambiente questo secondo me cambierà molto presto\r\n\r\n \r\n\r\nHai qualcosa da aggiungere o altri riferimenti che vuoi darci per chi ci ascolta per seguire il vostro lavoro o anche altri lavori che reputi interessanti su questi temi?\r\n\r\nAllora voglio invitare coloro che ci ascoltano se sono interessati e interessate, l'otto luglio c'è il lancio a distanza, nel senso che è un evento virtuale ed è gratis, e si può partecipare da tutto il mondo, che si chiama Workers Inquiry. Per gli italiani traduzione è semplicemente inchiesta operaia.\r\nWorkers Inquiry è il lavoro, la produzione di una mia carissima collega e amica e anche lei membra di DiPLab che si chiama Milagros Miceli che è una ricercatrice che da tanti anni lavora a Berlino per il Weizenbaum Institute e che ha avuto questa idea assolutamente geniale, ovvero piuttosto che, come lo facciamo noi da tanti anni, girare il mondo e andare a intervistare persone, aiutare i lavoratori dei dati, ovvero i microlaboratori di cui ho parlato finora, questi che attestano l'intelligenza artificiale, a raccontare le loro stesse condizioni di lavoro e a condurre loro stessi delle inchieste sulle proprie condizioni di lavoro.Ed è una maniera di effettivamente ricollegarsi alla grande tradizione operaista.\r\nMa vi posso anche assicurare che è un risultato anche da un punto di vista sociale, politico, perché ci sono queste persone che l'8 luglio parleranno durante il lancio di questa iniziativa e quindi vedrete testimonianze di persone dal Kenya, dall'Iran, dal Venezuela, da tanti altri posti e dalla Germania ovviamente, ma soprattutto ci sono anche degli estratti video che sono di grandissima qualità. 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È in prima fila in conflitti in cui gioca in proprio e in varie alleanze a geografia variabile.\r\nUn processo di militarizzazione investe le nostre città, le nostre scuole, i principali mezzi di comunicazione e le istituzioni culturali.\r\nGuerra interna e guerra esterna sono le due facce della stessa medaglia, quella della guerra ai poveri per il controllo delle risorse, delle coscienze, delle vie di approvvigionamento e dei flussi informativi. \r\nIniziative di lotta in varie città\r\nFederico dell’assemblea antimilitarista ha presentato la giornata\r\n\r\nFermare le guerre. Una prima riflessione a margine delle acampade studentesche\r\nI movimenti che si sono sviluppati negli ultimi mesi soprattutto nelle università hanno il merito di aver colto il nesso fondamentale tra ricerca accademica ed industria bellica, in un intrecciarsi di interessi che pongono al centro la logica del dominio e quella del profitto, fuori e contro ogni supposta neutralità di un’indagine scientifica che si muove seguendo gli indirizzi dei committenti di turno. Hanno tuttavia un forte limite sia nella definizione degli obiettivi che nelle modalità nel perseguirli.\r\nL’enorme emozione che accompagna l’immane massacro con finalità genocide della popolazione gazawi, finisce con il porre in primo piano solo la critica e il boicottaggio verso lo Stato di Israele, dimenticando che il nostro paese (e le sue università) sono in prima fila in numerosi teatri di guerra, che restano sullo sfondo, avvolti in un oblio pericoloso, che rischia di renderci complici di infiniti orrori. Basti pensare all’Artsakh e al Sudan, due tra le tante guerre cui l’Italia ha contribuito direttamente, fornendo armi e addestratori nel silenzio dei più.\r\n\r\nUna critica reale delle collusioni tra Università e ricerca bellica dovrebbe avere l’obiettivo minimo della cancellazione di accordi di cooperazione con tutte le industrie belliche e tutti gli Stati in guerra. Una critica radicale si dovrebbe interrogare sul ruolo delle Università e sulla necessità di espropriazione permanente di ambiti di studio e ricerca al servizio dell’imperialismo e della logica capitalista. \r\n\r\nLe guerre moderne, non ultima quella cominciata il 7 ottobre tra Israele e Gaza, hanno come principali vittime le popolazioni civili, massacrate per fiaccare il nemico, per indurlo alla resa o alla fuga. \r\nOpporsi alla guerra senza opporsi al militarismo è una prospettiva miope, perché alimenta l’opinione che vi siano eserciti buoni. E non basta mettere la parola “resistenza” al posto di “esercito” per modificare il senso di guerre combattute per assicurarsi il controllo esclusivo di questa o quell’area geografica. Solo l’alleanza transnazionale degli oppressi e degli sfruttati spezza le frontiere, frantuma la logica statalista e patriottica, fa saltare il tappo identitario legato al luogo, alla religione, alla tradizione per aprire uno spazio simbolico e reale al non luogo, all’utopia, che non è l’irrealizzabile ma solo l’irrealizzato. \r\n\r\nVerso il ritorno della naja obbligatoria?