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Fondamentale nel pensiero e nelle opere di Fanon, il concetto di \"alienazione\" è di forte utilità in questo contesto. I meccanismi di alienazione mentale e culturale individuati nel corso degli anni '50 e '60, infatti, sono tutt'ora presenti nel cuore delle metropoli europee, proprio nel momento in cui molti \"altri\" corpi vengono categorizzati come cittadini e cittadine francesi, inglesi, belgi, italiani, ecc.. e non più - o non solo - come \"migranti\", \"seconde generazioni\", \"figli o figlie di\", \"discendenti di..\". Diventa allora imprescindibile guardare all'articolazione spesso fatale tra storia e memoria, tra sofferenza e violenza, tra colonizzatori e colonizzati. Sono le forme ed i linguaggi della violenza, spesso intermittenti, che in apparenza seguono percorsi carisci, talvolta invisibili, a tornare qui prepotentemente in superficie.\r\n\r\nChi sono Saïd e Chérif Kouachi? Chi è Amedy Coulibaly? E Lassana Bathily? L'immigrato \"riconoscente\" verso la Francia, che nasconde gli ostaggi durante il sequestro attuato da Coulibaly e così si rende \"meritevole\", pochi giorni dopo la strage, della naturalizzazione francese? Su quali vite, su quali destini si gioca il nuovo ordine coloniale? Sono le religioni - o ancora meglio l'Islam, che l'Occidente ha costruito come propria Alterità - a giocare davvero il ruolo centrale nella radicalizzazione di questi giovani \"ingrati\"? 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Pochi giorni fa l’ennesimo massacro (110 morti nella città di Port Condé) ha portato di nuovo l’attenzione dei media internazionali sull’attività delle bande criminali che dominano incontrastate l’arena politica haitiana, forti di una falsa narrazione politica che vede i signori della guerra come protettori della popolazione e la violenza armata organizzata come unica possibilità di pressione per ottenere risposte ai bisogni sociali da un governo debolissimo e corrotto.\r\n\r\nUna situazione di instabilità e tensione che preoccupa sempre di più gli Stati Uniti, che si trovano a confrontarsi con una enorme ondata di immigrazione Haitiana. Da un lato, gli USA aumentano le proprie pressioni sull’ONU per estendere e approfondire le missioni di sicurezza sull’isola, dall’altro il tema dell’immigrazione haitiana sta tenendo banco tra i topic della campagna elettorale americana. Così, mentre Trump attacca gli “aliens” Haitiani accusandoli addirittura di mangiare gli animali domestici dei cittadini americani e iniziano i rimpatri forzati dei migranti che erano riusciti a sfuggire alla violenza dell’isola caraibica, i conservatori degli Stati Uniti si trovano ancora una volta a demonizzare l’eredità politica di un popolo e di un Paese che, nel 1791, fu il primo a liberarsi del dominio coloniale bianco e ad abolire la schiavitù e che, da allora, è stato costantemente osteggiato dagli USA, tra un’occupazione militare durata 18 anni e il finanziamento della brutale dittatura dei Duvalier finita solo nel 1991.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Roberto Codazzi, giornalista ed esperto di Haiti.\r\n\r\nARTICOLI:\r\n\r\n \thttps://theconversation.com/the-us-election-has-put-the-spotlight-on-haiti-its-history-reveals-extensive-exploitation-by-the-us-and-france-239193\r\n \thttps://www.splinter.com/american-empire-the-torment-of-haiti\r\n \thttps://jacobin.com/2023/10/haiti-crises-chaos-united-states-foreign-policy-intervention\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/CODAZZIHAITI.mp3\"][/audio]","11 Ottobre 2024","2024-10-11 15:42:07","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/GettyImages-1583881075-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/GettyImages-1583881075-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/GettyImages-1583881075-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/GettyImages-1583881075-768x512.