","La guerra in casa, il corteo No MUOS a Niscemi","post",1349354864,[58,59,60,61],"http://radioblackout.org/tag/antimilitarismo/","http://radioblackout.org/tag/basi-usa/","http://radioblackout.org/tag/muos/","http://radioblackout.org/tag/niscemi/",[12,23,15,63],"niscemi",{"post_content":65},{"matched_tokens":66,"snippet":69,"value":70},[67,68],"onde","nuove","di comunicazioni satellitari basato su \u003Cmark>onde\u003C/mark> ad altissima frequenza, è il perno delle \u003Cmark>nuove\u003C/mark> guerre americane; quando entrerà in","Il 6 ottobre si svolgerà a Niscemi una manifestazione antimilitarista contro il Muos, un sistema di comunicazioni satellitari basato su \u003Cmark>onde\u003C/mark> ad altissima frequenza, che qunado entrerà in funzione diverrà il perno delle \u003Cmark>nuove\u003C/mark> guerre degli Stati Uniti.\r\nContro quest'ennesima installazione bellica in Sicilia, sempre più portaerei per le guerre di oggi e di domani, sta crescendo la lotta dei comitati di cittadini, che sempre più numerosi si battono contro il Muos. All'inizio di settembre un gruppo di attivisti ha provato a contrastare attivamente i lavori nella sughereta di Niscemi: 17 sono stati denunciati per quest'azione.\r\nLa manifestazione di sabato 6 ottobre dovrebbe costituire una sorta di prova del fuoco per un movimento popolare che sta crescendo. In contemporanea si svolgerà un corteo in Australia, dove è in costruzione una installazione simile.\r\nNe abbiamo parlato con Pippo Gurrieri, di cui riportiamo sotto un articolo uscito sul settimanale Umanità Nova.\r\n\r\nAscolta l'intervista: [audio mp3=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/10/No-nuos.mp3\"]\r\n\r\nScarica l'audio\r\n\r\nLa militarizzazione della Sicilia, dalla fine ufficiale della guerra fredda, non solo non è diminuita, ma ha interessato nuovi territori, adeguandosi alle più moderne strategie belliche statunitensi. Lo smantellamento della base missilistica costruita nell’area dell’ex aeroporto Magliocco di Comiso, alla fine degli anni ottanta, non fu il trionfo della pace sui venti di guerra, ma l’inizio di una nuova e più pericolosa fase in cui l’unica superpotenza rimasta ha rimodulato i suoi progetti di accaparramento violento delle risorse altrui (Iraq, Afganistan, ecc.), e di fronteggiamento della Cina, super potenza emergente, oggi probabilmente più forte dell’Amerika.\r\n\r\nIn questi piani le basi americane in Sicilia sono state rafforzate e hanno accolto truppe, mezzi e ruoli un tempo di altri siti del Centro e del Nord Europa.\r\n\r\nLe \u003Cmark>nuove\u003C/mark> guerre che gli Stati Uniti si apprestano a combattere, sono altamente tecnologizzate e permettono di dispiegare armi sempre più efficaci e micidiali, il cui impiego rende l’armata americana quasi invincibile. Le guerre le faranno aerei senza pilota, missili a gettata intercontinentale, sistemi satellitari; provocheranno tanti morti in campo “nemico”, specie tra i civili, ma negli USA non rientreranno più militari dentro bare coperte dalla bandiera a stelle e strisce; il Pentagono annullerà così uno degli effetti negativi che ne hanno condizionato le politiche di aggressione; la guerra scomparirà dalla vista degli americani e sarà solo una “war game” per operatori di computer.\r\n\r\nLa costruzione della base MUOS (Mobile User Object System) di Niscemi, in provincia di Caltanissetta, a ridosso di Gela, rappresenta un tassello di queste scelte; sono quattro le basi MUOS nel pianeta: Australia, Hawaii, Virginia e Sicilia; le prime tre in aree desertiche, la quarta in Sicilia, a 2 km da una cittadina di 30 mila abitanti, e per di più all’interno di un sito di interesse comunitario: la Sughereta di Niscemi. Il MUOS, sistema di comunicazioni satellitari basato su \u003Cmark>onde\u003C/mark> ad altissima frequenza, è il perno delle \u003Cmark>nuove\u003C/mark> guerre americane; quando entrerà in funzione (attorno al 2015), tutte le forze armate USA di terra, di cielo, di mare e sottomarine, ovunque stanziate, potranno essere messe in allerta e in azione simultaneamente; dal MUOS dipenderà il funzionamento dei droni (gli aerei senza pilota) già sperimentati con “successo” durante la guerra di Libia, di cui la base di Sigonella è diventata la capitale mondiale. “Sciami” di droni dalla Sicilia partiranno per bombardare qualsiasi zona del Mondo. Sigonella e Niscemi, dunque, ma anche Trapani Birgi, sono il futuro teatro delle operazioni militari USA. Gli aeroporti civili di Trapani e Catania Fontanarossa già adesso subiscono blocchi improvvisi per gli atterraggi dei droni, che hanno priorità sui voli civili.\r\n\r\nIl MUOS è quindi un tassello d’importanza mondiale nella strategia della nuova guerra americana; non può essere guardato come un problema dei niscemesi o al massimo dei siciliani. Sarà pericoloso sin da quando entrerà in funzione poiché le sue emissioni elettromagnetiche interferiranno con ogni tipo di apparecchiatura elettronica nel raggio d decine di km; inoltre il suo fascio di \u003Cmark>onde\u003C/mark> metterà fuori uso qualsiasi cosa incontri, tanto è vero che da Sigonella, dove inizialmente doveva essere installalto, è stato spostato a Niscemi, a 60 km circa: le apparecchiature della base e quelle degli stessi aerei militari avrebbero corso seri rischi. Tutt’intorno, per un raggio di 120 km, la vita delle persone ne sarà compromessa, in maniera particolare quella dei bambini e degli anziani: tumari al cervello, leucemie, glaucoma, distacchi della retina, malformazioni genetiche, problemi alla fertilità e alla libido, disturbi nervosi; l’ambiente ne sarà intaccato in maniera irreversibile. Tanto più che già l’attuale base americana NRTF (Naval Radio Transmitter Facility) per le comunicazioni radio con arei e satelliti e con i sommergibili a propulsione nucleare, costruita all’interno della Sughereta nel 1991, produce emissioni di \u003Cmark>onde\u003C/mark> ad altissima e a bassissima frequenza in quantità fortemente inquinanti, e i danni provocati alla salute dei niscemesi, che ne sono più esposti, sono ingenti, per quanto mescolati con quelli dell’inquinamento del vicino Petrolchimico di Gela e non adeguatamente monitorati.\r\n\r\nCi troviamo di fronte a un’impennata della militarizzazione dalla portata eccezionale; tutte le altre basi in Sicilia e nelle isole minori vengono potenziate, mentre a Messina, nel cuore dello Stretto, lo storico Arsenale militare è destinato a divenire il Centro di eccellenza per la “demilitarizzazione e lo smaltimento” delle unità navali dell’Alleanza Atlantica fino a duemila tonnellate (il cosiddetto “naviglio sottile”); con annessa area di stoccaggio dove verranno assemblati agenti inquinanti e cancerogeni, rifiuti tossici e speciali e soprattutto un’enorme quantità di amianto da maneggiare, trattare e “bonificare” a due passi dal centro urbano.\r\n\r\nIn tutto questo si muovono le ditte legate alla mafia, le prime ad essere interessate a garantire l’ordine e la regolarità dei lavori ai committenti americani, come la Calcestruzzi di Niscemi, che da quanto il governo MPA-PD della regione ha concesso il nulla osta alla costruzione del MUOS (giugno 2011), ha fatto lavorare notte e giorno i propri dipendenti per completare l’impianto e la posa in opera delle parabole in tempi record, naturalmente dopo aver spianato una collina nell’area protetta della Sughereta.\r\n\r\nLa Sicilia continua ad essere occupata dall’esercito amerikano, ipotecata dalle strategie del Pentagono, proiettata nelle guerre del futuro come avamposto dei sistemi d’arma di ultima generazione e ovviamente obiettivo molto sensibile per qualsiasi tipo di ritorsione.\r\n\r\nPer questo noi anarchici riteniamo importante riprendere la parola d’ordine di Mirikani Jativinni, che fu la nostra bandiera durante la lotta contro la costruzione della base missilistica di Comiso, e quindi, oggi più che mai occorre gridare No al MUOS! Mirkani jativinni! Oggi più che mai bisogna travolgere con un movimento di protesta sempre più forte, non solo i militari amerikani, ma tutti i servi politici e i complici che gli hanno permesso e gli permettono di fare i loro porci comodi, a partire dal governatore Raffaele Lombardo, passando per il PD che adesso cerca di cavalcare la battaglia contro il MUOS, mentre un anno fa ne avallava la costruzione, e che per anni ha finto di non vedere e non sentire, sia quando Berlusconi (2005) ha dato il “permesso” agli USA di costruire il MUOS, sia quando il governo Prodi (2006) glielo ha confermato.\r\n\r\nE’ in atto in molte province una forte campagna di sensibilizzazione che ha squarciato il velo dell’omertà e del silenzio, ma soprattutto della delega. Sono sorti decine di comitati NO MUOS lungo l’asse sud orientale dell’isola, e si vanno estendendo in altre zone del centro e dell’est; sono realtà eterogenee tra di loro e al loro interno, però in questa fase assolvono al compito importantissimo di far conoscere cos’è il MUOS, organizzando centinaia di banchetti di propaganda e raccolta firme, decine di conferenze, manifestazioni, presidi, grazie ai quali l’opinione pubblica è sempre più informata ed il consenso alla lotta contro il MUOStro è salito in maniera significativa. Sta crescendo così, accanto alla “vecchia” generazione di Comiso che si è battuta contro i missili, contro gli interventi militari in Iraq, per la smilitarizzazione di Sigonella, una nuova generazione dalle forti sensibilità ambientaliste, che man mano prende atto del contesto di guerra in cui la vicenda MUOS ci proietta, e che si rende conto, al di là dei metodi spesso contraddittori ed ingenui che una parte porta avanti (percorsi legalitari dietro sindaci e deputati, credere veramente nel “potere” di centomila firme raccolte, fiducia eccessiva nelle battaglie simboliche), che il MUOS vada bloccato, e comunque vada fatto smantellare, assieme alla base NRTF e a tutte le basi amerikane in Sicilia. Dalla preoccupazione per la salute e per l’ambiente è passata alla richiesta di un Mediterraneo mare di pace e ha intrapreso una dinamica di attivismo autonoma dai partiti. Così, mentre da una parte si è pronti a passare alla seconda fase della mobilitazione, quella dei presidi alla Sughereta, delle azioni dirette a scopo dimostrativo, delle azioni di disturbo verso i militari italiani e amerikani, in altre parti si prosegue con la costituzione delle realtà di base e della sensibilizzazione primaria. Ma non è più rinviabile il tentativo di fare assumere una centralità nazionale alla lotta contro il MUOS, impegno verso il quale noi anarchici dobbiamo dare il massimo per lasciare una forte impronta antimilitarista. Le premesse ci sono tutte perché quella contro il MUOS divenga presto una lotta popolare estesa e travolgente.\r\nPippo Gurrieri",[72],{"field":73,"matched_tokens":74,"snippet":69,"value":70},"post_content",[67,68],1157451470501576700,{"best_field_score":77,"best_field_weight":78,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":44,"score":79,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":44},"2211897409536",14,"1157451470501576817",{"document":81,"highlight":132,"highlights":141,"text_match":147,"text_match_info":148},{"cat_link":82,"category":83,"comment_count":44,"id":84,"is_sticky":44,"permalink":85,"post_author":47,"post_content":86,"post_date":87,"post_excerpt":88,"post_id":84,"post_modified":89,"post_thumbnail":90,"post_thumbnail_html":91,"post_title":92,"post_type":55,"sort_by_date":93,"tag_links":94,"tags":113},[41],[43],"69034","http://radioblackout.org/2021/05/onde-indopacifiche-19/","https://www.youtube.com/watch?v=p0ZoBoAezak\r\nPreludio alla creazione di un medioevo birmano, fatto di \"principati\" controllati etnicamente... o da narcomilizie?\r\nPiù nessuna tentazione modernista come i pericolosi social, tutto sarà sotto controllo e imbalsamato per la gioia di turisti d'accatto e affaristi che potranno riprendere a fare affari attraversando un territorio la cui vocazione è da sempre fare cerniera tra il mondo cinese e il golfo del Bengala.\r\nVero è che i militari non hanno considerato che – appunto – non si è più nel 1988 e con la diffusione dell'informazione attuale dovevano aspettarsi che ci sarebbe stata una rivolta unanime e capace di farsi sentire anche all'estero, tanto che è paradossale come l'assenza di inchiostro possa mettere in ginocchio un'economia che all'asfissia – e incapace di pagare la truppa – vorrebbe rispondere stampando moneta, ma non ha l'inchiostro per farlo... e questo funziona più di molti embarghi globali.\r\nNasce una forza armata del governo ombra che dovrebbe ergersi a difesa del popolo birmano: a parte la disparità delle forze, anche considerando tutti gli eserciti etnici, che ora sembrano diventati il sogno del mondo occidentale che non si rende conto delle rivalità, degli interessi divergenti e della mentalità diversa, bisogna comunque considerare l'importanza della Cina nella regione, che è l'unica vera potenza della regione e perciò non trae vantaggio da queste tensioni che possono ostacolare gli affari (petrolio off shore lavorato da Total, a cui si accede pagando il pizzo ai generali, come si legge nell'articolo di Marina Forti, tratto da \"terraterra\"), anzi aveva siglato decine di importanti contratti, primo dei quali quello del porto di Kyaukpyu, terminale di pipeline e possibile porto militare per sottomarini nucleari cinesi... L'unica potenza che può ottenere nuove prese di posizione è la Russia, che infatti sostiene anche pubblicamente Tatmadaw, che ha una potenza enorme e pronto a fare stragi. Max Morello è molto scettico che si possa trovare una sintesi nelle migliaia di sigle e associazioni diverse; dal suo osservatorio la sensazione è che ciascuno stia cercando una visibilità, un modo per trovare un ruolo spendibile, uno strapuntino vicino a una forma di potere. E che Aung San Suu Kyi venga relegata ai domiciliari o in esilio, ormai senza alcun ruolo, delegittimata dall'Occidente soprattutto usando la leva rohingya e così tutto è stato sbilanciato verso la Cina.\r\nCambia un po' nelle zone etniche il divario di forze rispetto alle città: karen, wa, shan, kachin hanno esercite, non milizie smadrappate. I karen hanno anche conquistato postazioni di Tatmadaw e potrebbero riuscire a mantenere il controllo di quelli che si possono considerare loro territori. Ancora maggiori possibilità possono avere wa e shan, che hanno alle spalle i cinesi. Ma chi comanda realmente in una sorta di cln fatto da narcotrafficanti, contrabbandieri... comunque sottomessi agli interessi cinesi fatti di giada, terre rare, petrolio?\r\nAung San Suu Kyi è anziana non ha lasciato spazio ai giovani e non si era abbastanza spesa – per gli organi occidentali – per quei rohingya che ora sono ancora più perseguitati, dunque è destinata ad essere accantonata; e far spazio a una Birmania destinata a tornare a essere com'era. 