","No Tav. Chiesti 9 anni per Gabriele e Matteo","post",1461087864,[66,67,68,69,70,71],"http://radioblackout.org/tag/3-luglio-2011/","http://radioblackout.org/tag/assedio-al-cantiere-tav/","http://radioblackout.org/tag/libera-repubblica-della-maddalena/","http://radioblackout.org/tag/no-tav-2/","http://radioblackout.org/tag/processo-del-carabiniere/","http://radioblackout.org/tag/rinaudo/",[73,74,75,15,76,37],"3 luglio 2011","assedio al cantiere tav","libera repubblica della maddalena","processo del carabiniere",{"post_content":78,"tags":83},{"matched_tokens":79,"snippet":81,"value":82},[80],"Rinaudo","la richiesta formulata dal PM \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark> al termine dell'ultima udienza del","9 anni di reclusione. Questa la richiesta formulata dal PM \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark> al termine dell'ultima udienza del processo contro Matteo e Gabriele. I due No Tav sono accusati di aver sequestrato e rapinato un carabiniere nei boschi della Clarea il 3 luglio del 2011, il giorno dell'assedio al nascente cantiere di Chiomonte, a meno di una settimana dallo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena.\r\nQuest'inchiesta, destinata all'archiviazione, vista l'inconsistenza dell'apparato accusatorio, dopo il passaggio delle carte dal PM Ferrando, promosso Procuratore Capo ad Ivrea, al PM \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark>, è approdata in tribunale.\r\nIl processo, celebrato a porte chiuse, come prevede il rito abbreviato scelto dai due No Tav, si concluderà il 10 maggio, quando verrà emessa la sentenza. In caso di condanna ci sarà la riduzione di un terzo della pena. Il rito abbreviato comporta che il processo si celebri sulla base delle prove documentali senza dibattimento.\r\nDi fronte al tribunale di Torino, militarizzato più del consueto per l'udienza di ieri si sono radunati numerosi solidali, che hanno dato vista ad un presidio.\r\nFuori dal tribunale è stata riproposta una performance teatrale, costruita sulle testimonianze di chi c'era, sulla Libera Repubblica della Maddalena, luogo simbolo di una lotta che, al di là della resistenza, si è sostanziata nella liberazione di un'area dove sperimentare relazioni politiche e sociali libere. 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Cercavano abiti e cellulare. Il provvedimento è stato firmato dal PM Antonio Rinaudo in seguito alla denuncia per diffamazione presentata da Massimo Raccuia.\r\n\r\n \r\n\r\nChi è Massimo Raccuia? I muri di Torino e i cartelli portati in piazza dalle femministe parlano chiaro. “Massimo Raccuia” è uno stupratore.\r\n\r\nFacciamo un passo indietro. Torniamo al 15 febbraio di quest'anno.\r\n\r\nQuel giorno al Tribunale di Torino, un collegio di tre giudici donne, presieduto da Diamante Minucci ha assolto con formula piena Massimo Raccuia, ex commissario della CRI, accusato di violenze e stupro. Nelle motivazioni della sentenza si evince che Laura, la donna che ha accusato il suo collega e superiore alla Croce Rossa, non avrebbe avuto una reazione adeguata alle circostanze. Laura si sarebbe limitata a dire “Basta!” “Basta!”. Non aveva urlato, non si era fatta pestare a sangue. Per il collegio giudicante se non urli, se non c'è il sangue, se ti limiti a dire no, a dire “basta” non c'è violenza, non c'è sopraffazione, non c'è umiliazione.\r\n\r\nNon solo.\r\n\r\nLe giudici hanno trasmesso gli atti alla Procura per avviare un procedimento per calunnia contro Laura. Quella sentenza è l’ennesima che trasforma la donna stuprata in imputata; ancora una volta i riflettori vengono puntati su chi subisce violenza, mettendone in dubbio la credibilità e scandagliandone la vita privata in ogni particolare..\r\n\r\n \r\n\r\nPer Diamante Minucci e le altre due giudici del collegio, dire “Basta” non è sufficiente. Bisogna gridare, correre a farsi fare un test di gravidanza, farsi lacerare la carne e suon di botte.\r\n\r\nPer Minucci e le altre due giudici del collegio il discrimine è il martirio. Se lo stupratore non lascia il segno, se la donna non grida aiuto, allora è chiaro che ci stava.\r\n\r\nRaccuia è un dirigente, Laura una precaria, già vittima delle violenze durante l”infanzia. Una storia che somiglia a tante altre: in Italia una donna su tre ha subito molestie o stupri. I violenti giocano sulla paura, sul ricatto del lavoro, dei figli, sulla giusta reticenza delle donne a rivolgersi ai tribunali, dove le loro vite sono frugate ed indagate, dove la loro libertà è sempre sul banco degli accusati.\r\n\r\nStupratori e giudici ci vorrebbero spaventate e piegate, ma la nostra forza è nella solidarietà, nel mutuo appoggio.\r\n\r\nRaccontare per le strade la storia di Laura serve a far si che la paura cambi di campo.\r\n\r\nIl 1 aprile un corteo ha attraversato il centro cittadino per raccontare la storia di Laura e per esprimere la solidarietà e l'indignazione delle donne della rete “Non Una di Meno” di Torino.\r\n\r\nIl 12 aprile alle 12 davanti ai palazzi di giustizia di decine di città ci sono stati presidi contro la violenza dei tribunali in sostegno a Laura.\r\nMolto numeroso e rumoroso quello svoltosi a Torino, dove la Questura aveva provato a bloccare l’iniziativa, minacciando divieti e sanzioni.\r\nIn tante ci siamo ritrovate davanti al tribunale con cartelli, striscioni e slogan. Poi il presidio si è trasformato in un breve corteo che si è guadagnato il mercato, dove tanti si sono fermati ad ascoltare i brevi comizi.\r\n\r\n \r\n\r\nFrancesca è stata perquisita per la partecipazione a quel presidio.\r\n\r\nNon Una di Meno di Torino ha emesso un immediato comunicato di solidarietà, che potete leggere qui\r\n\r\n \r\n\r\nAscolta la diretta con Francesca:\r\n\r\n \r\n\r\n2017 09 19 perquisa nudm fra","19 Settembre 2017","2017-09-23 01:28:32","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/09/stupratore2-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/09/stupratore2-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/09/stupratore2-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/09/stupratore2-768x432.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/09/stupratore2.jpg 960w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Non Una di Meno. 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Con l'intervento di un consulente della difesa è ripreso a Torino, nell'aula bunker delle Vallette, il maxiprocesso a 53 No Tav alla sbarra per la resistenza allo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena e per la giornata di lotta del 3 luglio 2011. Il dibattimento è oramai giunto alle ultime battute e la Procura, rappresentata dal pm Nicoletta Quaglino, intende fare la requisitoria contro i 53 imputati interamente nella giornata del 30 settembre.\r\nNumerosi No Tav erano presenti in aula per dare sostegno attivo ai 53.\r\nEra la prima udienza senza i due PM con l'elmetto, Andrea Padalino e Antonio Rinaudo, cui è stato sfilato il processo sul quale hanno giocato la loro carriera. Sebbene le ragioni della Procura oggi guidata da Armando Spataro siano formalmente ineccepibili - troppi quattro PM per un processo che volge al termine - la decisione di mettere da parte i due PM più esposti mediaticamente ha il sapore agre della bocciatura. Resta in mano a Padalino e Rinaudo il processo contro i quattro attivisti accusati di terrorismo per un sabotaggio al cantiere di Chiomonte il 14 maggio del 2013. Si tratta tuttavia di una patata bollente che rischia di scottare chi se la ritrova tra le mani. Il prossimo 6 ottobre è stata fissata la nuova udienza del Tribunale del Riesame bocciato in maggio dalla sentenza della Cassazione perché l'imputazione di attentato con finalità di terrorismo è stata giudicata inconsistente. In quell'occasione i due PM dovranno riformulare l'accusa con argomenti abbastanza forti da convincere il Riesame a pronunciarsi in senso opposto alla Cassazione. Una strada decisamente in salita. \r\nIl processo contro Chiara, Claudio, Mattia e Nicolò riprenderà giovedì 18 settembre, sempre nell'aula bunker delle Vallette. \r\nCi saranno anche i No Tav per far sentire la propria solidarietà per attivisti accusati di una pratica rivendicata dall'intero movimento. All'ora di pranzo i No Tav si sposteranno in piazza Nizza dove c'é la sede di LTF, il general contractor della Torino Lyon, per un pranzo condiviso, un presidio rumoroso e un'assemblea di piazza.