","Monotonia del posto fisso o precarizzazione generale?","post",1328201644,[57],"http://radioblackout.org/tag/posto-fisso-monotonia-precarieta/",[30],{"post_content":60,"post_title":66,"tags":69},{"matched_tokens":61,"snippet":64,"value":65},[62,63],"posto","fisso","ad abbandonare il sogno del \u003Cmark>posto\u003C/mark> \u003Cmark>fisso\u003C/mark> definendolo una soluzione di vita","Il presidente del consiglio Mario Monti invita i giovani ad abbandonare il sogno del \u003Cmark>posto\u003C/mark> \u003Cmark>fisso\u003C/mark> definendolo una soluzione di vita monotona. Nel frattempo si prepara ad un nuovo attacco all'articolo 18 dello statuto dei lavoratori. Discutiamo di questo e del mercato del lavoro a venire con Andrea Fumagalli Economista e assiduo collaboratore di radio Blackout.\r\n\r\n[audio mp3=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/02/intervistaFuma.mp3\"]",{"matched_tokens":67,"snippet":68,"value":68},[62,63],"Monotonia del \u003Cmark>posto\u003C/mark> \u003Cmark>fisso\u003C/mark> o precarizzazione generale?",[70],{"matched_tokens":71,"snippet":72},[62,63],"\u003Cmark>posto\u003C/mark> \u003Cmark>fisso\u003C/mark> monotonia precarietà",[74,79,82],{"field":31,"indices":75,"matched_tokens":76,"snippets":78},[43],[77],[62,63],[72],{"field":80,"matched_tokens":81,"snippet":68,"value":68},"post_title",[62,63],{"field":83,"matched_tokens":84,"snippet":64,"value":65},"post_content",[62,63],1157451471441100800,{"best_field_score":87,"best_field_weight":88,"fields_matched":89,"num_tokens_dropped":43,"score":90,"tokens_matched":91,"typo_prefix_score":43},"2211897868288",15,3,"1157451471441100923",2,{"document":93,"highlight":112,"highlights":117,"text_match":85,"text_match_info":120},{"cat_link":94,"category":95,"comment_count":43,"id":96,"is_sticky":43,"permalink":97,"post_author":46,"post_content":98,"post_date":99,"post_excerpt":49,"post_id":96,"post_modified":100,"post_thumbnail":101,"post_thumbnail_html":102,"post_title":103,"post_type":54,"sort_by_date":104,"tag_links":105,"tags":110},[40],[42],"35605","http://radioblackout.org/2016/05/francia-il-vento-soffia-forte/","All'indomani di un Primo Maggio caldissimo, come non se ne vedevano da almeno trent'anni, il movimento contro la Loi Travail è ancora in crescita.\r\nDifficile fare pronostici, sebbene sia ormai chiara la forte preoccupazione del governo Valls, che ha giocato questa carta un mese dopo gli attentati del 13 novembre a Parigi, confidando che il clima di unità nazionale suscitato dalle stragi jiadiste, sopisse sul nascere l'opposizione ad un piano di macelleria sociale, destinato a ridurre rapidamente le distanze tra chi non ha mai avuto diritti e i lavoratori che qualche tutela l'hanno mantenuta. I disoccupati ed i precari delle periferie e i lavoratori con il posto fisso scoprono che la strada in salita degli uni potrebbe essere ostruita dalla discesa precipitosa degli altri.\r\nUn tappo, un ingorgo, un bouchon sociale che qui in Italia ha funzionato sin troppo bene. Lo scivoloso declivio della guerra tra poveri ha consentito ai governi degli ultimi trent'anni di praticare una macelleria sociale durissima, incontrando una resistenza sempre più debole.\r\nNon solo. Il movimento è andato ben oltre l'opposizione alla nuova normativa sul lavoro, per assumere caratteristiche di critica più radicale.\r\nI temi del lavoro entrano a far parte di un mosaico che solo occasionalmente è rivendicativo, assumendo caratteri seccamente antisistemici.\r\n\r\nAssemblee di piazza e casseur si intrecciano negli stessi luoghi. In piazza si sperimenta una presa di presa di parola collettiva, che, al di là delle assemblee generali, si concretizza intorno a specifiche aree tematiche. La piazza è anche il posto dove si preparano le incursioni in città, da dove si dipanano pratiche di scontro con la polizia e di assalto ad auto e negozi di lusso. La piazza non è immobile, perché si materializza altrove, secondo le necessità e circostanze.\r\nGli accampamenti di migranti sotto sgombero, i licei, i grandi magazzini dove la precarietà e già l'orizzonte normale del lavoro sono i luoghi di un movimento che ridisegna il territorio, individuando i luoghi del conflitto e quelli dove una comunità in lotta si incontra e si riconosce.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Gianni Carrozza, redattore parigino di Collegamenti e animatore della trasmissione Vive la Sociale! a radio Frequence Plurielle\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2016-05-03-carrozza-francia","4 Maggio 2016","2016-05-06 18:27:49","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/france-travail-manif_sn635-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/france-travail-manif_sn635-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/france-travail-manif_sn635-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/france-travail-manif_sn635.jpg 635w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Francia. 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Per poter così costruire una vera alternativa alle politiche filopadronali del governo Renzi, che pur ostentando una strafottente sicurezza potrebbe presto trovarsi in seria difficoltà.\r\n\r\nAscolta l'intervista:\r\n\r\nnapoli","30 Ottobre 2014","2014-11-08 14:42:44","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/10/manifestazione-5-6-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"132\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/10/manifestazione-5-6-300x132.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/10/manifestazione-5-6-300x132.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/10/manifestazione-5-6-100x44.jpg 100w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/10/manifestazione-5-6.jpg 680w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Napoli, contestato Padoan in solidarietà coi lavoratori di Terni",1414669938,[],[],{"post_content":138},{"matched_tokens":139,"snippet":140,"value":141},[62,63],"più svanire le garanzie del \u003Cmark>posto\u003C/mark> \u003Cmark>fisso\u003C/mark> e perciò, pur appartenendo a","Stamattina studenti e precari napoletani hanno contestato il ministro dell'economia Padoan, intervenuto a una conferenza della Bei (Banca Europea degli investimenti), con striscione cartelli e slogan contro il jobs act e in solidarietà ai lavoratori delle acciaierie di Terni.\r\n\r\nUn compagno napoletano ci ha raccontato in diretta la dinamica della contestazione e ha poi sottolineato l'importanza dell'unità delle lotte di studenti e precari e di quei lavoratori che vedono sempre più svanire le garanzie del \u003Cmark>posto\u003C/mark> \u003Cmark>fisso\u003C/mark> e perciò, pur appartenendo a un mondo sindacale strutturato e ingessato, diventano più inclini alla ripresa della lotta di piazza, come si è visto a Roma ieri quando i lavoratori dell'Ast sono stati caricati dalla polizia. 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Le ruspe demoliscono un'altra porzione della baraccopoli sorta lungo le rive dello Stura, di fronte all'Iveco. E' la seconda volta in poche settimane. I giornali parlano di degrado, abusivi, pulizia.\r\nI rom di lungo Stura Lazio sono quasi tutti rumeni. In Romania non ci sono campi \"nomadi\" perché non ci sono nomadi. Chi arriva in Italia o in Francia viene etichettato come \"nomade\", vagabondo, perdigiorno e relegato nei campi. Sono i campi che ti rendono zingaro, persona di passaggio per volontà dello Stato.\r\nI mestieri tradizionali della gente rom, la riparazione delle pentole, l'addestramento dei cavalli, gli spettacoli di strada sono scomparsi come tanti altri mestieri \"tradizionali\" dei gagi.\r\nI calderai rom, che viaggiavano in una regione, passando ogni anno o stagione sono spariti come i fini ebanisti piemontesi, cui la città di Torino dedica le vie.\r\nIl nomadismo era legato al lavoro: sparito il lavoro, sparito il nomadismo. I contadini poveri piemontesi cent'anni fa in inverno andavano in Francia a fare i muratori: il loro era un nomadismo stagionale. Ogni primavera valicavano nuovamente le Alpi per tornare alle loro case.\r\nI sinti piemontesi, che vivono nella nostra regione da 700 anni, parlano un dialetto piemu da campagnini non viaggiano più. Gli unici sinti che si muovono ancora sono quelli dei circhi: i giostrai viaggiano sempre meno, si cercano un posto fisso e lì vivono la loro vita.