","Salario minimo: cosa cambierà?","post",1654869819,[61,62,63,64],"http://radioblackout.org/tag/decetomedizzazione/","http://radioblackout.org/tag/salario-minimo/","http://radioblackout.org/tag/stipendi/","http://radioblackout.org/tag/unione-europea/",[66,21,67,68],"decetomedizzazione","stipendi","Unione Europea",{"post_content":70,"post_title":76,"tags":80},{"matched_tokens":71,"snippet":74,"value":75},[72,73],"salario","minimo","direttiva europea a riguardo del \u003Cmark>salario\u003C/mark> \u003Cmark>minimo\u003C/mark>, normativa non mandatoria per chi","Pochi giorni fa è stata approvata una direttiva europea a riguardo del \u003Cmark>salario\u003C/mark> \u003Cmark>minimo\u003C/mark>, normativa non mandatoria per chi non ha ancora una regolamentazione interna in merito ma che vincola i Paesi in cui è già in vigore a procedure che fissano l'adeguatezza dei salari. Dunque, per quanto riguarda l'Italia, il messaggio è sostanzialmente politico e non sostanziale.\r\n\r\nAi nostri microfoni Salvatore Cominu approfondisce il tema dei salari e del contesto italiano. In Italia la situazione è critica - negli ultimi 30 anni salari medi sono diminuiti in controtendenza rispetto a tutta Europa - ed è chiaro che sia un paese stratificato che vede settori con quote di lavoro (anche qualificato) sottopagato, il valore mediano dei salari ad oggi è stabilito a 11 euro e 40 lordi. Con questa direttiva il dibattitto subirà un'accelerazione e se fosse applicata si tradurrebbe in un incremento salariale. Nei fatti però la strada è ancora lunga. Infatti occorre attendere l'accordo tra consiglio, parlamento e commissione europea perché poi possa essere recepita dai diversi Paesi. Nei fatti si tratta soltanto di un indirizzo dell'UE.\r\n\r\nPer quanto riguarda l'Italia i minimi sono stabiliti dalla contrattazione collettiva - paese con circa 80 per cento dei lavoratori dipendenti coperto dalla contrattazione collettiva - ci sono settori però, che pur essendo coperti dalla contrattazione collettiva hanno salari molto bassi. Inoltre, bisogna tener in considerazione la proliferazione dei contratti, la loro eterogeneità e la diffusione dei cosiddetti “contratti pirata” che fanno concorrenza ai contratti stabiliti dalla contrattazione collettiva.\r\n\r\nInfine, abbiamo tematizzato alcune questioni rispetto al contesto sociale degli ultimi anni, come il declassamento, il progressivo impoverimento delle classi medie, i movimenti populisti da un lato e i movimenti su larga scala come i Gilet Gialli in Francia dall'altro, abbiano raccolto in qualche modo le richieste di garanzie minime che attraversano la società e che ruolo abbiano avuto nella spinta verso determinati discorsi.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/06/Salario-minimo-2022_06_09_2022.06.09-09.00.00-escopost.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ",{"matched_tokens":77,"snippet":79,"value":79},[78,73],"Salario","\u003Cmark>Salario\u003C/mark> \u003Cmark>minimo\u003C/mark>: cosa cambierà?",[81,83,86,88],{"matched_tokens":82,"snippet":66},[],{"matched_tokens":84,"snippet":85},[72,73],"\u003Cmark>salario\u003C/mark> \u003Cmark>minimo\u003C/mark>",{"matched_tokens":87,"snippet":67},[],{"matched_tokens":89,"snippet":68},[],[91,96,99],{"field":35,"indices":92,"matched_tokens":93,"snippets":95},[23],[94],[72,73],[85],{"field":97,"matched_tokens":98,"snippet":79,"value":79},"post_title",[78,73],{"field":100,"matched_tokens":101,"snippet":74,"value":75},"post_content",[72,73],1157451471441625000,{"best_field_score":104,"best_field_weight":105,"fields_matched":106,"num_tokens_dropped":47,"score":107,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":47},"2211897868544",13,3,"1157451471441625195",{"document":109,"highlight":127,"highlights":139,"text_match":102,"text_match_info":147},{"cat_link":110,"category":111,"comment_count":47,"id":112,"is_sticky":47,"permalink":113,"post_author":50,"post_content":114,"post_date":115,"post_excerpt":53,"post_id":112,"post_modified":116,"post_thumbnail":117,"post_thumbnail_html":118,"post_title":119,"post_type":58,"sort_by_date":120,"tag_links":121,"tags":124},[44],[46],"83950","http://radioblackout.org/2023/09/i-working-poors-in-italia-non-esistono-piu/","Il XXII Rapporto Annuale dell'INPS dice che i working poors in Italia sono il 6,3% dei lavoratori, una \"componente marginale del totale\", come viene riferito dopo aver riportato i numeri: 871.000, di cui solo 20.000 per questioni di salario, lo 0,2%. Eppure, solo l'anno scorso, i numeri erano decisamente più preoccupanti: il 30% dellx lavoratorx in Italia, e ben 4 milioni per colpa della paga troppo bassa.\r\n\r\nAbbiamo chiesto come in un solo anno sia stato sconfitto il lavoro povero in Italia a Bianca Maria Furci, attivista per il lavoro, e abbiamo scoperto che la rivoluzione è avvenuta all'interno dei vertici dell'INPS, con la nomina di Micaela Gelera a commissaria straordinaria dell’Inps, stabilita tramite Dpcm dal governo Meloni, e nel modo di raccolta dei dati.\r\n\r\nAscolta e scarica la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/rapportoinps.mp3\"][/audio]","27 Settembre 2023","2023-09-27 02:33:58","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/numero-verde-inps-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"197\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/numero-verde-inps-300x197.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/numero-verde-inps-300x197.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/numero-verde-inps.jpg 640w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","I working poors in Italia non esistono più?",1695781456,[122,123,62],"http://radioblackout.org/tag/inps/","http://radioblackout.org/tag/meloni/",[125,126,21],"inps","meloni",{"post_content":128,"tags":132},{"matched_tokens":129,"snippet":130,"value":131},[72],"solo 20.000 per questioni di \u003Cmark>salario\u003C/mark>, lo 0,2%. 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Le manifestazioni sono iniziate il 25 agosto, quando la rabbia per un'economia in difficoltà si è riversata nelle strade in seguito alle notizie secondo cui i politici avrebbero ricevuto un'indennità di alloggio di 3.000 dollari in aggiunta ai loro stipendi, un vantaggio pari a 10-20 volte il salario minimo mensile indonesiano. La rabbia ha raggiunto il culmine quando Affan Kurniawan, un fattorino 21 anni, è stato investito e ucciso da un veicolo della polizia durante le proteste nella capitale Giacarta. Secondo quanto riferito, al momento della sua morte Kurniawan non stava prendendo parte alle manifestazioni, ma stava cercando di evadere una consegna. Sembrano essere una decina i manifestanti morti in seguito agli scontri con la Polizia, più di 3.000 persone arrestate, mentre diverse decine di attivisti risultano ancora dispersi.