","Romeo e Catalin. Vendetta di Stato","post",1447778346,[60,61,62,63,64,65,66],"http://radioblackout.org/tag/catalin/","http://radioblackout.org/tag/cie/","http://radioblackout.org/tag/espulsioni/","http://radioblackout.org/tag/occupazione-di-avion/","http://radioblackout.org/tag/presidio-al-cie/","http://radioblackout.org/tag/romeo/","http://radioblackout.org/tag/via-asti/",[19,68,23,31,27,17,21],"cie",{"post_content":70,"post_title":76,"tags":79},{"matched_tokens":71,"snippet":74,"value":75},[72,73,72],"di","Avion","e Catalin, due giovani occupanti \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>Avion\u003C/mark>, l'ex caserma \u003Cmark>di\u003C/mark> via Asti","Oggi è prevista la deportazione in Romania \u003Cmark>di\u003C/mark> Romeo e Catalin, due giovani occupanti \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>Avion\u003C/mark>, l'ex caserma \u003Cmark>di\u003C/mark> via Asti occupata per 12 giorni da 26 famiglie rom sgomberate dal social housing \u003Cmark>di\u003C/mark> lungo Stura Lazio. Fermati durante lo sgombero, sono stati portati al CIE, nonostante siano cittadini europei. Nel CIE sono rimasti anche dopo la convalida dell'espulsione fatta dal giudice lo scorso sabato.\r\nDopo la convalida, secondo la normativa, avrebbero dovuto essere subito portati in Romania o liberati. All'avvocato che ne ha chiesto i motivi, il giudice ha risposto che dovevano essere rinchiusi per un tempo \"ragionevole\". Peccato che le leggi non contemplino nessuna \"ragionavole\" carcerazione.\r\n\r\nEvidente che la scelta dell'espulsione è squisitamente politica. Chi alza la testa finisce nei guai! Un monito per chi rifiuta la strada e occupa una casa vuota per viverci.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Gianluca Vitale, il loro avvocato, che ci ha aiutato a dipanare il groviglio giuridico su questa vicenda.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2015-11-17-vitale-espulsione-rom\r\n\r\n\u003Cmark>Di\u003C/mark> seguito un resoconto della vicenda e del presidio \u003Cmark>di\u003C/mark> sabato.\r\n\r\nRomeo e Catalin hanno vegliato per 12 giorni il sonno degli occupanti \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>Avion\u003C/mark>, in via Asti, la ex caserma diventata casa per 22 famiglie sfrattate dai social housing e sgomberate dalla baraccopoli \u003Cmark>di\u003C/mark> Lungo Stura Lazio. Giovedì scorso, durante lo sgombero \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>Avion\u003C/mark>, sono stati arrestati e rinchiusi nel CIE, in attesa della convalida del decreto \u003Cmark>di\u003C/mark> espulsione. Per loro la libera circolazione non vale. Sebbene siano cittadini rumeni e quindi europei, hanno subito la stessa sorte degli altri indesiderabili, perché poveri, sfrattati a forza dall’Europa.\r\nRomeo e Catalin sono stati imprigionati perché hanno deciso \u003Cmark>di\u003C/mark> non chinare la testa, \u003Cmark>di\u003C/mark> non rassegnarsi, \u003Cmark>di\u003C/mark> prendersi una casa abbandonata, per viverci una vita degna.\r\n\r\nAlla notizia che Romeo e Catalin sarebbero stati espulsi il presidio \u003Cmark>di\u003C/mark> parenti e solidali che si era radunato sotto le mura del CIE \u003Cmark>di\u003C/mark> corso Brunelleschi ha fatto sentire forte la propria solidarietà. I parenti dei due ragazzi hanno gridato la loro rabbia e il loro amore.\r\nForti si sono levate le voci dei solidali. Libertà! Libertate! Casa per tutti! Slogan contro le galere, contro i muri che separano gli affetti, ma non spezzano la solidarietà.\r\nDall’interno i reclusi hanno urlato in risposta. Un pallone si è levato alto sopra le mura.\r\n\r\nSulla via del ritorno la digos ha identificato l’auto dove viaggiavano alcuni parenti e solidali.\r\n\r\nIn serata si è diffusa la notizia che al CIE era scoppiata la rivolta. Tre sezioni su cinque erano in fiamme. Ancora una volta i prigionieri hanno distrutto la gabbia, che ne teneva in ostaggio le vite.\r\n\r\nVogliamo Romeo e Catalin con noi. Tutti liberi!",{"matched_tokens":77,"snippet":78,"value":78},[72],"Romeo e Catalin. 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Durante lo sgombero due ragazzi dell’occupazione sono stati portati al CIE e dopo cinque giorni deportati in Romania. La nuova occupazione si chiama come loro “Casa di Romeo e Catalin”, la casa di chi lotta per la propria vita, per la propria dignità.\r\n\r\nLe famiglie della nuova occupazione per tanti anni sono state costrette a vivere in miseria, nelle baracche ai margini della città. Recentemente, queste donne, uomini e bambini sono stati sgomberati da quello che le istituzioni hanno sempre chiamato il “campo nomadi” di Lungo Stura Lazio. Nessuna di queste persone si definirebbe un “nomade”; bastano le loro esperienze di vita per dimostrare la falsità di quello che le istituzioni vogliono far credere agli abitanti della città nei confronti di centinaia di persone che da più di dieci anni vivono a Torino.\r\nBisogna ascoltare le storie di vita di queste famiglie per capire come le istituzioni e mass-media hanno diffuso un racconto fondato su razzismo e discriminazione. Un racconto in cui questi uomini, donne, bambini, anziani sono presentati come una tribù che per la sua “cultura” muta spesso il luogo della dimora, come se nel loro sangue scorresse l'olio di un motore che nessuno vede.\r\nBisogna ascoltare la storia di queste persone per capire che per tanti versi le loro esperienze sono simili a quelle di tanti altri abitanti di Torino. Nel 2015, la città di Torino è stata nominata sulla carta “Capitale dello sport” ma sappiamo che in realtà da anni la stessa città è la Capitale degli Sfratti. Ci dicono che lo sport “deve essere patrimonio di tutti gli uomini e di tutte le classi sociali”, ma sentiamo la voce di migliaia di persone convinte che in primo luogo è la casa che deve essere patrimonio di tutti e soprattutto dei più poveri. I più ricchi, i padroni di alberghi e di interi palazzi, i governanti della “capitale dello sport”, dicevano che nel 2015 questa città avrebbe vissuto una “emozione di sentirsi comunità”. L'ipocrisia istituzionale non ha mai limiti, soprattutto in una città dove, solo nel 2014, quasi quattromilasettecento persone sono state sfrattate: queste persone sicuramente non hanno sentito l'emozione di sentirsi comunità...\r\n\r\nLe persone che oggi hanno occupato una sede abbandonata dell’ASL hanno vissuto in Lungo Stura Lazio per necessità, e non perché “nomadi”. Dopo l'ultimo sgombero subìto nelle scorse settimane sulla riva del fiume, loro avevano deciso di occupare uno spazio abitativo all'interno della caserma La Marmora, in via Asti. L'associazione che gestiva la caserma si chiama Terra del Fuoco, insieme alla quale altre associazioni e cooperative si sono spartite più di cinque milioni di euro - soldi pubblici spesi con il progetto La Città Possibile - promettendo una casa e soldi agli abitanti del campo; mentre il comune ordinava alle ruspe di demolire le loro baracche lasciando centinaia di persone senza nessuna alternativa abitativa!\r\n\r\nDopo un paio di settimane li hanno sgomberati anche dall'occupazione di via Asti, dicendo che era un'occupazione illegale. Invece sei mesi prima sono stati in tanti, tra politici e magistrati, a dire che l'occupazione dello stesso posto, da parte di Terra del Fuoco, era giusta perché “ristabiliva la pubblica utilità”.\r\n\r\nOggi queste persone, ex abitanti di Lungo Stura e via Asti, hanno deciso di continuare la lotta per la dignità, per una casa. Davanti alla prospettiva di dormire in strada nei giorni più freddi della stagione, hanno deciso di occupare questo spazio vuoto. Per necessità. Sono convinti che questa azione non solo ristabilisce la pubblica utilità di uno spazio abbandonato ma credono che sia proprio questa la risposta giusta, difficile ma possibile, di chi lasciato senza alternative non vuole più essere trattato come un oggetto da parte delle istituzioni, di chi non vuole più subire la violenza della polizia. Nel contesto della crisi e di un mercato degli affitti sempre più inaccessibile ai più poveri, l'occupazione è l’azione diretta per avere un posto dove dormire, riposare, crescere i più piccoli.\r\n\r\nUna città “possibile” è una città in cui nessuna persona viene buttata in strada o in carcere perché povera o senza documenti! Tutte/i hanno diritto alla casa!\r\nLottiamo uniti per una città in cui sia possibile vivere in autonomia, solidarietà, senza discriminazioni, razzismo, sfruttamento!\r\n\r\nOccupanti e solidali di Casa di Romeo e Catalin\"","25 Novembre 2015","2015-11-27 12:26:59","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/11/casa-catalin-romeo-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"180\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/11/casa-catalin-romeo-300x180.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/11/casa-catalin-romeo-300x180.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/11/casa-catalin-romeo-768x461.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/11/casa-catalin-romeo.jpg 960w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Nasce casa di Catalin e Romeo",1448469828,[129,130,131,132],"http://radioblackout.org/tag/casa-catalin-e-romeo/","http://radioblackout.org/tag/casa-occupata/","http://radioblackout.org/tag/rom/","http://radioblackout.org/tag/via-borgoticino-7/",[33,25,15,29],{"post_content":135,"post_title":139},{"matched_tokens":136,"snippet":137,"value":138},[88,72],"deportati in Romania. 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Ne abbiamo parlato con Stefano Raspa antimilitarista attivo contro la base di Aviano\r\n\r\n \r\n\r\nIl nuovo ministro dell’Interno ha deciso che il suo dicastero si impegnerà per l’apertura di un CIE in ogni regione. Dopo un paio d’anni di immobilismo, con quattro CIE ancora aperti, sebbene più volte distrutti dalle rivolte il governo torna alla carica.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Federico Denitto\r\n\r\n \r\n\r\nSono trascorsi 17 anni dalla strage nel CIE di Trapani, il Serraino Vulpitta, dove,in seguito ad un incendio. morirono sei ragazzi tunisini.\r\nAbbiamo letto il documento scritto per l’occasione dai compagni di Trapani. 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Quello che da anni i suoi adepti e i suoi nemici stavano immaginando ora è una realtà compiuta. Senza fare troppa fatica per sentirlo, si è percepito un intenso silenzio pubblico che ha avuto una vita propria di fronte all’imponente macchinazione statale del lutto nazionale. I portavoce ufficiali hanno insistito sul fatto che il silenzio fosse un’espressione palpabile dello sgomento di massa. Per gli oppositori anti-castristi questo mutismo era un altro segno della paura di ritorsioni che avrebbero potuto subire coloro che avrebbero voluto festeggiare durante il lutto ufficiale.\r\nMa né la costernazione né il giubilo represso sono stati gli unici ingredienti che si sono percepiti in questi giorni a Cuba. Nel dialogo quotidiano con vicini, amici, familiari e gente comune per la strada, abbiamo avuto la certezza che la morte di Fidel Castro potrebbe essere un evento importante per Cuba, per il mondo e anche per la cosiddetta Storia Universale, ma nello stesso tempo non ha smesso di essere una notizia con poche conseguenze pratiche per la frustrante quotidianità senza speranza che, come in tutto il mondo, viviamo noi che dipendiamo dalla salute della dittatura salariale.\r\nComunque non ci sarebbe molto da festeggiare, tenendo presente le prospettive incerte che lascia dietro di sé Fidel Castro, con un fratello che in dieci anni di governo ha avuto il grande merito di allentare le tensioni autoritarie lasciate da Fidel Castro al fine di mantenere uguale l’essenza del sistema e creare le condizioni generali per far tornare nuovo il ragionamento di quell’altro generale-presidente di Holguin, Fulgencio Batista:\r\n”(…) è che ci sono due tipi di socialismo. Uno significa anarchia e l’altro opera sotto la disciplina del governo. Bisogna essere realistici (…) vogliamo insegnare al popolo che i lavoratori e il capitale sono necessari e devono cooperare. Vogliamo bandire le idee utopiche che non funzioneranno, ma nelle quali la nostra gente crede “ [1]\r\nLa realizzazione di questo tipo di socialismo a Cuba ha avuto una storia più lunga di quella che ci raccontano oggi i seguaci della famiglia Castro. Il precedente dittatore, Fulgencio Batista, ha dato un contributo fondamentale al socialismo autoritario a Cuba, come espresso con chiarezza dalla citazione suddetta, e se continuiamo ad ignorare ciò non potremo farci una chiara idea del ruolo storico di Fidel Castro nella storia di Cuba.\r\nIl 20 novembre del prossimo 2017 saranno 80 anni dal primo evento politico di massa convocato e organizzato dal sergente colonnello Fulgencio Batista, per il quale usò l’allora Ministero del Lavoro che garantiva la presenza obbligatoria almeno dei dipendenti pubblici dell’Avana; l’esercito inoltre gli permise di reclutare con la forza treni, camion, tram, auto, in modo da concentrare tra le 60.000 e le 80.000 persone nello stadio La Tropical, come propaganda mediatica per promuovere ciò che fu definito il Piano Triennale[2].\r\nQuesto fu il primo atto a Cuba di quella che sarebbe diventata una tecnica drammaturgica di mobilitazione permanente di massa in funzione degli interessi esclusivi dello Stato cubano, che poi verrà gestita per oltre mezzo secolo con abilità insuperata da Fidel Castro. Quello che nel 1937 fu una balbuziente iniziativa autoritaria a mala pena gestita dal Ministero del Lavoro e dall’esercito nazionale, dopo il 1959 è diventata una tecnica di uso quotidiano che abbraccia la totalità delle istituzioni del paese e milioni di persone in tutta l’isola fino ad oggi.\r\nI processi governativi, inaugurati a Cuba da Fulgencio Batista ed ereditati e sviluppati alla perfezione da Fidel Castro, lasciano ora con la sua morte completamente aperta la strada affinché i candidati alla successione riscoprano, con sorprendente attualità, la parte più autentica del pensiero politico di Batista e i contributi di Fidel Castro a questo grande progetto condiviso dai due governanti di raggiungere il controllo totale di Cuba attraverso il meccanismo dello Stato nazionale.\r\nSe Fulgencio Batista non ebbe il coraggio né l’intenzione, né la possibilità epocale di prendere in considerazione una rottura con l’egemonia imperiale yankee a Cuba per compiere la realizzazione completa dello Stato nazionale, Fidel Castro ha invece avuto l’immensa audacia e la congiuntura storica favorevole per sfidare direttamente il dominio degli Stati Uniti su Cuba. Sotto l’effetto sublimante di questo proposito colossale, e con il suo superbo talento da principe machiavellico, è riuscito a trasformare in sistema quella che era una semplice frase demagogica di Batista: un socialismo sotto la disciplina del governo, che è sopravvissuto ai più grandi disastri dell’ultimo mezzo secolo e che ha convertito lo Stato cubano in una macchina imponente che non ha nessuna riserva nell’affermare, come avvenuto il 1 Maggio 2008, che ”socialismo è sovranità nazionale”, vale a dire … nazional-socialismo.\r\nIl fatto è che Fidel Castro non fu solo il grande architetto della ”Rivoluzione”, ma anche di qualcosa che i suoi milioni di accoliti non hanno potuto ancora definire con precisione ma che senza dubbi è lo stato sociale nella sua versione stalinista cubana, un modello di gestione governativa emerso dalla particolare posizione dell’isola nello scenario della guerra fredda come alleato privilegiato dell’URSS in America Latina, cosa che ha permesso allo Stato cubano di avere risorse eccezionali per mettere in pratica gli emblematici programmi di educazione integrale dall’età prescolare fino all’istruzione superiore, un sistema sanitario universale gratuito, la piena occupazione, un’urbanizzazione massiccia, miglioramenti fondamentali per milioni di esclusi dal capitalismo neocoloniale che hanno distinto Cuba dagli altri Paesi della zona.\r\nCome ovunque nel mondo dove sono state attuate queste politiche, esse hanno permesso un sostanziale miglioramento del tenore di vita delle masse più sfavorite, ma insieme a ciò e allo stesso tempo, -con intenzione strategica-, hanno portato a un rafforzamento senza precedenti della rete di istituzioni del governo, che ha condotto a una vera apoteosi del benessere dello Stato a Cuba.