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E oltretutto sarebbe anche rischioso tirare la corda in un contesto simile, che potrebbe portare a un conflitto nucleare. ☢️\r\nLa corposa puntata prosegue prendendo in considerazione gli accordi sfumati – sospesi, per ora, ma in pratica accantonati – tra Cina e parlamento europeo che avviene quasi contemporaneamente alla stigmatizzazione da parte dei G7 del comportamento (non definito però \"genocidio\") han nello Xinjiang; ma l'Europa deve fare i conti con quei prodotti per i quali è dipendente dalla produzione straniera, per metà di queste 5500 merci d'importazione (semiconduttori, farmaci, tecnologie per la transizione ecologica) la provenienza è cinese e dunque è stata definita una priorità la diversificazione della loro provenienza. Tutti segnali espliciti della accelerazione della scelta di campo europea. Un fenomeno di cui si occupa Sabrina Moles in finale di puntata è la diminuzione di migranti interni alla Cina, che sarebbero 500 milioni in meno verso la costa del Pacifico rispetto a prima della crisi, con un riflusso verso l'Ovest del paese.\r\nInfine ci sono stati gli scontri, quasi \"medievali\" anche questi per modalità, motivazioni e intrecci tribali di territori contesi, che hanno avuto una fiammata di una settimana al confine molto poroso tra Tagikistan e Kirghizistan, in particolare nei pressi dell'enclave di Vorukh nella regione di Batken. 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Prima di essere uno strumento di verifica del green pass, i QR-code si situano nella lunga storia dell'industrializzazione, dei flussi commerciali globalizzati e soprattutto del loro controllo, che a sua volta risponde ai mutamenti del capitalismo nel suo insieme.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/qrcodedef.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito la traduzione del testo\r\n\r\nIl QR-Code è diventato uno dei simboli del mondo smart. Dal lasciapassare sanitario ai cartelloni pubblicitari, passando per i menù dei ristoranti e i cartelli espositivi, la stessa banalità del suo utilizzo riflette l'influenza esercitata dalle tecnologie digitali. Un quadrato di superfici nere su sfondo bianco, incorniciato da tre quadrati neri, il “codice di risposta rapida” [QR] differisce dal codice a barre per le sue due dimensioni ed è più simile al microchip RFID per i pagamenti contactless. La sua storia, che questo testo si propone di ripercorrere, è inseparabile da quella del codice a barre. Fa parte della grande storia delle relazioni tra informatica e industria, che determina il ruolo crescente dell'identificazione informatica nella circolazione delle merci e delle persone. Fabbriche, logistica e banche dati sono i protagonisti della prodigiosa espansione dell'IT dall'inizio degli anni '70 agli anni '80 fino ad oggi.\r\n\r\n \r\n\r\n \t L'INVENZIONE E L'ESTENSIONE DEL CODICE A BARRE.\r\n\r\n \r\n\r\n\"Vuole dire che c'era una volta un mondo senza codici a barre? \"\r\n\r\n \r\n\r\nNella loro storia dell'informatica \"ubiqua\", Geneviève Bell e Paul Dourish parlano di \"domani di ieri\" per definire il modo in cui l'attenzione alle promesse magniloquenti delle tecnologie future tenda a mascherare l’influenza di quelle che sono già esistenti. Certo, il QR-Code è più prosaico dei sogni di un mondo interattivo promesso da Mark Weiser, o del metaverso annunciato da Mark Zuckerberg. Tuttavia, è proprio l'apparente semplicità di questa tecnologia e il fatto che sia a portata di mano che le consente di \"mimetizzarsi con lo sfondo a una velocità sorprendente\". In un certo senso, un codice a barre o un QR-code funzionano come un'infrastruttura: qualcosa di impercettibile nella maggior parte dei casi, da cui dipendiamo senza pensarci e che ci autorizza a fare qualcosa, determinando la forma delle azioni e usi che rende possibile. Se nulla sembra più banale del codice a barre che compare su quasi tutti i beni del mondo, l'introduzione di questa rappresentazione di un dato numerico o alfanumerico, sotto forma di un'alternanza di barre e spazi il cui spessore è variabile è stata determinante nell'accelerare l'informatizzazione.\r\n\r\n \r\n\r\nPrima dei codici a barre, non esistevano sistemi per acquisire automaticamente le informazioni sui prodotti venduti. I cassieri inserivano manualmente il prezzo di ogni prodotto venduto su registratori di cassa meccanici, prezzo che dovevano conoscere a memoria o etichettare manualmente. A loro volta, i gestori dei negozi dovevano valutare e monitorare costantemente la fornitura degli scaffali senza dati accessibili prodotto per prodotto. Nel 1952, due ingegneri, Bernard Silver e Norman Joseph Woodland (già assistente nell'ambito del progetto Manhattan che sviluppò la bomba atomica), si ispirarono al codice Morse per risolvere questo problema: punti e barre che si susseguono per trasmettere un informazione. Hanno così inventato il codice a barre, ovvero un codice in grado di fungere da mediazione tra la materialità di un oggetto e la sua identità virtuale collocata in un database digitale. Esso crea un collegamento tra il digitale e il fisico, tra l'informatica e la circolazione delle merci.\r\n\r\n \r\n\r\nAll'epoca, tuttavia, il loro codice richiedeva una lampada a incandescenza da 500 watt per essere decifrato. Essa riscaldava molto intensamente, a volte bruciava la carta come la pupilla umana, ben lontana dalle tecnologie intelligenti. La decodificazione richiedeva anche un notevole equipaggiamento materiale di computazione esteso, che era impossibile distribuire in modo massiccio ed economico. La loro invenzione rimase quindi inizialmente senza sbocco, ma depositarono il brevetto subito acquistato dalla Radio Corporation of America (RCA). Proprio come un'auto non va da nessuna parte senza l'infrastruttura stradale di accompagnamento, un oggetto tecnico esiste solo con il proprio ambiente associato, che lo condiziona e che esso condiziona a sua volta. \r\n\r\nCi vorranno altri vent'anni e nuove innovazioni perché il codice a barre diventi effettivo.\r\n\r\n \r\n\r\nNel maggio del 1960, Theodore Maiman inventa il laser, acronimo di \"amplificazione della luce mediante emissione stimolata della radiazione\", che consente un'emissione luminosa coerente e direzionale. Questa luce rossa, che conosciamo dai lettori, si associa rapidamente ai codici a barre. Nel decennio successivo, la RCA porta avanti la ricerca per automatizzare e velocizzare le casse nei negozi di alimentari. Allo stesso tempo, altri laboratori effettuano ricerche simili per monitorare la circolazione dei treni merci. A Cincinnati, il 3 luglio 1972, cioè vent'anni dopo l'invenzione di Woodland and Silver, in un Kroger Kenwood Plaza viene testato per 18 mesi un codice a barre circolare: l'esperimento mira a confrontare il volume delle vendite con altri negozi dello stesso marchio. Mentre i risultati sono convincenti in termini di risparmio di tempo, la materialità del codice pone notevoli problemi: il cerchio scelto è grande, si stampa con difficoltà, l'inchiostro scorre e rende illeggibile il codice a barre. Georges Laurer, ingegnere in IBM, trova la soluzione adottando una forma rettangolare, leggibile anche da laser scanner. Il primo test di questo nuovo codice a barre ha luogo a Troy, Ohio, il 26 giugno 1974, ed ha riguardato una scatola di gomme da masticare. Tutti questi test beneficiano di un'altra invenzione decisiva, all’epoca in piena espansione: i circuiti stampati, fondamento di tutti i microcomputer. Questi circuiti permettono di immaginare di implementare sistemi informatici in tutti i punti vendita. È stato comunque necessario contare su milioni di dollari di investimenti in apparecchiature di lettura e in un centro di elaborazione dei dati raccolti.\r\n\r\n \r\n\r\nGli industriali temono quindi fortemente una situazione in cui ogni negozio scelga il proprio modello di codice. Organizzeranno quindi immediatamente la costituzione di un modello unico e la sua imposizione dalla fabbrica per rimborsare i loro investimenti mantenendo il controllo sul formato dei codici. Georges Laurer imporrà a questo scopo lo standard Universal Product Code (UPC) prima di aggiornarlo a un codice a barre EAN, due standard internazionali ancora oggi in vigore e ampiamente utilizzati. Tra il 1972 e la fine degli anni '80 sono stati imposti codici a barre standardizzati su tutte le merci del mondo. Questa è una delle caratteristiche essenziali del successo delle tecnologie informatiche: la loro standardizzazione che ne struttura le possibilità di aggregazione e di utilizzo. La formalizzazione e l'unicità del codice a barre ne hanno permesso la generalizzazione, così come il protocollo TCP/IP governa oggi Internet.\r\n\r\n \r\n\r\nIl codice a barre è un doppio jackpot economico non appena tutte le condizioni sono soddisfatte. Accelera fino ad oggi tutti i passaggi di cassa e l'inventario delle scaffalature, aumentando la produttività del lavoro. Soprattutto, permette di estrarre automaticamente le informazioni sui beni venduti o meno. I dati raccolti stimoleranno e confluiranno poi in indagini di mercato, gusti e preferenze dei consumatori. Queste indagini serviranno poi a guidare, in cambio, le decisioni a livello di produzione industriale. Inizialmente, i codici a barre hanno solo accelerato il passaggio in cassa, poiché pochi prodotti arrivavano già etichettati. Non appena questo è stato sistemato in anticipo, i dati estratti dalla lettura del codice a barre inaugureranno la gestione dell'inventario su larga scala. L'analisi non viene più effettuata in ogni punto vendita dai gestori locali, la “mano visibile” dell'economia, ma viene ricollocata in banche dati di proprietà del management. Esse sono staccate dalla loro posizione geografica per essere elaborate e analizzate confrontando i risultati di più negozi, per ora, giorno, posizione, ecc., proprio come i volumi di big data odierni. I gestori dei punti vendita diventano semplici esecutori, invitati a convertirsi in entusiastici team building dei dipendenti o a rafforzare la “esperienza del cliente\". Questo processo richiederà diversi anni e dipenderà in particolare da quando i codici a barre verranno stampati sui prodotti già dalla loro fabbricazione in fabbrica. Non appena questa soglia viene raggiunta, i codici a barre diventano onnipresenti.\r\n\r\n \r\n\r\nL'esempio del codice a barre mostra come l'informatica coinvolga grandi numeri (la popolazione) e calcoli statistici su larga scala per stabilire confronti, ricorrenze e modelli. Anche l’”intelligenza\" delle circolazioni - l'equilibrio tra la distribuzione delle apparecchiature materiali e la centralizzazione dell'elaborazione virtuale dei dati - è fin dall'inizio monopolizzata dal management, così come oggi alcuni colossi di Internet concentrano la maggiorparte del traffico dati. L'introduzione del codice a barre consentirà, ad esempio, di modificare automaticamente i prezzi o di aumentare i “saldi\" su larga scala e indipendentemente dalle decisioni locali. Il codice a barre è inoltre accompagnato dallo scontrino, che indica il nome dei prodotti e il prezzo pagato per ciascuna merce, aprendo la possibilità di confronti da parte dei clienti, anticipati e tenuti in considerazione dalle imprese. Inizialmente, e a differenza del QR-code, i dati registrati dal codice a barre non sono individualizzati. Ciò avverrà progressivamente, in particolare attraverso lo sviluppo di carte fedeltà che consentiranno di affinare le analisi con dati collegabili a singoli clienti. Fedeltà, profili e tracciabilità appartengono alla stessa logica. Schematicamente, possiamo dire che nell'era analogica e le sue casse meccaniche, i dipendenti dovevano personalizzare il servizio per soddisfare ogni individuo. Con il digitale e le sue casse automatiche, la personalizzazione alimenta da subito la soddisfazione delle masse, seguendo la stessa logica degli algoritmi di Facebook oggi.\r\n\r\n \r\n\r\nIl codice a barre ha quindi avuto un ruolo determinante nella costruzione dell'unità di un processo, dalla produzione alla circolazione fino alla vendita delle merci. Se tale unità esisteva prima, è l'informatizzazione che ne ha garantito la leggibilità e ne ha fatto una fonte di profitto, costruendo una capacità di adattamento e modifica senza precedenti. Una breve deviazione attraverso l'industria automobilistica da Ford a Toyota illumina un altro passo in questo processo. Fu nel 1994, in una filiale della Toyota, che venne inventato il QR-Code per scopi logistici.\r\n\r\n \r\n\r\n \t DAL FORDISMO ALLA RIVOLUZIONE LOGISTICA.\r\n\r\n \r\n\r\n\"Tutti si sforzano di rimuovere la necessità di abilità in tutti i lavori della forza lavoro\" (Henry Ford, la mia vita, il mio lavoro)\r\n\r\n \r\n\r\nPochi industriali hanno avuto tanto impatto contro il movimento operaio quanto Henry Ford e le sue fabbriche di automobili. Henry Ford (1863-1947) fu il primo ad applicare su larga scala i principi di \"organizzazione scientifica del lavoro\" definiti dall'ingegnere Frederick W. Taylor (1856-1915). Quest'ultimo dedicò tutta la sua vita a ridefinire l'organizzazione del lavoro al fine di annientare l'\"indugio\" operaio e neutralizzare il relativo controllo che l'operaio professionista aveva ancora sul suo lavoro. L'organizzazione scientifica del lavoro è la controinsurrezione in marcia contro tutto il potere operaio. Frederick W. Taylor, che parlerà direttamente con Henry Ford, è l'artigiano del lavoro in catena di montaggio come modo di frammentare e despecializzare i compiti, di cronometrare ogni azione e quindi di imporre un ritmo debitamente pianificato dai quadri ingegneri. Il \"mestiere\" non solo viene aggirato dalla macchina, ma viene esso stesso distrutto come tale dall'organizzazione della fabbrica. Henry Ford applicando questi principi inaugura la produzione e il consumo di massa.\r\n\r\n \r\n\r\nL'alleanza tra la frammentazione del lavoro in catena di montaggio e la concentrazione nelle grandi fabbriche favorisce le economie di scala che consentono di produrre automobili in quantità massicce a prezzi bassi. Vengono prodotti pochi modelli all'anno, contraddistinti da alcuni dettagli in base alla categoria sociale destinataria. Quando lasciano le fabbriche, le auto vengono inviate ai concessionari che sono poi responsabili della vendita dei prodotti, anche se ciò significa conservarli in attesa che le vendite diminuiscano. In questo sistema fordista i prodotti sono pressoché identici e progettati secondo le principali macrocategorie statistiche (uomo, donna, famiglia dirigenti, ecc.). La loro distribuzione è accompagnata da logiche di pianificazione economica su larga scala.\r\n\r\n \r\n\r\n“Vale la pena ripeterlo, la domanda è: cosa fare per aumentare la produttività quando le quantità non aumentano? (Taiichi Ohno, Il sistema Toyota, p.27.)