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Lo sciopero ha coinvolto sia il settore privato che quello pubblico, in questo ambito sopratutto le categorie del trasporto e i pompieri. I trasporti pubblici su ferro e su gomma, sia locali che nazionali, sono completamente paralizzati. Nella regione di Parigi, interessata da un grande traffico pendolari, gli ingorghi automobilistici hanno superato un totale di seicento chilometri di code: il blocco del sistema ferroviario fa si che molti prendano la macchina, bloccando le strade.\r\nNel settore privato lo sciopero ha particolarmente inciso sulla produzione di carburanti: sei raffinerie su sette sono rimaste ferme e questo sta cominciando a causare una penuria nella rete di distribuzione di carburante in alcuni centri.\r\nLa presidenza Macron oramai da più di un anno va incontro a proteste e mobilitazioni contro le riforme in senso neoliberista. Lo sciopero attuale ha avuto come detonatore la riforma pensionistica ma si collega a quel movimento di generale contestazione che ha dato vita all’esperienza dei Gilet Jaunes. L’impianto della riforma prevede sia l’abolizione dei così detti “regimi speciali”, ovvero la possibilità della pensione anticipata per alcune categorie sottoposte a lavori usuranti – come i lavoratori del trasporto pubblico – che un taglio delle pensioni grazie alla modifica del sistema di calcolo delle stesse. Modifiche che andrebbero ad incidere direttamente sul reddito e sulla qualità di vita della classe lavoratrice, sopratutto nelle sue componenti più precarie: donne con carriere meno lineari per via del lavoro domestico e di cura parentale, false partite IVA, precari con contratti a tempo.\r\nDi cosa sta succedendo e delle prospettive che vengono aperte da questo sciopero ne abbiamo parlato con Gianni Carozza, redattore di Radio Paris Plurielle, dove conduce la trasmissione “Vive la Sociale”.\r\nAscolta la diretta con Gianni\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/12/2019.12.10-09.00.francia-gianni-carrozza.mp3\"][/audio]","10 Dicembre 2019","2019-12-10 12:52:53","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/12/parigi-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/12/parigi-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/12/parigi-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/12/parigi-768x432.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/12/parigi.jpg 1024w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Francia: continua lo sciopero contro la riforma delle pensioni",1575982373,[145,146,147,148],"http://radioblackout.org/tag/francia/","http://radioblackout.org/tag/gilets-jaunes/","http://radioblackout.org/tag/parigi/","http://radioblackout.org/tag/sciopero/",[150,151,152,153],"francia","gilets jaunes","parigi","sciopero",{"post_content":155},{"matched_tokens":156,"snippet":157,"value":158},[77,119],"e di cura parentale, false \u003Cmark>partite\u003C/mark> \u003Cmark>IVA\u003C/mark>, precari con contratti a tempo.\r","Siamo oramai al sesto giorno di sciopero intercategoriale consecutivo contro la riforma delle pensioni voluta dal governo Macron. 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Il motore dello sviluppo, del benessere, e del saldo ancoraggio al treno del primo mondo. Il paragone con la marcia dei 40.000 colletti bianchi della Fiat al termine dell'ultimo braccio di ferro tra la classe operaia torinese e i padroni della città appare tuttavia del tutto incongruo. In questi ultimi 40 anni tanta acqua è passata sotto i ponti della città dei tre fiumi.\r\nNe parliamo con Giovanni Semi, professore associato dell'Università di Torino, che ha attraversato con curiosità piazza Castello ed ha provato a narrarla e a capirla.\r\nUna piazza la cui principale novità è il suo stesso esserci, la scelta discendere in campo e di rendere visibile un aggregato sociale, che usualmente è restio a farlo.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/11/2018-11-13-semi-torineSI.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito la nota pubblicata a caldo da Giovanni Semi:\r\n\r\n\"Quelli che benpensano a Torino.\r\n‘Ciao Alberto! Anche tu rivoluzionario?’ e tra qualche risata e pacca sulla spalla, la folla che ha riempito Piazza Castello ha innervato le vie del centro e si è dileguata con garbo.\r\n\r\nIl garbo, la gentilezza, le maniere civili, sono state le parole d’ordine di questa riemersione della borghesia torinese dalla propria proverbiale riservatezza e aristocratico distacco. Oggi in piazza erano visibili diversi gruppi sociali che la compongono e, per contrasto, si vedeva ancora meglio chi non c’era.\r\n\r\nIniziamo dai presenti. Signori e signore perbene, dall’età media attorno ai Cinquanta, ogni tanto con i figli grandi e più spesso con amici e colleghi. Si sono rivisti in massa i Barbour, e le signore avevano dei cappotti da boutique, talvolta arancioni come da richiesta delle organizzatrici della matinée. Si tratta di una stima ‘ad occhio’, ma se erano molti anche gli anziani ben vestiti, mancavano quasi completamente i 20-30enni. 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Ha cantato con commozione l’inno di Mameli (ma senza fare il cafone poropò poropò poropopopopopò), ha ascoltato con trasporto i numerosi riferimenti a Cavour, al canale di Suez, ai miti fondativi sabaudi, a quel misto di elitismo bonario e superbo che è la torinesità. Sono state ringraziate le forze dell’ordine, ci si è definiti a più riprese la società civile e si è richiesto sviluppo economico magicamente legato alla TAV.\r\n\r\nL’assenza di bandiere partitiche, semmai solo di bandiere europee, e la grande diffusione di cartelli pro TAV, spille del SI e qualche cartello più artigianale, fa pensare a un magma in cerca di rappresentanza ma molto instabile. Certamente il PD cattura molti di questi voti, ma non tutti. Altri vanno in direzione ancora più moderata e chissà quanti, magari inconfessabilmente, sono ormai saldi nelle mani della Lega. Certamente questo non è il popolo dei M5S, dove invece il piccolo ceto medio, partite iva, terziario vario e anche frammenti di classi popolari sono più forti.\r\n\r\nOggi abbiamo rivisto la borghesia in piazza, contenta di vedersi, contarsi, abbracciarsi quasi. Non era la prima al teatro Regio, non un evento culturale al Circolo dei Lettori, ma il pubblico era quello. Grandi numeri per un evento singolo, non enormi sul piano elettorale ma significativi in termini di messaggio: la città che conta, quella proprietaria, ha sfiduciato la giunta e la Sindaca.\r\n\r\nAl momento sono tutti uniti da questo afflato sabaudo verso lo sviluppo economico e la lotta al declino. Non si vedono segni di riflessione profonda e men che meno di autocritica in quanto classe dominante. Non è infatti chiaro che idea di sviluppo abbiano, ammesso ne abbiano una. TAV, eventi, turismo e creatività sono il mantra. Forse funzionano nell’odiata Milano, incomparabile per taglia, mercati e settori economici, centralità e storia, ma è lecito dubitare possano trainare uno sviluppo torinese. Cosa farà questa borghesia tra qualche mese, alle prese con regionali ed europee? Cosa farà quando tra un paio d’anni, salvo svolte giudiziarie o politiche, dovrà scegliere il successore di Appendino? Ma soprattutto, cosa farà quando non potrà più affidarsi al mantra del declino che verrebbe imposto dagli altri? Riporteranno i soldi in città, dopo quarant’anni di esportazione di capitali, delocalizzazioni e richieste di protezionismo? Ricominceranno a fare impresa, come nell’Ottocento cui tanto si ispirano? Oppure si affideranno a uomini forti, come fecero negli anni Trenta? Diceva qualche anno fa un noto sociologo torinese che il ceto medio è una costruzione politica ed è alla ricerca costante di un contratto che lo protegga. 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E dunque risponde più a questo che a una visione di insieme. I nodi politici che emergono immediatamente dall'impianto stesso della manovra economica e quali saranno le ripercussioni più o meno immediate sulla vita di lavoratori, pensionati, precari. Diamo poule per scontato che i capitoli a sostegno dei soggetti più investiti dalla crisi non sono proprio la principale preoccupazione di chi ha architettato la manovra. Appare chiara un'aporia di fondo nella valutazione della fase economica attuale. Se la stagnazione permane è perché non vi è domanda né interna né esterna. Non è un problema che si risolva abbassando le tasse alle imprese. Gli sgravi alle imprese e le misure di questo tipo sono mirate a dare sollievo alle classi medie e medio-abbienti colpite dalla crisi che in Italia rappresentano certo un bacino elettorale ancora maggioritario, certo al lordo dell'autopercezione. Come peraltro è evidente dalle misure che abrogano la tassa sulla prima casa. 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La CGIL rappresenta ancora sei milioni di lavoratori. Renzi in questi mesi è partito all'attacco di quanto resta di tutele e garanzie, annunciando un affondo senza precedenti nei confronti dei lavoratori del pubblico impiego.\r\nLa partita di Renzi è sul filo del rasoio, perché il blocco sociale che si riconosce nella CGIL ha una forte rappresentanza in parlamento, all'interno della maggioranza che sostiene il suo governo, dove la componente vicina all'ex segretario Bersani è molto forte.\r\nDario Di Vico, nell'editoriale di oggi sul Corriere, sostiene che la partita di Renzi è più ampia. Il presidente del Consiglio mira ad attirare i consensi tra i lavoratori autonomi, senza tutele, nel popolo delle partite IVA, che considerano privilegiati i lavoratori dipendenti, specie quelli del pubblico impiego e guardano con diffidenza al sindacato.\r\nUna partita difficile, al termine della quale le anime divergenti del partito del premier potrebbero finire con non riuscire più a trovare interesse in un matrimonio, andato in crisi sin dalla prima notte di nozze.\r\nSecondo Giorgio Cremaschi, della corrente \"28 aprile\" della CGIL, l'attacco di Camusso a Renzi, è una finta, una spada spuntata, un giro di walzer necessario a sopire i malumori, ma privo di una reale capacità/volontà di incidere davvero.\r\n\r\nAscolta la diretta con Cremaschi:\r\n\r\ncremaschi_cgil","7 Maggio 2014","2014-05-12 13:41:02","La partita Camusso Renzi",1399483426,[246,247,65],"http://radioblackout.org/tag/camusso/","http://radioblackout.org/tag/congresso-cgil/",[22,28,15],{"post_content":250},{"matched_tokens":251,"snippet":252,"value":253},[77,119],"senza tutele, nel popolo delle \u003Cmark>partite\u003C/mark> \u003Cmark>IVA\u003C/mark>, che considerano privilegiati i lavoratori","Il segretario della CGIL Susanna Camusso ha attaccato il primo ministro Renzi, accusandolo di autoritarismo, per aver chiuso le porte in faccia alla CGIL, alla CISL e alla UIL, ponendo fine alla pratica ormai consolidata dalla concertazione.\r\nCamusso scopre l'acqua calda, scopre che un sindacato ad abiura la lotta e sceglie la concertazione, un sindacato muta pelle, trasformandosi in apparato che deve la propria sopravvivenza ai privilegi concessi dal potere politico, perde il proprio potere \"contrattuale\", e subisce lo stesso destino toccato a milioni di lavoratori nel nostro paese, messi alla porta o condannati ad una condizione di precarietà strutturale.\r\nNaturalmente la partita è aperta. 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Un primo maggio di guerra e di lotta\r\nUn altro Primo maggio di guerra, morti e distruzioni alle porte di casa, una guerra che ci vede coinvolti, con l’invio di armi pesanti, di munizioni e di quant’altro necessita per arricchire l’industria del massacro e per prolungarne i profitti. Un altro Primo maggio senza che un movimento internazionale di lavoratori e lavoratrici sappia intervenire con forza sabotando le guerre in corso nelle tate parti del mondo dove i conflitti armati continuano a seminare lutti. 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Vi proponiamo il testo condiviso il testo condiviso con il Coordinamento contro la guerra e chi la arma\r\nAd oltre un anno dall’invasione russa dell’Ucraina che ha riportato la guerra nel cuore dell’Europa, ovunque assistiamo ad una crescente corsa al riarmo, all'aumento delle spese militari, con nuovi progetti di basi e installazioni belliche, con una sempre maggior influenza del complesso militare-industriale sulle vite di noi tutti.\r\nGuerre e conflitti insanguinano vaste aree del pianeta in una spirale che sembra non aver fine. Il rischio di una guerra su scala planetaria è una possibilità reale.\r\nOpporsi concretamente è un’urgenza ineludibile.\r\n\r\nUcraina. Dal gruppo anarchico di Kharkiv\r\nVi proponiamo alcuni stralci dell’intervista a Lib,com del gruppo anarchico “assembly” di Kharkiv. 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È ormai chiaro che il cambiamento tecnologico implementato nel corso degli ultimi decenni, invece di apportare miglioramenti alla condizione lavorativa (come la riduzione dell’orario di lavoro) ha portato con sé un impoverimento complessivo del lavoro (aumento della sottoccupazione, della precarietà e della mobilità) che ha avuto dei riflessi evidenti in campo sociale.\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Varengo dell’Ateneo Libertario di Milano\r\n\r\nPrimo Maggio. Disertiamo la guerra!\r\nIl Primo Maggio siamo in piazza a Torino con uno spezzone antimilitarista. 