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/GettyImages-1583881075.jpg 1024w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","HAITI NELLA MORSA TRA VIOLENZA DELLE BANDE E POSSIBILITÀ DI INTERVENTO AMERICANE",1728661193,[155,156,157],"http://radioblackout.org/tag/donald-trump/","http://radioblackout.org/tag/haiti/","http://radioblackout.org/tag/stati-uniti/",[159,160,161],"donald trump","haiti","Stati Uniti",{"post_content":163},{"matched_tokens":164,"snippet":165,"value":166},[72],"Così, mentre Trump attacca gli “\u003Cmark>alien\u003C/mark>s” Haitiani accusandoli addirittura di mangiare","A tre anni dall’assassinio del presidente Jovenel Moise, Haiti rimane senza un esecutivo forte: all’incertezza politica, alla crisi e alla progressiva spirale di violenza la comunità internazionale non sembra avere altra risposta che l’invio di forze di polizia con il compito di mantenere il controllo dei centri logistici e delle infrastrutture ed evitare che il paese sprofondi definitivamente nel caos. 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In collegamento sui 105,250 LOUISA YOUSFI e YOUSSEF BOUSSOUMAH, militanti decoloniali attivi/e in Francia nei percorsi di solidarietà con la Palestina, nelle lotte del proletariato coloniale nelle metropoli francesi e contro le politiche razziste della Republique, in un dibattito aperto con gli studenti e le studentesse occupanti della facoltà.\r\n\r\nIl racconto e l'analisi della storia di oppressione del popolo palestinese fanno spesso riferimento all'identità di Israele come uno Stato coloniale, che impone il proprio dominio non solo attraverso la forza bruta, ma anche attraverso la narrazione e la rappresentazione dei palestinesi come soggetti inferiori, arretrati e sanguinari, in irriducibile contrasto con i valori liberali espressi da una società israeliana che si considera avamposto della civiltà occidentale in un Medioriente ostile, fanatico ed oscurantista. L'idea di colonizzazione non è tuttavia un fenomeno esclusivo di Israele, quanto la chiave di volta dell'imperialismo ed uno dei meccanismi gerarchici e di dominio su cui si sono storicamente costruite le società occidentali. Il colonialismo - e la società occidentale tutta - non sono però immaginabili senza categorie ontologiche che ne giustifichino l’esistenza: l’Occidente coloniale è incapace di definire sé stesso se non in opposizione ad un’alterità radicale, quella di un’umanità non bianca, arretrata e naturalmente gerarchicamente inferiore, sulla quale altrettanto naturalmente imporre un dominio. Quando sembrano docili ed innocui, i colonizzati sono considerati selvaggi, ridotti ad uno stadio primitivo dello sviluppo umano, da addomesticare, sfruttare e condurre per mano sulla via di un progresso che, invariabilmente, li relegherà tra gli ultimi. Quando invece si ribellano, quando rifiutano il ruolo di vittime della colonizzazione, agli occhi dell’Occidente diventano alieni sanguinari, qualcosa di antitetico ed incompatibile con i fondamenti stessi della civiltà occidentale, barbari in guerra con i valori sacri di un’identità da imporre con la violenza ai refrattari.\r\nQuesta descrizione della resistenza dei colonizzati e di chi si ribella ad un'oppressione secolare dà la cifra della risposta delle società coloniali alle insurrezioni che periodicamente si sviluppano tra gli insubordinati delle sue periferie coloniali. Dai giovani delle metropoli francesi, americane ed europee in rivolta contro gli omicidi della polizia al popolo palestinese, che fa della resistenza allo stato coloniale di Israele un elemento chiave delle propria identità nazionale. 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In collegamento sui 105,250 LOUISA YOUSFI e YOUSSEF BOUSSOUMAH, militanti decoloniali attivi/e in Francia nei percorsi di solidarietà con la Palestina, nelle lotte del proletariato coloniale nelle metropoli francesi e contro le politiche razziste della Republique, in un dibattito aperto con gli studenti e le studentesse occupanti della facoltà.