","Omofobia. La strage di Orlando, le religioni, le armi","post",1465927678,[61,62,63,64],"http://radioblackout.org/tag/armi/","http://radioblackout.org/tag/omofobia/","http://radioblackout.org/tag/religioni/","http://radioblackout.org/tag/strage-di-orlando/",[66,67,68,69],"armi","omofobia","religioni","strage di orlando",{"post_content":71,"post_title":75,"tags":78},{"matched_tokens":72,"snippet":73,"value":74},[68],"si alimentano del retaggio delle \u003Cmark>religioni\u003C/mark> patriarcali, i cui fasti rinverdiscono","La strage di Orlando è probabilmente la più grave mai avvenuta negli Stati Uniti. 59 morti ed altrettanti feriti all'interno di un locale gay sono un bilancio pesante, il prezzo della reazione agli scampoli di libertà che le persone lgbtq si sono prese in lunghi anni di lotte.\r\nUn luogo dove la gente andava a divertirsi era anche punto di riferimento organizzativo per la comunità lgbtq della zona., si trasforma in mattatoio, luogo di paura, affinché nessuno possa più sentirsi al sicuro.\r\nMa Orlando non è Parigi o Bruxelles, il Pulse non è il Bataclan.\r\nI commenti di queste ore lo dimostrano sin troppo bene. Alla rivendicazione dell'Isis – poco importa se reale o meno – non segue la condanna unanime. Qualche chiesa evangelica ha esaltato il massacro. Le prime pagine dei nostri quotidiani non urlavano con immagini e grandi titoli, ma mostravano un'indignazione decisamente più sobria. Il genere di indignazione che si conviene quando le vittime non sono del tutto degne. Non per tutti.\r\nIl padre dell'assassino parla in un modo ai media statunitensi, in un altro su facebook dove usa il Dari, la lingua dei pashun, per affidare a dio il compito di punire i gay.\r\nI quotidiani hanno riportato, come se fosse un'attenuante, che Omar Mateen era stato turbato dalla vista di due ragazzi che si baciavano.\r\nGià. L'omosessualità resta un orientamento che i più preferirebbero restasse nascosto, velato da sobrietà, senza irrompere nella quotidianità, spezzandone il mai sopito perbenismo.\r\nL'omofobia e la transfobia si alimentano del retaggio delle \u003Cmark>religioni\u003C/mark> patriarcali, i cui fasti rinverdiscono da decenni. L'irrompere della diversità che orgogliosamente si mostra, si ribella a leggi, divieti, violenze ha incrinato l'illusione identitaria che segna i corpi e le relazioni, modellandoli, spesso a forza, entro schemi rigidi, ma rassicuranti.\r\nL'intersezione tra omofobia e razzismo produce effetti paradossali, come il Paperone poco compassionevole che si giocherà il prossimo 8 novembre la poltrona di presidente degli Stati Uniti, che difende i gay dagli immigrati che provengono da paesi prevalentemente musulmani. E' lo stesso uomo che ha più volte fatto dichiarazioni omofobe e sessiste, lo stesso che si è espresso contro gli immigrati messicani, centro e sudamericani, come tanti dei ragazzi ammazzati al Pulse.\r\nLa strage di Orlando è in se un fatto atroce, ma semplice: un uomo armato sino ai denti fa irruzione in un locale cercando di ammazzare più omosessuali possibile. Omofobo e islamico, ma avrebbe potuto essere omofobo ed israelita, omofobo e cristiano, omofobo e nazista. L'aggettivo, nella narrazione dei media e nei commenti dei politici assume maggiore importanza del nome cui si riferisce. Un nome che rimette al centro il fatto che l'identità di genere, il suo attraversamento, il suo rimodellarsi su percorsi individuali, come la scelta esplicita di mostrare un orientamento sessuale diverso da quello preteso dall'eteronormatività dominante, resti una grossa pietra di inciampo nell'immaginario sociale prevalente anche nelle nostre società.\r\nLa strage di Orlando ci dice molto della violenza reattiva che la libertà lgbtq suscita in chi, in nome di dio o della “natura”, vorrebbe cancellarla.\r\nLa narrazione della strage di Orlando ci dice molto di quanto lunga sia la strada che conduce ad una libertà che non ha confini di genere o di orientamento sessuale, perché l'attraversamento, la sperimentazione, la molteplicità di prospettive sono diventate del tutto “normali”.\r\nNe abbiamo parlato con Maurizio del circolo lgbtq “Maurice” di Torino.\r\nAscolta la diretta:\r\n2016-06-14-maurizio-strageorlando\r\nLa facilità con la quale negli Stati Uniti è possibile acquistare un'arma è uno dei temi che anche questa volta hanno caratterizzato i commenti sulla strage di Orlando, compiuta da una guardia privata che lavorava in una prigione minorile della Florida.\r\nNe abbiamo parlato con Robertino, un compagno che da molti anni si occupa di questi temi.\r\nAscolta la diretta:\r\n2016-06-14-robertino-strageorlando",{"matched_tokens":76,"snippet":77,"value":77},[68],"Omofobia. 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Ma non ho dubbi su quale sia la parte giusta della storia\".\r\n\r\n\"I mesi sono lunghi e accade che la bolla si trasformi in un buco nero che ti risucchia. Prendendo in prestito una metafora che leggerò parecchi mesi dopo in un bellissimo fumetto dedicato alle mie vicende sono caduta in un pozzo profondissimo. Le pareti sono scivolose ed ogni volta che faticosamente cerco di compiere un breve passo per risalire appena un pochino, finisco sempre col precipitare più in profondità. A volte mi chiedo se questo pozzo abbia un fondo e se da qualche parte ci sia davvero un'uscita. Immagino di essere un piccolo geco, che nell'oscurità silente riesce a scalare le pareti. Già, devo scalare le pareti, ma qui purtroppo non ci sono i miei compagni di arrampicata e i legami di fiducia ben stretti sulla corda della sicura\".\r\n\r\n\"Chiudo gli occhi e lancio lo sguardo oltre le mura di questo cieco carcere: scorgo le vicende di uomini e donne come ricambi in tessuti su arazzi che raffigurano storie più ampie. Storie di popoli, di culture, di lingue e di religioni. Storia di sistemi economici, politici e giuridici. Storie di ricchezza e di miseria, di potere, di sopraffazione e di sfruttamento. Storie di guerre e di eserciti. Storie di un mondo in cui ancora si uccidono bambini, in cui alle quarte d'Europa risuonano mitraglie che riecheggiano gli scempi del secolo scorso. Apro gli occhi e mi scorgono rannicchiata sulla grigia coperta, con lo sguardo fisso sulla porta di ferro della cella. Tutto mi appare semplice e lineare in queste vicende, come in molte altre, non può esserci alcun dubbio su quale sia la parte giusta della storia\"\r\n\r\n#Ilarialiberasubito\r\n\r\nAbbiamo sentito ai microfoni Mattia, compagno e amico di Ilaria, presente all'udienza in Ungheria:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/SalisDomiciliariRespinti.mp3\"][/audio]\r\n\r\nPer sostenere le spese legali: https://www.produzionidalbasso.com/project/sosteniamo-ilaria/","29 Marzo 2024","2024-03-29 17:55:01","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/ilaria-salis-200x110.png","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/ilaria-salis-300x169.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/ilaria-salis-300x169.png 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/ilaria-salis-1024x576.png 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/ilaria-salis-768x432.png 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/ilaria-salis.png 1200w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Libertà per Ilaria",1711734859,[120,121,122,123,124],"http://radioblackout.org/tag/antifascismo/","http://radioblackout.org/tag/carcere/","http://radioblackout.org/tag/ilaria-salis/","http://radioblackout.org/tag/orban/","http://radioblackout.org/tag/ungheria/",[126,127,128,129,130],"antifascismo","carcere","ilaria salis","Orban","Ungheria",{"post_content":132},{"matched_tokens":133,"snippet":134,"value":135},[68],"culture, di lingue e di \u003Cmark>religioni\u003C/mark>. Storia di sistemi economici, politici","Ieri il tribunale di Budapest ha respinto la richiesta di misure alternative al carcere per la compagna antifascista Ilaria Salis.\r\n\r\nLettera di Ilaria:\r\n\r\n\"Sono caduta in un pozzo profondissimo, mi chiedo se ci sia uscita. Ma non ho dubbi su quale sia la parte giusta della storia\".\r\n\r\n\"I mesi sono lunghi e accade che la bolla si trasformi in un buco nero che ti risucchia. Prendendo in prestito una metafora che leggerò parecchi mesi dopo in un bellissimo fumetto dedicato alle mie vicende sono caduta in un pozzo profondissimo. Le pareti sono scivolose ed ogni volta che faticosamente cerco di compiere un breve passo per risalire appena un pochino, finisco sempre col precipitare più in profondità. A volte mi chiedo se questo pozzo abbia un fondo e se da qualche parte ci sia davvero un'uscita. Immagino di essere un piccolo geco, che nell'oscurità silente riesce a scalare le pareti. 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Questo riporta l'editoriale di Jacobin che trovate qui: https://jacobinitalia.it/rappresaglia-contro-lunrwa/.\r\n\r\n \r\n\r\nDai microfoni di Blackout abbiamo provato ad approfondire la notizia, in collegamento con Antonella Bellantuono, ricercatrice di storia del giudaismo e studiosa del rapporto tra religioni e politica. Antonella cura una rubrica informativa sulla situazione fattiva e le categorie messe in campo nella guerra di Israele contro la popolazione palestinese: https://www.instagram.com/blackpostitalia/.\r\n\r\n \r\n\r\nCome redazione, ci interessava capire non solo il ruolo dell'UNRWA e le conseguenze del suo boicottaggio per il massacro in corso, ma anche il significato che la \"ragione umanitaria\" (Fassin 2011), come ideologia sottostante alla sfera dei \"diritti umani\", assume in una contesto di conflitto politico globale. A fronte del disconoscimento che i governi mondiali hanno nei confronti del massacro del popolo palestinese, sembra infatti che l'\"essere umano\" cessi di esistere dinnanzi all'inasprimento dei rapporti di forza. Ragionamento che interessa anche il ruolo di Hamas e la \"minaccia\" costituita dalla popolazione profuga di Gaza agli occhi del governo israeliano ed i suoi alleati.\r\n\r\n \r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/UNRWA.mp3\"][/audio]","9 Febbraio 2024","2024-02-09 14:06:56","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/emad-el-byed-1kJZm6qV8bE-unsplash-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/emad-el-byed-1kJZm6qV8bE-unsplash-300x225.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/emad-el-byed-1kJZm6qV8bE-unsplash-300x225.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/emad-el-byed-1kJZm6qV8bE-unsplash-1024x768.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/emad-el-byed-1kJZm6qV8bE-unsplash-768x576.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/emad-el-byed-1kJZm6qV8bE-unsplash-1536x1152.jpg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/emad-el-byed-1kJZm6qV8bE-unsplash-2048x1536.jpg 2048w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Gaza. 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Un equilibrio instabile, che, oltre allo scambio di prigionieri e alla restituzione delle salme dei caduti, si baserebbe sulla ripresa dei negoziati affidati al \"gruppo di Minsk\".\r\n\r\nLa controversia ha un retroterra storico-culturale di lunga data.\r\nL’Armenia, a prevalenza cristiana, tra le chiese ortodosse orientali, e l’Azerbaijan, a larga maggioranza islamica, prevalentemente sciita, entrarono in conflitto per il Nagorno-Karabakh, enclave armena in territorio azero, provincia autonoma in epoca sovietica, riconosciuto parte dell’Azerbaijan dal 1991, ma controllato dagli armeni. Sebbene in territorio azero, infatti, la maggioranza della popolazione è armena, e il soviet locale vi proclamò una repubblica autonoma nel settembre 1991. Nel 1988, le truppe azere e le formazioni armene avviarono un lungo conflitto, con alterne vicende; la tregua del 1994, mediata dalla Russia, ha lasciato il Nagorno-Karabakh sotto controllo armeno di fatto. Oltre un milione di persone sono state costrette alla fuga, la popolazione azera (25% del totale) ha abbandonato l’enclave, mentre le popolazioni armene fuggivano dal resto dell’Azerbaijan, in un ulteriore esodo di profughi.\r\n\r\nIn questa partita c'è un quarto importante attore, la Turchia di Erdogan.\r\nLa Turchia è il potente alleato dell'Arzebaigian nel conflitto con l'Armenia per il controllo della regione contesa. Quali interessi muovono il sultano di Ankara?\r\nLe mosse della Turchia si muovono lungo tre assi.\r\nIl primo è l'espansionismo neo-ottomano di Erdogan, che in questi anni è intervenuto in aree un tempo sotto il controllo dell'impero, come la Siria e la Libia. Senza disdegnare incursioni in Africa, soprattutto in Somalia, e nel Caucaso.\r\nL'interventismo turco genera un potente warfare, utile a cercare di arginare il malcontento interno, dovuto all'intrecciarsi di crisi economica, crisi sociale, pessima gestione della pandemia.\r\nNon solo. 