\r\nNel nostro paese la naja obbligatoria non è mai stata abolita, perché la legge n. 226 del 23 agosto 2004 prevede solo la sospensione delle chiamate.\r\nIn qualsiasi momento il governo può decidere la riattivazione del servizio militare.\r\nIn Italia l’alfiere della proposta è la Lega di Salvini, che ha annunciato un progetto di legge che prevede la reintroduzione di «sei mesi di servizio civile o militare per i ragazzi tra i 18 e 26 anni, su base regionale e da svolgere esclusivamente in Italia». In base a questo progetto le ragazze, che non erano sottoposte all’obbligo, lo sarebbero al pari dei ragazzi.\r\nNei fatti questa leva in salsa leghista, su base regionale, sarebbe una sorta di servizio civile militarizzato. Salvini disegna un quadro di soldati impegnati in corsi di salvataggio, protezione civile, primo soccorso, protezione dei boschi e un gran numero di altre varie attività. \r\nNel nostro paese il ministro della Difesa Crosetto si è detto nettamente contrario. Crosetto sostiene che una simile ipotesi mai comunque potrebbe riguardare le forze armate, \"che non possono essere pensate come un luogo per educare i giovani, cosa che deve essere fatta dalla famiglia e dalla scuola\".\r\nLe forze armate sono oggi costituite da professionisti altamente specializzati, necessari per le guerre ultratecnologiche che si combattono in ogni dove. La carne da cannone, quando servisse, la si addestrerebbe in fretta, reintroducendo la chiamata obbligatoria.\r\nIn realtà, al di là della propaganda elettorale che contrappone i due alleati in competizione, il compromesso tra le due posizioni è già contenuto nella proposta di Salvini, una proposta che mette a disposizione manodopera gratuita e, insieme, inserisce un nuovo modulo educativo improntato sulla disciplina militare. Facile immaginare uno spazio intermedio tra scuola/lavoro e naja. Un altro orizzonte di militarizzazione dei corpi e delle coscienze.\r\n\r\nContro la militarizzazione delle periferie\r\nBarriera di Milano, ormai da anni, è divenuta un laboratorio dove sperimentare tecniche di controllo sociale prima impensabili, pur di non spendere un soldo per la casa, la sanità, i trasporti, le scuole. In questi anni la spesa militare è costantemente aumentata, le missioni all’estero delle forze armate italiane si sono moltiplicate.\r\nIl governo e i fascisti soffiano sul fuoco della guerra tra poveri italiani e poveri immigrati, per avere mano libera a fare la guerra a noi tutti.\r\nNei quartieri poveri il controllo militare è diventato normale. Anzi! Ogni giorno è peggio.\r\nIntere aree del quartiere vengono messe sotto assedio, con continue retate di persone senza documenti o che vivono grazie ad un’economia informale.\r\nTorino da città dell’auto si sta trasformando in città dei bombardieri e vetrina per turisti.\r\nPresentazione dell’iniziativa antimilitarista che si è tenuta in Barriera il primo giugno.\r\n\r\nAppuntamenti: \r\n\r\nOgni martedì fai un salto da\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro \r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini! \r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti!\r\ndalle 18 alle 20 in corso Palermo 46\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20\r\nContatti:\r\nfai_torino@autistici.org\r\n@senzafrontiere.to/\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","3 Giugno 2024","2024-06-03 12:41:42","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/oops-715x480-1-200x110.jpg","Anarres del 31 maggio. La Repubblica in guerra. Acampade: riflessioni a margine. Naja obbligatoria? Militarizzazione delle periferie…",1717418502,[],[],{"post_content":275},{"matched_tokens":276,"snippet":277,"value":278},[179],"ricerca bellica dovrebbe avere l’obiettivo \u003Cmark>minimo\u003C/mark> della cancellazione di accordi di","ll podcast del nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete.\r\nDalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming.\r\n\r\nAscolta e diffondi l’audio della puntata:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/2024-05-31-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\n2 giugno. La Repubblica del militarismo e della guerra\r\nOgni 2 giugno la Repubblica celebra sé stessa con esibizioni militari, parate e commemorazioni. Una “festa” nazionalista e militarista.\r\nIl governo di estrema destra alimenta la retorica identitaria, i “sacri” confini, l’esaltazione della guerra.\r\nGuerre di portata planetaria ci stanno portando sull'orlo della terza guerra mondiale. La spirale pare inarrestabile: il conflitto Russia Ucraina rischia di deflagrare in tutta Europa.\r\nL'Italia è direttamente coinvolta con le proprie truppe e con il proprio apparato militare industriale. È in prima fila in conflitti in cui gioca in proprio e in varie alleanze a geografia variabile.\r\nUn processo di militarizzazione investe le nostre città, le nostre scuole, i principali mezzi di comunicazione e le istituzioni culturali.\r\nGuerra interna e guerra esterna sono le due facce della stessa medaglia, quella della guerra ai poveri per il controllo delle risorse, delle coscienze, delle vie di approvvigionamento e dei flussi informativi. \r\nIniziative di lotta in varie città\r\nFederico dell’assemblea antimilitarista ha presentato la giornata\r\n\r\nFermare le guerre. Una prima riflessione a margine delle acampade studentesche\r\nI movimenti che si sono sviluppati negli ultimi mesi soprattutto nelle università hanno il merito di aver colto il nesso fondamentale tra ricerca accademica ed industria bellica, in un intrecciarsi di interessi che pongono al centro la logica del dominio e quella del profitto, fuori e contro ogni supposta neutralità di un’indagine scientifica che si muove seguendo gli indirizzi dei committenti di turno. Hanno tuttavia un forte limite sia nella definizione degli obiettivi che nelle modalità nel perseguirli.\r\nL’enorme emozione che accompagna l’immane massacro con finalità genocide della popolazione gazawi, finisce con il porre in primo piano solo la critica e il boicottaggio verso lo Stato di Israele, dimenticando che il nostro paese (e le sue università) sono in prima fila in numerosi teatri di guerra, che restano sullo sfondo, avvolti in un oblio pericoloso, che rischia di renderci complici di infiniti orrori. Basti pensare all’Artsakh e al Sudan, due tra le tante guerre cui l’Italia ha contribuito direttamente, fornendo armi e addestratori nel silenzio dei più.\r\n\r\nUna critica reale delle collusioni tra Università e ricerca bellica dovrebbe avere l’obiettivo \u003Cmark>minimo\u003C/mark> della cancellazione di accordi di cooperazione con tutte le industrie belliche e tutti gli Stati in guerra. Una critica radicale si dovrebbe interrogare sul ruolo delle Università e sulla necessità di espropriazione permanente di ambiti di studio e ricerca al servizio dell’imperialismo e della logica capitalista. \r\n\r\nLe guerre moderne, non ultima quella cominciata il 7 ottobre tra Israele e Gaza, hanno come principali vittime le popolazioni civili, massacrate per fiaccare il nemico, per indurlo alla resa o alla fuga. \r\nOpporsi alla guerra senza opporsi al militarismo è una prospettiva miope, perché alimenta l’opinione che vi siano eserciti buoni. E non basta mettere la parola “resistenza” al posto di “esercito” per modificare il senso di guerre combattute per assicurarsi il controllo esclusivo di questa o quell’area geografica. Solo l’alleanza transnazionale degli oppressi e degli sfruttati spezza le frontiere, frantuma la logica statalista e patriottica, fa saltare il tappo identitario legato al luogo, alla religione, alla tradizione per aprire uno spazio simbolico e reale al non luogo, all’utopia, che non è l’irrealizzabile ma solo l’irrealizzato. \r\n\r\nVerso il ritorno della naja obbligatoria?\r\nNel nostro paese la naja obbligatoria non è mai stata abolita, perché la legge n. 226 del 23 agosto 2004 prevede solo la sospensione delle chiamate.\r\nIn qualsiasi momento il governo può decidere la riattivazione del servizio militare.