\r\n\r\nIl racconto e l'analisi della storia di oppressione del popolo palestinese fanno spesso riferimento all'identità di Israele come uno Stato coloniale, che impone il proprio dominio non solo attraverso la forza bruta, ma anche attraverso la narrazione e la rappresentazione dei palestinesi come soggetti inferiori, arretrati e sanguinari, in irriducibile contrasto con i valori liberali espressi da una società israeliana che si considera avamposto della civiltà occidentale in un Medioriente ostile, fanatico ed oscurantista. L'idea di colonizzazione non è tuttavia un fenomeno esclusivo di Israele, quanto la chiave di volta dell'imperialismo ed uno dei meccanismi gerarchici e di dominio su cui si sono storicamente costruite le società occidentali. Il colonialismo - e la società occidentale tutta - non sono però immaginabili senza categorie ontologiche che ne giustifichino l’esistenza: l’Occidente coloniale è incapace di definire sé stesso se non in opposizione ad un’alterità radicale, quella di un’umanità non bianca, arretrata e naturalmente gerarchicamente inferiore, sulla quale altrettanto naturalmente imporre un dominio. Quando sembrano docili ed innocui, i colonizzati sono considerati selvaggi, ridotti ad uno stadio primitivo dello sviluppo umano, da addomesticare, sfruttare e condurre per mano sulla via di un progresso che, invariabilmente, li relegherà tra gli ultimi. Quando invece si ribellano, quando rifiutano il ruolo di vittime della colonizzazione, agli occhi dell’Occidente diventano \u003Cmark>alien\u003C/mark>i sanguinari, qualcosa di antitetico ed incompatibile con i fondamenti stessi della civiltà occidentale, barbari in guerra con i valori sacri di un’identità da imporre con la violenza ai refrattari.\r\nQuesta descrizione della resistenza dei colonizzati e di chi si ribella ad un'oppressione secolare dà la cifra della risposta delle società coloniali alle insurrezioni che periodicamente si sviluppano tra gli insubordinati delle sue periferie coloniali. Dai giovani delle metropoli francesi, americane ed europee in rivolta contro gli omicidi della polizia al popolo palestinese, che fa della resistenza allo stato coloniale di Israele un elemento chiave delle propria identità nazionale. Ogni atto di rivolta, per l'Occidente, non può che essere il prodotto di una massa di barbari, abitanti insubordinati di un pianeta diverso che non possono essere ricondotti all'ordine se non con l'unico linguaggio che sono in grado di intendere, quello della violenza e dello sterminio. Qui la PUNTATA COMPLETA:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/puntata-completo.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nL'intervista con LOUISA YOUSFI, militante decoloniale ed autrice di «Restare Barbari», in cui discutiamo dei concetti di colonialità, della costruzione coloniale delle società occidentali e della relazione che lega le strategie di repressione ed integrazione repubblicana sul proletariato indigeno delle periferie francesi alla dominazione sionista sul popolo palestinese, con un occhio all'evoluzione attuale del quadro politico francese che vede il rischio di una deriva fascista contro cui organizzarsi per garantire la sopravvivenza stessa dei percorsi di lotta decoloniali e anticapitalisti.\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/LOUISA-YOUSFI.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nL'intervista con YOUSSEF BOUSSOUMAH, storico e militante dei percorsi di solidarietà con la Palestina, che traccia l'evoluzione delle lotte di sostegno alla resistenza Palestinese in Francia, della storia del progetto di dominazione israeliano e delle possibilità di resistenza ad un’architettura ideologica che giustifica e pone le condizioni per perpetuare l’oppressione dei propri soggetti colonizzati, dagli omicidi polizieschi nelle periferie francesi al genocidio del popolo Palestinese.