\r\n\r\nGli sgomberati di lungo Stura Lazio non hanno prospettive di trovare una casa. Più facile trovare un lavoro che una casa. Chi non ha una casa è tout court pericoloso. Così come l'uroboro che si morde la coda nutrendosi di se stesso, il razzismo istituzionale genera politiche di esclusione sociale: l'esclusione alimenta a sua volta il razzismo.\r\n\r\nNei fatti gli sgomberi di queste settimane sono solo operazioni di facciata. Non tutte le baracche sono state tirate giù e presto l'area tornerà a popolarsi di uomini, donne e bambini che non hanno altro posto che un'area alluvionabile e pericolosa lontana anni luce dalle case dove vivono i gagi.\r\nGli stessi gagi che profittano della presenza delle baracche per trasformare l'area nella propria discarica abusiva. I cronisti dei quotidiani cittadini cesellano la loro prosa su quei cumuli di immondizia. La dignità di chi è forzato a viverci viene schiacciata da un pregiudizio che si autoalimenta.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Cecilia, attivista antirazzista torinese.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2014 08 06 cecilia sgombero lungo stura","6 Agosto 2014","2014-09-19 13:41:53","Rom a Torino. 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Grazie alla mobilitazione sviluppatesi in queste settimane nel Paese è stato fatto solo un primo, piccolo passo avanti rispetto alla drastica modifica proposta in un primo tempo dalla Ministra Fornero, e la soluzione trovata per i licenziamenti economici individuali è suscettibile ancora di ulteriori miglioramenti in Parlamento per quanto concerne alcune parti del testo, dato che rappresenta un complicato percorso che difficilmente potrà portare al reintegro per il lavoratore illegittimamente licenziato per motivi economici, come ha ammesso perfino lo stesso presidente del Consiglio Monti, che ha dichiarato il reintegro “riferito a casi molto estremi ed improbabili”.\r\n\r\nLICENZIAMENTO PER MOTIVI ECONOMICI PLURIMI (non più di 4 nell’arco di 120 giorni)\r\nNel disegno di legge, per i licenziamenti economici che non siano “manifestamente insussistenti” è previsto solo l'indennizzo, da 12 a 24 mensilità. In pratica l'azienda licenzierebbe il lavoratore “per motivi economici”; entro 7 giorni la Direzione Territoriale del Lavoro convoca azienda e lavoratore per la “conciliazione obbligatoria”, che ha per obiettivo la determinazione di un indennizzo condiviso da entrambe le parti; se non c'è l'accordo il lavoratore può ricorrere al Giudice il quale, con rito abbreviato, dovrà valutare se la motivazione economica sia valida e non nasconda in realtà intenzioni “discriminatorie”. Il Giudice però non può entrare nel merito delle valutazioni tecniche, organizzative e produttive del datore di lavoro che licenzia, e la riforma aggiunge che se lo fa, la sua sentenza può essere impugnata. Se il Giudice non troverà motivi per contestare la causale scelta dall'azienda, darà il via libera al licenziamento e il lavoratore perderà anche l'indennizzo.\r\nL’aspetto davvero singolare di questo disegno di legge è che se il datore di lavoro non riesce a giustificare l’esistenza del motivo economico, e il licenziamento è “illegittimo”, mentre prima la regola era ordinare il reintegro, adesso il Giudice condanna al pagamento di una indennità, da 12 a 24 mesi di stipendio e non può ordinare il reintegro, anche se la ragione economica non è giustificata. È palesemente una norma che ne premia l’uso disinvolto da parte di imprenditori con pochi scrupoli: se il datore di lavoro non riesce a provare un motivo per licenziare e il Giudice stabilisce che il licenziamento è infondato, perché mai non si dovrebbe essere automaticamente reintegrati sul posto di lavoro? Sembra un assurdità, una bestemmia, ma in effetti è così. Il legislatore ha previsto dunque un modo confuso e scorretto di regolarsi di fronte a un atto giudicato illegittimo, il cui riconoscimento dovrebbe ripristinare come logica conseguenza lo stato antecedente. Sarebbe dunque lecito aspettarsi che il testo del disegno di legge subisca una riscrittura in ambito parlamentare.\r\nNel caso invece di “illegittimità del licenziamento per manifesta insussistenza”, l’onere della prova si sposta sul lavoratore, che, in un nuovo processo, dovrà farsi carico di assumere una pletora di psicologi, investigatori, ricercatori, per dimostrare la «manifesta insussistenza», cioè un motivo chiaro ed evidente: in pratica deve dimostrare che si ricada nella discriminazione, o che l’antipatia da parte del datore di lavoro sia stata mascherata da una ragione economica. Inoltre, secondo il testo, il Giudice anche nel caso di accertata e riconosciuta la «manifesta insussistenza» non è obbligato, ma «può» ordinare il reintegro, cioè esso non scatta automaticamente. \r\n\r\nAlcune considerazioni:\r\na) l’articolo 18 non è la causa della precarietà esistente\r\n1) è dimostrato dal fatto che nelle aziende fino a 10 dipendenti, dove non vige l’art. 18 e non c’è il sindacato, nel 2010 su 332.620 assunzioni solo 112.910 (il 33%) erano a tempo indeterminato, mentre le altre erano tutte tempi determinati e stagionali.\r\n2) Il tasso degli assunti a tempo indeterminato, esclusi gli stagionali, nelle aziende sotto i 10 dipendenti, è poi quasi identico a quello delle imprese con oltre 500 dipendenti (il 47% nelle microimprese contro il 46,6% nelle grandi). Se aggiungiamo gli stagionali, la precarietà nelle imprese dove non vige lo statuto dei lavoratori con il suo art. 18 sale addirittura a livelli nettamente superiori a quello delle grandi imprese! (v. Patta)\r\nLa realtà quindi è che l’occupazione cresce o diminuisce, non a causa dell’articolo 18, ma secondo l’andamento del ciclo economico e secondo le leggi sul mercato del lavoro approvate nel frattempo (pacchetto Treu e legge 30 Biagi)..\r\nb) Come farà il Giudice a dimostrare l’insussistenza senza indagare nell’economia dell’azienda? Il disegno di legge rischia di essere fortemente lesivo dell’autonomia del Giudice nella decisione relativa al possibile reintegro. Il giustificato motivo oggettivo di licenziamento oggi è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza alcuna ingerenza da parte del Giudice circa la scelta dei criteri di gestione dell'impresa, in quanto questi sono considerati espressione della libertà di iniziativa economica dell' imprenditore. \r\nc) Il disegno di legge dice poi che l'indennità di 12-24 mesi si applica in “tutti gli altri casi di illegittimità che non siano manifesti”. Qui il problema più importante è quello di sapere quali sarebbero questi ulteriori casi, e soprattutto se essi comprendono le ipotesi di cosiddetto licenziamento “speculativo”, non connesso ad una difficoltà aziendale di tipo economico o organizzativo, ma solo alla ricerca di un maggior profitto a scapito del lavoratore.\r\n\r\nd) L'articolo 18 è anche un'arma preziosissima per il precario che nei fatti svolge un lavoro da dipendente: Senza l'articolo 18 il lavoratore non può denunciare il datore di lavoro che usa in maniera truffaldina il lavoro precario come lavoro subordinato e quindi non può farsi assumere a tempo indeterminato \r\n \r\ne) la possibilità di licenziare esiste già ampiamente in Italia\r\na) In base alle leggi esistenti (art. 30 della legge 183 del 2010, legge 604 del 1966 e 223 del 1991) e ai Contatti Collettivi Nazionali, i datori di lavoro possono licenziare, riducendo il personale e mettendo in mobilità i lavoratori. La legge legge 604 del 1966 prevede che il licenziamento individuale può essere liberamente intimato sia per motivi oggettivi di carattere economico (ragioni tecniche organizzative e produttive, nelle quali sono normalmente richiamati motivi economici, crisi, calo di domanda, diminuzione dei costi, riorganizzazione, ecc.) sia per motivi soggettivi dovuti al notevole inadempimento agli obblighi contrattuali del lavoratore o ad una colpa grave costituente “giusta causa” (le mancanze disciplinari del lavoratore). Vi è poi la possibilità, ampia ed incondizionata, di riduzione del personale con i licenziamenti collettivi (legge 223/91): tale normativa richiede solamente il rispetto di una procedura e di una verifica giudiziaria per eliminare tutti i lavoratori che l’azienda ritiene in esubero.