","A proposito della riforma penitenziaria in Grecia","post",1404736608,[61,62,63,64],"http://radioblackout.org/tag/grecia/","http://radioblackout.org/tag/prigionieri/","http://radioblackout.org/tag/riforma-penitenziaria/","http://radioblackout.org/tag/sciopero-della-fame/",[15,26,30,17],{"post_content":67,"post_title":73,"tags":76},{"matched_tokens":68,"snippet":71,"value":72},[69,70],"riforma","penitenziaria","ad una compagna greca sulla \u003Cmark>riforma\u003C/mark> \u003Cmark>penitenziaria\u003C/mark> in Grecia contro la quale","Pubblichiamo un'intervista ad una compagna greca sulla \u003Cmark>riforma\u003C/mark> \u003Cmark>penitenziaria\u003C/mark> in Grecia contro la quale 4500 prigionieri hanno dato vita ad uno sciopero della fame conclusosi il primo luglio\r\n\r\n“(…) Il disegno di legge è stato discusso il 17 giugno. Questo disegno di legge propone la creazione di tre tipi di sezioni con un aumento proporzionale del livello repressivo. 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Da qualche giorno il governo, attraversato anche da un forte scandalo per una vicenda di pedofilia, appare spaccato in due tra falchi e moderati.\r\nA sorpresa si è dimesso il portavoce del governo Cristos Tarantinis.\r\nLe esili politiche sanitarie di una compagine governativa che ha diretto la spesa quasi esclusivamente sul comparto sicurezza stanno mettendo seriamente in difficoltà Mitsotakis, che si trova a fronteggiare una crescita inarrestabile di contagi senza aver messo in campo le risorse necessarie a fronteggiarle. Le terapie intensive dell’Attica sono ormai sature e la gente muore senza cure.\r\nNelle prossime ore il governo dovrà scegliere se far vivere o far morire Koufontinas, se disinnescare la bomba sociale della sua morte, o scatenare la repressione più dura contro la prevedibile ondata di dure proteste che seguirebbero la notizia della sua fine.\r\nUn documento interno alla polizia filtrato in queste ore prevede un allarme rosso per fronteggiare le reazioni alla morte di Dimitri Koufondinas. Pare che verrebbero utilizzati droni che sorveglierebbero le zone calde della capitale, per prevenire proteste ed azioni.\r\nSabato il corteo per Koufondinas era di circa quattromila persone.\r\nIeri un corteo di oltre ottomila persone ha attraversato il centro della capitale ellenica, partendo da Syntagma, la piazza di fronte al parlamento, per arrivare ad Omonia. 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GIORNATA INTERNAZIONALE DI SOLIDARIETÀ CON LO SCIOPERO DELLA FAME DI DIMITRI KOUFONTINAS\r\nAlla fine del dicembre scorso il governo greco ha approvato una riforma del sistema penitenziario nazionale che, oltre ad altre misure che peggiorano le condizioni detentive, stabilisce che chi è condannato per terrorismo non possa accedere alle “carceri rurali”, istituti più “aperti” a cui hanno accedono i prigionieri di lungo corso. L’approvazione di questa legge ha subito attivato l’iter burocratico per il trasferimento di Dimitri Koufontinas dal carcere rurale di Kassevitia.\r\nDimitri è un compagno condannato per la partecipazione all’organizzazione rivoluzionaria 17 Novembre, in carcere dal 2002.\r\nIl nuovo pacchetto di leggi stabilisce che i reclusi nelle carceri rurali vengano riclassificati e trasferiti quindi nell’ultimo carcere in cui sono stati. Nel caso di Dimitri sarebbe dovuto essere quello ateniese di Koridallos. L’amministrazione penitenziaria ha però deciso di trasferirlo, manipolando le carte del trasferimento, nel carcere di Domokos. Nonostante in Grecia non esistano circuiti differenziati, l’intenzione dell’amministrazione penitenziaria negli ultimi anni è stata quella di rendere questa prigione un carcere “duro”.\r\nUn trasferimento punitivo, dunque, volto a colpire un compagno che lotta da sempre, fuori, nelle aule di tribunale, in prigione: da quando è detenuto ha partecipato a numerose proteste e ha\r\nintrapreso ben quattro scioperi della fame.