\r\n\r\n \r\n\r\nLe crisi petrolifere e il calo della crescita minano il compromesso fordista. Politicamente, il lungo maggio che si insinua negli stabilimenti Fiat in Italia e in molti stabilimenti nel mondo, tra cui Ford a Detroit, minaccia il predominio del lavoro in catena di montaggio. I capitalisti e gli industriali attuano una vasta controinsurrezione, in parte inventata in Giappone nell'organizzazione industriale delle fabbriche Toyota dall'ingegnere Taiichi Ohno, un altro grande maestro dell'organizzazione scientifica del lavoro. A differenza del modello fordista, la catena di montaggio si trasforma in unità di piccole squadre con compiti distinti ma flessibili. Il \"toyotismo\" cercherà di produrre in serie limitata prodotti differenziati e vari. L'approccio avviato da Ohno si basa su una specializzazione flessibile (cioè adattabile e modificabile) piuttosto che su grandi economie di scala. Inoltre, il controllo qualità viene effettuato su ogni parte della macchina e continuamente da un capo all'altro della catena. I suoi attori devono essere integrati nel processo, dovendo convalidare ogni passaggio mentre sono costantemente monitorati, in modo che qualsiasi errore sia localizzato, identificato e sanzionato.\r\n\r\n \r\n\r\nIl cuore di questo metodo, il suo principio fondamentale, è secondo Ohno \"produrre proprio ciò che è necessario e farlo appena in tempo\". Il metodo Toyota è la produzione a stock zero: l'invenzione della produzione just-in-time. Tuttavia, zero stock è solo un risultato del metodo senza essere il suo obiettivo in sé. Un eccesso di prodotti o di invenduti è per Ohno solo l'indice di un problema, un errore da correggere a fronte del quale va rivista tutta la filiera, anche se significa cambiare la merce prodotta a fine linea secondo la domanda. In questo sistema, orientato al \"just in time\", la produzione industriale e la sua distribuzione presuppongono un coordinamento costante dal capo delle imprese a tutti i subappaltatori, dai fornitori a monte della catena ai rivenditori dall'altra parte. La divisione in piccole squadre della catena di montaggio si tradurrà all'esterno della fabbrica nel ricorso a subappaltatori, soggetti come gli operai Toyota alla stessa pressione di qualità e rapidità di risposta agli ordini. L'organizzazione del lavoro si dà delle capacità di adattamento alle fluttuazioni dei mercati economici e alle loro incertezze. La pressione al lavoro, come evidenziato ad esempio dal libro di Kamata Satoshi \"Toyota, la fabbrica della disperazione\", è ancora grande, ma questi principi fondamentali di funzionamento sono cambiati.\r\n\r\n \r\n\r\nL'inversione all'interno degli stabilimenti Toyota testimonia un cambiamento che straripa dalle pareti della fabbrica, proprio come l'IT straripa dai computer e dai loro schermi. Il cambiamento è anche un esempio dell'applicazione delle logiche di feedback cibernetico. Quando la vendita di un prodotto sullo scaffale di un negozio di alimentari ne determina a sua volta la produzione in fabbrica, l'informazione che esce dal processo viene reintrodotta all’inizio per seguire la stessa traiettoria al contempo modificandola. La capacità di adattamento permanente dell'intero processo funziona su questa base. Alla Toyota e altrove, l'intero commercio capitalista si dota così di nuovi metodi che dipendono dalle possibilità del calcolo informatico. Lo storico James Beniger in \"The Control Revolution\" mostra che la maggior parte delle principali tecnologie inventate nel diciannovesimo secolo (il telefono, la ferrovia, la radio, la pubblicità, ecc.) cercano di rispondere a una crisi di controllo sul flusso di informazioni . Nella stessa prospettiva, l'informatica riguarda tutte le attività che trasportano o supportano le informazioni. Colonizza progressivamente \"tutti i macro-sistemi tecnici, basati sulla rete e sulla logistica (controllo delle flotte aeree, terrestri, marittime e dei flussi\". Così facendo, l'informatizzazione assume una certa forma e trasforma l'organizzazione che la sostiene, la logica tecnica e quella sociale si intrecciano.\r\n\r\n \r\n\r\nLa rivoluzione logistica o \"la guerra continuata con altri mezzi, con i mezzi del commercio\".\r\n\r\n \r\n\r\nCome il codice a barre inventato nel 1952, il sistema Toyota impiegherà quasi 20 anni per essere applicato in Giappone di fronte alla resistenza dei lavoratori e al tempo necessario per estendere le risorse informatiche per la sua attuazione. Si inserisce in una svolta in cui la logistica occupa un ruolo centrale che occuperà per tutti gli anni 1980-1990. Jasper Bernes del collettivo End Notes definisce la logistica come un progetto di \"mappatura cognitiva\" del capitale, un mezzo per rendere tangibili le catene di approvvigionamento transnazionali sempre più complesse e astratte. Parallelamente alla contemporanea finanziarizzazione degli utili, delle nuove modalità di modellazione dei dati, di visualizzazione dei circuiti distributivi, rendono percepibili e quindi modificabili le circolazioni, sempre più numerose e difficili da seguire. Inizialmente semplice mezzo, la logistica è poi diventata una scienza a sé stante.\r\n\r\n \r\n\r\nLe attuali catene di approvigionamento capitalistiche non si caratterizzano solo per la loro estensione globale e l'incredibile velocità di circolazione delle merci, ma anche per l'integrazione diretta che realizzano di spazi di lavorazione e luoghi di vendita, per la loro armonizzazione dei ritmi di produzione e consumo in un unico processo. La centralità e la velocità della logistica rendono indistinguibile la distinzione tra produzione e distribuzione, tra la fabbricazione delle merci e il loro rilascio. Dagli anni '80, i manager ed esperti del business globale hanno decantato i vantaggi della flessibilità e della gestione \"snella\" delle fabbriche. Attraverso un coordinamento sempre più fine, le aziende possono invertire il rapporto acquirente/venditore in cui le merci vengono prima prodotte e poi vendute da un intermediario a un consumatore. Consegnando le merci nel momento esatto della loro vendita, senza perdere tempo di stoccaggio, la logica del just-in-time cerca di produrre questo effetto per cui i prodotti vengono prodotti solo quando sono già venduti. Per esempio, la chiave del successo dei giganti della vendita al dettaglio come Wal-Mart, è in gran parte la loro capacità di stimare e calcolare quando determinati prodotti devono essere sullo scaffale per essere venduti.\r\n\r\n \r\n\r\nQueste informazioni consentono a Wal-Mart di limitare la sovrapproduzione come i movimenti non necessari delle scorte, di interrompere i rapporti con tali e tali subappaltatori non appena necessario o di contrattare costantemente con il miglior offerente. Come sottolinea Jasper Bernes (di cui qui riprendiamo in larga parte l’analisi): “mentre all'inizio degli anni '80 alcuni enfatizzavano la flessibilità e il dinamismo, sperando di cambiare gli equilibri di potere contro le grandi e inflessibili multinazionali in favore di aziende di piccola taglia, “aziende agili”, la gestione snella si è rivelata un cambiamento di fase piuttosto che un indebolimento delle grandi multinazionali. Questo nuovo assetto somiglia a quella che Bennett Harrison chiama “una concentrazione senza centralizzazione” del potere delle corporazioni economiche”. La logistica designa quindi questo potere attivo e mobilitabile per coordinare e coreografare il flusso delle merci, per mantenerle o tagliarle, accellerarle o rallentarle, potendo al contempo cambiare l'origine e la destinazione delle merci più o meno immediatamente (la crisi COVID all'inizio del 2020 mostrato che questo potrebbe necessitare di alcuni mesi di adeguamento). La circolazione non sostituisce la produzione, ma l'integrazione dei calcoli logistici da un'estremità all’altra della catena fino al consumatore costruisce la loro fusione. La gestione e il controllo dei flussi diventa una fonte centrale di potere e controllo.\r\n\r\n \r\n\r\n \t QR-CODE, RFID, IDENTIFICAZIONE MOBILE E INFRASTRUTTURE DI TRAFFICO.\r\n\r\n \r\n\r\nCome si collega questa storia al QR-code? Molto semplicemente, tutta questa svolta logistica si basa sull'estensione e sulla dispersione del calcolo informatico, che permette di seguire in tempo reale l'ubicazione della merce, i tempi di consegna, l'insieme dei flussi, ovvero un insieme di operazioni impossibili da realizzare e centralizzare senza la potenza dei computer. In linea con la produzione fordista, il codice a barre identifica il modello degli oggetti (un modello di t-shirt, ma non la sua unicità (questa particolare t-shirt, questo specifico esemplare)). La tracciabilità sempre più ravvicinata delle merci richiede più informazioni di quante il codice a barre possa contenere. È in questa prospettiva che una filiale di Toyota, Denso Wave, si dedica a questo problema e nel 1994 inventa il QR-Code per seguire il percorso dei pezzi di ricambio all'interno delle fabbriche. A differenza del classico codice a barre, questo codice bidimensionale può essere letto velocemente e da qualsiasi angolazione di lettura. I tre o quattro quadrati neri negli angoli servono per ricostruire l'angolo di lettura e le informazioni da estrarre dal codice. L'informazione viene parzialmente ripetuta lì in modo che a volte fino al 15% o addirittura al 30% del codice possa essere danneggiato senza impedire la lettura.\r\n\r\n \r\n\r\nI principali vantaggi del QR-code rispetto al codice a barre sono la quantità di informazioni che può contenere e la sua capacità di identificare in modo univoco ogni prodotto. Nella fabbrica automobilistica, ciò consente di tracciare accuratamente le parti in arrivo e di controllarne la qualità all'arrivo o durante tutto il processo in caso di danni o sabotaggi. Oltre a Toyota, negli anni '90, la crisi sanitaria della mucca pazza ha portato a importanti riorganizzazioni dell'industria alimentare. Di fronte alle minacce della carne contaminata ed alle istanze degli enti regolatori internazionali che hanno richiesto una maggiore tracciabilità di ogni pezzo di vacca messo in vendita, il codice QR si è affermato come uno strumento essenziale per identificare e memorizzare la traiettoria di ogni particolare merce. Codici a barre e QR-Code sono due tecnologie mobili, due mediazioni verso l'identità virtuale di un oggetto archiviato in un database. A rigor di termini, il QR-Code da solo non contiene nulla senza un lettore esterno (con una propria fonte di alimentazione) e un accesso connesso al database corrispondente. Ad esempio, un pass sanitario europeo non sarà necessariamente valido in Inghilterra o in Canada, se non fa riferimento al database corrispondente. E di conseguenza, se non fa riferimento a una foto di una persona, l'identità di chi lo porta può variare.\r\n\r\n \r\n\r\nIl QR-Code mostra che oggi le tecnologie di comunicazione mobile operano sulla base di tecnologie di identificazione. Per le merci, il QR-code viene utilizzato per identificarle in un dato momento per poi rendere possibili determinati movimenti e determinate azioni. I chip RFID (Radio Frequency Identification) sono per molti versi simili ai codici QR, tranne per il fatto che questi chip non utilizzano lettori, ma onde radio. Ciò consente di leggere il contenuto di più chip contemporaneamente, come nell'involucro di una cassa automatica Decathlon o sulla scala di un container portuale (la rete 5G in via di implementazione dovrà estendere questo tipo di possibilità). Nel 2017 erano in circolazione circa 8,7 miliardi di chip RFID. Se le app per smartphone raggiungono milioni di utenti, gli utilizzi dei chip RFID ne hanno raggiunti decine di miliardi (dal trasporto alla misurazione del livello di etanolo negli alimenti). Questi chip sono in particolare largamente utilizzati su ogni bancale di merce per identificarne il contenuto durante il trasporto, a volte con più chip sugli oggetti stessi. Trasformano i processi fisici di viaggio in traiettorie che possono essere messe in dati (come i viaggi del titolare di un tessera della metropolitana), rendendo difficile separare il reale dal virtuale. Come i codici QR, i chip RFID (tranne alcuni modelli usati di rado) non hanno fonti di energia interne, ma si basano su altri dispositivi per essere letti. Oggi la loro produzione non costa quasi nulla e partecipano a questo \"inconscio tecnologico\" che costruisce il nostro mondo. I codici QR e i chip RFID sono elementi centrali dell'Internet delle Cose o dell'informatica ubiquitaria sin d’ora. Queste tecnologie non comunicano direttamente con Internet, ma attraverso l'ambiente costruito intorno a loro, che è a sua volta costruito per farle funzionare. I flussi logistici sono ora l'area principale per l'implementazione di queste tecnologie. La storia della loro implementazione mostra che la circolazione e la conoscenza, attraverso i dati, di questi flussi di movimento è altrettanto importante. Generalmente, il gigante della logistica globale di oggi, Amazon, è allo stesso tempo attraverso la sua struttura AWS un fornitore di servizi IT, tramite il cloud, che sarebbe a priori la sua principale fonte di profitto. Amazon, per stabilire l'egemonia che conosciamo, è dunque l'infrastruttura delle circolazioni e dei servizi di elaborazione dei dati che queste circolazioni producono.\r\n\r\n \r\n\r\nSe è possibile deviare i QR-code o generarli autonomamente per altri scopi, questa capacità di per sé conta poco rispetto alla logica del trattamento dei dati e al suo modo di identificare per autorizzare, in determinate forme , la circolazione degli uomini come delle cose. La storia qui abbozzata testimonia la parte industriale che circonda ogni innovazione informatica. Ad esempio, una promessa ricorrente del mondo intelligente prevede frigoriferi connessi, in grado di avvisare i proprietari della fine delle bottiglie di coca cola o addirittura di consigliarli immediatamente. Questa promessa non è che un espediente divertente fino a quando i chip RFID non vengono installati, in fabbrica, su ogni lattina, e vengono stabiliti dei sistemi interoperabili di database (fatturati al cliente) dal frigorifero agli addetti alle consegne.\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ","10 Dicembre 2021","2021-12-10 19:11:33","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/d65acfa4cf27a7bc9913114b449ea1dd-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"223\" height=\"300\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/d65acfa4cf27a7bc9913114b449ea1dd-223x300.