\r\n\r\nLa settimana dei No Tav sarà particolarmente densa: domani mattina attenderanno il primo ministro Matteo Renzi che - secondo alcuni media - potrebbe fare una scappata al cantiere di Chiomonte. Due gli appuntamenti principali. Alle 9 al campo sportivo di Giaglione, alle 10 al cancello della centrale a Chiomonte dove gli over 50 e il Nucleo Pintoni Attivi saranno sin dalle prime ore del mattino per la consueta colazione ai cancelli.\r\n\r\nChiomonte ospita il cantiere/fortino più celebre d'Italia, dove da due anni si sperimenta la tenuta delle tattiche belliche già testate sulle popolazioni afgane. Gli alpini della Taurinense e le altre truppe impiegate nell'area sin dal luglio del 2011 fanno sei mesi in Afganistan e sei mesi in Val Susa. I confini tra la guerra interna e quella esterna sono divenuti impalpabili.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Alberto Perino collegato con la radio dall'aula bunker delle Vallette. Perino nei giorni scorsi si è visto recapitare un avviso di conclusione indagini per istigazione a delinquere. Colpevole - come sempre - di non avere peli sulla lingua.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\nperino_renzi","16 Settembre 2014","2014-09-19 13:26:25","No Tav. 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Questa la sentenza emessa dalla giudice Diamante Minucci venerdì mattina. Pene che variano da un minimo di 1 anno e 8 mesi a un massimo di 3 anni e 8 mesi per chi, secondo il Tribunale di Torino si è reso colpevole di lanci di bottiglie e fuochi d'artificio contro alcuni reparti di celere che erano a protezione delle mura del carcere durante il consueto saluto di fine anno ai detenuti. In quell'occasione una poliziotta era rimasta ferita e per questo, circa un mese dopo, un compagno era stato arrestato e altri cinque avevano ricevuto un diveto di dimora da Torino e le firme giornaliere. Firme che la giudice ha comunque deciso di mantenere ribadendole in aula durante la lettura della sentenza.\r\n\r\nLe pene sono aumentate perchè il collegio giudicante composto da altri due giudici oltre la Minucci ha riconosciuto il concorso alle lesioni subite dalla poliziotta per tutti gli imputati nonostante il pm non lo avesse richiesto.\r\n\r\nAbbiamo raggiunto uno degli imputati a fine udienza per fare un commento sulla vicenda.\r\n\r\nAscolta la diretta\r\n\r\nSentenzaCapodanno\r\n\r\n \r\n\r\n ","14 Ottobre 2018","2018-10-20 00:33:54","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/scritta_fuoco_liberta-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"131\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/scritta_fuoco_liberta-300x131.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/scritta_fuoco_liberta-300x131.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/scritta_fuoco_liberta-768x336.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/scritta_fuoco_liberta-1024x448.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/scritta_fuoco_liberta-1600x700.jpg 1600w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/scritta_fuoco_liberta-1170x512.jpg 1170w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/scritta_fuoco_liberta-690x302.jpg 690w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/scritta_fuoco_liberta-100x44.jpg 100w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/scritta_fuoco_liberta.jpg 2000w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Sentenza per i fatti di Capodanno sotto il carcere",1539527338,[325,326],"http://radioblackout.org/tag/saluto-capodanno/","http://radioblackout.org/tag/sentenza/",[328,329],"saluto capodanno","sentenza",{"post_content":331},{"matched_tokens":332,"snippet":333,"value":334},[80],"quelle richieste dal noto pm \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark>. 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Non ne avevate sentito parlare? Eppure La Repubblica, in data 18 settembre 2014, ha dedicato una bella pagina in cronaca cittadina al convegno, ospitato nell'Aula Magna dell'ospedale delle Molinette, dal titolo \"La salute della donna vittima di violenza: la prova dei maltrattamenti e le conseguenze psicologiche\". Il convegno è stato organizzato da Patrizio Schinco (responsabile Centro Demetra dell'ospedale Molinette), dall'avvocato Beatrice Rinaudo (figlia del noto pm con l'elmetto, recentemente candidatasi con Fratelli d'Italia e presidente di una fantomatica Associazione Italiana Vittime della Violenza), e sono state coinvolte anche le operatrici del Centro Soccorso Violenza Sessuale dell'ospedale Sant'Anna di Torino. \r\nNonostante questi \"nomoni\" non vi convince comunque? Bè, nemmeno a noi, soprattutto dopo averne letto le argomentazioni scientifiche. 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In che modo si pensa di individuare in tale accorciamento la conseguenza di uno stress dovuto a violenza di genere , distinguendolo da tutti gli altri tipi di stress? \r\nNel corso del convegno gli interventi delle operatrici che lavorano 'sul campo', a diretto contatto quotidiano con la realtà (Centro SVS,operatrici del territorio in centri di accoglienza...) hanno non solo smontato e demolito la falsità della scientifica specificità dell'esame, ma, con fermezza, hanno anche contestato l'idea dominante che sia la donna vittima di violenza a dover dimostrare di averla subita, a dover esibire, impressi sul proprio corpo, segni certi degli abusi, 'giuridicamente ammissibili come prova'. \r\nLe/gli organizzatrici/ori del convegno, qualunque fosse lo scopo (forse qualche sponsorizzazione ad hoc?) ne sono usciti, con nostra grande gioia, decisamente 'scornati' !\r\nIn generale, nel diritto penale italiano - come in quasi tutti i diritti occidentali - vige l'onere della prova, ossia, detto in modo molto semplice, si esige che chi afferma l'esistenza di un fatto ne fornisca la prova. 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Di fatto però questa inversione non ha concretamente cambiato la situazione: sappiamo benissimo quanto sia tuttora difficile e psicologicamente debilitante il percorso di una donna che decida di portare in giudizio il proprio (o i propri) stupratore/i.\r\nAbbiamo visto che lo studio sui telomeri applicato al concetto di \"prova di violenza\" non regge, non ha alcun senso scientifico. Ma esulando per un momento da questo, viene da pensare che l'introduzione di un test del genere in un procedimento per stupro, attenuerebbe ulteriormente l'efficacia dell'inversione, riaddossando alla donna il dovere di provare la violenza subita, per di più fornendo una prova fisica, biologica, incisa nel proprio corpo!\r\n***A seguire, la corrispondenza in diretta con una compagna della Consultoria Autogestita di Milano che ci ha presentato le iniziative di disturbo in programma per sabato 25 ottobre 2014 nei confronti della marcia antiabortista promossa dai Comitati per l'abolizione della legge194. 