\r\nLe proteste e le rivolte della scorsa settimana, scoppiate in diverse città del Paese, sono state tra le più grandi dalla fine della dittatura di Suharto, durata 32 anni, ma le manifestazioni di protesta e la loro repressione violenta da parte della polizia accadono di frequente nel Paese, e non è la prima volta che gli indonesiani scendono in piazza quest'anno.\r\n\r\nAbbiamo chiesto a Aniello Iannone, docente di Politica indonesiana e analisi dei conflitti nel Sud-Est asiatico, che vive in Indonesia, di aggiornarci sull'andamento delle proteste e di darci delle informazioni utili rispetto al panorama politico e sociale nel Paese asiatico. Ascolta o scarica l'approfondimento.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/indonesia_iannone.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","8 Settembre 2025","2025-09-08 20:37:45","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Schermata-2025-09-08-alle-17.56.01-1-200x110.png","\u003Cimg width=\"300\" height=\"179\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Schermata-2025-09-08-alle-17.56.01-1-300x179.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Schermata-2025-09-08-alle-17.56.01-1-300x179.png 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Schermata-2025-09-08-alle-17.56.01-1-768x459.png 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Schermata-2025-09-08-alle-17.56.01-1.png 991w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Indonesia: aggiornamenti sulle proteste",1757356327,[164,165],"http://radioblackout.org/tag/asean/","http://radioblackout.org/tag/indonesia/",[167,168],"#asean","indonesia",{"post_content":170},{"matched_tokens":171,"snippet":172,"value":173},[72,73],"pari a 10-20 volte il \u003Cmark>salario\u003C/mark> \u003Cmark>minimo\u003C/mark> mensile indonesiano. 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Nella capitale Dhaka e in diverse altre città industriali, decine di fabbriche sono state prese di mira e saccheggiate dai lavoratori e centinaia sono state chiuse secondo le autorità, che il 2 novembre hanno parlato di scontri tra lavoratori, manifestanti e forze dell’ordine.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nLe condizioni di lavoro sono dure per i quattro milioni di lavoratori del settore, in maggioranza donne, con un salario minimo mensile di 8.300 taka (70 euro). I lavoratori chiedono che il salario minimo passi a 23mila taka (190 euro), quasi tre volte di più, per far fronte all’aumento del costo della vita. Le sue 3.500 fabbriche, che riforniscono marchi occidentali come Gap, H&M e Levi Strauss, rappresentano l’85 per cento dei 55 miliardi di dollari di esportazioni annuali del paese dell’Asia meridionale.\r\n\r\nLa filiera del\" fast fashion\" gestita dai grandi marchi della moda produce sfruttamento della manodopera e inquinamento a causa delle dannose modalità di produzione l e grandi multinazionali dell'abbigliamento si sono rifiutate di sostenere pubblicamente le rivendicazioni dei lavoratori.\r\n\r\nNe parliamo con Deborah Lucchetti. coordinatrice della Campagna Abiti Puliti (www.abitipuliti.org), sezione italiana della Clean Clothes Campaign, coalizione internazionale che da 20 anni promuove i diritti del lavoro nell’industria tessile globale.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/bangladesh-deborah-lucchetti.mp3\"][/audio]","6 Novembre 2023","Centinaia di fabbriche di abbigliamento in Bangladesh hanno chiuso a causa delle proteste di migliaia di lavoratori dell’industria tessile","2023-11-07 01:35:26","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/BANGLADESH-PROTESTE-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"208\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/BANGLADESH-PROTESTE-300x208.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/BANGLADESH-PROTESTE-300x208.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/BANGLADESH-PROTESTE.jpg 600w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","MORIRE PER IL FASHION, LA RIVOLTA DEI LAVORATORI IN BANGLADESH.",1699291416,[197,198,199],"http://radioblackout.org/tag/bangladesh/","http://radioblackout.org/tag/fast-fashion/","http://radioblackout.org/tag/manifestazioni/",[201,202,203],"Bangladesh","fast fashion","manifestazioni",{"post_content":205},{"matched_tokens":206,"snippet":207,"value":208},[72,73],"giorni, chiedono che il loro \u003Cmark>salario\u003C/mark> \u003Cmark>minimo\u003C/mark> mensile sia triplicato. 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Come noto dal 15 ottobre tutti i lavoratori e le lavoratrici dovranno essere in possesso del green pass, la certificazione che attesta l’avvenuta vaccinazione, la guarigione o la negatività a un tampone per Covid-19. Tuttavia, circa 2,6 lavoratori del privato e almeno altri 250mila del pubblico non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino né risultano guariti dal coronavirus. Molti di questi sono concentrati in alcuni settori fondamentali, come quello agricolo, portuale e dei trasporti, le cui associazioni di categoria hanno già lanciato allarmi per la possibile carenza di personale e annunciando scioperi se lo stato e le imprese non garantiranno tamponi gratuiti per dare a tutti la possibilità di lavorare, compreso chi ha rifiutato la vaccinazione. \r\n\r\nNon esistono stime esatte rispetto a quanti autisti di veicoli industriali siano sprovvisti di green pass, ma secondo gli operatori del settore è possibile che una buona parte di questi, in particolare tra coloro che provengono dall’Est Europa ma sono impiegati in imprese italiane, non sia vaccinata o abbia ricevuto dosi di Sputnik o Sinovac, vaccini non approvati dall’Agenzia del farmaco europea (Ema). Dunque per questi lavoratori sarà necessario, in mancanza di una deroga all’obbligo di green pass, assicurare punti per effettuare i tamponi lungo le autostrade, nei terminal, nei porti o nei distretti logistici.\r\n\r\nIl settore agricolo pare essere più a rischio, in particolare per la presenza di un 60% di lavoratori e lavoratrici extra-Ue. Molti di loro infatti non hanno ricevuto i vaccini autorizzati dall’Ema, oppure non possono ricevere il green pass a causa della mancata regolarizzazione dei lavoratori del settore agricolo, quindi dell’assenza di contratti regolari che consentano loro di rifare i permessi di soggiorno scaduti. La stima è fra il 25-30%\r\n\r\nA Trieste, il Coordinamento lavori portuali ha affermato che almeno il 40% dei 950 lavoratori e lavoratrici portuali non è in possesso della certificazione e ha annunciato uno sciopero con blocco del porto proprio per il 15 ottobre se l’obbligo del certificato resterà in vigore. Al porto di Genova invece, la percentuale dei lavoratori senza green pass è del 20%, ma mentre a Trieste i portuali (fra i quali pare esserci una percentuale molto più alta del 20% di non vaccinati) hanno chiamato uno sciopero per il 15 Ottobre chiedendo la cancellazione del green pass su lavoro per tutto il territorio nazionale, lunedì a Genova i camalli del Calp e le reti antifasciste hanno deciso di non condividere la piazza con le frange contrarie al certificato verde guidate da Italexit di Paragone. Nelle piazze osserviamo sempre più spesso al contrapporsi fra la ‘Libertà’ scandita nelle piazze, individualista e proprietaria, e la responsabilità collettiva, che riguarda più il concetto di cura.