","Rom. L'Italia nel mirino dell'UE","post",1415207733,[53,54,55,56,57,58,59],"http://radioblackout.org/tag/forza-nuova/","http://radioblackout.org/tag/l-borgaro/","http://radioblackout.org/tag/mirafiori/","http://radioblackout.org/tag/pullman-dellapartheid/","http://radioblackout.org/tag/rom/","http://radioblackout.org/tag/torino/","http://radioblackout.org/tag/ue/",[25,23,21,27,17,19,15],{"post_content":62,"tags":67},{"matched_tokens":63,"snippet":65,"value":66},[64],"pullman","di Borgaro di istituire un \u003Cmark>pullman\u003C/mark> separato per i rom di","L'Italia rischia una procedura di infrazione da parte della Commissione europea, a causa delle politiche abitative segregative nei confronti dei nomadi. Lo ha reso noto l'Associazione 21 luglio, citando una lettera inviata dalla Direzione Generale Giustizia della Commissione Ue al Governo italiano. L'organismo europeo punta il dito contro la «condizione abitativa dei rom» nel nostro Paese chiedendo all'Italia informazioni aggiuntive, in particolare sul campo nomadi in località La Barbuta a Roma.\r\nI rom che vivono nei campi in Italia sono 40 mila, un terzo dei 110-170 mila che si stima vivano in Italia (di cui quattro su dieci con meno di 14 anni). La politica dei campi è tipica dell'Italia: sin dal dopoguerra vennero istituiti questi luoghi per una popolazione che diventava sempre meno \"nomade\", complice la scomparsa dei mestieri tradizionali e la stessa legislazione italiana che vietava il nomadismo.\r\nLe condizioni di vita nelle baraccopoli legali e, in peggio, negli agglomerati abusivi sono terribili.\r\nNonostante ciò i rom e i sinti sono oggetto di pregiudizi radicati, che facilitano una persecuzione istituzionale continua.\r\nA Torino non si sono ancora sopite le polemiche per la proposta dell'ammnistrazione di centro sinistra di Borgaro di istituire un \u003Cmark>pullman\u003C/mark> separato per i rom di strada dell'earoporto, che già a Mirafiori i fascisti di Forza Nuova preparano una marcia antirom per sabato prossimo.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Paolo Finzi, autore di \"A forza di essere vento\".\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\nfinzi_rom",[68,70,72,74,78,80,82],{"matched_tokens":69,"snippet":25},[],{"matched_tokens":71,"snippet":23},[],{"matched_tokens":73,"snippet":21},[],{"matched_tokens":75,"snippet":77},[64,76],"dell'apartheid","\u003Cmark>pullman\u003C/mark> \u003Cmark>dell'apartheid\u003C/mark>",{"matched_tokens":79,"snippet":17},[],{"matched_tokens":81,"snippet":19},[],{"matched_tokens":83,"snippet":15},[],[85,91],{"field":28,"indices":86,"matched_tokens":88,"snippets":90},[87],3,[89],[64,76],[77],{"field":92,"matched_tokens":93,"snippet":65,"value":66},"post_content",[64],1157451471441625000,{"best_field_score":96,"best_field_weight":97,"fields_matched":98,"num_tokens_dropped":39,"score":99,"tokens_matched":98,"typo_prefix_score":39},"2211897868544",13,2,"1157451471441625194",6646,{"collection_name":50,"first_q":27,"per_page":102,"q":27},6,{"facet_counts":104,"found":142,"hits":143,"out_of":334,"page":14,"request_params":335,"search_cutoff":29,"search_time_ms":336},[105,118],{"counts":106,"field_name":116,"sampled":29,"stats":117},[107,110,112,114],{"count":108,"highlighted":109,"value":109},4,"anarres",{"count":14,"highlighted":111,"value":111},"black in",{"count":14,"highlighted":113,"value":113},"frittura mista",{"count":14,"highlighted":115,"value":115},"jene nella notte","podcastfilter",{"total_values":108},{"counts":119,"field_name":28,"sampled":29,"stats":140},[120,122,124,126,128,130,132,134,136,138],{"count":98,"highlighted":121,"value":121},"razzismo",{"count":14,"highlighted":123,"value":123},"campi rom",{"count":14,"highlighted":125,"value":125},"rom e sinti",{"count":14,"highlighted":127,"value":127},"paesi baschi",{"count":14,"highlighted":129,"value":129},"euskal herria",{"count":14,"highlighted":131,"value":131},"antitsiganismo",{"count":14,"highlighted":133,"value":133},"cuba libertaria",{"count":14,"highlighted":135,"value":135},"sterminio nazista",{"count":14,"highlighted":137,"value":137},"giorni della memoria",{"count":14,"highlighted":139,"value":139},"referendum. tanto rumore per nulla",{"total_values":141},37,8,[144,177,200,228,260,303],{"document":145,"highlight":164,"highlights":169,"text_match":172,"text_match_info":173},{"comment_count":39,"id":146,"is_sticky":39,"permalink":147,"podcastfilter":148,"post_author":149,"post_content":150,"post_date":151,"post_excerpt":45,"post_id":146,"post_modified":152,"post_thumbnail":153,"post_title":154,"post_type":155,"sort_by_date":156,"tag_links":157,"tags":161},"92920","http://radioblackout.org/podcast/profilazione-razziale/",[111],"ujamaa"," \r\n\r\nVi è mai capitato di passare vicino alla polizia e pensare \"Adesso sicuramente mi chiedono i documenti\"? Oppure quando siete sui mezzi pubblici e vedete i controllori affannarsi a correre dritti verso di voi anche se state dall'altra parte del pullman?