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Un giornalista di un'emittente non allineata è stato pesantemente multato per aver denunciato l'autoritarismo del regime azero.\r\nNel risico che investe il conflitto tra Armenia e Azerbaigian si inserisce un altro importante nemico della Turchia, l'Iran, che ha ottimi rapporti con l'Armenia.\r\nCon buona pace di chi legge i conflitti con la lente esclusiva dello scontro tra religioni, vale la pena notare che la Turchia sostiene l'Azerbaigian a maggioranza sciita, mentre l'Iran è alleato con l'Armenia a maggioranza cristiano-ortodossa.\r\nLe religioni sono un buon mezzo per giustificare le guerre e motivare i combattenti e chi, da casa, ne patisce le conseguenze, ma sono una pessima lente per decifrare la puntata del grande gioco che si sta facendo tra le montagne della terra del fuoco.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Murat Cinar, giornalista turco da molti anni a Torino\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/2020-10-13-nagorno-turchia-murat.mp3\"][/audio]\r\n\r\nnagorno turchia murat\r\n\r\n ","13 Ottobre 2020","2020-10-13 13:05:59","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/NagornoKarabakh-Levonaget-720x408-1-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"170\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/NagornoKarabakh-Levonaget-720x408-1-300x170.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/NagornoKarabakh-Levonaget-720x408-1-300x170.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/NagornoKarabakh-Levonaget-720x408-1.jpg 720w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","La Turchia e la guerra per il Nagorno-Karabakh",1602594359,[190,191,192,193],"http://radioblackout.org/tag/armenia/","http://radioblackout.org/tag/azerbaigian/","http://radioblackout.org/tag/nagorno-karabakh/","http://radioblackout.org/tag/turchia/",[195,196,197,26],"armenia","azerbaigian","nagorno-karabakh",{"post_content":199},{"matched_tokens":200,"snippet":201,"value":202},[68],"lente esclusiva dello scontro tra \u003Cmark>religioni\u003C/mark>, vale la pena notare che","L'11 ottobre a Mosca è stata siglata una tregua nella guerra sanguinosa scoppiata due settimane prima tra Armenia ed Azerbaigian per il controllo del Nagorno-Karabakh. 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Oltre un milione di persone sono state costrette alla fuga, la popolazione azera (25% del totale) ha abbandonato l’enclave, mentre le popolazioni armene fuggivano dal resto dell’Azerbaijan, in un ulteriore esodo di profughi.\r\n\r\nIn questa partita c'è un quarto importante attore, la Turchia di Erdogan.\r\nLa Turchia è il potente alleato dell'Arzebaigian nel conflitto con l'Armenia per il controllo della regione contesa. Quali interessi muovono il sultano di Ankara?\r\nLe mosse della Turchia si muovono lungo tre assi.\r\nIl primo è l'espansionismo neo-ottomano di Erdogan, che in questi anni è intervenuto in aree un tempo sotto il controllo dell'impero, come la Siria e la Libia. Senza disdegnare incursioni in Africa, soprattutto in Somalia, e nel Caucaso.\r\nL'interventismo turco genera un potente warfare, utile a cercare di arginare il malcontento interno, dovuto all'intrecciarsi di crisi economica, crisi sociale, pessima gestione della pandemia.\r\nNon solo. La Turchia protegge e incrementa i propri interessi sui flussi di gas e petrolio, mettendo uomini in armi in Libia ed in Siria, e foraggiando la crescita dell'esercito azero, trasformatosi in pochi anni in modo radicale grazie alle forniture di armi e all'addestramento fornito da Ankara.\r\n\r\nErdogan ha stretto accordi per la fornitura di gas e petrolio azero, e, come in Libia e Somalia, gioca la carta della potenza amica, senza le ambizioni neocoloniali di paesi come l'Italia, la Francia, la Russia.\r\n\r\nSul piano interno la politica espansionista mira a rinforzare l'asse con i nazionalisti e a giustificare ulteriori attacchi alla libertà di espressione nel paese. Nelle ultime due settimane ci sono stati oltre 100 arresti, tra ex deputati, sindaci e giornalisti. Un giornalista di un'emittente non allineata è stato pesantemente multato per aver denunciato l'autoritarismo del regime azero.\r\nNel risico che investe il conflitto tra Armenia e Azerbaigian si inserisce un altro importante nemico della Turchia, l'Iran, che ha ottimi rapporti con l'Armenia.\r\nCon buona pace di chi legge i conflitti con la lente esclusiva dello scontro tra \u003Cmark>religioni\u003C/mark>, vale la pena notare che la Turchia sostiene l'Azerbaigian a maggioranza sciita, mentre l'Iran è alleato con l'Armenia a maggioranza cristiano-ortodossa.\r\nLe \u003Cmark>religioni\u003C/mark> sono un buon mezzo per giustificare le guerre e motivare i combattenti e chi, da casa, ne patisce le conseguenze, ma sono una pessima lente per decifrare la puntata del grande gioco che si sta facendo tra le montagne della terra del fuoco.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Murat Cinar, giornalista turco da molti anni a Torino\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/2020-10-13-nagorno-turchia-murat.mp3\"][/audio]\r\n\r\nnagorno turchia murat\r\n\r\n ",[204],{"field":98,"matched_tokens":205,"snippet":201,"value":202},[68],{"best_field_score":141,"best_field_weight":142,"fields_matched":105,"num_tokens_dropped":47,"score":143,"tokens_matched":105,"typo_prefix_score":47},{"document":208,"highlight":232,"highlights":237,"text_match":139,"text_match_info":240},{"cat_link":209,"category":210,"comment_count":47,"id":211,"is_sticky":47,"permalink":212,"post_author":50,"post_content":213,"post_date":214,"post_excerpt":53,"post_id":211,"post_modified":215,"post_thumbnail":216,"post_thumbnail_html":217,"post_title":218,"post_type":58,"sort_by_date":219,"tag_links":220,"tags":227},[44],[46],"58015","http://radioblackout.org/2020/03/otto-marzo-di-lotta-da-torino-a-livorno/","L’otto marzo ai tempi del Covid 19. Lo sciopero indetto per l’8 e il 9 marzo è stato cancellato dalla commissione di garanzia, che in applicazione alle direttive governative, ha imposto la revoca ai sindacati di base che lo avevano indetto, pena multe sia per i sindacati che per gli scioperanti. Il solo SLAI Cobas ha rifiutato di cancellare lo sciopero.\r\nIn diverse località sono state cancellate tutte le iniziative di lotta promosse per l’Otto e per il Nove, nonostante non vi siano stati divieti espliciti.\r\n\r\nC’è chi invece ha deciso, pur con le necessarie attenzioni, di rifiutare la quarantena politica imposta dallo Stato, uno Stato che ha massacrato la sanità, moltiplicato le spese militari, consentito esercitazioni militari statunitensi in tempo di epidemia, ma vuole tappare la bocca, criminalizzandola, ad ogni forma di opposizione sociale.\r\n\r\nA Torino, il collettivo anarcofemminista Wild Cat ha dato vita ad una settimana di informazione e lotta transfemminista che si è articolata in tre presidi e una manifestazione itinerante.\r\n\r\nAscolta la diretta con Maria di Wild C.A.T.:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/2020-03-wild-cat-8marzo.mp3\"][/audio]\r\n\r\nScarica l'audio\r\n\r\nA Livorno, Non una di meno, ha ricalibrato le iniziative previste, mantenendo tuttavia un presidio itinerante sul lungo mare, con focus sui ruoli di genere, la narrazione della violenza, il lavoro.\r\nLa statua del marinaio è stata detournata con spazzoloni, grembiuli, bambolotti, suscitando l’ira di un militare che ha chiamato la polizia. La manifestazione è proseguita per l’intera giornata, con numerose tappe sempre più partecipate.\r\n\r\nAscolta la diretta con Patrizia di Livorno:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/2020-03-10-patrizia-8marzo.mp3\"][/audio]\r\n\r\nScarica l'audio\r\n\r\nDi seguito la cronaca della settimana di lotta a Torino\r\n\r\nLunedì 2 marzo c’è stato un presidio alla farmacia Algostino e De Michelis di piazza Vittorio 10. Questa farmacia, gestita da integralisti cattolici, rifiuta di vendere la pillola del giorno dopo. Un’occasione per fare il punto sulle difficoltà crescenti per le donne che decidono di abortire.\r\nMassiccia la presenza poliziesca.\r\nDal volantino distribuito: “Qualcuno crede che la legge 194 che stabilisce le regole per l'IGV, l'interruzione volontaria di gravidanza, sia stata una grande conquista delle donne del nostro paese.\r\nNoi sappiamo invece che le leggi sono il precipitato normativo dei rapporti di forza all'interno di una società. La spinta del movimento femminista degli anni Settanta obbligò una coalizione di governo composta da laici e cattolici, in cui i cattolici erano la maggioranza, a depenalizzare l'aborto.\r\nLa rivolta delle donne, la disobbedienza esplicita di alcune di loro, la profonda trasformazione culturale in atto, spinsero alla promulgazione della 194. Fu, inevitabilmente, un compromesso. Per accedere all'IVG le donne sono obbligate a giustificare la propria scelta, a sottoporsi all'esame di psicologi e medici, a sottostare alle decisioni di genitori o giudici se minorenni. In compenso i medici possono dichiararsi obiettori e rifiutare di praticare le IVG.\r\nDa qualche anno \"volontari\" dei movimenti cattolici che negano la libertà di scelta alle donne, si sono infiltrati nei consultori e nei reparti ospedalieri, rendendo ancora più difficile accedere ad un servizio che in teoria dovrebbe essere garantito a tutte, come ogni altra forma di assistenza medica.\r\nLa legge 194, lungi dal garantire la libertà di scelta, la imbriglia e la mette sotto controllo. Dopo le ripetute sconfitte di referendum e iniziative legislative, la strategia di chi vorrebbe la restaurazione patriarcale, fa leva proprio sulle ambiguità di questa legge per rendere sempre più difficile l’aborto. In prima fila ci sono le organizzazioni cattoliche, che animano e sostengono i movimenti che arrivano a definirsi “pro vita”, e mirano a restaurare la gabbia familiare come nucleo etico di un’organizzazione sociale basata sulla gerarchia tra i sessi.\r\nNon solo. In questi anni le politiche dei governi che si sono succeduti hanno privilegiato il sostegno alla famiglia, a discapito degli individui, in un’ottica nazionalista, razzista, escludente. Dio, patria e famiglia è la cornice di politiche escludenti, che chiudono le frontiere, negano la solidarietà e promuovono l’incremento demografico in un pianeta sovraffollato.\r\nLa libertà delle donne passa dalla sottrazione al controllo dello Stato della scelta in materia di maternità. Non ci serve una legge, ma la possibilità di accedere liberamente e gratuitamente ad un servizio a tutela della nostra salute. E su questa non ammettiamo obiezioni.”\r\n\r\nMercoledì 4 marzo presidio di fronte alle sedi dei quotidiani Stampa e Repubblica, per denunciare la narrazione tossica della violenza patriarcale contro le donne.\r\nDue scatole, contenenti articoli di giornale esemplificativi della complicità dei media nella perpetuazione di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza di genere, sono state consegnate alle rispettive redazioni. Al presidio, pur non invitati, hanno partecipato Ros dei carabinieri, digos, commissariato di zona, oltre ad agenti dell’antisommossa.\r\n\r\nRiportiamo di seguito alcuni passaggi del volantino distribuito: “I numeri della violenza patriarcale contro le donne disegnano un vero bollettino di guerra. La guerra contro la libertà femminile, la guerra contro le donne libere. Una guerra che i media nascondono e minimizzano, contribuendo a moltiplicarla, offrendo attenuanti a chi uccide, picchia e stupra. \r\nDonne come Elisa, strangolata da un “gigante buono”, sono ammazzate due volte. Uccise dall’uomo che ha tolto loro la vita, uccise da chi nega loro la dignità, raccontando la violenza con la lente dell’amore, dell’eccesso, della passione e della follia. \r\nL’amore romantico, la passione coprono e mutano di segno alla violenza. Le donne sono uccise, ferite, stuprate per eccesso d’amore, per frenesia passionale. Un alibi preconfezionato, che ritroviamo negli articoli sui giornali, nelle interviste a parenti e vicini, nelle arringhe di avvocati e pubblici ministeri. Questa narrazione falsa mira a nascondere la guerra contro le donne, in quando donne, che viene combattuta ma non riconosciuta come tale.