\r\n\r\nSta di fatto che mentre l’attenzione è concentrata sul certificato verde, l’esecutivo di Draghi si prepara a gestire la pioggia di miliardi del PNRR in assenza di qualsiasi dibattito pubblico o politico, senza che alcuna forza antagonista provi almeno a contendersi la torta. La cosiddetta 'Pax draghiana' resta oggi il nemico più pericoloso. Soltanto il conflitto può riaprire i giochi. La domanda più urgente è allora capire quali possano essere gli spazi entro cui creare una nuova politicizzazione ampia e non regressiva, che sappia articolare le istanze delle diverse soggettività in lotta con la richiesta di un contrasto alla pandemia che sia equo a livello globale. I punti di un agenda a venire restano le Lotte ambientali, le battaglie femministe, le vertenze contro le delocalizzazioni e i licenziamenti, la richiesta del salario minimo e l’introduzione del reddito universale di base, mobilitazioni interne alle logistica, riforma fiscale e del catasto. Il governo più liberista e servo della storia recente, il peggiore possibile quanto a provvedimenti economici e “riforme chieste dall’Europa”, si è incartato sul green pass. Ossia sull’”arma di distrazione di massa” che si era inventato perché non si parlasse troppo, soprattutto nei dettagli, di quel che ha fatto e va facendo su terreni ben più decisivi per la vita di tutti noi. L’incaglio non è avvenuto per il “sabato fascista” subappaltato a Castellino, Fiore, Aronica e un altro po’ di fascisti scortati fin sotto la Cgil. La gestione di quella giornata è stata talmente demenziale – e inattendibile, per chi frequenta le piazze da una vita – che persino Giorgia Meloni, temendo di pagare un prezzo troppo alto in termini di consensi (lei quei fascisti lì li conosce bene, venendo dalla stessa fucina missina), si è ricordata della “strategia della tensione”. Quella in cui i suoi camerati facevano (e fanno) da manovalanza per il potere. Si parla tanto di squadrismo e di fascismo; le istituzioni si riempiono la bocca di parole vuote ed ipocrite, mentre gli operai che denunciano lo sfruttamento e turni di lavoro massacranti da 12 ore al giorno vengono caricati di botte da squadracce vere e proprie, col silenzio-assenso di quelle forze di governo che in queste ore agitano strumentalmente lo spettro del neofascismo e dei fatti di Roma per imporre una nuova stretta sugli scioperi e sulle lotte sociali. E’ quasi assurdo che il governo più antioperaio e antipopolare della storia recente vada in difficoltà sul “diversivo” la lui stesso inventato per nascondere ben più corposi decreti in materia di privatizzazioni, spesa pubblica, investimenti, mercato del lavoro, “riforme” (dalla giustizia, privatizzata anch’essa, al catasto, dalle pensioni all’esercito). Se è vero che l’opposizione al green pass ha avuto un punto di risalita quando è stato introdotto obbligatoriamente anche per l’accesso al lavoro, non solo per altre attività socio-ludiche, è altrettanto assurdo che una lotta operaia avvenga prioritariamente su questo terreno “innaturale”, dove – a parte la difesa della parte di lavoratori affascinati o impauriti dalla “libera scelta sui vaccini” – di fatto non c’è molto da guadagnare.\r\n\r\nIn questo senso la piazza triestina rappresenta una novità rispetto a composizione e prospettive. Non si può dire altrettanto dei temi, che restano complessi e scivolosi, difficili da metabolizzare e su cui la Destra ha sicuramente più presa dove sfociano nell'irrazionale o nella propaganda facile.. ma tant'è, a Trieste è ancora tutto in ballo. ne parliamo con Davide direttamente dal varco 4 del molo 7, dove oggi fra portuali e una massiccia componente popolare si sono radunati a migliaia.\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/10/trieste.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\nRiportiamo il testo pubblicato ieri dai compagni di Trieste, che attraversando le diverse fasi di piazza e assemblee ci aiuta a capire come si sia arrivati ad oggi e ci dà alcuni spunti per una lotta ancora da impostare e sulla quale pendono ancora grandi interrogativi all'interno dei movimenti.\r\n\r\nhttps://www.infoaut.org/precariato-sociale/una-prospettiva-sulle-mobilitazioni-contro-il-green-pass-a-trieste\r\n\r\n ","15 Ottobre 2021","2021-10-15 12:30:35","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/10/trieste-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"164\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/10/trieste-300x164.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/10/trieste-300x164.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/10/trieste-200x110.jpg 200w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/10/trieste.jpg 485w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","La piazza triestina contro il pass verde nei luoghi di lavoro",1634300961,[],[],{"post_content":229},{"matched_tokens":230,"snippet":231,"value":232},[72,73],"i licenziamenti, la richiesta del \u003Cmark>salario\u003C/mark> \u003Cmark>minimo\u003C/mark> e l’introduzione del reddito universale","In vista dell’introduzione del green pass obbligatorio anche sui luoghi di lavoro, il clima è di tensione crescente. Come noto dal 15 ottobre tutti i lavoratori e le lavoratrici dovranno essere in possesso del green pass, la certificazione che attesta l’avvenuta vaccinazione, la guarigione o la negatività a un tampone per Covid-19. Tuttavia, circa 2,6 lavoratori del privato e almeno altri 250mila del pubblico non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino né risultano guariti dal coronavirus. Molti di questi sono concentrati in alcuni settori fondamentali, come quello agricolo, portuale e dei trasporti, le cui associazioni di categoria hanno già lanciato allarmi per la possibile carenza di personale e annunciando scioperi se lo stato e le imprese non garantiranno tamponi gratuiti per dare a tutti la possibilità di lavorare, compreso chi ha rifiutato la vaccinazione. \r\n\r\nNon esistono stime esatte rispetto a quanti autisti di veicoli industriali siano sprovvisti di green pass, ma secondo gli operatori del settore è possibile che una buona parte di questi, in particolare tra coloro che provengono dall’Est Europa ma sono impiegati in imprese italiane, non sia vaccinata o abbia ricevuto dosi di Sputnik o Sinovac, vaccini non approvati dall’Agenzia del farmaco europea (Ema). Dunque per questi lavoratori sarà necessario, in mancanza di una deroga all’obbligo di green pass, assicurare punti per effettuare i tamponi lungo le autostrade, nei terminal, nei porti o nei distretti logistici.