\r\n\r\nIl racial profiling (profilazione razziale) è una pratica discriminatoria in cui le forze dell’ordine o altre istituzioni basano decisioni di sorveglianza, fermo, o indagine principalmente su caratteristiche razziali, etniche o culturali di una persona, piuttosto che su comportamenti concreti o prove oggettive. Questo approccio colpisce esclusivamente le persone razzializzate, che si vedono spesso fermati da forze dell'ordine e militari con il pretesto del controllo dei documenti. Oggi ne parliamo insieme a due avvocate dell'ASGI per evidenziare come la profilazione razziale condizioni pesantemente la vita delle persone razzializzate e ne limiti i diritti.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/black-racial-profiling.mp3\"][/audio]\r\n\r\nNella seconda parte della puntata continuiamo a esplorare la profilazione razziale e una delle sue conseguenze più dirette: la morte del giovane Nahel, che un anno fa è stato brutalmente freddato a un posto di blocco dalla polizia, scatenando diverse settimana di rivolte nelle città di tutta la Francia.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/anniversario-Nahel.mp3\"][/audio]","23 Ottobre 2024","2024-10-23 20:14:34","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/Racial-Profiling-Pic-1-200x110.png","Profilazione razziale","podcast",1729713907,[158,159,160],"http://radioblackout.org/tag/nahel/","http://radioblackout.org/tag/profilazione-razziale/","http://radioblackout.org/tag/razzismo/",[162,163,121],"nahel","profilazione razziale",{"post_content":165},{"matched_tokens":166,"snippet":167,"value":168},[64],"se state dall'altra parte del \u003Cmark>pullman\u003C/mark>?\r\n\r\nIl racial profiling (profilazione razziale)"," \r\n\r\nVi è mai capitato di passare vicino alla polizia e pensare \"Adesso sicuramente mi chiedono i documenti\"? 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Ci teniamo perchè è proprio andando a ripescare gli elementi che hanno costituito la narrazione su cui si è basata la discussione pubblica sulla gestione pandemica, che si evidenzia l'enorme divario tra la retorica e i fatti. Peccato che nel dimenticatoio assieme ai pezzi di narrazione ci finiscono persone in carne ed ossa, che come denuncia un comunicato del Comitato di Lotta RSA/RSD, vivono da due anni come carcerati.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/03/F_m_22_03_Collettivo-di-lotta-RSA-RSD-mobilitazione-nazionalei.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nIl secondo argomento lo abbiamo trattato con Francesco del Collettivo di Fabbrica GKN su un'altra positiva iniziativa che propongono nel loro percorso, al grido di \"Insorgiamo\" per cercare di creare un contesto di lotta sempre più allargato a livello nazionale e parallelamente sensibilizzare le persone sul tema lavoro. Infatti per il 26 di Marzo a Firenze, è stata indetta una manifestazione nazionale perchè, per dirla a parole di chi l'ha voluta:\r\n\r\n\" E nonostante ci dicano che è \"tutto risolto\", che \"andrà tutto bene\", nonostante i piani di rilancio, i contagi in risalita, gli sgomberi ad orologeria, i presunti ordigni, la sorveglianza speciale, le misure cautelari, gli avvisi orali, i preventivi salati dei pullman, il carobenzina, il carovita, le menzogne di guerra, la paura di cui vorrebbero farci ammalare, le distanze, le ore di sonno, i nostri disagi, le nostre debolezze, i nostri pessimismi, gli acciacchi e le ferite gli affetti trascurati, il tempo che manca sempre. Nonostante tutto questo, o forse proprio per tutto questo, andiamoci a prendere questi brividi.\r\n\r\nIn testa bandiera partigiana, subito dopo la brigata di sfondamento sonoro Snupo, chi ha tamburi li scaldi e la raggiunga, testuggine, quel viziaccio dei fumogeni, le voci che diventano roche, mani che battono, piedi che si sfiniscono, spezzone contro la guerra, spezzone ambientalista, reti antifasciste, transfemministe, striscioni di fabbriche e di scuole.\r\n\r\n\r\nI corpi a farsi rapporto di forza. 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Gli scambi di esperienze tra lavoratori, greci, berlinesi, e italiani da varie città è stato ricco di stimoli di riflessione e discussione e per approfondirli vi consigliamo di rivolgervi alla pagina facebook di Deliverance Project .\r\n\r\nPer incominciare andremo ad ascoltare la presentazione del sindacato greco SVEOD, per poi passare alle testimonianze su come se la passano i fattorini di Gorillas che lavorano a Berlino, ritornando alle vicende locali, con un'analisi fatta dai riders torinesi per quanto riguarda il desiderio (o meno) dei lavoratori riders di essere lavoratori autonomi .\r\n\r\nLo speciale si conclude in maniera propositiva, con l'appello dei compagni greci di SVEOD che invita ad un 1 maggio 2020 di lotta internazionale rider, per continuare ad agire sul territorio ma pensare in maniera globale.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/03/F_m_22_03_Speciale-su-Non-cambierò-il-mio-lavoro_Cambieremo-il-lavoro.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n ","25 Marzo 2022","2022-03-25 00:29:48","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/03/275422896_296386562584249_2211328122813381224_n-200x110.jpg","frittura mista|radio fabbrica 22/03/2020",1648167723,[],[],{"post_content":192},{"matched_tokens":193,"snippet":194,"value":195},[64],"orali, i preventivi salati dei \u003Cmark>pullman\u003C/mark>, il carobenzina, il carovita, le"," \r\n\r\nIl primo collegamento lo abbiamo fatto con Claudia del Comitato di Lotta RSA/RSD, perchè come sempre in controtendenza vogliamo parlare di un tema che ai più ricorderà il passato, il recente passato dell'inizio pandemia di COVID-19, ovvero il tema delle Residenze sanitarie per anziani e quelle per disabili. 