\r\nRepressione volta ad annichilire Dimitri Koufontinas ma che si iscrive nel progetto repressivo complessivo dello Stato greco: cercare di schiacciare le parti più radicali e combattive della società per scongiurare l’ipotesi di conflitti futuri.\r\nDavanti al trasferimento Dimitri Koufontinas ha deciso di non rimanere in silenzio e di usare l’unica arma che aveva a disposizione, il suo corpo. Dal 8 gennaio ha iniziato uno sciopero della fame che proseguirà ad oltranza fino a quando non sarà trasferito nel carcere di Koridallos.\r\nOrmai i giorni di sciopero cominciano a essere molti, il compagno si trova in condizioni critiche e precarie nell’ospedale di Lamia: secondo i medici potrebbe avere un tracollo da un momento all’altro.\r\nDurante lo sciopero sono state moltissime le iniziative e le azioni di solidarietà avvenute in tutta la Grecia e non solo: presidi, manifestazioni, scritte sui muri, striscioni, attacchi contro molteplici obiettivi (politici, banche, uffici postali, etc).\r\nMa proprio ora che il tempo stringe pensiamo sia arrivato il momento di compiere uno sforzo in più.\r\nPensiamo che la lotta di Dimitri sia anche la lotta di ognuno ed ognuna di noi e siamo convinti dell’importanza di creare ed ampliare legami internazionali, sopratutto in un momento come questo.\r\nPer tutto questo abbiamo deciso di indire per VENERDÌ 12 FEBBRAIO una giornata INTERNAZIONALE di solidarietà e azione per sostenere Dimitri Koufontinas.\r\nLE RICHIESTE DELLO SCIOPERO DELLA FAME DEVONO ESSERE ACCETTATE\r\nLA SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE È LA NOSTRA ARMA\r\nAtene, 7 Febbraio\r\nAssemblea di solidarietà con Dimitri Koufontinas\r\nAscolta l'intervista:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/Grecia.mp3\"][/audio]","8 Febbraio 2021","2021-02-08 13:49:45","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/grecia-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/grecia-300x225.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/grecia-300x225.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/grecia.jpeg 320w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Aggiornamenti dalla Grecia in vista della giornata internazionale di solidarietà del 12 febbraio a Koufodinas",1612792185,[190,61,191,192,193,64,194],"http://radioblackout.org/tag/carcere/","http://radioblackout.org/tag/koufonidas/","http://radioblackout.org/tag/lotte/","http://radioblackout.org/tag/riforma-universitaria-grecia/","http://radioblackout.org/tag/sciopero-della-fame-detenuti/",[196,15,197,198,199,17,200],"carcere","koufonidas","lotte","riforma universitaria Grecia","sciopero della fame detenuti",{"post_content":202,"tags":206},{"matched_tokens":203,"snippet":204,"value":205},[69],"studenti contro il tentativo di \u003Cmark>riforma\u003C/mark> del sistema universitario, e gli","Continua lo sciopero della fame di Koufodinas e con esso le varie manifestazioni in suo supporto.\r\n\r\nNell'intervista facciamo il punto sulle manifestazioni della scorsa settimana in Grecia, di supporto a Koufodinas ma anche quelle degli studenti contro il tentativo di \u003Cmark>riforma\u003C/mark> del sistema universitario, e gli appuntamenti di questa settimana.\r\n\r\nIn particolare:\r\n\r\nVENERDÌ 12 FEBBRAIO. 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Dagli abusi di psicofarmaci in carcere nei cpr[1][2] alle retoriche neomanicomiali che accompagnano la triste conta degli operatori e delle operatrici (più spesso) uccise dai pazienti, come è successo a Pisa lo scorso 24 Aprile. Una conta ben lontana, comunque, dall’eguagliare le morti di psichiatria nelle carceri, nei reparti ospedalieri, nelle comunità, per strada durante un TSO, per gli effetti collaterali a lungo termine dei farmaci. Eppure, di emergenza psichiatrica si parla sempre solo per dire che ci sono un sacco di matti pericolosi in giro e non per ricordare che la psichiatria può uccidere; e neanche questo è un caso. Non lo è perché la psichiatria è sempre stata, in maniera più o meno attiva a seconda dei periodi storici, schierata