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Sulla guerra, gli arruolamenti forzati, lo sfruttamento dei lavoratori, le speculazioni sulla ricostruzione. \r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nDue incontri sul futuro di Torino\r\n\r\nGiovedì 25 maggio\r\nore 20,30\r\nCittà delle armi? La nascita del nuovo Polo bellico e lo sbarco della Nato a Torino\r\nAnalisi e prospettive di lotta. \r\npresso la sala del Sereno Regis\r\nin via Garibaldi 13 A\r\n\r\nVenerdì 9 giugno \r\nore 21\r\nalla FAT in corso Palermo 46\r\nCittà vetrina? Torino tra riqualificazioni escludenti e la precarietà delle vite povere e migranti\r\nInterverranno Giovanni Semi, sociologo, autore di numerosi studi sulla gentrification sotto la Mole e Francesco Migliaccio di Monitor\r\n\r\nVenerdì 2 giugno\r\nManifestazione antimilitarista\r\nPiazza Carignano ore 16 (se piove sotto i portici di piazza Carlo Alberto)\r\nContro le cerimonie militariste, la retorica patriottica, la guerra e chi la arma\r\n\r\nVenerdì 16 giugno\r\nore 21\r\nalla FAT in corso Palermo 46\r\nAbbattere le mura del cielo – Storie di anarchici e anarchiche e occupazioni a Milano tra il 1975 e il 1985.\r\nNe parliamo con Mauro Deagostini, autore del libro uscito per le edizioni Zero in Condotta\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 21\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org",[314],{"field":124,"matched_tokens":315,"snippet":311,"value":312},[77,119],{"best_field_score":128,"best_field_weight":129,"fields_matched":17,"num_tokens_dropped":47,"score":130,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":47},{"document":318,"highlight":331,"highlights":338,"text_match":126,"text_match_info":341},{"comment_count":47,"id":319,"is_sticky":47,"permalink":320,"podcastfilter":321,"post_author":322,"post_content":323,"post_date":324,"post_excerpt":53,"post_id":319,"post_modified":325,"post_thumbnail":326,"post_title":327,"post_type":304,"sort_by_date":328,"tag_links":329,"tags":330},"66312","http://radioblackout.org/podcast/stakkastakka-94-vulnerabili-e-leakkabili/",[270],"samba","1) full podcast: leak and vulnerable\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/stakkastakka-94-vulnerabili-e-leakccabili.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n2) approfondimento: giant leak exposure for million of Brazilians\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/intervista_cerasaleak_gus_samba.mp3\"][/audio]\r\n\r\n# BRAZIL giant leak\r\n\r\nIntervista e approfondimento sul leak che ha esposto milioni di persone in Brasile\r\nL'azienda a cui viene attribuito il leak nega, in giro ci sono pubblicamente Targhe, Telai, Nomi, Cognomi, Codici Fiscali, Partite Iva e Indirizzi di casa di milioni di persone\r\n\r\n\r\n \thttps://www.somagnews.com/giant-leak-exposes-data-from-almost-all-brazilians/\r\n \thttps://www.schneier.com/blog/archives/2021/01/massive-brazilian-data-breach.html\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n# sudo?\r\n\r\nstorie di bucanieri e ore piccole\r\n\r\nBuffer overflow in command line unescaping, privilege escalation.. aspe' cosa?\r\n It has been given the name Baron Samedit ... No non ho capito..\r\n The bug can be leveraged to elevate privileges to root, even if the user is not listed in the sudoers file. Ma che cazz..in italiano?\r\n\r\nIeri è stata trovata una vulnerabilità nel programma che permette di diventare amministratore ed eseguire comandi: sudo\r\nquesto significa che ogni server e computer linux è vulnerabile fino a quando non si aggiorna il pc. \r\n\r\n\r\nE quindi? Beh, aggiornate subito il pc e non perdetevi i commenti su questa interessante vulnerabilità che ci ha fatto fare le ore piccole!\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \thttps://www.sudo.ws/alerts/unescape_overflow.html\r\n \thttps://lists.debian.org/debian-security-announce/2021/msg00020.html\r\n \thttps://blog.qualys.com/vulnerabilities-research/2021/01/26/cve-2021-3156-heap-based-buffer-overflow-in-sudo-baron-samedit\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n# CMS e Pubblica Amministrazione\r\n\r\ne siccome informiamo delle vulnerabilità di server e siti non ancora aggiornati ecco una lista recentemente sfornata dei CMS usati dal governo con tanto di Tipo CMS, quanti iusano https e quanti non sono aggiornati da anni e possiamo immaginare facilmente che non verranno aggiornati mai\r\n\r\n\r\n \thttps://cert-agid.gov.it/news/monitoraggio-sul-corretto-utilizzo-del-protocollo-https-e-dei-livelli-di-aggiornamento-delle-versioni-dei-cms-nei-portali-istituzionali-della-pa/\r\n\r\n# TikTok e chi pensa ai bambini?\r\nMa il Garante della Privacy!!!\r\n\r\n\r\nIn che modo è possibile verificare che il cellulare non sia nelle mani di un bambino sotto i 13 anni, senza violare la privacy?\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n«Domanda difficile, specie per chi come me non ha tutte le competenze necessarie a rispondere. Probabilmente rispondo in maniera non esaustiva, ma non voglio sottrarmi. La mia idea è questa e mi sembra trovi qualche conferma in giro per il mondo: credo che i gestori di queste grandi piattaforme planetarie - perché il problema, naturalmente, non riguarda solo Tik Tok - dispongano di una quantità tale di informazioni sui loro utenti che attraverso soluzioni di big data e intelligenza artificiale potrebbero essere in grado se non di dire se un utente ha 13 o 14 anni, certamente di dire se ne ha 10 o 14, 10 o 50. Insomma, onestamente, credo che chi sa su di noi, talvolta più di noi stessi, con un po’ di impegno può far meglio di quanto faccia oggi per fare in modo che un servizio che esso stesso definisce riservato ai soli maggiori di tredici anni, non sia utilizzato da chi 13 anni non li ha. Penso semplicemente al fatto che un utente di dieci anni fruisce in maniera più ricorrente di contenuti diversi da quelli di un utente che ne ha 14 o 15, interagisce con lo smartphone, con lo schermo e con le interfacce in maniera a sua volta diversa, fa tap sullo schermo in modo differente o si sofferma di più su questo o quel particolare.\r\nPoi, probabilmente, questo non è l’unico approccio possibile. Esistono certamente soluzioni diverse.\r\n\r\n\r\nL’importante per me è che sia chiaro che stiamo parlando di una verifica sull’età dell’utente e non della sua identità. Non stiamo pensando di consegnare, by default, ai gestori delle piattaforme la nostra identità anagrafica attraverso questo o quel documento d’identità anche semplicemente digitale».\r\n\r\nWTF !!!\r\n\r\n\r\n\r\n \thttps://www.gpdp.it/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9526029","27 Gennaio 2021","2021-02-11 14:25:02","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/stakkastakka_94.image_-200x110.png","stakkastakka #94 - vulnerabili e leakkabili",1611766713,[],[],{"post_content":332},{"matched_tokens":333,"snippet":336,"value":337},[334,335],"Partite","Iva","Telai, Nomi, Cognomi, Codici Fiscali, \u003Cmark>Partite\u003C/mark> \u003Cmark>Iva\u003C/mark> e Indirizzi di casa di","1) full podcast: leak and vulnerable\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/stakkastakka-94-vulnerabili-e-leakccabili.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n2) approfondimento: giant leak exposure for million of Brazilians\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/intervista_cerasaleak_gus_samba.mp3\"][/audio]\r\n\r\n# BRAZIL giant leak\r\n\r\nIntervista e approfondimento sul leak che ha esposto milioni di persone in Brasile\r\nL'azienda a cui viene attribuito il leak nega, in giro ci sono pubblicamente Targhe, Telai, Nomi, Cognomi, Codici Fiscali, \u003Cmark>Partite\u003C/mark> \u003Cmark>Iva\u003C/mark> e Indirizzi di casa di milioni di persone\r\n\r\n\r\n \thttps://www.somagnews.com/giant-leak-exposes-data-from-almost-all-brazilians/\r\n \thttps://www.schneier.com/blog/archives/2021/01/massive-brazilian-data-breach.html\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n# sudo?\r\n\r\nstorie di bucanieri e ore piccole\r\n\r\nBuffer overflow in command line unescaping, privilege escalation.. aspe' cosa?\r\n It has been given the name Baron Samedit ... 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L’ipotesi di gran lunga più probabile sull’accaduto è che ci sia stato un banale errore di configurazione sul sito, ma di questo ne parliamo dopo questo pezzo per darvi il buongiorno e mettervi nel giusto mood. buon ascolto.\r\ndichiarazioni pubbliche e reazioni istituzionali\r\n\r\n \tsul sito dell’inps, ad un certo punto si spegne tutto e viene mostrato un messaggio: Al fine di consentire una migliore e piu’ efficace canalizzazione delle richieste di servizio, il sito e’ temporaneamente non disponibile. Si assicura che tutti gli aventi diritto potranno utilmente presentare la domanda per l’ottenimento delle prestazioni. il tutto con un html raffazzonato, accrocchiatissimo con dei tag tipo il center che non si vedevano dal ’94. con gli apostrofi sbagliati. https://blog.mestierediscrivere.com/2020/04/01/in-tempi-difficili-parole-che-graffiano\r\n\r\ncomunque il succo dei messaggi e’ come sempre, e’ colpa vostra che siete arrivati tutti insieme, mica nostra. in generale non c’e’ mai un’assunzione di responsabilita’, un dire che ne so, raga scusate abbiamo fatto una cagata, c’era poco tempo, abbiamo dovuto arrangiarci e non abbiamo potuto fare delle prove. e’ sempre il solito approccio per cui i cittadini sono visti come sospetti e potenziali criminali o alla meglio come bambini, più che come soggetti responsabili, capaci di collaborazione, dotati di neuroni, quando gli unici atteggiamenti infantili sono proprio quelli per cui si cerca sempre qualcuno a cui addossare la colpa, un capro espiatorio, il runner, quello che porta a pisciare il cane, in questo caso gli hacker.\r\n\r\nebbene si’, hanno stato gli hacker!@@!@!1 “Abbiamo avuto nei giorni scorsi e anche stamattina violenti attacchi hacker”, ha detto Pasquale Tridico \" questa la dichiarazione ufficiale di quanto accaduto dal presidente dell’INPS ripresa anche da conte. cosi’ senza un minimo di pudore o vergogna, sparare cazzate per cercare di coprire la propria inettitudine. anche i bambini vi hanno sgamato. e’ talmente grande e palese come cazzata che non ci hanno creduto neanche i giornali e infatti abbiamo fatto fatica a trovare l’audio perche’ pochissimi giornali l’hanno ripresa come notizia. Un credulone che invece ci ha creduto e’ il vicesegretario del Partito democratico, Andrea Orlando, in merito alla falla del sito dell’Inps denuncia che “alcune infrastrutture strategiche sono state sotto attacco di hacker” e su Twitter sollecita: “Bisogna subito convocare il Copasir per chiedere al Dis quale reazione è in atto. Questi sciacalli vanno fermati immediatamente”. A questo punto piovono messaggi di scherno, anonymous italia scrive “vorremmo prenderci il merito, ma la verita’ e’ che siete incapaci e avete fatto tutto da soli togliendoci il divertimento”, addirittura pornhub (per la sua immagine ovviamente) offre aiuto all’inps per potenziare il sito grazie ai suoi server.\r\ndopo il breach l’altro comunicato e’ stato il seguente\r\n“L’INPS informa gli utenti di avere prontamente notificato il data breach al Garante per la protezione dei dati personali ed assicura che, fin dal momento in cui si è avuta conoscenza della possibilità che vi sia stata violazione di dati personali, sta assumendo tutte le misure atte a porre rimedio alla situazione di rischio, attenuare i possibili effetti negativi e tutelare i diritti e le libertà delle persone fisiche. In tale ambito è istituita la seguente casella di posta elettronica violazionedatiGDPR@inps.it utilizzabile, esclusivamente dai soggetti i cui dati siano stati interessati dalla violazione, per le segnalazioni all’INPS, allegando eventuali evidenze documentali. L’Istituto si impegna a verificare tutte le segnalazioni ricevute e ad adottare ogni ulteriore misura tecnica e organizzativa adeguata di protezione dei dati personali che dovesse rendersi necessaria.”\r\n\r\na parte che il sito dell’inps ha una normativa della privacy ferma al 2013, ancora non c’era la gdpr, forse non lo sanno che in questi casi sono loro a dover informare chi ha subito un leak e non viceversa. infatti le normative, in particolare la gdpr prevede sicuramente il nominativo di un responsabile dei dati personali e raga, l’inps non ce l’ha. l’inps non ha un responsabile dei dati personali di cosa stiamo parlando. anche il tabacchino sotto casa vostra deve averlo per le registrazioni di videosorveglianza. e invece no, il Data Protection Officer e’ andato in pensione. Una delle altre questioni e’ relativa alle risposte dopo un merdone cosi’ che ad oggi si sono limitate alla creazione di una casella di posta dove poter inviare le segnalazioni. Come scrive il giornalista Raffaele Angius su Wired citando un avvocato specializzato in tutela della privacy: “Sembra quasi che la creazione della casella di posta elettronica sia essa stessa la misura adottata per risolvere il problema Di fatto mancano tutti i contenuti previsti dal Gdpr, che prescrive chiaramente l’identificazione di un responsabile e le soluzioni proposte per la risoluzione dell’incidente” Ma ancora di più qua si inverte l’onere dell’identificazione degli interessati coinvolti nella violazione: sarebbero infatti questi ultimi a dover ricevere un avviso nel quale si informa che i loro dati personali sono stati visibili a una quantità imprecisata di persone”.