\r\nb) i licenziamenti per riduzione di personale avvengono quotidianamente da parte di aziende con meno di 16 dipendenti, che non hanno altro onere che quello di pagare un'indennità di preavviso molto più bassa di quella prevista in altri Paesi europei: solo ove un Giudice accerti che le motivazioni addotte non sono vere, dovrà pagare un'ulteriore indennità, comunque non superiore a sei mensilità\r\nc) nel 2010, sono stati estromessi in forma lecita dal mercato del lavoro (parzialmente o in maniera definitiva tramite cassa integrazione, disoccupazione, mobilità) circa 4 milioni di lavoratori, un terzo del totale iscritto all’istituto previdenziale: il totale è consultabile nel Bilancio 2010 dell’Inps\r\nd) Se guardiamo le imprese sopra i 500 dipendenti che, secondo alcuni, sarebbero il santuario del posto fisso, apprendiamo dall’Istat che il turn over è stato, nel 2010, mediamente di 113 assunti a fronte di 122 in uscita.\r\ne) L'Italia (con il Belgio) è l'unico paese nel quale la legge non garantisce un periodo minimo di preavviso, in molti ordinamenti superiore al mese. L'Italia è uno dei pochi paesi europei che non riconosce alcuna forma di indennizzo economico per chi è licenziato legittimamente\r\nf) La giurisprudenza italiana degli ultimi anni ha progressivamente \"liberalizzato\" il licenziamento per giustificato motivo oggettivo; un orientamento che il governo Berlusconi ha inteso rafforzare con la norma del “Collegato lavoro” che preclude al Giudice di estendere il proprio controllo \"al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro\" (art. 30, co. 1,l. n. 183/2010).\r\ng) In Italia c’è un vero “discount\" delle braccia l’80% dei pochi nuovi assunti ha un contratto a termine di quale altra flessibilità in uscita hanno bisogno le imprese?\r\n\r\nf) più libertà di licenziare non porta le imprese ad assumere\r\na) Su tredici ricerche realizzate, nove di esse danno risultati indeterminati, tre segnalano che la maggior flessibilità del lavoro riduce l’occupazione e aumenta la disoccupazione, e una soltanto segnala che la flessibilità riduce la disoccupazione (cfr. T. Boeri and J. van Ours, The economics of imperfect labor markets, Princeton University Press 2008).\r\nb) Perfino O. Blanchard, del Fondo Montario Internazionale, dopo un’accurata disamina dei principali lavori empirici sul tema, giunge a una conclusione secca: «le differenze nei regimi di protezione dell’impiego appaiono largamente incorrelate alle differenze tra i tassi di disoccupazione dei vari paesi» (O. Blanchard, “European unemployment: the evolution of facts and ideas”, Economic policy 2006). v. Emiliano. Brancaccio.\r\nc) È la domanda aggregata di merci e servizi che manca, arrivano poche commesse, i dipendenti che già ci sono bastano e avanzano, c'è la crisi dei consumi: ecco perché non ci si lancia in nuove assunzioni.\r\nd) dopo la riforma del 2003, che ha aumentato la cosiddetta flessibilità (licenziabilità) in Italia e che l’ha resa superiore ad altri paesi come Francia, Germania e Inghilterra, i nostri indici occupazionali sono peggiorati. Anche la legge 30 “Biagi” è stata approvata col fine di avere più occupazione e meno precarietà e gli esiti disastrosi sono ora sotto gli occhi di tutti\r\ne) Non esiste un solo precedente, nella storia dell’industria italiana, in cui la flessibilità nel mercato del lavoro abbia portato a un più alto senso di responsabilità delle imprese. Non c’è alcuna ragione logica per pensare che le imprese, una volta libere di licenziare, acconsentiranno poi volentieri ad assumere\r\ng) con la crisi il problema è fermare i licenziamenti, non facilitarli I dati ISTAT segnalano, nello scorso anno, una riduzione di un milione di giovani occupati rispetto al 2008: se a questo dato aggiungiamo l'aumento della cassa integrazione del 21% nel marzo 2012 e il blocco delle pensioni, che ha impedito a 800 mila giovani di entrare nel mondo del lavoro nei prossimi tre anni, si comprende a quale ecatombe sociale siamo di fronte. Il tema principale dovrebbe essere la crescita, ma su questo il governo Monti non c'è.\r\nh) l’indice di protezione contro i licenziamenti dei lavoratori a tempo indeterminato, elaborato dall’Ocse è in Italia inferiore a quello dei nostri principali concorrenti Francia e Germania (rispettivamente 1,69 contro 2,60 e 2,85 nel 2008). La scarsa dinamica della produttività non è dunque imputabile a lavoratori perché protetti dall’art. 18, come dimostrano i dati, ma semmai alla scarsa innovazione tecnologica e organizzativa e al mancato adeguamento della specializzazione produttiva.\r\n\r\nLICENZIAMENTO DISCIPLINARE\r\nCon il sistema vigente, una volta accertata l’illegittimità dell’allontanamento del lavoratore, il Giudice dispone il reintegro del lavoratore stesso e condanna il datore di lavoro al pagamento di tutti gli stipendi dalla data di estromissione dal servizio e sino a quella della reintegra. Con la riforma recentissimamente cambiata, invece, il giudice, una volta accertata l’illegittimità dell’allontanamento del lavoratore, può decidere il reintegro o la sanzione economica all’Azienda senza reintegro, nonostante l’ingiustificato motivo. Decide il reintegro per insussistenza dei fatti contestati ovvero perchè il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base «delle previsioni della legge, dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili». Il giudice avrà la facoltà di decidere in base al criterio della proporzionalità dell'infrazione disciplinare commessa rispetto alla sanzione che deve essere applicata, come prevede l'articolo 2106 del Codice Civile. Ciò gli consente una valutazione discrezionale della proporzionalità della sanzione applicata (cioè il licenziamento) rispetto all'infrazione commessa..\r\nAlcune considerazioni:\r\na) Che il legislatore abbia previsto la sanzione economica all’Azienda senza reintegro, nonostante l’ingiustificato motivo, appare un’aberrazione giuridica a tutti gli effetti, oltre che una palese ingiustizia nei confronti del lavoratore.\r\nb) Se dovesse passare la nuova normativa, sarebbe il Giudice a decidere tutto e dovrebbe essere il lavoratore a dimostrare che il licenziamento è così particolarmente ingiusto, da richiedere la sanzione della reintegra. Insomma, si avrebbe una sorta di inversione dell’onere della prova. Oggi è il datore di lavoro che deve dimostrare che ha licenziato giustamente, domani sarebbe il lavoratore a dover dimostrare che è stato ingiustamente licenziato. Siamo allo stravolgimento definitivo del sistema di tutele garantito dallo Statuto dei lavoratori.\r\nc) Sino ad oggi un lavoratore licenziato illegittimamente e reintegrato per ordine del Giudice percepiva tutte le mensilità dalla data dell’illegittimo licenziamento sino a quella della reintegra. Questo, ovviamente, costituiva un grosso deterrente per le imprese che, prima di procedere ad un licenziamento, ponderavano attentamente le eventuali conseguenze. Da domani non sarà più così, quindi diventa meno rischioso e più economico il licenziamento disciplinare rispetto a prima. Ben più ragionevole sarebbe una norma che prevedesse l'obbligo per il datore di lavoro di versare i contributi per l'intero periodo, a prescindere dalla copertura offerta dalla indennità di disoccupazione.\r\n\r\nLICENZIAMENTI DISCRIMINATORI\r\n\r\nViene mantenuto il reintegro nel posto di lavoro.\r\na) I licenziamenti discriminatori sono vietati già oggi da qualsiasi convenzione, legge, Costituzione, italiana, o internazionale. Ed è uno dei tanti falsi del governo che con questo provvedimento il divieto sia esteso sotto i quindici dipendenti, perché c’è sempre stato, grazie alla legge 108 del 1990, ma non ha mai agito per la semplice ragione che nessun datore di lavoro è così fesso da licenziare per esplicita discriminazione personale, ideologica, razziale, di fede religiosa, di appartenenza ad un sindacato, di lingua o di sesso, di handicap, di età.\r\n\r\n b) i casi in cui un Giudice abbia potuto accertare la natura discriminatoria del recesso sono rarissimi. L'onere di dimostrare l'intento discriminatorio incombe infatti sul lavoratore, che in un atto individuale non può neppure fare ricorso ai dati statistici, utilizzabili invece nelle sole discriminazioni collettive.