","Turchia: attacco militare nel nord Iraq contro il PKK","post",1592566887,[57,58,59,60,61,62,63,64],"http://radioblackout.org/tag/blackout/","http://radioblackout.org/tag/curdi/","http://radioblackout.org/tag/hdp/","http://radioblackout.org/tag/info/","http://radioblackout.org/tag/kurdistan/","http://radioblackout.org/tag/news/","http://radioblackout.org/tag/pkk/","http://radioblackout.org/tag/turchia/",[66,67,68,14,69,12,70,18],"blackout","curdi","Hdp","Kurdistan","pkk",{"post_content":72},{"matched_tokens":73,"snippet":77,"value":78},[74,75,76],"Partito","unico","partito","dall'Hdp, \u003Cmark>Partito\u003C/mark> democratico dei Popoli, \u003Cmark>unico\u003C/mark> \u003Cmark>partito\u003C/mark> parlamentare ad esprimersi a riguardo.","Il 15 giugno è annunciata ufficialmente un'operazione militare turca in Iraq settentrionale per colpire 81 postazioni appartenenti al Pkk. Oltre a bombardamenti aerei, sono arrivati anche soldati per un intervento via terra. Ad oggi risultano colpite una decina di postazioni, secondo Ankara. Il Pkk invece dichiara che i primi bombardamenti sono avvenuti attorno ai campi profughi e non contro le proprie postazioni. Ieri il Pkk ha specificato che dopo 3 giorni di scontri si sono registrate 2 morti tra le loro fila e 10 tra i soldati turchi: l'operazione turca non sembra quindi aver registrato grandi successi per ora. La comunità kurda ha risposto con manifestazioni di piazza, anche se vietate dal governo turco, e oggi siamo al quarto giorno della marcia indetta dall'Hdp, \u003Cmark>Partito\u003C/mark> democratico dei Popoli, \u003Cmark>unico\u003C/mark> \u003Cmark>partito\u003C/mark> parlamentare ad esprimersi a riguardo. Ci sono stati anche altri cortei di solidarietà contro l'attacco militare. Per quanto riguarda la comunità internazionale, la Commissione Europea si è espressa contro l'operazione, e il parlamento iracheno per due volte ha mandato una comunicazione alla Turchia invitando a ritirare le truppe. Barzani, leader del \u003Cmark>partito\u003C/mark> kurdo iracheno, non si è espresso. Non è una novità che la Turchia entri nel nord dell'Iraq con la scusa di combattere il terrorismo per la sicurezza interna. Scontri e bombardamenti sono ancora in atto. Tutto questo avviene mentre la Turchia è impegnata anche in Libia e Siria: in tutti questi fronti, Ankara ha rapporti con gli Stati uniti, ed è probabile che in Iraq abbia agito con il benestare degli USA.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Murat Cinar, ascolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/06/turchia.mp3\"][/audio]",[80],{"field":81,"matched_tokens":82,"snippet":77,"value":78},"post_content",[74,75,76],1157451471441100800,{"best_field_score":85,"best_field_weight":86,"fields_matched":24,"num_tokens_dropped":44,"score":87,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":44},"2211897868288",14,"1157451471441100913",{"document":89,"highlight":110,"highlights":115,"text_match":83,"text_match_info":118},{"cat_link":90,"category":91,"comment_count":44,"id":92,"is_sticky":44,"permalink":93,"post_author":94,"post_content":95,"post_date":96,"post_excerpt":49,"post_id":92,"post_modified":97,"post_thumbnail":98,"post_thumbnail_html":99,"post_title":100,"post_type":54,"sort_by_date":101,"tag_links":102,"tags":106},[41],[43],"52931","http://radioblackout.org/2019/03/cosa-succede-in-algeria/","info2","In Algeria c’è una protesta su larghissima scala, per una volta non solo ad Algeri ma quasi in tutti i capoluoghi di provincia. Una protesta popolare, trasversale e pacifica per l’annullamento della candidatura del Presidente Abdelaziz Bouteflika al quinto mandato alla testa della Repubblica algerina.\r\nLa protesta lanciata via internet e social media da fonti sconosciute è sostenuta e co-organizzata sia da anonimi cittadini, sia da movimenti della società civile, sia da partiti e organizzazioni politiche. Ma sembra (se non sostenuta) almeno guardata favorevolmente da una buona parte del complesso sistema politico-economico-militare al potere in Algeria.\r\nNe abbiamo parlato con Karim Metref, insegnante, blogger di origine cabila, che da molti anni vive a Torino\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/2019-03-05-metref-algeria.mp3\"][/audio]\r\n\r\nDi seguito alcuni stralci di un articolo scritto da Karim\r\n\r\n“Perché adesso, dopo tutti questi anni di silenzio?\r\nIn realtà l’Algeria non è mai stata e mai sarà un paese “tranquillo”. Le proteste, le sommosse, le contestazioni anche violente del potere imposto e dei suoi rappresentanti regionali e locali fanno parte della vita quotidiana in Algeria. E questo sin dai primi anni dell’indipendenza, ottenuta, ricordiamo, nel 1962 dopo sette anni di una guerra terribile che ha portato via centinaia di migliaia di persone.\r\nLotte per i diritti economici, lotte per i diritti culturali delle popolazioni amazigh, lotte sindacali, per la casa, per un lavoro e reddito… La scena politica e sociale algerina è sempre stata una delle più calde del Sud del Mediterranneo.\r\n\r\nQuello che gli altri paesi dell’area sud del mediterraneo vivono nel 2011, l’Algeria lo vive già nel 1988. Il 5 ottobre 1988 il paese si solleva e mette fine al sistema del partito unico. “L’Ottobre 88” è seguito da una stagione straordinaria di libertà e pluralità culturale e politica. Ma il sogno finisce in un incubo che inizia con il colpo di stato che annulla le elezioni vinte al primo turno dal Fronte Islamico della Salvezza (FIS). Il paese versa in una terribile guerra civile che dura quasi 15 anni.\r\nNel 1998, arrivano i primi accordi per mettere fine al conflitto armato e con essi arriva Abdelaziz Bouteflika. E’ imposto sia agli islamisti che ai generali dell’esercito come garante degli accordi di pace che prevedono fine dei conflitti, nessuna inchiesta e nessun processo per i numerosi crimini contro l’umanità commessi dai due campi, in cambio del rientro delle multinazionali nello sfruttamento degli enormi giacimenti di petrolio e gas del paese.\r\n\r\nDopo questa intronizzazione un po’ forzata, l’uomo ha saputo manovrare molto bene. Non è stato una marionetta qualsiasi e ha giocato così bene che da outsider dei clan al potere, ha creato un suo clan fatto di familiari (fratello in primo piano), parenti, amici, complici di vita e di politica… Ed è riuscito a mettere in panchina tutti gli altri. Aiutato dall’aumento spettacolare dei prezzi del greggio negli anni del suo primo e secondo mandato è riuscito anche a eliminare ogni forma di opposizione giocando semplicemente con i petrodollari.\r\nCosì ha potuto mandare in pensione i potentissimi generali degli anni novanta e ha avuto la forza per cambiare la costituzione e fare invece di due, ben quattro mandati.\r\n\r\nIl problema è che nel 2013, poco prima di ripresentarsi per il quarto mandato, si è ammalato. Ha avuto un ictus che l’ha ridotto in uno stato di quasi totale incapacità, che negli anni nonostante le costosissime cure negli ospedali francesi e le cliniche svizzere, è andata peggiorando. Oggi non non è nemmeno più in grado di intendere né di volere.\r\n\r\nL’altro grande problema è la caduta libera del prezzo del petrolio. Con un ritmo di consumi calcolato su un petrolio a più di $ 110 al barile, e i prezzi crollati dopo le “Primavere arabe” a volte anche sotto i $ 30 e comunque non risalendo mai oltre $ 75 – 80 da anni, il paese non è al collasso perché non ha debiti importanti e aveva fino a poco importanti riserve di denaro. Ma l’economia algerina è ancora fortemente dipendente dalle esportazioni di idrocarburi e il potere di Bouteflika è anch’esso dipendente dalla redistribuzione della manna petroliera. Con il crollo delle entrate crollano anche gli equilibri politici costruiti negli anni dopo la guerra civile, con larghe concessioni salariali, sociali e un massivo programma di edilizia pubblica e importanti benefici garantiti ai signori della politica e della guerra.\r\n\r\nE’ chiaro che il paese ha bisogno di una svolta politica.\r\nMa nel clan presidenziale, detto « Clan di Nedroma », dal nome della piccola cittadina sul confine ovest del paese dal quale è originario il presidente e la maggioranza dei baroni del potere attuale (ministri, governatori di province, ex-capo della polizia, personaggi chiave del ministero dell’energia…) non c’è nessuno che ha lo stesso calibro politico. Nemmeno il fratello Said: nessuno. Tutti semplici parassiti politici che vivono fin che vive lui. Se cade cadono tutti e rischiano anche di farsi male. Perché hanno veramente saccheggiato il paese: più vedono avvicinarsi la loro fine e più diventano voraci. E più l’opinione pubblica e i clan rivali si caricano di rabbia e rancori nei loro confronti.