\r\ncosa e’ successo in realta’\r\nc’e’ nel merito un succosissimo thread su reddit da cui rubero’ una spiegazione introduttiva per spiegare il problema:\r\n\r\nEsistono principalmente due tipi di pagine web: quelle statiche e quelle dinamiche La classica pagina statica potrebbe essere https://www.corriere.it/. Anche se può cambiare più volte nel corso della giornata, tutte le volte che la carichi tra una modifica e l’altra sia tu sia chiunque altro vedranno la stessa cosa Una pagina dinamica invece è per esempio quella di gestione del tuo conto in banca. L’impaginazione e l’URL son gli stessi per tutti, ma il contenuto varia per ogni utente. Per ottimizzare le performance di un sito il materiale statico può essere messo in cache, ovvero una memoria esterna più performante del server normale perchè non deve fare nessun controllo, semplicemente ti restituisce i dati che ha già visto. Una rete di cache viene generalmente definita CDN, o Content Delivery Network\r\n\r\nEcco il ragionamento che fa: Tu: “Salve vorrei una mascherina per favore” CDN: “Aspetti che controllo nel retro” CDN: “Server di backend, abbiamo mascherine?” Server Backend: “No” CDN: “Mi dispiace abbiamo finito le mascherine” D’ora in poi CDN sa che non ci sono mascherine e risponderà “no” subito a chiunque venga a chiederne Quale è il problema? Che Server Backend non ha mai informato CDN che tra 10 minuti arriva il camion delle consegne che potrebbe consegnare altre mascherine, quindi CDN andrà beatamente avanti fino a sera a dire che “non abbiamo mascherine” anche se potrebbero essercene Questo è quello che è successo con le pagine dell’INPS. Gli URL erano uguali per tutti, Server Backend non ha mai informato CDN “prossima volta che te lo chiedono torna comunque da me” e CDN semplicemente ha fornito la pagina di dettaglio a Mario Rossi, il primo in coda la mattina… e anche a tutti gli altri, che fossero Mario Rossi o no.\r\n\r\nLa mattina del 1 aprile, per qualche ora (e non “5 minuti” come ha dichiarato l’INPS), è stata impostata la CDN Microsoft Azure Edge davanti al server del sito dell’INPS. www.inps.it era diventato un CNAME a inps-cdn-a.azureedge.net. Poi hanno ripristinato l’IP diretto senza CDN, “risolvendo l’attacco hacker” e il “data breach” (autoinflitti?!?!) Ecco svelato il mistero, una volta per tutte. Niente “hacker”, e nessun database fallito in modi improbabili e assurdi, come sosterrebbero alcuni sedicenti “esperti” (non esiste che si possano “confondere” le richieste al database…) Ci sta solo un’incredibile (e ingiustificabile) incompetenza da parte sia di chi ha realizzato il portale dell’INPS senza nemmeno saper impostare gli HTTP Cache Headers, che anche da parte di chi l’altro giorno vi ha impostato una CDN davanti senza accorgersene prima. Non è possibile che i dati personali di tutti gli italiani vengano affidati a gente come questa. Soprattutto sapendo che gli appalti (anche per il “nuovoportaleinps”) sono costati addirittura 360 milioni di euro di soldi dell’INPS.\r\n\r\nLista dettagliata delle società che hanno vinto appalti da INPS\r\nIl sistema degli appalti nella storia dell’INPS\r\nE torniamo sulle libere frequenze di radio blackout 105.25, siamo su stakkastakka e ricordiamo i contatti. Come abbiamo detto in precedenza quindi le cause del collasso del sito INPS sono puramente tecniche, ma la politica istituzionale ha deciso comunque di inventarsi un nemico, un gruppo di cattivi, i fantomatici hacker su cui far partire l’ennesima caccia alle streghe. Questo ovviamente ricalca il copione vecchio e stantio di una politica che deve scaricare le proprie responabilità su un nemico invisibile.\r\n\r\nMa ancora più divertente della politica c’è Pornhub, che in un tweet ha chiesto all’INPS se avesse bisogno di un paio di server in prestito, o magari di una mano a configurarli. Sicuramente a livello di marketing avrà funzionato, anche grazie al fatto che poggia su un assunto comune alla società capitalista, ovvero che in ogni caso il privato è molto più efficiente ed innovativo del pubblico. In quest’ultimo pezzo vorremmo cercare di portare i dati degli appalti dell’INPS per sfatare un attimo il mito dell’eccellenza, perché se scaviamo un attimo in fondo scopriamo a fare i milioni sull’INPS non è stato il cugino con partita IVA del consigliere comunale. Proprio nell’ottica di arginare il clientelismo nella spesa pubblica si stanno obligando gli enti ad emettere bandi di gara per affidare a terzi la propria infrastruttura, visto che assumere del personale competente sarebbe troppo inefficiente. E allora via a lanciare gare pubbliche, l’INPS negli ultimi 20 anni ha pubblicato bandi nel settore informatico per quasi mezzo miliardo di euro. Sembra una cifra non da poco, ma se il sito e tutta l’infrastruttura che c’è dietro fa tanto schifo, a chi sono andati tutti questi soldi?\r\n\r\nBeh, possiamo iniziare a vedere uno dei bandi più ricchi, un maxiappalto da 170 milioni del 2013, diviso in sette lotti:\r\n\r\nFinmeccanica. Il lotto 4, per complessivi 29,7 milioni di euro, è andato per esempio a un drappello di imprese in cui spicca Selex Elsag, del gruppo Finmeccanica. Al suo fianco troviamo la Hp Enterprise Services, che fa capo al colosso americano dell’informatica Hewlett Packard, e la multinazionale della consulenza Deloitte.\r\n\r\nIl lotto 5, il cui valore finale si è attestato sui 24 milioni di euro, è stato conquistato da un raggruppamento in cui è presente Telecom Italia, il gruppo al tempo guidato da Franco Bernabè che raramente manca all’appuntamento delle grosse commesse di stato.\r\n\r\nIl lotto 2, che l’Inps remunererà con 33,8 milioni, ha visto tra i vincitori un gruppo particolarmente folto all’interno del quale si segnala la presenza degli spagnoli di Indra Sistemas (attraverso la Indra Italia). Accanto a loro compaiono la multinazionale Accenture, che ha sede a Dublino, e la Avanade Italy, ossia la sussidiaria italiana della joint venture che vede insieme la stessa Accenture e gli americani di Microsoft. Accenture che si vanta anche sul suo sito di aver aiutato l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) a modernizzare le applicazioni per promuovere le prestazioni e ridurre i costi, nella pagina (CASI DI SUCCESSO DEI CLIENTI), consentendo all’ente di registrare una netta riduzione dei costi operativi e di sviluppo e di migliorare sia l’efficienza che la produttività.\r\n\r\nNomi di assoluto rilievo internazionale li troviamo anche all’interno del raggruppamento che ha incamerato il lotto 3, per un totale di 21,7 milioni di euro. In questo caso troviamo gli americani di Ibm, in compagnia dei francesi di Sopra Group e della multinazionale della consulenza Ernst & Young.\r\n\r\nE visto che sono riusciti a spuntare un bella fetta di torta tutti i principali gruppi della consulenza e dei servizi Ict, nel novero non poteva mancare Kpmg, presente nel raggruppamento con Exprivia e Sintel Italia.\r\n\r\nAlla cuccagna del superbando Inps del 2013, tra l’altro, hanno partecipato anche società di estrazione editoriale. Può sembrare un po’ strano, me è proprio così. Basta guardare alla storia del lotto 1, assegnato alla fine per 35,6 milioni di euro. Al suo interno spunta Innovare 24 spa, che da qualche mese ha cambiato ragione sociale in 24 Ore Software e che altro non è se non la società informatica del Sole 24 ore, e quindi in ultima analisi del sistema Confindustria. Chiudono la composizione del lotto 1 Engineering spa e Inmatica spa. Insomma, solo per partecipare a questo bando la controllata del Sole24 ore ha preferito tuffarsi nel’informatica, e creare una divisione apposita, vedi come si scoprono le proprie passioni.\r\n\r\nInsomma vediamo tante grandi società, multinazionali e aziende di consulenza quotate in borsa, non esattamente la municipalizzata in mano al cognato del consigliere comunale. E queste mega aziende le ritroviamo nuovamente al banchetto dell’INPS, infattoi nel 2016 poi ci sarà un altro bando dell’INPS, stavolta con un valore stimato molto più succoso, di ben 359,9 milioni di euro:\r\n\r\n \tLeonardo, ex Finmeccanica, sarà nuovamente protagonista del bando del 2016, con i lotti 3 e 4, che comprendono la gestione di tutte le altre prestazioni dell’Inps (come sussidi, assegni di maternità, indennità), insieme ad Ibm, la società di revisione contabile e consulenza Ernst & Young e Sistemi informatici srl.\r\n \tIl gruppo di consulenza e revisione Kpmg, ritorna anche nel bando del 2016, con le società informatiche Exprivia, Wemake e Inmatica, e vince per 26 milioni di euro il lotto 5 (valore sulla carta: 41 milioni). A loro spetta tenere in piedi le reti dell’istituto: quindi integrazione dei dati, gestione del personale e fiscale, potenziamento dei servizi antifrode nonché, si legge nel capitolato, “l’evoluzione dell’infrastruttura di sicurezza e protezione dei dati”.\r\n\r\nIn questa voce dovrebbe rientrare il rispetto per l’INPS delle direttive europee sulla GDPR, che si preoccupano del rispetto della riservatezza e della privacy utente, la stessa GDPR per cui adesso l’INPS adesso rischia una multa di 20 milioni di euro. E adesso chi la pagherà la maxi-multa, l’INPS o l’eccellenza della consulenza Kpmg, che ha già dichiarato di non aver lavorato direttamente sul sito in sé?\r\n\r\nEh già perché solitamente, come chiunque lavori nel campo vi portà confermare, le maxi-società che vincono appalti non lavorano mai sulle commesse, al massimo si preoccupano di “Business Intelligence”, ovvero licenziare personale per evitare che un ente abbia delle maestranze competenti e sia ancora più dipendente dalla consulenza esterna, ma andranno semplicemente a subappaltarle a compagnie più piccole, le quali a loro volta andranno a subappaltare a terzi a prezzi ancora inferiori, fino a rivendere lo stesso lavoro ad una frazione del prezzo.\r\n\r\nIl meccanismo per le grandi multinazionali è ben oliato: nell’emettere un bando si mettono una serie di prerequisiti che sono irragiungibili e ovviamente superlfui, come ad esempio avere qualsiasi certificazioni possibile (es il bando richiede certificazione CEH, anche solo un dipendente ha la CEH, quindi automaticamente l’azienda è certificata, anche se poi tizio non lavorerà al bando), o avere un centinaio di dipendenti laureati in ingegneria informatica o lavorare da 50 anni nel campo.\r\n\r\nOvviamente questi requisiti sono realistici solo per le mega-corporazioni, e dato che sono palesemente superflui, vengono poi sbolognati a compagnie più piccole che quei requisiti semplicemente non li hanno. Solitamente i bandi includono delle clausole per impedire il secondo o terzo subappalto, ma questo è facilmente aggirabile quando le corporazioni decidono di chiedere a loro volta consulenze esterne, o assumono personale da agenzie di ricollocamento, che solitamente a livello legale risultano come cooperative, con contratti occasionali o a prestazione, che fanno però il lavoro di un consulente esterno.\r\n\r\nQuindi, alla fine della catena alimentare, dopo il terzo o quarto subappalto, ci si ritrova con del personale che non ha mai lavorato a quel progetto in particolare, che dovrà reimparare come funziona tutta la bestia senza mai averla toccata, e che probabilmente sarà assunto a tempo determinato da una cooperativa o magari come libero professionista, che se dell’ammontare dell’appalto originale se ne ritrova un millesimo è già fortunato, e non essendo assunto sa già che a breve un’altra persona dovrà lavorare sul suo hackrocchio (RIP :’( insegna agli angeli a smarmellare )\r\n\r\nQuesto meccanismo malato non è una peculiarità italiana, ma anzi è una regola perfettamente razionale nella logica capitalista, che se da un lato vede nell’ottimizzazione dei costi e dei tempi il pretesto per impoverire e precarizzare il lavoro, dall’altro accumula le risorse in degli oligopoli inamovibili, che non potranno mai subire una vera concorrenza dato che definiscono le regole del gioco. A questo scopo potremmo citare altri data breach nel pubblico che sono stati ben più gravi del caso INPS in Italia, come per Equifax, l’agenzia delle entrate statunitense, o nel 2018 del NHS, il sistema sanitario inglese, ma anche no perché…\r\n\r\nCome si diceva prima infatti, è palese che il codice oltre ad essere scritto con i piedi è anche frutto del lavoro di una dozzina di persone che si sono susseguite nel tempo e non si sono mai parlate. Capite che è ben diverso farsi curare dallo stesso medico o ritrovarsene uno diverso ogni giorno. Il meccanismo è ben oliato anche per funzionare per mantenere la cricca dell’intermediazione, dove ovviamente se nessuno ha colpe queste al massimo verranno riversato sull’ultimno povero cristo.\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ","8 Aprile 2020","2020-04-08 16:20:21","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/inps-200x110.png","Stakka Stakka #63 – INPS [8 Aprile 2020]",1586358143,[],[],{"post_content":357},{"matched_tokens":358,"snippet":359,"value":360},[77,78],"bonus di 600 euro per \u003Cmark>partite\u003C/mark> \u003Cmark>iva\u003C/mark>, autonomi, artigiani, commercianti, etc. l’ente","Posta del ♥ dell’Internet\r\nAbbiamo fatto due chiacchere su coronavirus e soluzioni tech leggendo dei pezzi di un articolo curato da Carola Frediani su Valigia Blu.