","Otto marzo di lotta da Torino a Livorno","post",1583847293,[57,58,59,60,61,62],"http://radioblackout.org/tag/8-marzo/","http://radioblackout.org/tag/femminismo/","http://radioblackout.org/tag/livorno/","http://radioblackout.org/tag/nudm-livorno/","http://radioblackout.org/tag/torino/","http://radioblackout.org/tag/wild-c-a-t/",[64,65,66,16,67,14],"8 marzo","femminismo","livorno","torino",{"post_content":69},{"matched_tokens":70,"snippet":75,"value":76},[71,72,73,74],"pillola","del","giorno","dopo","cattolici, rifiuta di vendere la \u003Cmark>pillola\u003C/mark> \u003Cmark>del\u003C/mark> \u003Cmark>giorno\u003C/mark> \u003Cmark>dopo\u003C/mark>. Un’occasione per fare il punto","L’otto marzo ai tempi \u003Cmark>del\u003C/mark> Covid 19. Lo sciopero indetto per l’8 e il 9 marzo è stato cancellato dalla commissione di garanzia, che in applicazione alle direttive governative, ha imposto la revoca ai sindacati di base che lo avevano indetto, pena multe sia per i sindacati che per gli scioperanti. Il solo SLAI Cobas ha rifiutato di cancellare lo sciopero.\r\nIn diverse località sono state cancellate tutte le iniziative di lotta promosse per l’Otto e per il Nove, nonostante non vi siano stati divieti espliciti.\r\n\r\nC’è chi invece ha deciso, pur con le necessarie attenzioni, di rifiutare la quarantena politica imposta dallo Stato, uno Stato che ha massacrato la sanità, moltiplicato le spese militari, consentito esercitazioni militari statunitensi in tempo di epidemia, ma vuole tappare la bocca, criminalizzandola, ad ogni forma di opposizione sociale.\r\n\r\nA Torino, il collettivo anarcofemminista Wild Cat ha dato vita ad una settimana di informazione e lotta transfemminista che si è articolata in tre presidi e una manifestazione itinerante.\r\n\r\nAscolta la diretta con Maria di Wild C.A.T.:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/2020-03-wild-cat-8marzo.mp3\"][/audio]\r\n\r\nScarica l'audio\r\n\r\nA Livorno, Non una di meno, ha ricalibrato le iniziative previste, mantenendo tuttavia un presidio itinerante sul lungo mare, con focus sui ruoli di genere, la narrazione della violenza, il lavoro.\r\nLa statua \u003Cmark>del\u003C/mark> marinaio è stata detournata con spazzoloni, grembiuli, bambolotti, suscitando l’ira di un militare che ha chiamato la polizia. La manifestazione è proseguita per l’intera giornata, con numerose tappe sempre più partecipate.\r\n\r\nAscolta la diretta con Patrizia di Livorno:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/2020-03-10-patrizia-8marzo.mp3\"][/audio]\r\n\r\nScarica l'audio\r\n\r\nDi seguito la cronaca della settimana di lotta a Torino\r\n\r\nLunedì 2 marzo c’è stato un presidio alla farmacia Algostino e De Michelis di piazza Vittorio 10. Questa farmacia, gestita da integralisti cattolici, rifiuta di vendere la \u003Cmark>pillola\u003C/mark> \u003Cmark>del\u003C/mark> \u003Cmark>giorno\u003C/mark> \u003Cmark>dopo\u003C/mark>. Un’occasione per fare il punto sulle difficoltà crescenti per le donne che decidono di abortire.\r\nMassiccia la presenza poliziesca.\r\nDal volantino distribuito: “Qualcuno crede che la legge 194 che stabilisce le regole per l'IGV, l'interruzione volontaria di gravidanza, sia stata una grande conquista delle donne \u003Cmark>del\u003C/mark> nostro paese.\r\nNoi sappiamo invece che le leggi sono il precipitato normativo dei rapporti di forza all'interno di una società. La spinta \u003Cmark>del\u003C/mark> movimento femminista degli anni Settanta obbligò una coalizione di governo composta da laici e cattolici, in cui i cattolici erano la maggioranza, a depenalizzare l'aborto.\r\nLa rivolta delle donne, la disobbedienza esplicita di alcune di loro, la profonda trasformazione culturale in atto, spinsero alla promulgazione della 194. Fu, inevitabilmente, un compromesso. Per accedere all'IVG le donne sono obbligate a giustificare la propria scelta, a sottoporsi all'esame di psicologi e medici, a sottostare alle decisioni di genitori o giudici se minorenni. In compenso i medici possono dichiararsi obiettori e rifiutare di praticare le IVG.\r\nDa qualche anno \"volontari\" dei movimenti cattolici che negano la libertà di scelta alle donne, si sono infiltrati nei consultori e nei reparti ospedalieri, rendendo ancora più difficile accedere ad un servizio che in teoria dovrebbe essere garantito a tutte, come ogni altra forma di assistenza medica.\r\nLa legge 194, lungi dal garantire la libertà di scelta, la imbriglia e la mette sotto controllo. \u003Cmark>Dopo\u003C/mark> le ripetute sconfitte di referendum e iniziative legislative, la strategia di chi vorrebbe la restaurazione patriarcale, fa leva proprio sulle ambiguità di questa legge per rendere sempre più difficile l’aborto. In prima fila ci sono le organizzazioni cattoliche, che animano e sostengono i movimenti che arrivano a definirsi “pro vita”, e mirano a restaurare la gabbia familiare come nucleo etico di un’organizzazione sociale basata sulla gerarchia tra i sessi.\r\nNon solo. In questi anni le politiche dei governi che si sono succeduti hanno privilegiato il sostegno alla famiglia, a discapito degli individui, in un’ottica nazionalista, razzista, escludente. Dio, patria e famiglia è la cornice di politiche escludenti, che chiudono le frontiere, negano la solidarietà e promuovono l’incremento demografico in un pianeta sovraffollato.\r\nLa libertà delle donne passa dalla sottrazione al controllo dello Stato della scelta in materia di maternità. Non ci serve una legge, ma la possibilità di accedere liberamente e gratuitamente ad un servizio a tutela della nostra salute. E su questa non ammettiamo obiezioni.”\r\n\r\nMercoledì 4 marzo presidio di fronte alle sedi dei quotidiani Stampa e Repubblica, per denunciare la narrazione tossica della violenza patriarcale contro le donne.\r\nDue scatole, contenenti articoli di giornale esemplificativi della complicità dei media nella perpetuazione di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza di genere, sono state consegnate alle rispettive redazioni. Al presidio, pur non invitati, hanno partecipato Ros dei carabinieri, digos, commissariato di zona, oltre ad agenti dell’antisommossa.\r\n\r\nRiportiamo di seguito alcuni passaggi \u003Cmark>del\u003C/mark> volantino distribuito: “I numeri della violenza patriarcale contro le donne disegnano un vero bollettino di guerra. La guerra contro la libertà femminile, la guerra contro le donne libere. Una guerra che i media nascondono e minimizzano, contribuendo a moltiplicarla, offrendo attenuanti a chi uccide, picchia e stupra. \r\nDonne come Elisa, strangolata da un “gigante buono”, sono ammazzate due volte. Uccise dall’uomo che ha tolto loro la vita, uccise da chi nega loro la dignità, raccontando la violenza con la lente dell’amore, dell’eccesso, della passione e della follia. \r\nL’amore romantico, la passione coprono e mutano di segno alla violenza. Le donne sono uccise, ferite, stuprate per eccesso d’amore, per frenesia passionale. Un alibi preconfezionato, che ritroviamo negli articoli sui giornali, nelle interviste a parenti e vicini, nelle arringhe di avvocati e pubblici ministeri. Questa narrazione falsa mira a nascondere la guerra contro le donne, in quando donne, che viene combattuta ma non riconosciuta come tale.