\r\nMa nell’illusione di mantenersi ancora al potere all’ombra di una quercia ormai crollata, hanno osato candidare un Bouteflika moribondo a un 5° mandato. Andando a fare campagna elettorale con il suo ritratto ufficiale. Come fosse una icona bizantina. L’hanno fatto nonostante petizione, appelli e dichiarazioni sia da parte della società civile sia da parte di molti esponenti politici dentro e fuori dal sistema.\r\n\r\nE’ questo sentimento di rabbia di fronte a una situazione che mescola prepotenza e ridicolo che la gente ha cominciato a mobilitarsi via internet per poi uscire tutti insieme nelle piazze di quasi tutto il paese.\r\n\r\nChi è quella gente uscita per le strade?\r\nLa gente uscita per le strade di Algeri e delle province del paese il 22 febbraio e i giorni successivi è di tutte le età, tutte le estrazioni culturali, sociali ed economiche. Arabofoni, Amazigh, islamisti, laici, nazionalisti, modernisti… C’era di tutto. Gli appelli sono giunti da varie parti. Sui social media, sui siti dell’opposizione.\r\n\r\nAlcuni famosi attivisti, personaggi famosi dei media sociali, facebooker, youtuber, e alcune persone interessate a candidarsi alla carica suprema, hanno messo la loro faccia, pagine facebook, account twitter… Gruppi politici, associazioni, sindacati. Ognuno con le proprie idee, ma tutti raccolti intorno a uno slogan unico: No al 5° mandato. Bouteflika deve andare via!\r\nAlcuni lo accusano lui e il suo clan di tutti i mali di cui soffre il paese. Altri si accontentano di sottolineare il suo stato di salute e chiedono al suo entourage di liberarlo e di non tenere in ostaggio un uomo stanco e malato.\r\nMa l’attitudine «tranquilla» delle forze dell’ordine, ci sono stati arresti e qualche intervento in piazza ma niente in confronto con le manifestazioni degli ultimi 20 anni, e la copertura favorevole da parte di alcuni media privati, lasciano supporre una benevolenza di vari settori del sistema. Il potente capo dello Stato Maggiore, Il Generale-Maggiore Gaid Salah, si è espresso in sostegno di Bouteflika. Ma sembra solo una posizione per rassicurare sul fatto che ciò che succede non è la premessa per un colpo di stato.\r\n\r\nCosa vuole questa gente?\r\nCome successo nelle altre proteste della primavera araba, oltre il « dégage! » chiaro e netto rivolto al potente di turno, non ci sono proposte precise, nessun progetto di società comune. Nessun programma. Solo un comune e forte sentimento di misura colma. Barakat! Basta!\r\n\r\nCosa può succedere adesso?\r\nSe non si trova una via ragionevole, se l’entourage del presidente persevera nella sua follia, allora la strada è aperta per qualsiasi cosa: 5° mandato che verserà il paese in una profonda depressione, colpo di stato dei militari, inizio delle violenze in piazza con scenari che conosciamo e che abbiamo visto all’opera in altri paesi…”","5 Marzo 2019","2019-03-05 16:39:23","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/algeria-bouteflika-vuole-il-quinto-mandato-g6eb-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"205\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/algeria-bouteflika-vuole-il-quinto-mandato-g6eb-300x205.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/algeria-bouteflika-vuole-il-quinto-mandato-g6eb-300x205.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/algeria-bouteflika-vuole-il-quinto-mandato-g6eb-768x526.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/algeria-bouteflika-vuole-il-quinto-mandato-g6eb-1024x701.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/algeria-bouteflika-vuole-il-quinto-mandato-g6eb.jpg 1280w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Cosa succede in Algeria?",1551803803,[103,104,105],"http://radioblackout.org/tag/algeria/","http://radioblackout.org/tag/bouteflika/","http://radioblackout.org/tag/karim-metref/",[107,108,109],"Algeria","Bouteflika","karim metref",{"post_content":111},{"matched_tokens":112,"snippet":113,"value":114},[76,75],"mette fine al sistema del \u003Cmark>partito\u003C/mark> \u003Cmark>unico\u003C/mark>. “L’Ottobre 88” è seguito da","In Algeria c’è una protesta su larghissima scala, per una volta non solo ad Algeri ma quasi in tutti i capoluoghi di provincia. 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Il Front National è stato votato da oltre sei milioni di persone.\r\nSei milioni di persone che, secondo tanti analisti, hanno puntato sul Front National non solo per le posizioni sull'islam, l'immigrazione o l'accoglienza dei profughi, ma per ben più concreti spauracchi.\r\nCentrale è stata la propaganda che prometteva lavoro, pensioni, tutele, temi cari alla destra sociale, che, dopo anni di macelleria, dopo le leggi Macron, l'elisione di diritti, l'elevazione dell'età pensionabile, riesce a suonare una canzone diversa nel coro europeista e liberale dei socialisti e dei repubblicani.\r\n\r\nQuesta volta il fronte repubblicano se l'è cavata, giocando, ancora una volta, la carta della difesa dei valori dell'esagono, della barriera contro il fascismo.\r\n\r\nLa formazione di Marine Le Pen non è tuttavia il partito petenista di suo padre Jean Marie, si è data una ripulita e riesce ad attrarre quella parte dell'elettorato moderato, sedotto dalla retorica populista e sovranista, spaventato da un futuro senza reti di salvataggio. A cavallo tra la Lega di Matteo Salvini e le Cinque Stelle di Casaleggio e Grillo il Front National potrebbe ancora sfondare l'esile retorica antifascista di chi ha dichiarato lo stato di emergenza, sogna Guantanamo e militarizza la società. \r\n\r\nLa calma quasi piatta che caratterizza il panorama sociale francese rende credibile un'ulteriore ascesa del Front. Al di là del salvataggio emozionale che ha impedito a Le Pen di fare man bassa alle regionali, resta l'immagine grigia e feroce di un partito unico, che rischia di logorare la sola carta che sinora ha funzionato. Inseguire l'estrema destra sul suo terreno, imitandola, e insieme, far leva sull'antifascismo per incepparne l'ascesa.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Gianni Carrozza, già redattore di Collegamenti e di Lutte Sociale.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2015-12-15-carrozza-elezionifr","15 Dicembre 2015","2015-12-16 20:07:03","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/12/sarkozy-hollande_620x410-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"198\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/12/sarkozy-hollande_620x410-300x198.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/12/sarkozy-hollande_620x410-300x198.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/12/sarkozy-hollande_620x410.jpg 620w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Elezioni in Francia. 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Il Front National è stato votato da oltre sei milioni di persone.\r\nSei milioni di persone che, secondo tanti analisti, hanno puntato sul Front National non solo per le posizioni sull'islam, l'immigrazione o l'accoglienza dei profughi, ma per ben più concreti spauracchi.\r\nCentrale è stata la propaganda che prometteva lavoro, pensioni, tutele, temi cari alla destra sociale, che, dopo anni di macelleria, dopo le leggi Macron, l'elisione di diritti, l'elevazione dell'età pensionabile, riesce a suonare una canzone diversa nel coro europeista e liberale dei socialisti e dei repubblicani.\r\n\r\nQuesta volta il fronte repubblicano se l'è cavata, giocando, ancora una volta, la carta della difesa dei valori dell'esagono, della barriera contro il fascismo.\r\n\r\nLa formazione di Marine Le Pen non è tuttavia il \u003Cmark>partito\u003C/mark> petenista di suo padre Jean Marie, si è data una ripulita e riesce ad attrarre quella parte dell'elettorato moderato, sedotto dalla retorica populista e sovranista, spaventato da un futuro senza reti di salvataggio. A cavallo tra la Lega di Matteo Salvini e le Cinque Stelle di Casaleggio e Grillo il Front National potrebbe ancora sfondare l'esile retorica antifascista di chi ha dichiarato lo stato di emergenza, sogna Guantanamo e militarizza la società. \r\n\r\nLa calma quasi piatta che caratterizza il panorama sociale francese rende credibile un'ulteriore ascesa del Front. Al di là del salvataggio emozionale che ha impedito a Le Pen di fare man bassa alle regionali, resta l'immagine grigia e feroce di un \u003Cmark>partito\u003C/mark> \u003Cmark>unico\u003C/mark>, che rischia di logorare la sola carta che sinora ha funzionato. 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L'accusa? Aver cercato di rovesciare il sistema democratico del paese, costruendo prove false contro il presidente Erdogan e il suo partito, ed effettuando intercettazioni telefoniche illegali.