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IV\r\nThe Dead Mauriacs - Residence Azteque a Colonnades\r\nPriscilla Elmer - Corpo do Vento\r\nMarja Ahti - Coastal Inversion\r\nGONZO - A Fuga dos Grilos\r\nThe Earl Hennessy Trio - Sun Song (The Lost Tapes Record Club)\r\nHarriet Pullman Interlude (The Lost Tapes Record Club)\r\nHarriet Pullman - Lindow Pete (The Lost Tapes Record Club)\r\nThe Red Krayola - War Sucks\r\nLe Stelle di Mario Schifano - Le ultime parole di Brandimante, dall'Orlando Furioso, ospite Peter Hartman e fine (da ascoltarsi con tv accesa, senza volume)\r\nMovietone - Mono Valley\r\nCosimo Damiano - La Guaritrice\r\nMax Winter - Type Hex\r\nSir Richard Bishop - Elektronika Demonika\r\nMargenrot - Lame Leading the Blind\r\nC.3.3. - Movement II\r\nDon Zilla - Shot\r\nMoor Mother - Iso Funk\r\nLumerians - Calalini Rises\r\nBarry Adams/ Pan Sonic/ The Hafler Trio - The Hymn of the 7th Illusion\r\nKaitlyn Aurelia Smith & Suzanne Ciani - Retrograde\r\nTrimopen - Wagagroove\r\nTerminal Cheesecake - In the St John's Ambulance Tent\r\nTiziano Popoli - Night Flight Prozession","31 Gennaio 2022","2022-01-31 23:42:52","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/01/26036.jpg-1000x666-1-200x110.jpg","QUEL CHE RESTA DELLA NOTTE / 30-01-2022",1643672572,[213,214],"http://radioblackout.org/tag/quel-che-resta-della-notte/","http://radioblackout.org/tag/radioblackout/",[216,217],"quel che resta della notte","radioblackout",{"post_content":219},{"matched_tokens":220,"snippet":222,"value":223},[221],"Pullman","Lost Tapes Record Club)\r\nHarriet \u003Cmark>Pullman\u003C/mark> Interlude (The Lost Tapes Record","[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/01/QCRDN_podcast_2022-01-30.mp3\"][/audio]\r\n\r\ndownload\r\nMatte Rasmussen/Pak Yan Lau - Traditional Noise\r\nGhedalia Tazartes - Charlie's Retire\r\nHorrid Red - Brazen Altars\r\nLettera 22 -Legacy Map\r\nRenato Rinaldi - Time Machine vol. 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Big data, Cuba libertaria, disertare le urne, posta aerea e deportazioni\r\n\r\nCome ogni venerdì siamo sbarcati su Anarres, il pianeta delle utopie concrete, dalle 10,45 alle 12,45 sui 105.250 delle libere frequenze di Blackout. \r\n\r\nAscolta il podcast:\r\n\r\n2016 12 02 anarres1\r\n\r\n2016 12 02 anarres2\r\n\r\n2016 12 02 anarres3\r\n\r\n\r\nIn questa puntata:\r\n\r\nTorino. I padroni del web.Tra internet, big data, fibra ottica, militari…\r\nComunicazione virtuale, economia reale, controllo globale\r\n\r\nCuba libertaria. La storia degli anarchici contro le dittature di Batista e di Castro\r\n\r\nReferendum: Tanto rumore per nulla\r\nQui puoi leggere un'anteprima del capitolo centrale di \"Referendum: Tanto rumore per nulla\"\r\n\r\nIniziative:\r\n\r\nVenerdì 2 dicembre\r\nI padroni del web.Tra internet, big data, fibra ottica, militari…\r\nComunicazione virtuale, economia reale, controllo globale\r\nore 21 alla FAT in corso Palermo 46 \r\nne discutiamo con Lorenzo Coniglione, navigatore esperto e redattore di Umanità Nova. \r\nriunione wormup hackit17\r\n0000\r\n\r\nMartedì 6 dicembre\r\nSenza confini. La lotta contro muri e frontiere in Slovenia\r\nInterverranno tre compagni della Federacija za Anarhisticno Organiziranje (FAO)\r\nore 21 alla FAT in corso Palermo 46\r\n0000\r\n\r\nSabato 10 dicembre\r\nPosta aerea. Mistral Air deporta profughi e migranti\r\nore 10,30 presidio in corso Giulio Cesare 3 – nei pressi dell’ufficio postale\r\n\r\nMistral Air, la compagnia aerea di Poste Italiane non trasporta lettere, pacchi e cartoline… ma deporta i rifugiati e migranti in paesi dove non vogliono tornare.\r\nFuggono guerre, miseria, persecuzioni, dittature. C'è chi non vuole sottostare ad un matrimonio forzato e chi non intende fare il soldato. C'è anche chi, semplicemente vuole andare in Europa, perché desidera un'altra vita.\r\nTutti di trovano di fronte frontiere chiuse, filo spinato,\r\n\r\nLe società di pullman siciliane non caricano turisti ma uomini, donne e bambini rastrellati nel Mediterraneo dalla Marina Militare italiana e dalle altre imbarcazioni del programma Eunavfor o di Frontex, per trasferirli nelle strutture di ogni genere in cui sono parcheggiate le persone in viaggio, intrappolate in una ragnatela di burocrazia e polizia, difficile da districare. Soccorritori e carcerieri sono le due mani di una stessa macchina, spesso sono gli stessi in entrambi i ruoli. Molte volte le strutture di accoglienza e gli operatori che ci lavorano diventano le camere di compensazione dove provare a sopire con una coperta ed un piatto di minestra la spinta a continuare la strada scelta e percorsa tra mille rischi e difficoltà.