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Viva la resistencia!\r\n\r\nIn Ecuador nella regione del Napo, alle porte dell'Amazzonia, dal 2 dicembre le comunità hanno bloccato in punti strategici della regione le strade e le città, a seguito dell'approvazione e dell'inizio della costruzione di un secondo carcere di massima sicurezza a pochi km dal centro della città.\r\nNapo ed Archidona vivono di turismo significherebbe perdere una fetta di reddito di cui vive la comunità, rappresentando un rischio per le attività di turismo sostenibile delle comunità indigene volte al mantenere e proteggere il proprio territorio.\r\nQuesto progetto, che costa quasi 53 milioni di dollari, non solo rappresenterebbe un danno a livello territoriale, ma è anche la palese dimostrazione della sordità del governo davanti alla volontà popolare. Il governo Noboa ha volutamente deciso di tacere i problemi di povertà, disoccupazione e difficile accesso alla sanità, vendendo la prigione come la soluzione seducente. Ma questo non è altro che un business e le persone della comunità sono quelle che ne pagano sempre le conseguenze.\r\n\r\nDalla notte del 2 dicembre le comunità si sono riunite e hanno bloccato i punti nevralgici della regione, il km 24 e il ponte di Archidona, Puerto Napo e ogni giorno le altre comunità si uniscono creando un gruppo sempre più grande, sempre più forte.\r\nLa resistenza c'è e si è manifestata nei modi più forti bloccando un'intera strada, bloccando le attività, gli attraversamenti, radunando tutte le persone davanti a dei mucchi di pneumatici, tronchi, pietre e bambù in fiamme che bloccano le strade. Tutti collaborano come possono, c'è chi porta i dolci, c'è chi condivide il pane, c'è chi distribuisce panini, cibo, c'è chi porta latte di wayusa, bocadillos, acqua. Nella prima settimana si è attensa una risposta dal governo, che per ora sembra troppo concentrato sulle festività della capitale e non sulle esigenze di Napo.\r\nIl 12 dicembre è stata convocata una assemblea al PKR, pueblo Kichwa de Rukullakta, dove alla presenza di piu di 2500 abitanti dell'area è stato deciso che la resistenza continua finché il popolo non verrà ascoltato. 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Il ministro degli esteri statunitense in questi giorni ha fatto un tour nelle nazioni latinamericane per accordarsi con tutte le destre al potere per boicottare il petrolio di Caracas e riaffermare una nuova Dottrina Monroe per il cortile di casa, al punto che sono state ventilate ipotesi di intervento militare (in questo caso si registrano resistenze dal Brasile, che ha interessi come potenza regionale). Ma capitano eventi particolari in molti paesi latinamericani.\r\n\r\n \r\n\r\nTruffe elettorali e colpi di mano costituzionali.\r\n\r\nAbbiamo cominciato la chiacchierata con Alfredo Luiz Somoza commentando l'indiscrezione secondo la quale sono stati forniti mezzi di intercettazione e controllo digitale degli oppositori del presidente honduregno durante e dopo le elezioni truffa di novembre a cui è seguita un'insurrezione popolare; in quel caso la magia è stata messa a disposizione di una destra illiberale che in due mesi di manifestazioni ha ucciso 36 persone che protestavano contro l'imbroglio elettorale di Hernandez. Dal ‘provvidenziale’ blackout dei computer che ha ribaltato i responsi delle urne in Honduras, sull'onda delle riforme autoritarie delle Costituzioni sudamericane (con la connivenza delle Corti Supreme di nomina presidenziale), ci siamo spostati nella Bolivia di Evo Morales, che è arrivato a sollecitare una sorta di protezione dei diritti umani, perché secondo lui ciascuno deve vedersi riconosciuto il diritto (umano e presidenziale) di presentarsi alle elezioni, venendo meno al dettato costituzionale promulgato da lui stesso che limita a due mandati. 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Buon ultimo il presidente peruviano Kucszynski, un cognome indubbiamente quechua, che ha fatto carte false per evitare l'impeachment, arrivando a liberare Fujimori, il dittatore assassino i cui seguaci in parlamento hanno impedito in cambio la destituzione del presidente del Perù.\r\n\r\nHonduras e altri Territori del Condor\r\n\r\nDesaparecion di uomini e cose.