\r\nNel mirino: giornalisti, sceneggiatori e produttori dei telefilm e alcuni poliziotti.\r\nCosi si nasconde dietro l'ultima operazione repressiva del governo turco?\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Murat Cinar, giornalista indipendente turco.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\nmurat cinar\r\n\r\nIl testo che segue è liberamente ispirato un suo articolo sull'operazione\r\n\r\nOrmai è palpabile il conflitto tra il governo, composto dal partito unico AKP (Partito della Giustizia e dello Sviluppo) e la fratellanza religiosa guidata dall’esiliato Fettullah Gülen. Dopo un rimpasto che ha portato alla sostituzione dei ministri della comunità di Gülen, all’interno dell’AKP c’è stata una scissione. Ad innescarla le operazioni anti corruzione che, a novembre e dicembre di quest'anno, hanno coinvolto quattro ministri ed varie persone vicine al Governo.\r\nIl Primo Ministro all’epoca dei fatti, Recep Tayyip Erdoğan, per aveva usato il concetto di “Stato parallelo” in riferimento alla comunità di Gülen. Secondo l’AKP e, soprattutto, secondo Erdoğan, da tempo, in Turchia, esisteva un sistema parallelo allo Stato legittimo e questo si era infiltrato nel sistema giuridico, nelle forze dell’ordine ed in una serie di enti pubblici. Da quel momento il vessillo della comunità di Gülen è stata la “lotta contro la corruzione per il bene della patria”, amplificato dai video messaggi pubblicati sul sito Herkul dalla Pennsylvania, ove tuttora risiede Gülen. Obiettivo dichiarato del Governo era la lotta contro un sistema oscuro che tenta di ottenere il potere in modo illegittimo ed illegale. Lo scontro con la comunità di Gülen è stato al centro della campagna elettorale che ha portato Recep Tayyip Erdoğan a diventare il Presidente della Repubblica.\r\nLo stesso Erdoğan aveva promesso che dopo le elezioni sarebbero state prese misure contro la comunità di Gülen.\r\n\r\nIl flirt tra due movimenti conservatori di destra è arrivato al capolinea.\r\nCirca una settimana fa, il misterioso account Twitter aperto a nome di Fuat Avni, forse Parlamentare dell’AKP vicinissimo alla comunità Gülen, aveva annunciato con chiarezza l’operazione che si sarebbe svolta di lì a poco. Avni aveva previsto l’arresto di circa 400 persone, di cui 150 giornalisti quasi tutti di media vicini alla comunità guidata dall’ex imam Gülen. Veniva così annunciata la resa dei conti tra Fettullah Gülen, fondatore, nel lontano 1965, della prima associazione per la lotta contro il comunismo ad Erzurum ed, Recep Tayyip Erdoğan, esponente di spicco della destra turca.\r\n\r\nIl 13 ed il 14 Dicembre sono state arrestate 31 persone. Tre quelle più note: Ekrem Dumanli, direttore generale del quotidiano nazionale Zaman, Hidayet Karaca, presidente del Canale Televisivo Samanyolu, e Tufan Erduger, ex presidente dell’ufficio per la lotta contro il terrorismo di Istanbul. L’arresto dei primi due servirebbe ad avallare la tesi del governo che sostiene che alcuni mezzi di comunicazione di massa siano stati utilizzati per sostenere il tentativo di rovesciare il sistema democratico del paese. L’ultimo nome è un colpo messo a segno contro il gruppo di persone che, sempre secondo la teoria complottista del governo, avrebbe sistematicamente procurato prove false e effettuato intercettazioni illegali per creare altre prove mendaci e permettere l’apertura di inchieste contro il Governo stesso. Le operazioni contro i poliziotti semplici e ufficiali, fino ad oggi, avevano già coinvolto, in meno di un anno, circa 2500 membri delle forze dell’ordine.\r\n\r\nLe reazioni delle due parti sono state immediate: con un video messaggio, Fettulah Gülen, dagli USA, ha espresso la propria solidarietà agli arrestati, incoraggiandoli con un: “evidentemente siete sulla pista giusta”. Dal canto suo, il Presidente della Repubblica Recep Tayyip Erdoğan, ha preferito usare parole al vetriolo: “Non troveremo mai un punto comune con chi minaccia la stabilità della Turchia! Queste operazioni fanno parte del nostro progetto per la Nuova Turchia. Spero che così anche i media abbandonino i lavori sporchi a cui si stanno dedicando. Tutti quelli che sono contrari all’indipendenza del Paese, prima o poi, perderanno. Questo popolo non si lascerà mai soggiogare da minacce e ricatti delle forze internazionali!”.\r\nNel mirino di Erdoğan è anche l’Unione Europea che, attraverso il Presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz, aveva definito preoccupanti le operazioni contro i giornalisti perpetrate dalla Turchia. La reazione di Erdoğan in merito a questa comunicazione è stata forte: “Non siamo preoccupati di quello che può pensare o dire l’UE. Non siamo preoccupati all’idea di essere o meno inclusi nell’UE. Per favore, tenete per voi i vostri consigli!”. Anche il nuovo Primo Ministro Ahmet Davutoğlu ha espresso la propria opinione in merito all’operazione: “Lo Stato ha il compito di prevenire. Sia prima delle elezioni sia durante i lavori per la risoluzione della questione curda qualcuno ha provato a provocare. Noi dobbiamo prendere le misure necessarie. Quelli che intercettano il Primo Ministro, il Presidente della Repubblica, il capo dei Servizi Segreti, quelli che bloccano i tir che portano gli aiuti in Siria non pensino che tutto ciò che hanno fatto e stanno facendo resterà senza risposta. Che sia oggi o domani presenteremo loro il conto da pagare a questo popolo ed alla storia. Noi non guardiamo con pregiudizio nessuno per l’attività che svolge. In questa operazione non sono state fermate le persone per via della loro professione di giornalisti, bensì per le altre attività in cui sono state coinvolte”.\r\n\r\nSenz’altro queste ultime parole di Davutoğlu ricordano fortemente le storiche dichiarazioni di Recep Tayyip Erdoğan e dei Parlamentari all’epoca in cui l’AKP avrebbe dovuto rispondere dell’accusa di limitare la libertà di stampa in Turchia, quando più di 60 giornalisti si trovavano in carcere a causa dei maxi processi Ergenekon, Balyoz, OdaTV e KCK, tra il 2008 ed il 2014. Oltre al governo, tra i sostenitori di questa tesi complottista figura anche Ekrem Dumanlı. Nel 2011, il direttore del quotidiano nazionale Zaman sostenne che le operazioni non avevano coinvolto i giornalisti per la loro attività professionale bensì per eventuali legami con le organizzazioni che volevano rovesciare il sistema democratico della Repubblica. Le battute sono le stesse, cambia solo il pulpito dal quale vengono pronunciate.\r\n\r\nTra le dichiarazioni del primo ministro Davutoğlu spicca il concetto di “prevenzione del delitto”. Non a caso, il 12 dicembre, grazie alla firma definitiva del Presidente della Repubblica, diventò legge il nuovo pacchetto sicurezza, fortemente sostenuto dal governo, che conferisce alla polizia il diritto di arrestare le persone legittimamente sospettate, al fine di prevenire il delitto prima che venga compiuto, sostituendo in questo modo il concetto di “fortemente sospettato”. Infatti, secondo le prime dichiarazioni di Ekrem Dumanlı, egli stesso era stato condotto in detenzione provvisoria perché ritenuto un sospettato legittimo.\r\n\r\nIl 15 Dicembre, diversi parlamentari dei partiti all’opposizione hanno espresso la propria contrarietà all’arresto dei giornalisti coinvolti nell’operazione. Ertugrul Kurkcu, del Partito Democratico dei Popoli (HDP), ha definito tutto ciò come un “colpo basso alla libertà di stampa”. Ha poi aggiunto: “Le operazioni in atto dimostrano che il conflitto tra il Governo e la comunità di Gülen continua. Si tratta di una lotta di potere tra parti che non hanno ragione. Tuttavia, nonostante le posizioni ostili che ha sempre assunto il quotidiano nazionale Zaman nei confronti dei maxi processi che hanno coinvolto, negli ultimi anni, diversi giornalisti, è necessario che vengano immediatamente rilasciati i giornalisti arrestati negli ultimi tre giorni”. Anche le organizzazioni dei giornalisti hanno espresso la propria contrarietà all’arresto dei colleghi.\r\n\r\nLo scontro di potere tra Gulen, protetto dagli Stati Uniti e Erdogan, fautore di un progetto di egemonia turca in chiave neo-ottomana, si spiega nel desiderio dell'islamico Erdogan di non avere briglie e lacci imposti da oltreoceano.\r\nNei fatti siamo di fronte ad uno scontro di potere molto duro, che finisce con l'infliggere un ulteriore colpo alle già esili libertà a tutele dei cittadini turchi.","18 Dicembre 2014","2015-01-08 12:35:07","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/12/erdogan-in-versione-imperatore-ottomano-615619_tn-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/12/erdogan-in-versione-imperatore-ottomano-615619_tn-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/12/erdogan-in-versione-imperatore-ottomano-615619_tn-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/12/erdogan-in-versione-imperatore-ottomano-615619_tn.jpg 310w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Turchia. 