\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/YOUSSEF-BOSSOUMAH.mp3\"][/audio]",[203],{"field":136,"matched_tokens":204,"snippet":200,"value":201},[72],{"best_field_score":80,"best_field_weight":139,"fields_matched":29,"num_tokens_dropped":18,"score":171,"tokens_matched":29,"typo_prefix_score":29},{"document":207,"highlight":235,"highlights":240,"text_match":78,"text_match_info":243},{"cat_link":208,"category":210,"comment_count":45,"id":212,"is_sticky":45,"permalink":213,"post_author":214,"post_content":215,"post_date":216,"post_excerpt":51,"post_id":212,"post_modified":217,"post_thumbnail":218,"post_thumbnail_html":219,"post_title":220,"post_type":56,"sort_by_date":221,"tag_links":222,"tags":229},[209],"http://radioblackout.org/category/notizie/",[211],"Blackout Inside","81816","http://radioblackout.org/2023/05/la-retorica-dellemergenza-psichiatrica-per-il-controllo-sociale/","ricongiunzioni","Non è un caso se di psichiatria si parla sempre più spesso. Dagli abusi di psicofarmaci in carcere nei cpr[1][2] alle retoriche neomanicomiali che accompagnano la triste conta degli operatori e delle operatrici (più spesso) uccise dai pazienti, come è successo a Pisa lo scorso 24 Aprile. Una conta ben lontana, comunque, dall’eguagliare le morti di psichiatria nelle carceri, nei reparti ospedalieri, nelle comunità, per strada durante un TSO, per gli effetti collaterali a lungo termine dei farmaci. Eppure, di emergenza psichiatrica si parla sempre solo per dire che ci sono un sacco di matti pericolosi in giro e non per ricordare che la psichiatria può uccidere; e neanche questo è un caso. Non lo è perché la psichiatria è sempre stata, in maniera più o meno attiva a seconda dei periodi storici, schierata in una guerra alla povertà, alla disobbedienza e a tutto ciò che è altro e che eccede la norma. Senza citare i casi di oppositori politici finiti in manicomio, pratica diffusa in tanti paesi del mondo ancora ad oggi, basti pensare che durante il fascismo una donna poteva finire in manicomio perché “libertina, indocile, irosa, smorfiosa o madre snaturata”, oppure che nell’america schiavista la “drapetomania” diagnosticava il desiderio di scappare dallepiantagioni degli schiavi. Casi storici estremi che tradiscono la più subdola compenetrazione quotidiana del controllo sociale e della psichiatria, una pseudoscienza nata dalla separazione tutta occidentale tra ragione e sragione. Ci sono stati, certo, dei brevi periodi in cui i movimenti sociali sono riusciti ad impadronirsi di un’autonomia nella progettazione della cura delle sofferenze sociali distanziandosi dal paradigma biomedico per dare vita ad un’antropologia pratica o ad una sorta di ecologia umana, che ribaltando il meccanismo di delega medico-paziente restituisse la responsabilità della cura alla comunità e al territorio. Il movimento di deistituzionalizzazione in italia è un esito di queste tensioni, ed è importante riconoscerlo altrimenti succede di leggere che i manicomi sono stati chiusi “grazie allo sviluppo della psicofarmacologia che permetteva di curare i pazienti a casa”[3]. No, non è andata così, la chiusura dei manicomi è il frutto di una lotta con tanti morti dentro ai manicomi e con qualche psichiatra (specie quelli a cui piaceva legare le persone ai termosifoni) gambizzato. E sono stati altri psichiatri a tematizzare la lotta di classe nel loro lavoro, ribadendo che se la guerra che avviene ogni giorno in psichiatria viene invisibilizzata, se non si esercita con consapevolezza politica, ogni atto di cura e contenzione diventa un atto di guerra contro una classe marginalizzata.\r\n\r\nQuando questa consapevolezza politica si perde, i discorsi e le pratiche della psichiatria diventano sempre più vicini e simili a strumenti e istituzioni più esplicitamente punitivi e repressivi. La “cura” si mischia con la galera. I reparti, le residenze private e le comunità diventano più simili a carceri, e le carceri vengono inondate di farmaci. Quest’ultime si riversano negli ospedali pieni di detenuti ricoverati, che si aggiungono a chi viene internato perché in famiglia o in quartiere da fastidio. Gli psichiatri diventano così dispensatori di farmaci preoccupati della mera gestione dei