\r\nINPS\r\nhttps://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/stakkastakka-63-inps.mp3\r\nIniziamo con una breve spiegazione di quanto successo:\r\ncome molte e molti di voi sapranno, una delle misure incluse nel decreto cura italia e’ un bonus di 600 euro per \u003Cmark>partite\u003C/mark> \u003Cmark>iva\u003C/mark>, autonomi, artigiani, commercianti, etc. l’ente che in questi casi si deve occupare di queste questioni operativamente e’ l’inps, che ha comunicato l’apertura di queste richieste di indennita’ per l’1 aprile. solo che ha capito male la storia degli assembramenti e ha lanciato l’operazione #noassembramentidigitali visto che per tutta la notte il sito e’ andato a singhizzi, fino a chiudere del tutto i battenti in tarda mattinata. questo perche’ ad un certo punto iniziano ad arrivare delle segnalazioni sul fatto che il sito mostra dati di altre persone. cioe’ entranto per la richiesta di indennita’ sul sito dell’inps, mettendo il pin e facendo due preghiere, venivano mostrati dati personali di altre persone. se questo gia’ sarebbe grave in generale, e’ particolarmente grave perche’ ha interessato il sito di un ente che gestisce e maneggia un’enorme mole di informazioni personali e che mannaggia dovrebbe garantire rigorose misure di sicurezza e non affidare al cuggino dello stagista tutte cose. L’ipotesi di gran lunga più probabile sull’accaduto è che ci sia stato un banale errore di configurazione sul sito, ma di questo ne parliamo dopo questo pezzo per darvi il buongiorno e mettervi nel giusto mood. buon ascolto.\r\ndichiarazioni pubbliche e reazioni istituzionali\r\n\r\n \tsul sito dell’inps, ad un certo punto si spegne tutto e viene mostrato un messaggio: Al fine di consentire una migliore e piu’ efficace canalizzazione delle richieste di servizio, il sito e’ temporaneamente non disponibile. Si assicura che tutti gli aventi diritto potranno utilmente presentare la domanda per l’ottenimento delle prestazioni. il tutto con un html raffazzonato, accrocchiatissimo con dei tag tipo il center che non si vedevano dal ’94. con gli apostrofi sbagliati. https://blog.mestierediscrivere.com/2020/04/01/in-tempi-difficili-parole-che-graffiano\r\n\r\ncomunque il succo dei messaggi e’ come sempre, e’ colpa vostra che siete arrivati tutti insieme, mica nostra. in generale non c’e’ mai un’assunzione di responsabilita’, un dire che ne so, raga scusate abbiamo fatto una cagata, c’era poco tempo, abbiamo dovuto arrangiarci e non abbiamo potuto fare delle prove. e’ sempre il solito approccio per cui i cittadini sono visti come sospetti e potenziali criminali o alla meglio come bambini, più che come soggetti responsabili, capaci di collaborazione, dotati di neuroni, quando gli unici atteggiamenti infantili sono proprio quelli per cui si cerca sempre qualcuno a cui addossare la colpa, un capro espiatorio, il runner, quello che porta a pisciare il cane, in questo caso gli hacker.\r\n\r\nebbene si’, hanno stato gli hacker!@@!@!1 “Abbiamo avuto nei giorni scorsi e anche stamattina violenti attacchi hacker”, ha detto Pasquale Tridico \" questa la dichiarazione ufficiale di quanto accaduto dal presidente dell’INPS ripresa anche da conte. cosi’ senza un minimo di pudore o vergogna, sparare cazzate per cercare di coprire la propria inettitudine. anche i bambini vi hanno sgamato. e’ talmente grande e palese come cazzata che non ci hanno creduto neanche i giornali e infatti abbiamo fatto fatica a trovare l’audio perche’ pochissimi giornali l’hanno ripresa come notizia. Un credulone che invece ci ha creduto e’ il vicesegretario del Partito democratico, Andrea Orlando, in merito alla falla del sito dell’Inps denuncia che “alcune infrastrutture strategiche sono state sotto attacco di hacker” e su Twitter sollecita: “Bisogna subito convocare il Copasir per chiedere al Dis quale reazione è in atto. Questi sciacalli vanno fermati immediatamente”. A questo punto piovono messaggi di scherno, anonymous italia scrive “vorremmo prenderci il merito, ma la verita’ e’ che siete incapaci e avete fatto tutto da soli togliendoci il divertimento”, addirittura pornhub (per la sua immagine ovviamente) offre aiuto all’inps per potenziare il sito grazie ai suoi server.\r\ndopo il breach l’altro comunicato e’ stato il seguente\r\n“L’INPS informa gli utenti di avere prontamente notificato il data breach al Garante per la protezione dei dati personali ed assicura che, fin dal momento in cui si è avuta conoscenza della possibilità che vi sia stata violazione di dati personali, sta assumendo tutte le misure atte a porre rimedio alla situazione di rischio, attenuare i possibili effetti negativi e tutelare i diritti e le libertà delle persone fisiche. In tale ambito è istituita la seguente casella di posta elettronica violazionedatiGDPR@inps.it utilizzabile, esclusivamente dai soggetti i cui dati siano stati interessati dalla violazione, per le segnalazioni all’INPS, allegando eventuali evidenze documentali. L’Istituto si impegna a verificare tutte le segnalazioni ricevute e ad adottare ogni ulteriore misura tecnica e organizzativa adeguata di protezione dei dati personali che dovesse rendersi necessaria.”\r\n\r\na parte che il sito dell’inps ha una normativa della privacy ferma al 2013, ancora non c’era la gdpr, forse non lo sanno che in questi casi sono loro a dover informare chi ha subito un leak e non viceversa. infatti le normative, in particolare la gdpr prevede sicuramente il nominativo di un responsabile dei dati personali e raga, l’inps non ce l’ha. l’inps non ha un responsabile dei dati personali di cosa stiamo parlando. anche il tabacchino sotto casa vostra deve averlo per le registrazioni di videosorveglianza. e invece no, il Data Protection Officer e’ andato in pensione. Una delle altre questioni e’ relativa alle risposte dopo un merdone cosi’ che ad oggi si sono limitate alla creazione di una casella di posta dove poter inviare le segnalazioni. Come scrive il giornalista Raffaele Angius su Wired citando un avvocato specializzato in tutela della privacy: “Sembra quasi che la creazione della casella di posta elettronica sia essa stessa la misura adottata per risolvere il problema Di fatto mancano tutti i contenuti previsti dal Gdpr, che prescrive chiaramente l’identificazione di un responsabile e le soluzioni proposte per la risoluzione dell’incidente” Ma ancora di più qua si inverte l’onere dell’identificazione degli interessati coinvolti nella violazione: sarebbero infatti questi ultimi a dover ricevere un avviso nel quale si informa che i loro dati personali sono stati visibili a una quantità imprecisata di persone”.\r\ncosa e’ successo in realta’\r\nc’e’ nel merito un succosissimo thread su reddit da cui rubero’ una spiegazione introduttiva per spiegare il problema:\r\n\r\nEsistono principalmente due tipi di pagine web: quelle statiche e quelle dinamiche La classica pagina statica potrebbe essere https://www.corriere.it/. Anche se può cambiare più volte nel corso della giornata, tutte le volte che la carichi tra una modifica e l’altra sia tu sia chiunque altro vedranno la stessa cosa Una pagina dinamica invece è per esempio quella di gestione del tuo conto in banca. L’impaginazione e l’URL son gli stessi per tutti, ma il contenuto varia per ogni utente. Per ottimizzare le performance di un sito il materiale statico può essere messo in cache, ovvero una memoria esterna più performante del server normale perchè non deve fare nessun controllo, semplicemente ti restituisce i dati che ha già visto. Una rete di cache viene generalmente definita CDN, o Content Delivery Network\r\n\r\nEcco il ragionamento che fa: Tu: “Salve vorrei una mascherina per favore” CDN: “Aspetti che controllo nel retro” CDN: “Server di backend, abbiamo mascherine?” Server Backend: “No” CDN: “Mi dispiace abbiamo finito le mascherine” D’ora in poi CDN sa che non ci sono mascherine e risponderà “no” subito a chiunque venga a chiederne Quale è il problema? Che Server Backend non ha mai informato CDN che tra 10 minuti arriva il camion delle consegne che potrebbe consegnare altre mascherine, quindi CDN andrà beatamente avanti fino a sera a dire che “non abbiamo mascherine” anche se potrebbero essercene Questo è quello che è successo con le pagine dell’INPS. Gli URL erano uguali per tutti, Server Backend non ha mai informato CDN “prossima volta che te lo chiedono torna comunque da me” e CDN semplicemente ha fornito la pagina di dettaglio a Mario Rossi, il primo in coda la mattina… e anche a tutti gli altri, che fossero Mario Rossi o no.\r\n\r\nLa mattina del 1 aprile, per qualche ora (e non “5 minuti” come ha dichiarato l’INPS), è stata impostata la CDN Microsoft Azure Edge davanti al server del sito dell’INPS. www.inps.it era diventato un CNAME a inps-cdn-a.azureedge.net. Poi hanno ripristinato l’IP diretto senza CDN, “risolvendo l’attacco hacker” e il “data breach” (autoinflitti?!?!) Ecco svelato il mistero, una volta per tutte. Niente “hacker”, e nessun database fallito in modi improbabili e assurdi, come sosterrebbero alcuni sedicenti “esperti” (non esiste che si possano “confondere” le richieste al database…) Ci sta solo un’incredibile (e ingiustificabile) incompetenza da parte sia di chi ha realizzato il portale dell’INPS senza nemmeno saper impostare gli HTTP Cache Headers, che anche da parte di chi l’altro giorno vi ha impostato una CDN davanti senza accorgersene prima. Non è possibile che i dati personali di tutti gli italiani vengano affidati a gente come questa. Soprattutto sapendo che gli appalti (anche per il “nuovoportaleinps”) sono costati addirittura 360 milioni di euro di soldi dell’INPS.\r\n\r\nLista dettagliata delle società che hanno vinto appalti da INPS\r\nIl sistema degli appalti nella storia dell’INPS\r\nE torniamo sulle libere frequenze di radio blackout 105.25, siamo su stakkastakka e ricordiamo i contatti. Come abbiamo detto in precedenza quindi le cause del collasso del sito INPS sono puramente tecniche, ma la politica istituzionale ha deciso comunque di inventarsi un nemico, un gruppo di cattivi, i fantomatici hacker su cui far partire l’ennesima caccia alle streghe. Questo ovviamente ricalca il copione vecchio e stantio di una politica che deve scaricare le proprie responabilità su un nemico invisibile.\r\n\r\nMa ancora più divertente della politica c’è Pornhub, che in un tweet ha chiesto all’INPS se avesse bisogno di un paio di server in prestito, o magari di una mano a configurarli. Sicuramente a livello di marketing avrà funzionato, anche grazie al fatto che poggia su un assunto comune alla società capitalista, ovvero che in ogni caso il privato è molto più efficiente ed innovativo del pubblico. In quest’ultimo pezzo vorremmo cercare di portare i dati degli appalti dell’INPS per sfatare un attimo il mito dell’eccellenza, perché se scaviamo un attimo in fondo scopriamo a fare i milioni sull’INPS non è stato il cugino con partita \u003Cmark>IVA\u003C/mark> del consigliere comunale. Proprio nell’ottica di arginare il clientelismo nella spesa pubblica si stanno obligando gli enti ad emettere bandi di gara per affidare a terzi la propria infrastruttura, visto che assumere del personale competente sarebbe troppo inefficiente. E allora via a lanciare gare pubbliche, l’INPS negli ultimi 20 anni ha pubblicato bandi nel settore informatico per quasi mezzo miliardo di euro. Sembra una cifra non da poco, ma se il sito e tutta l’infrastruttura che c’è dietro fa tanto schifo, a chi sono andati tutti questi soldi?\r\n\r\nBeh, possiamo iniziare a vedere uno dei bandi più ricchi, un maxiappalto da 170 milioni del 2013, diviso in sette lotti:\r\n\r\nFinmeccanica. Il lotto 4, per complessivi 29,7 milioni di euro, è andato per esempio a un drappello di imprese in cui spicca Selex Elsag, del gruppo Finmeccanica. Al suo fianco troviamo la Hp Enterprise Services, che fa capo al colosso americano dell’informatica Hewlett Packard, e la multinazionale della consulenza Deloitte.\r\n\r\nIl lotto 5, il cui valore finale si è attestato sui 24 milioni di euro, è stato conquistato da un raggruppamento in cui è presente Telecom Italia, il gruppo al tempo guidato da Franco Bernabè che raramente manca all’appuntamento delle grosse commesse di stato.\r\n\r\nIl lotto 2, che l’Inps remunererà con 33,8 milioni, ha visto tra i vincitori un gruppo particolarmente folto all’interno del quale si segnala la presenza degli spagnoli di Indra Sistemas (attraverso la Indra Italia). Accanto a loro compaiono la multinazionale Accenture, che ha sede a Dublino, e la Avanade Italy, ossia la sussidiaria italiana della joint venture che vede insieme la stessa Accenture e gli americani di Microsoft. Accenture che si vanta anche sul suo sito di aver aiutato l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) a modernizzare le applicazioni per promuovere le prestazioni e ridurre i costi, nella pagina (CASI DI SUCCESSO DEI CLIENTI), consentendo all’ente di registrare una netta riduzione dei costi operativi e di sviluppo e di migliorare sia l’efficienza che la produttività.\r\n\r\nNomi di assoluto rilievo internazionale li troviamo anche all’interno del raggruppamento che ha incamerato il lotto 3, per un totale di 21,7 milioni di euro. In questo caso troviamo gli americani di Ibm, in compagnia dei francesi di Sopra Group e della multinazionale della consulenza Ernst & Young.