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Ad innescarla le operazioni anti corruzione che, a novembre e dicembre di quest'anno, hanno coinvolto quattro ministri ed varie persone vicine al Governo.\r\nIl Primo Ministro all’epoca dei fatti, Recep Tayyip Erdoğan, per aveva usato il concetto di “Stato parallelo” in riferimento alla comunità di Gülen. Secondo l’AKP e, soprattutto, secondo Erdoğan, da tempo, in Turchia, esisteva un sistema parallelo allo Stato legittimo e questo si era infiltrato nel sistema giuridico, nelle forze dell’ordine ed in una serie di enti pubblici. Da quel momento il vessillo della comunità di Gülen è stata la “lotta contro la corruzione per il bene della patria”, amplificato dai video messaggi pubblicati sul sito Herkul dalla Pennsylvania, ove tuttora risiede Gülen. Obiettivo dichiarato del Governo era la lotta contro un sistema oscuro che tenta di ottenere il potere in modo illegittimo ed illegale. 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Un risultato significativo ma al di sotto delle aspettative dei sostenitori.\r\nGrande assente di una campagna elettorale, che ha visto un'ampia diserzione del voto soprattutto tra i ceti meno abbienti, è stato il tema della fiscalità, significativo tema di mobilitazione in numerosi comuni di un'isola che sta pagando un prezzo molto alto alla crisi e alle misure di austerity.\r\nAscolta l'intervista con Martino, compagno cagliaritano\r\nmartino_sardegna","18 Febbraio 2014","2014-02-24 11:57:09","In Sardegna vince l'astensione",1392738493,[133,202,203],"http://radioblackout.org/tag/sardegna/","http://radioblackout.org/tag/sinistra/",[20,205,206],"sardegna","sinistra",{"post_content":208},{"matched_tokens":209,"snippet":210,"value":211},[74,75],"Regione, una flessione significativa del \u003Cmark>Partito\u003C/mark> Democratico (che perde il 2,5 %)... \u003Cmark>unico\u003C/mark> dato significativamente discorde e l'affermazione","Per quanto i quotidiani nominino il fatto di sghembo, come per rimuoverlo, il dato politico delle elezioni regionali sarde è l'altissima astensione degli abitanti dell'isola, salito al 48%, ben il 15% in più delle precedenti consultazioni.\r\nSe Il Manifesto e altri giornali della sinistra plaudono al vento contrario (e \"benefico\") che spira dall'isola dei quattro muori, uno sguardo più attento ci conferma invece elementi assolutamente concordanti col trend nazionale: l'aumento netto dell'astensionismo, la promozione di un renziano alla guida della coalizione che governerà la Regione, una flessione significativa del \u003Cmark>Partito\u003C/mark> Democratico (che perde il 2,5 %)... \u003Cmark>unico\u003C/mark> dato significativamente discorde e l'affermazione della coalizione che ha sostenuto la scrittrice di simpatie indipendentiste Michela Murgia, che ha raccolto un 10 %, senza avere però diritto ad alcuna poltrona. 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A Pisa si rilancia l'opposizione alla \"buona scuola\" lanciando la contestazione del 12 al ministro Giannini, mentre viene sanzionato il provveditorato e attaccato il modello Expo. Ad Alessandria cacciato il sindaco di NoviLigure (pro Terzo Valico) dal corteo, mentre a Modena centinaia di studenti contestano l'azienda pubblica dei trasporti.\r\n\r\n\r\nAnche a Firenze numerosi studenti e studentesse sono scese in piazza con un corteo che ha attraversato le strade centrali della città e ha visto una partecipazione ampia di diverse scuole.\r\n\r\n\r\n\r\nAscolta la diretta con Ada della Rete dei collettivi fiorentini\r\nada.firenze\r\n\r\n\r\nUna grande giornata di lotta quella di oggi quindi che ha visto come protagonisti gli studenti e i giovani disoccupati a dimostrazione di un autunno di lotta che si preannuncia determinato nei confronti delle riforme del governo Renzi.\r\n#IoNonCiSto!","10 Ottobre 2014","2014-11-03 22:44:36","#IoNonCiSto. 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In entrambi i casi l’orizzonte insuperabile della propria sovranità limitata ne delinea le scelte e gli orientamenti. Il quadro definito sia dagli organismi di governance sovranazionale sia dalla finanziarizzazione dell’economia che, ben espressa nella metafora del “pilota automatico”, opera secondo logiche non controllabili dai governi nazionali, non viene messo in discussione.\r\nNe consegue che i limiti dell’azione di governo rendono comunque impalpabile la distanza tra PD e PDL, fornendo le basi per una collaborazione non balneare.\r\nLa vera debolezza della compagine guidata da Enrico Letta è nell’immaginario. Gli elettori, specie quelli di sinistra, la cui identità in questi anni si è costruita più nell’opposizione al berlusconismo che in un chiaro modello di società, non possono che essere disorientati. I malumori sono tanti ed emergono in modo chiaro da più parti, tanto da scompigliare gli equilibri all’interno del PD.\r\nAll’indomani del Primo Maggio torinese, con il PD contestato lungo l’intero percorso e diviso al suo interno, il segretario Morgando si dimette perché il PD piemontese sarebbe stato trascurato nella divisione delle poltrone di governo. Nulla di meno opportuno persino per i meno scafati esperti di comunicazione politica.\r\nNei fatti il governo Letta ha un solo compito: gestire l’esistente in modo da garantire che gli italiani ingoino le misure imposte dalla governance europea per gestire una crisi che non è solo una crisi economica ma anche politica, nella quale le democrazie più fragili reggono sempre meno. Ecco dunque un modello unico, liberale in economia e autoritario sul piano politico.\r\nSullo sfondo la crisi dell’Occidente, che appare sempre meno contingente, ma segnala un processo di decadenza su scala planetaria di fronte all’affermarsi di un blocco di paesi emergenti molto forti aggressivi e capaci. L’India, la Cina, il Brasile, la Russia, il Sudafrica si stanno candidando ad un ruolo sempre più forte su scala planetaria, senza peraltro che in Occidente se ne abbia chiara consapevolezza.\r\nLetta, nel suo discorso di insediamento, ha posto l’accento su due temi, uno politico e l’altro economico come questioni cardine da affrontare nell’agenda di governo.\r\nLa disoccupazione, specie giovanile, e l’astensionismo crescente.\r\nLa possibilità di monetizzare il disagio sociale sono tuttavia minime, al di là di qualche pezza che il governo, se troverà le risorse, potrà mettere qua e là.\r\nIl modificarsi del capitalismo stesso rende difficile immaginare uno “sviluppo” che consenta la ripresa della produzione e, quindi, una maggiore occupazione. Il capitalismo classico ben si sposa con il lavoro, purché sia lavoro salariato, dipendente, asservito a basso costo. Diverso è il meccanismo che fa funzionare il capitale finanziario che non ha bisogno per crescere di merci da far girare. Il denaro è il punto di partenza e quello di arrivo. Sebbene questa prospettiva rischi di condurre ad una sorta di asfissia del sistema, tuttavia al momento, rende strutturale la disoccupazione. Salvo ovviamente che entrino in gioco altri attori interessati a cambiare le regole di un gioco truccato, tanto truccato da essere però irriformabile.\r\nQuesta situazione per paradosso ci conduce rapidamente alla prospettiva di uscita da ogni forma di capitalismo come unico orizzonte per miliardi di esseri umani.\r\nCome? 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Ma una volta stabilito il principio si offre subito dopo una scappatoia, la classica riorganizzazione aziendale nell'appalto potrà dimostrare e giustificare il ribasso complessivo dei costi e quindi alla fine determinare anche la riduzione del costo di manodopera che poi si tradurrà in tagli di ore contrattuali e di contributi previdenziali.\r\nDa un lato si stabilisce il principio guida secondo il quale i costi del lavoro nei cambi di appalti non dovrebbero essere soggetti a ribasso ma dall'altra ci si accorge che un intervento troppo invasivo del legislatore aprirebbe la strada a innumerevoli problemi e contraddizioni. Da qui scaturiscono varie interpretazioni della norma che probabilmente è stata scritta in modo tale da poter essere in parte raggirata in nome di una migliore ed efficiente organizzazione aziendale e da qui la possibilità che il concorrente attui e giustifichi il ribasso complessivo sulla offerta complessiva includendo quindi anche il costo della manodopera.\r\nFacciamo alcuni esempi nella consapevolezza di potere essere in parte smentiti da ulteriori interpretazioni.