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/d65acfa4cf27a7bc9913114b449ea1dd-223x300.jpg 223w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/d65acfa4cf27a7bc9913114b449ea1dd.jpg 450w\" sizes=\"auto, (max-width: 223px) 100vw, 223px\" />","Dai codici a barre al QR-code",1639162014,[168,169,170],"http://radioblackout.org/tag/green-pass/","http://radioblackout.org/tag/qr-code/","http://radioblackout.org/tag/sorveglianza/",[172,173,174],"green pass","qr code","sorveglianza",{"post_content":176},{"matched_tokens":177,"snippet":178,"value":179},[68],"Ci vorranno altri vent'anni e \u003Cmark>nuove\u003C/mark> innovazioni perché il codice a","Da dove vengono i QR-code, simboli misteriosi che nessuno di noi potrebbe decifrare senza l'ausilio di un lettore e che sono diventati segno della nostra modernità commerciale e connessa?\r\n\r\nIn questo podcast a più voci, la traduzione dal francese dell'articolo \"Du code-barres au QR-code\", che ripercorre la storia del codice a barre e del QR-code, piccole invenzioni ampiamente utilizzate che identificano merci e persone. Prima di essere uno strumento di verifica del green pass, i QR-code si situano nella lunga storia dell'industrializzazione, dei flussi commerciali globalizzati e soprattutto del loro controllo, che a sua volta risponde ai mutamenti del capitalismo nel suo insieme.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/qrcodedef.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito la traduzione del testo\r\n\r\nIl QR-Code è diventato uno dei simboli del mondo smart. Dal lasciapassare sanitario ai cartelloni pubblicitari, passando per i menù dei ristoranti e i cartelli espositivi, la stessa banalità del suo utilizzo riflette l'influenza esercitata dalle tecnologie digitali. Un quadrato di superfici nere su sfondo bianco, incorniciato da tre quadrati neri, il “codice di risposta rapida” [QR] differisce dal codice a barre per le sue due dimensioni ed è più simile al microchip RFID per i pagamenti contactless. La sua storia, che questo testo si propone di ripercorrere, è inseparabile da quella del codice a barre. Fa parte della grande storia delle relazioni tra informatica e industria, che determina il ruolo crescente dell'identificazione informatica nella circolazione delle merci e delle persone. Fabbriche, logistica e banche dati sono i protagonisti della prodigiosa espansione dell'IT dall'inizio degli anni '70 agli anni '80 fino ad oggi.\r\n\r\n \r\n\r\n \t L'INVENZIONE E L'ESTENSIONE DEL CODICE A BARRE.\r\n\r\n \r\n\r\n\"Vuole dire che c'era una volta un mondo senza codici a barre? \"\r\n\r\n \r\n\r\nNella loro storia dell'informatica \"ubiqua\", Geneviève Bell e Paul Dourish parlano di \"domani di ieri\" per definire il modo in cui l'attenzione alle promesse magniloquenti delle tecnologie future tenda a mascherare l’influenza di quelle che sono già esistenti. Certo, il QR-Code è più prosaico dei sogni di un mondo interattivo promesso da Mark Weiser, o del metaverso annunciato da Mark Zuckerberg. Tuttavia, è proprio l'apparente semplicità di questa tecnologia e il fatto che sia a portata di mano che le consente di \"mimetizzarsi con lo sfondo a una velocità sorprendente\". In un certo senso, un codice a barre o un QR-code funzionano come un'infrastruttura: qualcosa di impercettibile nella maggior parte dei casi, da cui dipendiamo senza pensarci e che ci autorizza a fare qualcosa, determinando la forma delle azioni e usi che rende possibile. Se nulla sembra più banale del codice a barre che compare su quasi tutti i beni del mondo, l'introduzione di questa rappresentazione di un dato numerico o alfanumerico, sotto forma di un'alternanza di barre e spazi il cui spessore è variabile è stata determinante nell'accelerare l'informatizzazione.\r\n\r\n \r\n\r\nPrima dei codici a barre, non esistevano sistemi per acquisire automaticamente le informazioni sui prodotti venduti. I cassieri inserivano manualmente il prezzo di ogni prodotto venduto su registratori di cassa meccanici, prezzo che dovevano conoscere a memoria o etichettare manualmente. A loro volta, i gestori dei negozi dovevano valutare e monitorare costantemente la fornitura degli scaffali senza dati accessibili prodotto per prodotto. Nel 1952, due ingegneri, Bernard Silver e Norman Joseph Woodland (già assistente nell'ambito del progetto Manhattan che sviluppò la bomba atomica), si ispirarono al codice Morse per risolvere questo problema: punti e barre che si susseguono per trasmettere un informazione. Hanno così inventato il codice a barre, ovvero un codice in grado di fungere da mediazione tra la materialità di un oggetto e la sua identità virtuale collocata in un database digitale. Esso crea un collegamento tra il digitale e il fisico, tra l'informatica e la circolazione delle merci.\r\n\r\n \r\n\r\nAll'epoca, tuttavia, il loro codice richiedeva una lampada a incandescenza da 500 watt per essere decifrato. Essa riscaldava molto intensamente, a volte bruciava la carta come la pupilla umana, ben lontana dalle tecnologie intelligenti. La decodificazione richiedeva anche un notevole equipaggiamento materiale di computazione esteso, che era impossibile distribuire in modo massiccio ed economico. La loro invenzione rimase quindi inizialmente senza sbocco, ma depositarono il brevetto subito acquistato dalla Radio Corporation of America (RCA). Proprio come un'auto non va da nessuna parte senza l'infrastruttura stradale di accompagnamento, un oggetto tecnico esiste solo con il proprio ambiente associato, che lo condiziona e che esso condiziona a sua volta. \r\n\r\nCi vorranno altri vent'anni e \u003Cmark>nuove\u003C/mark> innovazioni perché il codice a barre diventi effettivo.\r\n\r\n \r\n\r\nNel maggio del 1960, Theodore Maiman inventa il laser, acronimo di \"amplificazione della luce mediante emissione stimolata della radiazione\", che consente un'emissione luminosa coerente e direzionale. Questa luce rossa, che conosciamo dai lettori, si associa rapidamente ai codici a barre. Nel decennio successivo, la RCA porta avanti la ricerca per automatizzare e velocizzare le casse nei negozi di alimentari. Allo stesso tempo, altri laboratori effettuano ricerche simili per monitorare la circolazione dei treni merci. A Cincinnati, il 3 luglio 1972, cioè vent'anni dopo l'invenzione di Woodland and Silver, in un Kroger Kenwood Plaza viene testato per 18 mesi un codice a barre circolare: l'esperimento mira a confrontare il volume delle vendite con altri negozi dello stesso marchio. Mentre i risultati sono convincenti in termini di risparmio di tempo, la materialità del codice pone notevoli problemi: il cerchio scelto è grande, si stampa con difficoltà, l'inchiostro scorre e rende illeggibile il codice a barre. Georges Laurer, ingegnere in IBM, trova la soluzione adottando una forma rettangolare, leggibile anche da laser scanner. Il primo test di questo nuovo codice a barre ha luogo a Troy, Ohio, il 26 giugno 1974, ed ha riguardato una scatola di gomme da masticare. Tutti questi test beneficiano di un'altra invenzione decisiva, all’epoca in piena espansione: i circuiti stampati, fondamento di tutti i microcomputer. Questi circuiti permettono di immaginare di implementare sistemi informatici in tutti i punti vendita. È stato comunque necessario contare su milioni di dollari di investimenti in apparecchiature di lettura e in un centro di elaborazione dei dati raccolti.\r\n\r\n \r\n\r\nGli industriali temono quindi fortemente una situazione in cui ogni negozio scelga il proprio modello di codice. Organizzeranno quindi immediatamente la costituzione di un modello unico e la sua imposizione dalla fabbrica per rimborsare i loro investimenti mantenendo il controllo sul formato dei codici. Georges Laurer imporrà a questo scopo lo standard Universal Product Code (UPC) prima di aggiornarlo a un codice a barre EAN, due standard internazionali ancora oggi in vigore e ampiamente utilizzati. Tra il 1972 e la fine degli anni '80 sono stati imposti codici a barre standardizzati su tutte le merci del mondo. Questa è una delle caratteristiche essenziali del successo delle tecnologie informatiche: la loro standardizzazione che ne struttura le possibilità di aggregazione e di utilizzo. La formalizzazione e l'unicità del codice a barre ne hanno permesso la generalizzazione, così come il protocollo TCP/IP governa oggi Internet.\r\n\r\n \r\n\r\nIl codice a barre è un doppio jackpot economico non appena tutte le condizioni sono soddisfatte. Accelera fino ad oggi tutti i passaggi di cassa e l'inventario delle scaffalature, aumentando la produttività del lavoro. Soprattutto, permette di estrarre automaticamente le informazioni sui beni venduti o meno. I dati raccolti stimoleranno e confluiranno poi in indagini di mercato, gusti e preferenze dei consumatori. Queste indagini serviranno poi a guidare, in cambio, le decisioni a livello di produzione industriale. Inizialmente, i codici a barre hanno solo accelerato il passaggio in cassa, poiché pochi prodotti arrivavano già etichettati. Non appena questo è stato sistemato in anticipo, i dati estratti dalla lettura del codice a barre inaugureranno la gestione dell'inventario su larga scala. L'analisi non viene più effettuata in ogni punto vendita dai gestori locali, la “mano visibile” dell'economia, ma viene ricollocata in banche dati di proprietà del management. Esse sono staccate dalla loro posizione geografica per essere elaborate e analizzate confrontando i risultati di più negozi, per ora, giorno, posizione, ecc., proprio come i volumi di big data odierni. I gestori dei punti vendita diventano semplici esecutori, invitati a convertirsi in entusiastici team building dei dipendenti o a rafforzare la “esperienza del cliente\". Questo processo richiederà diversi anni e dipenderà in particolare da quando i codici a barre verranno stampati sui prodotti già dalla loro fabbricazione in fabbrica. Non appena questa soglia viene raggiunta, i codici a barre diventano onnipresenti.\r\n\r\n \r\n\r\nL'esempio del codice a barre mostra come l'informatica coinvolga grandi numeri (la popolazione) e calcoli statistici su larga scala per stabilire confronti, ricorrenze e modelli. Anche l’”intelligenza\" delle circolazioni - l'equilibrio tra la distribuzione delle apparecchiature materiali e la centralizzazione dell'elaborazione virtuale dei dati - è fin dall'inizio monopolizzata dal management, così come oggi alcuni colossi di Internet concentrano la maggiorparte del traffico dati. L'introduzione del codice a barre consentirà, ad esempio, di modificare automaticamente i prezzi o di aumentare i “saldi\" su larga scala e indipendentemente dalle decisioni locali. Il codice a barre è inoltre accompagnato dallo scontrino, che indica il nome dei prodotti e il prezzo pagato per ciascuna merce, aprendo la possibilità di confronti da parte dei clienti, anticipati e tenuti in considerazione dalle imprese. Inizialmente, e a differenza del QR-code, i dati registrati dal codice a barre non sono individualizzati. Ciò avverrà progressivamente, in particolare attraverso lo sviluppo di carte fedeltà che consentiranno di affinare le analisi con dati collegabili a singoli clienti. Fedeltà, profili e tracciabilità appartengono alla stessa logica. Schematicamente, possiamo dire che nell'era analogica e le sue casse meccaniche, i dipendenti dovevano personalizzare il servizio per soddisfare ogni individuo. Con il digitale e le sue casse automatiche, la personalizzazione alimenta da subito la soddisfazione delle masse, seguendo la stessa logica degli algoritmi di Facebook oggi.\r\n\r\n \r\n\r\nIl codice a barre ha quindi avuto un ruolo determinante nella costruzione dell'unità di un processo, dalla produzione alla circolazione fino alla vendita delle merci. Se tale unità esisteva prima, è l'informatizzazione che ne ha garantito la leggibilità e ne ha fatto una fonte di profitto, costruendo una capacità di adattamento e modifica senza precedenti. Una breve deviazione attraverso l'industria automobilistica da Ford a Toyota illumina un altro passo in questo processo. Fu nel 1994, in una filiale della Toyota, che venne inventato il QR-Code per scopi logistici.\r\n\r\n \r\n\r\n \t DAL FORDISMO ALLA RIVOLUZIONE LOGISTICA.\r\n\r\n \r\n\r\n\"Tutti si sforzano di rimuovere la necessità di abilità in tutti i lavori della forza lavoro\" (Henry Ford, la mia vita, il mio lavoro)\r\n\r\n \r\n\r\nPochi industriali hanno avuto tanto impatto contro il movimento operaio quanto Henry Ford e le sue fabbriche di automobili. Henry Ford (1863-1947) fu il primo ad applicare su larga scala i principi di \"organizzazione scientifica del lavoro\" definiti dall'ingegnere Frederick W. Taylor (1856-1915). Quest'ultimo dedicò tutta la sua vita a ridefinire l'organizzazione del lavoro al fine di annientare l'\"indugio\" operaio e neutralizzare il relativo controllo che l'operaio professionista aveva ancora sul suo lavoro. L'organizzazione scientifica del lavoro è la controinsurrezione in marcia contro tutto il potere operaio. Frederick W. Taylor, che parlerà direttamente con Henry Ford, è l'artigiano del lavoro in catena di montaggio come modo di frammentare e despecializzare i compiti, di cronometrare ogni azione e quindi di imporre un ritmo debitamente pianificato dai quadri ingegneri. Il \"mestiere\" non solo viene aggirato dalla macchina, ma viene esso stesso distrutto come tale dall'organizzazione della fabbrica. Henry Ford applicando questi principi inaugura la produzione e il consumo di massa.\r\n\r\n \r\n\r\nL'alleanza tra la frammentazione del lavoro in catena di montaggio e la concentrazione nelle grandi fabbriche favorisce le economie di scala che consentono di produrre automobili in quantità massicce a prezzi bassi. Vengono prodotti pochi modelli all'anno, contraddistinti da alcuni dettagli in base alla categoria sociale destinataria. Quando lasciano le fabbriche, le auto vengono inviate ai concessionari che sono poi responsabili della vendita dei prodotti, anche se ciò significa conservarli in attesa che le vendite diminuiscano. In questo sistema fordista i prodotti sono pressoché identici e progettati secondo le principali macrocategorie statistiche (uomo, donna, famiglia dirigenti, ecc.). La loro distribuzione è accompagnata da logiche di pianificazione economica su larga scala.\r\n\r\n \r\n\r\n“Vale la pena ripeterlo, la domanda è: cosa fare per aumentare la produttività quando le quantità non aumentano? (Taiichi Ohno, Il sistema Toyota, p.27.)\r\n\r\n \r\n\r\nLe crisi petrolifere e il calo della crescita minano il compromesso fordista. Politicamente, il lungo maggio che si insinua negli stabilimenti Fiat in Italia e in molti stabilimenti nel mondo, tra cui Ford a Detroit, minaccia il predominio del lavoro in catena di montaggio. I capitalisti e gli industriali attuano una vasta controinsurrezione, in parte inventata in Giappone nell'organizzazione industriale delle fabbriche Toyota dall'ingegnere Taiichi Ohno, un altro grande maestro dell'organizzazione scientifica del lavoro. A differenza del modello fordista, la catena di montaggio si trasforma in unità di piccole squadre con compiti distinti ma flessibili. Il \"toyotismo\" cercherà di produrre in serie limitata prodotti differenziati e vari. L'approccio avviato da Ohno si basa su una specializzazione flessibile (cioè adattabile e modificabile) piuttosto che su grandi economie di scala. Inoltre, il controllo qualità viene effettuato su ogni parte della macchina e continuamente da un capo all'altro della catena. I suoi attori devono essere integrati nel processo, dovendo convalidare ogni passaggio mentre sono costantemente monitorati, in modo che qualsiasi errore sia localizzato, identificato e sanzionato.