\r\nLICENZIAMENTI COLLETTIVI\r\n\r\nL’art. 15 del disegno di legge tratta i licenziamenti collettivi, introducendo un gravissimo peggioramento della disciplina. Attualmente per le violazioni procedurali la sanzione per l’Azienda sarebbe unicamente quella economica, mentre la sanzione di reintegra sarebbe limitata alla violazione dei soli criteri di scelta dei licenziati. Cosa accade ora? Per questo tipo di licenziamenti ci devono essere due comunicazioni da parte del datore di lavoro: quella in cui annuncia la decisione generale, con il numero dei licenziati, e poi quella finale, grazie alla quale il singolo conosce i criteri per i quali è finito tra i licenziati. Ebbene, la prima comunicazione, anche se scorretta, non sarà più impugnabile per errori procedurali, perché si intende «sanata dall'accordo sindacale» eventualmente raggiunto. La seconda è impugnabile dal singolo lavoratore, ma l'errore procedurale non darà più luogo al reintegro, ma solo a un indennizzo da 12 a 24 mensilità. Il reintegro c'è solo nella rara eventualità che il lavoratore riesca a indicare un collega che avrebbe dovuto essere licenziato al posto suo: un’assurda guerra tra poveri! Il rendiconto dell’utilizzo dei criteri di scelta dei licenziati è un documento delicatissimo, sulla cui regolarità si è molto spesso giocata la sorte delle procedure di esubero.\r\nSe non venisse modificato questo disegno di legge, il datore di lavoro avrebbe convenienza a fare 5 o più licenziamenti invece di 4, ossia un licenziamento collettivo al posto di 4 licenziamenti individuali, perché così facendo si sottrarrebbe al rischio della reintegra nel posto di lavoro, rientrando nella più permissiva disciplina dei licenziamenti collettivi.\r\n\r\n IL PUBBLICO IMPIEGO\r\nL'articolo 2 del Disegno di legge chiarisce: \"Le disposizioni della presente legge costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni\". Le nuove norme, dunque, si estendono anche ai dipendenti di Ministeri, Enti locali ecc. Il secondo comma specifica tuttavia che sarà il Parlamento a conferire apposita delega al ministro per la P. a., Patroni Griffi, sentiti i sindacati, per individuare e definire \"gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione\" tra la nuova normativa e le leggi speciali che sinora hanno \"tutelato\" il comparto pubblico.\r\nAttualmente tutte le amministrazioni pubbliche, in un modo o nell’altro, hanno applicato lo Statuto dei lavoratori, quindi se l’art. 18 viene cambiato ne assumono automaticamente anche le modifiche. Lo Statuto dei lavoratori (legge 300/70) è stato infatti recepito dal testo unico sul pubblico impiego oltre dieci anni fa (legge 165/2001) anche se le sue applicazioni passano per una disciplina normativa diversa da quella del settore privato.\r\nCONCLUSIONE ARTICOLO 18 \r\nIl punto centrale della questione è l’illegittimità del licenziamento: se il licenziamento e' illegittimo la sanzione deve essere il reintegro, e non ci possono essere sanzioni differenti. A uguale reato uguale sanzione, perché questo prevedono la Costituzione e la stessa Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea, che esige (art. 30 Carta di Nizza) la tutela dei lavoratori contro ogni licenziamento ingiustificato. Al di fuori della giusta causa o del giustificato motivo, il licenziamento è nullo: lo prevede il Codice civile, la legge n. 604 del 15 luglio 1966 ma anche il diritto internazionale (Convenzione OIL n. 158/82). Il lavoro non è una concessione dell’imprenditore, ma il fondamento della Repubblica Italiana, che non può essere semplicemente lasciato all’onestà del datore di lavoro.\r\n\r\n\r\n(contributo di Franco di Pinerolo ricevuto su blackoutinfo@autistici.org)","19 Aprile 2012","2012-04-19 14:50:45","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/04/art-18-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"152\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/04/art-18-300x152.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/04/art-18-300x152.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/04/art-18.jpg 316w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","ARTICOLO 18: MOLTA FLEX POCA SECURITY",1334846992,[189],"http://radioblackout.org/tag/art-18/",[14],{"post_content":192},{"matched_tokens":193,"snippet":194,"value":195},[62,63],"alcuni, sarebbero il santuario del \u003Cmark>posto\u003C/mark> \u003Cmark>fisso\u003C/mark>, apprendiamo dall’Istat che il turn","Il significato dell’art. 18 consisteva nel diritto della lavoratrice e del lavoratore di essere reintegrati nel \u003Cmark>posto\u003C/mark> di lavoro da parte del Giudice quando veniva accertata l’illegittimità del licenziamento ordinato dal datore di lavoro. Grazie alla mobilitazione sviluppatesi in queste settimane nel Paese è stato fatto solo un primo, piccolo passo avanti rispetto alla drastica modifica proposta in un primo tempo dalla Ministra Fornero, e la soluzione trovata per i licenziamenti economici individuali è suscettibile ancora di ulteriori miglioramenti in Parlamento per quanto concerne alcune parti del testo, dato che rappresenta un complicato percorso che difficilmente potrà portare al reintegro per il lavoratore illegittimamente licenziato per motivi economici, come ha ammesso perfino lo stesso presidente del Consiglio Monti, che ha dichiarato il reintegro “riferito a casi molto estremi ed improbabili”.\r\n\r\nLICENZIAMENTO PER MOTIVI ECONOMICI PLURIMI (non più di 4 nell’arco di 120 giorni)\r\nNel disegno di legge, per i licenziamenti economici che non siano “manifestamente insussistenti” è previsto solo l'indennizzo, da 12 a 24 mensilità. In pratica l'azienda licenzierebbe il lavoratore “per motivi economici”; entro 7 giorni la Direzione Territoriale del Lavoro convoca azienda e lavoratore per la “conciliazione obbligatoria”, che ha per obiettivo la determinazione di un indennizzo condiviso da entrambe le parti; se non c'è l'accordo il lavoratore può ricorrere al Giudice il quale, con rito abbreviato, dovrà valutare se la motivazione economica sia valida e non nasconda in realtà intenzioni “discriminatorie”. Il Giudice però non può entrare nel merito delle valutazioni tecniche, organizzative e produttive del datore di lavoro che licenzia, e la riforma aggiunge che se lo fa, la sua sentenza può essere impugnata. Se il Giudice non troverà motivi per contestare la causale scelta dall'azienda, darà il via libera al licenziamento e il lavoratore perderà anche l'indennizzo.\r\nL’aspetto davvero singolare di questo disegno di legge è che se il datore di lavoro non riesce a giustificare l’esistenza del motivo economico, e il licenziamento è “illegittimo”, mentre prima la regola era ordinare il reintegro, adesso il Giudice condanna al pagamento di una indennità, da 12 a 24 mesi di stipendio e non può ordinare il reintegro, anche se la ragione economica non è giustificata. È palesemente una norma che ne premia l’uso disinvolto da parte di imprenditori con pochi scrupoli: se il datore di lavoro non riesce a provare un motivo per licenziare e il Giudice stabilisce che il licenziamento è infondato, perché mai non si dovrebbe essere automaticamente reintegrati sul \u003Cmark>posto\u003C/mark> di lavoro? Sembra un assurdità, una bestemmia, ma in effetti è così. Il legislatore ha previsto dunque un modo confuso e scorretto di regolarsi di fronte a un atto giudicato illegittimo, il cui riconoscimento dovrebbe ripristinare come logica conseguenza lo stato antecedente. Sarebbe dunque lecito aspettarsi che il testo del disegno di legge subisca una riscrittura in ambito parlamentare.\r\nNel caso invece di “illegittimità del licenziamento per manifesta insussistenza”, l’onere della prova si sposta sul lavoratore, che, in un nuovo processo, dovrà farsi carico di assumere una pletora di psicologi, investigatori, ricercatori, per dimostrare la «manifesta insussistenza», cioè un motivo chiaro ed evidente: in pratica deve dimostrare che si ricada nella discriminazione, o che l’antipatia da parte del datore di lavoro sia stata mascherata da una ragione economica. Inoltre, secondo il testo, il Giudice anche nel caso di accertata e riconosciuta la «manifesta insussistenza» non è obbligato, ma «può» ordinare il reintegro, cioè esso non scatta automaticamente. \r\n\r\nAlcune considerazioni:\r\na) l’articolo 18 non è la causa della precarietà esistente\r\n1) è dimostrato dal fatto che nelle aziende fino a 10 dipendenti, dove non vige l’art. 18 e non c’è il sindacato, nel 2010 su 332.620 assunzioni solo 112.910 (il 33%) erano a tempo indeterminato, mentre le altre erano tutte tempi determinati e stagionali.