\r\n\r\nI media sono responsabili del perpetuarsi di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza contro le donne e tutt° coloro che non si adeguano alla norma eterosessuale. \r\nI media colpevolizzano chi subisce violenza, scandagliandone le vite, i comportamenti, le scelte di libertà, per giustificare la violenza maschile, per annullare la libertà delle donne, colpevoli di non essere prudenti, di non accettare come “normale” il rischio della violenza che le colpisce in quanto donne. \r\nLo stereotipo di “quelle che se la cercano”, che si tratti di sex worker o di donne che non vestono abiti simili a gabbie di stoffa, è una costante del racconto dei media. \r\n\r\nLa violenza di genere è confinata nelle pagine della cronaca nera, per negarne la valenza politica, trasformando pestaggi, stupri, omicidi, molestie in episodi di delinquenza comune, in questioni private. \r\nI media, di fronte al dispiegarsi violento della reazione patriarcale tentano di privatizzare, familizzare, domesticare lo scontro. Le donne sono vittime indifese, gli uomini sono violenti perché folli. La follia sottrae alla responsabilità, nasconde l’intenzione disciplinante e punitiva, diventa l’eccezione che spezza la normalità, ma non ne mette in discussione la narrazione condivisa.\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che però i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione a riaffermare l’ordine patriarcale.”\r\n\r\nSabato 7 marzo un presidio partecipato e vivace si è svolto nell’area pedonale di via Montebello, sotto la Mole. Tirassegno antisessista, una mostra sulla violenza di genere e la performance “Ruoli in gioco. Rappresentazione De-genere” hanno riempito di contenuti un intenso pomeriggio di comunicazione e lotta.\r\nDal volantino distribuito: “Padroni, preti e fascisti non hanno fatto i conti con le tante donne che non ci stanno a recitare il canovaccio scritto per loro. Tante donne che, in questi ultimi decenni, hanno imparato a cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.\r\nPercorsi possibili solo fuori e contro il reticolo normativo stabilito dallo Stato e dalla religione.\r\nLa libertà di ciascun* di noi si realizza nella relazione con altre persone libere, fuori da ogni ruolo imposto o costrizione fisica o morale. In casa, per strada, al lavoro.\r\n\r\nVogliamo attraversare le nostre vite con la forza di chi si scioglie da vincoli e lacci.\r\nIl percorso di autonomia individuale si costruisce nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo. La solidarietà ed il mutuo appoggio si possono praticare attraverso relazioni libere, plurali, egualitarie.\r\nUna scommessa che spezza l’ordine. Morale, sociale, economico.”\r\n\r\nDomenica 8 marzo, in occasione dello sciopero globale transfemminista sono stati attraversati alcuni centri commerciali di Torino, tra i principali luoghi di lavoro sessualizzato e sfruttato, oggi aperti a tutti malgrado l'epidemia, come tanti altri luoghi di produzione e consumo.\r\nDi seguito il testo del volantino distribuito in questa occasione:\r\n“Diserzione transfemminista\r\nLo sciopero femminista dell’8 e 9 marzo è stato cancellato dai provvedimenti contro l’epidemia di Covid 19.\r\nEppure oggi, proprio l’epidemia rende più evidenti le ragioni dello sciopero.\r\nLo sciopero femminista contro la violenza maschile sulle donne e le violenze di genere, si articola come diserzione dal lavoro retribuito fuori casa, ma anche dal lavoro dentro casa, dai lavori di cura, dai lavori domestici e dai ruoli di genere imposti.\r\nLa rinnovata sessualizzazione del lavoro di cura non pagato riduce la conflittualità sociale conseguente all'erosione del welfare.\r\nLa riaffermazione di logiche patriarcali offre un puntello al capitale nella guerra a chi lavora.\r\nLo sciopero femminista scardina questo puntello, rimettendo al centro le lotte delle donne per la propria autonomia.\r\nUn’autonomia che viene attaccata dalla gestione governativa dell’epidemia di Covid 19.\r\nSiamo di fronte ad un terribile paradosso. Il governo vieta uno sciopero in nome dell’emergenza, ma non blocca nemmeno per un giorno la produzione. Non importa che si tratti spesso di produzioni inutili, a volte dannose, certo rimandabili a tempi migliori: le fabbriche di auto, vernici, plastica, laterizi, accessori, mobili non si sono mai fermate. Eppure lì si ammassa ogni giorno tanta gente, come a scuola o in un teatro.\r\nIn compenso sul lavoro femminile e femminilizzato si è riversata tanta parte del peso imposto dal diffondersi del virus e delle misure imposte dal governo.\r\nOggi tocca a tutti fare i conti con un sistema sanitario che è stato demolito, tagliando la spesa sanitaria mentre risorse sempre più ingenti venivano impiegate per armi e missioni militari.\r\nLa cura dei bambini che restano a casa perché le scuole sono chiuse, gli anziani a rischio, i disabili ricadono sulle spalle delle donne, già investite in modo pesante dalla precarietà del lavoro.\r\nUna precarietà avvertita come “normale”, perché il reddito da lavoro non è concepito come forma di autonomo sostentamento, ma come reddito accessorio, di mero supporto all’economia familiare.\r\nLa donna lavoratrice si porta dietro la zavorra di moglie-mamma-nuora-figlia-badante anche quando è al lavoro. Il suo ruolo familiare non decade mai.\r\nIl riproporsi, a destra come a sinistra di politiche che hanno il fulcro nella famiglia, nucleo etico dell’intera società, passa dalla riproposizione simbolica e materiale della divisione sessuale dei ruoli.\r\nIn questi anni il disciplinamento delle donne, specie quelle povere, è parte del processo di asservimento e messa in scacco delle classi subalterne. Anzi! Ne è uno dei cardini, perché il lavoro di cura non retribuito è fondamentale per garantire una secca riduzione dei costi della riproduzione sociale.\r\nIl divario retributivo tra uomini e donne che svolgono la stessa mansione è ancora forte in molti settori lavorativi. In Italia è in media del 10,4%.\r\nA livello globale le donne subiscono in media un divario retributivo del 23% ed hanno un tasso di partecipazione al mercato del lavoro del 26% più basso rispetto agli uomini.\r\nNon solo. Alle donne viene imposto di essere accoglienti, protettive, multitasking, disponibili, di mettere a disposizione del padrone le qualità che ci si aspetta da loro come dalle altre soggettività che sfuggono alla norma eteropatriarcale.\r\nAlle donne viene chiesto di mettere al lavoro i loro corpi al d\r\n\r\nLunedì 2 marzo c’è stato un presidio alla farmacia Algostino e De Michelis di piazza Vittorio 10. Questa farmacia, gestita da integralisti cattolici, rifiuta di vendere la pillola del giorno dopo. Un’occasione per fare il punto sulle difficoltà crescenti per le donne che decidono di abortire.\r\nMassiccia la presenza poliziesca.\r\nDal volantino distribuito: “Qualcuno crede che la legge 194 che stabilisce le regole per l'IGV, l'interruzione volontaria di gravidanza, sia stata una grande conquista delle donne del nostro paese.\r\nNoi sappiamo invece che le leggi sono il precipitato normativo dei rapporti di forza all'interno di una società. La spinta del movimento femminista degli anni Settanta obbligò una coalizione di governo composta da laici e cattolici, in cui i cattolici erano la maggioranza, a depenalizzare l'aborto.\r\nLa rivolta delle donne, la disobbedienza esplicita di alcune di loro, la profonda trasformazione culturale in atto, spinsero alla promulgazione della 194. Fu, inevitabilmente, un compromesso. Per accedere all'IVG le donne sono obbligate a giustificare la propria scelta, a sottoporsi all'esame di psicologi e medici, a sottostare alle decisioni di genitori o giudici se minorenni. 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E su questa non ammettiamo obiezioni.”\r\n\r\nMercoledì 4 marzo presidio di fronte alle sedi dei quotidiani Stampa e Repubblica, per denunciare la narrazione tossica della violenza patriarcale contro le donne.\r\nDue scatole, contenenti articoli di giornale esemplificativi della complicità dei media nella perpetuazione di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza di genere, sono state consegnate alle rispettive redazioni. Al presidio, pur non invitati, hanno partecipato Ros dei carabinieri, digos, commissariato di zona, oltre ad agenti dell’antisommossa.\r\n\r\nRiportiamo di seguito alcuni passaggi del volantino distribuito: “I numeri della violenza patriarcale contro le donne disegnano un vero bollettino di guerra. La guerra contro la libertà femminile, la guerra contro le donne libere. Una guerra che i media nascondono e minimizzano, contribuendo a moltiplicarla, offrendo attenuanti a chi uccide, picchia e stupra. \r\nDonne come Elisa, strangolata da un “gigante buono”, sono ammazzate due volte. Uccise dall’uomo che ha tolto loro la vita, uccise da chi nega loro la dignità, raccontando la violenza con la lente dell’amore, dell’eccesso, della passione e della follia. \r\nL’amore romantico, la passione coprono e mutano di segno alla violenza. Le donne sono uccise, ferite, stuprate per eccesso d’amore, per frenesia passionale. Un alibi preconfezionato, che ritroviamo negli articoli sui giornali, nelle interviste a parenti e vicini, nelle arringhe di avvocati e pubblici ministeri. 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Le donne sono vittime indifese, gli uomini sono violenti perché folli. La follia sottrae alla responsabilità, nasconde l’intenzione disciplinante e punitiva, diventa l’eccezione che spezza la normalità, ma non ne mette in discussione la narrazione condivisa.\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che però i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione a riaffermare l’ordine patriarcale.”\r\n\r\nSabato 7 marzo un presidio partecipato e vivace si è svolto nell’area pedonale di via Montebello, sotto la Mole. Tirassegno antisessista, una mostra sulla violenza di genere e la performance “Ruoli in gioco. Rappresentazione De-genere” hanno riempito di contenuti un intenso pomeriggio di comunicazione e lotta.\r\nDal volantino distribuito: “Padroni, preti e fascisti non hanno fatto i conti con le tante donne che non ci stanno a recitare il canovaccio scritto per loro. Tante donne che, in questi ultimi decenni, hanno imparato a cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.\r\nPercorsi possibili solo fuori e contro il reticolo normativo stabilito dallo Stato e dalla religione.\r\nLa libertà di ciascun* di noi si realizza nella relazione con altre persone libere, fuori da ogni ruolo imposto o costrizione fisica o morale. In casa, per strada, al lavoro.\r\n\r\nVogliamo attraversare le nostre vite con la forza di chi si scioglie da vincoli e lacci.\r\nIl percorso di autonomia individuale si costruisce nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo. 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Il governo vieta uno sciopero in nome dell’emergenza, ma non blocca nemmeno per un giorno la produzione. Non importa che si tratti spesso di produzioni inutili, a volte dannose, certo rimandabili a tempi migliori: le fabbriche di auto, vernici, plastica, laterizi, accessori, mobili non si sono mai fermate. Eppure lì si ammassa ogni giorno tanta gente, come a scuola o in un teatro.\r\nIn compenso sul lavoro femminile e femminilizzato si è riversata tanta parte del peso imposto dal diffondersi del virus e delle misure imposte dal governo.\r\nOggi tocca a tutti fare i conti con un sistema sanitario che è stato demolito, tagliando la spesa sanitaria mentre risorse sempre più ingenti venivano impiegate per armi e missioni militari.\r\nLa cura dei bambini che restano a casa perché le scuole sono chiuse, gli anziani a rischio, i disabili ricadono sulle spalle delle donne, già investite in modo pesante dalla precarietà del lavoro.\r\nUna precarietà avvertita come “normale”, perché il reddito da lavoro non è concepito come forma di autonomo sostentamento, ma come reddito accessorio, di mero supporto all’economia familiare.\r\nLa donna lavoratrice si porta dietro la zavorra di moglie-mamma-nuora-figlia-badante anche quando è al lavoro. Il suo ruolo familiare non decade mai.\r\nIl riproporsi, a destra come a sinistra di politiche che hanno il fulcro nella famiglia, nucleo etico dell’intera società, passa dalla riproposizione simbolica e materiale della divisione sessuale dei ruoli.\r\nIn questi anni il disciplinamento delle donne, specie quelle povere, è parte del processo di asservimento e messa in scacco delle classi subalterne. Anzi! Ne è uno dei cardini, perché il lavoro di cura non retribuito è fondamentale per garantire una secca riduzione dei costi della riproduzione sociale.\r\nIl divario retributivo tra uomini e donne che svolgono la stessa mansione è ancora forte in molti settori lavorativi. In Italia è in media del 10,4%.\r\nA livello globale le donne subiscono in media un divario retributivo del 23% ed hanno un tasso di partecipazione al mercato del lavoro del 26% più basso rispetto agli uomini.\r\nNon solo. Alle donne viene imposto di essere accoglienti, protettive, multitasking, disponibili, di mettere a disposizione del padrone le qualità che ci si aspetta da loro come dalle altre soggettività che sfuggono alla norma eteropatriarcale.