\r\nI militari italiani assumono vesti di operatori umanitari, gli operatori umanitari, svolgono spesso funzioni di polizia. Non per caso sulle frontiere chiuse, come nelle zone di guerra dove operano le forze armate tricolori, non c’è spazio per i volontari non allineati, i sovversivi, chi si batte per la libera circolazione e contro guerre e militarismo.\r\n\r\nfederazione anarchica torinese\r\ncorso Palermo 46 – riunioni – aperte agli interessati –ogni giovedì alle 21\r\n\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org","2 Dicembre 2016","2018-10-17 22:58:54","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/12/2016-12-02-manif-fat-sloveni-color-200x110.jpg","Anarres del 2 dicembre. 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Big data, Cuba libertaria, disertare le urne, posta aerea e deportazioni\r\n\r\nCome ogni venerdì siamo sbarcati su Anarres, il pianeta delle utopie concrete, dalle 10,45 alle 12,45 sui 105.250 delle libere frequenze di Blackout. \r\n\r\nAscolta il podcast:\r\n\r\n2016 12 02 anarres1\r\n\r\n2016 12 02 anarres2\r\n\r\n2016 12 02 anarres3\r\n\r\n\r\nIn questa puntata:\r\n\r\nTorino. I padroni del web.Tra internet, big data, fibra ottica, militari…\r\nComunicazione virtuale, economia reale, controllo globale\r\n\r\nCuba libertaria. 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I blocchi delle raffineria e gli scioperi di ferrovieri e lavoratori di EDF. Nostro corrispondente Gianni Carrozza, corrispondente parigino di Collegamenti e redattore di Vive La Sociale! su radio Frequence Plurielle.\r\nAl di là della cronaca dell'ultima settimana, tra blocchi delle raffinerie, scioperi delle ferrovie e grandi manifestazioni di piazza, con Gianni abbiamo provato a cogliere le prospettive di un movimento che, dopo due mesi, continua ad essere in crescita, nonostante ampi settori del maggiore sindacato, la CGT, abbiano scelto di radicalizzarsi per provare a controllare una situazione che minaccia(va) di non essere più controllabile dalle burocrazie sindacali. In quest'ultima settimana è scesa in campo anche FO, Force Ouvriere, sindacato classicamente padronale, mentre meno rilevante è il ruolo degli studenti. Crepe si aprono nel fronte governativo, dove il partito socialista deve fare i conti con una crescente fronda della sua base sociale e politica.\r\nContinuano le Nouit Debout e tentano – sia pure a fatica - di sbarcare anche nella banlieaue, mentre gli attivisti si spostano dove ci sono blocchi e azioni di picchetto.\r\nUna riflessione particolare è stata dedicata al tema del blocco (delle merci, delle persone, dei flussi di notizie) come strumento per mettere in difficoltà un padronato, molto più libero di agire, vista la leggerezza estrema del sistema produttivo, ancorato al just in time, privo di magazzino, con capannoni e macchine in leasing.\r\nNe è scaturito un dibattito interessante, in cui è emerso, che sebbene la pratica del blocco sia efficace nel mettere in difficoltà la controparte, l'ingovernabilità del territorio, passa, necessariamente da un allargamento del fronte di lotta più radicale. \r\n\r\n* Torino. Anarchici in piazza contro razzisti e polizia. Cronaca della giornata di lotta – corteo e contestazione della fiaccolata di poliziotti e comitati razzisti in sostegno ad un piano “sicurezza” il cui solo obiettivo è la guerra ai poveri.\r\n\r\n* Torino. Giovedì 2 giugno, ore 15,30 in piazza XVIII dicembre, vecchia Porta Susa\r\nQui l'appello per il corteo antimilitarista del 2 giugno a Torino\r\nAscolta e diffondi lo spot del corteo\r\n\r\n* Grecia. Abbiamo parlato dello sgombero di Idomeni con Jannis, anarchico greco, che ci racconta delle centri di detenzione che attendono i profughi deportati dall'accampamento spontaneo al confine tra Grecia e Macedonia.\r\nGrandi capannoni industriali all'estrema periferia di Salonicco, quello che resta delle fabbriche brasate dalla crisi, sono la destinazione “momentanea” per i profughi deportati in questi giorni da Idomeni. Grandi scheletri senza infissi, sanitari, fili elettrici, recuperati e riciclati negli anni da chi ne aveva bisogno.\r\nProbabilmente non c'è neppure l'acqua.\r\nQui, i profughi, isolati in piccoli gruppi, sorvegliati dall'esercito, saranno lontani dagli sguardi e dalla possibilità da rendere visibile, e quindi politicamente rilevante, la loro condizione.\r\nIntorno alle ex fabbriche quartieri di immigrati dall'est, spesso ostili ai profughi, dove Crisi Argi, i nazisti di Alba Dorata, guadagnano terreno. Nelle ultime settimane hanno provato ad alzare la testa, facendo ronde per i quartieri, cosa mai avvenuta a Salonicco ed inquietante, nonostante i nazisti siano stati intercettati e fermati dai compagni.\r\nA Idomeni restano solo più 500 persone, le sole che non paiono disponibili ad andarsene volontariamente. Gli altri 7.900, in parte sono saliti spontaneamente sui pullman dell'esercito, molti altri – forse 3000 - se ne sono andati prima dello sgombero, improvvisando accampamenti in altre località lungo il confine. A Polycastro, in una stazione di servizio, sono accampate oltre duemila persone, in parte provenienti da Idomeni.\r\nSecondo fonti No Border in 700 ce l'avrebbero fatta a bucare il confine macedone.