\r\nMa Fidel Castro ha fatto molto di più con l’uso di queste enormi risorse acquisite grazie al rapporto privilegiato con l’URSS, ha trasformato lo Stato cubano in un attore influente nella politica internazionale, nella decolonizzazione dell’Africa e dell’Asia e nell’espansione dei movimenti antiimperialisti in America Latina, facendo di Cuba un epicentro molto attivo delle tendenze con intenzioni socialiste non allineate all’egemonia sovietica.\r\nPoi, quando cadde la potenza imperiale sovietica, Fidel Castro e il suo immenso prestigio internazionale resuscitarono un nuovo movimento anti-neoliberale in America Latina che arrivò a convertirsi in governo nei principali paesi della zona e, insieme a ciò, l’attuazione di un programma senza precedenti di servizi medico-sanitari dello Stato cubano per i più esclusi del mondo che ha portato gli abili medici cubani sia in luoghi lontani come l’Himalaya pakistano sia nella più vicina ma disastrata Haiti.\r\nTuttavia si deve anche dire che tutti questi movimenti anticoloniali e anti-neoliberali che Fidel Castro ha appoggiato da Cuba si trovano ora, un decennio e mezzo più tardi, in una profonda crisi politica, morale, epistemologica, ecc, dal Sud Africa, Angola, Algeria, fino al Venezuela, Brasile, Argentina e sono sulla buona strada per andare in quella stessa crisi Nicaragua, Ecuador, Bolivia, El Salvador e Vietnam. D’altra parte, quel programma senza precedenti e ammirevole di servizi medici cubani per i paesi del Terzo mondo oggi è semplicemente e banalmente la principale fonte di reddito per la borghesia fidelista che gestisce lo Stato cubano.\r\n\r\n \tLa morte del Leader Maximo arriva in un momento in cui la macchina statale cubana, resuscitata nel 1959-60, si addentra in una nuova crisi economica, affonda in spese e costi insostenibili, ma con una legittimità popolare che si mantiene altissima nonostante tutte le defezioni. Questa situazione particolare e favorevole viene sfruttata al massimo dalle élite di governo per smantellare lo stato sociale cubano dell’epoca di Fidel Castro e della guerra fredda, ”lentamente ma incessantemente”, come affermato dal generale-presidente Raul Castro. Per fare questo saranno costretti a vendere il paese a pezzi, preferiranno infatti allearsi con i maggiori gruppi finanziari del mondo per rifinanziare i loro debiti piuttosto che andare verso una maggiore socializzazione delle capacità decisionali e di gestione dei singoli e dei gruppi sulle loro vite che incarnano la vita reale e non le astrazioni della propaganda, sarebbero questi passi modesti ma preziosi in direzione di una maggiore comunanza nella vita quotidiana e verso l’estinzione dello stato burocratico e parassitario.\r\nPer migliorare e razionalizzare il capitalismo di Stato a Cuba, gli eredi di Fidel Castro hanno due strumenti fondamentali legati anch’essi a Fulgencio Batista.\r\nIl primo è la Centrale dei Lavoratori di Cuba, organizzazione sindacale fondata nel gennaio del 1939, prodotto dell’alleanza tra l’apparato politico-militare di Batista e gli stalinisti cubani, che garantisce fino ad oggi il pieno controllo del movimento operaio cubano da parte dello Stato e dei governi di turno. Se nel 1939 fu un quadro del partito comunista, Lazaro Peña -successivamente conosciuto come il ”capitano della classe operaia”- a essere incaricato da Batista per gestire questa alleanza, nel 1960 sempre Lazaro ricevette lo stesso incarico da Fidel Castro avendo così il tempo sufficiente per creare una scuola di opportunisti e profittatori che ha portato a personaggi cloni dello stesso Lazaro Peña come Pedro Ross Leal e Salvador Valdes Mesa, che hanno dedicato la loro vita a mantener vivo l’obiettivo di Fulgencio e di Fidel Castro di fare un socialismo sotto la disciplina di governo.\r\nIl secondo strumento ereditato dal colonnello sergente Batista è il Codice di Difesa Sociale dell’aprile 1939, pezzo chiave che racchiude lo spirito fascista di Batista, ratificato con nomi diversi e rinforzato all’infinito sotto il potere di Fidel Castro. Dalla sua applicazione ha contribuito a permettere la pena di morte per i reati politici, il ruolo dei tribunali militari e la repressione arbitraria in generale; pezzo legale dimenticato in modo interessato da tutti gli orientamenti politici sia democratici sia pro-dittatoriali, il Codice di Difesa Sociale non è stato formalmente annullato né dalla Costituzione del 1940, né da quella del 1976 e neppure da quella del 1992, mantenendo così tuttora la sua piena utilità nell’affrontare i conflitti sociali che emergeranno dallo smantellamento dello stato sociale stalinista cubano nei prossimi anni.\r\nDopo tante vite spezzate tra presunti oppositori, dopo tante torture infernali per provocare demenza e demoralizzazione, dopo tante esecuzioni sommarie, esilii amari, lunghe sofferenze nelle carceri orrende, molti discorsi incendiari e sublimi, dopo tanta superbia e intolleranza, diventerà sempre più chiaro con silenzioso cinismo che la parte più raffinata e incompiuta dello spirito di Batista può dare un contributo sostanziale a ciò che ora gli uomini dello Stato a Cuba hanno finalmente definito come l’attualizzazione del modello economico del socialismo cubano.\r\n\r\nIII\r\nIl 10 Gennaio 1959, a ridosso quindi della vittoria, il periodico El Libertario, che aveva appena ripreso le pubblicazioni dopo la ferrea chiusura inflittagli dalla polizia politica di Batista, pubblicò un testo dell’ormai dimenticato militante anarchico Antonio Landrián in cui, per la prima volta, vengono sottintese queste connessioni:\r\nLa rivoluzione di Fidel del 26 luglio ha trionfato. Trionferà il suo ideale? Qual è il suo ideale? Principalmente la libertà o detto in altra forma: la liberazione. Da cosa? Del giogo di Batista. Il giogo di Batista era violenza, imposizione, appropriazione indebita, dispotismo, coercizione, tortura, ostinazione, autoritarismo e sottomissione alla catena. Era centralismo, corruzione e servilismo incondizionato…Finché verrà lasciato in piedi uno solo di questi pilastri del deposto regime di Batista, la rivoluzione guidata da Fidel Castro non avrà conseguito la vittoria.\r\nTranne la violenza e la tortura della polizia, che da alcuni anni a Cuba hanno assunto un ruolo meno pubblico e visibile, tutti gli altri fattori segnalati da Landrián non solo sono rimasti in piedi dopo il 1959 - intatti dalla dittatura precedente - ma hanno avuto un rafforzamento e uno sviluppo esponenziale da allora fino ad oggi, tanto da portare Landrián e i compagni che animavano El Libertario a non poter godere l’aria di libertà di questa Rivoluzione Fidelista oltre il maggio 1960, mese in cui furono di nuovo censurati, imprigionati, esiliati e banditi dalla nuova, ora “rivoluzionaria”, polizia politica.\r\nL’imposizione, l’appropriazione indebita, il dispotismo, l’ostinazione, l’autoritarismo, la sottomissione alla catena, il centralismo, la corruzione e il servilismo incondizionato alla macchina statale hanno continuato ad avere un’esistenza attivissima a Cuba dopo la sconfitta della dittatura di Fulgencio Batista . Quella intuizione personale, che ebbe il nostro compagno Antonio Landrián, perso nel vortice della storia, è diventata la base strutturale del funzionamento della vita quotidiana di Cuba fino al momento nel quale sono in corso i funerali di Fidel Castro.\r\nAlcuni amici che erano nel parco centrale della città di Artemisa quando morì Fidel sono stati espulsi dal luogo da parte della polizia e di agenti della Sicurezza dello Stato, perché “ora non è il momento di essere seduti nel parco a parlare”; a studenti in internato di una università dell’Avana, poliziotti in borghese che popolano queste istituzioni hanno chiuso le porte di accesso alle loro camere la sera del 28 novembre, perché “si deve andare alla Piazza della Rivoluzione o in strada fino a quando l’attività ha fine”; la paralisi totale del trasporto statale nella capitale da mezzogiorno del 29 novembre al fine di garantire che la popolazione fosse solo in strada per andare alla enorme manifestazione di massa delle ore 19; il divieto di tutte le attività sportive nelle aree verdi adiacenti a qualsiasi viale importante; multe fino a 1.500 pesos (tre mesi completi di stipendio) per quanti consumano in pubblico bevande alcoliche nei giorni di lutto … sono un piccolo esempio delle procedure quotidiane seguite dai difensori statali del supposto socialismo a Cuba.\r\nFidel Castro ci lascia un paese con uno dei livelli di istruzione, salute e qualità della vita più alti d’America, ma tutto condizionato dall’interesse strategico del funzionamento stabile della macchina statale, in nome della lotta contro l’imperialismo degli Stati Uniti e dei loro lacchè locali. Nello svolgimento di tale scopo si è dato luogo ad una società che è sull’orlo di una crisi di migrazione permanente e con un crollo demografico all’orizzonte. Per questo esito le politiche imperiali Yankees hanno giocato un ruolo decisivo, ma non per questo meno decisivo è stata la dittatura sul proletariato cubano condotta da Fidel Castro che ha trasformato Cuba in un territorio popolato da un “… immenso gregge di schiavi salariati (…) che chiedono di essere schiavi per migliorare la loro condizione …” come in qualsiasi parte del mondo, concretizzando gli incubi più dolorosi dell’ex anarchico cubano Carlos Baliño nel 1897 nel suo testo Profecía Falsa.\r\nQuesto immenso gregge di schiavi salariati, già popolo rivoluzionario, era già in piena fase di degrado morale e di espoliazione materiale, quando Fidel Castro esplicitò nel suo discorso del 1 maggio 2000 il suo ultimo concetto di Rivoluzione, ritirato fuori dall’oblio nei giorni dei suoi funerali, in cui ha detto, tra le altre cose, che: “Rivoluzione è cambiare tutto ciò che deve essere cambiato.” Cinquanta anni fa era pragmaticamente indubbio che il soggetto omesso di tale definizione era quel popolo rivoluzionario che alcune volte è esistito; nel 2000 il soggetto omesso nel discorso non è altro che lo stesso Fidel Castro, con la sua capacità manipolatoria e il suo imponente apparato ideologico-poliziesco che già in quest’anno non ha alcuna remora ad omettere quel popolo rivoluzionario dal suo concetto Rivoluzione, consapevole di ciò che lo ha castrato della sua capacità di elaborazione e di decisione propria e, pertanto, non è nelle condizioni di essere oggetto di un discorso e tanto meno di essere soggetto della propria storia.\r\nNei lunghi giorni di lutto ufficiale che stiamo vivendo a Cuba è evidente che sta emergendo un nuovo slogan di massa: “Io sono Fidel!”, che esprime molto bene lo stato di questa amputazione collettiva. E tra il vasto mare di bandiere, foto e cartelli autoprodotti che si sono visti in televisione da Santiago de Cuba, ce n’era uno, portato da una donna, con su scritto: “Io sono Fidel! Ordine!”.\r\nTale lacuna grammaticale ed esistenziale diventerà sempre più frequente nel pensiero di un popolo che ha avuto l’esperienza sconvolgente di vedere la più fiera incarnazione del potere nella storia di Cuba trasformata in una semplice urna cineraria, un popolo che dovrà imparare a vivere senza gli ordini del suo Comandante in capo, e forse scoprirà che per questo cammino non sono più necessari comandanti, non più ordini, ma più fraternità, più auto-organizzazione, meno viltà e miseria morale tra quelli della base, più responsabilità sulla nostra vita, più immaginazione socializzante, per sconfiggere lo spirito e i rappresentanti della nuova borghesia fidelista, parassitaria e burocratica, che oggi sta ricostruendo integralmente il capitalismo a Cuba e i suoi vecchi orrori sotto i nostri occhi e dissimula piangendo quando in realtà è in festa.\r\nTutto quello che facilita questo apprendimento sarà un contributo diretto alla prossima rivoluzione a Cuba. Tutto ciò che ostacola questa scoperta popolare sarà l’espressione più accurata e aggiornata della controrivoluzione. Le proporzioni che d’ora in poi cercano di aggiungere il fidelismo come corrente di idee all’interno della sinistra all’esterno e all’interno di Cuba saranno l’espressione esatta della bancarotta morale prodotta delle sinistre autoritarie, stataliste e produttiviste nel mondo e potrà mettere ancora sul tavolo la necessità di continuare a forgiare “i modi più sicuri per togliere le fondamenta all’ordine sociale di oggi e metterne altri più sicuri senza che la casa venga giù”, come appuntò nel gennaio 1890 José Martí, riflettendo a proposito di “quel tenero e radioso Bakunin”[3].\r\n\r\ndi Marcelo “Liberato” Salinas - L’Avana\r\n(traduzione a cura di Selva e Davide)\r\n\r\nNOTE\r\n[1] Grazie al ricercatore americano Robert Whitney possiamo avere accesso a questo documento che è disponibile nel libro Estado y Revolucion en Cuba, edizioni Ciencias Sociales de La Habana, 2010, p.230\r\n[2] Tutta la stampa del tempo a Cuba diede questa notizia senza precedenti e il ricercatore Robert Whitney nello stesso libro Estado y Revolucion en Cuba, Op.cit. p 283, riporta questo fatto tramite fonti governative degli Stati Uniti. Cfr. Archivio del Congresso degli Stati Uniti. Grant Watson a Eden, La Habana, 2 dicembre 1937. PRO / FO / A / 9019/65/14, No.171.\r\n[3] “Desde el Hudson” Opere Complete, tomo 12, pag. 378. Editorial Ciencias Sociales, La Habana, 1982.","12 Gennaio 2017","2018-10-17 22:58:53","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/01/1430732397_451849184-200x110.jpg","Anarres del 6 gennaio. 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Ne abbiamo parlato con Stefano Raspa antimilitarista attivo contro la base \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>Aviano\u003C/mark>\r\n\r\n \r\n\r\nIl nuovo ministro dell’Interno ha deciso che il suo dicastero si impegnerà per l’apertura \u003Cmark>di\u003C/mark> un CIE in ogni regione. Dopo un paio d’anni \u003Cmark>di\u003C/mark> immobilismo, con quattro CIE ancora aperti, sebbene più volte distrutti dalle rivolte il governo torna alla carica.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Federico Denitto\r\n\r\n \r\n\r\nSono trascorsi 17 anni dalla strage nel CIE \u003Cmark>di\u003C/mark> Trapani, il Serraino Vulpitta, dove,in seguito ad un incendio. morirono sei ragazzi tunisini.\r\nAbbiamo letto il documento scritto per l’occasione dai compagni \u003Cmark>di\u003C/mark> Trapani. Lo trovate qui.\r\n\r\n \r\n\r\nAppuntamenti:\r\nSabato 21 gennaio ore 10,30\r\nManda una cartolina a Poste Italiane\r\npresidio contro le deportazioni in corso Giulio Cesare 7 – nei pressi dell’ufficio postale\r\nMistral Air, la compagnia aerea \u003Cmark>di\u003C/mark> Poste Italiane, non trasporta lettere, pacchi e cartoline… ma deporta rifugiati e migranti in paesi dove non vogliono tornare.\r\nFuggono guerre, miseria, persecuzioni, dittature. C’è chi non vuole sottostare ad un matrimonio forzato e chi non intende fare il soldato. C’è anche chi, semplicemente, vuole andare in Europa, perché desidera un’altra vita.\r\nTutti si trovano \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte frontiere chiuse, filo spinato, polizia ed esercito.\r\n\r\n \r\n\r\nAppuntamenti fissi:\r\nLe riunioni della federazione anarchica torinese, aperte a tutti gli interessati, sono in corso Palermo 46 ogni giovedì alle 21\r\n\r\n \r\n\r\nDocumenti:\r\nUn’urna cineraria, lo Stato e la prossima rivoluzione a Cuba\r\n\r\nCuba senza Fidel Castro. Quello che da anni i suoi adepti e i suoi nemici stavano immaginando ora è una realtà compiuta. Senza fare troppa fatica per sentirlo, si è percepito un intenso silenzio pubblico che ha avuto una vita propria \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte all’imponente macchinazione statale del lutto nazionale. I portavoce ufficiali hanno insistito sul fatto che il silenzio fosse un’espressione palpabile dello sgomento \u003Cmark>di\u003C/mark> massa. Per gli oppositori anti-castristi questo mutismo era un altro segno della paura \u003Cmark>di\u003C/mark> ritorsioni che avrebbero potuto subire coloro che avrebbero voluto festeggiare durante il lutto ufficiale.\r\nMa né la costernazione né il giubilo represso sono stati gli unici ingredienti che si sono percepiti in questi giorni a Cuba. Nel dialogo quotidiano con vicini, amici, familiari e gente comune per la strada, abbiamo avuto la certezza che la morte \u003Cmark>di\u003C/mark> Fidel Castro potrebbe essere un evento importante per Cuba, per il mondo e anche per la cosiddetta Storia Universale, ma nello stesso tempo non ha smesso \u003Cmark>di\u003C/mark> essere una notizia con poche conseguenze pratiche per la frustrante quotidianità senza speranza che, come in tutto il mondo, viviamo noi che dipendiamo dalla salute della dittatura salariale.