sintomi e responsabili della custodia dei loro pazienti. I percorsi esistenziali che si incontrano nelle galere e in psichiatria sono gli stessi, in una traspirazione di destini facilitata dalle porte scorrevoli che separano il sistema penale da quello psichiatrico. Questo lo si intuisce per esempio da un dato su tutti: in tutti i paesi industrializzati il numero di persone con problematiche psichiatriche in carcere aumenta vertiginosamente mentre si riduce quello delle persone prese in carico dai servizi territoriali. La psichiatria è tornata oggi ad essere uno strumento di marginalizzazione, in senso diametralmente opposto alla riforma ispirata da Basaglia che non è mai stata implementata se non in qualche sparuta provincia. I manicomi fioriscono sotto mutate spoglie. Nel 78 c’erano 90.000 persone internate e ne contiamo quasi 70.000 oggi tra SPDC comunità, case di cura eccetera, senza contare l’enorme mole di miseria umana psichiatrizzata in carcere. (Questo dovrebbe fungere da monito a tutti coloro che pensano che lo stato possa riformare la psichiatria).\r\n\r\nPerché oggi si torna a parlare di riforma della psichiatria e si mette in dubbio la chiusura dei manicomi? Tramite la presunta “emergenza psichiatria” diverse parti sociali (governo, associazioni di categoria, direttori sanitari) convergono nel chiedere in breve: più posti nelle REMS, sezioni di carcere speciali per imputabili in aggiunta alla rete di ATSM (Articolazioni di Tutela della Salute Mentale), TSO più snelli. Qualcuno si avventura a chiedere, cogliendo l’occasione, più operatori nei servizi territoriali. Ma non sembra essere questo l’aspetto che interessa ad un governo che assume solo polizia. Il punto è avere più posti letto per i folli rei e per i rei folli. Come se un letto potesse curare qualcuno.\r\n\r\nL’utilizzo per fini repressivi dell’emergenza psichiatria non è nuovo. Già Salvini nel 2018 dichiarava che era in atto una “esplosione di aggressioni” da parte di “pazienti psichiatrici” e che da quando i manicomi sono stati chiusi c’è stato un «abbandono dei malati lasciati in carico alle famiglie». Questo genere di retorica neomanicomiale o panpenalista è interessata all’utilizzo della psichiatria nel governo della popolazione tramite la marginalizzazione di alcuni suoi componenti. Le carceri sono sempre state un avamposto di questa sperimentazione, come è già stato scritto e detto[4][5] e infatti i primi a parlare di emergenza psichiatrica sono stati i sindacati di polizia, le prefetture e il DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria).\r\n\r\nIn secondo luogo, più contenzione è meno cura è la ricetta perfetta per ingrassare il privato. La spesa pubblica e privata nell’ambito della salute mentale viene assorbita soprattutto dalla residenzialità. I soldi girano intorno ai ricoveri, nei posti letto in case di cura lontane dalla comunità, e nei farmaci, che all’isolamento fisico aggiungono la sedazione farmacologica. Si ripropone in questo modo lo stesso circolo vizioso che porta all’esplosione dei profitti privati nell’ambito sanitario e assistenziale. Più la follia viene contenuta e più la gente sta male, e più la gente sta male più bisogno c’è di contenzione e custodia, contenzione materiale ad ingrassare i portafogli di investimenti delle multinazionali della sanità privata, della infinità di cooperative del terzo settore in buona e cattiva fede che gestiscono comunità ormai diventate colonie penali, e non ultima dell’industria dei farmaci. Le visite degli informatori delle case farmaceutiche sono quotidiane in gran parte dei reparti psichiatrici. Farmaci long-acting sempre più sganciati dalla relazione terapeutica, con un rischio di cronicizzazione altissimo che spesso finiscono per ricacciare ancora più a fondo le persone nella voragine esistenziale da cui provano a uscire: solitudine e miseria.