\r\n\r\nI media sono responsabili \u003Cmark>del\u003C/mark> perpetuarsi di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza contro le donne e tutt° coloro che non si adeguano alla norma eterosessuale. \r\nI media colpevolizzano chi subisce violenza, scandagliandone le vite, i comportamenti, le scelte di libertà, per giustificare la violenza maschile, per annullare la libertà delle donne, colpevoli di non essere prudenti, di non accettare come “normale” il rischio della violenza che le colpisce in quanto donne. \r\nLo stereotipo di “quelle che se la cercano”, che si tratti di sex worker o di donne che non vestono abiti simili a gabbie di stoffa, è una costante \u003Cmark>del\u003C/mark> racconto dei media. \r\n\r\nLa violenza di genere è confinata nelle pagine della cronaca nera, per negarne la valenza politica, trasformando pestaggi, stupri, omicidi, molestie in episodi di delinquenza comune, in questioni private. \r\nI media, di fronte al dispiegarsi violento della reazione patriarcale tentano di privatizzare, familizzare, domesticare lo scontro. Le donne sono vittime indifese, gli uomini sono violenti perché folli. La follia sottrae alla responsabilità, nasconde l’intenzione disciplinante e punitiva, diventa l’eccezione che spezza la normalità, ma non ne mette in discussione la narrazione condivisa.\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che però i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione a riaffermare l’ordine patriarcale.”\r\n\r\nSabato 7 marzo un presidio partecipato e vivace si è svolto nell’area pedonale di via Montebello, sotto la Mole. Tirassegno antisessista, una mostra sulla violenza di genere e la performance “Ruoli in gioco. Rappresentazione De-genere” hanno riempito di contenuti un intenso pomeriggio di comunicazione e lotta.\r\nDal volantino distribuito: “Padroni, preti e fascisti non hanno fatto i conti con le tante donne che non ci stanno a recitare il canovaccio scritto per loro. Tante donne che, in questi ultimi decenni, hanno imparato a cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.\r\nPercorsi possibili solo fuori e contro il reticolo normativo stabilito dallo Stato e dalla religione.\r\nLa libertà di ciascun* di noi si realizza nella relazione con altre persone libere, fuori da ogni ruolo imposto o costrizione fisica o morale. In casa, per strada, al lavoro.\r\n\r\nVogliamo attraversare le nostre vite con la forza di chi si scioglie da vincoli e lacci.\r\nIl percorso di autonomia individuale si costruisce nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo. La solidarietà ed il mutuo appoggio si possono praticare attraverso relazioni libere, plurali, egualitarie.\r\nUna scommessa che spezza l’ordine. Morale, sociale, economico.”\r\n\r\nDomenica 8 marzo, in occasione dello sciopero globale transfemminista sono stati attraversati alcuni centri commerciali di Torino, tra i principali luoghi di lavoro sessualizzato e sfruttato, oggi aperti a tutti malgrado l'epidemia, come tanti altri luoghi di produzione e consumo.\r\nDi seguito il testo \u003Cmark>del\u003C/mark> volantino distribuito in questa occasione:\r\n“Diserzione transfemminista\r\nLo sciopero femminista dell’8 e 9 marzo è stato cancellato dai provvedimenti contro l’epidemia di Covid 19.\r\nEppure oggi, proprio l’epidemia rende più evidenti le ragioni dello sciopero.\r\nLo sciopero femminista contro la violenza maschile sulle donne e le violenze di genere, si articola come diserzione dal lavoro retribuito fuori casa, ma anche dal lavoro dentro casa, dai lavori di cura, dai lavori domestici e dai ruoli di genere imposti.\r\nLa rinnovata sessualizzazione \u003Cmark>del\u003C/mark> lavoro di cura non pagato riduce la conflittualità sociale conseguente all'erosione \u003Cmark>del\u003C/mark> welfare.\r\nLa riaffermazione di logiche patriarcali offre un puntello al capitale nella guerra a chi lavora.\r\nLo sciopero femminista scardina questo puntello, rimettendo al centro le lotte delle donne per la propria autonomia.\r\nUn’autonomia che viene attaccata dalla gestione governativa dell’epidemia di Covid 19.\r\nSiamo di fronte ad un terribile paradosso. Il governo vieta uno sciopero in nome dell’emergenza, ma non blocca nemmeno per un \u003Cmark>giorno\u003C/mark> la produzione. Non importa che si tratti spesso di produzioni inutili, a volte dannose, certo rimandabili a tempi migliori: le fabbriche di auto, vernici, plastica, laterizi, accessori, mobili non si sono mai fermate. Eppure lì si ammassa ogni \u003Cmark>giorno\u003C/mark> tanta gente, come a scuola o in un teatro.\r\nIn compenso sul lavoro femminile e femminilizzato si è riversata tanta parte \u003Cmark>del\u003C/mark> peso imposto dal diffondersi \u003Cmark>del\u003C/mark> virus e delle misure imposte dal governo.\r\nOggi tocca a tutti fare i conti con un sistema sanitario che è stato demolito, tagliando la spesa sanitaria mentre risorse sempre più ingenti venivano impiegate per armi e missioni militari.\r\nLa cura dei bambini che restano a casa perché le scuole sono chiuse, gli anziani a rischio, i disabili ricadono sulle spalle delle donne, già investite in modo pesante dalla precarietà \u003Cmark>del\u003C/mark> lavoro.\r\nUna precarietà avvertita come “normale”, perché il reddito da lavoro non è concepito come forma di autonomo sostentamento, ma come reddito accessorio, di mero supporto all’economia familiare.\r\nLa donna lavoratrice si porta dietro la zavorra di moglie-mamma-nuora-figlia-badante anche quando è al lavoro. Il suo ruolo familiare non decade mai.\r\nIl riproporsi, a destra come a sinistra di politiche che hanno il fulcro nella famiglia, nucleo etico dell’intera società, passa dalla riproposizione simbolica e materiale della divisione sessuale dei ruoli.\r\nIn questi anni il disciplinamento delle donne, specie quelle povere, è parte \u003Cmark>del\u003C/mark> processo di asservimento e messa in scacco delle classi subalterne. Anzi! Ne è uno dei cardini, perché il lavoro di cura non retribuito è fondamentale per garantire una secca riduzione dei costi della riproduzione sociale.\r\nIl divario retributivo tra uomini e donne che svolgono la stessa mansione è ancora forte in molti settori lavorativi. In Italia è in media \u003Cmark>del\u003C/mark> 10,4%.\r\nA livello globale le donne subiscono in media un divario retributivo \u003Cmark>del\u003C/mark> 23% ed hanno un tasso di partecipazione al mercato \u003Cmark>del\u003C/mark> lavoro \u003Cmark>del\u003C/mark> 26% più basso rispetto agli uomini.