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Concetto comprensibile e condivisibile, che insieme alla presunzione di innocenza servirebbe a impedire indiscriminate e ingiuste (sempre da un punto di vista giuridico) condanne. Nel 1996 la legge n. 66 (che avrebbe dovuto spazzare via definitivamente le vecchie normative in tema di sessualità e abusi ma che in realtà - come sappiamo benissimo, purtroppo - é nata monca, incompleta, insoddisfacente, figlia di troppi compromessi) ha cambiato in parte l'impianto per quanto riguarda i caso di violenza sessuale, attribuendo alla deposizione della presunta vittima valore di testimonianza (e quindi più importanza rispetto alla deposizione dell'accusato). Secondo alcuni, in questo modo la legge produce quasi un'inversione dell'onere della prova in caso di stupro. Di fatto però questa inversione non ha concretamente cambiato la situazione: sappiamo benissimo quanto sia tuttora difficile e psicologicamente debilitante il percorso di una donna che decida di portare in giudizio il proprio (o i propri) stupratore/i.\r\nAbbiamo visto che lo studio sui telomeri applicato al concetto di \"prova di violenza\" non regge, non ha alcun senso scientifico. Ma esulando per un momento da questo, viene da pensare che l'introduzione di un test del genere in un procedimento per stupro, attenuerebbe ulteriormente l'efficacia dell'inversione, riaddossando alla donna il dovere di provare la violenza subita, per di più fornendo una prova fisica, biologica, incisa nel proprio corpo!\r\n***A seguire, la corrispondenza in diretta con una compagna della Consultoria Autogestita di Milano che ci ha presentato le iniziative di disturbo in programma per sabato 25 ottobre 2014 nei confronti della marcia antiabortista promossa dai Comitati per l'abolizione della legge194. A sostegno degli oltranzisti cattolici, prevista anche la presenza di ForzaNuova e CasaPound.\r\nPer riascoltare la puntata:\r\n\r\nil colpo della strega_20ottobre2014_primaparte\r\n\r\nil colpo della strega_20ottobre2014_secondaparte",[416,418,420,422,425,427,429,431,433,435,437,439],{"matched_tokens":417,"snippet":403,"value":403},[],{"matched_tokens":419,"snippet":404,"value":404},[],{"matched_tokens":421,"snippet":405,"value":405},[],{"matched_tokens":423,"snippet":424,"value":424},[37],"beatrice \u003Cmark>rinaudo\u003C/mark>",{"matched_tokens":426,"snippet":406,"value":406},[],{"matched_tokens":428,"snippet":373,"value":373},[],{"matched_tokens":430,"snippet":407,"value":407},[],{"matched_tokens":432,"snippet":184,"value":184},[],{"matched_tokens":434,"snippet":408,"value":408},[],{"matched_tokens":436,"snippet":363,"value":363},[],{"matched_tokens":438,"snippet":365,"value":365},[],{"matched_tokens":440,"snippet":409,"value":409},[],[442,444],{"field":105,"matched_tokens":443,"snippet":413,"value":414},[80],{"field":40,"indices":445,"matched_tokens":446,"snippets":448,"values":449},[31],[447],[37],[424],[424],{"best_field_score":225,"best_field_weight":226,"fields_matched":36,"num_tokens_dropped":52,"score":227,"tokens_matched":112,"typo_prefix_score":52},{"document":452,"highlight":477,"highlights":503,"text_match":223,"text_match_info":512},{"comment_count":52,"id":453,"is_sticky":52,"permalink":454,"podcastfilter":455,"post_author":382,"post_content":456,"post_date":457,"post_excerpt":58,"post_id":453,"post_modified":458,"post_thumbnail":459,"post_title":460,"post_type":388,"sort_by_date":461,"tag_links":462,"tags":470},"24154","http://radioblackout.org/podcast/i-podcast-de-il-colpo-della-strega-7luglio2014/",[350],"*** I centriantiviolenza e i finanziamenti promessi dal Decreto Femminicidio e dal Governo Renzi: per la prima volta i soldi verranno destinate alle Regioni che emetteranno un bando per cui si dovrà presentare un progetto. Per le associazioni rimane dunque l'incertezza finanziaria, perché non è detto che l'anno successivo i fondi vengano riconfermati; questo sistema inoltre apre alla gestione clientelare dei vari partiti e delle varie lobbies e amplifica il carattere di discrezionalità causando un pullulare di associazioni varie d'ogni tipo ed ideologia, stimolato dalla prospettiva del business della violenza sulle donne, in concorrenza tra loro e con i vari enti. Altre criticità che abbiamo evidenziato riguardano poi la natura stessa di questi luoghi e il fatto che non si risolva alla radice il problema fondamentale che le donne devono affrontare in questi casi, ovvero la questione economica. Le condizioni materiali di vita continuano a essere una discriminante essenziale per poter essere libere di scegliere. Molto spesso le donne, pur maltrattate, non se ne vanno di casa perchè dipendono economicamente dal marito/compagno o dalla famiglia in generale. Renderle autonome da questo punto di vista, dovrebbe essere il primo passo per aiutarle a liberarsi dalla violenza. Senza autonomia non c'è alcuna possibilità di scelta per poter cambiare vita e allontanarsi dalla situazione di violenza e maltrattamenti. Anche con l'inserimento nelle case rifugio o nei percorsi dei centri antiviolenza, questo problema non viene mai risolto. E quindi di fatto non si risolva la situazione alla radice. Altro dato, la natura stessa di questi luoghi, spesso più simili a dei collegi che non a delle case che dovrebbero ospitare donne adulte, anche con figli. Orari di rientro molto rigidi, impossibilità di ricevere ospiti, mancanza di privacy, la sensazione insomma di essere sotto controllo e sotto osservazione costante. Le donne spesso si sentono vittimizzate e sentono strette le condizioni di vita all'interno, tanto da preferire di tornarsene a casa, tra le stesse mura in cui avevano subito la violenza e in cui la violenza si ripresenterà senza sconti. Allora forse andrebbero ripensati anche questi luoghi e le prospettive di uscita dalla violenza che si offrono alle donne. Prospettive che definiremmo pauperistiche-cattoliche e che poco hanno a che fare con un percorso/progetto di emancipazione e autonomia.\r\n\r\n***Beatrice Rinaudo è presidente dell’Associazione italiana vittime della violenza: avvocato torinese, trentanove anni, è iscritta al foro di Palermo, dove ha il suo studio legale. Se il cognome suona noto non è per caso: suo padre è Antonio Rinaudo, pubblico ministero -insieme ad Andrea Padalino- nei processi penali ad attivisti notav. Candidata con Fratelli d’Italia alle recenti elezioni per la regione Piemonte, non è stata eletta. Al centro della sua battaglia politica avrebbe dovuto esserci la lotta alla violenza di genere, come lei stessa ha dichiarato in un’intervista al Fatto Quotidiano e nel video in cui ha annunciato la propria candidatura. Quest’impegno al fianco delle donne (“per i loro diritti e i loro doveri”, tiene a precisare sul suo profilo twitter, non le impedisce di patrocinare in giudizio - in qualità di difensore di fiducia - imputati di reati sessuali e di farlo con una convinzione e una veemenza che non è da tutti! Lo scorso 12 giugno si è concluso al tribunale di Pavia il primo grado di un processo che ha visto l’avvocato torinese difendere una persona imputata, fra l’altro, di violenza sessuale, maltrattamenti in famiglia e tentativo di induzione alla prostituzione. Nulla di ingiusto in questo patrocinio, si diceva. Di tutta la sua attività processuale, a colpire è stata soprattutto l’arringa conclusiva. Rinaudo ha esordito rivendicando il suo ruolo di presidente dell’AIVV, in virtù del quale si è fatta promotrice di “un disegno di legge attualmente in discussione al senato”, per poi proseguire chiedendo retoricamente ai magistrati e all’avvocato della parte civile quante volte sia loro capitato di occuparsi di reati sessuali. Intuibili erano le intenzioni e il sottotesto di quelle affermazioni: accreditarsi come l’unica esperta in materia presente in aula. Quando è passata a contestare l’attendibilità del racconto dei fatti reso dalla persona offesa al pubblico ministero, lo ha fatto esibendo un’acredine, una violenza verbale e un disprezzo per la posizione della vittima che nemmeno l’esigenza difensiva di dimostrare con veemenza la non-colpevolezza del suo cliente poteva giustificare. L'associazione di cui la Rinaudo è presidente la trovate sul sito http://www.associazioneitalianavittimedellaviolenza.org/. Dateci un'occhiata, sarà molto istruttivo! Si parla di generiche vittime di omicidio volontario...la violenza non ha mai un soggetto che la definisce. Non si parla dunque di violenza maschile sulle donne, ma di violenza tout court...nella sezione “le nostre storie” ci sono solo però storie di femminicidi, 4 per la precisione...la parola femminicidio però sul sito non viene usata, si parla di delitti di genere. Tra gli obiettivi dell'associazione...