\r\nSe in un museo introduco delle app sarà possibile risparmiare sulle guida, basta scaricarsi dal proprio smartphone una applicazione per ricevere il supporto audio nella visita, se al posto delle biglietterie introduco una macchinetta per erogare i biglietti anche in questo caso potrò riorganizzare il servizio vantando efficienza ed innovazione.\r\nSe in una ditta di pulizie inserisco sui telefonini una app che permetta di individuare le tempistiche del servizio svolto quotidianamente al contempo potrò evitare di ricorrere a una figura aziendale predisposta al controllo dei servizi e al contempo svolgere una invasiva azione di controllo sulla forza lavoro.\r\nSono solo esempi pratici di come la tecnologia al servizio dei padroni possa sancire la sostituzione di personale riducendo al contempo il costo complessivo dell'appalto e della stessa manodopera.\r\nMa torniamo alle varie interpretazioni della norma, il primo ragionamento dovrebbe riguardare proprio l'intento del legislatore che sapendo quanto sia soggetto al ribasso il costo del lavoro negli appalti avrebbe dovuto prevedere un testo blindato e non interpretabile proprio per scongiurare tagli di ore e di personale e al contempo trovare un equo equilibrio tra tecnologia e lavoro vivo.\r\nSe invece si lascia spazio al concorrente di potere dimostrare che il ribasso dell'appalto derivi da una più efficiente organizzazione aziendale , la forza lavoro non sarà tutelata e complessivamente le stazioni appaltanti, pubbliche e private, ne ricaveranno costi minori.\r\nE' un po' quello che accade con il salario minimo, la sua introduzione viene osteggiata non solo dal Governo e dal Cnel ma anche da quello che andrebbe definito il partito unico e trasversale delle privatizzazioni. La Pa nel suo complesso vede la introduzione del salario minimo come una minaccia per i conti pubblici e per la tenuta stessa del sistema degli appalti pubblici.\r\nLa salvaguardia della efficienza dell’organizzazione aziendale secondo i dettami padronali potrebbe allora giustificare il ribasso finendo con includere nella riduzione di spesa anche i costi della manodopera.\r\nQuesta lettura secondo alcuni sarebbe invece in palese contrasto con la nozione dei costi fissi e invariabili rappresentanti dal costo della manodopera ma in questo caso anche un semplice cambio del contratto nazionale applicato nell'appalto sarebbe nefasto per determinare il costo del lavoro e in Italia non esiste una norma che vincoli l'appaltatore ad applicare un determinato CCNL. Accade in molte situazioni soprattutto se nella determinazione del costo della manodopera la stazione appaltante prende in esame un CCNL meno favorevole e alla fine a vincere la gara sarà una cooperativa e magari non una azienda. E ben conosciamo quanto basso sia il costo del lavoro in alcuni CCNL applicati dal mondo cooperativo.\r\nPoi ci sono anche altre considerazioni giuslavoriste, una tra tutte merita la nostra attenzione ove si pensa che eventuali limiti imposti al costo del lavoro negli appalti determinerebbero significative limitazioni della libertà imprenditoriali e della libera concorrenza in aperto contrasto con i dettami costituzionali.\r\nDiventa quindi determinante l'operato della stazione appaltante nel determinare i costi della manodopera e nella scrittura del bando salvo poi eventuali contestazioni con il ricorso al Tar.\r\nCi sembra del tutto evidente che una normativa poco chiara porti solo al ribasso del costo della manodopera e alla libertà dell'appaltatore di applicare i contratti a lui più favorevoli oltre a dotarsi di modelli organizzativi che potrà presentare come migliori ed efficienti rispetto a quelli adottati nel passato.\r\nAmmesso ma non concesso che la volontà del legislatore sia stata quella di prevedere una tutela rafforzata per i lavoratori, la riduzione del costo della manodopera è sempre in agguato specie se si applicano contratti previsti nella contrattazione collettiva. E qui subentrano altre considerazioni, la prima tra tutte quella di un sistema della rappresentanza e della contrattazione costruita su misura per giustificare i processi di privatizzazione e il crollo del costo del lavoro e delle retribuzioni\r\nLe scelte autonome sull’organizzazione aziendale potranno a loro volta contrarre il costo del lavoro riducendo salari già da fame negli appalti.\r\nDa una parte si dice di volere sottrarre i costi della manodopera al ribasso ma dall'altra si offrono tutte le vie di uscita necessarie per interpretare la norma a uso e consumo delle aziende e cooperative ma anche delle stazioni appaltanti che alla occorrenza beneficeranno del minor costo investendo il risparmio in altre opere utili magari in chiave elettorale.\r\nSignificativa ma non esaustiva la pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. V, 9 giugno 2023, n. 5665 che tuttavia arriva prima della riscrittura del codice degli appalti.\r\nE' significativo Il Pronunciamento del Consiglio di Stato intervenuto per non assoggettare al ribasso i costi della forza lavoro ma al contempo, soprattutto con la riscrittura delle norme, esistono troppe interpretazioni e scappatoie che lasciano campo libero a stazioni appaltanti, pubbliche e private, e agli aggiudicatari.\r\nAd esempio il concorrente potrà sempre dimostrare come la riorganizzazione aziendale rappresenti un miglioramento e da qui procedere con la contrazione del costo del lavoro presentando una offerta al ribasso tale da includere gli stessi costi di manodopera. In tale caso sarà sufficiente salvaguardare i cosiddetti trattamenti salari minimi anche se alla fine a perderci saranno sempre e solo le lavoratrici e i lavoratori degli appalti.\r\n\r\nBuon Ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/F_m_24_10_Federico-Blogger-Pisa-su-nuova-legge-appalti.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n ","27 Ottobre 2023","2023-10-27 10:46:16","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/391678374_714896684002126_3026103693787780650_n-200x110.jpg","frittura mista|radio fabbrica 24/10/2023",1698403576,[],[],{"post_content":363},{"matched_tokens":364,"snippet":365,"value":366},[76,75],"quello che andrebbe definito il \u003Cmark>partito\u003C/mark> \u003Cmark>unico\u003C/mark> e trasversale delle privatizzazioni. 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Si è appena concluso il G7 di Hiroshima, che pretende di rappresentare un Occidente compatto ma che più che altro appare totalmente isolato dal resto del mondo. Qualcuno addirittura parla di “disgelo” raccogliendo le dichiarazioni di Biden, che se è vero che modera gli accenti di guerra nell'Indo-Pacifico, ben più nettamente affila le armi della guerra commerciale, consegnando forse al Giappone una nuova centralità nell'ottica di sostituire Taiwan, troppo instabile, nella lunga e frammentata supply chain dei semiconduttori.\r\n\r\nE' giunta intanto la notizia ufficiale della caduta di Bakhmut, questa piccola città che è diventata via via il simbolo della resistenza e della possibilità ucraina di una controffensiva che è sempre più chiaro... non ci sarà! Almeno non nei termini di una vera riconquista. Il punto è chiaro, per quante tecnologie possiamo fornire all'Ucraina, e questa guerra è anche diventata un laboratorio irrinunciabile per tutte le potenze in campo, questa guerra continua a essere inevitabilmente novecentesca e cioè un fatto di proiettili e uomini sul campo. Si tratta solo di infliggere alla Russia un numero tale di perdite da far vacillare Putin. Nessuno crede alla vittoria ucraina ed è straordinario come la propaganda abbia sostituito le ragioni dalla guerra anche nella testa dei decisori politici. In ultima istanza gli Usa ci stanno anche mostrando che gli obiettivi delle guerre cambiano e con essa cambiano le tecnologie e che non sono solo le tecnologie russe a mostrarsi obsolete ma, forse, proprio i loro obiettivi.\r\n\r\nPer fare qualche ragionamento abbiamo raggiunto ai nostri microfoni Alberto Negri, storico giornalista e corrispondente di guerra.\r\n\r\nIn chiusura di puntata un nuovo episodio de Il Perno Originario.\r\n\r\nAscolta il podcast:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/la-fine-23-maggio.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nMATERIALI\r\n\r\nI generosi samaritani occidentali ai piedi di Zelensky\r\n\r\nChip, il G7 scommette sul Giappone per svincolarsi da Taiwan\r\n\r\n“Da esponente del ‘partito unico bellicista’ vi racconto la controffensiva che mi aspetto”. 