\r\nLo sgombero sinora “pacifico” dell'accampamento di Idomeni è frutto del lungo lavorio fatto da ONG, volontari e funzionari statali. I profughi sono stati privati dell'acqua, ogni giorno il cibo non bastava per tutti, l'accesso ad internet per tentare la domanda di ricollocazione in un altro paese europeo non era altro che una chimera.\r\nPrivati della loro dignità, minacciati ed umiliati, metà dei profughi hanno finito con accettare senza proteste la deportazione, un'altra metà hanno deciso di fuggire, prima dello sgombero, nella notte del 24 maggio.\r\nIl divieto ai giornalisti di raccontare lo sgombero era parte della strategia di isolamento delle persone. Se nessuno vede e racconta quello che succede, anche la protesta sembra diventare inutile.\r\nUn risultato che il governo Tsipras non dava certo per scontato, viste le migliaia di agenti in assetto antisommossa mandati a Idomeni da ogni parte della Grecia.\r\n\r\n* Zitto e mangia la minestra. É il titolo del contributo di Benjamin Julian sul blog refugeestrail. Mostra in modo efficace il ruolo dei volontari apolitici nell'assistenza e controllo dei migranti in viaggio a Chios e Idomeni. nel fiaccare la resistenza, umiliando le persone che si aiutano, riducendole a tubi digerenti, minori da assistere, inferiori cui mostrare il modo giusto di vivere. Uno sguardo colonialista e complice delle politiche repressive del governo.\r\n\r\nSotto trovate la traduzione fatta dal blog Hurriya, che abbiamo letto ad Anarres\r\n\r\nOggi le autorità greche hanno dato l’avvio a quello che minacciavano da tempo: lo sgombero dell’accampamento di Idomeni. Il portavoce del ministro dell’immigrazione ha detto che tutti sapevano che “le condizioni di vita” sarebbero state migliori nei campi in cui le persone saranno ricollocate e aveva promesso che “non sarebbe stata usata la forza”, ma anche che si aspettava che le 8000 persone che hanno vissuto lì per mesi sarebbero state spostate in meno di una settimana. Per garantire che nessuno potesse vedere il modo pacifico con cui Idomeni sarebbe stata sgomberata, a giornalisti e attivisti è stato precluso l’accesso all’area.\r\n\r\nUna spiegazione di come questo paradosso dello spostamento non violento di migliaia di persone, che non avevano intenzione di spostarsi, potesse essere risolto, è stata data da un rappresentante di MSF, secondo il quale la gestione del campo da parte della polizia ha “reso complicata la fornitura di cibo e l’assistenza sanitaria”.\r\n\r\nSi tratta di una mossa simile a quella riportata dai/dalle migranti di Vial a Chios, quando venne detto loro che avrebbero dovuto lasciare il campo per trasferirsi nell’altro hotspot di Kos: “Non avevamo l’acqua per poter usare i bagni o poter farci una doccia”, ha detto un migrante. “Avevamo giusto l’acqua potabile da bere. La polizia ha tagliato l’acqua perché, ci hanno detto, dobbiamo spostarci su un’altra isola”.\r\n\r\nQueste tattiche vengono solitamente definite assedi di guerra, intimidazioni, abusi o, per ultimo, atti antiumanitari. Ma negli ultimi tempi sembra essersi affermata la scuola di pensiero che ritiene queste pratiche non sostanzialmente sbagliate, trattandosi solo di una questione di procedure. Il lavoro umanitario consiste nel trovare “un buon posto”, identificato dai volontari o dalle autorità, dove poter trasferire i/le migranti. I desideri e le richieste dei/delle migranti sono semplicemente ignorati. Questo approccio cresce naturalmente nel contesto della politica di confine europea, e dovremmo cominciare a resistere e opporci ad essa.\r\n\r\nRimani in fila\r\nNon è solo il consueto sentimento europeo di superiorità che nutre questo atteggiamento. Durante il lavoro che ho svolto nelle mense questo inverno, mi ha colpito quanto velocemente una mentalità paternalista, o peggio autoritaria, si possa sviluppare tra i volontari.\r\nNoi, per lo più ventenni bianchi/e, eravamo donatori e loro riceventi. Noi avevamo cose che la maggior parte dei/delle migranti non aveva. Potevamo viaggiare, prendere in affitto case, guidare auto, mentre loro non potevano. Eravamo noi che l* facevamo mettere in fila, che decidevamo le loro porzioni, che decidevamo se una persona poteva ricevere una, due o nessuna porzione di zuppa, che l* facevamo allineare in fila, che facevamo rispettare la coda a chi la saltava e così via. Questa posizione di superiorità può facilmente sfociare nella prepotenza, e ho visto spesso e in diversi luoghi volontari urlare contro i/le migranti che erano in attesa in fila per ottenere un paio di mutande o una carta di registrazione. Si tratta di uno spettacolo che non vorrei vedere mai più.\r\n\r\nQuesta denigrazione è divenuta a volte sistematica quando le ONG e i distributori di cibo hanno marcato le unghie o distribuito braccialetti identificativi ai/alle migranti in modo da poter assegnare loro la “quota giusta”. La motivazioni sono candide, la pratica repellente. Ma quando le condizioni sono come erano quest’inverno in Grecia, la dignità dei migranti deve essere anteposta alle pratiche del lavoro umanitario. Le condizioni in cui sono stati portati dalla guerra a casa loro e dalla chiusura delle frontiere ci lascia pochissimi spazi di manovra.