in una guerra alla povertà, alla disobbedienza e a tutto ciò che è altro e che eccede la norma. Senza citare i casi di oppositori politici finiti in manicomio, pratica diffusa in tanti paesi del mondo ancora ad oggi, basti pensare che durante il fascismo una donna poteva finire in manicomio perché “libertina, indocile, irosa, smorfiosa o madre snaturata”, oppure che nell’america schiavista la “drapetomania” diagnosticava il desiderio di scappare dallepiantagioni degli schiavi. Casi storici estremi che tradiscono la più subdola compenetrazione quotidiana del controllo sociale e della psichiatria, una pseudoscienza nata dalla separazione tutta occidentale tra ragione e sragione. Ci sono stati, certo, dei brevi periodi in cui i movimenti sociali sono riusciti ad impadronirsi di un’autonomia nella progettazione della cura delle sofferenze sociali distanziandosi dal paradigma biomedico per dare vita ad un’antropologia pratica o ad una sorta di ecologia umana, che ribaltando il meccanismo di delega medico-paziente restituisse la responsabilità della cura alla comunità e al territorio. Il movimento di deistituzionalizzazione in italia è un esito di queste tensioni, ed è importante riconoscerlo altrimenti succede di leggere che i manicomi sono stati chiusi “grazie allo sviluppo della psicofarmacologia che permetteva di curare i pazienti a casa”[3]. No, non è andata così, la chiusura dei manicomi è il frutto di una lotta con tanti morti dentro ai manicomi e con qualche psichiatra (specie quelli a cui piaceva legare le persone ai termosifoni) gambizzato. E sono stati altri psichiatri a tematizzare la lotta di classe nel loro lavoro, ribadendo che se la guerra che avviene ogni giorno in psichiatria viene invisibilizzata, se non si esercita con consapevolezza politica, ogni atto di cura e contenzione diventa un atto di guerra contro una classe marginalizzata.\r\n\r\nQuando questa consapevolezza politica si perde, i discorsi e le pratiche della psichiatria diventano sempre più vicini e simili a strumenti e istituzioni più esplicitamente punitivi e repressivi. La “cura” si mischia con la galera. I reparti, le residenze private e le comunità diventano più simili a carceri, e le carceri vengono inondate di farmaci. Quest’ultime si riversano negli ospedali pieni di detenuti ricoverati, che si aggiungono a chi viene internato perché in famiglia o in quartiere da fastidio. Gli psichiatri diventano così dispensatori di farmaci preoccupati della mera gestione dei sintomi e responsabili della custodia dei loro pazienti. I percorsi esistenziali che si incontrano nelle galere e in psichiatria sono gli stessi, in una traspirazione di destini facilitata dalle porte scorrevoli che separano il sistema penale da quello psichiatrico. Questo lo si intuisce per esempio da un dato su tutti: in tutti i paesi industrializzati il numero di persone con problematiche psichiatriche in carcere aumenta vertiginosamente mentre si riduce quello delle persone prese in carico dai servizi territoriali. La psichiatria è tornata oggi ad essere uno strumento di marginalizzazione, in senso diametralmente opposto alla riforma ispirata da Basaglia che non è mai stata implementata se non in qualche sparuta provincia. I manicomi fioriscono sotto mutate spoglie. Nel 78 c’erano 90.000 persone internate e ne contiamo quasi 70.000 oggi tra SPDC comunità, case di cura eccetera, senza contare l’enorme mole di miseria umana psichiatrizzata in carcere. (Questo dovrebbe fungere da monito a tutti coloro che pensano che lo stato possa riformare la psichiatria).\r\n\r\nPerché oggi si torna a parlare di riforma della psichiatria e si mette in dubbio la chiusura dei manicomi? Tramite la presunta “emergenza psichiatria” diverse parti sociali (governo, associazioni di categoria, direttori sanitari) convergono nel chiedere in breve: più posti nelle REMS, sezioni di carcere speciali per imputabili in aggiunta alla rete di ATSM (Articolazioni di Tutela della Salute Mentale), TSO più snelli. Qualcuno si avventura a chiedere, cogliendo l’occasione, più operatori nei servizi territoriali. Ma non sembra essere questo l’aspetto che interessa ad un governo che assume solo polizia. Il punto è avere più posti letto per i folli rei e per i rei folli. Come se un letto potesse curare qualcuno.