\r\nComunque non ci sarebbe molto da festeggiare, tenendo presente le prospettive incerte che lascia dietro \u003Cmark>di\u003C/mark> sé Fidel Castro, con un fratello che in dieci anni \u003Cmark>di\u003C/mark> governo ha avuto il grande merito \u003Cmark>di\u003C/mark> allentare le tensioni autoritarie lasciate da Fidel Castro al fine \u003Cmark>di\u003C/mark> mantenere uguale l’essenza del sistema e creare le condizioni generali per far tornare nuovo il ragionamento \u003Cmark>di\u003C/mark> quell’altro generale-presidente \u003Cmark>di\u003C/mark> Holguin, Fulgencio Batista:\r\n”(…) è che ci sono due tipi di socialismo. Uno significa anarchia e l’altro opera sotto la disciplina del governo. Bisogna essere realistici (…) vogliamo insegnare al popolo che i lavoratori e il capitale sono necessari e devono cooperare. Vogliamo bandire le idee utopiche che non funzioneranno, ma nelle quali la nostra gente crede “ [1]\r\nLa realizzazione \u003Cmark>di\u003C/mark> questo tipo \u003Cmark>di\u003C/mark> socialismo a Cuba ha avuto una storia più lunga \u003Cmark>di\u003C/mark> quella che ci raccontano oggi i seguaci della famiglia Castro. Il precedente dittatore, Fulgencio Batista, ha dato un contributo fondamentale al socialismo autoritario a Cuba, come espresso con chiarezza dalla citazione suddetta, e se continuiamo ad ignorare ciò non potremo farci una chiara idea del ruolo storico \u003Cmark>di\u003C/mark> Fidel Castro nella storia \u003Cmark>di\u003C/mark> Cuba.\r\nIl 20 novembre del prossimo 2017 saranno 80 anni dal primo evento politico \u003Cmark>di\u003C/mark> massa convocato e organizzato dal sergente colonnello Fulgencio Batista, per il quale usò l’allora Ministero del Lavoro che garantiva la presenza obbligatoria almeno dei dipendenti pubblici dell’Avana; l’esercito inoltre gli permise \u003Cmark>di\u003C/mark> reclutare con la forza treni, camion, tram, auto, in modo da concentrare tra le 60.000 e le 80.000 persone nello stadio La Tropical, come propaganda mediatica per promuovere ciò che fu definito il Piano Triennale[2].\r\nQuesto fu il primo atto a Cuba \u003Cmark>di\u003C/mark> quella che sarebbe diventata una tecnica drammaturgica \u003Cmark>di\u003C/mark> mobilitazione permanente \u003Cmark>di\u003C/mark> massa in funzione degli interessi esclusivi dello Stato cubano, che poi verrà gestita per oltre mezzo secolo con abilità insuperata da Fidel Castro. Quello che nel 1937 fu una balbuziente iniziativa autoritaria a mala pena gestita dal Ministero del Lavoro e dall’esercito nazionale, dopo il 1959 è diventata una tecnica \u003Cmark>di\u003C/mark> uso quotidiano che abbraccia la totalità delle istituzioni del paese e milioni \u003Cmark>di\u003C/mark> persone in tutta l’isola fino ad oggi.\r\nI processi governativi, inaugurati a Cuba da Fulgencio Batista ed ereditati e sviluppati alla perfezione da Fidel Castro, lasciano ora con la sua morte completamente aperta la strada affinché i candidati alla successione riscoprano, con sorprendente attualità, la parte più autentica del pensiero politico \u003Cmark>di\u003C/mark> Batista e i contributi \u003Cmark>di\u003C/mark> Fidel Castro a questo grande progetto condiviso dai due governanti \u003Cmark>di\u003C/mark> raggiungere il controllo totale \u003Cmark>di\u003C/mark> Cuba attraverso il meccanismo dello Stato nazionale.\r\nSe Fulgencio Batista non ebbe il coraggio né l’intenzione, né la possibilità epocale \u003Cmark>di\u003C/mark> prendere in considerazione una rottura con l’egemonia imperiale yankee a Cuba per compiere la realizzazione completa dello Stato nazionale, Fidel Castro ha invece avuto l’immensa audacia e la congiuntura storica favorevole per sfidare direttamente il dominio degli Stati Uniti su Cuba. Sotto l’effetto sublimante \u003Cmark>di\u003C/mark> questo proposito colossale, e con il suo superbo talento da principe machiavellico, è riuscito a trasformare in sistema quella che era una semplice frase demagogica \u003Cmark>di\u003C/mark> Batista: un socialismo sotto la disciplina del governo, che è sopravvissuto ai più grandi disastri dell’ultimo mezzo secolo e che ha convertito lo Stato cubano in una macchina imponente che non ha nessuna riserva nell’affermare, come avvenuto il 1 Maggio 2008, che ”socialismo è sovranità nazionale”, vale a dire … nazional-socialismo.\r\nIl fatto è che Fidel Castro non fu solo il grande architetto della ”Rivoluzione”, ma anche \u003Cmark>di\u003C/mark> qualcosa che i suoi milioni \u003Cmark>di\u003C/mark> accoliti non hanno potuto ancora definire con precisione ma che senza dubbi è lo stato sociale nella sua versione stalinista cubana, un modello \u003Cmark>di\u003C/mark> gestione governativa emerso dalla particolare posizione dell’isola nello scenario della guerra fredda come alleato privilegiato dell’URSS in America Latina, cosa che ha permesso allo Stato cubano \u003Cmark>di\u003C/mark> avere risorse eccezionali per mettere in pratica gli emblematici programmi \u003Cmark>di\u003C/mark> educazione integrale dall’età prescolare fino all’istruzione superiore, un sistema sanitario universale gratuito, la piena \u003Cmark>occupazione\u003C/mark>, un’urbanizzazione massiccia, miglioramenti fondamentali per milioni \u003Cmark>di\u003C/mark> esclusi dal capitalismo neocoloniale che hanno distinto Cuba dagli altri Paesi della zona.\r\nCome ovunque nel mondo dove sono state attuate queste politiche, esse hanno permesso un sostanziale miglioramento del tenore \u003Cmark>di\u003C/mark> vita delle masse più sfavorite, ma insieme a ciò e allo stesso tempo, -con intenzione strategica-, hanno portato a un rafforzamento senza precedenti della rete \u003Cmark>di\u003C/mark> istituzioni del governo, che ha condotto a una vera apoteosi del benessere dello Stato a Cuba.\r\nMa Fidel Castro ha fatto molto \u003Cmark>di\u003C/mark> più con l’uso \u003Cmark>di\u003C/mark> queste enormi risorse acquisite grazie al rapporto privilegiato con l’URSS, ha trasformato lo Stato cubano in un attore influente nella politica internazionale, nella decolonizzazione dell’Africa e dell’Asia e nell’espansione dei movimenti antiimperialisti in America Latina, facendo \u003Cmark>di\u003C/mark> Cuba un epicentro molto attivo delle tendenze con intenzioni socialiste non allineate all’egemonia sovietica.\r\nPoi, quando cadde la potenza imperiale sovietica, Fidel Castro e il suo immenso prestigio internazionale resuscitarono un nuovo movimento anti-neoliberale in America Latina che arrivò a convertirsi in governo nei principali paesi della zona e, insieme a ciò, l’attuazione \u003Cmark>di\u003C/mark> un programma senza precedenti \u003Cmark>di\u003C/mark> servizi medico-sanitari dello Stato cubano per i più esclusi del mondo che ha portato gli abili medici cubani sia in luoghi lontani come l’Himalaya pakistano sia nella più vicina ma disastrata Haiti.\r\nTuttavia si deve anche dire che tutti questi movimenti anticoloniali e anti-neoliberali che Fidel Castro ha appoggiato da Cuba si trovano ora, un decennio e mezzo più tardi, in una profonda crisi politica, morale, epistemologica, ecc, dal Sud Africa, Angola, Algeria, fino al Venezuela, Brasile, Argentina e sono sulla buona strada per andare in quella stessa crisi Nicaragua, Ecuador, Bolivia, El Salvador e Vietnam. D’altra parte, quel programma senza precedenti e ammirevole \u003Cmark>di\u003C/mark> servizi medici cubani per i paesi del Terzo mondo oggi è semplicemente e banalmente la principale fonte \u003Cmark>di\u003C/mark> reddito per la borghesia fidelista che gestisce lo Stato cubano.\r\n\r\n \tLa morte del Leader Maximo arriva in un momento in cui la macchina statale cubana, resuscitata nel 1959-60, si addentra in una nuova crisi economica, affonda in spese e costi insostenibili, ma con una legittimità popolare che si mantiene altissima nonostante tutte le defezioni. Questa situazione particolare e favorevole viene sfruttata al massimo dalle élite \u003Cmark>di\u003C/mark> governo per smantellare lo stato sociale cubano dell’epoca \u003Cmark>di\u003C/mark> Fidel Castro e della guerra fredda, ”lentamente ma incessantemente”, come affermato dal generale-presidente Raul Castro. Per fare questo saranno costretti a vendere il paese a pezzi, preferiranno infatti allearsi con i maggiori gruppi finanziari del mondo per rifinanziare i loro debiti piuttosto che andare verso una maggiore socializzazione delle capacità decisionali e \u003Cmark>di\u003C/mark> gestione dei singoli e dei gruppi sulle loro vite che incarnano la vita reale e non le astrazioni della propaganda, sarebbero questi passi modesti ma preziosi in direzione \u003Cmark>di\u003C/mark> una maggiore comunanza nella vita quotidiana e verso l’estinzione dello stato burocratico e parassitario.\r\nPer migliorare e razionalizzare il capitalismo \u003Cmark>di\u003C/mark> Stato a Cuba, gli eredi \u003Cmark>di\u003C/mark> Fidel Castro hanno due strumenti fondamentali legati anch’essi a Fulgencio Batista.\r\nIl primo è la Centrale dei Lavoratori \u003Cmark>di\u003C/mark> Cuba, organizzazione sindacale fondata nel gennaio del 1939, prodotto dell’alleanza tra l’apparato politico-militare \u003Cmark>di\u003C/mark> Batista e gli stalinisti cubani, che garantisce fino ad oggi il pieno controllo del movimento operaio cubano da parte dello Stato e dei governi \u003Cmark>di\u003C/mark> turno. Se nel 1939 fu un quadro del partito comunista, Lazaro Peña -successivamente conosciuto come il ”capitano della classe operaia”- a essere incaricato da Batista per gestire questa alleanza, nel 1960 sempre Lazaro ricevette lo stesso incarico da Fidel Castro avendo così il tempo sufficiente per creare una scuola \u003Cmark>di\u003C/mark> opportunisti e profittatori che ha portato a personaggi cloni dello stesso Lazaro Peña come Pedro Ross Leal e Salvador Valdes Mesa, che hanno dedicato la loro vita a mantener vivo l’obiettivo \u003Cmark>di\u003C/mark> Fulgencio e \u003Cmark>di\u003C/mark> Fidel Castro \u003Cmark>di\u003C/mark> fare un socialismo sotto la disciplina \u003Cmark>di\u003C/mark> governo.\r\nIl secondo strumento ereditato dal colonnello sergente Batista è il Codice \u003Cmark>di\u003C/mark> Difesa Sociale dell’aprile 1939, pezzo chiave che racchiude lo spirito fascista \u003Cmark>di\u003C/mark> Batista, ratificato con nomi diversi e rinforzato all’infinito sotto il potere \u003Cmark>di\u003C/mark> Fidel Castro. Dalla sua applicazione ha contribuito a permettere la pena \u003Cmark>di\u003C/mark> morte per i reati politici, il ruolo dei tribunali militari e la repressione arbitraria in generale; pezzo legale dimenticato in modo interessato da tutti gli orientamenti politici sia democratici sia pro-dittatoriali, il Codice \u003Cmark>di\u003C/mark> Difesa Sociale non è stato formalmente annullato né dalla Costituzione del 1940, né da quella del 1976 e neppure da quella del 1992, mantenendo così tuttora la sua piena utilità nell’affrontare i conflitti sociali che emergeranno dallo smantellamento dello stato sociale stalinista cubano nei prossimi anni.\r\nDopo tante vite spezzate tra presunti oppositori, dopo tante torture infernali per provocare demenza e demoralizzazione, dopo tante esecuzioni sommarie, esilii amari, lunghe sofferenze nelle carceri orrende, molti discorsi incendiari e sublimi, dopo tanta superbia e intolleranza, diventerà sempre più chiaro con silenzioso cinismo che la parte più raffinata e incompiuta dello spirito \u003Cmark>di\u003C/mark> Batista può dare un contributo sostanziale a ciò che ora gli uomini dello Stato a Cuba hanno finalmente definito come l’attualizzazione del modello economico del socialismo cubano.\r\n\r\nIII\r\nIl 10 Gennaio 1959, a ridosso quindi della vittoria, il periodico El Libertario, che aveva appena ripreso le pubblicazioni dopo la ferrea chiusura inflittagli dalla polizia politica \u003Cmark>di\u003C/mark> Batista, pubblicò un testo dell’ormai dimenticato militante anarchico Antonio Landrián in cui, per la prima volta, vengono sottintese queste connessioni:\r\nLa rivoluzione \u003Cmark>di\u003C/mark> Fidel del 26 luglio ha trionfato. Trionferà il suo ideale? Qual è il suo ideale? Principalmente la libertà o detto in altra forma: la liberazione. Da cosa? Del giogo \u003Cmark>di\u003C/mark> Batista. Il giogo \u003Cmark>di\u003C/mark> Batista era violenza, imposizione, appropriazione indebita, dispotismo, coercizione, tortura, ostinazione, autoritarismo e sottomissione alla catena. Era centralismo, corruzione e servilismo incondizionato…Finché verrà lasciato in piedi uno solo \u003Cmark>di\u003C/mark> questi pilastri del deposto regime \u003Cmark>di\u003C/mark> Batista, la rivoluzione guidata da Fidel Castro non avrà conseguito la vittoria.\r\nTranne la violenza e la tortura della polizia, che da alcuni anni a Cuba hanno assunto un ruolo meno pubblico e visibile, tutti gli altri fattori segnalati da Landrián non solo sono rimasti in piedi dopo il 1959 - intatti dalla dittatura precedente - ma hanno avuto un rafforzamento e uno sviluppo esponenziale da allora fino ad oggi, tanto da portare Landrián e i compagni che animavano El Libertario a non poter godere l’aria \u003Cmark>di\u003C/mark> libertà \u003Cmark>di\u003C/mark> questa Rivoluzione Fidelista oltre il maggio 1960, mese in cui furono \u003Cmark>di\u003C/mark> nuovo censurati, imprigionati, esiliati e banditi dalla nuova, ora “rivoluzionaria”, polizia politica.\r\nL’imposizione, l’appropriazione indebita, il dispotismo, l’ostinazione, l’autoritarismo, la sottomissione alla catena, il centralismo, la corruzione e il servilismo incondizionato alla macchina statale hanno continuato ad avere un’esistenza attivissima a Cuba dopo la sconfitta della dittatura \u003Cmark>di\u003C/mark> Fulgencio Batista . Quella intuizione personale, che ebbe il nostro compagno Antonio Landrián, perso nel vortice della storia, è diventata la base strutturale del funzionamento della vita quotidiana \u003Cmark>di\u003C/mark> Cuba fino al momento nel quale sono in corso i funerali \u003Cmark>di\u003C/mark> Fidel Castro.\r\nAlcuni amici che erano nel parco centrale della città \u003Cmark>di\u003C/mark> Artemisa quando morì Fidel sono stati espulsi dal luogo da parte della polizia e \u003Cmark>di\u003C/mark> agenti della Sicurezza dello Stato, perché “ora non è il momento \u003Cmark>di\u003C/mark> essere seduti nel parco a parlare”; a studenti in internato \u003Cmark>di\u003C/mark> una università dell’Avana, poliziotti in borghese che popolano queste istituzioni hanno chiuso le porte \u003Cmark>di\u003C/mark> accesso alle loro camere la sera del 28 novembre, perché “si deve andare alla Piazza della Rivoluzione o in strada fino a quando l’attività ha fine”; la paralisi totale del trasporto statale nella capitale da mezzogiorno del 29 novembre al fine \u003Cmark>di\u003C/mark> garantire che la popolazione fosse solo in strada per andare alla enorme manifestazione \u003Cmark>di\u003C/mark> massa delle ore 19; il divieto \u003Cmark>di\u003C/mark> tutte le attività sportive nelle aree verdi adiacenti a qualsiasi viale importante; multe fino a 1.500 pesos (tre mesi completi \u003Cmark>di\u003C/mark> stipendio) per quanti consumano in pubblico bevande alcoliche nei giorni \u003Cmark>di\u003C/mark> lutto … sono un piccolo esempio delle procedure quotidiane seguite dai difensori statali del supposto socialismo a Cuba.\r\nFidel Castro ci lascia un paese con uno dei livelli \u003Cmark>di\u003C/mark> istruzione, salute e qualità della vita più alti d’America, ma tutto condizionato dall’interesse strategico del funzionamento stabile della macchina statale, in nome della lotta contro l’imperialismo degli Stati Uniti e dei loro lacchè locali. Nello svolgimento \u003Cmark>di\u003C/mark> tale scopo si è dato luogo ad una società che è sull’orlo \u003Cmark>di\u003C/mark> una crisi \u003Cmark>di\u003C/mark> migrazione permanente e con un crollo demografico all’orizzonte. Per questo esito le politiche imperiali Yankees hanno giocato un ruolo decisivo, ma non per questo meno decisivo è stata la dittatura sul proletariato cubano condotta da Fidel Castro che ha trasformato Cuba in un territorio popolato da un “… immenso gregge \u003Cmark>di\u003C/mark> schiavi salariati (…) che chiedono \u003Cmark>di\u003C/mark> essere schiavi per migliorare la loro condizione …” come in qualsiasi parte del mondo, concretizzando gli incubi più dolorosi dell’ex anarchico cubano Carlos Baliño nel 1897 nel suo testo Profecía Falsa.