\r\n\r\nIl settore agricolo pare essere più a rischio, in particolare per la presenza di un 60% di lavoratori e lavoratrici extra-Ue. Molti di loro infatti non hanno ricevuto i vaccini autorizzati dall’Ema, oppure non possono ricevere il green pass a causa della mancata regolarizzazione dei lavoratori del settore agricolo, quindi dell’assenza di contratti regolari che consentano loro di rifare i permessi di soggiorno scaduti. La stima è fra il 25-30%\r\n\r\nA Trieste, il Coordinamento lavori portuali ha affermato che almeno il 40% dei 950 lavoratori e lavoratrici portuali non è in possesso della certificazione e ha annunciato uno sciopero con blocco del porto proprio per il 15 ottobre se l’obbligo del certificato resterà in vigore. Al porto di Genova invece, la percentuale dei lavoratori senza green pass è del 20%, ma mentre a Trieste i portuali (fra i quali pare esserci una percentuale molto più alta del 20% di non vaccinati) hanno chiamato uno sciopero per il 15 Ottobre chiedendo la cancellazione del green pass su lavoro per tutto il territorio nazionale, lunedì a Genova i camalli del Calp e le reti antifasciste hanno deciso di non condividere la piazza con le frange contrarie al certificato verde guidate da Italexit di Paragone. Nelle piazze osserviamo sempre più spesso al contrapporsi fra la ‘Libertà’ scandita nelle piazze, individualista e proprietaria, e la responsabilità collettiva, che riguarda più il concetto di cura.\r\n\r\nSta di fatto che mentre l’attenzione è concentrata sul certificato verde, l’esecutivo di Draghi si prepara a gestire la pioggia di miliardi del PNRR in assenza di qualsiasi dibattito pubblico o politico, senza che alcuna forza antagonista provi almeno a contendersi la torta. La cosiddetta 'Pax draghiana' resta oggi il nemico più pericoloso. Soltanto il conflitto può riaprire i giochi. La domanda più urgente è allora capire quali possano essere gli spazi entro cui creare una nuova politicizzazione ampia e non regressiva, che sappia articolare le istanze delle diverse soggettività in lotta con la richiesta di un contrasto alla pandemia che sia equo a livello globale. I punti di un agenda a venire restano le Lotte ambientali, le battaglie femministe, le vertenze contro le delocalizzazioni e i licenziamenti, la richiesta del \u003Cmark>salario\u003C/mark> \u003Cmark>minimo\u003C/mark> e l’introduzione del reddito universale di base, mobilitazioni interne alle logistica, riforma fiscale e del catasto. Il governo più liberista e servo della storia recente, il peggiore possibile quanto a provvedimenti economici e “riforme chieste dall’Europa”, si è incartato sul green pass. Ossia sull’”arma di distrazione di massa” che si era inventato perché non si parlasse troppo, soprattutto nei dettagli, di quel che ha fatto e va facendo su terreni ben più decisivi per la vita di tutti noi. L’incaglio non è avvenuto per il “sabato fascista” subappaltato a Castellino, Fiore, Aronica e un altro po’ di fascisti scortati fin sotto la Cgil. La gestione di quella giornata è stata talmente demenziale – e inattendibile, per chi frequenta le piazze da una vita – che persino Giorgia Meloni, temendo di pagare un prezzo troppo alto in termini di consensi (lei quei fascisti lì li conosce bene, venendo dalla stessa fucina missina), si è ricordata della “strategia della tensione”. Quella in cui i suoi camerati facevano (e fanno) da manovalanza per il potere. Si parla tanto di squadrismo e di fascismo; le istituzioni si riempiono la bocca di parole vuote ed ipocrite, mentre gli operai che denunciano lo sfruttamento e turni di lavoro massacranti da 12 ore al giorno vengono caricati di botte da squadracce vere e proprie, col silenzio-assenso di quelle forze di governo che in queste ore agitano strumentalmente lo spettro del neofascismo e dei fatti di Roma per imporre una nuova stretta sugli scioperi e sulle lotte sociali. E’ quasi assurdo che il governo più antioperaio e antipopolare della storia recente vada in difficoltà sul “diversivo” la lui stesso inventato per nascondere ben più corposi decreti in materia di privatizzazioni, spesa pubblica, investimenti, mercato del lavoro, “riforme” (dalla giustizia, privatizzata anch’essa, al catasto, dalle pensioni all’esercito). Se è vero che l’opposizione al green pass ha avuto un punto di risalita quando è stato introdotto obbligatoriamente anche per l’accesso al lavoro, non solo per altre attività socio-ludiche, è altrettanto assurdo che una lotta operaia avvenga prioritariamente su questo terreno “innaturale”, dove – a parte la difesa della parte di lavoratori affascinati o impauriti dalla “libera scelta sui vaccini” – di fatto non c’è molto da guadagnare.\r\n\r\nIn questo senso la piazza triestina rappresenta una novità rispetto a composizione e prospettive. Non si può dire altrettanto dei temi, che restano complessi e scivolosi, difficili da metabolizzare e su cui la Destra ha sicuramente più presa dove sfociano nell'irrazionale o nella propaganda facile.. ma tant'è, a Trieste è ancora tutto in ballo. ne parliamo con Davide direttamente dal varco 4 del molo 7, dove oggi fra portuali e una massiccia componente popolare si sono radunati a migliaia.\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/10/trieste.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\nRiportiamo il testo pubblicato ieri dai compagni di Trieste, che attraversando le diverse fasi di piazza e assemblee ci aiuta a capire come si sia arrivati ad oggi e ci dà alcuni spunti per una lotta ancora da impostare e sulla quale pendono ancora grandi interrogativi all'interno dei movimenti.\r\n\r\nhttps://www.infoaut.org/precariato-sociale/una-prospettiva-sulle-mobilitazioni-contro-il-green-pass-a-trieste\r\n\r\n ",[234],{"field":100,"matched_tokens":235,"snippet":231,"value":232},[72,73],{"best_field_score":179,"best_field_weight":180,"fields_matched":23,"num_tokens_dropped":47,"score":181,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":47},{"document":238,"highlight":252,"highlights":257,"text_match":177,"text_match_info":260},{"cat_link":239,"category":240,"comment_count":47,"id":241,"is_sticky":47,"permalink":242,"post_author":50,"post_content":243,"post_date":244,"post_excerpt":53,"post_id":241,"post_modified":245,"post_thumbnail":246,"post_thumbnail_html":247,"post_title":248,"post_type":58,"sort_by_date":249,"tag_links":250,"tags":251},[44],[46],"52249","http://radioblackout.org/2019/02/matamoros-motor-city/","La città di Matamoros al confine tra Messico e Stati Uniti conta ormai quasi mezzo milione di abitanti. Negli ultimi anni è stata oggetto di un’immigrazione di massa in seguito all’aumento del numero di maquiladoras, cioè officine di montaggio di imprese multinazionali americane (ma anche giapponesi e tedesche) impiantate per utilizzare manodopera disposta ad accettare salari ben più bassi rispetto a quelli americani.