\r\nNon solo. Alle donne viene imposto di essere accoglienti, protettive, multitasking, disponibili, di mettere a disposizione \u003Cmark>del\u003C/mark> padrone le qualità che ci si aspetta da loro come dalle altre soggettività che sfuggono alla norma eteropatriarcale.\r\nAlle donne viene chiesto di mettere al lavoro i loro corpi al d\r\n\r\nLunedì 2 marzo c’è stato un presidio alla farmacia Algostino e De Michelis di piazza Vittorio 10. Questa farmacia, gestita da integralisti cattolici, rifiuta di vendere la \u003Cmark>pillola\u003C/mark> \u003Cmark>del\u003C/mark> \u003Cmark>giorno\u003C/mark> \u003Cmark>dopo\u003C/mark>. Un’occasione per fare il punto sulle difficoltà crescenti per le donne che decidono di abortire.\r\nMassiccia la presenza poliziesca.\r\nDal volantino distribuito: “Qualcuno crede che la legge 194 che stabilisce le regole per l'IGV, l'interruzione volontaria di gravidanza, sia stata una grande conquista delle donne \u003Cmark>del\u003C/mark> nostro paese.\r\nNoi sappiamo invece che le leggi sono il precipitato normativo dei rapporti di forza all'interno di una società. La spinta \u003Cmark>del\u003C/mark> movimento femminista degli anni Settanta obbligò una coalizione di governo composta da laici e cattolici, in cui i cattolici erano la maggioranza, a depenalizzare l'aborto.\r\nLa rivolta delle donne, la disobbedienza esplicita di alcune di loro, la profonda trasformazione culturale in atto, spinsero alla promulgazione della 194. Fu, inevitabilmente, un compromesso. Per accedere all'IVG le donne sono obbligate a giustificare la propria scelta, a sottoporsi all'esame di psicologi e medici, a sottostare alle decisioni di genitori o giudici se minorenni. In compenso i medici possono dichiararsi obiettori e rifiutare di praticare le IVG.\r\nDa qualche anno \"volontari\" dei movimenti cattolici che negano la libertà di scelta alle donne, si sono infiltrati nei consultori e nei reparti ospedalieri, rendendo ancora più difficile accedere ad un servizio che in teoria dovrebbe essere garantito a tutte, come ogni altra forma di assistenza medica.\r\nLa legge 194, lungi dal garantire la libertà di scelta, la imbriglia e la mette sotto controllo. \u003Cmark>Dopo\u003C/mark> le ripetute sconfitte di referendum e iniziative legislative, la strategia di chi vorrebbe la restaurazione patriarcale, fa leva proprio sulle ambiguità di questa legge per rendere sempre più difficile l’aborto. In prima fila ci sono le organizzazioni cattoliche, che animano e sostengono i movimenti che arrivano a definirsi “pro vita”, e mirano a restaurare la gabbia familiare come nucleo etico di un’organizzazione sociale basata sulla gerarchia tra i sessi.\r\nNon solo. In questi anni le politiche dei governi che si sono succeduti hanno privilegiato il sostegno alla famiglia, a discapito degli individui, in un’ottica nazionalista, razzista, escludente. Dio, patria e famiglia è la cornice di politiche escludenti, che chiudono le frontiere, negano la solidarietà e promuovono l’incremento demografico in un pianeta sovraffollato.\r\nLa libertà delle donne passa dalla sottrazione al controllo dello Stato della scelta in materia di maternità. Non ci serve una legge, ma la possibilità di accedere liberamente e gratuitamente ad un servizio a tutela della nostra salute. E su questa non ammettiamo obiezioni.”\r\n\r\nMercoledì 4 marzo presidio di fronte alle sedi dei quotidiani Stampa e Repubblica, per denunciare la narrazione tossica della violenza patriarcale contro le donne.\r\nDue scatole, contenenti articoli di giornale esemplificativi della complicità dei media nella perpetuazione di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza di genere, sono state consegnate alle rispettive redazioni. Al presidio, pur non invitati, hanno partecipato Ros dei carabinieri, digos, commissariato di zona, oltre ad agenti dell’antisommossa.\r\n\r\nRiportiamo di seguito alcuni passaggi \u003Cmark>del\u003C/mark> volantino distribuito: “I numeri della violenza patriarcale contro le donne disegnano un vero bollettino di guerra. La guerra contro la libertà femminile, la guerra contro le donne libere. Una guerra che i media nascondono e minimizzano, contribuendo a moltiplicarla, offrendo attenuanti a chi uccide, picchia e stupra. \r\nDonne come Elisa, strangolata da un “gigante buono”, sono ammazzate due volte. Uccise dall’uomo che ha tolto loro la vita, uccise da chi nega loro la dignità, raccontando la violenza con la lente dell’amore, dell’eccesso, della passione e della follia. \r\nL’amore romantico, la passione coprono e mutano di segno alla violenza. Le donne sono uccise, ferite, stuprate per eccesso d’amore, per frenesia passionale. Un alibi preconfezionato, che ritroviamo negli articoli sui giornali, nelle interviste a parenti e vicini, nelle arringhe di avvocati e pubblici ministeri. Questa narrazione falsa mira a nascondere la guerra contro le donne, in quando donne, che viene combattuta ma non riconosciuta come tale.\r\n\r\nI media sono responsabili \u003Cmark>del\u003C/mark> perpetuarsi di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza contro le donne e tutt° coloro che non si adeguano alla norma eterosessuale. \r\nI media colpevolizzano chi subisce violenza, scandagliandone le vite, i comportamenti, le scelte di libertà, per giustificare la violenza maschile, per annullare la libertà delle donne, colpevoli di non essere prudenti, di non accettare come “normale” il rischio della violenza che le colpisce in quanto donne. \r\nLo stereotipo di “quelle che se la cercano”, che si tratti di sex worker o di donne che non vestono abiti simili a gabbie di stoffa, è una costante \u003Cmark>del\u003C/mark> racconto dei media. \r\n\r\nLa violenza di genere è confinata nelle pagine della cronaca nera, per negarne la valenza politica, trasformando pestaggi, stupri, omicidi, molestie in episodi di delinquenza comune, in questioni private. \r\nI media, di fronte al dispiegarsi violento della reazione patriarcale tentano di privatizzare, familizzare, domesticare lo scontro. Le donne sono vittime indifese, gli uomini sono violenti perché folli. La follia sottrae alla responsabilità, nasconde l’intenzione disciplinante e punitiva, diventa l’eccezione che spezza la normalità, ma non ne mette in discussione la narrazione condivisa.\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che però i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione a riaffermare l’ordine patriarcale.”\r\n\r\nSabato 7 marzo un presidio partecipato e vivace si è svolto nell’area pedonale di via Montebello, sotto la Mole. Tirassegno antisessista, una mostra sulla violenza di genere e la performance “Ruoli in gioco. Rappresentazione De-genere” hanno riempito di contenuti un intenso pomeriggio di comunicazione e lotta.\r\nDal volantino distribuito: “Padroni, preti e fascisti non hanno fatto i conti con le tante donne che non ci stanno a recitare il canovaccio scritto per loro. Tante donne che, in questi ultimi decenni, hanno imparato a cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.