\r\n\r\nLo sfortunato risultato di questo schema è che “‘umanitarismo” è diventata una parola molto flessibile. Il trasferimento di migranti dall’hotspot sovraffollato di Vial a quello sull’isola di Kos potrebbe essere descritto come guidato da uno scopo “umanitario”, perché essi avrebbero avuto molto più spazio a Kos. Il fatto che essi fossero chiusi dentro, mentre a Vial erano liberi di uscire, mi è stato spiegato da un volontario come un piccolo e temporaneo inconveniente – non un abuso fondamentale dei diritti dei detenuti e un diniego della loro autonomia. Che i/le migranti detenute negli hotspot dicessero di subire trattamenti “da animali”, per molti vuol dire dar loro più zuppa, più spazio, più coperte piuttosto che una questione di dignità.\r\n\r\nApolitici\r\nÈ questa ridefinizione della parola “umanitario” come semplice fornitore di “comfort” che permette alle autorità greche di presentare l’evacuazione dei residenti di Idomeni verso i campi “più umanitari”, come un aiuto ai poveri ignoranti spaventati migranti ad effettuare la scelta più saggia. (Questo si chiama agire come un “salvatore bianco”). Ma è semplicemente irrilevante quanto buoni siano i campi militari. Il punto è che ai migranti non è lasciata scelta. Quello che manca qui è quello che dovrebbe essere un principio fondamentale dell’umanitarismo: non opporsi alla volontà e desideri di chi vi è soggetto. Trascinare adulti come se fossero bestie da un luogo a un altro non è mai un aiuto, non importa quanto gradevole sia il luogo dove verranno sistemati.\r\n\r\nQuando i/le migranti hanno occupato il porto di Chios, ne è nata una discussione simile. Avevano trovato un posto dove non potevano essere ignorati, dove i media hanno parlato con loro, dove le loro proteste sono state viste. Ma i volontari e le ONG li hanno supplicati di andare in campi “migliori” perché dotati di docce e letti caldi. Come se ciò importasse! Hanno scelto di dormire sul cemento, non perché fossero stupidi o privi di buon senso, ma perché volevano fare una dichiarazione politica. Ma che è caduta nel vuoto a causa di quei volontari che hanno lavorato “apoliticamente”; che volevano migliorare il comfort, non cambiare la società.\r\n\r\nLe radici del volontariato apolitico meritano un approfondimento a parte, che non voglio fare in questa sede, ma più o meno significa lavorare all’interno del sistema, registrarti (farti accreditare) quando ti dicono di farlo e non andare dove non ti è permesso. A volte le persone in buona fede seguono questa semplice idea: trovare persone in difficoltà e fornire loro tutto ciò che li fa sentire meglio.\r\n\r\nMantieni la calma e mangia la minestra\r\nIl rischio che i volontari non politicizzati corrono è quello di diventare strumenti pratici di una disumana politica statale, finendo col lavorare in condizioni che, a lungo andare, distruggono le speranze dei migranti – e che potrebbero col tempo eliminare ogni traccia di umanitarismo nel trattamento che ricevono.\r\n\r\nIl caso più evidente di questo atteggiamento è quando i volontari dicono ai migranti di mantenere la calma. Si tratta di una strategia tipicamente non politica: se VOI mantenete la calma, NOI saremo meglio in grado di portarvi la zuppa. Manca completamente uno sguardo più ampio: i/le migranti vengono violentemente perseguitati dalla UE, e vogliono esporre la loro situazione al pubblico europeo. Non possono farlo senza l’attenzione dei media, e i media non si presentano senza che vi sia un “incidente”. I migranti devono piangere, morire di fame, gridare o annegare per rappresentare una storia. Non appena “l’umanitarismo” li avvolge nel suo abbraccio soffocante, vengono buttati fuori dalle prime pagine – e possono aspettare in silenzio la deportazione. (È anche opportuno ricordare che i migranti nell’hotspot di Vial hanno notevolmente migliorato le loro condizioni evadendo letteralmente dal carcere, dopo che i volontari gli avevano detto che sarebbe stato meglio “tacere”.)\r\n\r\nE così, l’umanitarismo non politico raggiunge l’ obiettivo opposto. Rimuovendo i/le migranti dalla scena politica e dei media presso il porto di Chios, sgomberandoli da Idomeni, dalle piazze e dai parchi, dando loro quel tanto che basta di cibo per scongiurare la fame, le autorità sono riuscite a farli tacere.","27 Maggio 2016","2018-10-17 22:58:58","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/2016-05-20-manif-antimili-2-giu-200x110.jpg","Anarres del 27 maggio. 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I blocchi delle raffineria e gli scioperi di ferrovieri e lavoratori di EDF. Nostro corrispondente Gianni Carrozza, corrispondente parigino di Collegamenti e redattore di Vive La Sociale! su radio Frequence Plurielle.\r\nAl di là della cronaca dell'ultima settimana, tra blocchi delle raffinerie, scioperi delle ferrovie e grandi manifestazioni di piazza, con Gianni abbiamo provato a cogliere le prospettive di un movimento che, dopo due mesi, continua ad essere in crescita, nonostante ampi settori del maggiore sindacato, la CGT, abbiano scelto di radicalizzarsi per provare a controllare una situazione che minaccia(va) di non essere più controllabile dalle burocrazie sindacali. In quest'ultima settimana è scesa in campo anche FO, Force Ouvriere, sindacato classicamente padronale, mentre meno rilevante è il ruolo degli studenti. Crepe si aprono nel fronte governativo, dove il partito socialista deve fare i conti con una crescente fronda della sua base sociale e politica.