\r\nAlle donne viene chiesto di mettere al lavoro i loro corpi al di là del compito per cui vengono assunte: bella presenza, trucco, tacchi, sorrisi e gonne sono imposti per far rendere di più un esercizio commerciale, per presentare meglio un’azienda, per attrarre clienti. L’agio del cliente passa dalla perpetuazione di un’immagine femminile che si adegui a modelli di seduttività, maternità, efficienza, servilità che riproducono stereotipi, che riprendono forza dentro i corpi messi al lavoro solo a condizione che vi si adattino. Una biopolitica patriarcale per il terzo millennio.\r\nDisertare da questa gabbia non è facile, ma necessario.”\r\n\r\nDi seguito l’appello per l’8 marzo di NUDM Livorno:\r\n\r\n”Domenica 8 marzo, giornata internazionale della donna, anche qui, come in molte parti d’Italia e del mondo, portiamo nelle strade e nelle piazze la nostra voglia di rompere l’ordine patriarcale e sessista, la nostra lotta e la nostra rivendicazione di libertà.\r\n\r\nE’ uno strano 8 marzo, con limitazioni pesanti a scioperi e manifestazioni dovuti all’emergenza coronavirus. Ma non siamo disposte a farci imporre il silenzio. C’è un’emergenza costante che va denunciata ed è quella della violenza quotidiana contro donne e soggettività autodeterminate.\r\n\r\nIn Italia ogni 15 minuti c’è un episodio di violenza denunciato, ogni 72 ore una donna uccisa.\r\n\r\nE accanto a questi tragici fatti c’è una situazione di violenza quotidiana che alimenta i singoli episodi di violenza e che comunque attraversa le nostre vite, imposta dal patriarcato e dalla cultura sessista.\r\n\r\nLa violenza di chi impone la maternità e il compito riproduttivo impedendo l’aborto;\r\n\r\nla violenza della chiesa e delle religioni che vogliono imporci una morale di rinuncia e obbedienza; la violenza delle guerre e del militarismo; la violenza dei tribunali e delle sentenze contro le donne; la violenza della famiglia che impone ruoli, gerarchia e divisione del lavoro;\r\n\r\nLa violenza economica, che impone alle donne più precarietà, più sfruttamento e meno reddito\r\n\r\nla violenza della repressione e della detenzione, nelle carceri come nei CPR;\r\n\r\nla violenza dei media, che alimentano la cultura dello stupro con narrazioni tossiche\r\n\r\nSu questa emergenza costante, chiamata patriarcato, i momenti critici come questo non fanno che scaricare altri problemi. In tempo di coronavirus è sulle donne che si scaricano gli ulteriori pesi del lavoro di cura di anziani e bambini, è sulle donne, con occupazioni meno stabili e meno remunerate, che si scarica il peso maggiore della crisi e della restrizione di reddito, ma anche lo sfruttamento dello smartworking.\r\n\r\nOra più che mai vogliamo alzare la voce:\r\n\r\n \tPer denunciare i mille volti di una violenza che alimenta il ripetersi quotidiano di stupri e femminicidi\r\n \tPer smascherare le soluzioni fasulle delle logiche securitarie, delle politiche familiste, dei codici rosa, rossi o multicolor.\r\n \tPer rompere il silenzio e affermare il diritto di essere in piazza contro chi cerca di imporre continuamente la logica dell’emergenza, del sacrificio, della subordinazione, della rinuncia.”","10 Marzo 2020","2020-03-10 13:34:53","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/89799081_545786572713079_8687073347642589184_o-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/89799081_545786572713079_8687073347642589184_o-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/89799081_545786572713079_8687073347642589184_o-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/89799081_545786572713079_8687073347642589184_o-1024x683.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/89799081_545786572713079_8687073347642589184_o-768x512.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/89799081_545786572713079_8687073347642589184_o-1536x1024.jpg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/89799081_545786572713079_8687073347642589184_o.jpg 2048w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Otto marzo di lotta da Torino a Livorno",1583847293,[221,222,223,224,225,226],"http://radioblackout.org/tag/8-marzo/","http://radioblackout.org/tag/femminismo/","http://radioblackout.org/tag/livorno/","http://radioblackout.org/tag/nudm-livorno/","http://radioblackout.org/tag/torino/","http://radioblackout.org/tag/wild-c-a-t/",[30,228,24,229,230,231],"femminismo","Nudm Livorno","torino","Wild C.A.T.",{"post_content":233},{"matched_tokens":234,"snippet":235,"value":236},[68],"violenza della chiesa e delle \u003Cmark>religioni\u003C/mark> che vogliono imporci una morale","L’otto marzo ai tempi del Covid 19. Lo sciopero indetto per l’8 e il 9 marzo è stato cancellato dalla commissione di garanzia, che in applicazione alle direttive governative, ha imposto la revoca ai sindacati di base che lo avevano indetto, pena multe sia per i sindacati che per gli scioperanti. Il solo SLAI Cobas ha rifiutato di cancellare lo sciopero.\r\nIn diverse località sono state cancellate tutte le iniziative di lotta promosse per l’Otto e per il Nove, nonostante non vi siano stati divieti espliciti.\r\n\r\nC’è chi invece ha deciso, pur con le necessarie attenzioni, di rifiutare la quarantena politica imposta dallo Stato, uno Stato che ha massacrato la sanità, moltiplicato le spese militari, consentito esercitazioni militari statunitensi in tempo di epidemia, ma vuole tappare la bocca, criminalizzandola, ad ogni forma di opposizione sociale.\r\n\r\nA Torino, il collettivo anarcofemminista Wild Cat ha dato vita ad una settimana di informazione e lotta transfemminista che si è articolata in tre presidi e una manifestazione itinerante.\r\n\r\nAscolta la diretta con Maria di Wild C.A.T.:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/2020-03-wild-cat-8marzo.mp3\"][/audio]\r\n\r\nScarica l'audio\r\n\r\nA Livorno, Non una di meno, ha ricalibrato le iniziative previste, mantenendo tuttavia un presidio itinerante sul lungo mare, con focus sui ruoli di genere, la narrazione della violenza, il lavoro.\r\nLa statua del marinaio è stata detournata con spazzoloni, grembiuli, bambolotti, suscitando l’ira di un militare che ha chiamato la polizia. La manifestazione è proseguita per l’intera giornata, con numerose tappe sempre più partecipate.\r\n\r\nAscolta la diretta con Patrizia di Livorno:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/2020-03-10-patrizia-8marzo.mp3\"][/audio]\r\n\r\nScarica l'audio\r\n\r\nDi seguito la cronaca della settimana di lotta a Torino\r\n\r\nLunedì 2 marzo c’è stato un presidio alla farmacia Algostino e De Michelis di piazza Vittorio 10. Questa farmacia, gestita da integralisti cattolici, rifiuta di vendere la pillola del giorno dopo. Un’occasione per fare il punto sulle difficoltà crescenti per le donne che decidono di abortire.\r\nMassiccia la presenza poliziesca.\r\nDal volantino distribuito: “Qualcuno crede che la legge 194 che stabilisce le regole per l'IGV, l'interruzione volontaria di gravidanza, sia stata una grande conquista delle donne del nostro paese.\r\nNoi sappiamo invece che le leggi sono il precipitato normativo dei rapporti di forza all'interno di una società. La spinta del movimento femminista degli anni Settanta obbligò una coalizione di governo composta da laici e cattolici, in cui i cattolici erano la maggioranza, a depenalizzare l'aborto.\r\nLa rivolta delle donne, la disobbedienza esplicita di alcune di loro, la profonda trasformazione culturale in atto, spinsero alla promulgazione della 194. Fu, inevitabilmente, un compromesso. Per accedere all'IVG le donne sono obbligate a giustificare la propria scelta, a sottoporsi all'esame di psicologi e medici, a sottostare alle decisioni di genitori o giudici se minorenni. In compenso i medici possono dichiararsi obiettori e rifiutare di praticare le IVG.\r\nDa qualche anno \"volontari\" dei movimenti cattolici che negano la libertà di scelta alle donne, si sono infiltrati nei consultori e nei reparti ospedalieri, rendendo ancora più difficile accedere ad un servizio che in teoria dovrebbe essere garantito a tutte, come ogni altra forma di assistenza medica.\r\nLa legge 194, lungi dal garantire la libertà di scelta, la imbriglia e la mette sotto controllo. Dopo le ripetute sconfitte di referendum e iniziative legislative, la strategia di chi vorrebbe la restaurazione patriarcale, fa leva proprio sulle ambiguità di questa legge per rendere sempre più difficile l’aborto. In prima fila ci sono le organizzazioni cattoliche, che animano e sostengono i movimenti che arrivano a definirsi “pro vita”, e mirano a restaurare la gabbia familiare come nucleo etico di un’organizzazione sociale basata sulla gerarchia tra i sessi.\r\nNon solo. In questi anni le politiche dei governi che si sono succeduti hanno privilegiato il sostegno alla famiglia, a discapito degli individui, in un’ottica nazionalista, razzista, escludente. Dio, patria e famiglia è la cornice di politiche escludenti, che chiudono le frontiere, negano la solidarietà e promuovono l’incremento demografico in un pianeta sovraffollato.\r\nLa libertà delle donne passa dalla sottrazione al controllo dello Stato della scelta in materia di maternità. Non ci serve una legge, ma la possibilità di accedere liberamente e gratuitamente ad un servizio a tutela della nostra salute. E su questa non ammettiamo obiezioni.”\r\n\r\nMercoledì 4 marzo presidio di fronte alle sedi dei quotidiani Stampa e Repubblica, per denunciare la narrazione tossica della violenza patriarcale contro le donne.\r\nDue scatole, contenenti articoli di giornale esemplificativi della complicità dei media nella perpetuazione di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza di genere, sono state consegnate alle rispettive redazioni. Al presidio, pur non invitati, hanno partecipato Ros dei carabinieri, digos, commissariato di zona, oltre ad agenti dell’antisommossa.\r\n\r\nRiportiamo di seguito alcuni passaggi del volantino distribuito: “I numeri della violenza patriarcale contro le donne disegnano un vero bollettino di guerra. La guerra contro la libertà femminile, la guerra contro le donne libere. Una guerra che i media nascondono e minimizzano, contribuendo a moltiplicarla, offrendo attenuanti a chi uccide, picchia e stupra. \r\nDonne come Elisa, strangolata da un “gigante buono”, sono ammazzate due volte. Uccise dall’uomo che ha tolto loro la vita, uccise da chi nega loro la dignità, raccontando la violenza con la lente dell’amore, dell’eccesso, della passione e della follia. \r\nL’amore romantico, la passione coprono e mutano di segno alla violenza. Le donne sono uccise, ferite, stuprate per eccesso d’amore, per frenesia passionale. Un alibi preconfezionato, che ritroviamo negli articoli sui giornali, nelle interviste a parenti e vicini, nelle arringhe di avvocati e pubblici ministeri. Questa narrazione falsa mira a nascondere la guerra contro le donne, in quando donne, che viene combattuta ma non riconosciuta come tale.\r\n\r\nI media sono responsabili del perpetuarsi di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza contro le donne e tutt° coloro che non si adeguano alla norma eterosessuale. \r\nI media colpevolizzano chi subisce violenza, scandagliandone le vite, i comportamenti, le scelte di libertà, per giustificare la violenza maschile, per annullare la libertà delle donne, colpevoli di non essere prudenti, di non accettare come “normale” il rischio della violenza che le colpisce in quanto donne. \r\nLo stereotipo di “quelle che se la cercano”, che si tratti di sex worker o di donne che non vestono abiti simili a gabbie di stoffa, è una costante del racconto dei media. \r\n\r\nLa violenza di genere è confinata nelle pagine della cronaca nera, per negarne la valenza politica, trasformando pestaggi, stupri, omicidi, molestie in episodi di delinquenza comune, in questioni private. \r\nI media, di fronte al dispiegarsi violento della reazione patriarcale tentano di privatizzare, familizzare, domesticare lo scontro. Le donne sono vittime indifese, gli uomini sono violenti perché folli. La follia sottrae alla responsabilità, nasconde l’intenzione disciplinante e punitiva, diventa l’eccezione che spezza la normalità, ma non ne mette in discussione la narrazione condivisa.\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che però i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione a riaffermare l’ordine patriarcale.”\r\n\r\nSabato 7 marzo un presidio partecipato e vivace si è svolto nell’area pedonale di via Montebello, sotto la Mole. Tirassegno antisessista, una mostra sulla violenza di genere e la performance “Ruoli in gioco. Rappresentazione De-genere” hanno riempito di contenuti un intenso pomeriggio di comunicazione e lotta.\r\nDal volantino distribuito: “Padroni, preti e fascisti non hanno fatto i conti con le tante donne che non ci stanno a recitare il canovaccio scritto per loro. Tante donne che, in questi ultimi decenni, hanno imparato a cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.\r\nPercorsi possibili solo fuori e contro il reticolo normativo stabilito dallo Stato e dalla religione.