\r\n\r\nA Matamoros lo stipendio mensile medio nelle maquiladoras oscilla dai 190 ai 337,60 dollari al mese a seconda della mansione dell’operaio nell’azienda. In media il salario nella città è del 30% più basso rispetto alla media nazionale. E quest anno le imprese si sarebbero rifiutate di pagare il bono anual, un’integrazione variabile al salario che viene contrattata annualmente, perché secondo le loro stime sarebbe stato coperto dall’aumento del salario minimo (9 dollari al giorno) deciso dal nuovo Presidente della Repubblica Andrés Manuel López Obrador.\r\n\r\nLe dichiarazioni delle aziende hanno fatto esplodere la rabbia degli operai e soprattutto delle operaie esasperate. Infatti la componente femminile all’interno delle fabbriche del Tamaulipas è quella maggioritaria ma anche la più sfruttata, ricattata e sottopagata. E proprio le donne del Sonora hanno marciato in testa al corteo che durante la prima di diverse giornate di sciopero ha raggiunto la sede del sindacato, obbligando il segretario a firmare un documento con le loro richieste: aumento del 20% del salario per tutti, al netto dell’aumento del salario minimo, e pagamento integrale del bono anual fissato a circa 32.000 pesos.\r\n\r\nCi siamo collegati con Clemente Parisi, collaboratore di connessioni-precarie, per il racconto e l’analisi delle proteste nelle maquiladoras, lotte che travalicano i confini del continente panamericano e che incontrano la solidarietà locale e internazionale, non ultimo lo sciopero generale degli operai della General Motors a Detroit, contro la chiusura della fabbriche nella Motor City ma anche in solidarietà a chi in Messico non vuole abbassare la testa.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/01/ScioperoMaquilladoras.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","1 Febbraio 2019","2019-02-01 13:14:28","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/02/wsws-200x110.png","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/02/wsws-300x225.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/02/wsws-300x225.png 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/02/wsws.png 460w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Matamoros Motor City Scioperi alla frontiera Messico USA",1549026473,[],[],{"post_content":253},{"matched_tokens":254,"snippet":255,"value":256},[72,73],"sarebbe stato coperto dall’aumento del \u003Cmark>salario\u003C/mark> \u003Cmark>minimo\u003C/mark> (9 dollari al giorno) deciso","La città di Matamoros al confine tra Messico e Stati Uniti conta ormai quasi mezzo milione di abitanti. 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Fa parte del gruppo di ricerca DiPLab.\r\n\r\nAllora Antonio, noi ti abbiamo contattato perché al di là del tuo libro che ha avuto un discreto successo, è che sia in Italia che in Francia, dove mi pare l'hai pubblicato la prima volta nel 2019, sappiamo anche che a breve verrà pubblicato in un'edizione inglese, aggiornata, non ho capito se è già pubblicato o verrà pubblicato a quest'autunno.\r\n\r\nAllora, sto rivedendo per l'ennesima volta le bozze, quindi esce tra qualche mese in America con la Chicago University Press e quindi siamo molto eccitati tutti.\r\nPer questa opportunità di parlare a un pubblico più vasto, ecco.\r\n\r\nEcco, allora a partire proprio dal tuo lavoro abbiamo diverse domande per arrivare poi anche agli ultimissime ricerche che hai fatto con i tuoi collaboratori e altri ricercatori. Ma prima di arrivare un attimo a questo tema vorremmo un attimo definirne dei contorni e quindi incominciare chiedendoti un pochino come sei arrivato negli ultimi anni nel tuo lavoro di ricerca a occuparti di lavoro digitale e in particolar modo di intelligenza artificiale e la sua intersezione col mondo del lavoro.\r\n\r\nAllora diciamo che io ho un percorso un po' lungo perché sono vecchietto e strano perché comincia in Italia diciamo in giri operaisti e autonomi, stiamo parlando di diversi decenni fa, e poi quando mi sono trasferito all'estero il tutto si è articolato, si è complessificato perché ho iniziato soprattutto a interessarmi alla sociologia di internet, quindi da sociologo e un po' economista, decisamente interessato alle tematiche del lavoro, sono arrivato a questa grande questione che è: che cosa fa l'intelligenza artificiale al lavoro?\r\nLa risposta tipica sarebbe: l'intelligenza artificiale distrugge il lavoro, ma dopo anni di ricerche con i miei collaboratori in diverse parti del mondo e poi ne riparleremo quali, sono arrivato a una conclusione un po' diversa e cioè sarebbe a dire che tanto per cominciare questa idea della distruzione dei posti di lavoro è un pretesto.\r\nI posti di lavoro sono distrutti ma sono distrutti per una scelta degli imprenditori, per una scelta dei poteri pubblici, per una scelta dei capitalisti sostanzialmente e si usano le macchine.\r\nMa queste macchine in realtà non funzionano tanto bene, perché per farle funzionare ancora oggi c'è bisogno di tantissimo lavoro nascosto e questo lavoro nascosto viene chiamato digital labor o micro lavoro o lavoro dei dati, insomma ci sono tante maniere di definirlo, ma è sostanzialmente un lavoro che è necessario per tenere su grandi exploit tecnologici come per esempio ChatGPT.\r\nChatGPT non funziona soltanto per la magia degli algoritmi, ma come è stato dimostrato già subito dopo il suo lancio nel novembre 2022 ci sono diverse migliaia di persone che stanno lì a filtrare i dati e tantissime altre ancora di più che stanno lì a verificare se le risposte sono corrette, a volte siamo noi stessi, a volte sono delle persone pagate.\r\nMa queste persone sono pagate molto poco, vivono in condizioni di lavoro terribili che noi documentiamo un po' in tutto il mondo perché, e qui riveniamo a dove sono messi, anche se queste grandi imprese tecnologiche sono spesso presentate come la Silicon Valley o tutt'al più facciamo lo sforzo di vederle anche in Cina, nei grandi distretti industriali cinesi, in realtà sono largamente delle tecnologie sviluppate in paesi a basso reddito.