\r\nContinuano le Nouit Debout e tentano – sia pure a fatica - di sbarcare anche nella banlieaue, mentre gli attivisti si spostano dove ci sono blocchi e azioni di picchetto.\r\nUna riflessione particolare è stata dedicata al tema del blocco (delle merci, delle persone, dei flussi di notizie) come strumento per mettere in difficoltà un padronato, molto più libero di agire, vista la leggerezza estrema del sistema produttivo, ancorato al just in time, privo di magazzino, con capannoni e macchine in leasing.\r\nNe è scaturito un dibattito interessante, in cui è emerso, che sebbene la pratica del blocco sia efficace nel mettere in difficoltà la controparte, l'ingovernabilità del territorio, passa, necessariamente da un allargamento del fronte di lotta più radicale. \r\n\r\n* Torino. Anarchici in piazza contro razzisti e polizia. 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Grandi scheletri senza infissi, sanitari, fili elettrici, recuperati e riciclati negli anni da chi ne aveva bisogno.\r\nProbabilmente non c'è neppure l'acqua.\r\nQui, i profughi, isolati in piccoli gruppi, sorvegliati dall'esercito, saranno lontani dagli sguardi e dalla possibilità da rendere visibile, e quindi politicamente rilevante, la loro condizione.\r\nIntorno alle ex fabbriche quartieri di immigrati dall'est, spesso ostili ai profughi, dove Crisi Argi, i nazisti di Alba Dorata, guadagnano terreno. Nelle ultime settimane hanno provato ad alzare la testa, facendo ronde per i quartieri, cosa mai avvenuta a Salonicco ed inquietante, nonostante i nazisti siano stati intercettati e fermati dai compagni.\r\nA Idomeni restano solo più 500 persone, le sole che non paiono disponibili ad andarsene volontariamente. 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La polizia ha tagliato l’acqua perché, ci hanno detto, dobbiamo spostarci su un’altra isola”.\r\n\r\nQueste tattiche vengono solitamente definite assedi di guerra, intimidazioni, abusi o, per ultimo, atti antiumanitari. Ma negli ultimi tempi sembra essersi affermata la scuola di pensiero che ritiene queste pratiche non sostanzialmente sbagliate, trattandosi solo di una questione di procedure. Il lavoro umanitario consiste nel trovare “un buon posto”, identificato dai volontari o dalle autorità, dove poter trasferire i/le migranti. I desideri e le richieste dei/delle migranti sono semplicemente ignorati. Questo approccio cresce naturalmente nel contesto della politica di confine europea, e dovremmo cominciare a resistere e opporci ad essa.\r\n\r\nRimani in fila\r\nNon è solo il consueto sentimento europeo di superiorità che nutre questo atteggiamento. Durante il lavoro che ho svolto nelle mense questo inverno, mi ha colpito quanto velocemente una mentalità paternalista, o peggio autoritaria, si possa sviluppare tra i volontari.\r\nNoi, per lo più ventenni bianchi/e, eravamo donatori e loro riceventi. Noi avevamo cose che la maggior parte dei/delle migranti non aveva. Potevamo viaggiare, prendere in affitto case, guidare auto, mentre loro non potevano. Eravamo noi che l* facevamo mettere in fila, che decidevamo le loro porzioni, che decidevamo se una persona poteva ricevere una, due o nessuna porzione di zuppa, che l* facevamo allineare in fila, che facevamo rispettare la coda a chi la saltava e così via. Questa posizione di superiorità può facilmente sfociare nella prepotenza, e ho visto spesso e in diversi luoghi volontari urlare contro i/le migranti che erano in attesa in fila per ottenere un paio di mutande o una carta di registrazione. Si tratta di uno spettacolo che non vorrei vedere mai più.\r\n\r\nQuesta denigrazione è divenuta a volte sistematica quando le ONG e i distributori di cibo hanno marcato le unghie o distribuito braccialetti identificativi ai/alle migranti in modo da poter assegnare loro la “quota giusta”. La motivazioni sono candide, la pratica repellente. Ma quando le condizioni sono come erano quest’inverno in Grecia, la dignità dei migranti deve essere anteposta alle pratiche del lavoro umanitario. Le condizioni in cui sono stati portati dalla guerra a casa loro e dalla chiusura delle frontiere ci lascia pochissimi spazi di manovra.\r\n\r\nLo sfortunato risultato di questo schema è che “‘umanitarismo” è diventata una parola molto flessibile. Il trasferimento di migranti dall’hotspot sovraffollato di Vial a quello sull’isola di Kos potrebbe essere descritto come guidato da uno scopo “umanitario”, perché essi avrebbero avuto molto più spazio a Kos. Il fatto che essi fossero chiusi dentro, mentre a Vial erano liberi di uscire, mi è stato spiegato da un volontario come un piccolo e temporaneo inconveniente – non un abuso fondamentale dei diritti dei detenuti e un diniego della loro autonomia. Che i/le migranti detenute negli hotspot dicessero di subire trattamenti “da animali”, per molti vuol dire dar loro più zuppa, più spazio, più coperte piuttosto che una questione di dignità.