\r\n\r\nL’utilizzo per fini repressivi dell’emergenza psichiatria non è nuovo. Già Salvini nel 2018 dichiarava che era in atto una “esplosione di aggressioni” da parte di “pazienti psichiatrici” e che da quando i manicomi sono stati chiusi c’è stato un «abbandono dei malati lasciati in carico alle famiglie». Questo genere di retorica neomanicomiale o panpenalista è interessata all’utilizzo della psichiatria nel governo della popolazione tramite la marginalizzazione di alcuni suoi componenti. Le carceri sono sempre state un avamposto di questa sperimentazione, come è già stato scritto e detto[4][5] e infatti i primi a parlare di emergenza psichiatrica sono stati i sindacati di polizia, le prefetture e il DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria).\r\n\r\nIn secondo luogo, più contenzione è meno cura è la ricetta perfetta per ingrassare il privato. La spesa pubblica e privata nell’ambito della salute mentale viene assorbita soprattutto dalla residenzialità. I soldi girano intorno ai ricoveri, nei posti letto in case di cura lontane dalla comunità, e nei farmaci, che all’isolamento fisico aggiungono la sedazione farmacologica. Si ripropone in questo modo lo stesso circolo vizioso che porta all’esplosione dei profitti privati nell’ambito sanitario e assistenziale. 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Questo genere di retorica neomanicomiale o panpenalista è interessata all’utilizzo della psichiatria nel governo della popolazione tramite la marginalizzazione di alcuni suoi componenti. Le carceri sono sempre state un avamposto di questa sperimentazione, come è già stato scritto e detto[4][5] e infatti i primi a parlare di emergenza psichiatrica sono stati i sindacati di polizia, le prefetture e il DAP (Dipartimento Amministrazione \u003Cmark>Penitenziaria\u003C/mark>).\r\n\r\nIn secondo luogo, più contenzione è meno cura è la ricetta perfetta per ingrassare il privato. La spesa pubblica e privata nell’ambito della salute mentale viene assorbita soprattutto dalla residenzialità. I soldi girano intorno ai ricoveri, nei posti letto in case di cura lontane dalla comunità, e nei farmaci, che all’isolamento fisico aggiungono la sedazione farmacologica. Si ripropone in questo modo lo stesso circolo vizioso che porta all’esplosione dei profitti privati nell’ambito sanitario e assistenziale. 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Mi sembra un'eternità.\" Torniamo al fumetto argentino con \"Cayenna\" del 1978. Il personaggio narrante è Marcel, impiegato del ministero, timido e abitudinario, tutto casa e lavoro, che viene condannato per un omicidio che non ha commesso e si ritrova nell'inferno dei vivi, il famigerato bagno penale tra zanzare e belve umane, sia gli altri prigionieri che le guardie. \"Gli occhi di quei cinque uomini mi scrutano. Nei loro sguardi la durezza di chi ha deciso di costruirsi il destino con le proprie mani.\" La scrive Guillermo Saccomanno e la disegna Domingo Roberto Mandrafina. Il protagonista evade e apre il bar \"Sweet Sodome\" a Melbourne (Australia) che diventa rifugio di perdenti e fuggitivi, uomini e donne, ognuno con la sua storia. \"Avevo lavorato sodo negli ultimi tempi. Prima in una fattoria, poi su su un cargo. Chissà perché ero voluto tornare a Melbourne. Forse il desiderio di rivedere una città. Forse...