\r\nPercorsi possibili solo fuori e contro il reticolo normativo stabilito dallo Stato e dalla religione.\r\nLa libertà di ciascun* di noi si realizza nella relazione con altre persone libere, fuori da ogni ruolo imposto o costrizione fisica o morale. In casa, per strada, al lavoro.\r\n\r\nVogliamo attraversare le nostre vite con la forza di chi si scioglie da vincoli e lacci.\r\nIl percorso di autonomia individuale si costruisce nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo. La solidarietà ed il mutuo appoggio si possono praticare attraverso relazioni libere, plurali, egualitarie.\r\nUna scommessa che spezza l’ordine. Morale, sociale, economico.”\r\n\r\nDomenica 8 marzo, in occasione dello sciopero globale transfemminista sono stati attraversati alcuni centri commerciali di Torino, tra i principali luoghi di lavoro sessualizzato e sfruttato, oggi aperti a tutti malgrado l'epidemia, come tanti altri luoghi di produzione e consumo.\r\nDi seguito il testo \u003Cmark>del\u003C/mark> volantino distribuito in questa occasione:\r\n“Diserzione transfemminista\r\nLo sciopero femminista dell’8 e 9 marzo è stato cancellato dai provvedimenti contro l’epidemia di Covid 19.\r\nEppure oggi, proprio l’epidemia rende più evidenti le ragioni dello sciopero.\r\nLo sciopero femminista contro la violenza maschile sulle donne e le violenze di genere, si articola come diserzione dal lavoro retribuito fuori casa, ma anche dal lavoro dentro casa, dai lavori di cura, dai lavori domestici e dai ruoli di genere imposti.\r\nLa rinnovata sessualizzazione \u003Cmark>del\u003C/mark> lavoro di cura non pagato riduce la conflittualità sociale conseguente all'erosione \u003Cmark>del\u003C/mark> welfare.\r\nLa riaffermazione di logiche patriarcali offre un puntello al capitale nella guerra a chi lavora.\r\nLo sciopero femminista scardina questo puntello, rimettendo al centro le lotte delle donne per la propria autonomia.\r\nUn’autonomia che viene attaccata dalla gestione governativa dell’epidemia di Covid 19.\r\nSiamo di fronte ad un terribile paradosso. Il governo vieta uno sciopero in nome dell’emergenza, ma non blocca nemmeno per un \u003Cmark>giorno\u003C/mark> la produzione. Non importa che si tratti spesso di produzioni inutili, a volte dannose, certo rimandabili a tempi migliori: le fabbriche di auto, vernici, plastica, laterizi, accessori, mobili non si sono mai fermate. Eppure lì si ammassa ogni \u003Cmark>giorno\u003C/mark> tanta gente, come a scuola o in un teatro.\r\nIn compenso sul lavoro femminile e femminilizzato si è riversata tanta parte \u003Cmark>del\u003C/mark> peso imposto dal diffondersi \u003Cmark>del\u003C/mark> virus e delle misure imposte dal governo.\r\nOggi tocca a tutti fare i conti con un sistema sanitario che è stato demolito, tagliando la spesa sanitaria mentre risorse sempre più ingenti venivano impiegate per armi e missioni militari.\r\nLa cura dei bambini che restano a casa perché le scuole sono chiuse, gli anziani a rischio, i disabili ricadono sulle spalle delle donne, già investite in modo pesante dalla precarietà \u003Cmark>del\u003C/mark> lavoro.\r\nUna precarietà avvertita come “normale”, perché il reddito da lavoro non è concepito come forma di autonomo sostentamento, ma come reddito accessorio, di mero supporto all’economia familiare.\r\nLa donna lavoratrice si porta dietro la zavorra di moglie-mamma-nuora-figlia-badante anche quando è al lavoro. Il suo ruolo familiare non decade mai.\r\nIl riproporsi, a destra come a sinistra di politiche che hanno il fulcro nella famiglia, nucleo etico dell’intera società, passa dalla riproposizione simbolica e materiale della divisione sessuale dei ruoli.\r\nIn questi anni il disciplinamento delle donne, specie quelle povere, è parte \u003Cmark>del\u003C/mark> processo di asservimento e messa in scacco delle classi subalterne. Anzi! Ne è uno dei cardini, perché il lavoro di cura non retribuito è fondamentale per garantire una secca riduzione dei costi della riproduzione sociale.\r\nIl divario retributivo tra uomini e donne che svolgono la stessa mansione è ancora forte in molti settori lavorativi. In Italia è in media \u003Cmark>del\u003C/mark> 10,4%.\r\nA livello globale le donne subiscono in media un divario retributivo \u003Cmark>del\u003C/mark> 23% ed hanno un tasso di partecipazione al mercato \u003Cmark>del\u003C/mark> lavoro \u003Cmark>del\u003C/mark> 26% più basso rispetto agli uomini.\r\nNon solo. Alle donne viene imposto di essere accoglienti, protettive, multitasking, disponibili, di mettere a disposizione \u003Cmark>del\u003C/mark> padrone le qualità che ci si aspetta da loro come dalle altre soggettività che sfuggono alla norma eteropatriarcale.\r\nAlle donne viene chiesto di mettere al lavoro i loro corpi al di là \u003Cmark>del\u003C/mark> compito per cui vengono assunte: bella presenza, trucco, tacchi, sorrisi e gonne sono imposti per far rendere di più un esercizio commerciale, per presentare meglio un’azienda, per attrarre clienti. L’agio \u003Cmark>del\u003C/mark> cliente passa dalla perpetuazione di un’immagine femminile che si adegui a modelli di seduttività, maternità, efficienza, servilità che riproducono stereotipi, che riprendono forza dentro i corpi messi al lavoro solo a condizione che vi si adattino. Una biopolitica patriarcale per il terzo millennio.\r\nDisertare da questa gabbia non è facile, ma necessario.”\r\n\r\nDi seguito l’appello per l’8 marzo di NUDM Livorno:\r\n\r\n”Domenica 8 marzo, giornata internazionale della donna, anche qui, come in molte parti d’Italia e \u003Cmark>del\u003C/mark> mondo, portiamo nelle strade e nelle piazze la nostra voglia di rompere l’ordine patriarcale e sessista, la nostra lotta e la nostra rivendicazione di libertà.\r\n\r\nE’ uno strano 8 marzo, con limitazioni pesanti a scioperi e manifestazioni dovuti all’emergenza coronavirus. Ma non siamo disposte a farci imporre il silenzio. C’è un’emergenza costante che va denunciata ed è quella della violenza quotidiana contro donne e soggettività autodeterminate.\r\n\r\nIn Italia ogni 15 minuti c’è un episodio di violenza denunciato, ogni 72 ore una donna uccisa.\r\n\r\nE accanto a questi tragici fatti c’è una situazione di violenza quotidiana che alimenta i singoli episodi di violenza e che comunque attraversa le nostre vite, imposta dal patriarcato e dalla cultura sessista.