\r\nLa libertà di ciascun* di noi si realizza nella relazione con altre persone libere, fuori da ogni ruolo imposto o costrizione fisica o morale. In casa, per strada, al lavoro.\r\n\r\nVogliamo attraversare le nostre vite con la forza di chi si scioglie da vincoli e lacci.\r\nIl percorso di autonomia individuale si costruisce nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo. La solidarietà ed il mutuo appoggio si possono praticare attraverso relazioni libere, plurali, egualitarie.\r\nUna scommessa che spezza l’ordine. Morale, sociale, economico.”\r\n\r\nDomenica 8 marzo, in occasione dello sciopero globale transfemminista sono stati attraversati alcuni centri commerciali di Torino, tra i principali luoghi di lavoro sessualizzato e sfruttato, oggi aperti a tutti malgrado l'epidemia, come tanti altri luoghi di produzione e consumo.\r\nDi seguito il testo del volantino distribuito in questa occasione:\r\n“Diserzione transfemminista\r\nLo sciopero femminista dell’8 e 9 marzo è stato cancellato dai provvedimenti contro l’epidemia di Covid 19.\r\nEppure oggi, proprio l’epidemia rende più evidenti le ragioni dello sciopero.\r\nLo sciopero femminista contro la violenza maschile sulle donne e le violenze di genere, si articola come diserzione dal lavoro retribuito fuori casa, ma anche dal lavoro dentro casa, dai lavori di cura, dai lavori domestici e dai ruoli di genere imposti.\r\nLa rinnovata sessualizzazione del lavoro di cura non pagato riduce la conflittualità sociale conseguente all'erosione del welfare.\r\nLa riaffermazione di logiche patriarcali offre un puntello al capitale nella guerra a chi lavora.\r\nLo sciopero femminista scardina questo puntello, rimettendo al centro le lotte delle donne per la propria autonomia.\r\nUn’autonomia che viene attaccata dalla gestione governativa dell’epidemia di Covid 19.\r\nSiamo di fronte ad un terribile paradosso. Il governo vieta uno sciopero in nome dell’emergenza, ma non blocca nemmeno per un giorno la produzione. Non importa che si tratti spesso di produzioni inutili, a volte dannose, certo rimandabili a tempi migliori: le fabbriche di auto, vernici, plastica, laterizi, accessori, mobili non si sono mai fermate. Eppure lì si ammassa ogni giorno tanta gente, come a scuola o in un teatro.\r\nIn compenso sul lavoro femminile e femminilizzato si è riversata tanta parte del peso imposto dal diffondersi del virus e delle misure imposte dal governo.\r\nOggi tocca a tutti fare i conti con un sistema sanitario che è stato demolito, tagliando la spesa sanitaria mentre risorse sempre più ingenti venivano impiegate per armi e missioni militari.\r\nLa cura dei bambini che restano a casa perché le scuole sono chiuse, gli anziani a rischio, i disabili ricadono sulle spalle delle donne, già investite in modo pesante dalla precarietà del lavoro.\r\nUna precarietà avvertita come “normale”, perché il reddito da lavoro non è concepito come forma di autonomo sostentamento, ma come reddito accessorio, di mero supporto all’economia familiare.\r\nLa donna lavoratrice si porta dietro la zavorra di moglie-mamma-nuora-figlia-badante anche quando è al lavoro. Il suo ruolo familiare non decade mai.\r\nIl riproporsi, a destra come a sinistra di politiche che hanno il fulcro nella famiglia, nucleo etico dell’intera società, passa dalla riproposizione simbolica e materiale della divisione sessuale dei ruoli.\r\nIn questi anni il disciplinamento delle donne, specie quelle povere, è parte del processo di asservimento e messa in scacco delle classi subalterne. Anzi! Ne è uno dei cardini, perché il lavoro di cura non retribuito è fondamentale per garantire una secca riduzione dei costi della riproduzione sociale.\r\nIl divario retributivo tra uomini e donne che svolgono la stessa mansione è ancora forte in molti settori lavorativi. In Italia è in media del 10,4%.\r\nA livello globale le donne subiscono in media un divario retributivo del 23% ed hanno un tasso di partecipazione al mercato del lavoro del 26% più basso rispetto agli uomini.\r\nNon solo. Alle donne viene imposto di essere accoglienti, protettive, multitasking, disponibili, di mettere a disposizione del padrone le qualità che ci si aspetta da loro come dalle altre soggettività che sfuggono alla norma eteropatriarcale.\r\nAlle donne viene chiesto di mettere al lavoro i loro corpi al d\r\n\r\nLunedì 2 marzo c’è stato un presidio alla farmacia Algostino e De Michelis di piazza Vittorio 10. Questa farmacia, gestita da integralisti cattolici, rifiuta di vendere la pillola del giorno dopo. Un’occasione per fare il punto sulle difficoltà crescenti per le donne che decidono di abortire.\r\nMassiccia la presenza poliziesca.\r\nDal volantino distribuito: “Qualcuno crede che la legge 194 che stabilisce le regole per l'IGV, l'interruzione volontaria di gravidanza, sia stata una grande conquista delle donne del nostro paese.\r\nNoi sappiamo invece che le leggi sono il precipitato normativo dei rapporti di forza all'interno di una società. La spinta del movimento femminista degli anni Settanta obbligò una coalizione di governo composta da laici e cattolici, in cui i cattolici erano la maggioranza, a depenalizzare l'aborto.\r\nLa rivolta delle donne, la disobbedienza esplicita di alcune di loro, la profonda trasformazione culturale in atto, spinsero alla promulgazione della 194. Fu, inevitabilmente, un compromesso. Per accedere all'IVG le donne sono obbligate a giustificare la propria scelta, a sottoporsi all'esame di psicologi e medici, a sottostare alle decisioni di genitori o giudici se minorenni. 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In questi anni le politiche dei governi che si sono succeduti hanno privilegiato il sostegno alla famiglia, a discapito degli individui, in un’ottica nazionalista, razzista, escludente. Dio, patria e famiglia è la cornice di politiche escludenti, che chiudono le frontiere, negano la solidarietà e promuovono l’incremento demografico in un pianeta sovraffollato.\r\nLa libertà delle donne passa dalla sottrazione al controllo dello Stato della scelta in materia di maternità. Non ci serve una legge, ma la possibilità di accedere liberamente e gratuitamente ad un servizio a tutela della nostra salute. E su questa non ammettiamo obiezioni.”\r\n\r\nMercoledì 4 marzo presidio di fronte alle sedi dei quotidiani Stampa e Repubblica, per denunciare la narrazione tossica della violenza patriarcale contro le donne.\r\nDue scatole, contenenti articoli di giornale esemplificativi della complicità dei media nella perpetuazione di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza di genere, sono state consegnate alle rispettive redazioni. Al presidio, pur non invitati, hanno partecipato Ros dei carabinieri, digos, commissariato di zona, oltre ad agenti dell’antisommossa.\r\n\r\nRiportiamo di seguito alcuni passaggi del volantino distribuito: “I numeri della violenza patriarcale contro le donne disegnano un vero bollettino di guerra. La guerra contro la libertà femminile, la guerra contro le donne libere. Una guerra che i media nascondono e minimizzano, contribuendo a moltiplicarla, offrendo attenuanti a chi uccide, picchia e stupra. \r\nDonne come Elisa, strangolata da un “gigante buono”, sono ammazzate due volte. Uccise dall’uomo che ha tolto loro la vita, uccise da chi nega loro la dignità, raccontando la violenza con la lente dell’amore, dell’eccesso, della passione e della follia. \r\nL’amore romantico, la passione coprono e mutano di segno alla violenza. Le donne sono uccise, ferite, stuprate per eccesso d’amore, per frenesia passionale. Un alibi preconfezionato, che ritroviamo negli articoli sui giornali, nelle interviste a parenti e vicini, nelle arringhe di avvocati e pubblici ministeri. 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Le donne sono vittime indifese, gli uomini sono violenti perché folli. La follia sottrae alla responsabilità, nasconde l’intenzione disciplinante e punitiva, diventa l’eccezione che spezza la normalità, ma non ne mette in discussione la narrazione condivisa.\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che però i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione a riaffermare l’ordine patriarcale.”\r\n\r\nSabato 7 marzo un presidio partecipato e vivace si è svolto nell’area pedonale di via Montebello, sotto la Mole. Tirassegno antisessista, una mostra sulla violenza di genere e la performance “Ruoli in gioco. Rappresentazione De-genere” hanno riempito di contenuti un intenso pomeriggio di comunicazione e lotta.\r\nDal volantino distribuito: “Padroni, preti e fascisti non hanno fatto i conti con le tante donne che non ci stanno a recitare il canovaccio scritto per loro. Tante donne che, in questi ultimi decenni, hanno imparato a cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.\r\nPercorsi possibili solo fuori e contro il reticolo normativo stabilito dallo Stato e dalla religione.\r\nLa libertà di ciascun* di noi si realizza nella relazione con altre persone libere, fuori da ogni ruolo imposto o costrizione fisica o morale. In casa, per strada, al lavoro.\r\n\r\nVogliamo attraversare le nostre vite con la forza di chi si scioglie da vincoli e lacci.\r\nIl percorso di autonomia individuale si costruisce nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo. La solidarietà ed il mutuo appoggio si possono praticare attraverso relazioni libere, plurali, egualitarie.\r\nUna scommessa che spezza l’ordine. Morale, sociale, economico.”\r\n\r\nDomenica 8 marzo, in occasione dello sciopero globale transfemminista sono stati attraversati alcuni centri commerciali di Torino, tra i principali luoghi di lavoro sessualizzato e sfruttato, oggi aperti a tutti malgrado l'epidemia, come tanti altri luoghi di produzione e consumo.\r\nDi seguito il testo del volantino distribuito in questa occasione:\r\n“Diserzione transfemminista\r\nLo sciopero femminista dell’8 e 9 marzo è stato cancellato dai provvedimenti contro l’epidemia di Covid 19.\r\nEppure oggi, proprio l’epidemia rende più evidenti le ragioni dello sciopero.\r\nLo sciopero femminista contro la violenza maschile sulle donne e le violenze di genere, si articola come diserzione dal lavoro retribuito fuori casa, ma anche dal lavoro dentro casa, dai lavori di cura, dai lavori domestici e dai ruoli di genere imposti.\r\nLa rinnovata sessualizzazione del lavoro di cura non pagato riduce la conflittualità sociale conseguente all'erosione del welfare.\r\nLa riaffermazione di logiche patriarcali offre un puntello al capitale nella guerra a chi lavora.\r\nLo sciopero femminista scardina questo puntello, rimettendo al centro le lotte delle donne per la propria autonomia.\r\nUn’autonomia che viene attaccata dalla gestione governativa dell’epidemia di Covid 19.\r\nSiamo di fronte ad un terribile paradosso. Il governo vieta uno sciopero in nome dell’emergenza, ma non blocca nemmeno per un giorno la produzione. Non importa che si tratti spesso di produzioni inutili, a volte dannose, certo rimandabili a tempi migliori: le fabbriche di auto, vernici, plastica, laterizi, accessori, mobili non si sono mai fermate. Eppure lì si ammassa ogni giorno tanta gente, come a scuola o in un teatro.\r\nIn compenso sul lavoro femminile e femminilizzato si è riversata tanta parte del peso imposto dal diffondersi del virus e delle misure imposte dal governo.\r\nOggi tocca a tutti fare i conti con un sistema sanitario che è stato demolito, tagliando la spesa sanitaria mentre risorse sempre più ingenti venivano impiegate per armi e missioni militari.\r\nLa cura dei bambini che restano a casa perché le scuole sono chiuse, gli anziani a rischio, i disabili ricadono sulle spalle delle donne, già investite in modo pesante dalla precarietà del lavoro.\r\nUna precarietà avvertita come “normale”, perché il reddito da lavoro non è concepito come forma di autonomo sostentamento, ma come reddito accessorio, di mero supporto all’economia familiare.\r\nLa donna lavoratrice si porta dietro la zavorra di moglie-mamma-nuora-figlia-badante anche quando è al lavoro. Il suo ruolo familiare non decade mai.\r\nIl riproporsi, a destra come a sinistra di politiche che hanno il fulcro nella famiglia, nucleo etico dell’intera società, passa dalla riproposizione simbolica e materiale della divisione sessuale dei ruoli.\r\nIn questi anni il disciplinamento delle donne, specie quelle povere, è parte del processo di asservimento e messa in scacco delle classi subalterne. Anzi! Ne è uno dei cardini, perché il lavoro di cura non retribuito è fondamentale per garantire una secca riduzione dei costi della riproduzione sociale.\r\nIl divario retributivo tra uomini e donne che svolgono la stessa mansione è ancora forte in molti settori lavorativi. In Italia è in media del 10,4%.\r\nA livello globale le donne subiscono in media un divario retributivo del 23% ed hanno un tasso di partecipazione al mercato del lavoro del 26% più basso rispetto agli uomini.