\r\n\r\nPer ultima potremmo ipotizzare una terza ragione meno vincolata ad interessi materiali del diffondersi della preoccupazione per l’emergenza psichiatrica? Questa origina forse dalla contemporanea più generale tendenza ad “alienare” tutto ciò che esula dalla consueta e quieta amministrazione della vita sociale. Una malinconica pulsione a reprimere e mortificare ciò che è vivo, e in quanto vivo intrinsecamente rivolto al nuovo, anche oltre la cultura e le abitudini dominanti. Allora in un mondo in cui la sofferenza psichica diventa sempre più spesso strumento di espressione di una condizione politica, e insieme ricerca di un progetto di vita che scardini l’ordine esistente, ecco che ci si attrezza e reprimerla questa tensione, identificando, emergenza dopo emergenza, l’ennesimo nemico pubblico…Emergenza anarchici, emergenza orsi, emergenza matti. Nel mondo che diventa emergenza nessuno è salvo, le categorie dell’esclusione si avvicinano sempre di più.\r\n\r\n[1] https://altreconomia.it/rinchiusi-e-sedati-labuso-quotidiano-di-psicofarmaci-nei-cpr-italiani/\r\n\r\n[2] https://radioblackout.org/2023/01/chimica-e-rivolta-al-casal-del-marmo-di-roma/\r\n\r\n[3] https://www.quotidiano.net/cronaca/legge-basaglia-psichiatri-omicidio-barbara-capovani-39ee9864\r\n\r\n[4] https://www.osservatoriorepressione.info/carcere-psichiatria-strumenti-controllo/\r\n\r\n[5] https://radioblackout.org/podcast/carceri-invisibili-del-20-09-22/","1 Maggio 2023","2023-05-01 19:09:34","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/Progetto-senza-titolo-1-200x110.png","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/Progetto-senza-titolo-1-300x169.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/Progetto-senza-titolo-1-300x169.png 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/Progetto-senza-titolo-1-1024x576.png 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/Progetto-senza-titolo-1-768x432.png 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/Progetto-senza-titolo-1-1536x864.png 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/Progetto-senza-titolo-1.png 1920w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","LA RETORICA DELL’EMERGENZA PSICHIATRICA PER IL CONTROLLO SOCIALE",1682968174,[223,224,225,226,227,228],"http://radioblackout.org/tag/antipsichiatria/","http://radioblackout.org/tag/atsm/","http://radioblackout.org/tag/emergenza-psichiatrica/","http://radioblackout.org/tag/psichiatria-e-controllo-sociale/","http://radioblackout.org/tag/rems/","http://radioblackout.org/tag/tso/",[230,231,232,233,234,19],"antipsichiatria","ATSM","emergenza psichiatrica","psichiatria e controllo sociale","REMS",{"post_content":236},{"matched_tokens":237,"snippet":238,"value":239},[72],"contemporanea più generale tendenza ad “\u003Cmark>alien\u003C/mark>are” tutto ciò che esula dalla","Non è un caso se di psichiatria si parla sempre più spesso. 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Il movimento di deistituzionalizzazione in italia è un esito di queste tensioni, ed è importante riconoscerlo altrimenti succede di leggere che i manicomi sono stati chiusi “grazie allo sviluppo della psicofarmacologia che permetteva di curare i pazienti a casa”[3]. No, non è andata così, la chiusura dei manicomi è il frutto di una lotta con tanti morti dentro ai manicomi e con qualche psichiatra (specie quelli a cui piaceva legare le persone ai termosifoni) gambizzato. E sono stati altri psichiatri a tematizzare la lotta di classe nel loro lavoro, ribadendo che se la guerra che avviene ogni giorno in psichiatria viene invisibilizzata, se non si esercita con consapevolezza politica, ogni atto di cura e contenzione diventa un atto di guerra contro una classe marginalizzata.\r\n\r\nQuando questa consapevolezza politica si perde, i discorsi e le pratiche della psichiatria diventano sempre più vicini e simili a strumenti e istituzioni più esplicitamente punitivi e repressivi. 