\r\nQuesto immenso gregge \u003Cmark>di\u003C/mark> schiavi salariati, già popolo rivoluzionario, era già in piena fase \u003Cmark>di\u003C/mark> degrado morale e \u003Cmark>di\u003C/mark> espoliazione materiale, quando Fidel Castro esplicitò nel suo discorso del 1 maggio 2000 il suo ultimo concetto \u003Cmark>di\u003C/mark> Rivoluzione, ritirato fuori dall’oblio nei giorni dei suoi funerali, in cui ha detto, tra le altre cose, che: “Rivoluzione è cambiare tutto ciò che deve essere cambiato.” Cinquanta anni fa era pragmaticamente indubbio che il soggetto omesso \u003Cmark>di\u003C/mark> tale definizione era quel popolo rivoluzionario che alcune volte è esistito; nel 2000 il soggetto omesso nel discorso non è altro che lo stesso Fidel Castro, con la sua capacità manipolatoria e il suo imponente apparato ideologico-poliziesco che già in quest’anno non ha alcuna remora ad omettere quel popolo rivoluzionario dal suo concetto Rivoluzione, consapevole \u003Cmark>di\u003C/mark> ciò che lo ha castrato della sua capacità \u003Cmark>di\u003C/mark> elaborazione e \u003Cmark>di\u003C/mark> decisione propria e, pertanto, non è nelle condizioni \u003Cmark>di\u003C/mark> essere oggetto \u003Cmark>di\u003C/mark> un discorso e tanto meno \u003Cmark>di\u003C/mark> essere soggetto della propria storia.\r\nNei lunghi giorni \u003Cmark>di\u003C/mark> lutto ufficiale che stiamo vivendo a Cuba è evidente che sta emergendo un nuovo slogan \u003Cmark>di\u003C/mark> massa: “Io sono Fidel!”, che esprime molto bene lo stato \u003Cmark>di\u003C/mark> questa amputazione collettiva. E tra il vasto mare \u003Cmark>di\u003C/mark> bandiere, foto e cartelli autoprodotti che si sono visti in televisione da Santiago de Cuba, ce n’era uno, portato da una donna, con su scritto: “Io sono Fidel! Ordine!”.\r\nTale lacuna grammaticale ed esistenziale diventerà sempre più frequente nel pensiero \u003Cmark>di\u003C/mark> un popolo che ha avuto l’esperienza sconvolgente \u003Cmark>di\u003C/mark> vedere la più fiera incarnazione del potere nella storia \u003Cmark>di\u003C/mark> Cuba trasformata in una semplice urna cineraria, un popolo che dovrà imparare a vivere senza gli ordini del suo Comandante in capo, e forse scoprirà che per questo cammino non sono più necessari comandanti, non più ordini, ma più fraternità, più auto-organizzazione, meno viltà e miseria morale tra quelli della base, più responsabilità sulla nostra vita, più immaginazione socializzante, per sconfiggere lo spirito e i rappresentanti della nuova borghesia fidelista, parassitaria e burocratica, che oggi sta ricostruendo integralmente il capitalismo a Cuba e i suoi vecchi orrori sotto i nostri occhi e dissimula piangendo quando in realtà è in festa.\r\nTutto quello che facilita questo apprendimento sarà un contributo diretto alla prossima rivoluzione a Cuba. Tutto ciò che ostacola questa scoperta popolare sarà l’espressione più accurata e aggiornata della controrivoluzione. Le proporzioni che d’ora in poi cercano \u003Cmark>di\u003C/mark> aggiungere il fidelismo come corrente \u003Cmark>di\u003C/mark> idee all’interno della sinistra all’esterno e all’interno \u003Cmark>di\u003C/mark> Cuba saranno l’espressione esatta della bancarotta morale prodotta delle sinistre autoritarie, stataliste e produttiviste nel mondo e potrà mettere ancora sul tavolo la necessità \u003Cmark>di\u003C/mark> continuare a forgiare “i modi più sicuri per togliere le fondamenta all’ordine sociale \u003Cmark>di\u003C/mark> oggi e metterne altri più sicuri senza che la casa venga giù”, come appuntò nel gennaio 1890 José Martí, riflettendo a proposito \u003Cmark>di\u003C/mark> “quel tenero e radioso Bakunin”[3].\r\n\r\n\u003Cmark>di\u003C/mark> Marcelo “Liberato” Salinas - L’Avana\r\n(traduzione a cura \u003Cmark>di\u003C/mark> Selva e Davide)\r\n\r\nNOTE\r\n[1] Grazie al ricercatore americano Robert Whitney possiamo avere accesso a questo documento che è disponibile nel libro Estado y Revolucion en Cuba, edizioni Ciencias Sociales de La Habana, 2010, p.230\r\n[2] Tutta la stampa del tempo a Cuba diede questa notizia senza precedenti e il ricercatore Robert Whitney nello stesso libro Estado y Revolucion en Cuba, Op.cit. p 283, riporta questo fatto tramite fonti governative degli Stati Uniti. Cfr. Archivio del Congresso degli Stati Uniti. Grant Watson a Eden, La Habana, 2 dicembre 1937. PRO / FO / A / 9019/65/14, No.171.\r\n[3] “Desde el Hudson” Opere Complete, tomo 12, pag. 378. Editorial Ciencias Sociales, La Habana, 1982.",{"matched_tokens":235,"snippet":236,"value":236},[72,72],"Anarres del 6 gennaio. Cuba, commercio d’ami, pacchi e deportati, i nuovi CIE \u003Cmark>di\u003C/mark> Minniti, a 17 anni dalla strage \u003Cmark>di\u003C/mark> Trapani…",[238,240,242,244,246,249,251,253,255,257],{"matched_tokens":239,"snippet":177,"value":177},[],{"matched_tokens":241,"snippet":220,"value":220},[],{"matched_tokens":243,"snippet":221,"value":221},[],{"matched_tokens":245,"snippet":68,"value":68},[],{"matched_tokens":247,"snippet":248,"value":248},[72],"cie \u003Cmark>di\u003C/mark> trapani",{"matched_tokens":250,"snippet":223,"value":223},[],{"matched_tokens":252,"snippet":224,"value":224},[],{"matched_tokens":254,"snippet":225,"value":225},[],{"matched_tokens":256,"snippet":226,"value":226},[],{"matched_tokens":258,"snippet":227,"value":227},[],[260,262,264],{"field":105,"matched_tokens":261,"snippet":232,"value":233},[72,231],{"field":108,"matched_tokens":263,"snippet":236,"value":236},[72,72],{"field":34,"indices":265,"matched_tokens":266,"snippets":268,"values":269},[171],[267],[72],[248],[248],1733920951118069800,{"best_field_score":272,"best_field_weight":150,"fields_matched":100,"num_tokens_dropped":46,"score":273,"tokens_matched":100,"typo_prefix_score":38},"2216159281152","1733920951118069875",{"document":275,"highlight":304,"highlights":313,"text_match":270,"text_match_info":318},{"comment_count":46,"id":276,"is_sticky":46,"permalink":277,"podcastfilter":278,"post_author":162,"post_content":279,"post_date":280,"post_excerpt":52,"post_id":276,"post_modified":281,"post_thumbnail":282,"post_title":283,"post_type":207,"sort_by_date":284,"tag_links":285,"tags":295},"46232","http://radioblackout.org/podcast/anarres-del-2-marzo-forze-armate-una-scuola-di-sopraffazione-antifascismo-elettorale-elezioni-voto-a-perdere-limmaginario-neocoloniale-in-africa/",[162],"Un nuovo viaggio su Anarres, il pianeta delle utopie concrete.\r\nSui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Dalle 10,45 alle 12,45. Anche in streaming\r\n\r\nAscolta il podcast:\r\n\r\n2018 03 02 anarres\r\n\r\n\r\nIn questa puntata:\r\n\r\n“Autoritarismo e costruzione di personalità fasciste nelle forze armate italiane: un’autoetnografia”. Questo studio di Charlie Barnao e Pietro Saitta ci offre un affresco molto forte dell’addestramento di una truppa d’elite come i parà. \r\nAbbiamo preso le mosse da questo scritto per una riflessione sui carabinieri e i soldati che uccidono, stuprano, picchiano anche fuori servizio.\r\nNe abbiamo parlato con Lorenzo Coniglione della redazione di Umanità Nova.\r\n\r\nAntifascismo elettorale. Alla vigilia del voto l’antifascismo, a sorpresa, è entrato nella campagna elettorale. In testa il PD, campione dello sdoganamento a destra. Ne abbiamo discusso con Pietro Stara.\r\n\r\nElezioni. Una riflessione sugli abiti nuovi della sinistra istituzionale\r\n\r\nImmaginario neo coloniale della dipendenza africana. Ne abbiamo parlato con Karim Metref, che la prossima settimana, con Stefano Capello, introdurrà il dibattito il 9 marzo\r\n\r\nProssimi appuntamenti:\r\n\r\nDomenica 4 marzo\r\nNon votare, vieni al cinema!\r\nBrazil, regia di Terry Gilliam\r\nore 16\r\nfilm e apericena\r\nalla Fat, in corso Palermo 46\r\n\r\nGiovedì 8 marzo\r\nsciopero femminista internazionale\r\ncontro la violenza di genere\r\nA Torino:\r\nore 10 in piazza Castello per mattinata di azioni diffuse\r\nore 16,30 corteo cittadino da piazza XVIII dicembre\r\n\r\nVenerdì 9 marzo\r\nImmaginario neo-coloniale della dipendenza africana.\r\nSfruttamento delle risorse, occupazione militare, sostegno a regimi dittatoriali, emigrazione strutturale… Alcuni dei tasselli del mosaico di un continente conteso da Stati Uniti, paesi europei, Cina, Russia…\r\nL’Africa post coloniale nella narrazione di Karim Metref, insegnante, blogger di origine cabila e di Stefano Capello, geopolitico.\r\nore 21 alla Fat\r\nin corso Palermo 46\r\n\r\nVenerdì 23 marzo\r\nLa cooperazione in Italia\r\nDalla pratica solidale alla logica di mercato\r\nGiovanni Marilli e Daniele Ratti presentano il loro libro, appena uscito per le edizioni Zero in Condotta\r\nore 21 alla Fat\r\nin corso Palermo 46\r\n\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org","2 Marzo 2018","2018-10-17 22:58:40","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/03/2018-02-28-manif-brazil-color-200x110.jpg","Anarres del 2 marzo. 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Dalle 10,45 alle 12,45. Anche in streaming\r\n\r\nAscolta il podcast:\r\n\r\n2018 03 02 anarres\r\n\r\n\r\nIn questa puntata:\r\n\r\n“Autoritarismo e costruzione \u003Cmark>di\u003C/mark> personalità fasciste nelle forze armate italiane: un’autoetnografia”. Questo studio \u003Cmark>di\u003C/mark> Charlie Barnao e Pietro Saitta ci offre un affresco molto forte dell’addestramento \u003Cmark>di\u003C/mark> una truppa d’elite come i parà. \r\nAbbiamo preso le mosse da questo scritto per una riflessione sui carabinieri e i soldati che uccidono, stuprano, picchiano anche fuori servizio.\r\nNe abbiamo parlato con Lorenzo Coniglione della redazione \u003Cmark>di\u003C/mark> Umanità Nova.\r\n\r\nAntifascismo elettorale. Alla vigilia del voto l’antifascismo, a sorpresa, è entrato nella campagna elettorale. In testa il PD, campione dello sdoganamento a destra. Ne abbiamo discusso con Pietro Stara.\r\n\r\nElezioni. 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Lo sciopero è stato differito dalla commissione di garanzia e abbiamo discusso dei meccanismi di blocco e delle tecniche che l'assemblea escogita per superarli. Durante l'assemblea di stamattina i macchinisti e capotreni hanno rilasciato con una nuova data di sciopero per il 23/05/'25 che va anche a rispondere all'ennesimo tentativo di fermare le azioni di lotta organizzata fuori dal sindacato.\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/F_m_13_05_Capotreno-pdm_pdb-su-precettazione-scorso-sciopero-e-indizione-del-prossimo.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\nIl secondo argomento è stato quello della militarizzazione delle scuole, infatti in compagnia di Maria Teresa Silvestrini de L'osservatorio sulla militarizzazione delle scuole e delle università in Italia, abbiamo presentato il prossimo convegno dal titolo: \"Scuole e università di pace. Fermiamo la follia della guerra\". La nostra ospite ci ha dapprima raccontato come è nata l'idea di questo convegno e quali sono le due realtà ad averlo organizzato, infatti oltre all'osservatorio, ha particepato alla creazione di questa giornata di approfondimento anche \"Per la scuola della Repubblica Odv\", ribadendo inoltre che il convegno rientra nell'ambito della formazione docente. Oltre al personale della scuola, ovviamente il convegno è aperto alla cittadinanza tutta, essendo il tema della guerra interesse di tutta la società. 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Questi ultimi stanno scioperando e sono in presidio permanente davanti allo stabilimento di Campi Bisenzio (al momento della diretta) da 36 giorni, hanno subito nel frattempo almeno una dozzina di violente cariche della polizia che vuole sgomberarli e tutto questo perchè chiedono di non essere trattati come schiavi. Giornate che iniziano alle 6 del mattino, in due facchini nei magazzini a caricare cucine, armadi, componenti di arredo sul furgone per poi andarli a consegnare e montare finchè non si è terminato il giro, che può finire anche intorno alle 7 di sera. Il tutto condito da contratti non adeguati alle mansioni e conseguente paga da fame. Francesca ci ha aggiornati sulle (non)novità uscite dal tavolo di trattativa del 28 giugno con Mondo Convenienza in Prefettura ma ci ha fatto anche riflettere sull'enorme sforzo economico che questi lavoratori hanno deciso di sobbarcarsi con l'arma dello sciopero e proprio per questo oltre alla campagna di crowfunding lanciata per sostenerli, è nata l'ultima iniziativa \"8x5 tocca uno tocca tutti\". Valentina ci ha infatti parlato della vocazione al sostegno alle lotte in connubio con la comunicazione e con l'arte alla base del loro progetto collettivo, che ha portato all'idea di organizzare questa mostra a Prato dal 23 Settembre. Per aggiornamenti sulle lotte e sulle iniziative a sostegno dei lavoratori in lotta di Mondo Convenienza a Campi Bisenzio seguite le pagine social Si Cobas Prato e Firenze e ToccaUnoToccaTutti.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/F_m_04_07_Francesca-Sicobas-Prato-e-Valentina-su-lotte-e-mostra-benefit-presidio-Mondo-Convenienza.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nIl secondo approfondimento di oggi lo abbiamo fatto in compagnia di Lorenzo di Sportello il-legale (con sede in via Millio 42 a Torino a presso il CSOA Gabrio) sulla proiezione del documentario “Resistere per esistere” (curato dalla filmaker Sara Porfido) ed il dialogo con Eleonora Celoria, avvocata associata ASGI ed Antonio Stopani, docente unito di geografia critica delle migrazioni presso Aula break - Campus Luigi Einaudi il 6 luglio ’23 h. 18.00\r\n\r\nIl documentario racconta la storia dell'ex Liceo Socrate di Bari.\r\n\r\nPer 13 anni l'ex Liceo Socrate di Bari è stata la casa di una comunità, di più di 60 persone,con un progetto chiaro: quello di rivalutare una scuola abbandonata da decenni e trasformarla in una casa. Nel 2014 è stato sottoscritto un Protocollo di intesa fra Regione Puglia, Comune di Bari, Politecnico, Ingegneria Senza Frontiere, Associazione Socrate, Arpa e Formedil per un progetto di autorecupero della struttura che consentisse la ristrutturazione dell’immobile da parte degli stessi residenti, assicurando la loro permanenza nell'edificio durante i lavori. Nel 2017 l'Associazione Socrate ha consegnato il progetto preliminare per l'autorecupero.Tutto ciò non ha avuto seguito per inottemperanza delle istituzioni targate PD. Il 22 dicembre del 2020, in piena pandemia e usando a pretesto un minuscolo incendio subito domato, le Forze dell'Ordine hanno provato a cacciare tutti i residenti e a sgomberare la struttura.Tutto ciò avveniva a poche settimane dalle dichiarazioni dell'assessore Galasso che esprimeva la volontà di abbattere la struttura e specularci sopra per una cifra di 3,5 milioni di euro. 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Un breve assaggio delle trappole nascoste nella contrattazione collettiva.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio wav=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/2.-Scaduti-e-rinnovati.wav\"][/audio]\r\n\r\n[download]","7 Luglio 2023","2023-07-08 12:02:14","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/8x5prov@@-200x110.jpg","frittura mista|radio fabbrica 04/07/2023",1688773559,[],[],{"post_content":360},{"matched_tokens":361,"snippet":362,"value":363},[72,88,72],"la comunità rimane in stato \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>occupazione\u003C/mark> e sotto la minaccia \u003Cmark>di\u003C/mark>"," \r\n\r\nIl primo approfondimento della puntata lo abbiamo fatto in compagnia \u003Cmark>di\u003C/mark> Francesca del Sicobas \u003Cmark>di\u003C/mark> Prato e Valentina del collettivo Tocca uno tocca tutti, sul sostegno alle lotte dei lavoratori \u003Cmark>di\u003C/mark> Mondo Convenienza. 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Francesca ci ha aggiornati sulle (non)novità uscite dal tavolo \u003Cmark>di\u003C/mark> trattativa del 28 giugno con Mondo Convenienza in Prefettura ma ci ha fatto anche riflettere sull'enorme sforzo economico che questi lavoratori hanno deciso \u003Cmark>di\u003C/mark> sobbarcarsi con l'arma dello sciopero e proprio per questo oltre alla campagna \u003Cmark>di\u003C/mark> crowfunding lanciata per sostenerli, è nata l'ultima iniziativa \"8x5 tocca uno tocca tutti\". Valentina ci ha infatti parlato della vocazione al sostegno alle lotte in connubio con la comunicazione e con l'arte alla base del loro progetto collettivo, che ha portato all'idea \u003Cmark>di\u003C/mark> organizzare questa mostra a Prato dal 23 Settembre. Per aggiornamenti sulle lotte e sulle iniziative a sostegno dei lavoratori in lotta \u003Cmark>di\u003C/mark> Mondo Convenienza a Campi Bisenzio seguite le pagine social Si Cobas Prato e Firenze e ToccaUnoToccaTutti.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/F_m_04_07_Francesca-Sicobas-Prato-e-Valentina-su-lotte-e-mostra-benefit-presidio-Mondo-Convenienza.