\r\nQuindi quelli che venivano una volta chiamati paesi in via di sviluppo che nel frattempo si sono ampiamente sviluppati ma che continuano a avere seri problemi di distribuzione ineguale dei redditi, forti tassi di povertà, forti percentuali di persone che sono pronte a lavorare per pochissimo e quindi sono lì che le grandi imprese come OpenAI, come Meta vanno a raccogliere, per aiutare questi lavoratori poveri dei dati.\r\n\r\nPrendiamo un tema che tu hai affrontato più volte sia nel tuo libro ma anche in numerose ricerche che hai pubblicato, che è quello della scomparsa del lavoro, un tema che cerchi di andare a smontare a più riprese su come le nuove tecnologie, che siano l'automazione nei processi produttivi o le intelligenze artificiali nei servizi e nel commercio vadano a rendere inutile il lavoro umano. Ecco secondo te a quali fenomeni possiamo invece ricondurre quello che è poi l'impatto reale dell'adozione di prodotti commerciali basati su intelligenza artificiale nel mondo del lavoro? E poi come nasce questo mito della scomparsa del lavoro?\r\n\r\nSe vogliamo il mito della scomparsa del lavoro è un prodotto ideologico del sistema capitalistico attuale.\r\nQuando parlo di ideologia parlo veramente del fatto che è un mito che introduce un forte elemento di propaganda. Siamo tutti purtroppo confrontati all'emergenza di questa retorica politica del great replacement, la grande sostituzione, che di solito è un elemento, diciamo così, un argomento che è tirato fuori da razzisti e fascisti di diversa appartenenza politica. Quando sentiamo parlare di great replacement, di grande sostituzione, perché arrivano gli immigrati o arrivano altre persone che entrano nel mondo del lavoro, identifichiamo immediatamente queste persone come dei razzisti.\r\nMa non li identifichiamo altrettanto facilmente quando invece ci viene presentata questa idea della grande sostituzione tecnologica. Cioè l'idea secondo la quale i lavoratori non perderanno il loro lavoro a causa di immigrati o nuovi soggetti sociali, ma a causa delle macchine. In realtà si tratta dello stesso tipo di ragionamento e se guardiamo bene chi lo porta, chi veicola questo tipo di discorso, sono le stesse persone. Una persona che purtroppo qui in Francia è molto conosciuta, che è Jordan Bardellà, e ci sono delle possibilità, una percentuale non nulla di possibilità che ce lo ritroviamo come prossimo presidente del Consiglio.\r\nJordan Bardellà è un noto esponente neofascista del partito Rassemblement National e lui ha più volte detto che ci sono due tipi di grandi sostituzioni che si preparano, quella da parte dell'ondata migratoria e poi quella da parte delle tecnologie. Quindi mette sullo stesso piano questo tipo di discorso. E lo stesso tipo di discorso, come dire, lo possiamo smontare nella stessa maniera, sostanzialmente dicendo che non è l'immigrato che ruba il lavoro all'autoctono, che non è la tecnologia che ruba il lavoro ai lavoratori attuali, ma si tratta di una scelta di investitori e di grandi capitalisti di far presentare queste tecnologie come potenzialmente distruttrici di lavoro.\r\nQuando in realtà, se noi guardiamo la storia di tutta l'automazione, dall'automazione meccanica di diversi secoli fa all'automazione detta intelligente di oggi, vediamo che queste tecnologie sono fatte per lavorare con gli esseri umani e che permettono, in linea di principio, a più esseri umani di accedere al lavoro.\r\nMa c'è un ma, non è una visione ottimistica la mia, queste tecnologie dette intelligenti, ovvero tutto quello che ha a che fare con soluzioni algoritmiche, con l'uso di dati, le tecnologie di machine learning, ovverosia di apprendimento automatico, hanno bisogno di tantissima gente che insegna le macchine a fare quello che fanno.\r\nChatGPT è un esempio che tutti hanno sotto gli occhi, che è capace di generare testo, ma se guardiamo anche nell'acronimo GPT, la P di GPT significa pre-trained, significa pre-addestrato. Significa che qualcuno gli ha insegnato a questa macchina a fare quello che fa, come si addestra un atleta, o come si insegna ad uno studente.\r\nE questo qualcuno, noi ce lo immaginiamo sempre come un ingegnere, un data scientist, un software developer, ma in realtà si tratta, nella maggior parte dei casi, che significa che abbiamo anche delle cifre che sono abbastanza impressionanti, parliamo di diverse centinaia di milioni di persone nel mondo, che fanno un lavoro molto più terra terra.\r\nPer esempio, non lo so, prendiamo delle immagini, che ne so, generate da utilizzatori su Instagram e iniziamo a taggare queste immagini, oppure a identificare oggetti in queste immagini. Per esempio, se c'è un viso umano, mettiamo un tag uomo o essere umano. Se c'è un animale, mettiamo animale, il tipo di animale. A cosa serve tutto questo? La prossima volta che queste immagini verranno, tra virgolette, mostrate a un'intelligenza artificiale, questa intelligenza artificiale poi, a forza di esempi, imparerà a riconoscere gli esseri umani e a fare la differenza tra un essere umano e un animale. Quindi questo è un esempio molto facile, molto terra terra.\r\nUn altro esempio potrebbe essere che ChatGPT ha bisogno che qualcuno annoti i testi, ovvero sia, , che questo testo sia segnato, sia etichettato come un testo in inglese che parla di sport e che è lungo 300 parole.\r\nQueste informazioni sono necessarie alla macchina, perché la macchina impari. Queste operazioni in realtà sono delle operazioni relativamente semplici, metto molto l'accento sul relativamente, e soprattutto molto mal pagate. Molto mal pagate, stiamo parlando in realtà di un pagamento che a volte può arrivare a 1 o 2 dollari all'ora, perché queste persone sono pagate o all'ora o sono pagate addirittura a contimo, ovvero per ogni tipo di piccola informazione che aggiungono al database vengono pagate qualche centesimo.\r\nCi sono delle piattaforme che sono accessibili a tutti, purtroppo, un po' in tutto il mondo, che permettono ai lavoratori di iscriversi e quindi di accettare, di realizzare queste task, questi compiti, queste mansioni molto mal pagate e alle aziende di reclutare a volte centinaia, di migliaia, a volte addirittura milioni di persone che sono messe a lavoro per sviluppare questa intelligenza artificiale.\r\n\r\nEcco, su questo, l'anno scorso hai pubblicato insieme ad altri due ricercatori, Maxime Cornet e Clement Leclerc. Un paper dal titolo appunto \"The problem with annotation. Human labour and outsourcing between France and Madagascar\". Ecco, abbiamo letto il paper, è molto interessantecome avete ricostruito insomma la filiera, stai dicendo già adesso, della catalogazione e della categorizzazione condotta da due start-up francesi attive in questo settore.\r\nMa nel mentre vi siete presi la briga di andare a intervistare nello specifico qua in Madagascar, ma poi sappiamo che avete fatto anche altre ricerche da altre parti.