\r\n\r\nE visto che sono riusciti a spuntare un bella fetta di torta tutti i principali gruppi della consulenza e dei servizi Ict, nel novero non poteva mancare Kpmg, presente nel raggruppamento con Exprivia e Sintel Italia.\r\n\r\nAlla cuccagna del superbando Inps del 2013, tra l’altro, hanno partecipato anche società di estrazione editoriale. Può sembrare un po’ strano, me è proprio così. Basta guardare alla storia del lotto 1, assegnato alla fine per 35,6 milioni di euro. Al suo interno spunta Innovare 24 spa, che da qualche mese ha cambiato ragione sociale in 24 Ore Software e che altro non è se non la società informatica del Sole 24 ore, e quindi in ultima analisi del sistema Confindustria. Chiudono la composizione del lotto 1 Engineering spa e Inmatica spa. Insomma, solo per partecipare a questo bando la controllata del Sole24 ore ha preferito tuffarsi nel’informatica, e creare una divisione apposita, vedi come si scoprono le proprie passioni.\r\n\r\nInsomma vediamo tante grandi società, multinazionali e aziende di consulenza quotate in borsa, non esattamente la municipalizzata in mano al cognato del consigliere comunale. E queste mega aziende le ritroviamo nuovamente al banchetto dell’INPS, infattoi nel 2016 poi ci sarà un altro bando dell’INPS, stavolta con un valore stimato molto più succoso, di ben 359,9 milioni di euro:\r\n\r\n \tLeonardo, ex Finmeccanica, sarà nuovamente protagonista del bando del 2016, con i lotti 3 e 4, che comprendono la gestione di tutte le altre prestazioni dell’Inps (come sussidi, assegni di maternità, indennità), insieme ad Ibm, la società di revisione contabile e consulenza Ernst & Young e Sistemi informatici srl.\r\n \tIl gruppo di consulenza e revisione Kpmg, ritorna anche nel bando del 2016, con le società informatiche Exprivia, Wemake e Inmatica, e vince per 26 milioni di euro il lotto 5 (valore sulla carta: 41 milioni). A loro spetta tenere in piedi le reti dell’istituto: quindi integrazione dei dati, gestione del personale e fiscale, potenziamento dei servizi antifrode nonché, si legge nel capitolato, “l’evoluzione dell’infrastruttura di sicurezza e protezione dei dati”.\r\n\r\nIn questa voce dovrebbe rientrare il rispetto per l’INPS delle direttive europee sulla GDPR, che si preoccupano del rispetto della riservatezza e della privacy utente, la stessa GDPR per cui adesso l’INPS adesso rischia una multa di 20 milioni di euro. E adesso chi la pagherà la maxi-multa, l’INPS o l’eccellenza della consulenza Kpmg, che ha già dichiarato di non aver lavorato direttamente sul sito in sé?\r\n\r\nEh già perché solitamente, come chiunque lavori nel campo vi portà confermare, le maxi-società che vincono appalti non lavorano mai sulle commesse, al massimo si preoccupano di “Business Intelligence”, ovvero licenziare personale per evitare che un ente abbia delle maestranze competenti e sia ancora più dipendente dalla consulenza esterna, ma andranno semplicemente a subappaltarle a compagnie più piccole, le quali a loro volta andranno a subappaltare a terzi a prezzi ancora inferiori, fino a rivendere lo stesso lavoro ad una frazione del prezzo.\r\n\r\nIl meccanismo per le grandi multinazionali è ben oliato: nell’emettere un bando si mettono una serie di prerequisiti che sono irragiungibili e ovviamente superlfui, come ad esempio avere qualsiasi certificazioni possibile (es il bando richiede certificazione CEH, anche solo un dipendente ha la CEH, quindi automaticamente l’azienda è certificata, anche se poi tizio non lavorerà al bando), o avere un centinaio di dipendenti laureati in ingegneria informatica o lavorare da 50 anni nel campo.\r\n\r\nOvviamente questi requisiti sono realistici solo per le mega-corporazioni, e dato che sono palesemente superflui, vengono poi sbolognati a compagnie più piccole che quei requisiti semplicemente non li hanno. Solitamente i bandi includono delle clausole per impedire il secondo o terzo subappalto, ma questo è facilmente aggirabile quando le corporazioni decidono di chiedere a loro volta consulenze esterne, o assumono personale da agenzie di ricollocamento, che solitamente a livello legale risultano come cooperative, con contratti occasionali o a prestazione, che fanno però il lavoro di un consulente esterno.\r\n\r\nQuindi, alla fine della catena alimentare, dopo il terzo o quarto subappalto, ci si ritrova con del personale che non ha mai lavorato a quel progetto in particolare, che dovrà reimparare come funziona tutta la bestia senza mai averla toccata, e che probabilmente sarà assunto a tempo determinato da una cooperativa o magari come libero professionista, che se dell’ammontare dell’appalto originale se ne ritrova un millesimo è già fortunato, e non essendo assunto sa già che a breve un’altra persona dovrà lavorare sul suo hackrocchio (RIP :’( insegna agli angeli a smarmellare )\r\n\r\nQuesto meccanismo malato non è una peculiarità italiana, ma anzi è una regola perfettamente razionale nella logica capitalista, che se da un lato vede nell’ottimizzazione dei costi e dei tempi il pretesto per impoverire e precarizzare il lavoro, dall’altro accumula le risorse in degli oligopoli inamovibili, che non potranno mai subire una vera concorrenza dato che definiscono le regole del gioco. A questo scopo potremmo citare altri data breach nel pubblico che sono stati ben più gravi del caso INPS in Italia, come per Equifax, l’agenzia delle entrate statunitense, o nel 2018 del NHS, il sistema sanitario inglese, ma anche no perché…\r\n\r\nCome si diceva prima infatti, è palese che il codice oltre ad essere scritto con i piedi è anche frutto del lavoro di una dozzina di persone che si sono susseguite nel tempo e non si sono mai parlate. Capite che è ben diverso farsi curare dallo stesso medico o ritrovarsene uno diverso ogni giorno. 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Specie se lo si fa con lo sguardo interessato di chi sceglie un punto di vista di classe, di chi ha l’attitudine alla partecipazione diretta, di chi mira alla costruzione di esperienze di autogoverno territoriale fuori tutela statale, definendo uno spazio e un tempo capaci di attraversare l’immaginario sociale, facendosi pratica concreta.\r\n\r\nAnarres ne ha discusso con Pietro e con Stefano, uno di Genova, l'altro di Torino per cercare di capire quello che stava succedendo nelle piazze ed il dibattito che ne era scaturito in città, tra fascinazioni e ripulse.\r\nNe è scaturito un dibatto intenso, sovente intervallato dagli sms dei nostri ascoltatori.\r\nVe lo proponiamo nella sua interezza, auspicando che possa innervare un ulteriore riflessione.\r\nDi seguito anche una nostra valutazione.\r\nBuon ascolto e buona lettura.\r\n\r\nAscolta la diretta con Pietro:\r\n\r\n2013 12 13 pietro 9 dic\r\n\r\ne i commenti arrivati:\r\n\r\n2013 12 13 pietro 9 dic commenti\r\n\r\nAscolta la lunga chiacchierata con Stefano e i commenti arrivati.\r\nPrima parte:\r\n\r\n2013 12 13 stafano parte prima\r\n\r\nSeconda parte:\r\n\r\n2013 12 13 stefano parte seconda\r\n\r\nNella sinistra civilizzata e di governo c’è da decenni un netto disprezzo per l’Italia a cavallo tra Drive in e il presidente operaio e puttaniere. L’Italia che si è affidata per vent’anni ad un partito capace di attuare politiche ultraliberiste, garantendo altresì la sopravvivenza di figure sociali che altrove la globalizzazione ha spazzato via: commercianti, artigiani, padroncini, agricoltori su scala familiare o con pochi dipendenti.\r\n\r\nLa settimana precedente quella del 9 dicembre, il governo, intuendo la miscela esplosiva che si stava preparando, ha concesso tutto quello che volevano alle organizzazioni degli autotrasportatori, mentre la moderatissima Coldiretti ha organizzato la manifestazione al Brennero, dove venivano bloccati e perquisiti i camion con la benedizione del ministro. Dopo i blocchi e le “perquisizioni” sulla A32 durante l’estate No Tav, Alfano ordinò cariche, arresti e l’invio di altri 250 militari in Clarea. Evidentemente questo governo, soprattutto nella sua componente di destra, mira a evitare lo strappo con alcuni dei propri settori sociali di riferimento, concedendo spazi di manovra negati ad altri.\r\nLa sinistra civilizzata, nei brevi periodi in cui è riuscita a saltare in sella al destriero governativo ha garantito la vita facile alla grande industria, facilitando la demolizione mattone su mattone di ogni forma di tutela per il lavoratori dipendenti e collaborando attivamente nella trasformazione di tanti di loro in lavoratori indipendenti ma di fatto subordinati. In tempi di crisi il popolo delle partite IVA si ritrova nella stessa condizione dei mercatari torinesi cui il comune chiede 500 euro al mese per la pulizia dei mercati. A tutti questi si aggiungono i tanti giovani – uno su quattro dicono le statistiche - che non hanno né un lavoro né un percorso formativo. Per non dire dei ragazzi degli istituti professionali che sanno di essere parcheggiati in attesa di disoccupazione.\r\n\r\nNelle piazze torinesi animate dal popolo delle periferie, quello cresciuto tra facebook e il bar sport, si sono ritrovati quelli dei banchi dei mercati, qualche disoccupato, i ragazzi degli istituti professionali.\r\n\r\n Nella sinistra intorno alle giornate di lotta indette dal “coordinamento 9 dicembre” si è sviluppato un dibattito molto ampio, spesso anche aspro.\r\n\r\nDi fronte all’ampiezza della partecipazione, alcuni hanno osservato che era difficile che il mestolo stesse in mano alla destra cittadina. A Torino sia la Destra istituzionale – Fratelli d’Italia – sia chi – come Forza Nuova e Casa Pound - vive nel limbo tra istituzioni e velleità rivoluzionarie – non avrebbero un peso ed una capacità organizzativa tali da poterlo fare.\r\n\r\nUn fatto è certo: nelle piazze di Torino e dintorni i rappresentanti di queste formazioni si sono fatti vedere più volte accolti dagli applausi della gente. Come è certo che buona parte delle tifoserie torinesi, ben presenti nei giorni più caldi, siano ormai da lunghi anni egemonizzate dall’estrema destra. In almeno un caso un esponente di “Alba Dorata” è stato cacciato dal blocco di piazza Derna grazie alla presenza di esponenti di sinistra, che avevano deciso di partecipare all’iniziativa. È tuttavia un caso isolato che non cambia il quadro. Anche la favola dei profughi africani, accolti con un applauso da quelli del “coordinamento 9 dicembre” è stata è stata ampiamente sfatata da resoconti circolati successivamente.\r\nLa questione è comunque mal posta. Qualunque sia stato il peso della destra, nelle sue varie componenti, la domanda vera è un’altra. Il movimento che si è espresso nelle piazze in un garrir di tricolori, inviti alla polizia a fraternizzare, richiami all’unità della nazione contro la casta corrotta e asservita ai diktat dell’Europa delle banche è un movimento di destra o no?\r\nNoi pensiamo di si.\r\n\r\nI resoconti fatti girare dalla sinistra radicale torinese hanno privilegiato l’immagine di piazze ambiguamente acefale: prive di capi, prive di organizzazione, prive di reale comprensione delle ragioni che li avevano condotti lì. Una sorta di creta che chiunque avrebbe potuto plasmare e dirigere. Una descrizione a mio avviso inconsapevolmente intrisa di orgoglio intellettuale e del mai sopito sogno di poter governare o alimentarsi delle jacquerie. Alcuni ne hanno assunto il mero contenuto antisistema, nella vecchia convinzione che il nemico del tuo nemico è un tuo amico. Una mostruosità ideologica che abbiamo visto annegare nel sangue tra Baghdad e Kabul ma sinora non ci aveva toccato da vicino.\r\n\r\nBisogna guardare in faccia la realtà. Una realtà che certo non ci piace, ma il mero desiderio di vederla diversa non si concreta, se non la si sa vedere per quello che è. I protagonisti di questi giorni di blocchi e serrate sono i figli del deserto sociale degli ultimi trent'anni. Gente che credeva di avere ancoraggi e certezze e oggi si trova sospesa sul nulla. \r\nL’analisi della composizione di classe di questo movimento, della sua natura popolare, periferica,perché avvertivamo forte la necessità di capire ed intervenire per poter fermare l’onda lunga di destra che ha messo a loro disposizione un lessico comune, una chiave di lettura ed un orizzonte progettuale.\r\n\r\nSiamo andati nelle piazze e nei bar ad ascoltare e capire il vento che stava cambiando, perché in periferia, tra i mercati e le strade attraversate dai cortei per l'ordine e la legalità, tra la gente che fatica a campare e non vede prospettive, ci siamo da anni. Da anni sappiamo che l'incapacità di parlare con gli italiani poveri, quelli che guardano con simpatia alla destra xenofoba e razzista, quelli che avevano qualcosa e ora hanno solo paura, avrebbe aperto la strada a chi predica il governo forte, la polizia ovunque, la nazione contro la globalizzazione, l'unione degli italiani, sfruttati e sfruttatori contro il grande complotto internazionale delle banche. Oggi lo chiamano signoraggio: non puntano il dito sugli ebrei ma la melodia della canzone è la stessa dagli anni Trenta del secolo scorso. Gli stranieri di seconda generazione che sventolavano il tricolore con i loro colleghi del mercato, sebbene in realtà pochini rispetto la realtà dei banchi, non ci stupiscono: li abbiamo visti inveire contro altri stranieri, ultimi arrivati che “delinquono”. Molti di loro assumono giovani connazionali poveri e li sfruttano senza pietà così come gli italiani doc. Il gioco del capitalismo piace ad ogni latitudine.