\r\n\r\n \r\n\r\nIl cuore di questo metodo, il suo principio fondamentale, è secondo Ohno \"produrre proprio ciò che è necessario e farlo appena in tempo\". Il metodo Toyota è la produzione a stock zero: l'invenzione della produzione just-in-time. Tuttavia, zero stock è solo un risultato del metodo senza essere il suo obiettivo in sé. Un eccesso di prodotti o di invenduti è per Ohno solo l'indice di un problema, un errore da correggere a fronte del quale va rivista tutta la filiera, anche se significa cambiare la merce prodotta a fine linea secondo la domanda. In questo sistema, orientato al \"just in time\", la produzione industriale e la sua distribuzione presuppongono un coordinamento costante dal capo delle imprese a tutti i subappaltatori, dai fornitori a monte della catena ai rivenditori dall'altra parte. La divisione in piccole squadre della catena di montaggio si tradurrà all'esterno della fabbrica nel ricorso a subappaltatori, soggetti come gli operai Toyota alla stessa pressione di qualità e rapidità di risposta agli ordini. L'organizzazione del lavoro si dà delle capacità di adattamento alle fluttuazioni dei mercati economici e alle loro incertezze. La pressione al lavoro, come evidenziato ad esempio dal libro di Kamata Satoshi \"Toyota, la fabbrica della disperazione\", è ancora grande, ma questi principi fondamentali di funzionamento sono cambiati.\r\n\r\n \r\n\r\nL'inversione all'interno degli stabilimenti Toyota testimonia un cambiamento che straripa dalle pareti della fabbrica, proprio come l'IT straripa dai computer e dai loro schermi. Il cambiamento è anche un esempio dell'applicazione delle logiche di feedback cibernetico. Quando la vendita di un prodotto sullo scaffale di un negozio di alimentari ne determina a sua volta la produzione in fabbrica, l'informazione che esce dal processo viene reintrodotta all’inizio per seguire la stessa traiettoria al contempo modificandola. La capacità di adattamento permanente dell'intero processo funziona su questa base. Alla Toyota e altrove, l'intero commercio capitalista si dota così di nuovi metodi che dipendono dalle possibilità del calcolo informatico. Lo storico James Beniger in \"The Control Revolution\" mostra che la maggior parte delle principali tecnologie inventate nel diciannovesimo secolo (il telefono, la ferrovia, la radio, la pubblicità, ecc.) cercano di rispondere a una crisi di controllo sul flusso di informazioni . Nella stessa prospettiva, l'informatica riguarda tutte le attività che trasportano o supportano le informazioni. Colonizza progressivamente \"tutti i macro-sistemi tecnici, basati sulla rete e sulla logistica (controllo delle flotte aeree, terrestri, marittime e dei flussi\". Così facendo, l'informatizzazione assume una certa forma e trasforma l'organizzazione che la sostiene, la logica tecnica e quella sociale si intrecciano.\r\n\r\n \r\n\r\nLa rivoluzione logistica o \"la guerra continuata con altri mezzi, con i mezzi del commercio\".\r\n\r\n \r\n\r\nCome il codice a barre inventato nel 1952, il sistema Toyota impiegherà quasi 20 anni per essere applicato in Giappone di fronte alla resistenza dei lavoratori e al tempo necessario per estendere le risorse informatiche per la sua attuazione. Si inserisce in una svolta in cui la logistica occupa un ruolo centrale che occuperà per tutti gli anni 1980-1990. Jasper Bernes del collettivo End Notes definisce la logistica come un progetto di \"mappatura cognitiva\" del capitale, un mezzo per rendere tangibili le catene di approvvigionamento transnazionali sempre più complesse e astratte. Parallelamente alla contemporanea finanziarizzazione degli utili, delle \u003Cmark>nuove\u003C/mark> modalità di modellazione dei dati, di visualizzazione dei circuiti distributivi, rendono percepibili e quindi modificabili le circolazioni, sempre più numerose e difficili da seguire. Inizialmente semplice mezzo, la logistica è poi diventata una scienza a sé stante.\r\n\r\n \r\n\r\nLe attuali catene di approvigionamento capitalistiche non si caratterizzano solo per la loro estensione globale e l'incredibile velocità di circolazione delle merci, ma anche per l'integrazione diretta che realizzano di spazi di lavorazione e luoghi di vendita, per la loro armonizzazione dei ritmi di produzione e consumo in un unico processo. La centralità e la velocità della logistica rendono indistinguibile la distinzione tra produzione e distribuzione, tra la fabbricazione delle merci e il loro rilascio. Dagli anni '80, i manager ed esperti del business globale hanno decantato i vantaggi della flessibilità e della gestione \"snella\" delle fabbriche. Attraverso un coordinamento sempre più fine, le aziende possono invertire il rapporto acquirente/venditore in cui le merci vengono prima prodotte e poi vendute da un intermediario a un consumatore. Consegnando le merci nel momento esatto della loro vendita, senza perdere tempo di stoccaggio, la logica del just-in-time cerca di produrre questo effetto per cui i prodotti vengono prodotti solo quando sono già venduti. Per esempio, la chiave del successo dei giganti della vendita al dettaglio come Wal-Mart, è in gran parte la loro capacità di stimare e calcolare quando determinati prodotti devono essere sullo scaffale per essere venduti.\r\n\r\n \r\n\r\nQueste informazioni consentono a Wal-Mart di limitare la sovrapproduzione come i movimenti non necessari delle scorte, di interrompere i rapporti con tali e tali subappaltatori non appena necessario o di contrattare costantemente con il miglior offerente. Come sottolinea Jasper Bernes (di cui qui riprendiamo in larga parte l’analisi): “mentre all'inizio degli anni '80 alcuni enfatizzavano la flessibilità e il dinamismo, sperando di cambiare gli equilibri di potere contro le grandi e inflessibili multinazionali in favore di aziende di piccola taglia, “aziende agili”, la gestione snella si è rivelata un cambiamento di fase piuttosto che un indebolimento delle grandi multinazionali. Questo nuovo assetto somiglia a quella che Bennett Harrison chiama “una concentrazione senza centralizzazione” del potere delle corporazioni economiche”. La logistica designa quindi questo potere attivo e mobilitabile per coordinare e coreografare il flusso delle merci, per mantenerle o tagliarle, accellerarle o rallentarle, potendo al contempo cambiare l'origine e la destinazione delle merci più o meno immediatamente (la crisi COVID all'inizio del 2020 mostrato che questo potrebbe necessitare di alcuni mesi di adeguamento). La circolazione non sostituisce la produzione, ma l'integrazione dei calcoli logistici da un'estremità all’altra della catena fino al consumatore costruisce la loro fusione. La gestione e il controllo dei flussi diventa una fonte centrale di potere e controllo.\r\n\r\n \r\n\r\n \t QR-CODE, RFID, IDENTIFICAZIONE MOBILE E INFRASTRUTTURE DI TRAFFICO.\r\n\r\n \r\n\r\nCome si collega questa storia al QR-code? Molto semplicemente, tutta questa svolta logistica si basa sull'estensione e sulla dispersione del calcolo informatico, che permette di seguire in tempo reale l'ubicazione della merce, i tempi di consegna, l'insieme dei flussi, ovvero un insieme di operazioni impossibili da realizzare e centralizzare senza la potenza dei computer. In linea con la produzione fordista, il codice a barre identifica il modello degli oggetti (un modello di t-shirt, ma non la sua unicità (questa particolare t-shirt, questo specifico esemplare)). La tracciabilità sempre più ravvicinata delle merci richiede più informazioni di quante il codice a barre possa contenere. È in questa prospettiva che una filiale di Toyota, Denso Wave, si dedica a questo problema e nel 1994 inventa il QR-Code per seguire il percorso dei pezzi di ricambio all'interno delle fabbriche. A differenza del classico codice a barre, questo codice bidimensionale può essere letto velocemente e da qualsiasi angolazione di lettura. I tre o quattro quadrati neri negli angoli servono per ricostruire l'angolo di lettura e le informazioni da estrarre dal codice. L'informazione viene parzialmente ripetuta lì in modo che a volte fino al 15% o addirittura al 30% del codice possa essere danneggiato senza impedire la lettura.\r\n\r\n \r\n\r\nI principali vantaggi del QR-code rispetto al codice a barre sono la quantità di informazioni che può contenere e la sua capacità di identificare in modo univoco ogni prodotto. Nella fabbrica automobilistica, ciò consente di tracciare accuratamente le parti in arrivo e di controllarne la qualità all'arrivo o durante tutto il processo in caso di danni o sabotaggi. Oltre a Toyota, negli anni '90, la crisi sanitaria della mucca pazza ha portato a importanti riorganizzazioni dell'industria alimentare. Di fronte alle minacce della carne contaminata ed alle istanze degli enti regolatori internazionali che hanno richiesto una maggiore tracciabilità di ogni pezzo di vacca messo in vendita, il codice QR si è affermato come uno strumento essenziale per identificare e memorizzare la traiettoria di ogni particolare merce. Codici a barre e QR-Code sono due tecnologie mobili, due mediazioni verso l'identità virtuale di un oggetto archiviato in un database. A rigor di termini, il QR-Code da solo non contiene nulla senza un lettore esterno (con una propria fonte di alimentazione) e un accesso connesso al database corrispondente. Ad esempio, un pass sanitario europeo non sarà necessariamente valido in Inghilterra o in Canada, se non fa riferimento al database corrispondente. E di conseguenza, se non fa riferimento a una foto di una persona, l'identità di chi lo porta può variare.\r\n\r\n \r\n\r\nIl QR-Code mostra che oggi le tecnologie di comunicazione mobile operano sulla base di tecnologie di identificazione. Per le merci, il QR-code viene utilizzato per identificarle in un dato momento per poi rendere possibili determinati movimenti e determinate azioni. I chip RFID (Radio Frequency Identification) sono per molti versi simili ai codici QR, tranne per il fatto che questi chip non utilizzano lettori, ma \u003Cmark>onde\u003C/mark> radio. Ciò consente di leggere il contenuto di più chip contemporaneamente, come nell'involucro di una cassa automatica Decathlon o sulla scala di un container portuale (la rete 5G in via di implementazione dovrà estendere questo tipo di possibilità). Nel 2017 erano in circolazione circa 8,7 miliardi di chip RFID. Se le app per smartphone raggiungono milioni di utenti, gli utilizzi dei chip RFID ne hanno raggiunti decine di miliardi (dal trasporto alla misurazione del livello di etanolo negli alimenti). Questi chip sono in particolare largamente utilizzati su ogni bancale di merce per identificarne il contenuto durante il trasporto, a volte con più chip sugli oggetti stessi. Trasformano i processi fisici di viaggio in traiettorie che possono essere messe in dati (come i viaggi del titolare di un tessera della metropolitana), rendendo difficile separare il reale dal virtuale. Come i codici QR, i chip RFID (tranne alcuni modelli usati di rado) non hanno fonti di energia interne, ma si basano su altri dispositivi per essere letti. Oggi la loro produzione non costa quasi nulla e partecipano a questo \"inconscio tecnologico\" che costruisce il nostro mondo. I codici QR e i chip RFID sono elementi centrali dell'Internet delle Cose o dell'informatica ubiquitaria sin d’ora. Queste tecnologie non comunicano direttamente con Internet, ma attraverso l'ambiente costruito intorno a loro, che è a sua volta costruito per farle funzionare. I flussi logistici sono ora l'area principale per l'implementazione di queste tecnologie. La storia della loro implementazione mostra che la circolazione e la conoscenza, attraverso i dati, di questi flussi di movimento è altrettanto importante. Generalmente, il gigante della logistica globale di oggi, Amazon, è allo stesso tempo attraverso la sua struttura AWS un fornitore di servizi IT, tramite il cloud, che sarebbe a priori la sua principale fonte di profitto. Amazon, per stabilire l'egemonia che conosciamo, è dunque l'infrastruttura delle circolazioni e dei servizi di elaborazione dei dati che queste circolazioni producono.\r\n\r\n \r\n\r\nSe è possibile deviare i QR-code o generarli autonomamente per altri scopi, questa capacità di per sé conta poco rispetto alla logica del trattamento dei dati e al suo modo di identificare per autorizzare, in determinate forme , la circolazione degli uomini come delle cose. La storia qui abbozzata testimonia la parte industriale che circonda ogni innovazione informatica. Ad esempio, una promessa ricorrente del mondo intelligente prevede frigoriferi connessi, in grado di avvisare i proprietari della fine delle bottiglie di coca cola o addirittura di consigliarli immediatamente. Questa promessa non è che un espediente divertente fino a quando i chip RFID non vengono installati, in fabbrica, su ogni lattina, e vengono stabiliti dei sistemi interoperabili di database (fatturati al cliente) dal frigorifero agli addetti alle consegne.\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ",[181],{"field":73,"matched_tokens":182,"snippet":178,"value":179},[68],{"best_field_score":149,"best_field_weight":78,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":44,"score":184,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":44},"1155199671761633393",{"document":186,"highlight":206,"highlights":211,"text_match":147,"text_match_info":214},{"cat_link":187,"category":188,"comment_count":44,"id":189,"is_sticky":44,"permalink":190,"post_author":47,"post_content":191,"post_date":192,"post_excerpt":88,"post_id":189,"post_modified":193,"post_thumbnail":194,"post_thumbnail_html":195,"post_title":196,"post_type":55,"sort_by_date":197,"tag_links":198,"tags":204},[41],[43],"31187","http://radioblackout.org/2015/09/trident-juncture-2015-il-trampolino-di-birgi-per-la-nato-del-terzo-millennio/","La Sicilia laboratorio sperimentale della NATO. L’aeroporto di Trapani Birgi trampolino di lancio delle forze NATO del Terzo Millennio, per un’alleanza militare sempre più aggressiva, flessibile e globale. Tra lo Stretto di Gibilterra e il Mediterraneo centrale e i grandi poligoni di guerra di Spagna, Portogallo e Italia 30.000 militari, 200 velivoli e 50 unità navali di 33 nazioni per la più grande esercitazione NATO dalla fine della guerra fredda. Ospiti d’eccezione, i manager delle industrie militari di 15 Paesi. Molto interessati. I frequenti decolli e atterraggi comportano rischi elevatissimi per il traffico passeggeri di Birgi e per le migliaia di abitanti delle città di Trapani e Marsala e delle Isole Egadi? Poco interessa!