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nIl secondo approfondimento \u003Cmark>di\u003C/mark> oggi lo abbiamo fatto in compagnia \u003Cmark>di\u003C/mark> Lorenzo \u003Cmark>di\u003C/mark> Sportello il-legale (con sede in via Millio 42 a Torino a presso il CSOA Gabrio) sulla proiezione del documentario “Resistere per esistere” (curato dalla filmaker Sara Porfido) ed il dialogo con Eleonora Celoria, avvocata associata ASGI ed Antonio Stopani, docente unito \u003Cmark>di\u003C/mark> geografia critica delle migrazioni presso Aula break - Campus Luigi Einaudi il 6 luglio ’23 h. 18.00\r\n\r\nIl documentario racconta la storia dell'ex Liceo Socrate \u003Cmark>di\u003C/mark> Bari.\r\n\r\nPer 13 anni l'ex Liceo Socrate \u003Cmark>di\u003C/mark> Bari è stata la casa \u003Cmark>di\u003C/mark> una comunità, \u003Cmark>di\u003C/mark> più \u003Cmark>di\u003C/mark> 60 persone,con un progetto chiaro: quello \u003Cmark>di\u003C/mark> rivalutare una scuola abbandonata da decenni e trasformarla in una casa. Nel 2014 è stato sottoscritto un Protocollo \u003Cmark>di\u003C/mark> intesa fra Regione Puglia, Comune \u003Cmark>di\u003C/mark> Bari, Politecnico, Ingegneria Senza Frontiere, Associazione Socrate, Arpa e Formedil per un progetto \u003Cmark>di\u003C/mark> autorecupero della struttura che consentisse la ristrutturazione dell’immobile da parte degli stessi residenti, assicurando la loro permanenza nell'edificio durante i lavori. Nel 2017 l'Associazione Socrate ha consegnato il progetto preliminare per l'autorecupero.Tutto ciò non ha avuto seguito per inottemperanza delle istituzioni targate PD. Il 22 dicembre del 2020, in piena pandemia e usando a pretesto un minuscolo incendio subito domato, le Forze dell'Ordine hanno provato a cacciare tutti i residenti e a sgomberare la struttura.Tutto ciò avveniva a poche settimane dalle dichiarazioni dell'assessore Galasso che esprimeva la volontà \u003Cmark>di\u003C/mark> abbattere la struttura e specularci sopra per una cifra \u003Cmark>di\u003C/mark> 3,5 milioni \u003Cmark>di\u003C/mark> euro. Da allora la comunità rimane in stato \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>occupazione\u003C/mark> e sotto la minaccia \u003Cmark>di\u003C/mark> un imminente sgombero, eventualità in questo momento più che mai cogente.\r\n\r\nL’iniziativa è anche un benefit spese legali.\r\n\r\nOltre il danno la beffa. Dopo un anno, per colpire quella massa \u003Cmark>di\u003C/mark> solidali che impedì lo sgombero dell'Ex Socrate, la magistratura ha notificato a trenta persone decreti penali per i reati \u003Cmark>di\u003C/mark> “manifestazione non autorizzata” e “resistenza a pubblico ufficiale”, con multe dai 4000 a più \u003Cmark>di\u003C/mark> 7000 euro. Un vero e proprio maxi processo volto a criminalizzare qualsiasi \u003Cmark>azione\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> solidarietà attiva e \u003Cmark>di\u003C/mark> resistenza contro disposizioni \u003Cmark>di\u003C/mark> leggi e \u003Cmark>azioni\u003C/mark> amministrative repressive e razziste.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/F_m_04_07_Lorenzo-Sportello-Il-legale-su-iniziativa-documentario-socrates-e-decreto-cutro.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nSi consiglia \u003Cmark>di\u003C/mark> sentire sul tema ex Socrate anche:\r\n\r\nhttps://radioblackout.org/podcast/frittura-mista-radio-fabbrica-05-01-2021/\r\n\r\n \r\n\r\nhttps://radioblackout.org/podcast/frittura-mistaradio-fabbrica-15-11-2022/\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nPer la terza parte continuiamo ad ospitare la serie podcast \"Tutta colpa dei Padroni?\", oggi trasmettiamo la seconda puntata \"Scaduti e rinnovati\". Cosa significa che un contratto è scaduto? Cosa succede quando viene rinnovato? Un breve assaggio delle trappole nascoste nella contrattazione collettiva.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio wav=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/2.-Scaduti-e-rinnovati.wav\"][/audio]\r\n\r\n[download]",[365],{"field":105,"matched_tokens":366,"snippet":362,"value":363},[72,88,72],{"best_field_score":272,"best_field_weight":150,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":46,"score":345,"tokens_matched":100,"typo_prefix_score":38},{"document":369,"highlight":381,"highlights":387,"text_match":270,"text_match_info":390},{"comment_count":46,"id":370,"is_sticky":46,"permalink":371,"podcastfilter":372,"post_author":325,"post_content":373,"post_date":374,"post_excerpt":52,"post_id":370,"post_modified":375,"post_thumbnail":376,"post_title":377,"post_type":207,"sort_by_date":378,"tag_links":379,"tags":380},"75519","http://radioblackout.org/podcast/frittura-mistaradio-fabbrica-10-05-2022/",[164]," \r\n\r\nIl primo approfondimento lo abbiamo fatto in compagnia di Anita Cobas scuola sullo sciopero nazionale della scuola del 6 maggio 22.\r\nOltre a fare un bilancio abbiamo snocciolato le motivazioni che hanno portato allo sciopero:\r\n– Contro i quiz Invalsi e il Sistema nazionale di valutazione, che hanno\r\neffetti retroattivi negativi sulla didattica, standardizzano gli\r\ninsegnamenti, trasformano i docenti in “addestratori ai quiz”,\r\ndiscriminano gli studenti con BES.\r\n– Contro il Decreto scuola che introduce inaccettabili modalità per la\r\nstabilizzazione dei precari e una formazione triennale in orario\r\naggiuntivo, che diventerà obbligatoria per i docenti neo-immessi dal\r\n2023-24, con incentivazione salariale e verifiche selettive per creare\r\ngerarchie tra i/le lavoratori/trici, veicolare la logica della\r\nscuola-azienda e restringere pluralismo didattico e libertà di\r\ninsegnamento\r\n-Contro il taglio dello 0,5% del PIL delle spese per l’istruzione\r\nprevisto dal DEF 2022 a fronte di un aumento delle spese per le armi\r\n– Per il rinnovo del CCNL scaduto da più di due anni, con aumenti\r\nsignificativi uguali per tutti/e, per recuperare almeno il 20% del\r\npotere salariale perso negli ultimi anni e difendere i salari reali\r\ndalla ripresa dell’inflazione e del carovita\r\n– Per investire i fondi del PNRR per ridurre a massimo 20 il numero\r\ndegli alunni/e per classe (15 in presenza di disabili), assumere i\r\ndocenti con 3 anni di servizio e gli Ata con 2, investire in modo\r\nsignificativo nell’edilizia scolastica\r\n– Contro la cd didattica delle competenze addestrative, per una scuola\r\npubblica che punti allo sviluppo degli strumenti cognitivi e dello\r\nspirito critico\r\n– Per il potenziamento degli organici docenti ed Ata, l’immissione in\r\nruolo su tutti i posti vacanti, la stabilizzazione dei posti Covid e il\r\nripristino integrale delle sostituzioni con supplenze temporanee\r\n-Per utilizzare i docenti rientrati dalla sospensione senza\r\ndemansionamento né prolungamento d’orario\r\n– Contro il lavoro gratuito degli studenti nei PCTO e negli stage, con\r\nil rischio di morire sul lavoro, come avvenuto recentemente; per\r\nsospendere tali attività e restituire alle scuole la decisione se\r\nsvolgerle o meno e per quante ore\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/05/F_m_10_05_Anita-Cobas-Scuola-su-sciopero-6-Maggio.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nIl secondo approfondimento lo abbiamo fatto con Yassine, promotore della manifestazione che ci sarà lunedì 16 Maggio alle 9:30 in Piazza Castello a Torino, per richiedere \"Documenti per tutti. Sanatoria subito!\". Sono passati infatti più di due mesi da quando alcuni lavoratori immigrati hanno lanciato uno sciopero con presidio davanti all'ufficio immigrazione perchè si ritrovano sempre di fronte allo stesso problema, l'esigenza del permesso di soggiorno. Yassine ci ricorda come per accedere a qualunque servizio pubblico e non, sia necessario questo pezzo di carta e che è assurdo che lui e tanti e tante come lui debbano rimanere irregolari sul terriotorio italiano nonostante di fatto contribuiscano con le tasse prese dai già miseri compensi che ottengono sui posti di lavoro. Oltre ad aver approfittato della sua disponibilità per farci avere una personale testimonianza su come queste politiche sistemiche razziste si ripercuotano sulla sua vita, ci siamo fatti spiegare alcune delle rivendicazioni elencate nel volantino dell'iniziativa:\r\n\r\n- Velocizzazione delle convocazioni per tutte le domande di Sanatoria;\r\n\r\n- Sblocco delle domande interrotte dal datore di lavoro, o bloccate per i motivi di reddito, e rilascio di un permesso di attesa occupazione;\r\n\r\n- Riconoscimento delle prove di presenza provenienti da uffici di utilità pubblica;\r\n\r\n- Regolarizzazione delle persone sprovviste di Permesso di soggiorno, escluse dalla Sanatoria;\r\n\r\n\"Invitiamo i fratelli e le sorelle della comunità di Torino ed unirsi a noi il giorno 16 Maggio, dalle ore 9:30 di fronte alla Prefettura di Piazza Castello. La nostra sola forza è l'unione, partecipiamo numerosi a questa giornata di lotta. Portiamo la nostra voce in piazza\"\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/05/F_m_10_05-DocumentiPerTuttiSanatoriaSubito_16Maggio.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\nIl terzo tema lo abbiamo approfondito con Walter Roncaglia, lavoratore dello spettacolo da circa vent'anni, sull'indennità per la quale lui e tutta una categoria hanno animato le piazze nel periodo pandemico e non solo. Infatti dopo mesi e mesi di lotta e di tavoli istituzionali, si era arrivati alla proposta di due decreti legge per la riforma del settore spettacolo, e il 4 Maggio si è giunti all'approvazione per un'indennità per discontinuità lavorativa.\r\n\r\n\"Le commissioni Cultura e Lavoro congiunte del senato (VII e XI) hanno oggi votato con esito positivo l'emendamento che introduce l' “indennità di discontinuità”.\r\n\r\nOggi, dunque, è una giornata importante perché aggiunge un tassello al quadro generale: il riconoscimento della discontinuità e quindi dell'importanza di un sostegno per mitigare la condizione di eterno precariato che sopporta chi lavora nello Spettacolo.\r\n\r\nIl traguardo è stato tagliato grazie all'azione corale di un intero comparto che ha saputo, forte delle sue differenze e delle sue risorse, mettere a fuoco alcune questioni universalmente individuate come necessarie.\r\n\r\nA ciò hanno concorso in primis migliaia di lavoratrici e lavoratori in questi due lunghissimi anni e mezzo; senza il loro grande sforzo di piazza e di azione politica, profuso da marzo 2020, oggi la Commissione Cultura non avrebbe avuto alcuna manovra da valutare.\r\n\r\nÉ presto però per cantare vittoria: bene il passo in avanti, ma bisogna capire tutto il resto: di “giornate storiche” rivelatesi ciofeche franceschiniane ne abbiamo già viste. È possibile parlare di “vittoria” solo se si sa con chiarezza quanti sono i fondi, quali sono gli investimenti, chi sono i destinatari della misura e tutto il resto.\r\n\r\nAd ora, infatti, nulla si sa circa la copertura finanziaria per questa misura.[...]\"\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/05/F_m_10_05_Walter-lavoratore-spettacolo-su-reddito-discontinuita.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]","14 Maggio 2022","2022-05-14 02:01:30","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/05/279699578_543532730629728_8431272189781937479_n-200x110.png","frittura mista|radio fabbrica 10/05/2022",1652493690,[],[],{"post_content":382},{"matched_tokens":383,"snippet":385,"value":386},[72,72,384],"azione","grande sforzo \u003Cmark>di\u003C/mark> piazza e \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>azione\u003C/mark> politica, profuso da marzo 2020,"," \r\n\r\nIl primo approfondimento lo abbiamo fatto in compagnia \u003Cmark>di\u003C/mark> Anita Cobas scuola sullo sciopero nazionale della scuola del 6 maggio 22.\r\nOltre a fare un bilancio abbiamo snocciolato le motivazioni che hanno portato allo sciopero:\r\n– Contro i quiz Invalsi e il Sistema nazionale \u003Cmark>di\u003C/mark> valutazione, che hanno\r\neffetti retroattivi negativi sulla didattica, standardizzano gli\r\ninsegnamenti, trasformano i docenti in “addestratori ai quiz”,\r\ndiscriminano gli studenti con BES.\r\n– Contro il Decreto scuola che introduce inaccettabili modalità per la\r\nstabilizzazione dei precari e una formazione triennale in orario\r\naggiuntivo, che diventerà obbligatoria per i docenti neo-immessi dal\r\n2023-24, con incentivazione salariale e verifiche selettive per creare\r\ngerarchie tra i/le lavoratori/trici, veicolare la logica della\r\nscuola-azienda e restringere pluralismo didattico e libertà \u003Cmark>di\u003C/mark>\r\ninsegnamento\r\n-Contro il taglio dello 0,5% del PIL delle spese per l’istruzione\r\nprevisto dal DEF 2022 a fronte \u003Cmark>di\u003C/mark> un aumento delle spese per le armi\r\n– Per il rinnovo del CCNL scaduto da più \u003Cmark>di\u003C/mark> due anni, con aumenti\r\nsignificativi uguali per tutti/e, per recuperare almeno il 20% del\r\npotere salariale perso negli ultimi anni e difendere i salari reali\r\ndalla ripresa dell’inflazione e del carovita\r\n– Per investire i fondi del PNRR per ridurre a massimo 20 il numero\r\ndegli alunni/e per classe (15 in presenza \u003Cmark>di\u003C/mark> disabili), assumere i\r\ndocenti con 3 anni \u003Cmark>di\u003C/mark> servizio e gli Ata con 2, investire in modo\r\nsignificativo nell’edilizia scolastica\r\n– Contro la cd didattica delle competenze addestrative, per una scuola\r\npubblica che punti allo sviluppo degli strumenti cognitivi e dello\r\nspirito critico\r\n– Per il potenziamento degli organici docenti ed Ata, l’immissione in\r\nruolo su tutti i posti vacanti, la stabilizzazione dei posti Covid e il\r\nripristino integrale delle sostituzioni con supplenze temporanee\r\n-Per utilizzare i docenti rientrati dalla sospensione senza\r\ndemansionamento né prolungamento d’orario\r\n– Contro il lavoro gratuito degli studenti nei PCTO e negli stage, con\r\nil rischio \u003Cmark>di\u003C/mark> morire sul lavoro, come avvenuto recentemente; per\r\nsospendere tali attività e restituire alle scuole la decisione se\r\nsvolgerle o meno e per quante ore\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/05/F_m_10_05_Anita-Cobas-Scuola-su-sciopero-6-Maggio.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nIl secondo approfondimento lo abbiamo fatto con Yassine, promotore della manifestazione che ci sarà lunedì 16 Maggio alle 9:30 in Piazza Castello a Torino, per richiedere \"Documenti per tutti. 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Venerdì 23 un lungo assedio alle poche decine di fascisti radunatisi in via Baltea, la solidarietà degli abitanti, l'assenza di sostegno nel quartiere, che invece hanno riempito il giardinetto di corso Palermo angolo via Sesia, hanno decretato il flop dell'iniziativa fascista. \r\nBayer compra Monsanto: nasce il nuovo megamostro della chimica.\r\nNe abbiamo discusso con Marco Tafel\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nVenerdì 30 settembre\r\nore 21 – corso Palermo 46\r\npresentazione del libro di Alessio Lega “BAKUNIN, IL DEMONE DELLA RIVOLTA\r\nTra insurrezioni, complotti e galere i tumulti, le contraddizioni e l'incontenibile passione rivoluzionaria dell'anarchico russo” \r\nMichail Bakunin (1814-1876), nato nobile e morto in miseria, attraversa impetuosamente il suo secolo in nome di un'idea esagerata di libertà che sconvolge l'immaginario politico europeo. Pensatore rivoluzionario che tempra le sue idee nel fuoco dell'azione, accorre in difesa delle barricate di mezza Europa, collezionando condanne a morte in vari imperi e sopravvivendo a carcerazioni durissime. Deportato in Siberia, scappa – su slitte, cavalli, treni e velieri – per tornare lì dove la rivoluzione lo chiama: in un'Europa in ebollizione in cui lo aspettano altre barricate e altre insurrezioni. Vinto ma non domato, muore usurato da una vita segnata da mille sfide mentre – irresistibilmente – sta progettando nuove rivoluzioni e nuovi mondi.\r\nSabato 1 ottobre \r\nal Balon – via Andreis angolo via Borgodora (se piove in piazza della Repubblica sotto la tettoia dei casalinghi)\r\nore 10,30 – 13,30\r\nPresidio contro tutte le frontiere \r\nGiovedì 6 ottobre \r\nore 17,30\r\nai giardinetti di corso Palermo angolo via Sesia – punto info su guerra sociale e lotte nelle periferie, apericena benefit lotte sociali\r\nDocumenti\r\nComunicato-appello da parte di uno degli italiani unitosi allo YPG, scritto in occasione del corteo nazionale del 24 settembre a Roma. \r\nCiao a tutti e tutte, sono uno degli italiani che si sono uniti allo YPG, unità di difesa del popolo del Rojava. Non sono il primo e non sarò l'ultimo, in Rojava la solidarietà internazionale é molto forte e sono centinaia le persone che arrivano da ogni parte del mondo per far parte di questa rivoluzione. Siamo a conoscenza del corteo nazionale del 24 Settembre che si terrà a Roma e ciò non può che farci felici e darci sostegno e forza nel continuare a lottare.