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Le manifestazioni sono state represse brutalmente dalla polizia e da squadre di civili filogovernativi armati con un saldo di 20 morti ,arresti massicci ,vere ed proprie sparizioni di oppositori ,blocco dei collegamenti internet.Dietro il caso di Sonko c'è il grande disagio di una gioventu' senza prospettive,costretta ad emigrare rischiando la vita ,che vede la corruzione dilagante e l'arroganza del clan al potere e che reclama futuro e indipendenza dagli interessi delle multinzionali occidentali che hanno messo gli occhi sulle ingenti risorse energetiche scoperte recentemente off shore di fronte alle coste del Senegal.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/BASTIONI-080623-SENEGAL.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nAndiamo in Polonia dove con Alessandro Ajres professore di lingua e cultura polacca all'università di Torino ,parliamo delle imponenti manifestazioni antigovernative che si sono svolte in Polonia contro il progetto del governo del partito di estrema destra PIS di istituire una commissione contro l'influenza russa , che sembra evidentemente fatta ad hoc per colpire il leader dell'opposizione Donald Tusk.\r\n\r\nApprofondiamo anche il ruolo della Polonia nel contesto della guerra in Ucraina ,il disagio storico del paese stretto fra la potenza russa e tedesca ,la questione dei migranti al confine con la Bielorussia,l'ossessione antirussa e l'utilizzo strumentale dei simboli da parte del governo al fine di legittimarsi.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/AlessandroAjres_Polonia-di-guerra-e-di-piazza-1.mp3\"][/audio]","10 Giugno 2023","2023-06-10 11:18:48","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-2-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 08/06/2023-SENEGAL LA RIVOLTA DEI GIOVANI CONTRO LA DERIVA AUTORITARIA DI MACKY SALL-POLONIA LE PROTESTE PER LA COMMISSIONE CONTRO \"LE INFLUENZE RUSSE \" RIEMPIONO LE PIAZZE .",1686395928,[407],"http://radioblackout.org/tag/bastioni-di-orione/",[276],{"post_content":410},{"matched_tokens":411,"snippet":412,"value":413},[76,75],"per \"corruzione giovanile\", leader del \u003Cmark>partito\u003C/mark> Pastef e \u003Cmark>unico\u003C/mark> oppositore del presidente Macky Sall","Bastioni di Orione si fa raccontare da Mambaye che risiede a Dakar lo stato della situazione in Senegal, scosso dalle proteste in seguito alla condanna di Ousmane Sonko per \"corruzione giovanile\", leader del \u003Cmark>partito\u003C/mark> Pastef e \u003Cmark>unico\u003C/mark> oppositore del presidente Macky Sall che forzando il mandato costituzionale si vuole presentare per la terza volta alle elezioni presidenziali. 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Se le volte precedenti i teatri di guerra in cui stava operando ci avevano permesso di descrivere il quadro attorno a Zaporižžja, stavolta si trovava in Iran mentre si andavano svolgendo le operazioni belliche della guerra battezzata da Trump dei 12 giorni, impegnato proprio con quelle centrali oggetto del contendere nel pretesto sionista per l'aggressione di Netanyahu e nella dimostrazione di muscoli machisti di Trump. Ci ha potuto quindi restituire un quadro di prima mano sia della comunità civile iraniana, sia delle figure di scienziati che a dispetto di ogni convenzione diplomatica e facendo strame del diritto internazionale sono stati decimati; ma contemporaneamente ha potuto con precisione descrivere e dirimere la questione più strettamente tecnologica. Così facendo ci ha confermato nell'idea che avevamo già avanzato la scorsa settimana con Laura Silvia Battaglia, ipotizzando che si tratti semplicemente di un sanguinario teatrino dell'orrore messo in piedi dai vertici del potere internazionale per far accettare la trasformazione del Sudovest asiatico secondo i piani di Tel Aviv.\r\nSiamo anche tornati a Panama, questa volta con David Lifodi, redattore de \"La Bottega del Barbieri\". Abbiamo di nuovo rivolto la prua verso il Canale, perché ci sembrava che la quantità di motivi di scontro e la serie di interessi planetari che passano da quella via di comunicazione che va prosciugandosi sia tale che vede tutte le grandi potenze impegnate: la Cina lascia il controllo dei porti, Trump pretende di annettersi il paese che tanto ha lottato per l'indipendenza, un presidente traditore che svende il paese agli americani, che dispiegheranno truppe di nuovo lungo il Canale, e alla Chiquita, che impone licenziamenti e dimezzamenti salariali e pensionistici (i lavoratori andrebbero in pensione con il 30% del loro stipendio – ora sarebbe con il 60%). I tumulti in piazza sono scoppiati, la repressione è stata feroce.\r\nE sulla scorta di questa ondata di lotte di piazza mesoamericane abbiamo sentito l'impulso di sentire ancora una volta Tatjana Djordjevic per documentare la svolta del Movimento serbo contro Vucic: stavolta la posizione si è più politicizzata e chiede dimissioni, si contrappone al rifiuto di rispondere dell'apparato di potere, forse perdendo l'anima movimentista, fresca e irridente, probabilmente per l'infiltrazione di elementi organizzati.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nPiergiorgio Pescali, ingegnere nucleare che svolge i controlli per conto dell’Aiea, durante la guerra dei 12 giorni svolgeva il suo compito a Teheran e ci ha restituito alcune impressioni sulla società iraniana coinvolta nel conflitto, reazioni e speranze scaturite dalla situazione, ma soprattutto ci ha fatto il quadro preciso dello stato dell’arte tecnologico da esperto che ha conosciuto buona parte degli scienziati uccisi dall’Idf, colleghi preparati e che hanno sempre ribadito l’intento non militare del loro lavoro. Pescali non nasconde che i risultati dell’attività delle centrali iraniane esulassero dagli accordi sull’arricchimento dell’uranio – ma comunque i persiani non hanno accesso al plutonio, indispensabile per dotarsi di una bomba che possa fare da deterrente – e che l’Aiea dovesse riferire, sicuramente il pericolo non legittimava la reazione assassina del governo di Netanyahu: eliminare gli scienziati e decapitare i comandi militari indebolisce la società iraniana ma la lascia in balia del regime confessionale non più in grado di contrastare le mire sioniste, ma ancora più feroce nel controllo interno.\r\nPeraltro, se si analizza la questione con gli occhiali dello scienziato informato di prima mano, il pericolo della dotazione nucleare iraniana sarebbe potenzialmente a tal punto risibile rispetto alla potenza nucleare israeliana che appare evidente che sia stato tutto un teatrino pretestuoso il putiferio luttuoso combinato dai potenti, inscenato per rafforzare il singolo potere interno sulla pelle dei morti civili, anche di valenti scienziati, menti sottratte alla comunità. Infatti dopo quei 12 giorni di guerra non è cambiato nulla: l’Iran non ha stracciato la firma dal Trattato sulla non proliferazione nucleare (che Israele non ha mai preso in considerazione nella sua consueta impunità), gli Usa continuano nell’ambiguità del sostegno acritico a Israele e a contrastare l’espansione cinese, Tel Aviv insiste a sfruttare la superiorità bellica per rintuzzare la potenza della Mezzaluna sciita. Il resto è show-war innescato da pretesti conflittuali per rendere accettabile la trasformazione del Sudovest asiatico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/scene-di-guerra-spettacolari-per-ridisegnare-il-medio-oriente-raccontando-favole-nucleari--66873848\r\n\r\ni precedenti episodi relativi alla Repubblica islamica si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/07/OneWayNukeProliferation.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nSono due mesi che si assiste a proteste incessanti che coinvolgono diversi settori della società panamense , le proteste godono di un ampio sostegno popolare ed è per questo che il governo ha iniziato ad aumentare la repressione.\r\nLe mobilitazioni che si stanno svolgendo in varie parti del paese sono contro la riforma del sistema pensionistico, la riapertura della miniera Cobre Panamá, i bacini idrici multifunzionali del canale interoceanico e l'accordo di intesa firmato da Panama con gli Stati Uniti.\r\nIl governo intende decapitare il movimento, criminalizzando e perseguendo penalmente i principali dirigenti sindacali e minacciando gli scioperanti . La verità è che ci troviamo di fronte a una dittatura in abiti civili, che gode del sostegno degli Stati Uniti e risponde al malcontento sociale con la repressione indiscriminata.\r\nNonostante lo stato d’assedio, la crescita delle proteste nella cosiddetta zona bananera, dove l’impresa Chiquita Panamá ha licenziato più di cinquemila lavoratori , ha incrementato la rivolta sociale contro il presidente Mulino, giunto al potere nel 2024 grazie al sostegno della borghesia panamense e del grande capitale e che era riuscito a guadagnarsi l’appoggio popolare intercettando l’elettorato ultraconservatore deluso dal neoliberista Martinelli, alla guida del paese tra il 2009 e il 2014 prima di essere travolto da una serie di scandali legati alla corruzione.