\r\n\r\n“La prevista esercitazione internazionale Trident Juncture 2015, inizialmente pianificata per il prossimo autunno e che avrebbe portato oltre 80 velivoli e circa 5.000 militari di varie nazionalità a operare sull’aeroporto sardo di Decimomannu e a permanere nei territori circostanti per quattro settimane, è stata da tempo riprogrammata sull’aeroporto di Trapani”. L’annuncio, ai primi di giugno, è dell’ufficio stampa dello Stato maggiore dell’Aeronautica militare italiana. Trident Juncture 2015, la “più grande esercitazione NATO dalla fine della guerra fredda”, come è stata definita dal Comando generale dell’Alleanza Atlantica, avrà come centro nodale lo scalo aereo siciliano: dal 28 settembre al 6 novembre, cacciabombardieri, grandi velivoli da trasporto e aerei spia decolleranno dalle piste di Birgi per simulare attacchi contro unità navali, sottomarini e target terrestri e testare i nuovi sistemi di distruzione di massa.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Antonio Mazzeo, autore dell'articolo che state leggendo, comparso inizialmente su \"Casablanca. Le siciliane\" e sul blog dell'autore.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2015-09-01-antoniomazzeo-trident\r\n\r\nAl ministero della Difesa, a Roma, si smentisce che il trasferimento dei war games in Sicilia sia stato determinato dalle azioni di lotta dei comitati locali sardi che si oppongono all’asfissiante processo di militarizzazione della Sardegna. Eppure, in un primo momento, una nota del comando militare aveva riportato testualmente che nell’Isola “erano venute a mancare le condizioni per operare con la serenità necessaria per un’attività di tale portata e complessità, che coinvolgerà tutte le aeronautiche dei Paesi NATO”. Poi, invece, hanno spiegato che dietro il dirottamento a Trapani di uomini e mezzi alleati c’erano solo ragioni di tipo tattico o geografiche. “In relazione allo svolgimento dell’esercitazione Trident Juncture 2015 – spiega lo Stato maggiore dell’Aeronautica - la scelta della base di Trapani, unitamente ad altre aree operative nazionali utilizzate dalle altre componenti, è stata presa in considerazione per motivi eminentemente logistici, operativi e di distanze percorribili per ottimizzare le risorse a disposizione e per la pregressa esperienza maturata nel corso di altre operazioni condotte sulla base”.\r\n\r\nTrident Juncture interesserà lo spazio aereo e marittimo compreso tra lo Stretto di Gibilterra e il Mediterraneo centrale e i grandi poligoni di guerra di Spagna, Portogallo e Italia. Sotto la supervisione del JFC - Joint Force Command Neaples (JFC), il comando alleato con quartier generale a Lago Patria (Napoli), prenderanno parte alla maxi esercitazione oltre 30.000 militari, 200 velivoli e 50 unità navali di 33 nazioni (i 28 membri NATO più 5 partner internazionali). Ospiti d’eccezione, i manager delle industrie militari di 15 Paesi, onde consentire una “conoscenza più amplia e più profonda tra il settore produttivo e il regime addestrativo dell’Alleanza”, come dichiarato dal Comando NATO di Bruxelles. “Trident Juncture è finalizzata all’addestramento e alla verifica delle capacità dei suoi assetti aerei, terrestri, navali e delle forze speciali, nell’ambito di una forza ad elevata prontezza d’impiego e tecnologicamente avanzata, da utilizzare rapidamente ovunque sia necessario”, spiegano i vertici militari. “L’esercitazione simulerà uno scenario adattato alle nuove minacce, come la cyberwar e la guerra asimmetrica e rappresenterà, inoltre, per gli alleati ed i partner, l’occasione per migliorare l’interoperabilità della NATO in un ambiente complesso ad alta conflittualità”\r\n\r\nAll’ultimo vertice dell’Alleanza tenutosi in Galles nel settembre dello scorso anno, è stato approvato il cosiddetto Readiness Action Plan (RAP) che prevede l’implementazione di una serie di strumenti militari per consentire alla NATO di “rispondere velocemente e con fermezza” alle minacce che intende affrontare nell’immediato futuro nell’area compresa tra il Medio Oriente e il Nord Africa e nell’Europa centrale ed orientale, specie alla luce della recente crisi in Ucraina. “Il nuovo Piano di pronto intervento prevede anche un cambiamento della postura delle forze armate alleate di fronte alla minaccia rappresentata dalla guerra ibrida (sovversione, uso dei social network per diffondere foto false, intimidazione con la presenza massiccia di truppe ai confini, disinformazione, propaganda, ecc.), in aggiunta alla guerra convenzionale”, spiegano gli strateghi NATO. Tra le adaption measures più rilevanti adottate in Galles, quella di triplicare il numero dei militari assegnati alla NATO Response Force (NRF), la forza di pronto intervento in grado di essere schierata in tempi rapidissimi in qualsiasi parte del pianeta e che proprio Trident Juncture 2015 dovrà certificarne centri di comando e controllo e capacità di risposta. “La Forza di risposta della NATO è un composto multinazionale tecnologicamente avanzato, rapidamente dispiegabile in operazioni speciali per fornire una risposta militare ad una crisi emergente”, ricorda l’analista Andrea Manciulli, autore di un recente saggio su L’evoluzione della Nato. “Discussa per la prima volta nel vertice di Praga del 2002 e raggiunta la piena capacità operativa nell’ottobre 2006, la Forza di reazione rapida è aperta ai paesi partner, una volta approvati dal Consiglio del Nord Atlantico, e si basa su un sistema a rotazione, inizialmente di 6 ed ora di 12 mesi, delle forze speciali terrestri, aeree e marittime degli alleati”. Alla NRF sono stati assegnati pure funzioni di polizia e gestione dell’“ordine pubblico” e d’intervento in caso di disastri. Così, alcune unità speciali sono state dispiegate in Grecia in occasione dei Giochi Olimpici del 2004 e a supporto delle lezioni presidenziali in Afghanistan nel settembre dello stesso anno; tra il settembre e l’ottobre del 2005 la NRF ha distribuito aiuti umanitari alle popolazioni colpite negli Stati Uniti dall’uragano “Katrina” e, poi, in Pakistan (dall’ottobre 2005 al febbraio 2006), dopo il violento terremoto che ha distrutto parte del paese. In attesa d’incorporare sino a 30.000 effettivi, la NRF già dispone di una brigata multinazionale (supportata da altre due brigate pre-designate all’impiego), due gruppi navali (lo Standing Nato Maritime Group SNMG e lo Standing Nato Mine Countermeasures Group SNMCG), una componente aerea, un’unità CBRN (Chemical, Biological, Radiological, Nuclear). Attori chiave della NRF sono i Rapid Deployable Corps (NRDC) che si esercitano con attività addestrative di durata anche semestrale nella conduzione di un’ampia gamma di missioni (dalla guerra ad alta intensità alla lotta contro il terrorismo o l’assistenza umanitaria in caso di disastri, ecc.). Gran Bretagna, Francia, Danimarca, Germania, Grecia, Italia, Olanda, Polonia, Norvegia, Romania, Spagna e Turchia sono i paesi europei che più contribuiscono finanziariamente e operativamente ai Corpi di Rapido Intervento NATO.\r\n\r\nA battesimo la nuova task force dell’Alleanza\r\nIl fondamento strategico per potenziare l’interoperabilità e le capacità di rischiaramento avanzato della Forze di pronto intervento è stato fissato nel 2013 dalla Connected Forces Initiative (CFI), l’iniziativa dell’Allied Command Transformation (ACT), il Comando alleato per la trasformazione con sede a Norfolk, Virginia, da cui dipendono una ventina di centri d’eccellenza NATO, due dei quali presenti in Italia (il Modelling & Simulation di Roma e lo Stability Policing COE di Vicenza). I documenti alleati prevedono a breve il rafforzamento della NRF con una brigata da combattimento di 2.500-3.000 uomini (con tre battaglioni di fanteria leggera, motorizzata o aeromobile, più alcuni battaglioni pesanti dotati di artiglieria, del genio, per la “difesa” NBC nucleare, batteriologica e chimica); un gruppo aereo composto da una quarantina tra velivoli da combattimento, di trasporto ed elicotteri, in grado di realizzare sino a 200 sortite al giorno; una task force navale formata da un gruppo guidato da una portaerei, un gruppo anfibio e un gruppo d’azione di superficie, per un totale di 10–12 navi. Fondamentale sarà il ruolo dei nuovi sistemi di telerilevamento ed intelligence, primo fra tutti l’AGS (Alliance Ground Surveillance) che a partire dal prossimo anno sarà attivato nella base siciliana di Sigonella grazie all’acquisizione di alcuni velivoli senza pilota Global Hawk di ultima generazione.\r\n\r\n \r\n\r\nL’esercitazione Trident Juncture 2015 consentirà di sperimentare per la prima volta in scala continentale quella che è destinata a fare da corpo d’élite della NRF, la Very High Readiness Joint Task Force (VJTF), la forza congiunta di pronto intervento opportunamente denominata Spearhead (punta di lancia). Prevista dal Readiness Action Plan, la VJTF sarà pienamente operativa a partire dal prossimo anno e verterà su una brigata di terra di 5.000 militari, supportata da forze aeree e navali speciali e, in caso di crisi maggiori, da due altre brigate con capacità di dispiegamento rapido, fornite a rotazione e su base annuale da alcuni paesi dell’Alleanza. La leadership sarà assunta alternativamente da Germania, Italia, Francia, Gran Bretagna, Polonia e Spagna. “La Spearhead force sarà in grado di essere schierata in meno di 48 ore”, afferma il Comando Nato. “In particolare, essa potrà essere di grande aiuto nel contrastare operazioni irregolari ibride come ad esempio lo schieramento di truppe senza le insegne nazionali o regolari e contro gruppi d’agitatori. Se saranno individuati infiltrati o pericoli di attacchi terroristici, la VJTC potrà essere inviata in un paese per operare a fianco della polizia nazionale e delle autorità di frontiera per bloccare le attività prima che si sviluppi una crisi”. Con la creazione della task force, la NATO ha riorganizzato quartier generali e comandi operativi: la Forza di pronto intervento NRF, nello specifico, è stata posta gerarchicamente sotto il controllo dei JFC - Joint Force Command di Brunssum (Olanda) e Napoli e di alcuni sottocomandi: per la componente terrestre (First German-Netherland Corps) quello di Münster, Germania; per la componente aerea (Joint Force Air Component HQ) Lione, Francia; per la componente navale (Spanish Maritime Force Command) Rota, Spagna; per le Forze Speciali (Polish Special Operations Command) Cracovia; per i Supporti logistici (Joint Logistic Support Group) Napoli.\r\n\r\nUn aeroporto ostaggio dei signori della guerra\r\nIl transito e il dispiegamento nello scalo siciliano di Trapani Birgi di decine di cacciabombardieri, aerei radar, velivoli cargo e rifornitori in volo non potrà che avere effetti pesantissimi sulla sicurezza e la regolarità del traffico aereo civile (grazie ai low cost questo aeroporto è uno dei più trafficati di tutto il sud Italia, ben 1.598.571 passeggeri in transito lo scorso anno). Nel trapanese è ancora vivo il ricordo di quanto avvenne nella primavera-estate del 2011, quando Birgi fu utilizzata dalla coalizione internazionale a guida USA-NATO per le operazioni di guerra contro la Libia di Gheddafi. In particolare, dal 21 al 31 marzo furono interdetti tutti i voli civili mentre successivamente, sino alla fine del mese di agosto, lo Stato Maggiore dell’Aeronautica impose un tetto massimo di 40 movimenti giornalieri che causò una drastica flessione del flusso estivo di turisti nelle province occidentali della Sicilia. Le operazioni di guerra in Libia proseguirono sino al 31 ottobre 2011, con grande dispiegamento a Birgi di uomini e mezzi dell’Aeronautica italiana e di alcuni partner NATO. I cacciabombardieri F-16 in dotazione allora al 37° Stormo dell’Aeronautica di Trapani Birgi operarono prima sotto il comando delle forze armate USA per il continente africano (US Africom) con compiti di “protezione e scorta delle missioni di soppressione delle difese aeree nemiche” ed “offensiva contro-aerea” e, successivamente, nell’ambito della missione NATO Unified Protector, per la “protezione di aerei rifornitori e radar AWACS, ricerca ed intercettazione di elicotteri ed aerei, implementazione della No Fly Zone”. A partire dal 1° aprile nello scalo siciliano fu costituito il T.G.A. - Task Group Air Birgi per coordinare le operazioni dei velivoli rischierati dall’Aeronautica (gli Eurofighter del 4° Stormo di Grosseto e del 36° Stormo di Gioia del Colle, i Tornado IDS del 6° Stormo di Ghedi-Brescia ed ECR del 50° Stormo di Piacenza, gli AMX del 32° Stormo di Amendola-Foggia e del 51° Stormo di Istrana-Treviso). In sette mesi di attività, i caccia italiani eseguirono da Trapani quasi 1.700 missioni per un totale di oltre 6.700 ore di volo, sganciando in Libia più di 500 tra bombe e missili da crociera a lunga gittata. Dal Task Group Air Birgi dipese pure l’utilizzo degli aerei senza pilota Predator B, in dotazione al 32° Stormo. A Trapani furono trasferiti infine sette caccia F-18 Hornet, due velivoli tanker C-150T e due CP-140 Aurora per la guerra elettronica delle forze armate canadesi, tre velivoli E-3A AWACS della NATO e due AWACS e due aerei da trasporto VC-10 Vickers britannici. Dallo scalo siciliano transitarono pure 300 aerei cargo e circa 2.000 tonnellate di materiale a disposizione della coalizione alleata. Stando alle stime ufficiali, la NATO avrebbe lanciato da Trapani quasi il 14% dei blitz aerei contro obiettivi libici.\r\n\r\n \r\n\r\nL’aeroporto di Birgi è classificato ancora come “scalo militare destinato al ruolo di Deployement Operating Base (DOB)”: sostiene cioè i rischieramenti di velivoli da guerra italiani e NATO, ma le sue due piste lunghe rispettivamente 2.695 e 2.620 metri, possono essere aperte al traffico aereo civile “a determinate condizioni”. Attualmente lo scalo ospita il Comando del 37° Stormo dell’Aeronautica, il 18° Gruppo di volo dotato di otto caccia multiruolo di ultima generazione Eurofighter Typhoon e l’82° Centro CSAR (Combat Search and Rescue), equipaggiato con gli elicotteri HH-3F, con compiti di ricerca e soccorso degli equipaggi dispersi e il trasporto sanitario d’urgenza. Dalla seconda metà degli anni Ottanta, Trapani Birgi è pure la base operativa avanzata (FOB) degli aerei-radar E-3A AWACS nell’ambito del programma multinazionale NATO Airborne Early Warning Force per la sorveglianza integrata dello spazio aereo, il cui comando generale è ospitato a Geilenkirchen (Germania). Da due anni a questa parte, l’aeroporto è utilizzato infine dall’industria Piaggio Aerospace (interamente controllata da un fondo degli Emirati Arabi Uniti) per testare i nuovi velivoli senza pilota P.1HH “HammerHead” (Squalo martello), prodotti negli stabilimenti di Villanova d’Albenga (Savona). Lo Squalo martello si posiziona nella fascia alta dei velivoli a pilotaggio remoto MALE (Medium Altitude Long Endurance); con un’apertura alare di 15,5 metri, il drone può raggiungere la quota di 13.700 metri e permanere in volo per più di 16 ore. 