\r\nNon solo. Alle donne viene imposto di essere accoglienti, protettive, multitasking, disponibili, di mettere a disposizione del padrone le qualità che ci si aspetta da loro come dalle altre soggettività che sfuggono alla norma eteropatriarcale.\r\nAlle donne viene chiesto di mettere al lavoro i loro corpi al di là del compito per cui vengono assunte: bella presenza, trucco, tacchi, sorrisi e gonne sono imposti per far rendere di più un esercizio commerciale, per presentare meglio un’azienda, per attrarre clienti. L’agio del cliente passa dalla perpetuazione di un’immagine femminile che si adegui a modelli di seduttività, maternità, efficienza, servilità che riproducono stereotipi, che riprendono forza dentro i corpi messi al lavoro solo a condizione che vi si adattino. Una biopolitica patriarcale per il terzo millennio.\r\nDisertare da questa gabbia non è facile, ma necessario.”\r\n\r\nDi seguito l’appello per l’8 marzo di NUDM Livorno:\r\n\r\n”Domenica 8 marzo, giornata internazionale della donna, anche qui, come in molte parti d’Italia e del mondo, portiamo nelle strade e nelle piazze la nostra voglia di rompere l’ordine patriarcale e sessista, la nostra lotta e la nostra rivendicazione di libertà.\r\n\r\nE’ uno strano 8 marzo, con limitazioni pesanti a scioperi e manifestazioni dovuti all’emergenza coronavirus. Ma non siamo disposte a farci imporre il silenzio. C’è un’emergenza costante che va denunciata ed è quella della violenza quotidiana contro donne e soggettività autodeterminate.\r\n\r\nIn Italia ogni 15 minuti c’è un episodio di violenza denunciato, ogni 72 ore una donna uccisa.\r\n\r\nE accanto a questi tragici fatti c’è una situazione di violenza quotidiana che alimenta i singoli episodi di violenza e che comunque attraversa le nostre vite, imposta dal patriarcato e dalla cultura sessista.\r\n\r\nLa violenza di chi impone la maternità e il compito riproduttivo impedendo l’aborto;\r\n\r\nla violenza della chiesa e delle \u003Cmark>religioni\u003C/mark> che vogliono imporci una morale di rinuncia e obbedienza; la violenza delle guerre e del militarismo; la violenza dei tribunali e delle sentenze contro le donne; la violenza della famiglia che impone ruoli, gerarchia e divisione del lavoro;\r\n\r\nLa violenza economica, che impone alle donne più precarietà, più sfruttamento e meno reddito\r\n\r\nla violenza della repressione e della detenzione, nelle carceri come nei CPR;\r\n\r\nla violenza dei media, che alimentano la cultura dello stupro con narrazioni tossiche\r\n\r\nSu questa emergenza costante, chiamata patriarcato, i momenti critici come questo non fanno che scaricare altri problemi. In tempo di coronavirus è sulle donne che si scaricano gli ulteriori pesi del lavoro di cura di anziani e bambini, è sulle donne, con occupazioni meno stabili e meno remunerate, che si scarica il peso maggiore della crisi e della restrizione di reddito, ma anche lo sfruttamento dello smartworking.\r\n\r\nOra più che mai vogliamo alzare la voce:\r\n\r\n \tPer denunciare i mille volti di una violenza che alimenta il ripetersi quotidiano di stupri e femminicidi\r\n \tPer smascherare le soluzioni fasulle delle logiche securitarie, delle politiche familiste, dei codici rosa, rossi o multicolor.\r\n \tPer rompere il silenzio e affermare il diritto di essere in piazza contro chi cerca di imporre continuamente la logica dell’emergenza, del sacrificio, della subordinazione, della rinuncia.”",[238],{"field":98,"matched_tokens":239,"snippet":235,"value":236},[68],{"best_field_score":141,"best_field_weight":142,"fields_matched":105,"num_tokens_dropped":47,"score":143,"tokens_matched":105,"typo_prefix_score":47},{"document":242,"highlight":269,"highlights":274,"text_match":139,"text_match_info":277},{"cat_link":243,"category":244,"comment_count":47,"id":245,"is_sticky":47,"permalink":246,"post_author":50,"post_content":247,"post_date":248,"post_excerpt":53,"post_id":245,"post_modified":249,"post_thumbnail":250,"post_thumbnail_html":251,"post_title":252,"post_type":58,"sort_by_date":253,"tag_links":254,"tags":262},[44],[46],"53761","http://radioblackout.org/2019/04/lasticella-dellintolleranza-si-alza-sempre-piu-nellindia-del-bjp/","Importante il periodo storico del subcontinente asiatico, non solo e non tanto per le elezioni che si dilatano nel tempo come nello spazio sterminato di questo subcontinente popolato da 900 milioni di elettori, ma soprattutto fulcro degli equilibri mondiali tra Usa e Cina, tra partner locali e nazionalismi, tra religioni compresenti e in costante conflitto tra loro. Un paese unico per le tensioni e per le soluzioni locali alla convivenza che si differenziano e si coagulano attorno a suggestioni e propagande che ora fanno leva sui temi imposti da Modi molto di più di 5 anni fa quando era lui lo sfidante e che ora sono divenuti referendum sul suo operato, ma soprattutto nel caso di sua vittoria lo spostamento verso l'esclusione delle \"minoranze\" musulmane e cristiane; quando abbiamo sentito Matteo Miavaldi non erano ancora esplosi la serie di attentati che hanno causato a Pasqua nelle chiese cristiane dello Sri Lanka più di 215 morti. un messaggio pasquale che si è potuto recapitare anche grazie a quell'atmosfera di intolleranza religiosa creata nella vicina India dal governo di Modi (e le Tigri tamil non hanno mai attaccato i cristiani). Se in realtà non ha rispettato nessuna delle promesse elettorali, comunque è riuscito nell'intento di cambiare il modo di pensare del paese, ha spostato i valori verso il nazionalismo indù quanto mai nella nazione solo apparentemente ancora democratica, in realtà siamo di fronte a una democratura come molte nazioni governate dal populismo reazionario ora imperante.\r\n\r\nCercando di inquadrare meglio e approfondire i fatti, le vicende che vengono riportate anche dai media occidentali trovano una luce e una spiegazione nelle parole di Matteo Miavaldi che semplicemente riportando quanto esperisce quotidianamente a Mumbai ci dimostra come l apolitica di Modi abbia giocato sull'innalzamento dell'asticella ogni giorno verso la tollerabilità del suo fanatico populistmo: la passione di Matteo viene fuori indicando quale sia il metodo di propaganda, sempre lo stesso pedale schiacciato sul nazionalismo induista, senza alcuna idea ulteriore o diversa da quella di 5 anni fa, né possibilità di sbandierare successi durante questo lustro di potere incontrastato, nonostante gli indici di sviluppo siano accreditati al 7%, ci deve essere qualcosa di truccato, visto che tutti gli altri indicatori economici non si allineano a questo boom del pil; le rilevazioni non sono accurate, oppure il paese non si comporta di conseguenza.\r\n\r\nAffrontando poi la politica estera ci si inoltra in un fitto intrigo geopolitico che coinvolge Cina, Usa, accordi del Pacifico poco efficaci, ma anche più localmente Pakistan, Kashmir, Tibet, che si confonde con la sfera di influenza della Belt and Road iniziative e i suoi risvolti predatori che hanno portato all'acquisizione di un porto in Sri Lanka del tutto controllato dalla Cina con il provato metodo dell'acquisizione in seguito al non aver onorato gli impegni presi. 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Per il nemico non valgono le tutele formali riservate ai cittadini.\r\nInterverrà l’avvocato Eugenio Losco\r\n\r\nSabato 12 ottobre\r\nore 10,30/13,30\r\npresidio al Balon\r\ncontro il ddl 1660\r\n\r\nDomenica 20 ottobre\r\nAssemblea Antimilitarista\r\ndalle 10 alle 17\r\nA Massenzatico (Reggio Emilia)\r\nPresso le \"Cucine del popolo\", via Beethoven 78\r\nPer info: assembleantimilitarista@gmail.com\r\n\r\nOgni martedì\r\ndalle 18 alle 20\r\nin corso Palermo 46\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro\r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!\r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti!\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46\r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20 (per info scrivete a fai_torino@autistici.org)\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFB\r\n@senzafrontiere.to/\r\n\r\nTelegram\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter mandando una mail ad: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org",{"matched_tokens":346,"snippet":347,"value":347},[68],"Anarres del 4 ottobre. 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Anche in streaming.\r\n\r\nAscolta e diffondi l’audio della puntata:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/2024-04-19-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\n25 aprile in Barriera di Milano\r\nOggi come ieri. Via fascisti e militari dai quartieri!\r\nCome ogni anno ci ritroviamo alla lapide che ricorda Ilio Baroni, partigiano anarchico.\r\nOggi più che mai ritrovarci in quell’angolo di periferia, dove cadde combattendo Baroni, non è mero esercizio di memoria, ma occasione per intrecciare i fili delle lotte, perché il testimone lasciato da chi non c’è più è ora nelle nostre mani.\r\nTra sfruttamento, lavori precari e pericolosi, morti in mare, leggi razziste, militari per le strade, guerra, la democrazia somiglia sempre più al fascismo. Gli eredi della dittatura oggi sono al governo e, giorno dopo giorno, moltiplicano la stretta repressiva nei confronti di pover* e oppositor* politic* e social*.\r\nLa gente di Barriera ha volti e storie diverse ma la stessa condizione di sfruttamento e oppressione di chi combatté il fascismo perché voleva una società senza stato né padroni.\r\n\r\nStati Uniti. Polizia e strage di neri\r\nL’ultimo assassinio di un afrodiscendente statunitense per mano della polizia è rimbalzato agli onori delle cronache grazie al video che mostra un uomo inerme freddato da 96 colpi sparati in meno di un minuto. La polizia di Chicago è dotata di armi da guerra, uno dei tanti segnali del rinforzamento delle polizie negli States.\r\nNon solo. L’enorme sommovimento generato dal “Balck lives matter” ha prodotto una potente ondata reattiva: il numero di afroamericani freddati durante controlli e posti di blocco è sensibilmente aumentato.\r\nAbbiamo provato a a capirne di più con Robertino Barbieri che segue gli States su Umanità Nova\r\n\r\nSono Gaia Dan. Ho 23 anni, sono di Haifa e sono un attivista contro l'occupazione e contro la guerra. Vorrei condividere con voi un messaggio sul movimento di resistenza qui in Israele/Palestina.\r\n\r\nReligioni e millenarismi. La grande sniffata dei popoli\r\nIl ritorno delle religioni, dopo un lungo periodo di laicizzazione diffusa a livello planetario, parte da lontano ed approda fragorosamente ai giorni nostri.\r\nLa nostra analisi si dipanerà dalla seconda metà degli anni Settanta con il revival cristiano negli Stati Uniti, il rafforzarsi dell'islamismo nei paesi arabi e la controrivoluzione islamista in Iran, per approdare all'affermarsi del cristianesimo evangelico nei paesi centro africani e in Sud America.\r\nAffronteremo l'emergere del millenarismo come tentativo di dare una risposta a una crisi sentita ma non capita nelle sue dinamiche materiali e simboliche. Tanti i tasselli che contribuiscono a costruire il mosaico complesso che emerge a diverse latitudini ed in differenti culture religiose. Il contesto è quello in cui la chiesa cattolica decreta la fine della teologia della liberazione sino alla restaurazione teologico/populista di Ratzinger/Bergoglio e si delinea in modo sempre più forte la sottomissione degli stati post coloniali all'ordine neo-coloniale, ma anche la ristrutturazione in chiave neoliberista delle società occidentali. Poi sulla scena mondiale appaiono in sequenza Al Quaeda e poi l’Isis.\r\nI millenarismi hanno un ruolo importante nelle narrazioni che accompagnano il conflitto in Israele e Palestina.\r\nAbbiamo provato a capire meglio quali siano le tendenze millenariste che attraversano pericolosamente sia l’ebraismo che l’islam.\r\nCe ne ha parlato Lollo\r\n\r\nContro il G7 energia ed ambiente. Eni. Sangue, petrolio, guerra\r\nQuest’anno il G7, la rete che unisce i sette paesi più industrializzati, è presieduta dal governo italiano. 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Antimilitaristi allo Space Festival\r\nLo space Festival è un grande kermesse pubblicitaria messa in campo per gettare fumo su quanto avviene nella nostra città, sulla riconversione al settore bellico dopo il tramonto dell’automotive. Film di fantascienza, incontri con gli astronauti, visite al planetario per nascondere un core business che ha nella progettazione e costruzione bellica il proprio core business.\r\nUna buona ragione per contestarli.\r\n\r\nIl ritorno del corporativismo fascista\r\nIn sordina, tra il giubilo dei fascisti, è stata approvata la legge che ci riporta al corporativismo fascista, alla fabbrica come grande famiglia, in cui ciascuno, stando al “proprio posto”, contribuisce al bene dell’impresa, che, neanche a dirlo, corrisponde con il bene di tutt.