\r\n\r\nLa violenza di chi impone la maternità e il compito riproduttivo impedendo l’aborto;\r\n\r\nla violenza della chiesa e delle religioni che vogliono imporci una morale di rinuncia e obbedienza; la violenza delle guerre e \u003Cmark>del\u003C/mark> militarismo; la violenza dei tribunali e delle sentenze contro le donne; la violenza della famiglia che impone ruoli, gerarchia e divisione \u003Cmark>del\u003C/mark> lavoro;\r\n\r\nLa violenza economica, che impone alle donne più precarietà, più sfruttamento e meno reddito\r\n\r\nla violenza della repressione e della detenzione, nelle carceri come nei CPR;\r\n\r\nla violenza dei media, che alimentano la cultura dello stupro con narrazioni tossiche\r\n\r\nSu questa emergenza costante, chiamata patriarcato, i momenti critici come questo non fanno che scaricare altri problemi. In tempo di coronavirus è sulle donne che si scaricano gli ulteriori pesi \u003Cmark>del\u003C/mark> lavoro di cura di anziani e bambini, è sulle donne, con occupazioni meno stabili e meno remunerate, che si scarica il peso maggiore della crisi e della restrizione di reddito, ma anche lo sfruttamento dello smartworking.\r\n\r\nOra più che mai vogliamo alzare la voce:\r\n\r\n \tPer denunciare i mille volti di una violenza che alimenta il ripetersi quotidiano di stupri e femminicidi\r\n \tPer smascherare le soluzioni fasulle delle logiche securitarie, delle politiche familiste, dei codici rosa, rossi o multicolor.\r\n \tPer rompere il silenzio e affermare il diritto di essere in piazza contro chi cerca di imporre continuamente la logica dell’emergenza, \u003Cmark>del\u003C/mark> sacrificio, della subordinazione, della rinuncia.”",[78],{"field":79,"matched_tokens":80,"snippet":75,"value":76},"post_content",[71,72,73,74],2314894167592927000,{"best_field_score":83,"best_field_weight":84,"fields_matched":11,"num_tokens_dropped":43,"score":85,"tokens_matched":86,"typo_prefix_score":43},"4419510927360",14,"2314894167592927345",4,{"document":88,"highlight":107,"highlights":112,"text_match":81,"text_match_info":115},{"cat_link":89,"category":90,"comment_count":43,"id":91,"is_sticky":43,"permalink":92,"post_author":46,"post_content":93,"post_date":94,"post_excerpt":49,"post_id":91,"post_modified":95,"post_thumbnail":96,"post_thumbnail_html":97,"post_title":98,"post_type":54,"sort_by_date":99,"tag_links":100,"tags":106},[40],[42],"57844","http://radioblackout.org/2020/03/ne-dio-ne-stato-ne-patriarcato-una-settimana-di-info-e-lotta-transfemminista/","É cominciata ieri con un presidio alla farmacia D’Algostino e De Michelis, che rifiuta di vendere la pillola del giorno dopo, la settimana di informazione e lotta transfemminista promossa dal collettivo anarcofemminista Wild C.A.T.\r\nLa farmacia, nota da anni in città per la fervente devozione mariana dei suoi proprietari era guardata a vista da due blindati dei carabinieri, da alcune auto dei vigili e dall’immancabile stuolo di polizia politica.\r\nNonostante la folla di angeli custodi, la farmacia, ha tenuto aperta solo la porta di ingresso, lasciando serrata la vetrina.\r\nUno striscione con la scritta “né stato né dio sul mio corpo decido io!”\r\nSono state offerte ai passanti ottime caramelle del giorno dopo, mentre diverse persone si fermavano per informarsi, mentre altre ben conoscevano le attitudini integraliste del proprietario.\r\nNe abbiamo parlato con Martina di Wild C.A.T., che oltre alla cronaca della giornata ha presentato gli altri appuntamenti della settimana.\r\nMercoledì 4 marzo\r\nore 16,30\r\npresidio in via Lugaro 15 alla sede di Stampa e Repubblica\r\nTi amo da (farti) morire\r\nUccise due volte. La narrazione che nega e cancella le vite delle donne\r\n\r\nSabato 7 marzo\r\nore15,30\r\nin via Montebello – area pedonale – sotto la Mole\r\npresidio “Ruoli in gioco. Rappresentazione De-Genere”\r\n\r\nDomenica 8 marzo\r\ngiornata di lotta in giro per la città\r\n\r\nAscolta la diretta con Martina:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/2020-03-03-martina-wild-8marzo.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito il volantino distribuito al presidio davanti alla farmacia integralista:\r\n\r\n“Preti ed obiettori tremate!\r\nLe streghe son tornate\r\n\r\nNon tutti lo sanno, ma a Torino ci sono farmacie che rifiutano di vendere la pillola del giorno dopo, che negano alle donne la libertà di decidere sulla propria vita.\r\nLa farmacia Algostino e De Micheli di piazza Vittorio Veneto 10 è una di queste.\r\nI farmacisti obiettori sono una minoranza, mentre i medici obiettori sono il 70%. In alcune zone del sud Italia in molti ospedali tutti i medici sono obiettori.\r\n\r\nSino al 22 maggio del 1978 abortire era un reato. Per il codice penale causare l'aborto di una donna consenziente era punito con la reclusione da due a cinque anni, comminati sia all'esecutore dell'aborto, sia alla donna stessa (art. 546); procurarsi l'aborto era invece punito con la reclusione da uno a quattro anni (art. 547); istigare all'aborto, o fornire i mezzi per procedere ad esso era punito con la reclusione da sei mesi a due anni (art. 548).\r\nSe una donna non voleva figli rischiava in caso di aborto la galera e con lei la rischiava chi la aiutava.\r\nLe donne povere utilizzavano ferri da calza o decotti al prezzemolo, o pagavano le \"mammane\", rischiando la salute e spesso la vita.\r\nChi aveva soldi pagava un medico o andava all'estero.\r\n\r\nQualcuno crede che la legge 194 che stabilisce le regole per l'IGV, l'interruzione volontaria di gravidanza, sia stata una grande conquista delle donne del nostro paese.\r\nNoi sappiamo invece che le leggi sono il precipitato normativo dei rapporti di forza all'interno di una società. La spinta del movimento femminista degli anni Settanta obbligò una coalizione di governo composta da laici e cattolici, in cui i cattolici erano la maggioranza, a depenalizzare l'aborto.\r\nLa rivolta delle donne, la disobbedienza esplicita di alcune di loro, la profonda trasformazione culturale in atto, spinsero alla promulgazione della 194. Fu, inevitabilmente, un compromesso. Per accedere all'IVG le donne sono obbligate a giustificare la propria scelta, a sottoporsi all'esame di psicologi e medici, a sottostare alle decisioni di genitori o giudici se minorenni. In compenso i medici possono dichiararsi obiettori e rifiutare di praticare le IVG.\r\nDa qualche anno \"volontari\" dei movimenti cattolici che negano la libertà di scelta alle donne, si sono infiltrati nei consultori e nei reparti ospedalieri, rendendo ancora più difficile accedere ad un servizio che in teoria dovrebbe essere garantito a tutte, come ogni altra forma di assistenza medica.\r\n\r\nLa legge 194, lungi dal garantire la libertà di scelta, la imbriglia e la mette sotto controllo. Dopo le ripetute sconfitte di referendum e iniziative legislative, la strategia di chi vorrebbe la restaurazione patriarcale, fa leva proprio sulle ambiguità di questa legge per rendere sempre più difficile l’aborto. In prima fila ci sono le organizzazioni cattoliche, che animano e sostengono i movimenti che arrivano a definirsi “pro vita”, e mirano a restaurare la gabbia familiare come nucleo etico di un’organizzazione sociale basata sulla gerarchia tra i sessi.