\r\n\r\nUn'altra magia riguarda la scomparsa che in Sudamerica è una pratica diffusa. Può capitare che delle persone normali scompaiano in Colombia e riappaiano i loro cadaveri travestiti da comandanti dell'Eln, per far credere che si trattava di leader della guerriglia. Una guerriglia di cui non risulta attestata alcuna azione – a quanto affermano gli osservatori dell'Onu – in questo scorcio di mesi precedente le elezioni di maggio, nonostante le notizie fatte trapelare da Santos e dal suo governo di destra (per quanto più moderata di quella di Uribe) che ha tutto l'interesse di arrivare all'appuntamento elettorale dimostrandosi duro, dopo l'accordo raggiunto con le Farc, digerito a fatica dal paese. Anche perché la guerra della droga colombiana adesso si disputa tra i cartelli che vanno a sostituirsi alle Farc che facevano da tramite con i cocaleros, ai quali ora la protezione è offerta dai professionisti: i Narcos. Il risultato è una strage di sindacalisti e ambientalisti eliminati da chi si sta costruendo il nuovo giro di affari del post-Farc: latifondisti e trafficanti.\r\n\r\nIn questi giorni Tres Madres sono state insignite di una laurea honoris causa: Estela Carlotto (fondatrice de las Abuelas de Plaza de Mayo), Vera Vigevani (fondatrice de las Madres de Plaza de Mayo) e Yolanda Moràn (coordinatrice della messicana Fundem); in particolare quest'ultima ha avuto modo di raccontare episodi di scomparsi in Messico per colpa anche dei Narcos (anche se oggi è stato preso un capo de Los Zetas, la piovra non può che far spuntare molte teste), ma soprattutto da attribuire a poliziotti e militari, che lavorano per diversi cartelli, come si evince da libri pubblicati recentemente anche in Italia sulla Guerra alla droga, mentre lei ne ha una conoscenza diretta perché la sua organizzazione va alla ricerca di fosse comuni, dove s'imbattono in molti cadaveri di migranti centramericani, tra cui minori mutilati, perché oggetto di traffico di organi. E i numeri superano di molte volte quelli storici dei desaparecidos durante la dittatura della Giunta militare in Argentina. 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sociale che umana; uno scritto che non si propone di dare soluzioni semplici a ordini di problemi giganti attraverso la solita retorica stantia della questua di diritti nominali, ma che cerca di gettare uno sguardo a ciò che è accaduto negli ultimi anni di pandemia e guerra per provare a capire come questa manciata di tempo abbia inciso sulla riorganizzazione dei rapporti statuali.\r\n\r\nUna riflessione, questa, che tocca vari punti: la mobilità e le sue infrastrutture, i cambiamenti urbani, la digitalizzazione dei rapporti di vita e la messa a valore dell’esistenza in ogni suo aspetto, financo quello dell’interiorità, imbrigliata in inedite forme di dominio, rispetto a cui si alzano feroci le voci dei vassalli di un’obbedienza cieca, ma anche quelle di coloro che esprimono nuove forme di refrattarietà, sebbene ancora amorfe e oggetto di continuo screditamento da parte del discorso pubblico.\r\nAi microfoni di Radio Blackout cerchiamo di tracciare una piccola diagnosi epocale ed 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problemi giganti attraverso la solita retorica stantia della \u003Cmark>questua\u003C/mark> di diritti nominali, ma che cerca di gettare uno sguardo a ciò che è accaduto negli ultimi anni di pandemia e guerra per provare a capire come questa manciata di tempo abbia inciso sulla riorganizzazione dei rapporti statuali.\r\n\r\nUna riflessione, questa, che tocca vari punti: la mobilità e le sue infrastrutture, i cambiamenti urbani, la digitalizzazione dei rapporti di vita e la messa a valore dell’esistenza in ogni suo aspetto, financo quello dell’interiorità, imbrigliata in inedite forme di dominio, rispetto a cui si alzano feroci le voci dei vassalli di un’obbedienza cieca, ma anche quelle di coloro che esprimono nuove forme di refrattarietà, sebbene ancora amorfe e oggetto di continuo screditamento da parte del discorso pubblico.\r\nAi microfoni di Radio Blackout cerchiamo di tracciare una piccola diagnosi epocale ed evocare il coraggio di non arrendersi alle nuove norme governative, 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