\" Il bagno penale della Cayenna nella Guyana francese fu aperto nel 1852, sotto l'imperatore Napoleone III. Del complesso facevano parte le isole Diable, Royale et Saint-Joseph, che formavano l'arcipelago delle Isles de la Salut. Tra il 1854 e il 1867 morirono alla Cayenna 10.000 forzati. Chi aveva scontato una pena fino a otto anni non poteva rientrare in Francia per un periodo equivalente. Chi aveva scontato una pena superiore non poteva rientrarci mai più. Anno dopo anno gli ex forzati detti \"bagnards\" cominciarono ad affollare la Guyana e i dintorni. Nel 1938 il governo francese smise di inviare forzati, ma solo nel 1958 la Cayenna fu chiusa. Da allora Cayenna è diventato sinonimo di carcere duro, ogni paese e ogni epoca ha le sue Cayenne, Nel luglio 1977 in Italia furono inaugurati i carceri speciali, ma già prima in molti carceri esistevano e agivano le \"squadrette\" formate da guardie incuranti di riforma penitenziaria e assistenti sociali. La tortura ha diverse facce, aiutata anche dalla tecnologia. Nella sezione femminile di Voghera mobili e suppellettili erano inchiodati in modo che non si potesse spostare nulla, sotto il controllo delle telecamere 24 ore su 24. La detenuta andava all'aria o al colloquio attraversando porte che si aprivano e si chiudevano elettronicamente, con un semaforo che le indicava quando avanzare e fermarsi. Il 9 luglio 1983 la manifestazione nazionale contro i carceri speciali a Voghera fu immediatamente caricata, con pestaggio generale. Cenni al \"prison movie\", il cinema dello spazio ristretto dove le priorità della vita cambiano, tutti recitano per tutti e la libertà é un sogno, da \"Il buco\" a \"Rivolta al blocco 11\" a \"Le ali della libertà.\". Buon ascolto.\r\n\r\nPer chi vuole saperne di più:\r\n\r\n\"Cayenne italiane\" 22 luglio 2017 in \"Carmilla on line - Letteratura, immaginario e cultura d'opposizione\"\r\n\r\nAntonio Cassese \"Umano disumano - Commissariati e prigioni nell'Europa di oggi\" Laterza, Bari 1994;\r\n\r\nAutori vari \"Historietas - Storia, personaggi e percorsi del fumetto latino-americano\" Mazzotta, Milano 1997\r\n\r\n[audio mp3=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/05/18_5_2018_CAYENNA.mp3\"][/audio]","28 Maggio 2018","2019-12-17 08:26:47","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/05/CAYENNA4-200x110.jpg","CAYENNA - LA PERLA DI LABUAN 18/5/2018",1527523549,[343,344,345,346,347,348,349],"http://radioblackout.org/tag/carceri-speciali/","http://radioblackout.org/tag/cayenna/","http://radioblackout.org/tag/fabrizio-de-andre/","http://radioblackout.org/tag/guillermo-saccomanno/","http://radioblackout.org/tag/hector-oesterheld/","http://radioblackout.org/tag/roberto-mandrafina/","http://radioblackout.org/tag/voghera/",[290,286,296,298,292,294,284],{"post_content":352},{"matched_tokens":353,"snippet":354,"value":355},[69,70],"formate da guardie incuranti di \u003Cmark>riforma\u003C/mark> \u003Cmark>penitenziaria\u003C/mark> e assistenti sociali. La tortura","\"21 settembre 1928. Qui fa un caldo insopportabile. A Parigi forse é già autunno, con gli alberi nudi e le foglie che coprono i viali. Da quanto tempo sono qui? Mi sembra un'eternità.\" Torniamo al fumetto argentino con \"Cayenna\" del 1978. Il personaggio narrante è Marcel, impiegato del ministero, timido e abitudinario, tutto casa e lavoro, che viene condannato per un omicidio che non ha commesso e si ritrova nell'inferno dei vivi, il famigerato bagno penale tra zanzare e belve umane, sia gli altri prigionieri che le guardie. \"Gli occhi di quei cinque uomini mi scrutano. Nei loro sguardi la durezza di chi ha deciso di costruirsi il destino con le proprie mani.\" La scrive Guillermo Saccomanno e la disegna Domingo Roberto Mandrafina. Il protagonista evade e apre il bar \"Sweet Sodome\" a Melbourne (Australia) che diventa rifugio di perdenti e fuggitivi, uomini e donne, ognuno con la sua storia. \"Avevo lavorato sodo negli ultimi tempi. Prima in una fattoria, poi su su un cargo. Chissà perché ero voluto tornare a Melbourne. Forse il desiderio di rivedere una città. Forse...