\r\nNon solo. In questi anni le politiche dei governi che si sono succeduti hanno privilegiato il sostegno alla famiglia, a discapito degli individui, in un’ottica nazionalista, razzista, escludente. Dio, patria e famiglia è la cornice di politiche escludenti, che chiudono le frontiere, negano la solidarietà e promuovono l’incremento demografico in un pianeta sovraffollato.\r\nLa libertà delle donne passa dalla sottrazione al controllo dello Stato della scelta in materia di maternità. Non ci serve una legge, ma la possibilità di accedere liberamente e gratuitamente ad un servizio a tutela della nostra salute. E su questa non ammettiamo obiezioni.\r\n\r\nWild C.A.T. Collettivo Anarco-Femminista Torinese\r\nRiunioni ogni giovedì alle 18 presso la FAT in corso Palermo 46\r\nFB https://www.facebook.com/Wild.C.A.T.anarcofem”","3 Marzo 2020","2020-03-03 21:41:57","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/IMG_20200302_165102-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/IMG_20200302_165102-300x225.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/IMG_20200302_165102-300x225.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/IMG_20200302_165102-1024x768.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/IMG_20200302_165102-768x576.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/IMG_20200302_165102-1536x1152.jpg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/IMG_20200302_165102-2048x1536.jpg 2048w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Né dio, né stato, né patriarcato. 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Venerdì scorso un gruppo di donne ha occupato la direzione sanitaria dell'ospedale per denunciare una serie di \"pratiche\" sempre più ordinarie in questo come in altri centri sanitari della Lombardia. Di seguito, riportiamo alcuni punti del comunicato, in cui si spiega cosa succede in un ospedale che dovrebbe fornire un servizio pubblico nell'interesse e nel rispetto delle donne e della loro salute:\r\nNegli stessi giorni in cui gli integralisti cattolici sfilano per la città ostentando macabri crocefissi ornati di feti sanguinanti e chiedendo il ritorno dell’aborto clandestino, abbiamo deciso di “andare alla fonte” dei problemi che già ci affliggono -e che questi signori vorrebbero istituzionalizzare- e di stanare chi se ne rende complice quotidianamente, in particolare le direzioni sanitarie degli ospedali che:- continuano ad assumere personale obiettore di coscienza rendendo ogni giorno più difficile lo svolgimento del servizio IVG e drammatica e pericolosa la condizione delle donne che devono sottoporsi ad un aborto terapeutico\r\n - consentono l’obiezione anche per prestazioni su cui non sarebbe consentita (visite pre ricovero e pre-dimissioni, prescrizione della pillola del giorno dopo che NON è un abortivo, raschiamenti per emorragie conseguenti ad aborti spontanei ecc\r\n- applicano all’accettazione del servizio IVG assurdi meccanismi di numero chiuso, inesistenti per qualunque altra prestazione medica, che obbligano le donne che devono abortire ad un drammatico percorso a ostacoli da un ospedale all’altro\r\n Abbiamo deciso di dare un segnale forte contro tutto ciò, occupando simbolicamente la Direzione Sanitaria dell’ospedale Niguarda di Milano:\r\nPerché Niguarda, feudo di Comunione Liberazione, è l’ospedale milanese con la maggiore percentuale di medici obiettori, che supera il 90%.\r\n Perché è l’ospedale che ha dato pronta ospitalità agli integralisti cattolici di No194 che, sfrattati dalla Mangiagalli grazie alle nostre mobilitazioni, svolgono adesso qua davanti le loro maratone di preghiera contro aborto e eutanasia.\r\n Perché qui in autunno è morta una donna in seguito ad una IVG e subito è stata messa una sordina alla notizia, che è sparita immediatamente dai media. [...]\r\n\r\nIl comunicato prosegue spiegando quali sono le caratteristiche dei diversi metodi per l'interruzione della gravidanza e sottolinea il fatto che tali metodi, in un paese come questo, dovrebbero essere sempre garantiti ed offerti nella massima sicurezza, in strutture adeguate e con personale preparato, nel rispetto della salute e delle scelte di ogni donna.\r\nIn questi giorni così tristi, in queste ore in cui sentiamo la mancanza di Anna sempre più assurda e insopportabile, ci è sembrato importante portare questo punto di vista rispetto al tema dell'IVG. Per ribadire che ogni donna dovrebbe avere la certezza di trovare, in tutti gli ospedali del territorio in cui vive, personale medico preparato e professionale e non una schiera di obiettori di coscienza o di fanatici antiabortisti armati di Bibbia e rosario fuori dagli ambulatori.\r\n\r\nOgni donna dovrebbe avere la certezza di ricevere attenzione e rispetto per le sue scelte, perché è lei che decide. Nessun'altro.\r\n\r\nDovrebbe avere la certezza di vivere in un paese in cui, se un'amica, una compagna, muore in seguito ad una IVG, i giornalisti e le giornaliste - i media in generale - non passano il loro tempo ad imbrattare fogli e fogli di giornale con luoghi comuni, per ravvivare polemiche a favore o contro l’interruzione di gravidanza col metodo farmacologico (RU486), ma si documentano ed informano sulle reali condizioni che oggi vivono le donne negli ospedali pubblici in Italia, dove è sempre più difficile trovare attenzione e cura adeguate, rispetto e dignità. Quindi c'è ancora molto per cui lottare. Perché il nostro cammino condiviso si costruisce nell'autodeterminazione.\r\n\r\nPerchè Anna siamo tutte noi.\r\n\r\nhttp://gabrio.noblogs.org/post/2014/04/14/anna-siamo-tutte-noi/\r\n\r\nAscolta l'intervista con Sandra\r\n\r\nsandra\r\n\r\n ","14 Aprile 2014","2014-04-17 11:34:53","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/04/niguarda-occupaz-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/04/niguarda-occupaz-300x225.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","Per un aborto sicuro, libero e gratuito",1397484742,[130,131,132,133,134,135],"http://radioblackout.org/tag/aborto/","http://radioblackout.org/tag/aborto-libero-e-gratuito/","http://radioblackout.org/tag/consultoria-autogestita/","http://radioblackout.org/tag/obiezione-di-coscienza/","http://radioblackout.org/tag/ru486/","http://radioblackout.org/tag/salute-delle-donne/",[137,138,26,139,12,20],"aborto","aborto libero e gratuito","obiezione di coscienza",{"post_content":141},{"matched_tokens":142,"snippet":143,"value":144},[71,72,73,74],"ricovero e pre-dimissioni, prescrizione della \u003Cmark>pillola\u003C/mark> \u003Cmark>del\u003C/mark> \u003Cmark>giorno\u003C/mark> \u003Cmark>dopo\u003C/mark> che NON è un abortivo,","Questa mattina abbiamo parlato con Sandra della Consultoria Autogestita di Milano: uno spazio autogestito e demedicalizzato, riservato alle donne, dove da anni - in modo indipendente e libero - si forniscono informazioni e strumenti utili su contraccezione, interruzione di gravidanza e altri temi fondamentali che riguardano le donne, i loro corpi, la loro salute.