\"prevenire gli atti di violenza attraverso la più stretta collaborazione possibile con le forze dell’ordine nel rispetto delle norme dell’Ordinamento Giuridico della Repubblica\".\r\n\r\n***Per la rubrica \"Storie di donne\", l'istituzione dei consultori famigliari pubblici attraverso le legge nazionale del 29 luglio 1975 (quella regionale è datata invece luglio 1976). Siamo partite dal periodo precedente, ovvero dai consultori autogestiti, proponendovi un'intervista a Franca, compagna che ha partecipato negli Anni Settanta all'esperienza dei primi consultori autogestiti a Torino, in particolare all'occupazione e allo sviluppo del progetto di un consultorio autogestito nella zona dei Mercati Generali. Nella prossima puntata ci occuperemo della storia delle legge, che analizzeremo nelle sue criticità, e della trasformazione - o meglio, del declino - dei consultori con la loro istituzionalizzazione.\r\n\r\n***Per la rubrica \"Malerbe\", Silvia ci ha parlato della raccolta, dell'uso e delle proprietà dell'iperico.\r\n\r\nPer riascoltare la puntata:\r\n\r\nil colpo della strega_7luglio2014_primaparte\r\n\r\nil colpo della strega_7luglio2014_secondaparte\r\n\r\nil colpo della strega_7luglio2014_terzaparte\r\n\r\n \r\n\r\n ","8 Luglio 2014","2018-10-24 17:35:29","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/03/medea-strega-200x110.jpg","I podcast de Il colpo della strega: 7luglio2014",1404837762,[463,464,394,465,466,467,468,469,399,400],"http://radioblackout.org/tag/anni-settanta/","http://radioblackout.org/tag/autodeterminazione/","http://radioblackout.org/tag/centri-antiviolenza/","http://radioblackout.org/tag/consultori/","http://radioblackout.org/tag/consultori-autogestiti/","http://radioblackout.org/tag/decreto-femminicidio/","http://radioblackout.org/tag/malerbe/",[369,471,361,472,473,474,475,476,363,365],"autodeterminazione","centri antiviolenza","consultori","consultori autogestiti","decreto femminicidio","malerbe",{"post_content":478,"tags":482},{"matched_tokens":479,"snippet":480,"value":481},[80],"di emancipazione e autonomia.\r\n\r\n***Beatrice \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark> è presidente dell’Associazione italiana vittime","*** I centriantiviolenza e i finanziamenti promessi dal Decreto Femminicidio e dal Governo Renzi: per la prima volta i soldi verranno destinate alle Regioni che emetteranno un bando per cui si dovrà presentare un progetto. 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I tre pacchi-bomba vennero disinnescati. Robert è stato scarcerato nel dicembre 2019. Il 22 giugno 2020 c’è stata l’udienza preliminare del processo di primo grado, conclusosi il 4 ottobre 2021 con l’assoluzione dei tre compagni imputati.\r\n\r\nIl tribunale ha disposto la scarcerazione di Natascia dopo due anni e mezzo di reclusione, mentre Beppe resta imprigionato a causa di un altro procedimento (è accusato di aver posizionato un ordigno incendiario contro un postamat presso un ufficio postale, a Genova, nel giugno 2016, per cui è già stato condannato a 5 anni di carcere).\r\n\r\nQui di seguito l’indirizzo del compagno:\r\n\r\nGiuseppe Bruna\r\nC. 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Accusatə dell’invio di buste esplosive all’ex direttore del DAP, Santi Consolo, e a due pubblici ministeri torinesi, Roberto Sparagna e Antonio Rinaudo, a questə tre compagnə viene contestato il 280 c.p., \"attentato per finalità terroristiche\" e le pene richieste dal pm Manotti vanno dai 17 ai 18 anni e quattro mesi.\r\n\r\nAbbiamo ripercorso le varie fasi processuali e vicende repressive con Robert, unico imputato a piede libero.\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/09/prometeo.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nvedi anche: aggiornamenti\r\n\r\ne uno scritto di Natascia\r\n\r\n ","23 Settembre 2021","2021-09-23 13:39:53","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/09/prom-200x110.jpg","A.C.A.B. - Sull'Operazione Prometeo",1632404393,[525,549,526],"http://radioblackout.org/tag/carcere/",[357,551,359],"carcere",{"post_content":553},{"matched_tokens":554,"snippet":555,"value":556},[80],"torinesi, Roberto Sparagna e Antonio \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark>, a questə tre compagnə viene","Il 20 settembre sono state formulate le richieste di condanna a carico di Robert, Natascia e Beppe, imputatə nel processo Prometeo. 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Sono in carcere da oltre un anno, rinchiusi in regime di alta sicurezza, spesso isolati, lontani dai propri compagni ed affetti, la corrispondenza sottoposta a censura.\r\nHanno provato a piegarli. Non ci sono riusciti, hanno provato a mettere in ginocchio un intero movimento. Hanno fallito ancora.\r\n\r\nFacciamo un piccolo passo indietro.\r\nNella memoria della gente che si batte contro il Tav il dicembre del 2005 è una pietra miliare. Tra novembre e dicembre si consumò un’epopea di lotta entrata nei cuori di tanti. Un movimento popolare decise di resistere all’imposizione violenta di un’opera inutile e devastante e, nonostante avesse quasi tutti contro, riuscì ad assediare le truppe di occupazione, costruendo la Libera Repubblica di Venaus. Dopo lo sgombero violento il movimento per qualche giorno assunse un chiaro carattere insurrezionale: l’intera Val Susa si fece barricata contro l’invasore. L’otto dicembre era festa. La manifestazione, dopo una breve scaramuccia al bivio dove la polizia attendeva i manifestanti, si trasformò in una marcia che dopo aver salito la montagna, scese verso la zona occupata mentre lieve cadeva la neve. I sentieri in discesa erano fradici di acqua e fango ma nessuno si fermò. Le reti caddero e le truppe vennero richiamate.\r\nNel 2011 – dopo la dura parentesi dell’inverno delle trivelle – sono tornati, molto più agguerriti che nel 2005.\r\nLo Stato non può permettersi di perdere due volte nello stesso posto.\r\nL’apparato repressivo fatto di gas, recinzioni da lager, manganelli e torture si è dispiegato in tutta la sua forza. La magistratura è entrata in campo a gamba tesa. Non si contano i processi che coinvolgono migliaia di attivisti No Tav.\r\nGoverno e magistratura non hanno fatto i conti con la resistenza dei No Tav. Non hanno fatto i conti con un movimento che si è stretto nella solidarietà a tutti, primi tra tutti quelli che rischiano di più, i quattro attivisti accusati di attentato con finalità di terrorismo per un sabotaggio in Clarea.\r\nPer loro i PM Padalino e Rinaudo hanno chiesto nove anni e mezzo di reclusione.\r\nMercoledì 26 novembre un’assemblea popolare ha deciso un nuovo dicembre di lotta. Dopo la buona riuscita della manifestazione del 22 novembre a Torino, il movimento ha dato vita a due giorni di lotta popolare.