\" Il bagno penale della Cayenna nella Guyana francese fu aperto nel 1852, sotto l'imperatore Napoleone III. Del complesso facevano parte le isole Diable, Royale et Saint-Joseph, che formavano l'arcipelago delle Isles de la Salut. Tra il 1854 e il 1867 morirono alla Cayenna 10.000 forzati. Chi aveva scontato una pena fino a otto anni non poteva rientrare in Francia per un periodo equivalente. Chi aveva scontato una pena superiore non poteva rientrarci mai più. Anno dopo anno gli ex forzati detti \"bagnards\" cominciarono ad affollare la Guyana e i dintorni. Nel 1938 il governo francese smise di inviare forzati, ma solo nel 1958 la Cayenna fu chiusa. Da allora Cayenna è diventato sinonimo di carcere duro, ogni paese e ogni epoca ha le sue Cayenne, Nel luglio 1977 in Italia furono inaugurati i carceri speciali, ma già prima in molti carceri esistevano e agivano le \"squadrette\" formate da guardie incuranti di \u003Cmark>riforma\u003C/mark> \u003Cmark>penitenziaria\u003C/mark> e assistenti sociali. La tortura ha diverse facce, aiutata anche dalla tecnologia. Nella sezione femminile di Voghera mobili e suppellettili erano inchiodati in modo che non si potesse spostare nulla, sotto il controllo delle telecamere 24 ore su 24. La detenuta andava all'aria o al colloquio attraversando porte che si aprivano e si chiudevano elettronicamente, con un semaforo che le indicava quando avanzare e fermarsi. Il 9 luglio 1983 la manifestazione nazionale contro i carceri speciali a Voghera fu immediatamente caricata, con pestaggio generale. Cenni al \"prison movie\", il cinema dello spazio ristretto dove le priorità della vita cambiano, tutti recitano per tutti e la libertà é un sogno, da \"Il buco\" a \"Rivolta al blocco 11\" a \"Le ali della libertà.\". Buon ascolto.\r\n\r\nPer chi vuole saperne di più:\r\n\r\n\"Cayenne italiane\" 22 luglio 2017 in \"Carmilla on line - Letteratura, immaginario e cultura d'opposizione\"\r\n\r\nAntonio Cassese \"Umano disumano - Commissariati e prigioni nell'Europa di oggi\" Laterza, Bari 1994;\r\n\r\nAutori vari \"Historietas - Storia, personaggi e percorsi del fumetto latino-americano\" Mazzotta, Milano 1997\r\n\r\n[audio 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della brutalità del carcere.\r\n\r\nMentre pubblichiamo questo podcast, il conteggio delle persone portate a suicidarsi dalla normalità dell’apparato detentivo italiano è salito a 53 (di cui uno nel CPR di Ponte Galeria).\r\n\r\nNon c’entra solo il cronico sovraffollamento delle galere, non c’entrano le temperature insopportabili accoppiate alla carenza idrica che affliggono diverse strutture durante i mesi estivi, non c’entra nemmeno la sola privazione degli affetti: non si può isolare una causa specifica o ridurre meccanicisticamente a dei fattori ambientali gli elementi che stanno producendo questa mattanza, perché la natura stessa del carcere è ingegnerizzata per annichilire gli individui che rinchiude… ed è scontato che talvolta produca la loro eliminazione.\r\n\r\nMentre pezzi di popolazione “libera” restano indifferenti di fronte a questi eventi, il governo Meloni li utilizza per cercare di imporre la propria riforma identitaria dell’apparato detentivo: si costruisce una cornice repressiva e sanzionatoria per comprimere ulteriormente le possibilità di autodeterminazione della popolazione detenuta (con la proposta di introdurre il “reato di rivolta in carcere” e l’inaugurazione del Gruppo di Intervento Operativo), si ipotizzano processi di contrattualizzazione disciplinare (esplicitando nel dispositivo di condanna i termini di liberazione anticipata ottenibili in caso di “buona condotta”), si rispolvera l’idea di deportare la popolazione detenuta non-italiana, ma soprattutto si progetta di estendere (e potenzialmente si privatizzare) la superficie detentiva andando ad arruolare quelle comunità terapeutiche che rispondano ai criteri concentrazionari richiesti.\r\n\r\nIn questo contesto, in diverse parti della geografia penitenziaria italiana, pezzi di popolazione detenuta stanno scegliendo di ammutinarsi, raccontandoci – ancora una volta – come i momenti di auto-organizzazione e di rottura della quotidianità mortifera del carcere siano il loro principale 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