\r\n\r\nCon Sandra siamo partite da una mobilitazione molto recente, che ha riguardato l'ospedale Niguarda di Milano che, oltre ad essere uno degli ospedali più grandi della città, ha anche il numero di medici \"obiettori di coscienza\" più alto di tutti le altre strutture ospedaliere presenti sul territorio, al punto da rendere quasi impossibile lo garanzia \u003Cmark>del\u003C/mark> servizio dell'Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG). 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Di seguito, riportiamo alcuni punti \u003Cmark>del\u003C/mark> comunicato, in cui si spiega cosa succede in un ospedale che dovrebbe fornire un servizio pubblico nell'interesse e nel rispetto delle donne e della loro salute:\r\nNegli stessi giorni in cui gli integralisti cattolici sfilano per la città ostentando macabri crocefissi ornati di feti sanguinanti e chiedendo il ritorno dell’aborto clandestino, abbiamo deciso di “andare alla fonte” dei problemi che già ci affliggono -e che questi signori vorrebbero istituzionalizzare- e di stanare chi se ne rende complice quotidianamente, in particolare le direzioni sanitarie degli ospedali che:- continuano ad assumere personale obiettore di coscienza rendendo ogni \u003Cmark>giorno\u003C/mark> più difficile lo svolgimento \u003Cmark>del\u003C/mark> servizio IVG e drammatica e pericolosa la condizione delle donne che devono sottoporsi ad un aborto terapeutico\r\n - consentono l’obiezione anche per prestazioni su cui non sarebbe consentita (visite pre ricovero e pre-dimissioni, prescrizione della \u003Cmark>pillola\u003C/mark> \u003Cmark>del\u003C/mark> \u003Cmark>giorno\u003C/mark> \u003Cmark>dopo\u003C/mark> che NON è un abortivo, raschiamenti per emorragie conseguenti ad aborti spontanei ecc\r\n- applicano all’accettazione \u003Cmark>del\u003C/mark> servizio IVG assurdi meccanismi di numero chiuso, inesistenti per qualunque altra prestazione medica, che obbligano le donne che devono abortire ad un drammatico percorso a ostacoli da un ospedale all’altro\r\n Abbiamo deciso di dare un segnale forte contro tutto ciò, occupando simbolicamente la Direzione Sanitaria dell’ospedale Niguarda di Milano:\r\nPerché Niguarda, feudo di Comunione Liberazione, è l’ospedale milanese con la maggiore percentuale di medici obiettori, che supera il 90%.\r\n Perché è l’ospedale che ha dato pronta ospitalità agli integralisti cattolici di No194 che, sfrattati dalla Mangiagalli grazie alle nostre mobilitazioni, svolgono adesso qua davanti le loro maratone di preghiera contro aborto e eutanasia.\r\n Perché qui in autunno è morta una donna in seguito ad una IVG e subito è stata messa una sordina alla notizia, che è sparita immediatamente dai media. [...]\r\n\r\nIl comunicato prosegue spiegando quali sono le caratteristiche dei diversi metodi per l'interruzione della gravidanza e sottolinea il fatto che tali metodi, in un paese come questo, dovrebbero essere sempre garantiti ed offerti nella massima sicurezza, in strutture adeguate e con personale preparato, nel rispetto della salute e delle scelte di ogni donna.\r\nIn questi giorni così tristi, in queste ore in cui sentiamo la mancanza di Anna sempre più assurda e insopportabile, ci è sembrato importante portare questo punto di vista rispetto al tema dell'IVG. Per ribadire che ogni donna dovrebbe avere la certezza di trovare, in tutti gli ospedali \u003Cmark>del\u003C/mark> territorio in cui vive, personale medico preparato e professionale e non una schiera di obiettori di coscienza o di fanatici antiabortisti armati di Bibbia e rosario fuori dagli ambulatori.\r\n\r\nOgni donna dovrebbe avere la certezza di ricevere attenzione e rispetto per le sue scelte, perché è lei che decide. Nessun'altro.\r\n\r\nDovrebbe avere la certezza di vivere in un paese in cui, se un'amica, una compagna, muore in seguito ad una IVG, i giornalisti e le giornaliste - i media in generale - non passano il loro tempo ad imbrattare fogli e fogli di giornale con luoghi comuni, per ravvivare polemiche a favore o contro l’interruzione di gravidanza col metodo farmacologico (RU486), ma si documentano ed informano sulle reali condizioni che oggi vivono le donne negli ospedali pubblici in Italia, dove è sempre più difficile trovare attenzione e cura adeguate, rispetto e dignità. Quindi c'è ancora molto per cui lottare. Perché il nostro cammino condiviso si costruisce nell'autodeterminazione.\r\n\r\nPerchè Anna siamo tutte noi.\r\n\r\nhttp://gabrio.noblogs.org/post/2014/04/14/anna-siamo-tutte-noi/\r\n\r\nAscolta l'intervista con Sandra\r\n\r\nsandra\r\n\r\n ",[146],{"field":79,"matched_tokens":147,"snippet":143,"value":144},[71,72,73,74],{"best_field_score":83,"best_field_weight":84,"fields_matched":11,"num_tokens_dropped":43,"score":85,"tokens_matched":86,"typo_prefix_score":43},6682,{"collection_name":54,"first_q":151,"per_page":152,"q":151},"pillola del giorno dopo",6,11,{"facet_counts":155,"found":190,"hits":191,"out_of":512,"page":11,"request_params":513,"search_cutoff":32,"search_time_ms":86},[156,168],{"counts":157,"field_name":166,"sampled":32,"stats":167},[158,160,162,164],{"count":86,"highlighted":159,"value":159},"il colpo del strega",{"count":11,"highlighted":161,"value":161},"anarres",{"count":11,"highlighted":163,"value":163},"stakka stakka",{"count":11,"highlighted":165,"value":165},"la perla di labuan","podcastfilter",{"total_values":86},{"counts":169,"field_name":31,"sampled":32,"stats":188},[170,171,172,173,176,178,180,182,184,186],{"count":35,"highlighted":137,"value":137},{"count":35,"highlighted":139,"value":139},{"count":35,"highlighted":151,"value":151},{"count":174,"highlighted":175,"value":175},2,"glbtq",{"count":174,"highlighted":177,"value":177},"sessismo",{"count":11,"highlighted":179,"value":179},"fiction tv",{"count":11,"highlighted":181,"value":181},"televisione",{"count":11,"highlighted":183,"value":183},"janis joplin",{"count":11,"highlighted":185,"value":185},"bianca guidetti serra",{"count":11,"highlighted":187,"value":187},"contraccezione d'emergenza",{"total_values":189},41,7,[192,286,353,404,437,480],{"document":193,"highlight":232,"highlights":271,"text_match":281,"text_match_info":282},{"comment_count":43,"id":194,"is_sticky":43,"permalink":195,"podcastfilter":196,"post_author":197,"post_content":198,"post_date":199,"post_excerpt":49,"post_id":194,"post_modified":200,"post_thumbnail":201,"post_title":202,"post_type":203,"sort_by_date":204,"tag_links":205,"tags":220},"25350","http://radioblackout.org/podcast/i-podcast-de-il-colpo-della-strega-6ottobre2014/",[159],"dj"," \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n* Il racconto della mobilitazione contro le SentinelleInPiedi a Torino. La risposta determinata e forte della piazza contro l'omofobia e l'istigazione all'odio contro gay, lesbiche, trans e in generale contro tutti quei comportamenti che andrebbero ad inficiare la naturalità della famiglia fondata sull'unione matrimoniale di un uomo e una donna. Per essere libere e liberi di scegliere come, dove, quando e perchè...perchè loro solo in piedi, noi in tutte le posizioni!