\r\nNelle ultime settimane sui giornali siamo stati chiamati terroristi, è stato detto che comunisti e anarchici vanno ad addestrarsi in Siria, vorrei dire ai giornalisti ed ai politici che si riempiono la bocca di belle parole, che questa rivoluzione non è fatta solo da comunisti o anarchici, ma anzi da curdi, arabi, assiri, ezidi, armeni, turcommanni e da tutte quelle persone che si identificano nel confederalismo democratico. La realtà è completamente diversa da quella che viene raccontata dai giornali e dal governo, i veri terroristi sono seduti nei palazzi del potere e spostano sulla scacchiera le loro pedine, un giorno amiche, un giorno nemiche, ma quando i nodi vengono al pettine e la verità viene a galla i nemici si scoprono. l'Italia è complice di questa guerra, l'Alenia fornisce elicotteri da combattimento alla Turchia per bombardare il Bakur, l'Italia è inoltre il maggior produttore di mine al mondo ed è anche grazie all'Italia se centinaia di persone sono morte o sono rimaste gravemente ferite per colpa delle migliaia di mine disseminate dall'Isis. Grazie all'accordo di 6 miliardi di euro tra unione europea e Turchia, migliaia di persone vivono in campi profughi che sono delle vere e proprie prigioni a cielo aperto. Grazie a questi soldi ricevuti dall'unione europea la Turchia sta completando la costruzione di un muro di separazione con il Rojava, con il quale si proteggono i militari che sparano senza scrupoli su chi cerca di scappare da questa guerra; sono già decine le persone uccise lungo questo confine.\r\n\r\nL'operazione di invasione del Rojava da parte della Turchia è partita già a metà agosto con la finta invasione di Jarablus, in pratica operazione di sostegno all'Isis, che per la prima volta è retrocesso senza combattere. Successivamente la Turchia ha utilizzato questa nuova postazione per far partire l'invasione di alcuni villaggi del cantone di Efrin; e in queste settimane sono state molte le provocazioni.\r\n\r\nIl rischio di una guerra aperta tra Turchia e Rojava è sempre più alto; ora più che mai è importante sostenere il confederalismo democratico a livello internazionale facendo pressioni sui governi e sugli Stati, complici e autori di questa guerra, perchè interrompano le relazioni politiche, economiche e militari con Ankara; ora più che mai è importante chiedere l'apertura delle frontiere per far entrare aiuti alimentari e medicine, beni di prima necessità che qui mancano.\r\n\r\nE' questa la vera realtà della guerra; la lotta al terrorismo è una menzogna ed è soltanto una facciata per nascondere gli interessi di governi e industrie belliche.\r\n\r\nIl mio pensiero qui in Rojava non può che andare alle migliaia di compagni e compagne caduti o rimasti gravemente feriti per far si che questa rivoluzione sia ancora in vita e prosegua il percorso verso la libertà.\r\n\r\nSperando sempre che dai semi rivoluzionari gettati qui in Rojava un giorno possano nascere fiori in tutto il mondo.\r\nBiji Rojava biji Kurdistan. \r\nSerkeftin\r\n000000\r\nLa Commissione di Corrispondenza dellaFederazione Anarchica Italiana fa propriol’appello del Gruppo Anarchico “Carlo Cafiero” – FAI di Roma, ed invita tutte le realtà federate ad attivarsi per la più ampia partecipazione allo spezzone rosso e nero alla manifestazione del 24 settembre a Roma.\r\nIl colpo di stato in Turchia ha permesso al governo turco di imporre lo stato di emergenza, e di accrescere la repressione nei confronti dei gruppi attivi nelle lotte e dei movimenti sociali. Anche i/le nostre compagni/e anarchici/che della DAF (Devrimci Anarsist Faaliyet / Azione Rivoluzionaria Anarchica) oltra a socialisti, gruppi curdi democratici sono stati colpiti dalla stretta liberticida del governo. Il giornale Meydan è stato chiuso e tre nuove indagini sono state avviate, con la scusa di essere un’organizzazione terroristica. \r\n Nelle regioni a maggioranza curda la repressione ha assunto la forma di una guerra aperta contro la popolazione, mentre gli attivisti in carcere, fra cui Abdullah Öcalan, sono costretti in condizioni inumane.\r\n La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana, sicura di interpretare i sentimenti delle anarchiche e degli anarchici di lingua italiana, esprime la solidarietà internazionalista al popolo curdo e a tutti i popoli che vivono nelle regioni del Kurdistan, vittime dell’aggressione della Turchia, della Siria e dello Stato Islamico; esprime altresì il sostegno alla resistenza, all’autogestione dal basso ed al comunalismo, alla rivoluzione in Rojava, per il suo ulteriore sviluppo in una prospettiva libertaria; invita a mobilitarsi contro il governo italiano e le altre potenze imperialiste, grandi e piccole, dell’est e dell’ovest, che appoggiano la guerra e il progetto di annientamento del popolo curdo.\r\n000000\r\nUna Biennale d’eccezione \r\n\r\nLanciando pietre\r\n\r\nThrowing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperityi di Douglas Rushkoff se non fosse un interessante libro sugli esiti della economia digitale potrebbe essere un ottimo libro di architettura. Le pietre di cui fa cenno il titolo sono quelle che hanno gettato i residenti di alcuni quartieri di San Francisco contro i Google bus che vengono a raccogliere i dipendenti dell’omonima ditta. Attorno alle fermate dei bus dei privilegiati dell’azienda informatica gli affitti sono cresciuti in maniera talmente elevata che molti abitanti sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Una nuova forma raffinata di gentrificazioneii.\r\n\r\nRushkoff, scrittore e saggista cyberpunk e collaboratore di Timothy Leary ci descrive un mondo in cui le differenze aumentano e nel quale le promesse di maggiori opportunità e di democrazia dell’economia digitale si sono rivelate un abbaglio fatale. “Il problema è che siamo ostaggi della trappola della crescita e le tecnologie digitali, che all’inizio sembravano promettere modelli più distribuiti e partecipati per l’economia, si sono trasformate in meri acceleratori di una crescita sempre più frenetica e sorda ai bisogni della società”iii. Nel suo libro Rushkoff cerca di spiegare dove abbiamo sbagliato e per quale motivo e come sia possibile riprogrammare l’economia digitale e le nostre attività ripartendo dal basso per promuovere un’economia sostenibile per raggiungere un benessere il più diffuso possibile.\r\n\r\nNella costruzione del nostro ambiente urbano ci siamo lasciati affascinare dallo stesso meccanismo: la crescita impetuosa delle città e delle conurbazioni a causa di un mix di demografia e spinte speculative ha prodotto i modelli illusori di ‘smart city’, di città cablate super tecnologiche e la rincorsa al gigantismo ed alle emergenze dei grandi edifici simbolo, incarnazione della ‘hubris’ degli archi-star. Ora ci rendiamo conto che questa corsa alla cementificazione del pianeta produce solo macerie nel tessuto abitativo e nei legami comunitari, indispensabili per una vita in armonia con l’ambiente e il territorio.\r\n\r\nL’edizione 2016 della Biennale di Architettura di Venezia, curata dal cileno Alejandro Aravena ha come titolo Reporting from the front ed ha l’ambizione di fotografare lo stato dei lavori in quelle aree del mondo di frontiera in cui si sta preparando il futuro del nostro spazio abitativo.\r\n\r\nQuesta Biennale nelle intenzioni di Aravena si “propone dunque di condividere con un pubblico più ampio, il lavoro delle persone che scrutano l’orizzonte alla ricerca di nuovi ambiti di azione, affrontando temi quali la segregazione, le diseguaglianze, le perifereie, l’accesso a strutture igienico-sanitarie, i disastri naturali, la carenza di alloggi, la migrazione, l’informalità, la criminalità, il traffico, lo spreco, l’inquinamento e la partecipazione delle comunità.”\r\n\r\nE Paolo Baratta, Presidente della Biennale aggiunge: “Ci interessa l’architettura come strumento di self-government, come strumento di una civiltà umanistica, non in grazia di uno stile formale, ma come evidenza della capacità dell’uomo di essere padrone dei propri destini”.\r\n\r\nUna edizione con un programma sideralmente opposto a quello della precedente, affidata all’archistar Rem Koolhas, che mette sul tappeto molti temi che come libertari ci sono cari: l’autocostruzione, la partecipazione, la progettazione comunitaria e i processi ecologici di recupero dell’esistente insieme allo sviluppo di tecnologie appropriate condivisibili.\r\n\r\nBaratta ci ricorda che l’immaginario architettonico del secolo scorso preconizzava la costruzione di grandi centri urbani inseriti in un territorio che offriva ancora grandi spazi vergini. È stato il periodo della ‘ville radieuse’ di Le Corbusier, della realizzazione in nuovi insediamenti di grandi capitali, come Chandigar o Brasilia. Oggi gli spazi su cui gli architetti sono chiamati ad operare sono spesso enormi aree urbane abbandonate e degradate ed in ogni caso, a causa della crescita urbana e delle nuove forme di produzione post-industriale, gli spazi naturali tendono a divenire sempre più spazi interni ad una pianificazione planetaria.\r\n\r\nSpazi che le autorità non riescono più a controllare o dirigere, per mancanza di risorse economiche ma anche di nuovi strumenti operativi efficaci. Ottima situazione per chi è impegnato in prima linea, sul‘fronte’ e sperimenta nuovi modelli abitativi solidali.\r\n\r\n“una volta i villaggi ci proteggevano dalla natura oggi la natura è il nostro rifugio dalle tensioni urbane” ci ricorda nella sua installazione di video il cileno Elton Leniz invitato da Aravena.\r\n\r\nLa situazione attuale dello sviluppo del fenomeno urbano è ben fotografata nel padiglione della Sala d’armi all’Arsenale dove è esposto il Progetto Speciale ‘Conflitti dell’era urbana’ curato da Riky Burdett. Burdett descrive le due grandi spinte che tendono a definire il nostro ambiente costruito: quelle che lui definisce le Soluzioni dall’alto -quelle istituzionali e dei grandi agenti della pianificazione- su una parete del padiglione e le Soluzioni dal basso –autocostruzione, partecipazione e processi spontanei- sulla parete opposta. Tra i due estremi sono rappresentate le mappe di alcune conurbazioni rappresentative che tendono a diventare in ogni luogo del pianeta ‘il territorio’ non solo una parte dell’ambiente antropizzato: il ‘tutto costruito’ con spazi di ‘natura’ addomesticata tra i suoi interstizi, l’opposto del rapporto urbano agricolo naturale artificiale che esiste da quando esiste l’uomo civile, il prodotto della ‘civitas’, la comunità stanziale di un gruppo di uomini in un territorio definito dalla sua architettura.\r\n\r\nSi aprono spazi vuoti all’interno di queste inquietanti conurbazioni neo-plastiche e come dice Baratta, è in questi spazi, che sono il fronte in cui si combatte per definire l’assetto del nostro ambiente futuro, che dobbiamo cercare esperienze e buone pratiche da analizzare. Reporting from the Front. Con l’intento di ingenerare progetti e processi che diano risposte complesse e condivisibili e che possano divenire nuovi standard e modelli. Architetture anche di piccole dimensioni ma che presentino un’alta qualità professionale e un forte legame con le comunità che le generano.\r\n\r\nRushkoff nel suo saggio parla anche di gig economy, l’economia dei piccoli lavori on-demand, modello Uber, in poche parole il modello che vuole trasportarci dal‘diritto al lavoro’ al nessun diritto dei ‘lavoretti’. In vista di un’uberizzazione della società dobbiamo adattarci anche a una gig-architecture? A un’architettura dei progettini? Che se poi piacciono e funzionano possano essere rilanciati da qualche bella multinazionale e ri-proposti come ready made architettonici. Servono a questo i tanti collettivi, più o meno marginali o antagonisti che vediamo rappresentati in questa bella biennale? Mettere in moto qualche interessante Processo che possa poi da altri essere rivenduto come Progetto?\r\n\r\nProgetti e Processi\r\n\r\nUn discrimine da avere ben presente tra le proposte interessanti viste in questa Biennale è proprio quello di saper distinguere da chi propone progetti confezionati da rivendere alla comunità e tra chi sceglie di ingenerare processi di crescita dal basso proponendo soluzioni che diano risposte a bisogni locali che diventino poi patrimonio collettivo. È ad esempio la scelta del gruppo Ctrl+z: costruire processi in forma partecipativa che non siano isolabili dal contesto che li ha prodotti, che valgano qui e ora, con questo materiale. Un bel esempio le “atrapaniebla” le torri dell’acqua che trasformano la condensa della nebbia in acqua potabile che Ctrl+z ha presentato ai magazzini del Sale nella mostra Spazi d’Eccezione, ‘torri low-tech basate sui materiali che si possono trovare a livello locale. Grazie alla leggerezza e alla modularità. La nostra proposta si può montare in due giorni senza la necessità di gru, ponteggi o altri ausili.’ Un modello della torre è stato montato all’interno dell’Esposizione nel giardino dell’Arsenale.\r\n\r\nA poca distanza la Norman Foster Foundation, insieme alla Future Africa EPFL e ad altre fondazioni, propone una rete di drone-port, aereoporti per droni per collegare in Africa villaggi isolati in ampi territori senza altre possibilità di comunicazione efficienti. I drone-port di Foster sono l’estto opposto della proposta di Ctrl+z, si riducono ad una scatola ed un progetto realizzabile in loco grazie ad un know how centralizzato, drone-porti per ricevere attraverso velivoli teleguidati ad alta tecnologie merci da un distributore lontano, un ragno nella rete da qualche parte. La realizzazione tecnologica dell’antico ‘culto del Cargo’ caro agli antropologi.\r\n\r\nSpazi d’Eccezione\r\n\r\nI fronti da esplorare oggi non sono quello spazio piano senza limiti che sembra indicare il logo di questa edizione: una foto scattata da Bruce Chatwin che ritrae un’archeologa tedesca, Maria Reiche, sopra una scala di alluminio che osserva i tracciati di pietre del deserto peruviano di Nazca, sono fronti interni allo sviluppo planetario del capitale, luoghi di rovine, di cicatrici, di macerie, quasi sempre ‘spazi d’eccezione’ in cui le normali regole del vivere sono sospese da un potere non normato. E in quei fronti, da tempo, c’è chi lotta e costruisce alternative. Di questi lotte dà testimonianza con uno sguardo libertario l’esposizione ‘Spazi d’Eccezione’ ai Magazzini del Sale, ‘un libro, un meeting e una mostra’ organizzati dai collettivi di Escuela Moderna e S.a.L.E. Docks.\r\n\r\nCtrl+z, Recets Urbanas che abbiamo già citato e altri espositori al Sale partecipano in varie forme anche all’esposizione ufficiale e Spazi d’Eccezione ha organizzato anche un meeting interno alla Biennale nell’ambito delle Biennale Sessions, per portare argomenti misteriosamente scomparsi dal dibattito sul territorio quali il No Mose, il No Tav il No Muos e tanti alti piccoli tentativi di autogestione del territorio e delle lotte urbane. Un tentativo di intrusione riuscito all’interno della Biennale ufficiale è stato quello del colletivo ‘Detroit Resist’ presente nella mostra al Sale che si occupa in modo militante di riqualificazione urbana a Detroit, un gruppo composto da attivisti, artisti, architetti e membri della comunità. Detroit Resist ha organizzato una occupazione digitale del padiglione degli Usa che quest’anno ha come tema “The Architectural immagination” e come oggetto proprio la riqualificazione della città di Detroit con giganteschi progetti con fini speculativi.\r\n\r\nTante sono le presenze libertarie di cui varrebbe la pena dare conto, dall’allestimento del padiglione Italia affidato alla TAM associati dal titolo ‘Taking Care, progettare per il bene comune’ alle presenze individuali, ai collettivi ad alcuni interessanti padiglioni nazionali. Iniziamo presentando il progetto ‘Spazi d’eccezione’ con un articolo di Paolo Martore e Massimo Mazzone. Altri seguiranno.\r\n\r\n“‘Spazi d’eccezione’ NON è un Padiglione Nazionale né un pezzo della Mostra Internazionale né un evento collaterale. ‘Spazi d’eccezione’ è quel lato in ombra a cui tutti fanno riferimento, quel Germinal, quell’humus dal quale tutti ambiguamente attingono, ma di cui nessuno parla mai con chiarezza.”iv Così Massimo Mazzone portavoce di Escuela Moderna nella sua introduzione al catalogo dell’esposizione.