\r\n2) Il tasso degli assunti a tempo indeterminato, esclusi gli stagionali, nelle aziende sotto i 10 dipendenti, è poi quasi identico a quello delle imprese con oltre 500 dipendenti (il 47% nelle microimprese contro il 46,6% nelle grandi). Se aggiungiamo gli stagionali, la precarietà nelle imprese dove non vige lo statuto dei lavoratori con il suo art. 18 sale addirittura a livelli nettamente superiori a quello delle grandi imprese! (v. Patta)\r\nLa realtà quindi è che l’occupazione cresce o diminuisce, non a causa dell’articolo 18, ma secondo l’andamento del ciclo economico e secondo le leggi sul mercato del lavoro approvate nel frattempo (pacchetto Treu e legge 30 Biagi)..\r\nb) Come farà il Giudice a dimostrare l’insussistenza senza indagare nell’economia dell’azienda? Il disegno di legge rischia di essere fortemente lesivo dell’autonomia del Giudice nella decisione relativa al possibile reintegro. Il giustificato motivo oggettivo di licenziamento oggi è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza alcuna ingerenza da parte del Giudice circa la scelta dei criteri di gestione dell'impresa, in quanto questi sono considerati espressione della libertà di iniziativa economica dell' imprenditore. \r\nc) Il disegno di legge dice poi che l'indennità di 12-24 mesi si applica in “tutti gli altri casi di illegittimità che non siano manifesti”. Qui il problema più importante è quello di sapere quali sarebbero questi ulteriori casi, e soprattutto se essi comprendono le ipotesi di cosiddetto licenziamento “speculativo”, non connesso ad una difficoltà aziendale di tipo economico o organizzativo, ma solo alla ricerca di un maggior profitto a scapito del lavoratore.\r\n\r\nd) L'articolo 18 è anche un'arma preziosissima per il precario che nei fatti svolge un lavoro da dipendente: Senza l'articolo 18 il lavoratore non può denunciare il datore di lavoro che usa in maniera truffaldina il lavoro precario come lavoro subordinato e quindi non può farsi assumere a tempo indeterminato \r\n \r\ne) la possibilità di licenziare esiste già ampiamente in Italia\r\na) In base alle leggi esistenti (art. 30 della legge 183 del 2010, legge 604 del 1966 e 223 del 1991) e ai Contatti Collettivi Nazionali, i datori di lavoro possono licenziare, riducendo il personale e mettendo in mobilità i lavoratori. La legge legge 604 del 1966 prevede che il licenziamento individuale può essere liberamente intimato sia per motivi oggettivi di carattere economico (ragioni tecniche organizzative e produttive, nelle quali sono normalmente richiamati motivi economici, crisi, calo di domanda, diminuzione dei costi, riorganizzazione, ecc.) sia per motivi soggettivi dovuti al notevole inadempimento agli obblighi contrattuali del lavoratore o ad una colpa grave costituente “giusta causa” (le mancanze disciplinari del lavoratore). Vi è poi la possibilità, ampia ed incondizionata, di riduzione del personale con i licenziamenti collettivi (legge 223/91): tale normativa richiede solamente il rispetto di una procedura e di una verifica giudiziaria per eliminare tutti i lavoratori che l’azienda ritiene in esubero.\r\nb) i licenziamenti per riduzione di personale avvengono quotidianamente da parte di aziende con meno di 16 dipendenti, che non hanno altro onere che quello di pagare un'indennità di preavviso molto più bassa di quella prevista in altri Paesi europei: solo ove un Giudice accerti che le motivazioni addotte non sono vere, dovrà pagare un'ulteriore indennità, comunque non superiore a sei mensilità\r\nc) nel 2010, sono stati estromessi in forma lecita dal mercato del lavoro (parzialmente o in maniera definitiva tramite cassa integrazione, disoccupazione, mobilità) circa 4 milioni di lavoratori, un terzo del totale iscritto all’istituto previdenziale: il totale è consultabile nel Bilancio 2010 dell’Inps\r\nd) Se guardiamo le imprese sopra i 500 dipendenti che, secondo alcuni, sarebbero il santuario del \u003Cmark>posto\u003C/mark> \u003Cmark>fisso\u003C/mark>, apprendiamo dall’Istat che il turn over è stato, nel 2010, mediamente di 113 assunti a fronte di 122 in uscita.\r\ne) L'Italia (con il Belgio) è l'unico paese nel quale la legge non garantisce un periodo minimo di preavviso, in molti ordinamenti superiore al mese. L'Italia è uno dei pochi paesi europei che non riconosce alcuna forma di indennizzo economico per chi è licenziato legittimamente\r\nf) La giurisprudenza italiana degli ultimi anni ha progressivamente \"liberalizzato\" il licenziamento per giustificato motivo oggettivo; un orientamento che il governo Berlusconi ha inteso rafforzare con la norma del “Collegato lavoro” che preclude al Giudice di estendere il proprio controllo \"al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro\" (art. 30, co. 1,l. n. 183/2010).\r\ng) In Italia c’è un vero “discount\" delle braccia l’80% dei pochi nuovi assunti ha un contratto a termine di quale altra flessibilità in uscita hanno bisogno le imprese?\r\n\r\nf) più libertà di licenziare non porta le imprese ad assumere\r\na) Su tredici ricerche realizzate, nove di esse danno risultati indeterminati, tre segnalano che la maggior flessibilità del lavoro riduce l’occupazione e aumenta la disoccupazione, e una soltanto segnala che la flessibilità riduce la disoccupazione (cfr. T. Boeri and J. van Ours, The economics of imperfect labor markets, Princeton University Press 2008).\r\nb) Perfino O. Blanchard, del Fondo Montario Internazionale, dopo un’accurata disamina dei principali lavori empirici sul tema, giunge a una conclusione secca: «le differenze nei regimi di protezione dell’impiego appaiono largamente incorrelate alle differenze tra i tassi di disoccupazione dei vari paesi» (O. Blanchard, “European unemployment: the evolution of facts and ideas”, Economic policy 2006). v. Emiliano. Brancaccio.\r\nc) È la domanda aggregata di merci e servizi che manca, arrivano poche commesse, i dipendenti che già ci sono bastano e avanzano, c'è la crisi dei consumi: ecco perché non ci si lancia in nuove assunzioni.\r\nd) dopo la riforma del 2003, che ha aumentato la cosiddetta flessibilità (licenziabilità) in Italia e che l’ha resa superiore ad altri paesi come Francia, Germania e Inghilterra, i nostri indici occupazionali sono peggiorati. Anche la legge 30 “Biagi” è stata approvata col fine di avere più occupazione e meno precarietà e gli esiti disastrosi sono ora sotto gli occhi di tutti\r\ne) Non esiste un solo precedente, nella storia dell’industria italiana, in cui la flessibilità nel mercato del lavoro abbia portato a un più alto senso di responsabilità delle imprese. Non c’è alcuna ragione logica per pensare che le imprese, una volta libere di licenziare, acconsentiranno poi volentieri ad assumere\r\ng) con la crisi il problema è fermare i licenziamenti, non facilitarli I dati ISTAT segnalano, nello scorso anno, una riduzione di un milione di giovani occupati rispetto al 2008: se a questo dato aggiungiamo l'aumento della cassa integrazione del 21% nel marzo 2012 e il blocco delle pensioni, che ha impedito a 800 mila giovani di entrare nel mondo del lavoro nei prossimi tre anni, si comprende a quale ecatombe sociale siamo di fronte. Il tema principale dovrebbe essere la crescita, ma su questo il governo Monti non c'è.\r\nh) l’indice di protezione contro i licenziamenti dei lavoratori a tempo indeterminato, elaborato dall’Ocse è in Italia inferiore a quello dei nostri principali concorrenti Francia e Germania (rispettivamente 1,69 contro 2,60 e 2,85 nel 2008). La scarsa dinamica della produttività non è dunque imputabile a lavoratori perché protetti dall’art. 18, come dimostrano i dati, ma semmai alla scarsa innovazione tecnologica e organizzativa e al mancato adeguamento della specializzazione produttiva.\r\n\r\nLICENZIAMENTO DISCIPLINARE\r\nCon il sistema vigente, una volta accertata l’illegittimità dell’allontanamento del lavoratore, il Giudice dispone il reintegro del lavoratore stesso e condanna il datore di lavoro al pagamento di tutti gli stipendi dalla data di estromissione dal servizio e sino a quella della reintegra. Con la riforma recentissimamente cambiata, invece, il giudice, una volta accertata l’illegittimità dell’allontanamento del lavoratore, può decidere il reintegro o la sanzione economica all’Azienda senza reintegro, nonostante l’ingiustificato motivo. Decide il reintegro per insussistenza dei fatti contestati ovvero perchè il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base «delle previsioni della legge, dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili». Il giudice avrà la facoltà di decidere in base al criterio della proporzionalità dell'infrazione disciplinare commessa rispetto alla sanzione che deve essere applicata, come prevede l'articolo 2106 del Codice Civile. Ciò gli consente una valutazione discrezionale della proporzionalità della sanzione applicata (cioè il licenziamento) rispetto all'infrazione commessa..