\r\n* Rassegna stampa e notizie di attualità: abbiamo letto e ampiamente commentato insieme, anche grazie ai messaggi giunti in diretta, gli articoli che seguono...\r\n- \"Violentate nel silenzio dei campi. A Ragusa il nuovo orrore delle schiave rumene.\"\r\n- \"Orfani bianchi. Il costo drammatico delle badanti.\"\r\n- \"Pavia: chiedono la pillola del giorno dopo. 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Collegamento in diretta con Maria delle Cagne Sciolte di Roma per la campagna romana contro gli obiettori e PierCarlo Racca, storico obiettore torinese al servizio militare. La presentazione della nostra campagna \"Tana libera tutte! 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Rappresentazione De-Genere”\r\n\r\nDomenica 8 marzo\r\ngiornata di lotta in giro per la città\r\n\r\nVenerdì 13 marzo\r\nLa truffa della Green Economy\r\nore 21 in corso Palermo 46\r\nInterverrà l’economista Francesco Fricche\r\n\r\nVenerdì 20 marzo\r\nQuestioni di specie\r\nore 21 in corso Palermo 46\r\nInterverrà Massimo Filippi, l’autore del libro\r\nIn risposta all'animalismo da talk show, questo libro sostiene una tesi molto chiara: lo sfruttamento e la messa a morte dei corpi animali sono parte integrante dell'ideologia e delle prassi di potere. La società in cui viviamo utilizza la carne dei non umani (e di chi a questi è equiparato) come materiale da costruzione per le sue architetture gerarchiche, al fine di riprodurre la struttura sacrificale su cui si erge. La risposta a questo orrore non può che tradursi in un antispecismo politico; un antispecismo che dovrebbe ibridarsi con le acquisizioni teoriche e pratiche degli altri movimenti di liberazione e, al contempo, guadagnare credibilità per smascherare l'antropocentrismo che in quelle acquisizioni si annida. Il movimento antispecista non è più chiamato a dimostrare l'inconfutabile sofferenza degli animali, ma a interrogarsi su come realizzare la liberazione dei corpi sensuali. È da qui che potrebbe prendere forma un movimento politico capace di non farsi assorbire nel ventre del sistema.\r\n\r\nSabato 21 marzo\r\nOgni scherzo vale!\r\nSmascherata di primavera per le vie della città\r\nore 13 al Balon – via Borgodora ex Arsenale\r\npartenza della sfilata alle 14,30\r\n\r\nOgni giorno in giro per la città…\r\nSalta il Tornello!\r\nCon la lotta, il mutuo appoggio e la solidarietà rendiamo gratuiti sin da ora i trasporti pubblici. \r\n\r\nWild C.A.T. 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La storia della sua vita e il racconto delle sue opere accompagnati dall'ascolto della sua musica.\r\nPer riascoltare la puntata:\r\nUnknown\r\nUnknown","13 Ottobre 2015","2018-10-24 17:34:59","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/09/adesivo-il-colpo-della-strega-new-copy-200x110.jpg","I podcast de Il Colpo della strega: 12ottobre2015",1444762769,[449,450,451,208,452,453,454,305,455,456,457,458],"http://radioblackout.org/tag/atlantideovunque/","http://radioblackout.org/tag/atlantide/","http://radioblackout.org/tag/fiat/","http://radioblackout.org/tag/kurdistan/","http://radioblackout.org/tag/palestina/","http://radioblackout.org/tag/patty-smith/","http://radioblackout.org/tag/sgomberi/","http://radioblackout.org/tag/turchia/","http://radioblackout.org/tag/violenza-di-genere/","http://radioblackout.org/tag/violenza-maschile-contro-le-donne/",[460,461,462,175,463,464,465,177,466,467,468,469],"#atlantideovunque","atlantide","fiat","Kurdistan","palestina","Patty Smith","Sgomberi","Turchia","violenza di genere","violenza maschile contro le donne",{"post_content":471},{"matched_tokens":472,"snippet":474,"value":475},[473,72,73,74],"Pillola","sessisti la pochezza di sè.\"\r\n\r\n\u003Cmark>Pillola\u003C/mark> \u003Cmark>del\u003C/mark> \u003Cmark>giorno\u003C/mark> \u003Cmark>dopo\u003C/mark>. 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Ammazzò suo fratello in cucina e freddò sull'aia il nipote accorso allo sparo\". E' l'incipit del racconto \"Un giorno di fuoco\" scritto nel 1955 da Beppe Fenoglio e poi pubblicato sulla rivista \"Paragone\". Il fatto risale al 1933 quando il futuro scrittore aveva 11 anni e i genitori d'estate lo mandavano dagli zii nelle Langhe, e del ragazzo stupito e curioso il racconto conserva il punto di vista. La battaglia di Gallesio contro il mondo si svolge fuori campo, uomini e donne vanno e vengono per raccontare gli sviluppi al ragazzo e quindi al lettore. \"Tu sei troppo piccolo, ma i torti nell'interesse sono quelli che ti avvelenano.\" Poi viene la guerra che va male, e per il re, Badoglio e gli altri pezzi grossi il problema si riduce a come fare la pace con gli americani senza farlo sapere ai tedeschi salvando i propri privilegi grandi e piccoli, dando vita al teatrino degli equivoci e degli intrighi che porta all'8 settembre, nel totale disprezzo per la sorte dei soldati al fronte. Beppe Fenoglio in \"Primavera di bellezza\" del 1959 ci mostra il punto di vista dei soldati, coloro che non decidono niente e vengono sempre a sapere le cose dopo. \"Così é finita, sergente? - Doveva pure finire. - Non così! Non così!\" Quando tutto crolla, molti decidono di non abbandonare le armi. \"Adesso siamo ribelli. Abbiamo sputato la pillola dell'8 settembre. Non torniamo a casa. Restiamo a combattere i tedeschi finché ce ne sarà uno in Italia.\" Beppe Fenoglio era un anticonformista, scomodo e sospetto a tutti. Le sinistre non gli perdonarono di essere passato durante la Resistenza agli \"autonomi\" dopo avere combattuto con le Brigate Garibaldi e di avere votato per la monarchia al referendum istituzionale. Le destre non gli perdonarono di essersi sposato con rito civile, scelta all'epoca molto trasgressiva. Non ha mai smesso di ragionare con la sua testa, e i suoi racconti restano tra i migliori affreschi della vita quotidiana e dei rapporti umani in un periodo cruciale della storia d'Italia. Mori nel 1963 a 41 anni d'età per tubercolosi con complicazioni respiratorie. \"Sulla lapide a me basterà il mio nome, le due date che sole contano, e la qualifica di scrittore e partigiano.\" Buon ascolto.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/07/2019.07.19-15.00.00-escopost.mp3\"][/audio]","20 Luglio 2019","2019-10-30 17:19:05","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/07/FENOGLIO1-190x110.jpg","UN GIORNO DI FUOCO - LA PERLA DI LABUAN 19/7/2019",1563613173,[],[],{"post_content":495,"post_title":499},{"matched_tokens":496,"snippet":497,"value":498},[72,73],"accorso allo sparo\". E' l'incipit \u003Cmark>del\u003C/mark> racconto \"Un \u003Cmark>giorno\u003C/mark> di fuoco\" scritto nel 1955","\"Alla fine di giugno Pietro Gallesio diede la parola alla doppietta. Ammazzò suo fratello in cucina e freddò sull'aia il nipote accorso allo sparo\". 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