\r\n\r\nTransfemminismo e anarchia\r\nVi abbiamo anticipato alcuni dei temi di cui si sarebbe parlato in occasione della presentazione del terzo dei Quaderni di Anarres.\r\nIn questo agile opuscoletto abbiamo raccolto due contributi su transfemminismo ed anarchia.\r\nQuesti testi, pur frutto del confronto e della riflessione interna di due gruppi diversi, la Federazione Anarchica Torinese e il Gruppo anarchico Germinal di Trieste, affrontano alcune questioni cruciali nei percorsi di soggettivazione e lotta delle soggettività poste ai margini della narrazione dominante e, insieme, si interrogano sulla possibilità che la decostruzione del genere approdi all’individuo e nel contempo si dia un nuovo universale. Un universale plurale che aggiri le mille trappole identitarie nelle quali troppo spesso cadono i movimenti.\r\nIl linguaggio e l’approccio metodologico sono molto diversi e, quindi, lungi dall’essere ridondanti i due testi sono a nostro avviso complementari. É nostro auspicio che possa scaturirne un dibattito costruttivo. 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Film di fantascienza, incontri con gli astronauti, visite al planetario per nascondere un core business che ha nella progettazione e costruzione bellica il proprio core business.\r\nUna buona ragione per contestarli.\r\n\r\nIl ritorno del corporativismo fascista\r\nIn sordina, tra il giubilo dei fascisti, è stata approvata la legge che ci riporta al corporativismo fascista, alla fabbrica come grande famiglia, in cui ciascuno, stando al “proprio posto”, contribuisce al bene dell’impresa, che, neanche a dirlo, corrisponde con il bene di tutt.\r\n\r\nTransfemminismo e anarchia\r\nVi abbiamo anticipato alcuni dei temi di cui si sarebbe parlato in occasione della presentazione del terzo dei Quaderni di Anarres.\r\nIn questo agile opuscoletto abbiamo raccolto due contributi su transfemminismo ed anarchia.\r\nQuesti testi, pur frutto del confronto e della riflessione interna di due gruppi diversi, la Federazione Anarchica Torinese e il Gruppo anarchico Germinal di Trieste, affrontano alcune questioni cruciali nei percorsi di soggettivazione e lotta delle soggettività poste ai margini della narrazione dominante e, insieme, si interrogano sulla possibilità che la decostruzione del genere approdi all’individuo e nel contempo si dia un nuovo universale. Un universale plurale che aggiri le mille trappole identitarie nelle quali troppo spesso cadono i movimenti.\r\nIl linguaggio e l’approccio metodologico sono molto diversi e, quindi, lungi dall’essere ridondanti i due testi sono a nostro avviso complementari. É nostro auspicio che possa scaturirne un dibattito costruttivo. Anarchico e transfemminista.\r\nNe abbiamo parlato con Sara del Germinal di Trieste.\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nA-Distro e SeriRiot\r\nogni mercoledì sino all’11 giugno… poi si riapre a settembre\r\ndalle 18 alle 20\r\nin corso Palermo 46\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro\r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!\r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti!\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46\r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20,30\r\nper info scrivete a fai_torino@autistici.org\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFB\r\n@senzafrontiere.to/\r\n\r\nTelegram\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter mandando una mail ad: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org",[403],{"field":98,"matched_tokens":404,"snippet":400,"value":401},[68],{"best_field_score":141,"best_field_weight":142,"fields_matched":105,"num_tokens_dropped":47,"score":143,"tokens_matched":105,"typo_prefix_score":47},{"document":407,"highlight":419,"highlights":424,"text_match":139,"text_match_info":427},{"comment_count":47,"id":408,"is_sticky":47,"permalink":409,"podcastfilter":410,"post_author":411,"post_content":412,"post_date":413,"post_excerpt":53,"post_id":408,"post_modified":414,"post_thumbnail":53,"post_title":415,"post_type":336,"sort_by_date":416,"tag_links":417,"tags":418},"96359","http://radioblackout.org/podcast/otto-marzo-giornata-internazionale-della-donna-lavoratrice-aggiornamento-dalla-campagna-defend-rojava/",[290],"Alessandro","[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/podcast-dr-9-.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[Dawnload]\r\n\r\n È della notte tra il 6 e il 7 marzo la notizia del trasferimento di un imponente convoglio di mezzi militari turchi che dalla Turchia sono arrivati a Idlib, poi Manbij e infine verso Tishrin, dove sulla diga è ancora attiva la resistenza popolare, anche se i bombardamenti non cessano.\r\n\r\nSono state ore di pesanti massacri lungo le coste siriane ad opera di HTS i cui miliziani non mancano di documentare con foto e video l'uso di patch dell'ISIS sulle divise, intanto che operano violenza con la partecipazione di bande fondamentaliste di gruppi diversi. Oltre alla documentazione delle mattanze di civili, sono arrivate notizie anche di una imponente carovana composta da membri del Fronte al-Nusra, di al-Qaeda, dell'ISIS e dell'SNA dirette nelle aree dove sono maggiormente concentrare le comunità di fede nusayri-alawita.\r\n\r\nI massacri continuano anche ora mentre stiamo registrando, nella sera del nove marzo, e l'Osservatorio Siriano per i diritti umani conta ormai centinaia di civili alawiti uccisi nella regione costiera dalle cosìddette forze di sicurezza e dai gruppi alleati tramite esecuzioni seguite da saccheggi e distruzione delle proprietà. L'accusa che pare muovere queste operazioni è quella di presunta fedeltà al regime caduto di Assad, le cui tecniche di guerra vengono ora replicate dalle milizie di HTS che lanciano indiscriminatamente esplosivi dagli elicotteri, come le forze di Bashar Assad facevano a inizio della guerra.\r\n\r\nGià dalla prima mattina si sono tenute proteste di parte della popolazione delle principali aree costiere, in particolare in prossimità delle basi russe ancora presenti sul territorio, per chiedere l'intervento dell'esercito contro le bande assassine di al Jolani e dello stato fascista turco che hanno ripreso questi massacri. non si tratta tuttavia di una risposta limitata alla situazione di queste notti, perchè già nei giorni precedenti in diverse aree della Siria si erano formate proteste simili contro il governo di transizione e l'attuale processo costituente.\r\n\r\nE' inoltre delle ultime ore di questa giornata la notizia che le forze fedeli all'amministrazione di Damasco hanno attaccato il checkpoint nel quartiere Shex Meqsoud di Aleppo, che è fin ora autoamministrato e protetto dalle forza di difesa democratiche, le SDF. L'azione ha lasciato feriti diversi membri dell'ordine pubblico e alcuni cittadini, senza tuttavia avere altre conseguenze.\r\n\r\nAnche nella regione di Zap, nel Basur, il Kurdistan iracheno, i bombardamenti sulle montagne della guerrilla che riportavamo la scorsa settimana ancora continuano ed è importante sottolineare come questo accada anche nonostante la dichiarazione di cessate il fuoco del PKK, che chiaramente deve mantenere la possibilità di autodifesa in caso di attacchi.\r\n\r\n“Salutiamo tutte le donne che hanno resistito a ogni tipo di molestia, tortura e violenza fin dall'inizio della storia, che con la loro resistenza si sono guadagnate un posto nella memoria sociale e che sono motivo di orgoglio.\" - Inizia così il messaggio del Comando Generale delle YPJ per la Giornata Internazionale della donna lavoratrice. \" \r\n\r\nSi ricordano le martiri cadute resistendo, si riportano vivi i nomi delle antenate che con le loro vite hanno contribuito a tessere la storia della libertà, con un discorso che ancora una volta tiene insieme il presente di guerra, la tensione al futuro libero e il passato come elemento che, come cosa viva, può infondere la propria linfa nutriente alle donne che lottano in questi nostri giorni. \r\n\r\nSi legge: \"La cultura della resistenza dell'8 marzo continua ancora oggi nella Siria settentrionale e orientale sotto la guida delle YPJ. Le donne difendono se stesse e le loro società con sacrificio, eroismo e resilienza senza precedenti in tutti gli ambiti della vita. Migliaia di belle anime combatterono eroicamente in queste terre e furono martirizzate nella lotta per la libertà. Donne provenienti da tutto il mondo e dal Kurdistan si sono riversate nella rivoluzione e hanno scritto poemi epici con il loro coraggio. (...) Ancora una volta, persone di tutte le fedi, gruppi etnici e colori si abbracciarono e furono testimoni di questa lotta storica. Questa lotta sarà coronata dalla vittoria con la fede, la conoscenza, la volontà e il potere delle donne.\"\r\n\r\n Riguardo all'appello del leader Apo di cui abbiamo parlato la scorsa settimana le compagne riportano il grande entusiasmo che ha suscitato nel popolo e in particolare nelle donne, che ne hanno tratto forza rinnovata anche per affrontare un otto marzo di celebrazioni e lotta. \"Riteniamo - scrivono - che la chiamata di Leader APO sia significativa e preziosa. Seguiamo da vicino le discussioni odierne sulla soluzione del problema curdo. Oggi lo Stato turco mostra il suo atteggiamento nei confronti del processo con i suoi intensi attacchi alla diga di Tishrin e al ponte Qereqozax. \r\n\r\nLa Siria ha vissuto grandi dolori e sofferenze negli ultimi 14 anni. Questi dolori sociali non possono essere risolti da HTS e dal suo leader al Jolani. Il governo stabilito a Damasco non può risolvere i problemi con la mentalità jihadista e salafita, Non può eliminare 14 anni di distruzione e dolore. Gli oppositori di questa amministrazione sono oggi sottoposti ad attacchi sistematici, violenze e genocidi in tutta la Siria. I drusi sono soggetti a oppressione e attacchi, gli aleviti sono soggetti a genocidio, il popolo curdo viene negato. Anche il popolo arabo rimane senza volontà e opzioni. Una mentalità che costringa tutti a tacere e a sottomettersi all'oppressione non può risolvere i problemi o salvarsi dalla sorte toccata al regime di Baath. Pertanto, coloro che adottano lo stesso percorso e metodo, finiranno come la fine del regime di Baath.\"\r\n\r\n \r\n\r\n La rivoluzione del Rojava è prima di tutto la rivoluzione delle donne, una rivoluzione della società. L'8 marzo, Giornata Internazionale della Donna è una data che per sua stessa storia è una data socialista: nel 1917, l'8 marzo apriva le porte alla rivoluzione russa, con le donne scese in strada per protestare per le istanze più semplici eppure più radicali: il pane e la pace. Anche a Torino nell'agosto del 1917 saranno le donne a scendere in piazza per prime contro la guerra e non è un caso che siano proprio le donne a sentire con più forza l'urgenza del momento, in quanto storicamente incarnano il lavoro riproduttivo e sono coloro che permettono a tutta la vita della società di scorrere e di intrecciarsi. Questo anche la rivoluzione del Rojava lo sa ed è infatti in occasione delle celebrazioni dell'otto marzo del 1998 che il leader Ocalan ha invitato le compagne a teorizzare e rendere strategia rivoluzionaria l'ideologia di liberazione della donna. Dove tutti i socialismi precedenti hanno fallito, lì le donne del Rojava hanno posto le basi profonde per una vita libera in primis dal patriarcato, unendo alla lotta di classe quella di genere. \r\n\r\nL'auto-organizzazione delle donne era iniziata nella guerriglia nel 1993, ma è dal congresso del 1995 che anche per il PKK, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, il cui presidente è tutt'ora Abdullah Ocalan, diventa una necessità ineludibile dell'organizzazione rivoluzionaria. Successivamente, il primo Congresso di liberazione delle donne curde, avvenuto qualche mese dopo, e spesso definito come la “prima conferenza nazionale delle donne”, ha permesso alle donne di diverse aree di discutere i loro problemi, di criticare e autocriticarsi, di definire principi, stili organizzativi e meccanismi decisionali, creando anche la prima organizzazione femminile autonoma e separata. \r\n\r\nAnche per quanto riguarda l'esercito di difesa delle donne si sono fatte profonde analisi, decretando che dovesse essere qualcosa di radicalmente nuovo, di qualitativamente diverso dagli eserciti militaristi e colonialisti, così le donne guerrigliere hanno prodotto profonde ricerche sulla partecipazione femminile alle lotte socialiste e di liberazione nazionale in America Centrale e Latina, in Cina, in Vietnam, Algeria, Palestina, Germania, Irlanda e Paesi Baschi. Constatata, anche nelle più rosse lotte di liberazione nazionale, la mancanza di profonde analisi delle dinamiche del patriarcato e delle sue intersezioni - diremmo oggi - con le altre forme di oppressione, hanno compreso che per abolire sistemi di oppressione così complessi da ingabbiare tutte le sfere della vita, bisognava partire dalla forma più antica di violenza: il patriarcato.