\r\nEcco, ti chiederei un pochino adesso di entrare un po' magari più nel dettaglio della ricerca, nel senso di darci magari un po' conto di come avete condotto la ricerca e farci anche magari qualche esempio concreto. E poi, dall'altro lato, come vengono utilizzate queste tecnologie poi nella pratica, sia quella di sorveglianza, sia quella di organizzazione, sia poi il risultato delle interviste.\r\n\r\nÈ più facile se ti racconto un pochettino come lavoriamo in generale. Allora, noi siamo un gruppo di una ventina di persone, si chiama DiPLab, che significa Digital Platform Labor, quindi è un laboratorio di ricerca sostanzialmente, e praticamente quello che facciamo è realizzare delle inchieste un po' dappertutto nel mondo, ma siamo molto specializzati sull'America Latina e l'Africa, abbiamo fatto una ventina di inchieste in 20 diversi paesi negli anni, a partire dal 2018, e questi paesi sono molto diversi.\r\nAllora, ci sono sostanzialmente dei paesi molto poveri, come per esempio il Venezuela in America Latina o il Madagascar in Africa che sono diventati dei centri nevralgici di questo lavoro mal pagato ma necessario per produrre le intelligenze artificiali.\r\nSostanzialmente noi abbiamo raccolto testimonianze di migliaia, quasi 4 mila, lavoratori e lavoratrici un po' in tutto il mondo. Stiamo adesso iniziando anche a guardare altri paese e altri continenti come l'India e il Bangladesh che come potrai immaginare sono enormi e sostanzialmente negli anni abbiamo visto che ci sono dei tipi molto chiari, che diventano chiari dal punto di vista dei profili socio-demografici delle persone che lavorano per queste piattaforme.\r\nTanto per cominciare abbiamo a che fare con delle persone che sono nel fiore degli anni, quindi sarebbe dire delle persone che dovrebbero essere ben piazzate sul mercato del lavoro, stiamo parlando di persone dai 20 a massimo i 40 anni e queste persone sono anche delle persone che hanno un alto livello di specializzazioni di educazione, cioè hanno dei diplomi, intervistiamo abbastanza frequentemente delle persone che hanno lauree, master, quindi ti puoi immaginare che queste persone ancora una volta dovrebbero essere le più avvantaggiate dal punto di vista del mercato del lavoro e invece non accedono a delle buone posizioni, non accedono a dei posti di lavoro e quindi devono accettare delle forme di lavoro molto più informali, molto più precarie, quindi lavorare per queste piattaforme.\r\nA volte lavorano da casa, per esempio in paesi come il Venezuela sono sostanzialmente delle persone che lavorano da casa, quindi ci possiamo sostanzialmente immaginare delle persone che hanno già un computer, di solito un vecchio computer distribuito dallo Stato una decina di anni fa, che fortunatamente, perché sono in Venezuela, non pagano l'elettricità o gli viene offerta a prezzi controllati,e quindi possono permettersi di fare una piccola aziendina a casa loro, dico un'aziendina per modo di dire perché in realtà non c'è nessun contratto, quindi si connettono a una piattaforma, accettano di realizzare dei task, ottengono dei pagamenti di qualche centesimo che alla fine del mese gli fa qualche dollaro. Siccome in Venezuela 6 o 8 dollari sono un buon salario mensile, e soprattutto il dollaro è più apprezzato del bolivar che è la moneta locale che ha tendenza a svalutarsi da un giorno all'altro, queste persone trovano questo lavoro abbastanza interessante e sostanzialmente si creano delle delle piccole collettività familiari. C'è certe volte, non lo so, certe ore del giorno è il padre che lavora a questa piattaforma, su questa piattaforma altre volte è la nonna, altre volte sono i figli. Questa è la situazione in un paese come il Venezuela.\r\nLa situazione in Madagascar è completamente diversa perché certo ci sono anche lì delle persone che lavorano da casa, molto meno perché la connessione costa cara e l'elettricità costa cara e in più ha tendenza al blackout, diciamo così, ma ci sono tantissime altre situazioni. Persone che lavorano in cybercafè, io per esempio in Madagascar sono andato in diversi cybercafè dove c'erano da una parte quelli che giocavano ai videogiochi e dall'altra quelli che facevano annotazione di immagini, o che facevano altri task.\r\nCi sono anche persone che lavorano da casa, come dicevo, e ci sono a volte degli uffici e delle aziende più classiche che assomigliano veramente a degli open space dove ci sono centinaia di persone che fanno dei turni di giorno e di notte e che fanno lavori di diverso tipo. Di solito queste sono delle mansioni un pochettino più complesse e delle mansioni soprattutto con aziende che lavorano da casa. Ci sono anche persone che impongono un certo livello di segreto industriale. Possono essere dei ministeri di governi stranieri, come abbiamo potuto vedere in Madagascar, a volte anche, e questo è molto più preoccupante, dei ministeri della difesa in diversi paesi stranieri e altre volte invece si tratta di grandi aziende, possono essere dei Google o delle Amazon, che hanno bisogno di dati di qualità.\r\nE' un'altra cosa che è stata molto eclatante, quello che quando noi l'abbiamo vissuto è stato certamente il più forte a livello di risultati. Stiamo parlando di un paio di anni fa, quando giustamente con i miei colleghi siamo andati andati diverse volte in Madagascar in realtà, perché è un paese abbastanza centrale.\r\nNel corso di questa missione, come la chiamiamo, nel 2022, siamo stati una settimana praticamente a vivere dentro, quasi, una casa che era stata trasformata in una fabbrica di click per l'intelligenza artificiale, una fabbrica di dati. Quindi ci dobbiamo immaginare una piccola casetta su due piani, con un garage, una soffitta, e praticamente in ogni stanza si entrava e c'erano da 20 a 30 persone su diversi computer che facevano dei task, che realizzavano della traduzione di dati o della notazione di dati, mettevano dei tag su delle immagini, vedi questo passo. Giorno e notte.\r\n\r\nNel caso specifico, uno dei casi, diciamo, più normali era quello di una azienda che aveva venduto degli scanner per i ristoranti aziendali. È presente quel tipo di situazione nei ristoranti aziendali. Si arriva con il vassoio, si passa il vassoio sotto uno scanner e questo vassoio ci dice automaticamente quanto dobbiamo pagare e quindi è tutto compactless e senza cassiere.