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La psichiatria è tornata oggi ad essere uno strumento di marginalizzazione, in senso diametralmente opposto alla riforma ispirata da Basaglia che non è mai stata implementata se non in qualche sparuta provincia. I manicomi fioriscono sotto mutate spoglie. Nel 78 c’erano 90.000 persone internate e ne contiamo quasi 70.000 oggi tra SPDC comunità, case di cura eccetera, senza contare l’enorme mole di miseria umana psichiatrizzata in carcere. (Questo dovrebbe fungere da monito a tutti coloro che pensano che lo stato possa riformare la psichiatria).\r\n\r\nPerché oggi si torna a parlare di riforma della psichiatria e si mette in dubbio la chiusura dei manicomi? Tramite la presunta “emergenza psichiatria” diverse parti sociali (governo, associazioni di categoria, direttori sanitari) convergono nel chiedere in breve: più posti nelle REMS, sezioni di carcere speciali per imputabili in aggiunta alla rete di ATSM (Articolazioni di Tutela della Salute Mentale), TSO più snelli. 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Le carceri sono sempre state un avamposto di questa sperimentazione, come è già stato scritto e detto[4][5] e infatti i primi a parlare di emergenza psichiatrica sono stati i sindacati di polizia, le prefetture e il DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria).\r\n\r\nIn secondo luogo, più contenzione è meno cura è la ricetta perfetta per ingrassare il privato. La spesa pubblica e privata nell’ambito della salute mentale viene assorbita soprattutto dalla residenzialità. I soldi girano intorno ai ricoveri, nei posti letto in case di cura lontane dalla comunità, e nei farmaci, che all’isolamento fisico aggiungono la sedazione farmacologica. Si ripropone in questo modo lo stesso circolo vizioso che porta all’esplosione dei profitti privati nell’ambito sanitario e assistenziale. 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Uno studentato di lusso, fatto per la \"classe creativa\" e i \"nomadi digiatli\", con camere costose e spazi ibridi di design, quello della compagnia olandese dell'Ad Charlie MacGregor, che già in diverse città italiane ha già aperto (Firenze, Bologna, Roma).\r\n\r\nA partire da un interessante articolo uscito su NapoliMonitor, ripercorriamo brevemente la storia di quell'area, e di come si è arrivati alla svendita di una porzione di suolo pubblico verso l'ennesimo privato gentrificatore nel quartiere Aurora. La storia di una alienazione, che si inserisce nell'onda lunga di un processo violento e di esclusione sociale nel quartiere immediatamente a ridosso del centro cittadino, non dimenticando lo sgombero dell'Asilo Occupato, la costruzione della Nuvola Lavazza e dell'ostello Cambo bar-restaurant di lusso (un altro!?!?) a Porta Palazzo.\r\n\r\nNe parliamo ai nostri microfoni con uno de* autor* dell'articolo (sotto il link):\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/student_hotel.mp3\"][/audio]\r\n\r\nhttps://napolimonitor.it/the-student-hotel-come-si-svende-suolo-pubblico-a-torino/","9 Novembre 2022","2022-11-09 16:05:53","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/immagine-area-Ponte-Mosca-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"199\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/immagine-area-Ponte-Mosca-300x199.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/immagine-area-Ponte-Mosca-300x199.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/immagine-area-Ponte-Mosca-1024x680.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/immagine-area-Ponte-Mosca-768x510.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/immagine-area-Ponte-Mosca.jpg 1279w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","The Student Hotel, svendita di suolo e gentrificazione nel quartiere Aurora",1668009953,[258,259,260],"http://radioblackout.org/tag/aurora/","http://radioblackout.org/tag/gentrificazione/","http://radioblackout.org/tag/student-hotel/",[21,16,262],"student hotel",{"post_content":264},{"matched_tokens":265,"snippet":266,"value":267},[72],"Aurora. 