\r\n\r\n \r\n\r\nUccidere e trasformare la mascolinità dominante è il principio primario del socialismo nella prospettiva di Abdullah Ocalan e del movimento per la libertà, per cui conoscere le radici storiche che hanno reso la donna la prima colonia è essenziale per comprendere la radicalità del lavoro, anche in forma di autocritica, che è necessario fare per la rivoluzione. ed è anche di questo infatti che parla il messaggio arrivato questo sabato dal carcere di Imrali, un messaggio di speranza e di affetto rivolto alle compagne e alle donne in lotta firmato da Abdullah Ocalan.\r\n\r\nRipercorrendo la storia del patriarcato fino alle sue radici più lontane, risalenti a circa 5000 anni fa, Ocalan mette in luce in particolare da un lato il suo carattere sistemico, dall'altro il fatto che si tratti di una mentalità cresciuta insieme alla mentalità delle religioni monoteiste e alle prime forme di città-stato. Per opporsi a ciò, è dunque fondamentale che le donne abbiano consapevolezza d'essere il soggetto sociale che più ha possibilità di far vivere una vera e propria cultura della libertà e che il resto della società, e in particolare gli uomini socialisti, si questionino in maniera radicale su se e come sono in grado di rapportarsi democraticamente con le donne. Scrive infatti: \"Il socialismo può essere raggiunto solo attraverso la libertà delle donne. Senza la libertà delle donne non si può essere socialisti. Il socialismo non si può realizzare. Senza democrazia, non ci può essere socialismo. La mia prima prova di socialismo si è resa evidente nel modo in cui parlavo alle donne. Una persona che non sa come parlare a una donna non può essere un socialista. Per un uomo, diventare socialista dipende dal modo in cui si relaziona con le donne.\"\r\n\r\nOcalan continua \"La rinascita che avverrà è molto importante. Le donne non devono essere considerate solo biologicamente, ma anche socialmente, culturalmente e storicamente. Come dice Simone De Beauvoir, non si nasce donna, si diventa donna.\"\r\n\r\n e conclude con \"Il problema delle donne è ancora più profondo del problema curdo. Il problema delle donne è ancora più centrale del problema curdo. Abbiamo ottenuto solo piccoli miglioramenti in questo senso. La cultura della guerra e del conflitto è diretta principalmente contro le donne. La distruzione di questa cultura è la forza trainante della nostra lotta.\r\nLo spirito di questo periodo è la politica democratica e il linguaggio è quello della pace. L'Appello per la pace e la società democratica è allo stesso tempo un Rinascimento per le donne. Saluto le donne che credono nella vita comune e ascoltano il mio appello con l'amore di Mem e Zîn e Dervish Evde, e festeggio l'8 marzo, Giornata internazionale delle donne lavoratrici.\"\r\n\r\nLa nostra vendetta sarà la rivoluzione delle donne - è uno degli slogan che da questa rivoluzione ci giungono come invito e che sabato spiccava su alcuni cartelli anche nelle nostre piazze.\r\n\r\n \r\n\r\nQui la canzone utilizzata nel podcast!","11 Marzo 2025","2025-03-11 14:25:38","Otto marzo: giornata internazionale della donna lavoratrice. 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Il nuovo nichilismo e altri saggi\" del sufi-anarchico Hakim Bey, Una coedizione tra Ampère Books, di cui Niccolò è direttore editoriale e Agenzia X, uscito nel 2023 dopo un anno circa dalla scomparsa dell’autore, con la Prefazione Marco Philopat.\r\n\r\nAl nome di Hakim Bey (alias Peter Lamborn Wilson) e alla sua figura di sciamano anarco-nichilista è collegata la teoria che dà il nome al suo libro più famoso, T.A.Z. Zone Temporaneamente Autonome: libro di culto delle controculture libertarie (dei rave agli hacker), e amato dai padri della cultura beat.\r\nBey descrive la T.A.Z. come un luogo temporaneamente liberato dove le gerarchie del potere sono sostituite da reti orizzontali di relazioni.\r\n\r\n\r\n\r\nQuesti spazi sono temporanei e non devono diventare istituzionalizzati, essendo zone pirata al di fuori del controllo dell'autorità. La T.A.Z. può apparire e scomparire a seconda delle circostanze e della volontà delle persone coinvolte. Questa teoria è esaminata nel saggio che dà il titolo al libro di Bey.\r\n\r\nRiprende questa teoria nel primo saggio che dà il titolo al libro. La vendetta di cui si parla è spiegata in un passo particolarmente rivelatore del libro, in cui Bey indica una terza via di rivolta rispetto all’escapismo passivo (“Tieni la testa bassa, non farti notare (…) Trovati una nicchia in una categoria permessa”) e a quello attivo (appunto, la T.A.Z.: “Creati la tua utopia piratesca”). Questa vendetta, secondo l'autore, è una forma di ribellione che risuona con l'affermazione di Nietzsche secondo cui \"una piccola vendetta è più umana di nessuna vendetta\"\r\nAltri saggi contenuti nel volume di cui abbiamo discusso sono Perché odio i borghesi, Contro la sostenibilità, il contro il celtoscetticismo e a sulla bibli-biografia curata da Tobia D’onofrio intitolata “se le religioni e l’esoterismo modellano le forme dell’anarchismo”.\r\n\r\n \r\n\r\nContinuano i racconti della Resistenza con Mario Beiletti e consigli su come non si costruisce uno Sten.\r\n\r\nIn chiusura collegamento con Cagoindìos da Barcellona per gli aggiornamenti sul Nabat3 nuovamente sotto minaccia di sgombero.\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nSelezione musicale a cura di Mr. Kang & Miss Fra riascoltabile qui\r\n\r\n \r\n\r\nTutto Squat, il giornale malandrino del 23 febbraio 2024\r\n\r\n ","23 Febbraio 2024","2024-11-22 00:44:45","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/immagine_2024-02-29_000556033-200x110.png","Il nuovo nichilismo di Bey - TuttoSquat 23.02.2024",1708716956,[441],"http://radioblackout.org/tag/tutto-squat-il-giornale-malandrino/",[443],"Tutto squat - Il giornale malandrino",{"post_content":445},{"matched_tokens":446,"snippet":447,"value":448},[68],"Tobia D’onofrio intitolata “se le \u003Cmark>religioni\u003C/mark> e l’esoterismo modellano le forme"," \r\n\r\nE dopo aver dato le previsioni del tempo ci colleghiamo telefonicamente con Niccolò de Mojana per parlare della Raccolta di saggi \"La vendetta di Zarathustra. Il nuovo nichilismo e altri saggi\" del sufi-anarchico Hakim Bey, Una coedizione tra Ampère Books, di cui Niccolò è direttore editoriale e Agenzia X, uscito nel 2023 dopo un anno circa dalla scomparsa dell’autore, con la Prefazione Marco Philopat.\r\n\r\nAl nome di Hakim Bey (alias Peter Lamborn Wilson) e alla sua figura di sciamano anarco-nichilista è collegata la teoria che dà il nome al suo libro più famoso, T.A.Z. Zone Temporaneamente Autonome: libro di culto delle controculture libertarie (dei rave agli hacker), e amato dai padri della cultura beat.\r\nBey descrive la T.A.Z. come un luogo temporaneamente liberato dove le gerarchie del potere sono sostituite da reti orizzontali di relazioni.\r\n\r\n\r\n\r\nQuesti spazi sono temporanei e non devono diventare istituzionalizzati, essendo zone pirata al di fuori del controllo dell'autorità. La T.A.Z. può apparire e scomparire a seconda delle circostanze e della volontà delle persone coinvolte. Questa teoria è esaminata nel saggio che dà il titolo al libro di Bey.\r\n\r\nRiprende questa teoria nel primo saggio che dà il titolo al libro. La vendetta di cui si parla è spiegata in un passo particolarmente rivelatore del libro, in cui Bey indica una terza via di rivolta rispetto all’escapismo passivo (“Tieni la testa bassa, non farti notare (…) Trovati una nicchia in una categoria permessa”) e a quello attivo (appunto, la T.A.Z.: “Creati la tua utopia piratesca”). Questa vendetta, secondo l'autore, è una forma di ribellione che risuona con l'affermazione di Nietzsche secondo cui \"una piccola vendetta è più umana di nessuna vendetta\"\r\nAltri saggi contenuti nel volume di cui abbiamo discusso sono Perché odio i borghesi, Contro la sostenibilità, il contro il celtoscetticismo e a sulla bibli-biografia curata da Tobia D’onofrio intitolata “se le \u003Cmark>religioni\u003C/mark> e l’esoterismo modellano le forme dell’anarchismo”.\r\n\r\n \r\n\r\nContinuano i racconti della Resistenza con Mario Beiletti e consigli su come non si costruisce uno Sten.\r\n\r\nIn chiusura collegamento con Cagoindìos da Barcellona per gli aggiornamenti sul Nabat3 nuovamente sotto minaccia di sgombero.\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nSelezione musicale a cura di Mr. Kang & Miss Fra riascoltabile qui\r\n\r\n \r\n\r\nTutto Squat, il giornale malandrino del 23 febbraio 2024\r\n\r\n ",[450],{"field":98,"matched_tokens":451,"snippet":447,"value":448},[68],{"best_field_score":141,"best_field_weight":142,"fields_matched":105,"num_tokens_dropped":47,"score":143,"tokens_matched":105,"typo_prefix_score":47},{"document":454,"highlight":467,"highlights":472,"text_match":139,"text_match_info":475},{"comment_count":47,"id":455,"is_sticky":47,"permalink":456,"podcastfilter":457,"post_author":458,"post_content":459,"post_date":460,"post_excerpt":53,"post_id":455,"post_modified":461,"post_thumbnail":462,"post_title":463,"post_type":336,"sort_by_date":464,"tag_links":465,"tags":466},"73431","http://radioblackout.org/podcast/la-perla-di-labuan-ave-discordia-prima-parte-11-febbraio/",[296],"malormone","La Perla di Labuan dell'11 febbraio muove i primi passi nell'universo del discordianesimo, parodia delle religioni o religione parodica, non ricordo più bene.\r\n\r\nBrani letti:\r\n\r\nMichel Mourre, \"Malgré le blasphème\" 1951\r\nEdmind Berger, \"Accellerazione\" 2021\r\nJohn Higgs, \"Complotto!\" 2019\r\nMalaclypse the Younger, \"Principia Discordia\" 1963\r\nBob Shea, \"L'occhio nela piramide\" primo volume della trilogia \"Illuminatus!\" 1975\r\n\r\nPlaylist:\r\n\r\nCompulsive Pene Madonna: \"Speak clean\"\r\nSpirit, \"Fresh Garbage\"\r\nPink Floyd, \"Empty spaces\"\r\nSélène Saint-Aimè, \"Arawak Uhuru\"\r\nBlacklit, \"Isolated Garden\"\r\nOval, \"Lost in thought\"\r\nBaauer, \"Harlem shake\"\r\nWilliam Onyeabor \"Fantastic Man\"\r\nFrank Zappa and the Mother of Invention, \"Absolutely Free\"\r\nZa! \"Somos Todos\"\r\nSteve Piccolo, \"Young and Ambitious\"\r\nElectric Light Orchestra, \"Fire on High\"\r\nSarah Vaughan \"Inner City Blues\"\r\nEr. J. Orchestra, \"Chanson d'Automne\"\r\nMC5, \"Kick Out the Jams\"\r\nHolly Golightly, \"Mellow Down Easy\"\r\nSmoke, \"The Smile\"\r\nGong, \"Mystic Sister/Magick Brother\"\r\nJass, \"Camelo\"\r\nShay Hazan \"Guimbri Retreat\"\r\nCourtial, \"Losing You\"\r\nStooges \"1969 (alternate version)\"\r\nJ. Geils Band, \"No Anchioves Please\"\r\nSpirit of the Behive, \"I Suck on the Devil's Cock\"\r\nL'Enfance Rouge, \"Terre d'Election\"\r\nT. Rex, \"Bang a Gong\"\r\n\r\nbonus:\r\n\r\nMonty Python, \"Brian di Nazareth\"\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/02/perlalabuan11feb.mp3\"][/audio]","11 Febbraio 2022","2022-02-11 17:33:22","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/02/occhio-200x110.jpg","La Perla di Labuan: Ave Discordia! prima parte 11 febbraio",1644600801,[],[],{"post_content":468},{"matched_tokens":469,"snippet":470,"value":471},[68],"nell'universo del discordianesimo, parodia delle \u003Cmark>religioni\u003C/mark> o religione parodica, non ricordo","La Perla di Labuan dell'11 febbraio muove i primi passi nell'universo del discordianesimo, parodia delle \u003Cmark>religioni\u003C/mark> o religione parodica, non ricordo più bene.\r\n\r\nBrani letti:\r\n\r\nMichel Mourre, \"Malgré le blasphème\" 1951\r\nEdmind Berger, \"Accellerazione\" 2021\r\nJohn Higgs, \"Complotto!\" 2019\r\nMalaclypse the Younger, \"Principia Discordia\" 1963\r\nBob Shea, \"L'occhio nela piramide\" primo volume della trilogia \"Illuminatus!\" 1975\r\n\r\nPlaylist:\r\n\r\nCompulsive Pene Madonna: \"Speak clean\"\r\nSpirit, \"Fresh Garbage\"\r\nPink Floyd, \"Empty spaces\"\r\nSélène Saint-Aimè, \"Arawak Uhuru\"\r\nBlacklit, \"Isolated Garden\"\r\nOval, \"Lost in thought\"\r\nBaauer, \"Harlem shake\"\r\nWilliam Onyeabor \"Fantastic Man\"\r\nFrank Zappa and the Mother of Invention, \"Absolutely Free\"\r\nZa! \"Somos Todos\"\r\nSteve Piccolo, \"Young and Ambitious\"\r\nElectric Light Orchestra, \"Fire on High\"\r\nSarah Vaughan \"Inner City Blues\"\r\nEr. J. Orchestra, \"Chanson d'Automne\"\r\nMC5, \"Kick Out the Jams\"\r\nHolly Golightly, \"Mellow Down Easy\"\r\nSmoke, \"The Smile\"\r\nGong, \"Mystic Sister/Magick Brother\"\r\nJass, \"Camelo\"\r\nShay Hazan \"Guimbri Retreat\"\r\nCourtial, \"Losing You\"\r\nStooges \"1969 (alternate version)\"\r\nJ. Geils Band, \"No Anchioves Please\"\r\nSpirit of the Behive, \"I Suck on the Devil's Cock\"\r\nL'Enfance Rouge, \"Terre d'Election\"\r\nT. 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