\r\nAlcune considerazioni:\r\na) Che il legislatore abbia previsto la sanzione economica all’Azienda senza reintegro, nonostante l’ingiustificato motivo, appare un’aberrazione giuridica a tutti gli effetti, oltre che una palese ingiustizia nei confronti del lavoratore.\r\nb) Se dovesse passare la nuova normativa, sarebbe il Giudice a decidere tutto e dovrebbe essere il lavoratore a dimostrare che il licenziamento è così particolarmente ingiusto, da richiedere la sanzione della reintegra. Insomma, si avrebbe una sorta di inversione dell’onere della prova. Oggi è il datore di lavoro che deve dimostrare che ha licenziato giustamente, domani sarebbe il lavoratore a dover dimostrare che è stato ingiustamente licenziato. Siamo allo stravolgimento definitivo del sistema di tutele garantito dallo Statuto dei lavoratori.\r\nc) Sino ad oggi un lavoratore licenziato illegittimamente e reintegrato per ordine del Giudice percepiva tutte le mensilità dalla data dell’illegittimo licenziamento sino a quella della reintegra. Questo, ovviamente, costituiva un grosso deterrente per le imprese che, prima di procedere ad un licenziamento, ponderavano attentamente le eventuali conseguenze. Da domani non sarà più così, quindi diventa meno rischioso e più economico il licenziamento disciplinare rispetto a prima. Ben più ragionevole sarebbe una norma che prevedesse l'obbligo per il datore di lavoro di versare i contributi per l'intero periodo, a prescindere dalla copertura offerta dalla indennità di disoccupazione.\r\n\r\nLICENZIAMENTI DISCRIMINATORI\r\n\r\nViene mantenuto il reintegro nel \u003Cmark>posto\u003C/mark> di lavoro.\r\na) I licenziamenti discriminatori sono vietati già oggi da qualsiasi convenzione, legge, Costituzione, italiana, o internazionale. Ed è uno dei tanti falsi del governo che con questo provvedimento il divieto sia esteso sotto i quindici dipendenti, perché c’è sempre stato, grazie alla legge 108 del 1990, ma non ha mai agito per la semplice ragione che nessun datore di lavoro è così fesso da licenziare per esplicita discriminazione personale, ideologica, razziale, di fede religiosa, di appartenenza ad un sindacato, di lingua o di sesso, di handicap, di età.\r\n\r\n b) i casi in cui un Giudice abbia potuto accertare la natura discriminatoria del recesso sono rarissimi. L'onere di dimostrare l'intento discriminatorio incombe infatti sul lavoratore, che in un atto individuale non può neppure fare ricorso ai dati statistici, utilizzabili invece nelle sole discriminazioni collettive.\r\nLICENZIAMENTI COLLETTIVI\r\n\r\nL’art. 15 del disegno di legge tratta i licenziamenti collettivi, introducendo un gravissimo peggioramento della disciplina. Attualmente per le violazioni procedurali la sanzione per l’Azienda sarebbe unicamente quella economica, mentre la sanzione di reintegra sarebbe limitata alla violazione dei soli criteri di scelta dei licenziati. Cosa accade ora? Per questo tipo di licenziamenti ci devono essere due comunicazioni da parte del datore di lavoro: quella in cui annuncia la decisione generale, con il numero dei licenziati, e poi quella finale, grazie alla quale il singolo conosce i criteri per i quali è finito tra i licenziati. Ebbene, la prima comunicazione, anche se scorretta, non sarà più impugnabile per errori procedurali, perché si intende «sanata dall'accordo sindacale» eventualmente raggiunto. La seconda è impugnabile dal singolo lavoratore, ma l'errore procedurale non darà più luogo al reintegro, ma solo a un indennizzo da 12 a 24 mensilità. Il reintegro c'è solo nella rara eventualità che il lavoratore riesca a indicare un collega che avrebbe dovuto essere licenziato al \u003Cmark>posto\u003C/mark> suo: un’assurda guerra tra poveri! Il rendiconto dell’utilizzo dei criteri di scelta dei licenziati è un documento delicatissimo, sulla cui regolarità si è molto spesso giocata la sorte delle procedure di esubero.\r\nSe non venisse modificato questo disegno di legge, il datore di lavoro avrebbe convenienza a fare 5 o più licenziamenti invece di 4, ossia un licenziamento collettivo al \u003Cmark>posto\u003C/mark> di 4 licenziamenti individuali, perché così facendo si sottrarrebbe al rischio della reintegra nel \u003Cmark>posto\u003C/mark> di lavoro, rientrando nella più permissiva disciplina dei licenziamenti collettivi.\r\n\r\n IL PUBBLICO IMPIEGO\r\nL'articolo 2 del Disegno di legge chiarisce: \"Le disposizioni della presente legge costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni\". Le nuove norme, dunque, si estendono anche ai dipendenti di Ministeri, Enti locali ecc. Il secondo comma specifica tuttavia che sarà il Parlamento a conferire apposita delega al ministro per la P. a., Patroni Griffi, sentiti i sindacati, per individuare e definire \"gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione\" tra la nuova normativa e le leggi speciali che sinora hanno \"tutelato\" il comparto pubblico.\r\nAttualmente tutte le amministrazioni pubbliche, in un modo o nell’altro, hanno applicato lo Statuto dei lavoratori, quindi se l’art. 18 viene cambiato ne assumono automaticamente anche le modifiche. Lo Statuto dei lavoratori (legge 300/70) è stato infatti recepito dal testo unico sul pubblico impiego oltre dieci anni fa (legge 165/2001) anche se le sue applicazioni passano per una disciplina normativa diversa da quella del settore privato.\r\nCONCLUSIONE ARTICOLO 18 \r\nIl punto centrale della questione è l’illegittimità del licenziamento: se il licenziamento e' illegittimo la sanzione deve essere il reintegro, e non ci possono essere sanzioni differenti. A uguale reato uguale sanzione, perché questo prevedono la Costituzione e la stessa Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea, che esige (art. 30 Carta di Nizza) la tutela dei lavoratori contro ogni licenziamento ingiustificato. Al di fuori della giusta causa o del giustificato motivo, il licenziamento è nullo: lo prevede il Codice civile, la legge n. 604 del 15 luglio 1966 ma anche il diritto internazionale (Convenzione OIL n. 158/82). Il lavoro non è una concessione dell’imprenditore, ma il fondamento della Repubblica Italiana, che non può essere semplicemente lasciato all’onestà del datore di lavoro.\r\n\r\n\r\n(contributo di Franco di Pinerolo ricevuto su blackoutinfo@autistici.org)",[197],{"field":83,"matched_tokens":198,"snippet":194,"value":195},[62,63],{"best_field_score":87,"best_field_weight":34,"fields_matched":11,"num_tokens_dropped":43,"score":121,"tokens_matched":91,"typo_prefix_score":43},{"document":201,"highlight":219,"highlights":224,"text_match":227,"text_match_info":228},{"cat_link":202,"category":203,"comment_count":43,"id":204,"is_sticky":43,"permalink":205,"post_author":46,"post_content":206,"post_date":207,"post_excerpt":49,"post_id":204,"post_modified":208,"post_thumbnail":209,"post_thumbnail_html":210,"post_title":211,"post_type":54,"sort_by_date":212,"tag_links":213,"tags":217},[40],[42],"85074","http://radioblackout.org/2023/11/il-mito-della-transizione-green-tra-crisi-dellautomotive-ed-estrattivismo-impossibile/","Il tema della transizione verde è all'ordine del giorno seppur mantenga un alone di incertezza e mistero data dagli evidenti limiti imposti dai costi, dagli obiettivi degli Stati dell'Unione Europea che di fatto vanno in tutt'altra direzione, in quanto si interessano a garantirsi accesso alle fonti fossili, ne è un esempio lampante l'Italia, e, soprattutto, dalla mancanza di materie prime all'interno dei confini dell'UE.\r\n\r\nUn'inchiesta svolta da un gruppo di ricercatori di INvestigaten Europe sottolinea come gli stati europei siano \"a caccia\" di risorse e di cosiddette terre rare in Africa, in America del Sud e, in particolare in Cina, questione che rende gli stati completamente dipendenti nella possibilità stessa di estrarre materiali come il litio, il cobalto, il rame. Le implicazioni sono molteplici, a partire dagli enormi costi e le conseguenze devastanti sull'ambiente per i territori e le persone che li abitano, oltre al fatto che, per rendersi indipendenti per l'estrazione, la produzione e la lavorazione dei materiali occorrerebbe un impianto logistico e un indotto di cui all'oggi non v'è traccia. In questo scenario i costi di questa transizione, non ancora in atto ma che riempiono le dichiarazioni di coloro che si dipingono come attenti all'ambiente e al futuro sostenibile del nostro pianeta, vengono ovviamente scaricati verso il basso.