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Ospiti d’eccezione, i manager delle industrie militari di 15 Paesi. Molto interessati. I frequenti decolli e atterraggi comportano rischi elevatissimi per il traffico passeggeri di Birgi e per le migliaia di abitanti delle città di Trapani e Marsala e delle Isole Egadi? Poco interessa!\r\n\r\n“La prevista esercitazione internazionale Trident Juncture 2015, inizialmente pianificata per il prossimo autunno e che avrebbe portato oltre 80 velivoli e circa 5.000 militari di varie nazionalità a operare sull’aeroporto sardo di Decimomannu e a permanere nei territori circostanti per quattro settimane, è stata da tempo riprogrammata sull’aeroporto di Trapani”. L’annuncio, ai primi di giugno, è dell’ufficio stampa dello Stato maggiore dell’Aeronautica militare italiana. Trident Juncture 2015, la “più grande esercitazione NATO dalla fine della guerra fredda”, come è stata definita dal Comando generale dell’Alleanza Atlantica, avrà come centro nodale lo scalo aereo siciliano: dal 28 settembre al 6 novembre, cacciabombardieri, grandi velivoli da trasporto e aerei spia decolleranno dalle piste di Birgi per simulare attacchi contro unità navali, sottomarini e target terrestri e testare i nuovi sistemi di distruzione di massa.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Antonio Mazzeo, autore dell'articolo che state leggendo, comparso inizialmente su \"Casablanca. Le siciliane\" e sul blog dell'autore.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2015-09-01-antoniomazzeo-trident\r\n\r\nAl ministero della Difesa, a Roma, si smentisce che il trasferimento dei war games in Sicilia sia stato determinato dalle azioni di lotta dei comitati locali sardi che si oppongono all’asfissiante processo di militarizzazione della Sardegna. Eppure, in un primo momento, una nota del comando militare aveva riportato testualmente che nell’Isola “erano venute a mancare le condizioni per operare con la serenità necessaria per un’attività di tale portata e complessità, che coinvolgerà tutte le aeronautiche dei Paesi NATO”. Poi, invece, hanno spiegato che dietro il dirottamento a Trapani di uomini e mezzi alleati c’erano solo ragioni di tipo tattico o geografiche. “In relazione allo svolgimento dell’esercitazione Trident Juncture 2015 – spiega lo Stato maggiore dell’Aeronautica - la scelta della base di Trapani, unitamente ad altre aree operative nazionali utilizzate dalle altre componenti, è stata presa in considerazione per motivi eminentemente logistici, operativi e di distanze percorribili per ottimizzare le risorse a disposizione e per la pregressa esperienza maturata nel corso di altre operazioni condotte sulla base”.\r\n\r\nTrident Juncture interesserà lo spazio aereo e marittimo compreso tra lo Stretto di Gibilterra e il Mediterraneo centrale e i grandi poligoni di guerra di Spagna, Portogallo e Italia. Sotto la supervisione del JFC - Joint Force Command Neaples (JFC), il comando alleato con quartier generale a Lago Patria (Napoli), prenderanno parte alla maxi esercitazione oltre 30.000 militari, 200 velivoli e 50 unità navali di 33 nazioni (i 28 membri NATO più 5 partner internazionali). Ospiti d’eccezione, i manager delle industrie militari di 15 Paesi, \u003Cmark>onde\u003C/mark> consentire una “conoscenza più amplia e più profonda tra il settore produttivo e il regime addestrativo dell’Alleanza”, come dichiarato dal Comando NATO di Bruxelles. “Trident Juncture è finalizzata all’addestramento e alla verifica delle capacità dei suoi assetti aerei, terrestri, navali e delle forze speciali, nell’ambito di una forza ad elevata prontezza d’impiego e tecnologicamente avanzata, da utilizzare rapidamente ovunque sia necessario”, spiegano i vertici militari. “L’esercitazione simulerà uno scenario adattato alle \u003Cmark>nuove\u003C/mark> minacce, come la cyberwar e la guerra asimmetrica e rappresenterà, inoltre, per gli alleati ed i partner, l’occasione per migliorare l’interoperabilità della NATO in un ambiente complesso ad alta conflittualità”\r\n\r\nAll’ultimo vertice dell’Alleanza tenutosi in Galles nel settembre dello scorso anno, è stato approvato il cosiddetto Readiness Action Plan (RAP) che prevede l’implementazione di una serie di strumenti militari per consentire alla NATO di “rispondere velocemente e con fermezza” alle minacce che intende affrontare nell’immediato futuro nell’area compresa tra il Medio Oriente e il Nord Africa e nell’Europa centrale ed orientale, specie alla luce della recente crisi in Ucraina. “Il nuovo Piano di pronto intervento prevede anche un cambiamento della postura delle forze armate alleate di fronte alla minaccia rappresentata dalla guerra ibrida (sovversione, uso dei social network per diffondere foto false, intimidazione con la presenza massiccia di truppe ai confini, disinformazione, propaganda, ecc.), in aggiunta alla guerra convenzionale”, spiegano gli strateghi NATO. Tra le adaption measures più rilevanti adottate in Galles, quella di triplicare il numero dei militari assegnati alla NATO Response Force (NRF), la forza di pronto intervento in grado di essere schierata in tempi rapidissimi in qualsiasi parte del pianeta e che proprio Trident Juncture 2015 dovrà certificarne centri di comando e controllo e capacità di risposta. “La Forza di risposta della NATO è un composto multinazionale tecnologicamente avanzato, rapidamente dispiegabile in operazioni speciali per fornire una risposta militare ad una crisi emergente”, ricorda l’analista Andrea Manciulli, autore di un recente saggio su L’evoluzione della Nato. “Discussa per la prima volta nel vertice di Praga del 2002 e raggiunta la piena capacità operativa nell’ottobre 2006, la Forza di reazione rapida è aperta ai paesi partner, una volta approvati dal Consiglio del Nord Atlantico, e si basa su un sistema a rotazione, inizialmente di 6 ed ora di 12 mesi, delle forze speciali terrestri, aeree e marittime degli alleati”. Alla NRF sono stati assegnati pure funzioni di polizia e gestione dell’“ordine pubblico” e d’intervento in caso di disastri. Così, alcune unità speciali sono state dispiegate in Grecia in occasione dei Giochi Olimpici del 2004 e a supporto delle lezioni presidenziali in Afghanistan nel settembre dello stesso anno; tra il settembre e l’ottobre del 2005 la NRF ha distribuito aiuti umanitari alle popolazioni colpite negli Stati Uniti dall’uragano “Katrina” e, poi, in Pakistan (dall’ottobre 2005 al febbraio 2006), dopo il violento terremoto che ha distrutto parte del paese. In attesa d’incorporare sino a 30.000 effettivi, la NRF già dispone di una brigata multinazionale (supportata da altre due brigate pre-designate all’impiego), due gruppi navali (lo Standing Nato Maritime Group SNMG e lo Standing Nato Mine Countermeasures Group SNMCG), una componente aerea, un’unità CBRN (Chemical, Biological, Radiological, Nuclear). Attori chiave della NRF sono i Rapid Deployable Corps (NRDC) che si esercitano con attività addestrative di durata anche semestrale nella conduzione di un’ampia gamma di missioni (dalla guerra ad alta intensità alla lotta contro il terrorismo o l’assistenza umanitaria in caso di disastri, ecc.). Gran Bretagna, Francia, Danimarca, Germania, Grecia, Italia, Olanda, Polonia, Norvegia, Romania, Spagna e Turchia sono i paesi europei che più contribuiscono finanziariamente e operativamente ai Corpi di Rapido Intervento NATO.\r\n\r\nA battesimo la nuova task force dell’Alleanza\r\nIl fondamento strategico per potenziare l’interoperabilità e le capacità di rischiaramento avanzato della Forze di pronto intervento è stato fissato nel 2013 dalla Connected Forces Initiative (CFI), l’iniziativa dell’Allied Command Transformation (ACT), il Comando alleato per la trasformazione con sede a Norfolk, Virginia, da cui dipendono una ventina di centri d’eccellenza NATO, due dei quali presenti in Italia (il Modelling & Simulation di Roma e lo Stability Policing COE di Vicenza). I documenti alleati prevedono a breve il rafforzamento della NRF con una brigata da combattimento di 2.500-3.000 uomini (con tre battaglioni di fanteria leggera, motorizzata o aeromobile, più alcuni battaglioni pesanti dotati di artiglieria, del genio, per la “difesa” NBC nucleare, batteriologica e chimica); un gruppo aereo composto da una quarantina tra velivoli da combattimento, di trasporto ed elicotteri, in grado di realizzare sino a 200 sortite al giorno; una task force navale formata da un gruppo guidato da una portaerei, un gruppo anfibio e un gruppo d’azione di superficie, per un totale di 10–12 navi. Fondamentale sarà il ruolo dei nuovi sistemi di telerilevamento ed intelligence, primo fra tutti l’AGS (Alliance Ground Surveillance) che a partire dal prossimo anno sarà attivato nella base siciliana di Sigonella grazie all’acquisizione di alcuni velivoli senza pilota Global Hawk di ultima generazione.\r\n\r\n \r\n\r\nL’esercitazione Trident Juncture 2015 consentirà di sperimentare per la prima volta in scala continentale quella che è destinata a fare da corpo d’élite della NRF, la Very High Readiness Joint Task Force (VJTF), la forza congiunta di pronto intervento opportunamente denominata Spearhead (punta di lancia). Prevista dal Readiness Action Plan, la VJTF sarà pienamente operativa a partire dal prossimo anno e verterà su una brigata di terra di 5.000 militari, supportata da forze aeree e navali speciali e, in caso di crisi maggiori, da due altre brigate con capacità di dispiegamento rapido, fornite a rotazione e su base annuale da alcuni paesi dell’Alleanza. La leadership sarà assunta alternativamente da Germania, Italia, Francia, Gran Bretagna, Polonia e Spagna. “La Spearhead force sarà in grado di essere schierata in meno di 48 ore”, afferma il Comando Nato. “In particolare, essa potrà essere di grande aiuto nel contrastare operazioni irregolari ibride come ad esempio lo schieramento di truppe senza le insegne nazionali o regolari e contro gruppi d’agitatori. Se saranno individuati infiltrati o pericoli di attacchi terroristici, la VJTC potrà essere inviata in un paese per operare a fianco della polizia nazionale e delle autorità di frontiera per bloccare le attività prima che si sviluppi una crisi”. Con la creazione della task force, la NATO ha riorganizzato quartier generali e comandi operativi: la Forza di pronto intervento NRF, nello specifico, è stata posta gerarchicamente sotto il controllo dei JFC - Joint Force Command di Brunssum (Olanda) e Napoli e di alcuni sottocomandi: per la componente terrestre (First German-Netherland Corps) quello di Münster, Germania; per la componente aerea (Joint Force Air Component HQ) Lione, Francia; per la componente navale (Spanish Maritime Force Command) Rota, Spagna; per le Forze Speciali (Polish Special Operations Command) Cracovia; per i Supporti logistici (Joint Logistic Support Group) Napoli.\r\n\r\nUn aeroporto ostaggio dei signori della guerra\r\nIl transito e il dispiegamento nello scalo siciliano di Trapani Birgi di decine di cacciabombardieri, aerei radar, velivoli cargo e rifornitori in volo non potrà che avere effetti pesantissimi sulla sicurezza e la regolarità del traffico aereo civile (grazie ai low cost questo aeroporto è uno dei più trafficati di tutto il sud Italia, ben 1.598.571 passeggeri in transito lo scorso anno). Nel trapanese è ancora vivo il ricordo di quanto avvenne nella primavera-estate del 2011, quando Birgi fu utilizzata dalla coalizione internazionale a guida USA-NATO per le operazioni di guerra contro la Libia di Gheddafi. In particolare, dal 21 al 31 marzo furono interdetti tutti i voli civili mentre successivamente, sino alla fine del mese di agosto, lo Stato Maggiore dell’Aeronautica impose un tetto massimo di 40 movimenti giornalieri che causò una drastica flessione del flusso estivo di turisti nelle province occidentali della Sicilia. Le operazioni di guerra in Libia proseguirono sino al 31 ottobre 2011, con grande dispiegamento a Birgi di uomini e mezzi dell’Aeronautica italiana e di alcuni partner NATO. I cacciabombardieri F-16 in dotazione allora al 37° Stormo dell’Aeronautica di Trapani Birgi operarono prima sotto il comando delle forze armate USA per il continente africano (US Africom) con compiti di “protezione e scorta delle missioni di soppressione delle difese aeree nemiche” ed “offensiva contro-aerea” e, successivamente, nell’ambito della missione NATO Unified Protector, per la “protezione di aerei rifornitori e radar AWACS, ricerca ed intercettazione di elicotteri ed aerei, implementazione della No Fly Zone”. A partire dal 1° aprile nello scalo siciliano fu costituito il T.G.A. - Task Group Air Birgi per coordinare le operazioni dei velivoli rischierati dall’Aeronautica (gli Eurofighter del 4° Stormo di Grosseto e del 36° Stormo di Gioia del Colle, i Tornado IDS del 6° Stormo di Ghedi-Brescia ed ECR del 50° Stormo di Piacenza, gli AMX del 32° Stormo di Amendola-Foggia e del 51° Stormo di Istrana-Treviso). In sette mesi di attività, i caccia italiani eseguirono da Trapani quasi 1.700 missioni per un totale di oltre 6.700 ore di volo, sganciando in Libia più di 500 tra bombe e missili da crociera a lunga gittata. Dal Task Group Air Birgi dipese pure l’utilizzo degli aerei senza pilota Predator B, in dotazione al 32° Stormo. A Trapani furono trasferiti infine sette caccia F-18 Hornet, due velivoli tanker C-150T e due CP-140 Aurora per la guerra elettronica delle forze armate canadesi, tre velivoli E-3A AWACS della NATO e due AWACS e due aerei da trasporto VC-10 Vickers britannici. Dallo scalo siciliano transitarono pure 300 aerei cargo e circa 2.000 tonnellate di materiale a disposizione della coalizione alleata. Stando alle stime ufficiali, la NATO avrebbe lanciato da Trapani quasi il 14% dei blitz aerei contro obiettivi libici.\r\n\r\n \r\n\r\nL’aeroporto di Birgi è classificato ancora come “scalo militare destinato al ruolo di Deployement Operating Base (DOB)”: sostiene cioè i rischieramenti di velivoli da guerra italiani e NATO, ma le sue due piste lunghe rispettivamente 2.695 e 2.620 metri, possono essere aperte al traffico aereo civile “a determinate condizioni”. Attualmente lo scalo ospita il Comando del 37° Stormo dell’Aeronautica, il 18° Gruppo di volo dotato di otto caccia multiruolo di ultima generazione Eurofighter Typhoon e l’82° Centro CSAR (Combat Search and Rescue), equipaggiato con gli elicotteri HH-3F, con compiti di ricerca e soccorso degli equipaggi dispersi e il trasporto sanitario d’urgenza. Dalla seconda metà degli anni Ottanta, Trapani Birgi è pure la base operativa avanzata (FOB) degli aerei-radar E-3A AWACS nell’ambito del programma multinazionale NATO Airborne Early Warning Force per la sorveglianza integrata dello spazio aereo, il cui comando generale è ospitato a Geilenkirchen (Germania). Da due anni a questa parte, l’aeroporto è utilizzato infine dall’industria Piaggio Aerospace (interamente controllata da un fondo degli Emirati Arabi Uniti) per testare i nuovi velivoli senza pilota P.1HH “HammerHead” (Squalo martello), prodotti negli stabilimenti di Villanova d’Albenga (Savona). Lo Squalo martello si posiziona nella fascia alta dei velivoli a pilotaggio remoto MALE (Medium Altitude Long Endurance); con un’apertura alare di 15,5 metri, il drone può raggiungere la quota di 13.700 metri e permanere in volo per più di 16 ore. 