\r\nIl 7 dicembre migliaia di No Tav hanno partecipato alla fiaccolata che si è dipanata per le vie di Susa, assediando a lungo l’hotel Napoleon, che da anni ospita le truppe di occupazione. La via dell’albergo è stata trasformata in “Via gli sbirri” con nuove targhe apposte dai manifestanti.\r\nQui il video del Fatto Quotidiano\r\n\r\nIl giorno successivo, dopo le celebrazioni del giuramento partigiano della Garda dell’8 dicembre 1943, l’appuntamento era a Giaglione e Chiomonte per una giornata alle reti del cantiere.\r\nIn Clarea il passaggio era bloccato al ponte, ma questo non ha impedito a circa un centinaio di No Tav di raggiungere, guadando alto il torrente, l’area di proprietà del movimento, dove altri erano arrivati sin dalla prima mattina.\r\nLa Questura, non paga delle recinzioni e dei cancelli che serrano via dell’Avanà a Chiomonte, ha deciso di chiudere anche il ponte con jersey e truppe con idrante. Dopo la costruzione di un albero di natale no tav fatto dai bambini, a centinaia i No Tav sono risaliti in paese, bloccando a più riprese la statale e interrompendo per una mezz’ora anche il traffico ferroviario. A fine giornata, sul ponte, la polizia ha azionato l’idrante e sparato lacrimogeni. Dai boschi petardi e fuochi d’artificio hanno illuminato la sera.\r\nIl 9 dicembre la Procura ha consegnato in carcere una nuova ordinanza di custodia cautelare a Francesco, Graziano e Lucio, i tre No Tav in carcere da luglio il sabotaggio del 14 maggio 2013, lo stesso per il quale domani sarà emessa la sentenza per gli altri quattro No Tav.\r\nSu questa nuova iniziativa della Procura Anarres ha intervistato, uno dei loro avvocati, Eugenio Losco, del foro di Milano. Con lui abbiamo parlato anche dell’attesa per la sentenza di domani\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n2014 12 12 losco terrotav più tre\r\n\r\nDomani, dopo il tribunale, che probabilmente si pronuncerà nel primo pomeriggio, l’appuntamento è alle 17,30 in piazza del mercato a Bussoleno.\r\n\r\nSe le notizie dal tribunale saranno buone sarà un giorno di festa. In caso contrario la risposta del movimento No Tav sarà forte e chiara.\r\n\r\nForte è stata l’indignazione per la sentenza che ha cancellato la dignità di migliaia di lavoratori e cittadini di Casale Monferrato, torturati a morte e uccisi dai padroni della Eternit. La giustizia dei tribunali, ancora una volta ha mostrato il suo volto di classe, assolvendo chi si è fatto ricco sulla vita dei più.\r\nQui nessuno è disposto a morire senza resistere, nessuno spera nella giustizia dei tribunali. I No Tav lo hanno imparato negli anni: la libertà non si mendica, bisogna conquistarla.","16 Dicembre 2014","2018-10-17 22:59:26","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/12/No-Tav_fiaccolata-7-dicembre-2014_02-200x110.jpg","17 dicembre. 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Le reti caddero e le truppe vennero richiamate.\r\nNel 2011 – dopo la dura parentesi dell’inverno delle trivelle – sono tornati, molto più agguerriti che nel 2005.\r\nLo Stato non può permettersi di perdere due volte nello stesso posto.\r\nL’apparato repressivo fatto di gas, recinzioni da lager, manganelli e torture si è dispiegato in tutta la sua forza. La magistratura è entrata in campo a gamba tesa. Non si contano i processi che coinvolgono migliaia di attivisti No Tav.\r\nGoverno e magistratura non hanno fatto i conti con la resistenza dei No Tav. Non hanno fatto i conti con un movimento che si è stretto nella solidarietà a tutti, primi tra tutti quelli che rischiano di più, i quattro attivisti accusati di attentato con finalità di terrorismo per un sabotaggio in Clarea.\r\nPer loro i PM Padalino e \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark> hanno chiesto nove anni e mezzo di reclusione.\r\nMercoledì 26 novembre un’assemblea popolare ha deciso un nuovo dicembre di lotta. 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A fine giornata, sul ponte, la polizia ha azionato l’idrante e sparato lacrimogeni. Dai boschi petardi e fuochi d’artificio hanno illuminato la sera.\r\nIl 9 dicembre la Procura ha consegnato in carcere una nuova ordinanza di custodia cautelare a Francesco, Graziano e Lucio, i tre No Tav in carcere da luglio il sabotaggio del 14 maggio 2013, lo stesso per il quale domani sarà emessa la sentenza per gli altri quattro No Tav.\r\nSu questa nuova iniziativa della Procura Anarres ha intervistato, uno dei loro avvocati, Eugenio Losco, del foro di Milano. Con lui abbiamo parlato anche dell’attesa per la sentenza di domani\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n2014 12 12 losco terrotav più tre\r\n\r\nDomani, dopo il tribunale, che probabilmente si pronuncerà nel primo pomeriggio, l’appuntamento è alle 17,30 in piazza del mercato a Bussoleno.\r\n\r\nSe le notizie dal tribunale saranno buone sarà un giorno di festa. 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Provano a seminare la paura, perché sanno bene che domani a Torino ci sarà una grande manifestazione No Tav, che si stringerà solidale ai quattro attivisti, che, esattamente cinque mesi fa, sono stati sottratti alle loro vite, ai loro affetti, alla lotta comune.\r\nDomani ci sarà una marcia popolare, aperta a tutti, giovani e meno giovani, bambini, disabili. Tutti e tutte No Tav, tutti e tutte decisi a testimoniare con la loro presenza che quella notte del 14 maggio di un anno fa, in Clarea c'eravamo tutti. Tutti sabotatori, tutti, dice la Procura \"terroristi\".\r\nTutti \"colpevoli di resistere\", ma soprattutto colpevoli di volere un mondo di libertà e giustizia sociale, colpevoli di lottare per farne una realtà.\r\nL'accanimento della Procura torinese contro i No Tav è testimoniato dalla decisione del Procuratore generale Maddalena di evacuare i locali del Palagiustizia a mezzogiorno di sabato, dalla scelta di far piazzare jersey di cemento armato e metallo intorno al Palagiustizia.\r\nCome in Clarea, nel cantiere/fortino divenuto simbolo dell'arroganza di Stato.\r\nCome in Clarea i difensori delle lobby che si contendono le nostre, vite, il nostro futuro, la nostra libertà, domani saranno asserragliati dietro a quelle reti. Come belve feroci.\r\n\r\nNoi saremo fuori, per le strade di Torino, per ricordare ai signori dei palazzi che il patto di mutuo soccorso che abbiamo stilato tra di noi, attraversa le generazioni e i territori. Questo patto non è scritto nella carta, ma nei sentieri di lotta dove ci incontriamo e riconosciamo, parte di un grande cammino di libertà.\r\n\r\nOre 14 piazza Adriano.\r\nLo spezzone rosso e nero sarà aperto dallo striscione \"Terrorista è chi bombarda, sfrutta, opprime\"\r\n\r\nAscolta cronache ed analisi proposte oggi ad Anarres:\r\n\r\n2014 05 09 no tav anarres\r\n\r\nDi seguito alcune riflessioni sulla vicenda di Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò uscite sull'ultimo numero del settimanale Umanità Nova.\r\n\r\nLa grande favola della democrazia si scioglie come neve al sole, ogni volta che qualcuno prende sul serio il nucleo assiologico su cui pretende di costruirsi, ogni volta che libertà, solidarietà, uguaglianza vengono intese e praticate nella loro costitutiva, radicale alterità con un assetto sociale basato sul dominio, la diseguaglianza, lo sfruttamento, la competizione più feroce.\r\nLa democrazia reale ammette il dissenso, purché resti opinione ineffettuale, mero esercizio di eloquenza, semplice gioco di parola. Se il dissenso diviene attivo, se si fa azione diretta, se rischia di far saltare le regole di un gioco feroce, la democrazia si dispiega come discorso del potere che ri-assume nella sua interezza l’assolutismo della regalità. Assoluta, perché sciolta da ogni vincolo, perché nega legittimità ad ogni parola altra. Ad ogni ordine che spezzi quello attuale.