\r\n\r\nI protagonisti di questi tre/quattro giorni di blocchi e iniziative sono ceti impoveriti e rancorosi: l’Italia delle clientele prima democristiane e socialiste, poi forza italiote, oggi piegata dalla crisi, dalla pressione fiscale, dall’indebolirsi della compagine berlusconiana e della Lega, partiti politici di riferimento per oltre vent’anni.\r\n\r\nIl loro programma – esplicitamente delineato nei volantini tricolori distribuiti in ogni dove – è chiaro: far cadere il governo, sostituirlo con un esecutivo forte e onesto, capace di traghettare l’Italia fuori dall’euro, fuori dall’Europa delle banche, garantendo significative misure protezioniste.\r\nIl tutto all’insegna di una deriva identitaria di segno nazionalista dove la nazione è descritta e vissuta come un corpo sano attaccato da agenti esterni che si ricompone intorno all’alleanza interclassista dei produttori.\r\nQuesto è un programma di destra. Di destra radicale.\r\n\r\nNon sappiamo se l’episodio dei caschi tolti davanti all’agenzia delle entrate di Torino, o l’abbraccio tra un manifestante e un poliziotto a Milano siano solo foto strappate alle realtà, ma resta il fatto che la volontà di fraternizzare con la polizia ha attraversato le varie piazze d’Italia. A Pistoia gli studenti gridavano “celerino, sei uno di noi!”. La retorica dei lavoratori della polizia, sfruttati e vittime di una classe politica corrotta e parassitaria, è tipica della destra di ogni tempo.\r\n\r\nÈ ingeneroso sostenere che la gente “comune” che ha partecipato alle serrate dei negozi ed ai blocchi del traffico non capisse la portata simbolica e reale di un movimento esplicitamente eversivo dell’ordine esistente. In ambito istituzionale chi ha cercato un’interlocuzione si è dovuto arrendere, perché non c’era spazio di mediazione. Oggi forse alcuni del “coordinamento 9 dicembre” pare siano disposti a sedersi ad un tavolo con il governo, ma nella settimana della serrata e dei blocchi non c'è stato, né avrebbe potuto esserci, spazio per il dialogo. Chi è sceso in piazza lo ha fatto perché convinto di fare la rivoluzione: lo dimostrano gli slogan, gli striscioni, i racconti che vengono diffusi.\r\n\r\nIn questo “tutti a casa” c'è chi ha sentito l'eco delle lotte argentine, chi vi ha letto una volontà di rottura dell'istituito che avrebbe potuto aprire delle possibilità.\r\n\r\nSappiamo bene quanta forza abbiano i momenti di rottura, la scelta di uscire di casa, di spezzare l’ordine che ci piega alla quotidianità scandita dai ritmi di una vita regolata altrove, tuttavia in quelle piazze questa forza si è alimentata di simboli che portano lontano da una prospettiva di emancipazione sociale e di libertà.\r\nL’interruzione della quotidianità agita da chi normalmente affida il proprio futuro all'eterna ripetizione del proprio presente è un evento raro, talora foriero di una rottura radicale. Tuttavia la rottura di un ordine non prefigura necessariamente che la strada intrapresa sia quella giusta. \r\n\r\nNell’estrema sinistra c’è chi ha tentato da cavalcare l’onda nella speranza di mutarla di segno. Purtroppo questo tentativo, limitandosi quasi sempre alla spinta per la radicalizzazione delle pratiche di piazza, che tuttavia non ha né saputo né voluto farsi anche critica dei contenuti di estrema destra della protesta, non ha prodotto risultati significativi.\r\n\r\nL’ipotesi che chi era in piazza esprimesse una ribellione generica senza reale adesione ai contenuti proposti dal Coordinamento 9 dicembre si è rivelata una favola consolatoria. Mercoledì 11 in piazza Castello è bastato che il piccolo caudillo di turno decretasse il “tutti a casa” in attesa di una prossima “marcia su Roma” perché il movimento si sciogliesse, lasciandosi solo una coda di studenti in libera uscita il giorno successivo.\r\n\r\nVedere quello che non c’è è frutto di pregiudizio ideologico, quel pregiudizio ideologico che consiste nel formulare una tesi e cercare – a costo di deformarla – la conferma nella realtà. Il prezzo da pagare è una descrizione che cancella la soggettività esplicita di chi parla e agisce, nell’inseguimento di un’oggettività materiale che si suppone possa, se adeguatamente spinta in avanti, modificare di segno la protesta.\r\n\r\nArticolare un discorso capace di creare legami di classe, al di là delle diverse condizioni normative, fiscali, di reddito è in se difficile. La materialità stessa della condizione dei lavoratori autonomi, nelle sue diverse e distanti articolazioni, lascia poco spazio alla costruzione di percorsi comuni di solidarietà e lotta con gli altri settori popolari.\r\n\r\n Se poi l'immaginario che sostiene una lotta si articola fuori – e contro – l'orizzonte di classe, non si può far finta che la narrazione di chi agisce una lotta sia irrilevante.\r\n\r\nA Torino, a blocchi finiti, abbiamo sentito un giovane protagonista delle piazze arringare gli esponenti di un presidio di sindacalisti di base ed esponenti della sinistra post istituzionale, perché si unissero nel segno del tricolore, buttando a mare falce e martello, per salvare la nazione.\r\n\r\n Quel ragazzo ci pareva la perfetta incarnazione dello slogan di fondo che ha attraversato piazze, mercati, bar e faccia libro, quell'andare oltre la destra e la sinistra tipico della Nuova Destra, quella meno brutale, più raffinata ma non per questo meno pericolosa.\r\nQuando la nozione di “popolo” sostituisce quella di “classe” non siamo di fronte ad una mera trasposizione politica del tifo da calcio ma all'eterna riproposizione del mito della purezza organica della nazione come corpo sano, dove tutti fanno gerarchicamente la loro parte.\r\nChi a sinistra sottovaluta l'importanza dei simboli, chi azzarda paragoni con le rivoluzioni della primavera araba, dimentica che tra bandiere nazionali e religione, quelle primavere sono presto declinate verso l'autunno ed il più gelido degli inverni.\r\nChi frequenta i bar di periferia sa che sesso, calcio, soldi, pioggia sono gli argomenti di sempre, conditi di frizzi, lazzi, scoregge verbali e l'idea che “così va il mondo”. Talora capita che qualcuno si lasci andare a dichiarazioni roboanti, all'insegna del fuoco e dello spaccar tutto. Poi il bar chiude e la rivoluzione dei rivoluzionari dell'aperitivo viene rimandata al giorno successivo.\r\n\r\nSe capita che quelli del bar sport escano davvero in strada è un segnale che sarebbe miope non vedere. Ma sarebbe ancora più miope leggere la realtà con gli occhi tristi degli orfani del soggetto sociale.\r\n\r\nQualcuno a Torino ha scritto che bisogna affondare le mani nella merda perché dai diamanti dell'ideologia non nasce nulla. Siamo d'accordo. Purché non ci si illuda che fare a mattonate contro la polizia tra chi sventola tricolori possa essere il grimaldello che apre il vaso di Pandora dei propri desideri.","17 Dicembre 2013","2018-10-17 22:59:36","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/12/torino-piazza-castello-9-dic-200x110.jpg","Forconi a Torino. 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L’Italia che si è affidata per vent’anni ad un partito capace di attuare politiche ultraliberiste, garantendo altresì la sopravvivenza di figure sociali che altrove la globalizzazione ha spazzato via: commercianti, artigiani, padroncini, agricoltori su scala familiare o con pochi dipendenti.\r\n\r\nLa settimana precedente quella del 9 dicembre, il governo, intuendo la miscela esplosiva che si stava preparando, ha concesso tutto quello che volevano alle organizzazioni degli autotrasportatori, mentre la moderatissima Coldiretti ha organizzato la manifestazione al Brennero, dove venivano bloccati e perquisiti i camion con la benedizione del ministro. Dopo i blocchi e le “perquisizioni” sulla A32 durante l’estate No Tav, Alfano ordinò cariche, arresti e l’invio di altri 250 militari in Clarea. Evidentemente questo governo, soprattutto nella sua componente di destra, mira a evitare lo strappo con alcuni dei propri settori sociali di riferimento, concedendo spazi di manovra negati ad altri.\r\nLa sinistra civilizzata, nei brevi periodi in cui è riuscita a saltare in sella al destriero governativo ha garantito la vita facile alla grande industria, facilitando la demolizione mattone su mattone di ogni forma di tutela per il lavoratori dipendenti e collaborando attivamente nella trasformazione di tanti di loro in lavoratori indipendenti ma di fatto subordinati. In tempi di crisi il popolo delle \u003Cmark>partite\u003C/mark> \u003Cmark>IVA\u003C/mark> si ritrova nella stessa condizione dei mercatari torinesi cui il comune chiede 500 euro al mese per la pulizia dei mercati. A tutti questi si aggiungono i tanti giovani – uno su quattro dicono le statistiche - che non hanno né un lavoro né un percorso formativo. Per non dire dei ragazzi degli istituti professionali che sanno di essere parcheggiati in attesa di disoccupazione.\r\n\r\nNelle piazze torinesi animate dal popolo delle periferie, quello cresciuto tra facebook e il bar sport, si sono ritrovati quelli dei banchi dei mercati, qualche disoccupato, i ragazzi degli istituti professionali.\r\n\r\n Nella sinistra intorno alle giornate di lotta indette dal “coordinamento 9 dicembre” si è sviluppato un dibattito molto ampio, spesso anche aspro.\r\n\r\nDi fronte all’ampiezza della partecipazione, alcuni hanno osservato che era difficile che il mestolo stesse in mano alla destra cittadina. A Torino sia la Destra istituzionale – Fratelli d’Italia – sia chi – come Forza Nuova e Casa Pound - vive nel limbo tra istituzioni e velleità rivoluzionarie – non avrebbero un peso ed una capacità organizzativa tali da poterlo fare.\r\n\r\nUn fatto è certo: nelle piazze di Torino e dintorni i rappresentanti di queste formazioni si sono fatti vedere più volte accolti dagli applausi della gente. Come è certo che buona parte delle tifoserie torinesi, ben presenti nei giorni più caldi, siano ormai da lunghi anni egemonizzate dall’estrema destra. In almeno un caso un esponente di “Alba Dorata” è stato cacciato dal blocco di piazza Derna grazie alla presenza di esponenti di sinistra, che avevano deciso di partecipare all’iniziativa. È tuttavia un caso isolato che non cambia il quadro. Anche la favola dei profughi africani, accolti con un applauso da quelli del “coordinamento 9 dicembre” è stata è stata ampiamente sfatata da resoconti circolati successivamente.\r\nLa questione è comunque mal posta. Qualunque sia stato il peso della destra, nelle sue varie componenti, la domanda vera è un’altra. Il movimento che si è espresso nelle piazze in un garrir di tricolori, inviti alla polizia a fraternizzare, richiami all’unità della nazione contro la casta corrotta e asservita ai diktat dell’Europa delle banche è un movimento di destra o no?\r\nNoi pensiamo di si.\r\n\r\nI resoconti fatti girare dalla sinistra radicale torinese hanno privilegiato l’immagine di piazze ambiguamente acefale: prive di capi, prive di organizzazione, prive di reale comprensione delle ragioni che li avevano condotti lì. Una sorta di creta che chiunque avrebbe potuto plasmare e dirigere. Una descrizione a mio avviso inconsapevolmente intrisa di orgoglio intellettuale e del mai sopito sogno di poter governare o alimentarsi delle jacquerie. Alcuni ne hanno assunto il mero contenuto antisistema, nella vecchia convinzione che il nemico del tuo nemico è un tuo amico. Una mostruosità ideologica che abbiamo visto annegare nel sangue tra Baghdad e Kabul ma sinora non ci aveva toccato da vicino.\r\n\r\nBisogna guardare in faccia la realtà. Una realtà che certo non ci piace, ma il mero desiderio di vederla diversa non si concreta, se non la si sa vedere per quello che è. I protagonisti di questi giorni di blocchi e serrate sono i figli del deserto sociale degli ultimi trent'anni. Gente che credeva di avere ancoraggi e certezze e oggi si trova sospesa sul nulla. \r\nL’analisi della composizione di classe di questo movimento, della sua natura popolare, periferica,perché avvertivamo forte la necessità di capire ed intervenire per poter fermare l’onda lunga di destra che ha messo a loro disposizione un lessico comune, una chiave di lettura ed un orizzonte progettuale.\r\n\r\nSiamo andati nelle piazze e nei bar ad ascoltare e capire il vento che stava cambiando, perché in periferia, tra i mercati e le strade attraversate dai cortei per l'ordine e la legalità, tra la gente che fatica a campare e non vede prospettive, ci siamo da anni. Da anni sappiamo che l'incapacità di parlare con gli italiani poveri, quelli che guardano con simpatia alla destra xenofoba e razzista, quelli che avevano qualcosa e ora hanno solo paura, avrebbe aperto la strada a chi predica il governo forte, la polizia ovunque, la nazione contro la globalizzazione, l'unione degli italiani, sfruttati e sfruttatori contro il grande complotto internazionale delle banche. Oggi lo chiamano signoraggio: non puntano il dito sugli ebrei ma la melodia della canzone è la stessa dagli anni Trenta del secolo scorso. Gli stranieri di seconda generazione che sventolavano il tricolore con i loro colleghi del mercato, sebbene in realtà pochini rispetto la realtà dei banchi, non ci stupiscono: li abbiamo visti inveire contro altri stranieri, ultimi arrivati che “delinquono”. Molti di loro assumono giovani connazionali poveri e li sfruttano senza pietà così come gli italiani doc. Il gioco del capitalismo piace ad ogni latitudine.