\r\n\r\nApolitici\r\nÈ questa ridefinizione della parola “umanitario” come semplice fornitore di “comfort” che permette alle autorità greche di presentare l’evacuazione dei residenti di Idomeni verso i campi “più umanitari”, come un aiuto ai poveri ignoranti spaventati migranti ad effettuare la scelta più saggia. (Questo si chiama agire come un “salvatore bianco”). Ma è semplicemente irrilevante quanto buoni siano i campi militari. Il punto è che ai migranti non è lasciata scelta. Quello che manca qui è quello che dovrebbe essere un principio fondamentale dell’umanitarismo: non opporsi alla volontà e desideri di chi vi è soggetto. Trascinare adulti come se fossero bestie da un luogo a un altro non è mai un aiuto, non importa quanto gradevole sia il luogo dove verranno sistemati.\r\n\r\nQuando i/le migranti hanno occupato il porto di Chios, ne è nata una discussione simile. Avevano trovato un posto dove non potevano essere ignorati, dove i media hanno parlato con loro, dove le loro proteste sono state viste. Ma i volontari e le ONG li hanno supplicati di andare in campi “migliori” perché dotati di docce e letti caldi. Come se ciò importasse! Hanno scelto di dormire sul cemento, non perché fossero stupidi o privi di buon senso, ma perché volevano fare una dichiarazione politica. Ma che è caduta nel vuoto a causa di quei volontari che hanno lavorato “apoliticamente”; che volevano migliorare il comfort, non cambiare la società.\r\n\r\nLe radici del volontariato apolitico meritano un approfondimento a parte, che non voglio fare in questa sede, ma più o meno significa lavorare all’interno del sistema, registrarti (farti accreditare) quando ti dicono di farlo e non andare dove non ti è permesso. A volte le persone in buona fede seguono questa semplice idea: trovare persone in difficoltà e fornire loro tutto ciò che li fa sentire meglio.\r\n\r\nMantieni la calma e mangia la minestra\r\nIl rischio che i volontari non politicizzati corrono è quello di diventare strumenti pratici di una disumana politica statale, finendo col lavorare in condizioni che, a lungo andare, distruggono le speranze dei migranti – e che potrebbero col tempo eliminare ogni traccia di umanitarismo nel trattamento che ricevono.\r\n\r\nIl caso più evidente di questo atteggiamento è quando i volontari dicono ai migranti di mantenere la calma. Si tratta di una strategia tipicamente non politica: se VOI mantenete la calma, NOI saremo meglio in grado di portarvi la zuppa. Manca completamente uno sguardo più ampio: i/le migranti vengono violentemente perseguitati dalla UE, e vogliono esporre la loro situazione al pubblico europeo. Non possono farlo senza l’attenzione dei media, e i media non si presentano senza che vi sia un “incidente”. I migranti devono piangere, morire di fame, gridare o annegare per rappresentare una storia. Non appena “l’umanitarismo” li avvolge nel suo abbraccio soffocante, vengono buttati fuori dalle prime pagine – e possono aspettare in silenzio la deportazione. (È anche opportuno ricordare che i migranti nell’hotspot di Vial hanno notevolmente migliorato le loro condizioni evadendo letteralmente dal carcere, dopo che i volontari gli avevano detto che sarebbe stato meglio “tacere”.)\r\n\r\nE così, l’umanitarismo non politico raggiunge l’ obiettivo opposto. Rimuovendo i/le migranti dalla scena politica e dei media presso il porto di Chios, sgomberandoli da Idomeni, dalle piazze e dai parchi, dando loro quel tanto che basta di cibo per scongiurare la fame, le autorità sono riuscite a farli tacere.",[300],{"field":92,"matched_tokens":301,"snippet":297,"value":298},[64],{"best_field_score":174,"best_field_weight":175,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":14,"score":176,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":39},{"document":304,"highlight":325,"highlights":330,"text_match":172,"text_match_info":333},{"comment_count":39,"id":305,"is_sticky":39,"permalink":306,"podcastfilter":307,"post_author":109,"post_content":308,"post_date":309,"post_excerpt":45,"post_id":305,"post_modified":310,"post_thumbnail":311,"post_title":312,"post_type":155,"sort_by_date":313,"tag_links":314,"tags":322},"27428","http://radioblackout.org/podcast/rom-e-sinti-dai-campi-di-sterminio-ai-campi-della-democrazia/",[109],"Venerdì 23 gennaio incontro su \"Rom e sinti: la memoria che non c’è. 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La Legge n. 211 del 20 luglio 2000 che istituisce il Giorno della Memoria non ricorda esplicitamente lo sterminio subito dalle popolazioni sinte e rom.\r\n\r\nNel dopoguerra i rom e i sinti vennero destinati ai “campi di transito” nonostante non fossero più nomadi. Lo stigma nei loro confronti è forte e radicato. Sono considerati stranieri, anche se spesso discendono da gruppi arrivati nella penisola oltre 700 anni fa.\r\n\r\nNegli ultimi anni si sono moltiplicati gli attacchi e le violenze fisiche e verbali. Le cronache narrano di sgomberi violenti, continui controlli di polizia, persecuzioni, insulti, botte. Nemmeno i bambini sfuggono agli attacchi.\r\n\r\nIn questi mesi, a Mirafiori, un gruppo di profughi bosniaci, apolidi di fatto, sono finiti nel mirino dei fascisti di Forza Nuova, Casa Pound e Fratelli d’Italia. 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