\r\n\r\nIn uno dei tanti padiglioni che trattavano di autocostruzione tra le varie indicazioni operative figurava anche la dicitura: ‘quando e in quali luoghi è opportuno accettare situazioni diffuse di illegalità marginale per favorire la costituzione di comunità…’\r\n\r\nNell’installazione di Recetas Urbanas nel padiglione all’Arsenale, all’interno della Biennale, si rivendicava il ‘diritto’ all’illegalità in situazioni di necessità: ecco la differenza che conta con la mostra istituzionale e che appare filo conduttore dell’esposizione al Sale.\r\n\r\nTolleranza dall’alto rivendicazione dal basso. Le varie gradazioni di questo rapporto segnano il sottile confine tra una social democrazia eterodiretta ed una comunità viva con fermenti libertari. Di ciò soprattutto dà testimonianza Spazi d’eccezione.\r\n\r\nViene a proposito il post di Marco Baravalle, animatore di ‘S.a.L.E. Docks’ e curatore di ‘Spazi d’eccezione’ insieme a Massimo Mazzone, a commento della cancellazione della performance Rebootati al padiglione Uruguaiano da parte della direzione della Biennale: “L'arte e l'architettura amano l'informalità quando si lascia rappresentare. Questo è l'essenza del pauperismo: fare dei poveri un soggetto immobile, procedere al saccheggio culturale oltre che a quello materiale. Ad essi è consentito solo di partecipare (solitamente a ciò che è già stato scelto), ad essi è consentito di attivarsi in quanto comunità (che parola è?) su sollecitazione dell'artista o dall'architetto di turno. Che l'illegalità sia individuale, di massa, dettata dalla fame o orientata politicamente, essa è una necessità legata alla sopravvivenza, al miglioramento delle proprie condizioni sociali o ad un nuovo modo di vivere in comune. Secondo qualcuno queste sono anche le priorità dell'architettura.”\r\n\r\n“Spazi d’eccezione credo sia un’ottima risposta e contemporaneamente una vetrina –anche se parziale- di tante praticabili ipotesi di lavoro. Spazi di Eccezione serve a mostrare alcune delle tante iniziative di libertà che combattono sul fronte del costruito che con difficoltà e determinazione stanno cercando di mettersi in rete e acquistare forma visibile.\r\n\r\nÈ in questa ottica che le esperienze contenute in questo lavoro comune hanno un senso, sono alfabeti, sillabe di linguaggi base per ricreare mondi con parole, azioni, fantasie di pratiche condivise. L’espressione di volontà che già esistono e balbettano futuri di libertà e testimonianza necessaria di un filone regressivo nelle pratiche progettuali e nella pianificazione urbana e territoriale che ritorna dominante nel panorama contemporaneo. Pratiche attive da sempre ma che ritornano visibili.\r\n\r\nRebuilding from the front, non Reporting. Un’azione attiva, non una passiva. Non un centro che va a vedere una periferia ma una periferia –anche interna- che ritrova/reinventa la propria forma. Non riportare dal fronte ma ricostruire dal fronte, partendo da ciò che già esiste nel presente, secondo l’insegnamento di Peter Kropotkin, senza ideologie, attraverso sperimentazioni continue.\r\n\r\nCominciamo dunque a ricostruire il mondo partendo dal fronte, da dove si combatte ogni giorno per dare forma a spazi di libertà, spazi che esistono in luoghi marginali, su fratture tettoniche, in Rojava e nelle nostre metropoli, che si parlano in rete e si reinventano quotidianamente, TAZ, zone temporaneamente autonome che anche clonate o colonizzate restano vive altrove, affreschi che occupano spazi e pareti e spariscono coperti da una mano di Blu, seppellendo con una risata gli affanni del mercato.”v\r\n\r\n\r\ni Throwing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperity (Tirare pietre al bus di Google: come la crescita è diventata la nemica della prosperità) Douglas Rushkoff, Portfolio, 2016.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nii Per gentrificazione si intende la trasformazione di un quartiere popolare o degradato in zona abitativa di pregio, con conseguente cambiamento della composizione sociale e dei prezzi delle abitazioni.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niii ‘Il Digitale era un’utopia. Ora è un incubo Monopolista’, di Giuliano Aluffi in il Venerdì della Repubblica, 26 maggio 2016\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niv Spazi d’eccezione, a cura di Escuela Moderna – S.a.L.E. Docks; Milieu,pag.9 edizioni, Milano 2016\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nv idem pag.38","23 Settembre 2016","2018-10-17 23:05:54","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/barriera-antifa-07-200x110.jpg","Anarres del 23 settembre: megalopoli, gentrification, resistenza popolare e architettura; Rojava; retate al campo rom; casa Pound non sbarca in Barriera, Bayer assorbe Monsanto",1474643948,[403],"http://radioblackout.org/tag/macerie-su-macerie/",[405],"macerie-su-macerie",{"post_content":407},{"matched_tokens":408,"snippet":409,"value":410},[72,72,384],"alla ricerca \u003Cmark>di\u003C/mark> nuovi ambiti \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>azione\u003C/mark>, affrontando temi quali la segregazione,","Anarres del 23 settembre: megalopoli, gentrification, resistenza popolare e architettura; Rojava; retate al campo rom; casa Pound non sbarca in Barriera, Bayer assorbe Monsanto\r\n\r\nAscolta il podcast della puntata:\r\n\r\n2016-09-23-anarres1\r\n\r\n2016-09-23-anarres2\r\n\r\nNel nostro viaggio su Anarres – il pianeta delle utopie concrete questa settimana siamo approdati a...\r\n\r\nAbbiamo preso spunto dall'ultima, anomala, Biennale \u003Cmark>di\u003C/mark> architettura \u003Cmark>di\u003C/mark> Venezia per parlare \u003Cmark>di\u003C/mark> gentrification, megaprogetti, resistenza popolare e architettura.\r\nCi ha guidato in questo viaggio tra Europa, Sud America e Africa, Franco Buncuga, anarchico, architetto, collaboratore della rivista ApArte per la quale ha realizzato un articolo sulla Biennale.\r\n\r\nRojava – il corteo del 24 settembre a Roma: il comunicato della cdc della fai, l’appello \u003Cmark>di\u003C/mark> un combattente italiano.\r\n\r\nAppendino come Fassino: retate, arresti e fogli \u003Cmark>di\u003C/mark> via al campo rom \u003Cmark>di\u003C/mark> via Germagnano\r\n\r\nCasa Pound non sbarca in Barriera. Venerdì 23 un lungo assedio alle poche decine \u003Cmark>di\u003C/mark> fascisti radunatisi in via Baltea, la solidarietà degli abitanti, l'assenza \u003Cmark>di\u003C/mark> sostegno nel quartiere, che invece hanno riempito il giardinetto \u003Cmark>di\u003C/mark> corso Palermo angolo via Sesia, hanno decretato il flop dell'iniziativa fascista. \r\nBayer compra Monsanto: nasce il nuovo megamostro della chimica.\r\nNe abbiamo discusso con Marco Tafel\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nVenerdì 30 settembre\r\nore 21 – corso Palermo 46\r\npresentazione del libro \u003Cmark>di\u003C/mark> Alessio Lega “BAKUNIN, IL DEMONE DELLA RIVOLTA\r\nTra insurrezioni, complotti e galere i tumulti, le contraddizioni e l'incontenibile passione rivoluzionaria dell'anarchico russo” \r\nMichail Bakunin (1814-1876), nato nobile e morto in miseria, attraversa impetuosamente il suo secolo in nome \u003Cmark>di\u003C/mark> un'idea esagerata \u003Cmark>di\u003C/mark> libertà che sconvolge l'immaginario politico europeo. Pensatore rivoluzionario che tempra le sue idee nel fuoco dell'azione, accorre in difesa delle barricate \u003Cmark>di\u003C/mark> mezza Europa, collezionando condanne a morte in vari imperi e sopravvivendo a carcerazioni durissime. Deportato in Siberia, scappa – su slitte, cavalli, treni e velieri – per tornare lì dove la rivoluzione lo chiama: in un'Europa in ebollizione in cui lo aspettano altre barricate e altre insurrezioni. Vinto ma non domato, muore usurato da una vita segnata da mille sfide mentre – irresistibilmente – sta progettando nuove rivoluzioni e nuovi mondi.\r\nSabato 1 ottobre \r\nal Balon – via Andreis angolo via Borgodora (se piove in piazza della Repubblica sotto la tettoia dei casalinghi)\r\nore 10,30 – 13,30\r\nPresidio contro tutte le frontiere \r\nGiovedì 6 ottobre \r\nore 17,30\r\nai giardinetti \u003Cmark>di\u003C/mark> corso Palermo angolo via Sesia – punto info su guerra sociale e lotte nelle periferie, apericena benefit lotte sociali\r\nDocumenti\r\nComunicato-appello da parte \u003Cmark>di\u003C/mark> uno degli italiani unitosi allo YPG, scritto in occasione del corteo nazionale del 24 settembre a Roma. \r\nCiao a tutti e tutte, sono uno degli italiani che si sono uniti allo YPG, unità \u003Cmark>di\u003C/mark> difesa del popolo del Rojava. Non sono il primo e non sarò l'ultimo, in Rojava la solidarietà internazionale é molto forte e sono centinaia le persone che arrivano da ogni parte del mondo per far parte \u003Cmark>di\u003C/mark> questa rivoluzione. Siamo a conoscenza del corteo nazionale del 24 Settembre che si terrà a Roma e ciò non può che farci felici e darci sostegno e forza nel continuare a lottare.\r\nNelle ultime settimane sui giornali siamo stati chiamati terroristi, è stato detto che comunisti e anarchici vanno ad addestrarsi in Siria, vorrei dire ai giornalisti ed ai politici che si riempiono la bocca \u003Cmark>di\u003C/mark> belle parole, che questa rivoluzione non è fatta solo da comunisti o anarchici, ma anzi da curdi, arabi, assiri, ezidi, armeni, turcommanni e da tutte quelle persone che si identificano nel confederalismo democratico. La realtà è completamente diversa da quella che viene raccontata dai giornali e dal governo, i veri terroristi sono seduti nei palazzi del potere e spostano sulla scacchiera le loro pedine, un giorno amiche, un giorno nemiche, ma quando i nodi vengono al pettine e la verità viene a galla i nemici si scoprono. l'Italia è complice \u003Cmark>di\u003C/mark> questa guerra, l'Alenia fornisce elicotteri da combattimento alla Turchia per bombardare il Bakur, l'Italia è inoltre il maggior produttore \u003Cmark>di\u003C/mark> mine al mondo ed è anche grazie all'Italia se centinaia \u003Cmark>di\u003C/mark> persone sono morte o sono rimaste gravemente ferite per colpa delle migliaia \u003Cmark>di\u003C/mark> mine disseminate dall'Isis. Grazie all'accordo \u003Cmark>di\u003C/mark> 6 miliardi \u003Cmark>di\u003C/mark> euro tra unione europea e Turchia, migliaia \u003Cmark>di\u003C/mark> persone vivono in campi profughi che sono delle vere e proprie prigioni a cielo aperto. Grazie a questi soldi ricevuti dall'unione europea la Turchia sta completando la costruzione \u003Cmark>di\u003C/mark> un muro \u003Cmark>di\u003C/mark> separazione con il Rojava, con il quale si proteggono i militari che sparano senza scrupoli su chi cerca \u003Cmark>di\u003C/mark> scappare da questa guerra; sono già decine le persone uccise lungo questo confine.\r\n\r\nL'operazione \u003Cmark>di\u003C/mark> invasione del Rojava da parte della Turchia è partita già a metà agosto con la finta invasione \u003Cmark>di\u003C/mark> Jarablus, in pratica operazione \u003Cmark>di\u003C/mark> sostegno all'Isis, che per la prima volta è retrocesso senza combattere. Successivamente la Turchia ha utilizzato questa nuova postazione per far partire l'invasione \u003Cmark>di\u003C/mark> alcuni villaggi del cantone \u003Cmark>di\u003C/mark> Efrin; e in queste settimane sono state molte le provocazioni.\r\n\r\nIl rischio \u003Cmark>di\u003C/mark> una guerra aperta tra Turchia e Rojava è sempre più alto; ora più che mai è importante sostenere il confederalismo democratico a livello internazionale facendo pressioni sui governi e sugli Stati, complici e autori \u003Cmark>di\u003C/mark> questa guerra, perchè interrompano le relazioni politiche, economiche e militari con Ankara; ora più che mai è importante chiedere l'apertura delle frontiere per far entrare aiuti alimentari e medicine, beni \u003Cmark>di\u003C/mark> prima necessità che qui mancano.\r\n\r\nE' questa la vera realtà della guerra; la lotta al terrorismo è una menzogna ed è soltanto una facciata per nascondere gli interessi \u003Cmark>di\u003C/mark> governi e industrie belliche.\r\n\r\nIl mio pensiero qui in Rojava non può che andare alle migliaia \u003Cmark>di\u003C/mark> compagni e compagne caduti o rimasti gravemente feriti per far si che questa rivoluzione sia ancora in vita e prosegua il percorso verso la libertà.\r\n\r\nSperando sempre che dai semi rivoluzionari gettati qui in Rojava un giorno possano nascere fiori in tutto il mondo.\r\nBiji Rojava biji Kurdistan. \r\nSerkeftin\r\n000000\r\nLa Commissione \u003Cmark>di\u003C/mark> Corrispondenza dellaFederazione Anarchica Italiana fa propriol’appello del Gruppo Anarchico “Carlo Cafiero” – FAI \u003Cmark>di\u003C/mark> Roma, ed invita tutte le realtà federate ad attivarsi per la più ampia partecipazione allo spezzone rosso e nero alla manifestazione del 24 settembre a Roma.\r\nIl colpo \u003Cmark>di\u003C/mark> stato in Turchia ha permesso al governo turco \u003Cmark>di\u003C/mark> imporre lo stato \u003Cmark>di\u003C/mark> emergenza, e \u003Cmark>di\u003C/mark> accrescere la repressione nei confronti dei gruppi attivi nelle lotte e dei movimenti sociali. Anche i/le nostre compagni/e anarchici/che della DAF (Devrimci Anarsist Faaliyet / Azione Rivoluzionaria Anarchica) oltra a socialisti, gruppi curdi democratici sono stati colpiti dalla stretta liberticida del governo. Il giornale Meydan è stato chiuso e tre nuove indagini sono state avviate, con la scusa \u003Cmark>di\u003C/mark> essere un’organizzazione terroristica. \r\n Nelle regioni a maggioranza curda la repressione ha assunto la forma \u003Cmark>di\u003C/mark> una guerra aperta contro la popolazione, mentre gli attivisti in carcere, fra cui Abdullah Öcalan, sono costretti in condizioni inumane.\r\n La Commissione \u003Cmark>di\u003C/mark> Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana, sicura \u003Cmark>di\u003C/mark> interpretare i sentimenti delle anarchiche e degli anarchici \u003Cmark>di\u003C/mark> lingua italiana, esprime la solidarietà internazionalista al popolo curdo e a tutti i popoli che vivono nelle regioni del Kurdistan, vittime dell’aggressione della Turchia, della Siria e dello Stato Islamico; esprime altresì il sostegno alla resistenza, all’autogestione dal basso ed al comunalismo, alla rivoluzione in Rojava, per il suo ulteriore sviluppo in una prospettiva libertaria; invita a mobilitarsi contro il governo italiano e le altre potenze imperialiste, grandi e piccole, dell’est e dell’ovest, che appoggiano la guerra e il progetto \u003Cmark>di\u003C/mark> annientamento del popolo curdo.\r\n000000\r\nUna Biennale d’eccezione \r\n\r\nLanciando pietre\r\n\r\nThrowing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperityi \u003Cmark>di\u003C/mark> Douglas Rushkoff se non fosse un interessante libro sugli esiti della economia digitale potrebbe essere un ottimo libro \u003Cmark>di\u003C/mark> architettura. Le pietre \u003Cmark>di\u003C/mark> cui fa cenno il titolo sono quelle che hanno gettato i residenti \u003Cmark>di\u003C/mark> alcuni quartieri \u003Cmark>di\u003C/mark> San Francisco contro i Google bus che vengono a raccogliere i dipendenti dell’omonima ditta. Attorno alle fermate dei bus dei privilegiati dell’azienda informatica gli affitti sono cresciuti in maniera talmente elevata che molti abitanti sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Una nuova forma raffinata \u003Cmark>di\u003C/mark> gentrificazioneii.\r\n\r\nRushkoff, scrittore e saggista cyberpunk e collaboratore \u003Cmark>di\u003C/mark> Timothy Leary ci descrive un mondo in cui le differenze aumentano e nel quale le promesse \u003Cmark>di\u003C/mark> maggiori opportunità e \u003Cmark>di\u003C/mark> democrazia dell’economia digitale si sono rivelate un abbaglio fatale. “Il problema è che siamo ostaggi della trappola della crescita e le tecnologie digitali, che all’inizio sembravano promettere modelli più distribuiti e partecipati per l’economia, si sono trasformate in meri acceleratori \u003Cmark>di\u003C/mark> una crescita sempre più frenetica e sorda ai bisogni della società”iii. Nel suo libro Rushkoff cerca \u003Cmark>di\u003C/mark> spiegare dove abbiamo sbagliato e per quale motivo e come sia possibile riprogrammare l’economia digitale e le nostre attività ripartendo dal basso per promuovere un’economia sostenibile per raggiungere un benessere il più diffuso possibile.\r\n\r\nNella costruzione del nostro ambiente urbano ci siamo lasciati affascinare dallo stesso meccanismo: la crescita impetuosa delle città e delle conurbazioni a causa \u003Cmark>di\u003C/mark> un mix \u003Cmark>di\u003C/mark> demografia e spinte speculative ha prodotto i modelli illusori \u003Cmark>di\u003C/mark> ‘smart city’, \u003Cmark>di\u003C/mark> città cablate super tecnologiche e la rincorsa al gigantismo ed alle emergenze dei grandi edifici simbolo, incarnazione della ‘hubris’ degli archi-star. Ora ci rendiamo conto che questa corsa alla cementificazione del pianeta produce solo macerie nel tessuto abitativo e nei legami comunitari, indispensabili per una vita in armonia con l’ambiente e il territorio.