\r\n\r\nCon Fabio Balocco abbiamo approfondito come funziona l'indotto dell'estrazione delle terre rare e quali sono i limiti più evidenti della corsa alla transizione verde\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/Balocco-estrazione-litio-2023_11_16_2023.11.16-09.00.00-escopost.mp3\"][/audio]\r\n\r\nIn uno panorama in cui i settori, come quello dell'automotive, sono in crisi e cala la domanda per le macchine elettriche, se da un lato la transizione verde è già un miraggio, dall'altro, a causa di schizofrenici investimenti da parte dei grandi monopoli che si occupano della produzione in questo settori, si riscontrano le prime conseguenze sui lavoratori e lavoratrici.\r\n\r\nIl caso dell'industria Lear a Grugliasco, dove in questo momento centinaia di lavoratori e lavoratrici vedono a rischio il proprio posto di lavoro e sono in stato di agitazione permanente con uno sciopero e un presidio fisso fuori dalla fabbrica, è emblematico.\r\n\r\nAbbiamo sentito ai nostri microfoni un delegato sindacale che sta seguendo la vertenza\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/Sciopero-LEAR-Grugliasco-2023_11_16_2023.11.16-09.00.00-escopost.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","16 Novembre 2023","2023-11-16 12:21:22","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/proxy-image-2-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"148\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/proxy-image-2-300x148.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/proxy-image-2-300x148.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/proxy-image-2.jpeg 750w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Il mito della transizione green tra crisi dell'automotive ed estrattivismo impossibile.",1700137282,[214,215,216],"http://radioblackout.org/tag/estrattivismo/","http://radioblackout.org/tag/terre-rare/","http://radioblackout.org/tag/transizione-ecologica/",[218,20,28],"estrattivismo",{"post_content":220},{"matched_tokens":221,"snippet":222,"value":223},[62],"vedono a rischio il proprio \u003Cmark>posto\u003C/mark> di lavoro e sono in","Il tema della transizione verde è all'ordine del giorno seppur mantenga un alone di incertezza e mistero data dagli evidenti limiti imposti dai costi, dagli obiettivi degli Stati dell'Unione Europea che di fatto vanno in tutt'altra direzione, in quanto si interessano a garantirsi accesso alle fonti fossili, ne è un esempio lampante l'Italia, e, soprattutto, dalla mancanza di materie prime all'interno dei confini dell'UE.\r\n\r\nUn'inchiesta svolta da un gruppo di ricercatori di INvestigaten Europe sottolinea come gli stati europei siano \"a caccia\" di risorse e di cosiddette terre rare in Africa, in America del Sud e, in particolare in Cina, questione che rende gli stati completamente dipendenti nella possibilità stessa di estrarre materiali come il litio, il cobalto, il rame. 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Da Brunetta a Cancellieri, Fornero, Monti. Le esternazioni moraliste di chi ha il futuro, quello proprio e quello dei propri figli, ormai assicurato.\r\nLa domanda sorge spontanea: questi ministri predicatori di virtù hanno figli? Magari lontani e precari?\r\nOvviamente no. Tutti hanno fatto brillanti e fulminee carriere, bruciando le tappe. All’ombra di mamma e papà.\r\nIl nepotismo non è certo un vizio peculiare di questo governo. L’unica differenza è che un tempo venivano inviate “lettere di raccomandazione” firmate dal potente di turno, oggi basta una e-mail.\r\nQuello che invece ci interessa è il meccanismo tritavite che questi buontemponi di ministri stanno perfezionando con il pretesto che c’è la crisi e siamo tutti sulla stessa barca.\r\nI nostri figli incatenati al remo, quelli dei Monti, Fornero, Cancellieri, sul ponte di prima a ballare.\r\nIn tempi non remoti era banale guerra di classe: quelli al remo pronti alla rivolta, alla fuga, all’ammutinamento, chi sta nei ponti alti, oggi come ieri li vorrebbe gli schiavi e contenti di remare.\r\n\r\nAbbiamo parlato di precarietà e lotta di classe con Simone Bisacca, che vede tutto questo con gli occhi dell’avvocato del lavoro.\r\n\r\nAscolta l’intervista a Simone[audio:http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/02/2012-02-12-posto-fisso-Simone-Bisacca2.mp3|titles=2012 02 12 posto fisso Simone Bisacca2]\r\nscarica il file","12 Febbraio 2012","Dai bamboccioni alla noia del posto fisso. 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Ad Ancona, invece, tirano granate sul popolo insorto a fianco dei bersaglieri che si rifiutano d'essere mandati a Valona.\r\nLa stampa borghese parla di \"moti anarchisti\", ma nonostante il lavoro di agitazione contro il militarismo svolto, sin dai tempi della guerra di Libia, dagli anarchici, dai sindacalisti rivoluzionari dell'USI e dai socialisti \"disfattisti\", la rivolta armata di Ancona - largamente spontanea - sorprende tutti e sarà uno dei momenti di più alta conflittualità del cosiddetto Biennio rosso.\r\nLa repressione statale ad Ancona causa oltre trenta vittime proletarie, ma il governo italiano è costretto a ritirare le truppe dall'Albania.\r\nCe ne ha parlato Marco Rossi, autore, con Luigi Balsamini de “I ribelli dell’Adriatico - L'insurrezione di Valona e la rivolta di Ancona del 1920, appena uscito per i tipi di Zero in Condotta. \r\n\r\nIl tempo sospeso. 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In strada per frocizzare le strade della città, riportando il pride su un piano critico di lotta all’esistente, e in particolare ai sistemi di potere e alle loro gerarchie: il patriarcato, l’etero-cis-sessualità obbligatoria, il capitalismo, il (neo)colonialismo, il fascismo, il machismo, l’abilismo, lo specismo, l’ageismo, la sessuofobia, la religione e molti altri.\r\nSabato 11 luglio – ore 16 – piazza Castello – Liber* e mostr*\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nTutti i giorni\r\nappuntamento No Tav alle 18\r\nai campi sportivi di Giaglione per portare sostegno al presidio permanente dei Mulini di Clarea sotto assedio\r\n\r\nSabato 11 luglio\r\nFree(k) Pride – Frocial Mass\r\nore 16 in piazza Castello\r\n\r\nVenerdì 24 luglio\r\nore 16 presidio\r\nvia Po 16 \r\nRitorno alla normalità? Grandi opere, missioni militari, spesa di guerra, crisi sociale, braccianti-schiavi, repressione, frontiere chiuse ai migranti ma aperte a turisti e merci… come prima, peggio di prima\r\n\r\nWild C.A.T. Collettivo Anarco-Femminista Torinese\r\ncorso Palermo 46 – riunioni ogni martedì alle 20\r\nFB https://www.facebook.com/Wild.C.A.T.anarcofem/\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 – riunioni ogni martedì alle 21\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – https://www.facebook.com/senzafrontiere.to/\r\n\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org","11 Luglio 2020","2020-07-11 05:41:37","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/07/colonialista-200x110.jpg","Anarres del 3 luglio. I ribelli dell’Adriatico. L’anarchia nella bufera del terzo millennio. Ritorno alla “normalità” tra grandi opere e spesa di guerra…",1594444736,[],[],{"post_content":324},{"matched_tokens":325,"snippet":326,"value":327},[62,63],"universale alla sanità privatizzata, dal \u003Cmark>posto\u003C/mark> \u003Cmark>fisso\u003C/mark> alla incertezza strutturale, dal lavoro","Come ogni venerdì abbiamo fatto il nostro viaggio settimanale su Anarres, il pianeta delle utopie concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming.\r\n\r\nAscolta e diffondi l’escopost:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/07/2020-07-03-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nI ribelli dell’Adriatico. Sono passati 100 anni, ma ben pochi conoscono questa vicenda.\r\nEra il giugno del 1920. Il Primo conflitto mondiale è terminato da due anni, ma navi da guerra della Marina militare italiana sparano cannonate sulle due sponde dell'Adriatico.