\r\nIn Italia l’alfiere della proposta è la Lega di Salvini, che ha annunciato un progetto di legge che prevede la reintroduzione di «sei mesi di servizio civile o militare per i ragazzi tra i 18 e 26 anni, su base regionale e da svolgere esclusivamente in Italia». In base a questo progetto le ragazze, che non erano sottoposte all’obbligo, lo sarebbero al pari dei ragazzi.\r\nNei fatti questa leva in salsa leghista, su base regionale, sarebbe una sorta di servizio civile militarizzato. Salvini disegna un quadro di soldati impegnati in corsi di salvataggio, protezione civile, primo soccorso, protezione dei boschi e un gran numero di altre varie attività. \r\nNel nostro paese il ministro della Difesa Crosetto si è detto nettamente contrario. Crosetto sostiene che una simile ipotesi mai comunque potrebbe riguardare le forze armate, \"che non possono essere pensate come un luogo per educare i giovani, cosa che deve essere fatta dalla famiglia e dalla scuola\".\r\nLe forze armate sono oggi costituite da professionisti altamente specializzati, necessari per le guerre ultratecnologiche che si combattono in ogni dove. La carne da cannone, quando servisse, la si addestrerebbe in fretta, reintroducendo la chiamata obbligatoria.\r\nIn realtà, al di là della propaganda elettorale che contrappone i due alleati in competizione, il compromesso tra le due posizioni è già contenuto nella proposta di Salvini, una proposta che mette a disposizione manodopera gratuita e, insieme, inserisce un nuovo modulo educativo improntato sulla disciplina militare. Facile immaginare uno spazio intermedio tra scuola/lavoro e naja. Un altro orizzonte di militarizzazione dei corpi e delle coscienze.\r\n\r\nContro la militarizzazione delle periferie\r\nBarriera di Milano, ormai da anni, è divenuta un laboratorio dove sperimentare tecniche di controllo sociale prima impensabili, pur di non spendere un soldo per la casa, la sanità, i trasporti, le scuole. In questi anni la spesa militare è costantemente aumentata, le missioni all’estero delle forze armate italiane si sono moltiplicate.\r\nIl governo e i fascisti soffiano sul fuoco della guerra tra poveri italiani e poveri immigrati, per avere mano libera a fare la guerra a noi tutti.\r\nNei quartieri poveri il controllo militare è diventato normale. Anzi! Ogni giorno è peggio.\r\nIntere aree del quartiere vengono messe sotto assedio, con continue retate di persone senza documenti o che vivono grazie ad un’economia informale.\r\nTorino da città dell’auto si sta trasformando in città dei bombardieri e vetrina per turisti.\r\nPresentazione dell’iniziativa antimilitarista che si è tenuta in Barriera il primo giugno.\r\n\r\nAppuntamenti: \r\n\r\nOgni martedì fai un salto da\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro \r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini! \r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti!\r\ndalle 18 alle 20 in corso Palermo 46\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20\r\nContatti:\r\nfai_torino@autistici.org\r\n@senzafrontiere.to/\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org",[280],{"field":96,"matched_tokens":281,"snippet":277,"value":278},[179],{"best_field_score":187,"best_field_weight":188,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":39,"score":189,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":88},{"document":284,"highlight":297,"highlights":302,"text_match":185,"text_match_info":305},{"comment_count":39,"id":285,"is_sticky":39,"permalink":286,"podcastfilter":287,"post_author":288,"post_content":289,"post_date":290,"post_excerpt":45,"post_id":285,"post_modified":291,"post_thumbnail":292,"post_title":293,"post_type":172,"sort_by_date":294,"tag_links":295,"tags":296},"85487","http://radioblackout.org/podcast/frittura-mistaradio-fabbrica-28-11-2023/",[118],"fritturamista"," \r\n\r\nIl primo approfondimento della puntata lo abbiamo fatto in compagnia di Andrea Cegna del neonato Coordinamento Discontinuità, nuovo cappello nazionale che raccoglie diverse sigle di lavoratori e lavoratrici dello spettacolo. Partiamo proprio dal farci raccontare la genesi di questo coordinamento e le novità uscite dall'assemblea nazionale on-line che si è svolta lunedì 27 Novembre, per poi tornare sul provvedimento tanto contestato dell'indennittà di discontinuità, approvato in via definitiva dal consigli dei ministri il pomeriggio stesso. Una vera pugnalata a questa categoria, vittima, per questa legislatura, di trovarsi in mezzo ad una diatriba tutta politica che ha sancito questa insensata forma di welfare.