\r\nLo fa con la leggerezza di chi sa che l’illusione democratica è tanto forte da coprire come una coltre di nubi scure un dispositivo, che chiude preventivamente i conti con ogni forma di opposizione, che non si adatti al ruolo di mera testimonianza.\r\nIn questo dispositivo c’è anche la delega politica all’apparato giudiziario delle questioni che l’esecutivo non è in grado di affrontare.\r\nDalla legge elettorale a quella sulle droghe, sino al movimento No Tav.\r\n\r\nQuello che il potere politico non riesce a fare, quello che fanno i media senza potervi dar corpo, lo fa la magistratura.\r\nIn questi anni abbiamo assistito al progressivo incrudirsi della repressione, senza neppure la necessità di fare leggi speciali: è stato sufficiente usare in modo speciale quelle che ci sono.\r\nChi disapprova le scelte del governo, delle istituzioni locali, delle organizzazioni padronali e dei sindacati di Stato rischia sempre più di incappare nelle maglie della magistratura, perché le tutele formali e materiali che davano qualche spazio al dire e al fare, sono state poco a poco annullate.\r\nReati da tempi di guerra come \"devastazione e saccheggio\", l'utilizzo di fattispecie come \"associazione sovversiva\", \"violenza privata\", “associazione a delinquere”, \"resistenza a pubblico ufficiale\", \"vilipendio\" della sacralità delle istituzioni sono le leve potenti utilizzate per colpire chi agisce per costruire relazioni all'insegna della partecipazione, dell'eguaglianza, della libertà.\r\nNon si contano più le operazioni della magistratura nei confronti dell’opposizione politica e sociale. Hanno tentato più volte, ma con scarso successo i reati associativi, per loro natura intrinsecamente politici, le varie forme della famigerata famiglia 170, sono costruite per colpire chi si raggruppa per sovvertire l’ordine vigente, ma sfuggono ad una definizione chiara, e difficilmente sono applicabili e chi non si costituisce formalmente in associazione sovversiva o armata.\r\nHanno anche tentato la carta dell’associazione a delinquere applicata alle proteste sociali, ma anche qui non hanno portato a casa il risultato.\r\nNonostante ciò a Torino – da sempre laboratorio di repressione – hanno messo in campo processi contro decine di attivisti antirazzisti, nonostante la caduta del reato associativo.\r\nMaggior successo hanno avuto le operazioni costruite intorno a reati come devastazione e saccheggio, fallite a Torino ma riuscite a Genova e Milano, dove semplici danneggiamenti si sono trasformati in un reato da tempi di guerra con condanne sino a 15 anni di reclusione.\r\n\r\nOggi ci riprovano, proprio a Torino, mettendo in piedi un processo con l’accusa di terrorismo.\r\nVale la pena ripercorrere la genealogia di un meccanismo disciplinare, che va ben oltre il singolo procedimento penale.\r\nSi scopre che la mera professione di opinioni negative sugli accordi per la realizzazione della nuova linea ad alta velocità tra Torino e Lyon crea il “contesto” sul quale viene eretta l’impalcatura accusatoria che trasforma il danneggiamento di un compressore in un attentato. Un attentato con finalità terroriste.\r\nIl teorema dei due PM, Antonio Rinaudo e Andrea Padalino, affonda le radici in un insieme di norme che danno loro amplissimo spazio di discrezionalità.\r\n\r\n14 maggio 2013. Un gruppo di No Tav compie un’azione di sabotaggio al cantiere di Chiomonte.\r\nQuella notte venne danneggiato un compressore. Un’azione di lotta non violenta che il movimento No Tav assume come propria.\r\nNonostante non sia stato ferito nessuno, gli attivisti sono stati accusati di aver tentato di colpire gli operai del cantiere e i militari di guardia. Una follia. una lucida follia.\r\n22 maggio 2014. Quattro attivisti verranno processati per quell’azione. L’accusa è “attentato con finalità di terrorismo”.\r\nAi quattro attivisti arrestati il 9 dicembre, viene applicato il carcere duro, in condizioni di isolamento totale o parziale, sono trasferiti in carceri lontane per rendere più difficili le visite ai parenti, i soli autorizzati a farlo.\r\nMattia e Nicolò ad Alessandria, Claudio a Ferrara, Chiara a Roma. Le condizioni di detenzione loro inflitte sono molto pesanti, più di quello che il regime duro cui sono sottoposti prevede.\r\nI riti di un potere sciolto da qualunque vincolo divengono un monito per tutti coloro che li appoggiano e potrebbero seguirne l’esempio.\r\n\r\nUsando l’articolo 270 sexies, la Procura introduce un elemento cruciale, perché chiunque si opponga concretamente ad una decisione dello Stato italiano o dell'Unione Europea rischia di incappare nell'accusa di terrorismo.\r\nQueste ragioni oggi valgono per quattro No Tav, domani potrebbero valere per chiunque lotti contro le scelte non condivise, ma con il suggello della regalità imposto dallo Stato Italiano.\r\nFermare il Tav, costringere il governo a tornare su una decisione mai condivisa dalla popolazione locale è la ragion d’essere del movimento No Tav.\r\nOgni gesto, ogni manifestazione, ogni passeggiata con bimbi e cagnolini, non diversamente dalle azioni di assedio del cantiere, di boicottaggio delle ditte, di sabotaggio dei mezzi mira a questo scopo.\r\nCon questa logica gran parte della popolazione valsusina è costituita da terroristi. E con loro i tanti che, in ogni dove, ne hanno condiviso motivazioni e percorsi.\r\nNon serve molta immaginazione per capire cosa accadrebbe se il teorema dei PM torinesi dovesse essere accolto.\r\n\r\nI protagonisti dell’inchiesta sono la premiata coppia Rinaudo&Padalino. Il primo, quando aveva in mano l’inchiesta sulle n’drine piemontesi la tenne nel cassetto dieci anni, sin sull’orlo della prescrizione. Le intercettazioni effettuate dai carabinieri di Roma all’epoca dell’affaire Moggi, che mise nei guai il direttore generale della Juventus per la compra vendita degli arbitri, dimostrano che Rinaudo cenava oltre che con Moggi, con Antonio Esposito, referente dell’n’drangheta in Val Susa e con l’avvocato difensore di Martinat, il senatore missino finito nei guai per gli appalti a Venaus.\r\nDi Padalino si conoscono bene le simpatie leghiste, che ne hanno fatto un protagonista nella persecuzione degli antirazzisti torinesi.\r\nRinaudo&Padalino vogliono provare che la vittoria dei No Tav, la cancellazione della nuova linea tra Torino e Lyon, la rinuncia al progetto possano “arrecare grave danno ad un Paese”.\r\nNel farlo scendono con ineffabile sicumera su un terreno molto scivoloso.\r\nLa nozione di “grave danno” per un intero “Paese” suppone che vi sia un “bene pubblico”, un “interesse generale” che verrebbe irrimediabilmente leso se l’opera non si facesse.\r\nQuesto significa che il Tav deve necessariamente rientrare nell’interesse generale. Ma cosa definisce l’interesse generale, cosa costituisce il bene pubblico? Per i due PM la risposta è ovvia, quasi una tautologia: quello che un governo decide, gli accordi che stringe, gli impegni che si assume in nome di tutti. Nelle carte con cui sostengono l’accusa di terrorismo fanno un lungo elenco di prese di posizione, trattati che dimostrerebbero la loro tesi.\r\nIn altre parole la ragion di Stato e il bene pubblico coincidono, chi non è d’accordo e prova a mettersi di mezzo è un terrorista, nonostante attui una pratica non violenta, contro l’imposizione violentissima di un’opera non condivisa dalla gran parte della popolazione valsusina.\r\nVent’anni di studi, informazione, conoscenza capillare del territorio e delle sue peculiarità, le analisi sull’incidenza dei tumori, sulla presenza di amianto, sull’inutilità dell’opera non hanno nessuna importanza.