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Salvo poi rispondersi da soli con le immagini in diretta da Washington. Ovviamente Sabrina Moles, che ci accompagna in questa panoramica settimanale sui fatti del mondo indo-pacifico non ha aluso la domanda spiegando l’accelerazione della transizione con le necessità dello sviluppo economico vertiginoso. In realtà la domanda reale è quale sia lo stato dell'arte degl accordi economici con l resto del mondo, che in questo periodo vedono giungere a conclusioni trattative. Dopo il Rpec e la concessione di nuove possibilità di investimenti stranieri in Cina sono in dirittura d’arrivo o conclusi accordi con la Comunità europea, il Vietnam, la Turchia e si avvierà il Focac, il Forum sino-africano che si terrà a Dakar.\r\n\r\nL'Africa è per Pechino la nuova piattaforma della cooperazione internazionale; e Sabrina estrae un documento interessante dal cappello dell'attenta sinologa, Noam Chomsky viene evocato per gli investimenti non solo strategici che permangono, ma anche nel mondo dei media per instillare nei paesi toccati dalla cooperazione (e dalla Bri) i punti di vista, i principi, le teorie e le prassi delal cultura cinese. La differenza tra neocolonialismo cinese e quello occidentale – che hanno gli stessi fini predatori – è nella convinzione cinese che la \"collaborazione” predicata dagli occidentali sia più invasiva, mentre quella di Pechino sarebbe (subdolamente?) rispettosa delal sovranità nazionale.\r\n\r\nAltre notizie relative agli eventi interni della Rpc riguardano una piccola rivoluzione dela leadership militare, ancora più addensata nelle mani di Xi. In questo caso ci si è chiesti se non sia un sintomo della percezione di pericolo derivante dal minaccioso riarmo e di accordi tra nazioni in funzione anticinese, per contenere l’espansionismo sul quadrante indo-pacifico.\r\n\r\nSi è poi affrontato l’atteggiamento nei confronti del capitalismo interno al paese, prendendo spunto dalla caduta di Jack Maa (Alibaba) e l’ascesa di Zhong Shan Shan (impero delel acque minerali) e in questo caso si è individuato il nodo nelle leggi contro il monopolio e nelle prassi di accesso alla politica che rimangono inaggirabili: va percorso un cursus politico e non esistono scorciatoie al di fuori del partito.\r\n\r\nE infine riprendiamo il problema degli uyguri, con Erdogan che fa accordi con quella Cina, che opprime i turcofoni del Nordovest della Cina: sarebbe intollerabile nella narrazione identitaria di Erdogan, se la Cina non avesse investito 3 miliardi di dollari in Turchia – per Pechino la porta per l'Europa – negli ultimi anni... e guarda caso sono arrivati in porto accordi di estradizione per i dissidenti dello Xinjiang.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/OrientePress03.mp3\"][/audio]","9 Gennaio 2021","2021-01-09 13:02:33","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/53-arrestati-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/53-arrestati-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/53-arrestati-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/53-arrestati-1024x683.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/53-arrestati-768x512.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/53-arrestati.jpg 1152w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","ONDE INDOPACIFICHE #03",1610185793,[229,230,231,232,233,234,235,236],"http://radioblackout.org/tag/chomsky/","http://radioblackout.org/tag/focac/","http://radioblackout.org/tag/hong-kong/","http://radioblackout.org/tag/jack-maa/","http://radioblackout.org/tag/uyguri/","http://radioblackout.org/tag/vietnam/","http://radioblackout.org/tag/xi-jinping/","http://radioblackout.org/tag/xinjiang/",[238,239,240,241,242,243,244,245],"Chomsky","Focac","Hong Kong","Jack Maa","uyguri","Vietnam","Xi Jinping","Xinjiang",{"post_content":247,"post_title":251},{"matched_tokens":248,"snippet":249,"value":250},[68],"Rpec e la concessione di \u003Cmark>nuove\u003C/mark> possibilità di investimenti stranieri in","Una puntata tutta sbilanciata sulla Cina, che ha lasciato poco spazio al resto dell’area di interesse della rubrica.\r\n\r\nLa domanda che sinologi e commentatori esperti di Cina si sono sentiti rivolgere più spesso in questi giorni riguarda i 53 arresti di appartenenti ad alto livello dell’opposizione, o comunque maggiormente esposti nelel proteste che da un paio d’anni scuotono l’ex protettorato britannico. Salvo poi rispondersi da soli con le immagini in diretta da Washington. Ovviamente Sabrina Moles, che ci accompagna in questa panoramica settimanale sui fatti del mondo indo-pacifico non ha aluso la domanda spiegando l’accelerazione della transizione con le necessità dello sviluppo economico vertiginoso. In realtà la domanda reale è quale sia lo stato dell'arte degl accordi economici con l resto del mondo, che in questo periodo vedono giungere a conclusioni trattative. Dopo il Rpec e la concessione di \u003Cmark>nuove\u003C/mark> possibilità di investimenti stranieri in Cina sono in dirittura d’arrivo o conclusi accordi con la Comunità europea, il Vietnam, la Turchia e si avvierà il Focac, il Forum sino-africano che si terrà a Dakar.\r\n\r\nL'Africa è per Pechino la nuova piattaforma della cooperazione internazionale; e Sabrina estrae un documento interessante dal cappello dell'attenta sinologa, Noam Chomsky viene evocato per gli investimenti non solo strategici che permangono, ma anche nel mondo dei media per instillare nei paesi toccati dalla cooperazione (e dalla Bri) i punti di vista, i principi, le teorie e le prassi delal cultura cinese. La differenza tra neocolonialismo cinese e quello occidentale – che hanno gli stessi fini predatori – è nella convinzione cinese che la \"collaborazione” predicata dagli occidentali sia più invasiva, mentre quella di Pechino sarebbe (subdolamente?) rispettosa delal sovranità nazionale.\r\n\r\nAltre notizie relative agli eventi interni della Rpc riguardano una piccola rivoluzione dela leadership militare, ancora più addensata nelle mani di Xi. In questo caso ci si è chiesti se non sia un sintomo della percezione di pericolo derivante dal minaccioso riarmo e di accordi tra nazioni in funzione anticinese, per contenere l’espansionismo sul quadrante indo-pacifico.\r\n\r\nSi è poi affrontato l’atteggiamento nei confronti del capitalismo interno al paese, prendendo spunto dalla caduta di Jack Maa (Alibaba) e l’ascesa di Zhong Shan Shan (impero delel acque minerali) e in questo caso si è individuato il nodo nelle leggi contro il monopolio e nelle prassi di accesso alla politica che rimangono inaggirabili: va percorso un cursus politico e non esistono scorciatoie al di fuori del partito.\r\n\r\nE infine riprendiamo il problema degli uyguri, con Erdogan che fa accordi con quella Cina, che opprime i turcofoni del Nordovest della Cina: sarebbe intollerabile nella narrazione identitaria di Erdogan, se la Cina non avesse investito 3 miliardi di dollari in Turchia – per Pechino la porta per l'Europa – negli ultimi anni... e guarda caso sono arrivati in porto accordi di estradizione per i dissidenti dello Xinjiang.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/OrientePress03.mp3\"][/audio]",{"matched_tokens":252,"snippet":254,"value":254},[253],"ONDE","\u003Cmark>ONDE\u003C/mark> INDOPACIFICHE #03",[256,258],{"field":145,"matched_tokens":257,"snippet":254,"value":254},[253],{"field":73,"matched_tokens":259,"snippet":249,"value":250},[68],1155190875668611000,{"best_field_score":262,"best_field_weight":263,"fields_matched":11,"num_tokens_dropped":44,"score":264,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":44},"1108091338752",15,"1155190875668611194",{"document":266,"highlight":293,"highlights":301,"text_match":260,"text_match_info":306},{"cat_link":267,"category":268,"comment_count":44,"id":269,"is_sticky":44,"permalink":270,"post_author":47,"post_content":271,"post_date":272,"post_excerpt":88,"post_id":269,"post_modified":273,"post_thumbnail":274,"post_thumbnail_html":275,"post_title":276,"post_type":55,"sort_by_date":277,"tag_links":278,"tags":287},[41],[43],"65298","http://radioblackout.org/2020/12/di-cosa-parliamo-quando-parliamo-di-oriente01/","Preso atto della difficoltà nel riportare notizie, anche brevi, dal contintente asiatico all’interno della rassegna stampa, abbiamo deciso di affidarci a Sabrina Moles, redattrice di “China Files”, per commentarle e discuterne insieme in una nuova rubrica che speriamo si consolidi nel tempo.\r\n\r\nCi sembrava opportuno inaugurare questa collaborazione approfondendo il dibattito lanciato da un articolo di Marco Fumian pubblicato su sinosfere sul ruolo dei sinologi nella “nuova era inaugurata da Xi Jinping” e ripreso da Simone Pieranni. Andiamo a scoprire quindi il punto di vista di Sabrina Moles sui limiti ma anche sulle possibilità che offre una corretta informazione dalla Cina ma non solo.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/New-Era-Sinologists.mp3\"][/audio]\r\nDownload\r\nEcco gli argomenti trattati nella puntata di giovedì 10 dicembre.\r\n\r\nCoree - Duro attacco di Seoul alla Corea del Nord per mano della ministra degli esteri sudcoreana che ha definito poco credibili le dichiarazioni di debellazione del covid sul territorio nordcoreano. Immediata la risposta di Kim Yo-jong (sorella del leader Kim ) che ha avvertito che le già instabili relazioni intercoreane potrebbero drasticamente peggiorare.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/Coree.mp3\"][/audio]\r\nDownload\r\n\r\n\r\nConflitto Indocinese – Dagli scontri del settembre scorso sul confine himalayano ai divieti imposti alla tecnologia cinese da Delhi, impegnata sul fronte interno a frenare una delle ondate di scioperi più imponenti nella storia. Milioni di contadini indiani hanno infatti incrociato le braccia contro le nuove leggi sull’agricoltura e sono scesi in strada bloccando per ore le principali arterie del paese.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/Indiacina.mp3\"][/audio]\r\nDownload\r\n \r\n\r\nQuestione Rohingya – La popolazione musulmana è segregata in veri propri lager sia in Myanmar nel quartiere musulmano di Sittwe da cui non è permesso a nessuno di entrare o uscire, sia in bangladesh dove milioni di persone si erano rifugiati dai pogrom birmani e adesso rischiano di rimanere confinati nel campo profughi in costruzione sull’isola di Bhasan char, a largo delle coste del paese nel golfo del Bengala.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/Rohingyas.mp3\"][/audio]\r\nDownload","12 Dicembre 2020","2020-12-13 00:56:32","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/Portuguese_map_of_Asia_1630-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"181\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/Portuguese_map_of_Asia_1630-300x181.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/Portuguese_map_of_Asia_1630-300x181.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/Portuguese_map_of_Asia_1630-1024x619.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/Portuguese_map_of_Asia_1630-768x464.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/Portuguese_map_of_Asia_1630-1536x929.jpg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/Portuguese_map_of_Asia_1630-2048x1238.jpg 2048w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Onde Indo-Pacifiche#01",1607774885,[279,280,281,282,283,284,285,286],"http://radioblackout.org/tag/bhasan-char/","http://radioblackout.org/tag/cina/","http://radioblackout.org/tag/corea/","http://radioblackout.org/tag/india/","http://radioblackout.org/tag/kim-yo-jong/","http://radioblackout.org/tag/myanmar/","http://radioblackout.org/tag/rohingya/","http://radioblackout.org/tag/sittwe/",[29,288,289,290,25,291,292,19],"cina","Corea","india","myanmar","Rohingya",{"post_content":294,"post_title":298},{"matched_tokens":295,"snippet":296,"value":297},[68],"incrociato le braccia contro le \u003Cmark>nuove\u003C/mark> leggi sull’agricoltura e sono scesi","Preso atto della difficoltà nel riportare notizie, anche brevi, dal contintente asiatico all’interno della rassegna stampa, abbiamo deciso di affidarci a Sabrina Moles, redattrice di “China Files”, per commentarle e discuterne insieme in una nuova rubrica che speriamo si consolidi nel tempo.\r\n\r\nCi sembrava opportuno inaugurare questa collaborazione approfondendo il dibattito lanciato da un articolo di Marco Fumian pubblicato su sinosfere sul ruolo dei sinologi nella “nuova era inaugurata da Xi Jinping” e ripreso da Simone Pieranni. 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Oltre ai consueti viaggi tra gli zoccoli duri e le nuove onde oggi abbiamo fatto una lunga chiacchierata con Anna Bolena in diretta telefonica da Berlino per continuare a parlare di lotta in solidarietà col popolo Palestinese nei confini dello stato Tedesco e non solo.\r\n\r\nQui di seguito potete ascoltare il programma intero:\r\n\r\nradio bizarre 29 giu 2024\r\n\r\nQui, invece, trovate l'audio della telefonata con Anna Bolena:\r\n\r\ndiretta con anna bolena 29 giu 2024\r\n\r\n\r\n\r\nQui il link alla precedente chiacchierata\r\n\r\nhttps://radioblackout.org/podcast/radio-bizarre-18-maggio-2024/","20 Luglio 2024","2024-07-20 09:11:23","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/againstisraelpinkwash-200x110.jpg","radio bizarre 29 giugno 2024","podcast",1721466275,[375,376,377,378,379,380],"http://radioblackout.org/tag/anna-bolena/","http://radioblackout.org/tag/free-palestine/","http://radioblackout.org/tag/lotte-pro-pal-in-berlino-e-germania/","http://radioblackout.org/tag/nuove-onde/","http://radioblackout.org/tag/radio-bizzarre/","http://radioblackout.org/tag/zoccoli-duri/",[382,383,384,309,385,339],"anna bolena","free palestine","lotte pro-pal in Berlino e Germania","radio bizzarre",{"post_content":387,"tags":391},{"matched_tokens":388,"snippet":389,"value":390},[68,67],"gli zoccoli duri e le \u003Cmark>nuove\u003C/mark> \u003Cmark>onde\u003C/mark> oggi abbiamo fatto una lunga","Ultima trasmissione della stagione per radio bizzarre prima di una lunga pausa estiva. 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