\r\n\r\nI protagonisti di questi tre/quattro giorni di blocchi e iniziative sono ceti impoveriti e rancorosi: l’Italia delle clientele prima democristiane e socialiste, poi forza italiote, oggi piegata dalla crisi, dalla pressione fiscale, dall’indebolirsi della compagine berlusconiana e della Lega, partiti politici di riferimento per oltre vent’anni.\r\n\r\nIl loro programma – esplicitamente delineato nei volantini tricolori distribuiti in ogni dove – è chiaro: far cadere il governo, sostituirlo con un esecutivo forte e onesto, capace di traghettare l’Italia fuori dall’euro, fuori dall’Europa delle banche, garantendo significative misure protezioniste.\r\nIl tutto all’insegna di una deriva identitaria di segno nazionalista dove la nazione è descritta e vissuta come un corpo sano attaccato da agenti esterni che si ricompone intorno all’alleanza interclassista dei produttori.\r\nQuesto è un programma di destra. Di destra radicale.\r\n\r\nNon sappiamo se l’episodio dei caschi tolti davanti all’agenzia delle entrate di Torino, o l’abbraccio tra un manifestante e un poliziotto a Milano siano solo foto strappate alle realtà, ma resta il fatto che la volontà di fraternizzare con la polizia ha attraversato le varie piazze d’Italia. A Pistoia gli studenti gridavano “celerino, sei uno di noi!”. La retorica dei lavoratori della polizia, sfruttati e vittime di una classe politica corrotta e parassitaria, è tipica della destra di ogni tempo.\r\n\r\nÈ ingeneroso sostenere che la gente “comune” che ha partecipato alle serrate dei negozi ed ai blocchi del traffico non capisse la portata simbolica e reale di un movimento esplicitamente eversivo dell’ordine esistente. In ambito istituzionale chi ha cercato un’interlocuzione si è dovuto arrendere, perché non c’era spazio di mediazione. Oggi forse alcuni del “coordinamento 9 dicembre” pare siano disposti a sedersi ad un tavolo con il governo, ma nella settimana della serrata e dei blocchi non c'è stato, né avrebbe potuto esserci, spazio per il dialogo. Chi è sceso in piazza lo ha fatto perché convinto di fare la rivoluzione: lo dimostrano gli slogan, gli striscioni, i racconti che vengono diffusi.\r\n\r\nIn questo “tutti a casa” c'è chi ha sentito l'eco delle lotte argentine, chi vi ha letto una volontà di rottura dell'istituito che avrebbe potuto aprire delle possibilità.\r\n\r\nSappiamo bene quanta forza abbiano i momenti di rottura, la scelta di uscire di casa, di spezzare l’ordine che ci piega alla quotidianità scandita dai ritmi di una vita regolata altrove, tuttavia in quelle piazze questa forza si è alimentata di simboli che portano lontano da una prospettiva di emancipazione sociale e di libertà.\r\nL’interruzione della quotidianità agita da chi normalmente affida il proprio futuro all'eterna ripetizione del proprio presente è un evento raro, talora foriero di una rottura radicale. Tuttavia la rottura di un ordine non prefigura necessariamente che la strada intrapresa sia quella giusta. \r\n\r\nNell’estrema sinistra c’è chi ha tentato da cavalcare l’onda nella speranza di mutarla di segno. Purtroppo questo tentativo, limitandosi quasi sempre alla spinta per la radicalizzazione delle pratiche di piazza, che tuttavia non ha né saputo né voluto farsi anche critica dei contenuti di estrema destra della protesta, non ha prodotto risultati significativi.\r\n\r\nL’ipotesi che chi era in piazza esprimesse una ribellione generica senza reale adesione ai contenuti proposti dal Coordinamento 9 dicembre si è rivelata una favola consolatoria. Mercoledì 11 in piazza Castello è bastato che il piccolo caudillo di turno decretasse il “tutti a casa” in attesa di una prossima “marcia su Roma” perché il movimento si sciogliesse, lasciandosi solo una coda di studenti in libera uscita il giorno successivo.\r\n\r\nVedere quello che non c’è è frutto di pregiudizio ideologico, quel pregiudizio ideologico che consiste nel formulare una tesi e cercare – a costo di deformarla – la conferma nella realtà. Il prezzo da pagare è una descrizione che cancella la soggettività esplicita di chi parla e agisce, nell’inseguimento di un’oggettività materiale che si suppone possa, se adeguatamente spinta in avanti, modificare di segno la protesta.\r\n\r\nArticolare un discorso capace di creare legami di classe, al di là delle diverse condizioni normative, fiscali, di reddito è in se difficile. La materialità stessa della condizione dei lavoratori autonomi, nelle sue diverse e distanti articolazioni, lascia poco spazio alla costruzione di percorsi comuni di solidarietà e lotta con gli altri settori popolari.\r\n\r\n Se poi l'immaginario che sostiene una lotta si articola fuori – e contro – l'orizzonte di classe, non si può far finta che la narrazione di chi agisce una lotta sia irrilevante.\r\n\r\nA Torino, a blocchi finiti, abbiamo sentito un giovane protagonista delle piazze arringare gli esponenti di un presidio di sindacalisti di base ed esponenti della sinistra post istituzionale, perché si unissero nel segno del tricolore, buttando a mare falce e martello, per salvare la nazione.\r\n\r\n Quel ragazzo ci pareva la perfetta incarnazione dello slogan di fondo che ha attraversato piazze, mercati, bar e faccia libro, quell'andare oltre la destra e la sinistra tipico della Nuova Destra, quella meno brutale, più raffinata ma non per questo meno pericolosa.\r\nQuando la nozione di “popolo” sostituisce quella di “classe” non siamo di fronte ad una mera trasposizione politica del tifo da calcio ma all'eterna riproposizione del mito della purezza organica della nazione come corpo sano, dove tutti fanno gerarchicamente la loro parte.\r\nChi a sinistra sottovaluta l'importanza dei simboli, chi azzarda paragoni con le rivoluzioni della primavera araba, dimentica che tra bandiere nazionali e religione, quelle primavere sono presto declinate verso l'autunno ed il più gelido degli inverni.\r\nChi frequenta i bar di periferia sa che sesso, calcio, soldi, pioggia sono gli argomenti di sempre, conditi di frizzi, lazzi, scoregge verbali e l'idea che “così va il mondo”. 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Nata con l’ambizione sin troppo evidente di contendere a Grillo le simpatie dei movimenti, costruendo un “soggetto politico nuovo”, Rivoluzione civile non ha saputo sviluppare un’ispirazione cittadinista in fondo estranea ai propri azionisti di maggioranza, riducendosi al cartello degli sfigati che si mettono insieme per fare il quorum.\r\nIngroia non ha recuperato i crediti persi da Rifonda, PdCI e Verdi (più l’impresentabile Di Pietro) dopo l’avventura di governo.\r\nLeggere la sconfitta di Ingroia nella mera chiave del “tradimento” sarebbe però riduttivo. Ingroia perde perché lo spazio simbolico e reale che tenta di occupare è ormai vuoto da tempo.\r\nLa materialità delle relazioni sociali è profondamente mutata. La violenza della divaricazione di classe si è fatta più netta, senza tuttavia innescare una stagione di scontro sociale. I partiti conservatori hanno messo in campo negli ultimi trent’anni un complesso meccanismo di scomposizione sociale i cui effetti sono stati forti sia nella concretezza della condizione lavorativa che nella sua rappresentazione simbolica.\r\nOggi il popolo delle partite IVA, dei precari, di chi lavora senza tutele né garanzie è sempre più vasto.\r\nLa solitudine è il segno distintivo dello sfruttamento nel secondo decennio del secolo.\r\nL’operaio Fiat, lo scaricatore di porto, il bracciante agricolo erano inscritti in un percorso collettivo, determinato dal comune spazio di lavoro - e lotta - e da un identico quadro normativo. Tutto questo oggi si declina in buona parte al passato.\r\nTra partite IVA e precari a vita si è modificata la costituzione materiale delle classi subalterne, demolendone al contempo i processi identitari.\r\nUn padroncino che fa trasporti per conto della Fiat, non pensa a se stesso allo stesso modo dell’addetto della logistica alle dipendenze dall’azienda. La sua condizione di vita è peggiore ma diversa.\r\nNon ha nessuna delle tutele dei dipendenti, ma nemmeno i vantaggi del piccolo imprenditore. Né carne né pesce si trova in un limbo dove la riproposizione della prospettiva welfarista classica gli appare di assoluta inattualità. Inattingibile e nel contempo estranea alla sua vita. Oberato dalle tasse, spesso senza né lavoro né reddito, vuole meno tasse e qualche copertura quando resta a terra.\r\nQuesti soggetti dispersi sono davvero al di là della destra e della sinistra, in un altrove che il populismo grillino è riuscito a catturare, mescolando istanze ultraliberiste con l’ultrastatalismo del reddito di cittadinanza.\r\nEstranei alle piazze fisiche si sono esercitati alla partecipazione nella piazza virtuale di internet. Sebbene Grillo abbia celebrato la propria apoteosi nel luogo simbolo dei grandi raduni della sinistra romana, le piazze grilline sono nel grande magma del web, dove ti colleghi dall’ufficio, dal bar dove fai pausa, dai giardinetti dove bivacchi in attesa di domani, dal letto prima di crollare addormentato. Se non hai tempo per un post fai un tweet ed esisti. Ci sei anche tu.\r\nTi riconosci nel faccione debordante, nell’urlo del comico, nel suo ghigno moralista, forcaiolo. Sei tu, quello è il tuo volto.\r\nForse la vittoria di Grillo è tutta qui, nella capacità di intercettare il malessere di soggetti sociali che debordano dal quadro novecentesco. L’affermazione/boutade sui sindacati non gli allontana simpatie, perché questi costosi patronati sono avvertiti, non a torto, come parte dell’odiatissima casta, dei privilegiati, dei politici e sindacalisti di professione.\r\nLa memoria della lotta di classe non è il tuo presente e nemmeno il futuro dei tuoi figli, già ipotecato da una classe politica che modella se stessa ai ritmi della transazioni finanziarie. Oggi, subito, domani non importa.\r\nLo spettacolo della politica e la politica spettacolo\r\nIl vincitore morale di questa partita elettorale non è tuttavia Grillo, ma Berlusconi.\r\nQuando si dimise, poco più di un anno fa, diversi editorialisti scrissero che era finita un’epoca, che il berlusconismo era morto. Un anno dopo il Cavaliere dei mille frizzi, lazzi, gag è risorto dalle sue ceneri, si è tenuto la Lombardia dei mille scandali, ha ingoiato la Puglia, rimasticato la Sicilia. L’Italia del cavaliere è più viva che mai.\r\nA tanti anni da tangentopoli, quando gli ingenui pensarono che le inchieste del pool di “mani pulite” avrebbero creato la via giudiziaria al rinnovamento morale, sappiamo che quelle inchieste furono lo strumento per esodare in fretta e furia un blocco politico che, caduto il muro di Berlino, aveva perso ogni ragion d’essere. Il Novecento era finito, i partiti novecenteschi, fatti di grandi apparati, di amici/compagni/camerati, di strutture pesanti e idee che plasmavano di se il mondo non servivano più. La nuova Italia era stata svezzata ed era pronta a fare il salto nell’era del just in time, delle televendite, della libertà fatta di tette/culi, della vita quotidiana sparata in TV, dei sogni confezionati da specialisti dell’immagine e consumati in un minuto.\r\nVolgare, grezzo, ma vitale, Berlusconi inaugurò un nuovo stile politico.\r\nIl corpo, negato, ingessato, smaterializzato, dimenticato fa irruzione nella scena politica mutandola di segno.\r\nNella concretezza dello scontro di classe l’era Berlusconiana porta a termine si lascia alle spalle la questione della mediazione politica tra le “parti sociali”.\r\nLa socialdemocrazia ha un costo che i padroni, se possono, evitano di pagare passando all’attacco.\r\nBerlusconi non ha regnato ininterrottamente, perché una legislatura e mezza se l’è fatta anche il centro-sinistra. Peccato che i più non si siano accorti della differenza, al di là dei circoli ristretti dove si spartiscono nomine e benefici.\r\nBerlusconi viene obbligato ad abdicare perché il mantenimento del blocco sociale che lo sostiene non consente la rapida attuazione di politiche di contenimento del debito pubblico, che oltre a colpire i salariati, stringano in una morsa anche la parte bassa del ceto medio. Berlusconi non poteva permettersi di reintrodurre la tassa sulla casa o di toccare ancora le pensioni. Monti, l’uomo delle banche, invece sì. Il Partito Democratico si accoda nella speranza di poter andare al governo, facendo fare ad altri il lavoro sporco.\r\nCosì si gioca una vittoria elettorale sicura.\r\nMario Monti ha provato a scavarsi un proprio ambito di potere per fungere da ago della bilancia, ma non c’è riuscito. In compenso ha ampiamente cannibalizzato UDC e Futuro e Libertà: Casini ne é uscito malconcio, Fini ne è uscito e basta.\r\nMonti, come Bersani, Ingroia e, in parte, anche Maroni, sono comunque irretiti dalla tela di ragno di una strategia di marketing politico che ha bisogno del corpo dei leader per poter incarnare i sogni e le favole che vende.\r\nServe una faccia, un corpo, che riempia di se la scena vuota di un’agire politico che si riproduce eguale da una legislatura all’altra.\r\nBersani perde perché la sua aria da apparatnik su fondo grigio ha sapore ingessato, anonimo, freddo, duro e insapore come la polenta della sera prima\r\nÈ il trionfo del berlusconismo, dello spettacolo che si fa politica.\r\nChi poteva interpretare meglio questa parte di un attore? Grillo è capace di riempire la scena saturandola di se, facendone un tutt’uno con se stesso. Il suo faccione deborda, il suo grido esplode in faccia a chi guarda.