\r\nUn potere assoluto, sciolto da ogni vincolo di rappresentanza, foss’anche nella forma debole della democrazia delegata, prova a chiudere la partita nelle aule di tribunale.\r\nNe va della libertà di tutti. Persino della libertà di pensare ed agire secondo i propri convincimenti.\r\n\r\nLa ragion di Stato diviene il cardine che spiega e giustifica, il perno su cui si regge il discorso pubblico. La narrazione della Procura si specchia in quella offerta dai vari governi, negando spazio al dissenso.\r\nNon potrebbe essere altrimenti. Le idee che attraversano il movimento No Tav sono diventate sovversive quando i vari governi hanno compreso che non c'era margine di mediazione, che una popolazione insuscettibile di ravvedimento, avrebbe continuato a mettersi di mezzo.\r\nLa rivolta ultraventennale della Val Susa è per lo Stato un banco di prova della propria capacità di mantenere il controllo su quel territorio, fermando l’infezione che ha investito tanta parte della penisola.\r\nAllo Stato non basta vincere. Deve chiudere la partita per sempre, spargere il sale sulle rovine, condannando i vinti in modo esemplare.\r\nL’osmosi tra guerra e politica è totale. La guerra interna non è la mera prosecuzione della politica con altri mezzi, una rottura momentanea delle usuali regole di mediazione, la guerra è l'orizzonte normale. In guerra o si vince o si perde: ai prigionieri si applica la legge marziale, la legge dei tempi di guerra.\r\n\r\nIn ballo non c'è solo un treno, non più una mera questione di affari. In ballo c'é un'idea di relazioni politiche e sociali che va cancellata, negata, criminalizzata.\r\nQuando il tribunale di Torino tira in ballo la nozione di “contesto” per giustificare un'accusa di terrorismo, lo fa a ragion veduta, in Val Susa spira un vento pericoloso, un vento di sovversione e di rivolta.\r\nIntendiamoci. Lo Stato non ha paura di chi, di notte, con coraggio, entra nel cantiere e brucia un compressore. Lo Stato sa tuttavia che intorno ai pochi che sabotano c'é un'intera valle.\r\nMaria Matteo","9 Maggio 2014","2018-10-17 22:59:31","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/05/torino-10-maggiocorteo-200x110.jpg","10 maggio No Tav. Le ragioni della libertà contro la ragion di Stato",1399657322,[599,600,69,173],"http://radioblackout.org/tag/10-maggio/","http://radioblackout.org/tag/corteo/",[367,602,15,18],"corteo",{"post_content":604},{"matched_tokens":605,"snippet":606,"value":607},[80],"teorema dei due PM, Antonio \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark> e Andrea Padalino, affonda le","Negli ultimi due giorni la canea mediatica si è scatenata contro la manifestazione del 10 maggio in solidarietà con Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò. Provano a seminare la paura, perché sanno bene che domani a Torino ci sarà una grande manifestazione No Tav, che si stringerà solidale ai quattro attivisti, che, esattamente cinque mesi fa, sono stati sottratti alle loro vite, ai loro affetti, alla lotta comune.\r\nDomani ci sarà una marcia popolare, aperta a tutti, giovani e meno giovani, bambini, disabili. Tutti e tutte No Tav, tutti e tutte decisi a testimoniare con la loro presenza che quella notte del 14 maggio di un anno fa, in Clarea c'eravamo tutti. Tutti sabotatori, tutti, dice la Procura \"terroristi\".\r\nTutti \"colpevoli di resistere\", ma soprattutto colpevoli di volere un mondo di libertà e giustizia sociale, colpevoli di lottare per farne una realtà.\r\nL'accanimento della Procura torinese contro i No Tav è testimoniato dalla decisione del Procuratore generale Maddalena di evacuare i locali del Palagiustizia a mezzogiorno di sabato, dalla scelta di far piazzare jersey di cemento armato e metallo intorno al Palagiustizia.\r\nCome in Clarea, nel cantiere/fortino divenuto simbolo dell'arroganza di Stato.\r\nCome in Clarea i difensori delle lobby che si contendono le nostre, vite, il nostro futuro, la nostra libertà, domani saranno asserragliati dietro a quelle reti. Come belve feroci.\r\n\r\nNoi saremo fuori, per le strade di Torino, per ricordare ai signori dei palazzi che il patto di mutuo soccorso che abbiamo stilato tra di noi, attraversa le generazioni e i territori. Questo patto non è scritto nella carta, ma nei sentieri di lotta dove ci incontriamo e riconosciamo, parte di un grande cammino di libertà.\r\n\r\nOre 14 piazza Adriano.\r\nLo spezzone rosso e nero sarà aperto dallo striscione \"Terrorista è chi bombarda, sfrutta, opprime\"\r\n\r\nAscolta cronache ed analisi proposte oggi ad Anarres:\r\n\r\n2014 05 09 no tav anarres\r\n\r\nDi seguito alcune riflessioni sulla vicenda di Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò uscite sull'ultimo numero del settimanale Umanità Nova.\r\n\r\nLa grande favola della democrazia si scioglie come neve al sole, ogni volta che qualcuno prende sul serio il nucleo assiologico su cui pretende di costruirsi, ogni volta che libertà, solidarietà, uguaglianza vengono intese e praticate nella loro costitutiva, radicale alterità con un assetto sociale basato sul dominio, la diseguaglianza, lo sfruttamento, la competizione più feroce.\r\nLa democrazia reale ammette il dissenso, purché resti opinione ineffettuale, mero esercizio di eloquenza, semplice gioco di parola. Se il dissenso diviene attivo, se si fa azione diretta, se rischia di far saltare le regole di un gioco feroce, la democrazia si dispiega come discorso del potere che ri-assume nella sua interezza l’assolutismo della regalità. Assoluta, perché sciolta da ogni vincolo, perché nega legittimità ad ogni parola altra. Ad ogni ordine che spezzi quello attuale.\r\nLo fa con la leggerezza di chi sa che l’illusione democratica è tanto forte da coprire come una coltre di nubi scure un dispositivo, che chiude preventivamente i conti con ogni forma di opposizione, che non si adatti al ruolo di mera testimonianza.\r\nIn questo dispositivo c’è anche la delega politica all’apparato giudiziario delle questioni che l’esecutivo non è in grado di affrontare.\r\nDalla legge elettorale a quella sulle droghe, sino al movimento No Tav.\r\n\r\nQuello che il potere politico non riesce a fare, quello che fanno i media senza potervi dar corpo, lo fa la magistratura.\r\nIn questi anni abbiamo assistito al progressivo incrudirsi della repressione, senza neppure la necessità di fare leggi speciali: è stato sufficiente usare in modo speciale quelle che ci sono.\r\nChi disapprova le scelte del governo, delle istituzioni locali, delle organizzazioni padronali e dei sindacati di Stato rischia sempre più di incappare nelle maglie della magistratura, perché le tutele formali e materiali che davano qualche spazio al dire e al fare, sono state poco a poco annullate.\r\nReati da tempi di guerra come \"devastazione e saccheggio\", l'utilizzo di fattispecie come \"associazione sovversiva\", \"violenza privata\", “associazione a delinquere”, \"resistenza a pubblico ufficiale\", \"vilipendio\" della sacralità delle istituzioni sono le leve potenti utilizzate per colpire chi agisce per costruire relazioni all'insegna della partecipazione, dell'eguaglianza, della libertà.\r\nNon si contano più le operazioni della magistratura nei confronti dell’opposizione politica e sociale. Hanno tentato più volte, ma con scarso successo i reati associativi, per loro natura intrinsecamente politici, le varie forme della famigerata famiglia 170, sono costruite per colpire chi si raggruppa per sovvertire l’ordine vigente, ma sfuggono ad una definizione chiara, e difficilmente sono applicabili e chi non si costituisce formalmente in associazione sovversiva o armata.\r\nHanno anche tentato la carta dell’associazione a delinquere applicata alle proteste sociali, ma anche qui non hanno portato a casa il risultato.