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La storia di una \u003Cmark>alien\u003C/mark>azione, che si inserisce nell'onda lunga di un processo violento e di esclusione sociale nel quartiere immediatamente a ridosso del centro cittadino, non dimenticando lo sgombero dell'Asilo Occupato, la costruzione della Nuvola Lavazza e dell'ostello Cambo bar-restaurant di lusso (un altro!?!?) a Porta Palazzo.\r\n\r\nNe parliamo ai nostri microfoni con uno de* autor* dell'articolo (sotto il link):\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/student_hotel.mp3\"][/audio]\r\n\r\nhttps://napolimonitor.it/the-student-hotel-come-si-svende-suolo-pubblico-a-torino/",[269],{"field":136,"matched_tokens":270,"snippet":266,"value":267},[72],{"best_field_score":80,"best_field_weight":139,"fields_matched":29,"num_tokens_dropped":18,"score":171,"tokens_matched":29,"typo_prefix_score":29},6690,{"collection_name":56,"first_q":274,"per_page":275,"q":274},"ridley scott 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Sei un assassino al servizio degli sbirri! - In vita mia non ho mai ucciso un essere umano!\" Quando nel 1968 Philip Kindred Dick scrisse \"Ma gli androidi sognano pecore elettriche?\" forse non prevedeva che il suo romanzo sarebbe diventato un film cult, ma certo sapeva di riversarvi il suo mondo interiore tormentato e contorto. E' appena finita una guerra nucleare, la metropoli é cosparsa di rovine e rottami, l'ispettore Bryant ordina al cacciatore Rick Deckard di \"ritirare\" alcuni \"lavori in pelle\" che sono androidi quasi indistinguibili dagli umani, all'apparenza tre maschi e tre femmine. Rick sottopone Rachel, nipote di Eldon, il presidente di una potente corporation, al test Voigt-Kampf. \"Scopo del test é accertare se sono un androide o una lesbica?\" Il test rivela che Rachel è un androide anche se non sa di esserlo, poichè le sono stati innestati i falsi ricordi di un'infanzia che non ha mai avuto. Da questo momento la domanda costante e sottintesa é: Se un androide può credere di essere umano, chi può essere sicuro di non essere un androide? La risposta é: Nessuno, nemmeno lo stesso cacciatore di androidi. Philip K. Dick nacque nel 1928, visse a Berkeley, crocevia di tutte le controculture e le utopie dell'epoca, ebbe 5 mogli, soffriva di asma e tachicardia, provò tutti i tipi di allucinogeni, l'FBI lo sorvegliava, per le decisioni importanti si affidava al Libro dei Mutamenti I Ching, vinse il premio Hugo con il romanzo \"La svastica sul sole\", nell'ultima fase della vita divenne cattolico. Nel 1982 \"Ma gli androidi sognano pecore elettriche?\" diventa il film \"Blade Runner\" con la regia di Ridley Scott che già aveva realizzato \"Alien\". Rick Deckard (con il volto di Harrison Ford) diventa il tipico detective cinico e scorbutico, Rachel (con il volto di Sean Young) diventa la sua amante, e gli androidi diventano \"replicanti\". Ma rimane l'ossessione della coscienza e dell'identità. Alcuni momenti del film fanno sospettare che anche Rick sia un replicante, in questo caso il film sarebbe la storia d'amore tra due esseri artificiali in un mondo artificiale. \"Non sapevamo quanto saremmo stati insieme. Ma chi è che lo sa?\" A complicare le cose negli anni successivi arrivano le diverse versioni più o meno autorizzate da Ridley Scott, e nascono le leggende. Philip K. Dick morì nel 1982, sapeva del progetto del film ma non fece in tempo a vederlo finito. \"Voi umani siete strani. - disse Rachel ridendo.\" Buon ascolto.","2 Luglio 2021","2021-07-02 18:32:01","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/06/BLADE-200x110.jpg","IL SOGNO DELL'ANDROIDE - LA PERLA DI LABUAN 2/7/2021",1625250721,[],[],{"post_content":377},{"matched_tokens":378,"snippet":380,"value":381},[326,327,379],"Alien","Runner\" con la regia di \u003Cmark>Ridley\u003C/mark> \u003Cmark>Scott\u003C/mark> che già aveva realizzato \"\u003Cmark>Alien\u003C/mark>\". Rick Deckard (con il volto","[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/07/2021.07.02-14.00.00-escopost.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\"Sei peggio di uno sbirro! 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