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/F_m_28_11_Andrea-Cegna-su-assemblea-coordinamento-discontinuita-maestranze-spettacolo.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nIl secondo argomento è stato quello della serie di scandali legati alla produzione e anche la distribuzione, del film \"Roma Nuda\". Una produzione a cura di Massimiliano Caroletti a dir poco roccambolesca, con chi ci ha lavorato che non è stato pagato per mesi, dopodichè la palla passa ad Adriano Panzironi che rileva il debito precedente per continuare le riprese del film, ma che di fatto non paga neanche lui. Si apre una vertenza sindacale con SLC CGIL che evidentemente inchioda i produttori alle loro responsabilità, ma evidentemente non in maniera efficace, visto che ad oggi, dopo più di 10 anni dall'inizio della lavorazione del film, quasi tutti non hanno ancora ricevuto i loro compensi. Ciliegina sulla torta l'ipocrisia di chi dirige il Torino Film Festival, che accetta Roma Nuda nella sua programmazione, e alle richieste di cancellazione della pellicola dal palinsesto risponde che gli aspetti legali legati al film non sono un discrimine per la diffusione di un film. Fortunatamente la pellicola viene di fatto ritirata dal festival, perchè? Abbiamo intervistato Valentina, truccatrice per Roma Nuda, che ci racconta questi dettagli e tanti altri retroscena legati a questa lunga e complicata vicenda.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/F_m_28_11_Truccatrice-film-Roma-nuda-racconta-vicende-e-scandali-riguardo-al-film.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nIl terzo approfondimento della puntata lo abbiamo fatto in compagnia di Andrea Porpiglia, RSU per USB della GTT, riguardo allo sciopero negato del trasporto pubblico locale dal famigerato Ministro Salvini, ecco qualche stralcio dai comunicati del sindacato di base:\r\n\r\n\"[..]La precettazione da parte del Ministro dei Trasporti Salvini dello sciopero nazionale del TPL di 24 ore, regolarmente indetto dalle sigle dei sindacati di base, altamente rappresentativi nel settore, è tutt’altro che inaspettata. Ciò, però, non toglie la gravità di quanto deciso da Salvini, interprete da padrone delle ferriere dell’art.8 della L.146/90.\r\n\r\nLe motivazioni addotte da Salvini per giustificare l’intervento di riduzione della astensione dal lavoro in programma, un potere del Ministro che la legge prevede solo per situazioni eccezionali, sono invece ridicole e suonano come un vero e proprio oltraggio all’esercizio di un diritto costituzionale. Va sottolineato come questo sciopero sia stato indetto più di un mese fa, prima persino di quello di Cigl e Uil, nel pieno rispetto delle più restrittive norme in Europa per l’effettuazione di uno sciopero. Significativo a tale proposito il fatto che la Commissione di Garanzia non ha mosso il benché minimo rilievo alla proclamazione dello sciopero del TPL del 27.11.2023. [..] Per questo motivo, le scriventi Organizzazioni Sindacali hanno deciso unitariamente di RIFIUTARE la riduzione e di SPOSTARE lo sciopero nazionale di 24 ore di tutto il trasporto pubblico locale al 15 dicembre prossimo, sfidando il Ministro Salvini sul terreno dei diritti costituzionali, oltre che nel merito delle questioni poste dalle istanze dei lavoratori, ignorate dalle controparti datoriali e dal responsabile del dicastero dei trasporti.[..]\"\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/F_m_28_11_Andrea-Porpiglia-RSU-GTT-su-sciopero-trasporti-e-relativi-ostacoli-posti-dal-ministro-Salvini.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]","2 Dicembre 2023","2023-12-02 12:06:57","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/Eva-Henger-Giuseppe-Ferrara-Laura-Harring-200x110.jpg","frittura mista|radio fabbrica 28/11/2023",1701518781,[],[],{"post_content":298},{"matched_tokens":299,"snippet":300,"value":301},[179],"non ha mosso il benché \u003Cmark>minimo\u003C/mark> rilievo alla proclamazione dello sciopero"," \r\n\r\nIl primo approfondimento della puntata lo abbiamo fatto in compagnia di Andrea Cegna del neonato Coordinamento Discontinuità, nuovo cappello nazionale che raccoglie diverse sigle di lavoratori e lavoratrici dello spettacolo. 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