\r\nIn un paese di poco più di 4 milioni di abitanti i primi a scendere in lotta, il 23 aprile scorso, sono stati i docenti. Successivamente, a far sentire la propria voce, sono stati lavoratori delle bananeras, i sindacati, a partire dal Suntracs (Sindicato Único Nacional de Trabajadores de la Construcción y Similares) e gli studenti, tutti riuniti sotto le insegne del collettivo Alianza Pueblo Unido por la Vida che, fin dall’inizio, ha definito quella di Mulino come un’”offensiva neoconservatrice e neocolonialista”.\r\n\r\nNe parliamo con David Lifodi attento osservatore della realtà latinoamericana.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/panama-s-incrociano-le-rivendicazioni-popolari-mentre-e-in-corso-la-contesa-per-il-controllo-del-canale--66875972\r\n\r\nQui trovate la serie dedicata al mondo latinoamericano\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/07/BASTIONI-03072025-PANAMA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nQuando ormai sembrava che le proteste stessero per sgonfiarsi e che neanche gli studenti avessero più la forza, a Belgrado si è svolta una grande manifestazione, segnando un altro punto di svolta nella mobilitazione di studenti e cittadini che si protrae ormai da mesi.\r\nTuttavia, sabato 28 giugno è diventato chiaro che la situazione è molto più complessa.\r\nNella storia della Serbia, questa data ha un significato importante, quasi mitico. La battaglia di Kosovo Polje si svolse il 28 giugno 1389, a Vidovdan (il giorno di San Vito) secondo il calendario gregoriano. A 636 anni di distanza, ancora si discute e ci si scontra sul significato di questo evento.\r\nPer la maggior parte dei cittadini serbi, questa è una delle date più significative della storia, il giorno in cui l’esercito serbo si oppose a quello ottomano, di gran lunga superiore, combatté eroicamente e, pur uscendo sconfitto, “salvò l'Europa”.\r\nPer altri – che restano in minoranza – Vidovdan è una ricorrenza da commemorare, ma non da celebrare, avendo spinto la Serbia in uno stato di prigionia e decadenza secolare. Per la destra, Vidovdan è un giorno sacro, per la sinistra una fonte di preoccupazione per le possibili recrudescenze nazionaliste e scioviniste.\r\nNegli ultimi trent’anni, Vidovdan ha assunto particolare rilevanza. A riportarlo in auge fu Slobodan Milošević.\r\nIl Kosovo è ancora uno dei punti nevralgici della società serba, tant’è che la stragrande maggioranza dei cittadini serbi continua a percepire il Kosovo come parte integrante della Serbia e a basare su questa convinzione le proprie opinioni politiche.\r\nQuesto il contesto in cui gli studenti hanno organizzato la grande manifestazione a Vidovdan. Stando alle stime in Piazza Slavija, a Belgrado, si sono radunate centoquarantamila persone. Altre fonti parlano anche di duecentomila manifestanti.\r\nIl salto di qualità del movimento studentesco, nato in seguito al crollo della pensilina della stazione di Novi Sad avvenuto il 1 novembre del 2024 e in cui persero la vita 15 persone, è evidente nella capillare mobilitazione che sta coinvolgendo ampi strati della società serba .Le rivendicazioni sono la richiesta di elezioni politiche anticipate e smantellare il cosiddetto Ćaciland, bastione del Partito progressista serbo (SNS) in centro a Belgrado, allestito dagli “studenti che vogliono tornare in aula”, che da mesi ormai blocca il traffico nella capitale.\r\nL'ampiamento della base sociale delle proteste ha portato a galla i residui del nazionalismo serbo che si sono visti in piazza Slavija dove sono intervenute personalità dall'evidente pedigree nazionalista .L'intossicazione nazionalista e la scelta di confrontarsi sul piano elettorale con Vucic rischiano di far scivolare il movimento verso la normalizzazione ,mentre rimane molto forte la mobilitazione e l'indignazione popolare contro il sistema di Vucic.\r\n\r\nNe parliamo con Tatjana Djordjevic corrispondente dall'Italia di vari media .\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/serbia-ombre-nazionaliste-sulla-protesta-degli-studenti-contro-vucic--66876127\r\n\r\nI precedenti interventi relativi al Movimento serbo e anche alle altre realtà balcaniche potete ascoltare si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/07/BASTIONI-03072025-SERBIA.mp3\"][/audio]","6 Luglio 2025","2025-07-07 09:27:35","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 03/07/2025 - LA FAVOLA DEL NUCLEARE IRANIANO È RACCONTATA DA SPECCHI SIONISTI DEFORMANTI E CRIMINALI. 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Infatti dopo quei 12 giorni di guerra non è cambiato nulla: l’Iran non ha stracciato la firma dal Trattato sulla non proliferazione nucleare (che Israele non ha mai preso in considerazione nella sua consueta impunità), gli Usa continuano nell’ambiguità del sostegno acritico a Israele e a contrastare l’espansione cinese, Tel Aviv insiste a sfruttare la superiorità bellica per rintuzzare la potenza della Mezzaluna sciita. 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Successivamente, a far sentire la propria voce, sono stati lavoratori delle bananeras, i sindacati, a partire dal Suntracs (Sindicato \u003Cmark>Único\u003C/mark> Nacional de Trabajadores de la Construcción y Similares) e gli studenti, tutti riuniti sotto le insegne del collettivo Alianza Pueblo Unido por la Vida che, fin dall’inizio, ha definito quella di Mulino come un’”offensiva neoconservatrice e neocolonialista”.\r\n\r\nNe parliamo con David Lifodi attento osservatore della realtà latinoamericana.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/panama-s-incrociano-le-rivendicazioni-popolari-mentre-e-in-corso-la-contesa-per-il-controllo-del-canale--66875972\r\n\r\nQui trovate la serie dedicata al mondo latinoamericano\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/07/BASTIONI-03072025-PANAMA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nQuando ormai sembrava che le proteste stessero per sgonfiarsi e che neanche gli studenti avessero più la forza, a Belgrado si è svolta una grande manifestazione, segnando un altro punto di svolta nella mobilitazione di studenti e cittadini che si protrae ormai da mesi.\r\nTuttavia, sabato 28 giugno è diventato chiaro che la situazione è molto più complessa.\r\nNella storia della Serbia, questa data ha un significato importante, quasi mitico. La battaglia di Kosovo Polje si svolse il 28 giugno 1389, a Vidovdan (il giorno di San Vito) secondo il calendario gregoriano. A 636 anni di distanza, ancora si discute e ci si scontra sul significato di questo evento.\r\nPer la maggior parte dei cittadini serbi, questa è una delle date più significative della storia, il giorno in cui l’esercito serbo si oppose a quello ottomano, di gran lunga superiore, combatté eroicamente e, pur uscendo sconfitto, “salvò l'Europa”.\r\nPer altri – che restano in minoranza – Vidovdan è una ricorrenza da commemorare, ma non da celebrare, avendo spinto la Serbia in uno stato di prigionia e decadenza secolare. Per la destra, Vidovdan è un giorno sacro, per la sinistra una fonte di preoccupazione per le possibili recrudescenze nazionaliste e scioviniste.\r\nNegli ultimi trent’anni, Vidovdan ha assunto particolare rilevanza. A riportarlo in auge fu Slobodan Milošević.\r\nIl Kosovo è ancora uno dei punti nevralgici della società serba, tant’è che la stragrande maggioranza dei cittadini serbi continua a percepire il Kosovo come parte integrante della Serbia e a basare su questa convinzione le proprie opinioni politiche.\r\nQuesto il contesto in cui gli studenti hanno organizzato la grande manifestazione a Vidovdan. Stando alle stime in Piazza Slavija, a Belgrado, si sono radunate centoquarantamila persone. Altre fonti parlano anche di duecentomila manifestanti.\r\nIl salto di qualità del movimento studentesco, nato in seguito al crollo della pensilina della stazione di Novi Sad avvenuto il 1 novembre del 2024 e in cui persero la vita 15 persone, è evidente nella capillare mobilitazione che sta coinvolgendo ampi strati della società serba .Le rivendicazioni sono la richiesta di elezioni politiche anticipate e smantellare il cosiddetto Ćaciland, bastione del \u003Cmark>Partito\u003C/mark> progressista serbo (SNS) in centro a Belgrado, allestito dagli “studenti che vogliono tornare in aula”, che da mesi ormai blocca il traffico nella capitale.\r\nL'ampiamento della base sociale delle proteste ha portato a galla i residui del nazionalismo serbo che si sono visti in piazza Slavija dove sono intervenute personalità dall'evidente pedigree nazionalista .L'intossicazione nazionalista e la scelta di confrontarsi sul piano elettorale con Vucic rischiano di far scivolare il movimento verso la normalizzazione ,mentre rimane molto forte la mobilitazione e l'indignazione popolare contro il sistema di Vucic.