\r\nDavanti a Valona bombardano le posizioni degli insorti albanesi che stanno assediando la città per mettere fine all'occupazione coloniale italiana. Ad Ancona, invece, tirano granate sul popolo insorto a fianco dei bersaglieri che si rifiutano d'essere mandati a Valona.\r\nLa stampa borghese parla di \"moti anarchisti\", ma nonostante il lavoro di agitazione contro il militarismo svolto, sin dai tempi della guerra di Libia, dagli anarchici, dai sindacalisti rivoluzionari dell'USI e dai socialisti \"disfattisti\", la rivolta armata di Ancona - largamente spontanea - sorprende tutti e sarà uno dei momenti di più alta conflittualità del cosiddetto Biennio rosso.\r\nLa repressione statale ad Ancona causa oltre trenta vittime proletarie, ma il governo italiano è costretto a ritirare le truppe dall'Albania.\r\nCe ne ha parlato Marco Rossi, autore, con Luigi Balsamini de “I ribelli dell’Adriatico - L'insurrezione di Valona e la rivolta di Ancona del 1920, appena uscito per i tipi di Zero in Condotta. \r\n\r\nIl tempo sospeso. L’anarchia nella bufera del terzo millennio.\r\nLa mia generazione è stata catapultata nel giro di pochi decenni dal pallottoliere al web, dalla macchina fotografica alle immagini satellitari, dal sistema sanitario universale alla sanità privatizzata, dal \u003Cmark>posto\u003C/mark> \u003Cmark>fisso\u003C/mark> alla incertezza strutturale, dal lavoro alla catena alle catene del telelavoro. Al tempo stesso la crisi ecologica ha dimostrato come le enormi crepe che la logica del just in time, traslata dalla produzione di merci alla produzione di senso, stiano distruggendo in modo irreversibile il pianeta e le possibilità di sopravvivenza degli animali umani e non umani che ci vivono.\r\nUn lungo processo di straniamento. Le risposte dell’arcipelago anarchico sono state diverse e non di rado divergenti. Cominciamo a parlarne…\r\n\r\nRitorno alla normalità: grandi opere, missioni militari, spesa di guerra, crisi sociale, braccianti-schiavi, frontiere chiuse ai migranti ma aperte a turisti e merci…\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Varengo di Zero in Condotta\r\n\r\nAnche quest’anno sarà Free (k) Pride! In strada per frocizzare le strade della città, riportando il pride su un piano critico di lotta all’esistente, e in particolare ai sistemi di potere e alle loro gerarchie: il patriarcato, l’etero-cis-sessualità obbligatoria, il capitalismo, il (neo)colonialismo, il fascismo, il machismo, l’abilismo, lo specismo, l’ageismo, la sessuofobia, la religione e molti altri.\r\nSabato 11 luglio – ore 16 – piazza Castello – Liber* e mostr*\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nTutti i giorni\r\nappuntamento No Tav alle 18\r\nai campi sportivi di Giaglione per portare sostegno al presidio permanente dei Mulini di Clarea sotto assedio\r\n\r\nSabato 11 luglio\r\nFree(k) Pride – Frocial Mass\r\nore 16 in piazza Castello\r\n\r\nVenerdì 24 luglio\r\nore 16 presidio\r\nvia Po 16 \r\nRitorno alla normalità? Grandi opere, missioni militari, spesa di guerra, crisi sociale, braccianti-schiavi, repressione, frontiere chiuse ai migranti ma aperte a turisti e merci… come prima, peggio di prima\r\n\r\nWild C.A.T. 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Arsider || per non dimenticare, per dire che si può fare.\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/10/ARSIDER_10_10_19_domenicana.mp3\"][/audio]\r\nSPARARE: MOTIVO DI SOPRAVVIVENZA DEL GUERRIGLIERO URBANO / SHOOTING: SURVIVAL REASON FOR URBAN GUERRILLA\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\nIl motivo di sopravvivenza del guerrigliero urbano, la condizione base in cui agisce e sopravvive, è sparare. Il guerrigliero deve saper sparare bene, perché ciò è richiesto da questo tipo di combattimento. // The reason for the urban guerrilla's survival, the basic condition in which he acts and survives, is to shoot. The guerrilla must know how to shoot well, because this is required by this type of combat.\r\nIn una guerra convenzionale, generalmente si combatte a distanza con armi a lungo raggio. In una guerra non convenzionale, come la guerriglia urbana, il combattimento è a corto raggio e spesso molto ravvicinato. Per evitare la morte, il guerrigliero deve sparare per primo e non sbagliare. Non può sprecare munizioni perché non ne ha molte e deve conservarle. E neppure può sostituire velocemente le sue munizioni dal momento che è parte di una piccolo gruppo in cui ogni membro deve essere capace di essere autosufficiente. Il guerrigliero urbano non può perdere tempo e deve saper sparare velocemente. // In a conventional war, it is generally fought at a distance with long-range weapons. In an unconventional war, such as urban warfare, combat is a short and often very close range. To avoid death, the guerrilla must shoot first and make no mistake. He cannot waste ammunition because he does not have many and must keep them. It is possible to quickly replace his ammunition from the moment he is part of a small group in which each member must be able to be self-sufficient. The urban guerrilla cannot waste time and must know how to shoot fast\r\nUn fatto basilare che vogliamo sottolineare con forza, e la cui importanza non può essere sottovalutata, è che il guerrigliero non deve sparare continuamente, terminando tutte le sue munizioni. Può accadere che sia il nemico a rispondere con precisione a questo fuoco aspettando che le munizioni del guerrigliero siano esaurite. A quel punto, senza la possibilità di ricaricare, il guerrigliero si trova sotto la pioggia di fuoco del nemico e può essere catturato o ucciso. // A basic fact that we want to strongly emphasize, and whose importance cannot be underestimated, is that the guerrilla must not shoot continuously, ending all his ammunition. It may happen that the enemy responds with precision to this fire waiting for the guerrilla's ammunition to be exhausted. At that point, without the ability to reload, the guerrilla is in the enemy's rain of fire and can be captured or killed.\r\nNonostante l’importanza del fattore sorpresa, che molte volte rende non necessario per il guerrigliero usare le sue armi, egli non può permettersi il lusso di entrare in combattimento senza saper sparare. E quando è faccia a faccia con il nemico, deve sempre muoversi da una posizione all’altra, dato che stando fermo in un posto diventa un bersaglio fisso e, come tale, molto vulnerabile. // Despite the importance of the surprise factor, many times it is not necessary for the guerrilla to use his weapons, he cannot afford the luxury of going into combat without knowing how to shoot. And when it is face to face with the enemy, it must always move from a position apart, since it stands still in one place it becomes a fixed target and as such very vulnerable.\r\nLa vita del guerrigliero dipende dal saper sparare, dalla sua abilità nell’uso delle armi e dall’evitare di essere colpito. // The life of the guerrilla depends on knowing how to shoot, on his skill in using weapons and avoiding being hit.\r\nQuando parliamo del tiro, parliamo della sua accuratezza. Il tiro deve essere praticato fino a quando non diventa un’azione automatica del guerrigliero. Per imparare a sparare ed avere una buona mira il guerrigliero deve allenarsi sistematicamente, utilizzando ogni metodo pratico ed ogni occasione per il tiro al bersaglio, perfino in un parco di divertimenti e a casa. // When we talk about shooting, we talk about its accuracy. The throw must be practiced until it becomes an automatic action of the guerrilla. To learn how to shoot and have good aim the guerrilla must train systematically, use every practical method and every opportunity to get the target, even in an amusement park and a house.\r\nIl tiro e l’abilità nella mira sono l’aria e l’acqua del guerrigliero urbano. // Shooting and aiming ability are the air and water of the urban guerrilla.\r\nLa sua abilità nell’arte del tiro può farne un tipo speciale di guerrigliero come il cecchino, una categoria di combattenti solitari, indispensabili in azioni isolate. Un cecchino sa come sparare a corto e a lungo raggio e le sue armi sono appropriate per ogni tipo di esigenza. // His skill in the art of shooting can make him a special type of guerrilla as the sniper, a category of lone fighters, indispensable in isolated actions. 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