\r\n\r\nL’edizione 2016 della Biennale \u003Cmark>di\u003C/mark> Architettura \u003Cmark>di\u003C/mark> Venezia, curata dal cileno Alejandro Aravena ha come titolo Reporting from the front ed ha l’ambizione \u003Cmark>di\u003C/mark> fotografare lo stato dei lavori in quelle aree del mondo \u003Cmark>di\u003C/mark> frontiera in cui si sta preparando il futuro del nostro spazio abitativo.\r\n\r\nQuesta Biennale nelle intenzioni \u003Cmark>di\u003C/mark> Aravena si “propone dunque \u003Cmark>di\u003C/mark> condividere con un pubblico più ampio, il lavoro delle persone che scrutano l’orizzonte alla ricerca \u003Cmark>di\u003C/mark> nuovi ambiti \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>azione\u003C/mark>, affrontando temi quali la segregazione, le diseguaglianze, le perifereie, l’accesso a strutture igienico-sanitarie, i disastri naturali, la carenza \u003Cmark>di\u003C/mark> alloggi, la migrazione, l’informalità, la criminalità, il traffico, lo spreco, l’inquinamento e la partecipazione delle comunità.”\r\n\r\nE Paolo Baratta, Presidente della Biennale aggiunge: “Ci interessa l’architettura come strumento \u003Cmark>di\u003C/mark> self-government, come strumento \u003Cmark>di\u003C/mark> una civiltà umanistica, non in grazia \u003Cmark>di\u003C/mark> uno stile formale, ma come evidenza della capacità dell’uomo \u003Cmark>di\u003C/mark> essere padrone dei propri destini”.\r\n\r\nUna edizione con un programma sideralmente opposto a quello della precedente, affidata all’archistar Rem Koolhas, che mette sul tappeto molti temi che come libertari ci sono cari: l’autocostruzione, la partecipazione, la progettazione comunitaria e i processi ecologici \u003Cmark>di\u003C/mark> recupero dell’esistente insieme allo sviluppo \u003Cmark>di\u003C/mark> tecnologie appropriate condivisibili.\r\n\r\nBaratta ci ricorda che l’immaginario architettonico del secolo scorso preconizzava la costruzione \u003Cmark>di\u003C/mark> grandi centri urbani inseriti in un territorio che offriva ancora grandi spazi vergini. È stato il periodo della ‘ville radieuse’ \u003Cmark>di\u003C/mark> Le Corbusier, della realizzazione in nuovi insediamenti \u003Cmark>di\u003C/mark> grandi capitali, come Chandigar o Brasilia. Oggi gli spazi su cui gli architetti sono chiamati ad operare sono spesso enormi aree urbane abbandonate e degradate ed in ogni caso, a causa della crescita urbana e delle nuove forme \u003Cmark>di\u003C/mark> produzione post-industriale, gli spazi naturali tendono a divenire sempre più spazi interni ad una pianificazione planetaria.\r\n\r\nSpazi che le autorità non riescono più a controllare o dirigere, per mancanza \u003Cmark>di\u003C/mark> risorse economiche ma anche \u003Cmark>di\u003C/mark> nuovi strumenti operativi efficaci. Ottima situazione per chi è impegnato in prima linea, sul‘fronte’ e sperimenta nuovi modelli abitativi solidali.\r\n\r\n“una volta i villaggi ci proteggevano dalla natura oggi la natura è il nostro rifugio dalle tensioni urbane” ci ricorda nella sua installazione \u003Cmark>di\u003C/mark> video il cileno Elton Leniz invitato da Aravena.\r\n\r\nLa situazione attuale dello sviluppo del fenomeno urbano è ben fotografata nel padiglione della Sala d’armi all’Arsenale dove è esposto il Progetto Speciale ‘Conflitti dell’era urbana’ curato da Riky Burdett. Burdett descrive le due grandi spinte che tendono a definire il nostro ambiente costruito: quelle che lui definisce le Soluzioni dall’alto -quelle istituzionali e dei grandi agenti della pianificazione- su una parete del padiglione e le Soluzioni dal basso –autocostruzione, partecipazione e processi spontanei- sulla parete opposta. Tra i due estremi sono rappresentate le mappe \u003Cmark>di\u003C/mark> alcune conurbazioni rappresentative che tendono a diventare in ogni luogo del pianeta ‘il territorio’ non solo una parte dell’ambiente antropizzato: il ‘tutto costruito’ con spazi \u003Cmark>di\u003C/mark> ‘natura’ addomesticata tra i suoi interstizi, l’opposto del rapporto urbano agricolo naturale artificiale che esiste da quando esiste l’uomo civile, il prodotto della ‘civitas’, la comunità stanziale \u003Cmark>di\u003C/mark> un gruppo \u003Cmark>di\u003C/mark> uomini in un territorio definito dalla sua architettura.\r\n\r\nSi aprono spazi vuoti all’interno \u003Cmark>di\u003C/mark> queste inquietanti conurbazioni neo-plastiche e come dice Baratta, è in questi spazi, che sono il fronte in cui si combatte per definire l’assetto del nostro ambiente futuro, che dobbiamo cercare esperienze e buone pratiche da analizzare. Reporting from the Front. Con l’intento \u003Cmark>di\u003C/mark> ingenerare progetti e processi che diano risposte complesse e condivisibili e che possano divenire nuovi standard e modelli. Architetture anche \u003Cmark>di\u003C/mark> piccole dimensioni ma che presentino un’alta qualità professionale e un forte legame con le comunità che le generano.\r\n\r\nRushkoff nel suo saggio parla anche \u003Cmark>di\u003C/mark> gig economy, l’economia dei piccoli lavori on-demand, modello Uber, in poche parole il modello che vuole trasportarci dal‘diritto al lavoro’ al nessun diritto dei ‘lavoretti’. In vista \u003Cmark>di\u003C/mark> un’uberizzazione della società dobbiamo adattarci anche a una gig-architecture? A un’architettura dei progettini? Che se poi piacciono e funzionano possano essere rilanciati da qualche bella multinazionale e ri-proposti come ready made architettonici. Servono a questo i tanti collettivi, più o meno marginali o antagonisti che vediamo rappresentati in questa bella biennale? Mettere in moto qualche interessante Processo che possa poi da altri essere rivenduto come Progetto?\r\n\r\nProgetti e Processi\r\n\r\nUn discrimine da avere ben presente tra le proposte interessanti viste in questa Biennale è proprio quello \u003Cmark>di\u003C/mark> saper distinguere da chi propone progetti confezionati da rivendere alla comunità e tra chi sceglie \u003Cmark>di\u003C/mark> ingenerare processi \u003Cmark>di\u003C/mark> crescita dal basso proponendo soluzioni che diano risposte a bisogni locali che diventino poi patrimonio collettivo. È ad esempio la scelta del gruppo Ctrl+z: costruire processi in forma partecipativa che non siano isolabili dal contesto che li ha prodotti, che valgano qui e ora, con questo materiale. Un bel esempio le “atrapaniebla” le torri dell’acqua che trasformano la condensa della nebbia in acqua potabile che Ctrl+z ha presentato ai magazzini del Sale nella mostra Spazi d’Eccezione, ‘torri low-tech basate sui materiali che si possono trovare a livello locale. Grazie alla leggerezza e alla modularità. La nostra proposta si può montare in due giorni senza la necessità \u003Cmark>di\u003C/mark> gru, ponteggi o altri ausili.’ Un modello della torre è stato montato all’interno dell’Esposizione nel giardino dell’Arsenale.\r\n\r\nA poca distanza la Norman Foster Foundation, insieme alla Future Africa EPFL e ad altre fondazioni, propone una rete \u003Cmark>di\u003C/mark> drone-port, aereoporti per droni per collegare in Africa villaggi isolati in ampi territori senza altre possibilità \u003Cmark>di\u003C/mark> comunicazione efficienti. I drone-port \u003Cmark>di\u003C/mark> Foster sono l’estto opposto della proposta \u003Cmark>di\u003C/mark> Ctrl+z, si riducono ad una scatola ed un progetto realizzabile in loco grazie ad un know how centralizzato, drone-porti per ricevere attraverso velivoli teleguidati ad alta tecnologie merci da un distributore lontano, un ragno nella rete da qualche parte. La realizzazione tecnologica dell’antico ‘culto del Cargo’ caro agli antropologi.\r\n\r\nSpazi d’Eccezione\r\n\r\nI fronti da esplorare oggi non sono quello spazio piano senza limiti che sembra indicare il logo \u003Cmark>di\u003C/mark> questa edizione: una foto scattata da Bruce Chatwin che ritrae un’archeologa tedesca, Maria Reiche, sopra una scala \u003Cmark>di\u003C/mark> alluminio che osserva i tracciati \u003Cmark>di\u003C/mark> pietre del deserto peruviano \u003Cmark>di\u003C/mark> Nazca, sono fronti interni allo sviluppo planetario del capitale, luoghi \u003Cmark>di\u003C/mark> rovine, \u003Cmark>di\u003C/mark> cicatrici, \u003Cmark>di\u003C/mark> macerie, quasi sempre ‘spazi d’eccezione’ in cui le normali regole del vivere sono sospese da un potere non normato. E in quei fronti, da tempo, c’è chi lotta e costruisce alternative. \u003Cmark>Di\u003C/mark> questi lotte dà testimonianza con uno sguardo libertario l’esposizione ‘Spazi d’Eccezione’ ai Magazzini del Sale, ‘un libro, un meeting e una mostra’ organizzati dai collettivi \u003Cmark>di\u003C/mark> Escuela Moderna e S.a.L.E. Docks.\r\n\r\nCtrl+z, Recets Urbanas che abbiamo già citato e altri espositori al Sale partecipano in varie forme anche all’esposizione ufficiale e Spazi d’Eccezione ha organizzato anche un meeting interno alla Biennale nell’ambito delle Biennale Sessions, per portare argomenti misteriosamente scomparsi dal dibattito sul territorio quali il No Mose, il No Tav il No Muos e tanti alti piccoli tentativi \u003Cmark>di\u003C/mark> autogestione del territorio e delle lotte urbane. Un tentativo \u003Cmark>di\u003C/mark> intrusione riuscito all’interno della Biennale ufficiale è stato quello del colletivo ‘Detroit Resist’ presente nella mostra al Sale che si occupa in modo militante \u003Cmark>di\u003C/mark> riqualificazione urbana a Detroit, un gruppo composto da attivisti, artisti, architetti e membri della comunità. Detroit Resist ha organizzato una \u003Cmark>occupazione\u003C/mark> digitale del padiglione degli Usa che quest’anno ha come tema “The Architectural immagination” e come oggetto proprio la riqualificazione della città \u003Cmark>di\u003C/mark> Detroit con giganteschi progetti con fini speculativi.\r\n\r\nTante sono le presenze libertarie \u003Cmark>di\u003C/mark> cui varrebbe la pena dare conto, dall’allestimento del padiglione Italia affidato alla TAM associati dal titolo ‘Taking Care, progettare per il bene comune’ alle presenze individuali, ai collettivi ad alcuni interessanti padiglioni nazionali. Iniziamo presentando il progetto ‘Spazi d’eccezione’ con un articolo \u003Cmark>di\u003C/mark> Paolo Martore e Massimo Mazzone. Altri seguiranno.\r\n\r\n“‘Spazi d’eccezione’ NON è un Padiglione Nazionale né un pezzo della Mostra Internazionale né un evento collaterale. ‘Spazi d’eccezione’ è quel lato in ombra a cui tutti fanno riferimento, quel Germinal, quell’humus dal quale tutti ambiguamente attingono, ma \u003Cmark>di\u003C/mark> cui nessuno parla mai con chiarezza.”iv Così Massimo Mazzone portavoce \u003Cmark>di\u003C/mark> Escuela Moderna nella sua introduzione al catalogo dell’esposizione.\r\n\r\nIn uno dei tanti padiglioni che trattavano \u003Cmark>di\u003C/mark> autocostruzione tra le varie indicazioni operative figurava anche la dicitura: ‘quando e in quali luoghi è opportuno accettare situazioni diffuse \u003Cmark>di\u003C/mark> illegalità marginale per favorire la costituzione \u003Cmark>di\u003C/mark> comunità…’\r\n\r\nNell’installazione \u003Cmark>di\u003C/mark> Recetas Urbanas nel padiglione all’Arsenale, all’interno della Biennale, si rivendicava il ‘diritto’ all’illegalità in situazioni \u003Cmark>di\u003C/mark> necessità: ecco la differenza che conta con la mostra istituzionale e che appare filo conduttore dell’esposizione al Sale.\r\n\r\nTolleranza dall’alto rivendicazione dal basso. Le varie gradazioni \u003Cmark>di\u003C/mark> questo rapporto segnano il sottile confine tra una social democrazia eterodiretta ed una comunità viva con fermenti libertari. \u003Cmark>Di\u003C/mark> ciò soprattutto dà testimonianza Spazi d’eccezione.\r\n\r\nViene a proposito il post \u003Cmark>di\u003C/mark> Marco Baravalle, animatore \u003Cmark>di\u003C/mark> ‘S.a.L.E. Docks’ e curatore \u003Cmark>di\u003C/mark> ‘Spazi d’eccezione’ insieme a Massimo Mazzone, a commento della cancellazione della performance Rebootati al padiglione Uruguaiano da parte della direzione della Biennale: “L'arte e l'architettura amano l'informalità quando si lascia rappresentare. Questo è l'essenza del pauperismo: fare dei poveri un soggetto immobile, procedere al saccheggio culturale oltre che a quello materiale. Ad essi è consentito solo \u003Cmark>di\u003C/mark> partecipare (solitamente a ciò che è già stato scelto), ad essi è consentito \u003Cmark>di\u003C/mark> attivarsi in quanto comunità (che parola è?) su sollecitazione dell'artista o dall'architetto \u003Cmark>di\u003C/mark> turno. Che l'illegalità sia individuale, \u003Cmark>di\u003C/mark> massa, dettata dalla fame o orientata politicamente, essa è una necessità legata alla sopravvivenza, al miglioramento delle proprie condizioni sociali o ad un nuovo modo \u003Cmark>di\u003C/mark> vivere in comune. Secondo qualcuno queste sono anche le priorità dell'architettura.”\r\n\r\n“Spazi d’eccezione credo sia un’ottima risposta e contemporaneamente una vetrina –anche se parziale- \u003Cmark>di\u003C/mark> tante praticabili ipotesi \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro. Spazi \u003Cmark>di\u003C/mark> Eccezione serve a mostrare alcune delle tante iniziative \u003Cmark>di\u003C/mark> libertà che combattono sul fronte del costruito che con difficoltà e determinazione stanno cercando \u003Cmark>di\u003C/mark> mettersi in rete e acquistare forma visibile.\r\n\r\nÈ in questa ottica che le esperienze contenute in questo lavoro comune hanno un senso, sono alfabeti, sillabe \u003Cmark>di\u003C/mark> linguaggi base per ricreare mondi con parole, \u003Cmark>azioni\u003C/mark>, fantasie \u003Cmark>di\u003C/mark> pratiche condivise. L’espressione \u003Cmark>di\u003C/mark> volontà che già esistono e balbettano futuri \u003Cmark>di\u003C/mark> libertà e testimonianza necessaria \u003Cmark>di\u003C/mark> un filone regressivo nelle pratiche progettuali e nella pianificazione urbana e territoriale che ritorna dominante nel panorama contemporaneo. Pratiche attive da sempre ma che ritornano visibili.\r\n\r\nRebuilding from the front, non Reporting. Un’azione attiva, non una passiva. Non un centro che va a vedere una periferia ma una periferia –anche interna- che ritrova/reinventa la propria forma. Non riportare dal fronte ma ricostruire dal fronte, partendo da ciò che già esiste nel presente, secondo l’insegnamento \u003Cmark>di\u003C/mark> Peter Kropotkin, senza ideologie, attraverso sperimentazioni continue.\r\n\r\nCominciamo dunque a ricostruire il mondo partendo dal fronte, da dove si combatte ogni giorno per dare forma a spazi \u003Cmark>di\u003C/mark> libertà, spazi che esistono in luoghi marginali, su fratture tettoniche, in Rojava e nelle nostre metropoli, che si parlano in rete e si reinventano quotidianamente, TAZ, zone temporaneamente autonome che anche clonate o colonizzate restano vive altrove, affreschi che occupano spazi e pareti e spariscono coperti da una mano \u003Cmark>di\u003C/mark> Blu, seppellendo con una risata gli affanni del mercato.”v\r\n\r\n\r\ni Throwing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperity (Tirare pietre al bus \u003Cmark>di\u003C/mark> Google: come la crescita è diventata la nemica della prosperità) Douglas Rushkoff, Portfolio, 2016.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nii Per gentrificazione si intende la trasformazione \u003Cmark>di\u003C/mark> un quartiere popolare o degradato in zona abitativa \u003Cmark>di\u003C/mark> pregio, con conseguente cambiamento della composizione sociale e dei prezzi delle abitazioni.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niii ‘Il Digitale era un’utopia. Ora è un incubo Monopolista’, \u003Cmark>di\u003C/mark> Giuliano Aluffi in il Venerdì della Repubblica, 26 maggio 2016\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niv Spazi d’eccezione, a cura \u003Cmark>di\u003C/mark> Escuela Moderna – S.a.L.E. Docks; Milieu,pag.9 edizioni, Milano 2016\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nv idem pag.38",[412],{"field":105,"matched_tokens":413,"snippet":409,"value":410},[72,72,384],{"best_field_score":272,"best_field_weight":150,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":46,"score":345,"tokens_matched":100,"typo_prefix_score":38},6637,{"collection_name":207,"first_q":31,"per_page":154,"q":31},21,["Reactive",419],{},["Set"],["ShallowReactive",422],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$fz-73JutLGk6wouDfLA93iyTXdXzXf1CpkAUvFUyuAnI":-1},true,"/search?query=occupazione+di+avion"]