\r\n\r\nNe parliamo con Tatjana Djordjevic corrispondente dall'Italia di vari media .\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/serbia-ombre-nazionaliste-sulla-protesta-degli-studenti-contro-vucic--66876127\r\n\r\nI precedenti interventi relativi al Movimento serbo e anche alle altre realtà balcaniche potete ascoltare si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/07/BASTIONI-03072025-SERBIA.mp3\"][/audio]",[442],{"field":81,"matched_tokens":443,"snippet":439,"value":440},[438],1155199671761633300,{"best_field_score":446,"best_field_weight":86,"fields_matched":24,"num_tokens_dropped":44,"score":447,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":44},"1112386306048","1155199671761633393",{"document":449,"highlight":462,"highlights":467,"text_match":444,"text_match_info":470},{"comment_count":44,"id":450,"is_sticky":44,"permalink":451,"podcastfilter":452,"post_author":453,"post_content":454,"post_date":455,"post_excerpt":49,"post_id":450,"post_modified":456,"post_thumbnail":457,"post_title":458,"post_type":308,"sort_by_date":459,"tag_links":460,"tags":461},"24724","http://radioblackout.org/podcast/il-piccolo-samurai/",[],"outsidermusic","Se Yoda avesse provato a suonare la tromba, sarebbe uscito un suono così. Toshinori Kondo, classe 1948, è un samurai. Ingegnere meccanico fuoriuscito prestissimo dalle equazioni è partito 40 anni fa per un viaggio di senza ritorno verso un altrove della musica. Obiettivo non dichiarato suonare come Miles Davis. Ma l'inizio del sogno fu travagliato: lo sconsigliarono, medici e amici perchè, dicevano, non aveva i fisico per fare il trombettista\r\nMai pronostico fu peggiore. Non solo Kondo riuscì grazie ai poteri della meditazione ad allungare a dismisura la sua potenza di respiro a discapito di una corporatura da esile giunco, ma diventò ben presto riferimento e addirittura feticcio per i più radicali e innovativi musicisti jazz delle ultime 4 decadi. Tanto raffinato quanto anticonformista ha posto asticelle via via più alte al suo cammino, fluttuando, anzichè spezzarsi. Dalle scorticature del freejazz fino ai campionamenti di oggidì, non è possibile vedere questa vicenda se non da un punto di vista squisitamente spirituale. Con una discografia sterminata più o meno come l'elenco telefonico di Tokio non si possono prendere pezzi a caso. Tutto Kondo in 3 mosse:\r\n\r\n1ma mossa: blow the heart\r\nKondo è esile. Non è facile se vuoi fare il trombettista free jazz. Nel 1972 lascia la natia Imabari e si trasferisce a Tokio. Mette a fuoco lo stile del Shintaido, rendendolo utile alla sua musica. Avrà modo di dire della sua tromba \"Quando un bambino nasce, urla allo stesso modo in qualunque parte venga al mondo. È questo che intendo per origine etnica. Ed io voglio ritrovare le mie origini attraverso la mia musica\". Ecco appunto, un uomo in missione. Assieme al batterista Toshiyuki Tsuchitori al sax di Mototeru Takagi ed al basso di Motoharu Yoshizawa fonda l'Evolution Ensemble Unit, suona in tutto il mondo con Derek Bailey, Kaoru Abe, Peter Brotzmann, Andrea Centazzo, Milford Graves, Eugene Chadbourne. Sono anni di protesta e di rottura. La musica si fa aspra, scontrosa. Sembra che Miles sia stato candeggiato e ischeletrito. Attraverso questi incontri occasionali dal valore storico decisivo, Kondo apprende e riprende le sue radici espandendole in uno stile unico, feroce e ribollente ma anche melodico e impalpabile, a tratti evanescente. Questa mossa di ying e yang darà nuovi e strani frutti nei decenni successivi. Considerate gli album di Kondo da 1974 al 1989 e ne avrete un'idea. Considerate ad esempio un live del 1979 con Derek Bayley e il troppo presto scomparso Kaoru Abe, chiamato Aida's Call.\r\n2a mossa: uscire vivi dagli 90.\r\nLa rivoluzione tecnologica in Giappone ha portato il digitale in ogni settore della vita moderna. Anche la musica è uscita di testa. Il mercato del boom economico richiede sempre maggiore easy listening per vendere prodotti di consumo delle reclame e contemporaneamente monta il suono di nuovi e scattanti giovani, più adusi ad un rhythm controller che alle campane lucenti degli ottoni. In una apparente spersonalizzazione dell'universo musicale che viene mesmerizzato attraverso le televisioni ed il videoclip, Kondo riesce ancora una volta a trovare il bandolo. Cresce letteralmente insieme ad artisti nuovi, capaci di fondere i generi dell'elettronica. Da Dj Krush ad Eraldo Bernocchi fino a Bill Laswell, quando è stato chiamato a firmare ha risposto egregiamente, rifondando alla fine un nuovo concetto di improvvisazione, basata su schemi e suoni emessi da macchine all'apparenza senz'anima. La musica qui composta la potremmo definire \"Breathing electronic jazz\". E ne vengono fuori prodotti ancora una volta nuovi, passepartout per aprire le porte di nuove conoscenze.\r\n3a mossa. oggi\r\nKondo oggi vive ad Amsterdam. Gli anni 2000, con il loro carico postmoderno di progresso e devastazione sono stati uno spartiacque nuovo nella vita del nostro. Che invece di impazzire si è dedicato ad una ricerca personalissima tra newage, ambientalismo e nu sound (ancora una volta). Ha suonato la sua tromba in solitario nel deserto del Negev, insieme ai monaci tibetani di Lhasa sull'Hymalaya, ad un crocicchio nel deserto dell'Arizona o in un tempio di Koku. Un nuovo passato è riemerso in questa storia, altro ennesimo segnale di rottura, come era stato con il free jazz nei lontani '70. E come in ogni parabola zen che si rispetti, il cerchio, simbolo di immortalità ed eterni ritorni, si chiude.\r\nPersonaggio dolce e disponibile non ha mai preso un grammo di spocchia da artista. Da sempre dipinge bellissimi acquerelli, ha recitato in molti film e collabora con i progetti del Dalai Lama. Troppo?\r\nLui risponderebbe con una frase del buddha \"L'attenzione è il sentiero conducente all'immortalità, la disattenzione è il sentiero della morte; gli attenti non muoiono, i disattenti sono già come morti\". vivi a lungo, toshinori!","20 Agosto 2014","2018-10-17 22:10:00","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/08/index-200x110.jpeg","Il piccolo samurai",1408538931,[],[],{"post_content":463},{"matched_tokens":464,"snippet":465,"value":466},[76],"fuoriuscito prestissimo dalle equazioni è \u003Cmark>partito\u003C/mark> 40 anni fa per un","Se Yoda avesse provato a suonare la tromba, sarebbe uscito un suono così. Toshinori Kondo, classe 1948, è un samurai. Ingegnere meccanico fuoriuscito prestissimo dalle equazioni è \u003Cmark>partito\u003C/mark> 40 anni fa per un viaggio di senza ritorno verso un altrove della musica. Obiettivo non dichiarato suonare come Miles Davis. 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Nel 1972 lascia la natia Imabari e si trasferisce a Tokio. Mette a fuoco lo stile del Shintaido, rendendolo utile alla sua musica. Avrà modo di dire della sua tromba \"Quando un bambino nasce, urla allo stesso modo in qualunque parte venga al mondo. È questo che intendo per origine etnica. Ed io voglio ritrovare le mie origini attraverso la mia musica\". Ecco appunto, un uomo in missione. Assieme al batterista Toshiyuki Tsuchitori al sax di Mototeru Takagi ed al basso di Motoharu Yoshizawa fonda l'Evolution Ensemble Unit, suona in tutto il mondo con Derek Bailey, Kaoru Abe, Peter Brotzmann, Andrea Centazzo, Milford Graves, Eugene Chadbourne. Sono anni di protesta e di rottura. La musica si fa aspra, scontrosa. Sembra che Miles sia stato candeggiato e ischeletrito. 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In una apparente spersonalizzazione dell'universo musicale che viene mesmerizzato attraverso le televisioni ed il videoclip, Kondo riesce ancora una volta a trovare il bandolo. Cresce letteralmente insieme ad artisti nuovi, capaci di fondere i generi dell'elettronica. Da Dj Krush ad Eraldo Bernocchi fino a Bill Laswell, quando è stato chiamato a firmare ha risposto egregiamente, rifondando alla fine un nuovo concetto di improvvisazione, basata su schemi e suoni emessi da macchine all'apparenza senz'anima. La musica qui composta la potremmo definire \"Breathing electronic jazz\". E ne vengono fuori prodotti ancora una volta nuovi, passepartout per aprire le porte di nuove conoscenze.\r\n3a mossa. oggi\r\nKondo oggi vive ad Amsterdam. Gli anni 2000, con il loro carico postmoderno di progresso e devastazione sono stati uno spartiacque nuovo nella vita del nostro. Che invece di impazzire si è dedicato ad una ricerca personalissima tra newage, ambientalismo e nu sound (ancora una volta). 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