\r\nGrillo è come la minestra della nonna, sapore di autentico nel tempo dove la distanza tra il vero e il falso è nel marchio che ne decreta il prezzo.\r\nGuida spirituale, guru, caudillo, Grillo “ha sempre ragione”, come un padre amorevole che consiglia, incoraggia, sorregge, protegge i suoi figli. Finché obbediscono. Poi sono sberle, e, nei casi estremi, la cacciata dalla famiglia.\r\nGrillo è l’apoteosi della politica post ideologica: mette insieme illusione partecipativa e il dirigismo più esasperato, corteggia i movimenti localisti e fa dichiarazioni razziste, vuole moralizzare la politica, tagliando stipendi e privilegi, ma gioca il proprio ruolo di garante per decidere, senza confronto alcuno, la linea politica del “suo” movimento.\r\nIn campagna elettorale le piazze si sono riempite di spettatori, che andavano via appena prendevano la parola i candidati, meri fantocci all’ombra del conducator.\r\nOggi questi fantocci sono in parlamento, regalando a tanti l’illusione di esserci anche loro.","15 Marzo 2013","2019-01-31 12:44:10","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/03/elezioni_470x305-200x110.jpg","Il Grillo, il satiro e l’uomo in grigio",1363389931,[402,403,404,405,406],"http://radioblackout.org/tag/autonomia/","http://radioblackout.org/tag/elezioni/","http://radioblackout.org/tag/grillo/","http://radioblackout.org/tag/ingroia/","http://radioblackout.org/tag/m5s/",[288,286,280,282,276],{"post_content":409},{"matched_tokens":410,"snippet":411,"value":412},[77,119],"simbolica.\r\nOggi il popolo delle \u003Cmark>partite\u003C/mark> \u003Cmark>IVA\u003C/mark>, dei precari, di chi lavora senza tutele né","Il risultato emerso dalle urne è stato un vero terremoto elettorale, il primo dal lontano 1994, quando la discesa in campo di Berlusconi, sotto l’insegna politico-calcistica di Forza Italia, decretò la nascita della seconda Repubblica.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con Pietro Stara. 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Nata con l’ambizione sin troppo evidente di contendere a Grillo le simpatie dei movimenti, costruendo un “soggetto politico nuovo”, Rivoluzione civile non ha saputo sviluppare un’ispirazione cittadinista in fondo estranea ai propri azionisti di maggioranza, riducendosi al cartello degli sfigati che si mettono insieme per fare il quorum.\r\nIngroia non ha recuperato i crediti persi da Rifonda, PdCI e Verdi (più l’impresentabile Di Pietro) dopo l’avventura di governo.\r\nLeggere la sconfitta di Ingroia nella mera chiave del “tradimento” sarebbe però riduttivo. Ingroia perde perché lo spazio simbolico e reale che tenta di occupare è ormai vuoto da tempo.\r\nLa materialità delle relazioni sociali è profondamente mutata. La violenza della divaricazione di classe si è fatta più netta, senza tuttavia innescare una stagione di scontro sociale. I partiti conservatori hanno messo in campo negli ultimi trent’anni un complesso meccanismo di scomposizione sociale i cui effetti sono stati forti sia nella concretezza della condizione lavorativa che nella sua rappresentazione simbolica.\r\nOggi il popolo delle \u003Cmark>partite\u003C/mark> \u003Cmark>IVA\u003C/mark>, dei precari, di chi lavora senza tutele né garanzie è sempre più vasto.\r\nLa solitudine è il segno distintivo dello sfruttamento nel secondo decennio del secolo.\r\nL’operaio Fiat, lo scaricatore di porto, il bracciante agricolo erano inscritti in un percorso collettivo, determinato dal comune spazio di lavoro - e lotta - e da un identico quadro normativo. Tutto questo oggi si declina in buona parte al passato.\r\nTra \u003Cmark>partite\u003C/mark> \u003Cmark>IVA\u003C/mark> e precari a vita si è modificata la costituzione materiale delle classi subalterne, demolendone al contempo i processi identitari.\r\nUn padroncino che fa trasporti per conto della Fiat, non pensa a se stesso allo stesso modo dell’addetto della logistica alle dipendenze dall’azienda. La sua condizione di vita è peggiore ma diversa.\r\nNon ha nessuna delle tutele dei dipendenti, ma nemmeno i vantaggi del piccolo imprenditore. Né carne né pesce si trova in un limbo dove la riproposizione della prospettiva welfarista classica gli appare di assoluta inattualità. Inattingibile e nel contempo estranea alla sua vita. Oberato dalle tasse, spesso senza né lavoro né reddito, vuole meno tasse e qualche copertura quando resta a terra.\r\nQuesti soggetti dispersi sono davvero al di là della destra e della sinistra, in un altrove che il populismo grillino è riuscito a catturare, mescolando istanze ultraliberiste con l’ultrastatalismo del reddito di cittadinanza.\r\nEstranei alle piazze fisiche si sono esercitati alla partecipazione nella piazza virtuale di internet. Sebbene Grillo abbia celebrato la propria apoteosi nel luogo simbolo dei grandi raduni della sinistra romana, le piazze grilline sono nel grande magma del web, dove ti colleghi dall’ufficio, dal bar dove fai pausa, dai giardinetti dove bivacchi in attesa di domani, dal letto prima di crollare addormentato. Se non hai tempo per un post fai un tweet ed esisti. Ci sei anche tu.\r\nTi riconosci nel faccione debordante, nell’urlo del comico, nel suo ghigno moralista, forcaiolo. Sei tu, quello è il tuo volto.\r\nForse la vittoria di Grillo è tutta qui, nella capacità di intercettare il malessere di soggetti sociali che debordano dal quadro novecentesco. L’affermazione/boutade sui sindacati non gli allontana simpatie, perché questi costosi patronati sono avvertiti, non a torto, come parte dell’odiatissima casta, dei privilegiati, dei politici e sindacalisti di professione.\r\nLa memoria della lotta di classe non è il tuo presente e nemmeno il futuro dei tuoi figli, già ipotecato da una classe politica che modella se stessa ai ritmi della transazioni finanziarie. Oggi, subito, domani non importa.\r\nLo spettacolo della politica e la politica spettacolo\r\nIl vincitore morale di questa partita elettorale non è tuttavia Grillo, ma Berlusconi.\r\nQuando si dimise, poco più di un anno fa, diversi editorialisti scrissero che era finita un’epoca, che il berlusconismo era morto. Un anno dopo il Cavaliere dei mille frizzi, lazzi, gag è risorto dalle sue ceneri, si è tenuto la Lombardia dei mille scandali, ha ingoiato la Puglia, rimasticato la Sicilia. L’Italia del cavaliere è più viva che mai.\r\nA tanti anni da tangentopoli, quando gli ingenui pensarono che le inchieste del pool di “mani pulite” avrebbero creato la via giudiziaria al rinnovamento morale, sappiamo che quelle inchieste furono lo strumento per esodare in fretta e furia un blocco politico che, caduto il muro di Berlino, aveva perso ogni ragion d’essere. Il Novecento era finito, i partiti novecenteschi, fatti di grandi apparati, di amici/compagni/camerati, di strutture pesanti e idee che plasmavano di se il mondo non servivano più. La nuova Italia era stata svezzata ed era pronta a fare il salto nell’era del just in time, delle televendite, della libertà fatta di tette/culi, della vita quotidiana sparata in TV, dei sogni confezionati da specialisti dell’immagine e consumati in un minuto.\r\nVolgare, grezzo, ma vitale, Berlusconi inaugurò un nuovo stile politico.\r\nIl corpo, negato, ingessato, smaterializzato, dimenticato fa irruzione nella scena politica mutandola di segno.\r\nNella concretezza dello scontro di classe l’era Berlusconiana porta a termine si lascia alle spalle la questione della mediazione politica tra le “parti sociali”.\r\nLa socialdemocrazia ha un costo che i padroni, se possono, evitano di pagare passando all’attacco.\r\nBerlusconi non ha regnato ininterrottamente, perché una legislatura e mezza se l’è fatta anche il centro-sinistra. Peccato che i più non si siano accorti della differenza, al di là dei circoli ristretti dove si spartiscono nomine e benefici.\r\nBerlusconi viene obbligato ad abdicare perché il mantenimento del blocco sociale che lo sostiene non consente la rapida attuazione di politiche di contenimento del debito pubblico, che oltre a colpire i salariati, stringano in una morsa anche la parte bassa del ceto medio. Berlusconi non poteva permettersi di reintrodurre la tassa sulla casa o di toccare ancora le pensioni. Monti, l’uomo delle banche, invece sì. Il Partito Democratico si accoda nella speranza di poter andare al governo, facendo fare ad altri il lavoro sporco.\r\nCosì si gioca una vittoria elettorale sicura.\r\nMario Monti ha provato a scavarsi un proprio ambito di potere per fungere da ago della bilancia, ma non c’è riuscito. In compenso ha ampiamente cannibalizzato UDC e Futuro e Libertà: Casini ne é uscito malconcio, Fini ne è uscito e basta.\r\nMonti, come Bersani, Ingroia e, in parte, anche Maroni, sono comunque irretiti dalla tela di ragno di una strategia di marketing politico che ha bisogno del corpo dei leader per poter incarnare i sogni e le favole che vende.\r\nServe una faccia, un corpo, che riempia di se la scena vuota di un’agire politico che si riproduce eguale da una legislatura all’altra.\r\nBersani perde perché la sua aria da apparatnik su fondo grigio ha sapore ingessato, anonimo, freddo, duro e insapore come la polenta della sera prima\r\nÈ il trionfo del berlusconismo, dello spettacolo che si fa politica.\r\nChi poteva interpretare meglio questa parte di un attore? Grillo è capace di riempire la scena saturandola di se, facendone un tutt’uno con se stesso. 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Poi sono sberle, e, nei casi estremi, la cacciata dalla famiglia.\r\nGrillo è l’apoteosi della politica post ideologica: mette insieme illusione partecipativa e il dirigismo più esasperato, corteggia i movimenti localisti e fa dichiarazioni razziste, vuole moralizzare la politica, tagliando stipendi e privilegi, ma gioca il proprio ruolo di garante per decidere, senza confronto alcuno, la linea politica del “suo” movimento.\r\nIn campagna elettorale le piazze si sono riempite di spettatori, che andavano via appena prendevano la parola i candidati, meri fantocci all’ombra del conducator.\r\nOggi questi fantocci sono in parlamento, regalando a tanti l’illusione di esserci anche loro.",[414],{"field":124,"matched_tokens":415,"snippet":411,"value":412},[77,119],{"best_field_score":128,"best_field_weight":129,"fields_matched":17,"num_tokens_dropped":47,"score":130,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":47},{"document":418,"highlight":431,"highlights":436,"text_match":439,"text_match_info":440},{"comment_count":47,"id":419,"is_sticky":47,"permalink":420,"podcastfilter":421,"post_author":422,"post_content":423,"post_date":424,"post_excerpt":53,"post_id":419,"post_modified":425,"post_thumbnail":426,"post_title":427,"post_type":304,"sort_by_date":428,"tag_links":429,"tags":430},"15013","http://radioblackout.org/podcast/la-guerra-del-ferro/",[],"fritturamista","Durantela puntata del 12/03/2013 abbiamo parlato della cosiddetta \"guerra del ferro\", una querelle che ha visto numerose famiglie Rom contrapporsi a Provincia e Regione.\r\nUn caso iniziato con la recente ondata di furti che ha colpito le ex Ferrovie dello stato: tonnellate di rame tranciate via da cavi, binari e guarnizioni, per essere rivendute a commercianti senza troppi scrupoli.\r\nPer contrastare il fenomeno, lo scorso 14 dicembre, la provincia di Torino ha inoltrato una circolare che vieta alle aziende di acquistare dagli ambulanti partite di ferro e rame superiori ai 40 chilogrammi una tantum.\r\nAmbulanti che, di fatto, sono quasi tutti di etnia Rom e Sinti; molti dei quali, con le nuove disposizioni - che li obbligano ad aprire una partita iva per vendere quantitativi superiori a 80 kg l'anno - si sono trovati senza lavoro.\r\nE' iniziata così un'ondata di proteste che ha investito gli assessori all'ambiente di Regione e Provincia, oltre al sindaco Fassino, duramente contestato nel quartiere di Falchera, durante la presentazione del piano città .\r\nAbbiamo ripercorso la vicvenda con Carla Osella, presidente dell'Associazione Italiana Zingari Oggi, con Antonio Storto (ospite in studio), giornalista di Redattore Sociale e con Ciccio, rappresentante dei ferraioli torinesi.\r\n\r\nBUON ASCOLTO!\r\n\r\nferro ciccio 4 pulita equalizzata\r\n\r\n ","16 Aprile 2013","2018-10-17 22:11:04","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/04/rottame_ferro_pesante473-200x110.jpg","LA GUERRA DEL FERRO",1366148692,[],[],{"post_content":432},{"matched_tokens":433,"snippet":434,"value":435},[77],"aziende di acquistare dagli ambulanti \u003Cmark>partite\u003C/mark> di ferro e rame superiori","Durantela puntata del 12/03/2013 abbiamo parlato della cosiddetta \"guerra del ferro\", una querelle che ha visto numerose famiglie Rom contrapporsi a Provincia e Regione.\r\nUn caso iniziato con la recente ondata di furti che ha colpito le ex Ferrovie dello stato: tonnellate di rame tranciate via da cavi, binari e guarnizioni, per essere rivendute a commercianti senza troppi scrupoli.\r\nPer contrastare il fenomeno, lo scorso 14 dicembre, la provincia di Torino ha inoltrato una circolare che vieta alle aziende di acquistare dagli ambulanti \u003Cmark>partite\u003C/mark> di ferro e rame superiori ai 40 chilogrammi una tantum.\r\nAmbulanti che, di fatto, sono quasi tutti di etnia Rom e Sinti; 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