\r\nNonostante ciò a Torino – da sempre laboratorio di repressione – hanno messo in campo processi contro decine di attivisti antirazzisti, nonostante la caduta del reato associativo.\r\nMaggior successo hanno avuto le operazioni costruite intorno a reati come devastazione e saccheggio, fallite a Torino ma riuscite a Genova e Milano, dove semplici danneggiamenti si sono trasformati in un reato da tempi di guerra con condanne sino a 15 anni di reclusione.\r\n\r\nOggi ci riprovano, proprio a Torino, mettendo in piedi un processo con l’accusa di terrorismo.\r\nVale la pena ripercorrere la genealogia di un meccanismo disciplinare, che va ben oltre il singolo procedimento penale.\r\nSi scopre che la mera professione di opinioni negative sugli accordi per la realizzazione della nuova linea ad alta velocità tra Torino e Lyon crea il “contesto” sul quale viene eretta l’impalcatura accusatoria che trasforma il danneggiamento di un compressore in un attentato. Un attentato con finalità terroriste.\r\nIl teorema dei due PM, Antonio \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark> e Andrea Padalino, affonda le radici in un insieme di norme che danno loro amplissimo spazio di discrezionalità.\r\n\r\n14 maggio 2013. Un gruppo di No Tav compie un’azione di sabotaggio al cantiere di Chiomonte.\r\nQuella notte venne danneggiato un compressore. Un’azione di lotta non violenta che il movimento No Tav assume come propria.\r\nNonostante non sia stato ferito nessuno, gli attivisti sono stati accusati di aver tentato di colpire gli operai del cantiere e i militari di guardia. Una follia. una lucida follia.\r\n22 maggio 2014. Quattro attivisti verranno processati per quell’azione. L’accusa è “attentato con finalità di terrorismo”.\r\nAi quattro attivisti arrestati il 9 dicembre, viene applicato il carcere duro, in condizioni di isolamento totale o parziale, sono trasferiti in carceri lontane per rendere più difficili le visite ai parenti, i soli autorizzati a farlo.\r\nMattia e Nicolò ad Alessandria, Claudio a Ferrara, Chiara a Roma. Le condizioni di detenzione loro inflitte sono molto pesanti, più di quello che il regime duro cui sono sottoposti prevede.\r\nI riti di un potere sciolto da qualunque vincolo divengono un monito per tutti coloro che li appoggiano e potrebbero seguirne l’esempio.\r\n\r\nUsando l’articolo 270 sexies, la Procura introduce un elemento cruciale, perché chiunque si opponga concretamente ad una decisione dello Stato italiano o dell'Unione Europea rischia di incappare nell'accusa di terrorismo.\r\nQueste ragioni oggi valgono per quattro No Tav, domani potrebbero valere per chiunque lotti contro le scelte non condivise, ma con il suggello della regalità imposto dallo Stato Italiano.\r\nFermare il Tav, costringere il governo a tornare su una decisione mai condivisa dalla popolazione locale è la ragion d’essere del movimento No Tav.\r\nOgni gesto, ogni manifestazione, ogni passeggiata con bimbi e cagnolini, non diversamente dalle azioni di assedio del cantiere, di boicottaggio delle ditte, di sabotaggio dei mezzi mira a questo scopo.\r\nCon questa logica gran parte della popolazione valsusina è costituita da terroristi. E con loro i tanti che, in ogni dove, ne hanno condiviso motivazioni e percorsi.\r\nNon serve molta immaginazione per capire cosa accadrebbe se il teorema dei PM torinesi dovesse essere accolto.\r\n\r\nI protagonisti dell’inchiesta sono la premiata coppia \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark>&Padalino. Il primo, quando aveva in mano l’inchiesta sulle n’drine piemontesi la tenne nel cassetto dieci anni, sin sull’orlo della prescrizione. Le intercettazioni effettuate dai carabinieri di Roma all’epoca dell’affaire Moggi, che mise nei guai il direttore generale della Juventus per la compra vendita degli arbitri, dimostrano che \u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark> cenava oltre che con Moggi, con Antonio Esposito, referente dell’n’drangheta in Val Susa e con l’avvocato difensore di Martinat, il senatore missino finito nei guai per gli appalti a Venaus.\r\nDi Padalino si conoscono bene le simpatie leghiste, che ne hanno fatto un protagonista nella persecuzione degli antirazzisti torinesi.\r\n\u003Cmark>Rinaudo\u003C/mark>&Padalino vogliono provare che la vittoria dei No Tav, la cancellazione della nuova linea tra Torino e Lyon, la rinuncia al progetto possano “arrecare grave danno ad un Paese”.\r\nNel farlo scendono con ineffabile sicumera su un terreno molto scivoloso.\r\nLa nozione di “grave danno” per un intero “Paese” suppone che vi sia un “bene pubblico”, un “interesse generale” che verrebbe irrimediabilmente leso se l’opera non si facesse.\r\nQuesto significa che il Tav deve necessariamente rientrare nell’interesse generale. Ma cosa definisce l’interesse generale, cosa costituisce il bene pubblico? Per i due PM la risposta è ovvia, quasi una tautologia: quello che un governo decide, gli accordi che stringe, gli impegni che si assume in nome di tutti. Nelle carte con cui sostengono l’accusa di terrorismo fanno un lungo elenco di prese di posizione, trattati che dimostrerebbero la loro tesi.\r\nIn altre parole la ragion di Stato e il bene pubblico coincidono, chi non è d’accordo e prova a mettersi di mezzo è un terrorista, nonostante attui una pratica non violenta, contro l’imposizione violentissima di un’opera non condivisa dalla gran parte della popolazione valsusina.\r\nVent’anni di studi, informazione, conoscenza capillare del territorio e delle sue peculiarità, le analisi sull’incidenza dei tumori, sulla presenza di amianto, sull’inutilità dell’opera non hanno nessuna importanza.\r\nUn potere assoluto, sciolto da ogni vincolo di rappresentanza, foss’anche nella forma debole della democrazia delegata, prova a chiudere la partita nelle aule di tribunale.\r\nNe va della libertà di tutti. Persino della libertà di pensare ed agire secondo i propri convincimenti.\r\n\r\nLa ragion di Stato diviene il cardine che spiega e giustifica, il perno su cui si regge il discorso pubblico. La narrazione della Procura si specchia in quella offerta dai vari governi, negando spazio al dissenso.\r\nNon potrebbe essere altrimenti. Le idee che attraversano il movimento No Tav sono diventate sovversive quando i vari governi hanno compreso che non c'era margine di mediazione, che una popolazione insuscettibile di ravvedimento, avrebbe continuato a mettersi di mezzo.\r\nLa rivolta ultraventennale della Val Susa è per lo Stato un banco di prova della propria capacità di mantenere il controllo su quel territorio, fermando l’infezione che ha investito tanta parte della penisola.\r\nAllo Stato non basta vincere. Deve chiudere la partita per sempre, spargere il sale sulle rovine, condannando i vinti in modo esemplare.\r\nL’osmosi tra guerra e politica è totale. La guerra interna non è la mera prosecuzione della politica con altri mezzi, una rottura momentanea delle usuali regole di mediazione, la guerra è l'orizzonte normale. In guerra o si vince o si perde: ai prigionieri si applica la legge marziale, la legge dei tempi di guerra.\r\n\r\nIn ballo non c'è solo un treno, non più una mera questione di affari. In ballo c'é un'idea di relazioni politiche e sociali che va cancellata, negata, criminalizzata.\r\nQuando il tribunale di Torino tira in ballo la nozione di “contesto” per giustificare un'accusa di terrorismo, lo fa a ragion veduta, in Val Susa spira un vento pericoloso, un vento di sovversione e di rivolta.\r\nIntendiamoci. Lo Stato non ha paura di chi, di notte, con coraggio, entra nel cantiere e brucia un compressore. 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