\r\nQuello che non vi dicono è che però dall'altra parte del mondo ci sono delle persone che a volte in tempo reale fanno un lavoro di identificazione dei piatti del vostro vassoio. E questo è un lavoro che può diventare abbastanza complesso, soprattutto se consideriamo che, che ne so, i vassoi sono a volte in Germania e le persone che vedono che cosa c'è in questi vassoi si trovano in Mozambico, per esempio, e non ci sono gli stessi sistemi alimentari, non mangiano le stesse cose, non riconoscono gli stessi cibi. Quindi ci vuole tutto un lavoro di adattazione, di adattamento culturale. E un altro lavoro, invece, che è un altro progetto, che invece ci è sembrato particolarmente strano, poi siamo andati a grattare, lì era un'altra conferma di quello che sapevamo in realtà da lontano 2017, era che alcune di queste intelligenze artificiali non sono artificiali per niente. Ovvero, ossia, non c'è un vero e proprio algoritmo, ma c'è un finto algoritmo che in realtà è un certo numero di persone che a distanza realizzano questi task.\r\n\r\nQuindi l'esempio tipico, l'esempio vero, di cui parliamo poi nell'articolo, ma ne parliamo anche in altri contesti, è che, alcune persone che erano nel garage di questa casa di cui parlavo prima, facevano finta di essere una camera di videosorveglianza intelligente di quelle che si trovano nei supermercati.\r\nÈ una camera di videosorveglianza che viene venduta ai supermercati che riesce a riconoscere le persone e a interpretare i comportamenti delle persone. Se qualcuno ruba, non lo so, del cioccolato, del cibo per cani, questa camera, questa videocamera, invia un SMS al cassiere o alla cassiera e ci può essere un intervento in cui si può bloccare il ladro potenziale. Quello che non vi dicono è che in realtà questa videocamera intelligente è intelligente perché c'è l'intelligenza di questi lavoratori che vengono pagati molto poco e hanno dei turni abbastanza stretti, infatti devono in tempo reale comprendere quello che succede nei supermercati, hanno da 2 a 5 secondi per reagire e devono anche inviare dei finti sms automatici ai cassieri e alle cassiere in Europa, per esempio.\r\nQuindi si tratta di un caso che potrebbe essere assimilato a una frode, in realtà, ma che è molto più complesso e molto più comune, in realtà, perché tantissimi esempi di grandi intelligenze artificiali hanno dimostrato, e ci sono delle parti che non sono artificiali per niente.\r\nNel lontano 2019 abbiamo intervistato una persona che lavorava per Siri, quindi l'intelligenza artificiale di Apple, che diceva: \"io certe volte facevo l'intelligenza artificiale, perché certe volte Siri non funzionava bene e bisognava intervenire per fare un debugging in tempo reale\", per esempio. Solo che questo debugging in tempo reale significa simulare che ci sia un'intelligenza artificiale quando in realtà ci sono degli esseri umani. E questi esseri umani, questa è la parte più preoccupante, con questo finisco questo siparietto, erano anche molto mal pagati.\r\nPerché dobbiamo immaginarci che comunque, Antananarivo, la capitale del Madagascar, è una città grande, è una città relativamente cara rispetto al paese, che è un paese povero, ammettiamolo, però al tempo stesso la città non è una città nella quale si può vivere facilmente con qualche euro al mese. E nel caso specifico queste persone che addestravano o \"impersonavano\" un'intelligenza artificiale, venivano pagate tra i 90 e i 120 euro al mese. 90-120 euro al mese è ufficialmente il doppio del salario minimo del Madagascar, ma al tempo stesso non è sufficiente, soprattutto se queste persone hanno che ne so, una famiglia o dei figli . Quindi, sostanzialmente, queste persone erano anche bloccate in un lavoro precario e mal pagato che non gli permetteva di andare avanti.\r\nCon la loro carriera, con la loro vita, e ad avere delle prospettive, sostanzialmente, con il classico vicolo-ceco lavorativo che incontriamo tanto spesso ovunque nel mondo e sempre più spesso, ma che in questo caso diventa molto più grave perché è ufficialmente nel contesto della produzione di una delle più grandi fonti di ricchezza e di profitti degli ultimi anni, ovvero sia le intelligenze artificiali.\r\n\r\nE infatti l'esempio che hai dato mi ha ricordato due casi che erano emersi recentemente che avevamo avuto modo di commentare su questi microfoni , che uno è quello di Amazon dei negozi \"cashless\", che sembrava avere questo magico algoritmo che riesce a riconoscere in automatico quando le persone prendono un oggetto da uno scaffale, lo mettono nel carrello, gli addebitava diciamo il valore dell'oggetto, poi se magari lo rimettevano sullo scaffale glielo riaccreditava, eccetera. E rivelarono poi in realtà, si venne poi a scoprire che dietro questo magico algoritmo c'era un bacino di 20.000 lavoratori collocati in India, così come è uscito recentemente il caso di Presto Automation, una azienda in America che vendeva servizi di automazione alle casse per i fast food, il cui prodotto si era poi scoperto che aveva bisogno dell'intervento umano nel circa 70% dei casi. Quindi diciamo che la maggioranza poi delle azioni compiute da questi sistemi di appunto come dici te giustamente intelligenza artificiale dove poi dietro di artificiale non c'è niente, sono poi in realtà mantenuti da persone che spesso lavorano anche per una semplice questione di costi in paesi del secondo mondo, a prezzi che sarebbero diciamo inaccettabili nei paesi in cui quei negozi, quelle casse sono effettivamente collocate che poi alla fine è questo il vero vantaggio di questi strumenti. Perché tu alla fine hai un cassiere, , però lo paghi non al costo francese ma lo paghi al costo del Madagascar.\r\n\r\nCerto e c'è anche da aggiungere per esempio che non è soltanto questione di pagare i cassieri, ma cosa questo caso di off-shoring forzato determina per esempio per gli stati.\r\nTanto gli stati dei paesi a reddito basso, che hanno un costo di circa 25 miliardi di euro. C'è un costo di circa 25 miliardi di euro di reddito basso che per gli stati di paesi come per esempio, non lo so, i paesi europei c'è una perdita in termini di introiti fiscali, in termini di contributi, in termini di tutta una serie di altri servizi che normalmente sono dei servizi pubblici che sono finanziati a partire dal lavoro delle persone e a partire dalle aziende che pagano correttamente i lavoratori.\r\nSe queste aziende si sottraggono ai loro obblighi che ripeto sono di natura fiscale, contributiva, di previdenza sociale. Se si sottraggono a questi obblighi sostanzialmente stiamo sabotando lo stato sociale europeo in più oltre a danneggiare gli stati dei paesi terzi.\r\nNonché anche una cosa interessante che veniva fuori dalla ricerca, questo processo modifica anche il lavoro di chi rimane nel paese dove viene erogato il servizio.\r\nNella parte dei cassieri era anche abbastanza interessante vedere come il lavoro, per la parte delle videocamere di sicurezza, il lavoro dei cassieri e delle cassiere che rimangono sul posto viene a tutti gli effetti modificato perché si devono fare carico anche delle segnalazioni che vengono fatte dalle intelligenze artificiali o non artificiali remote, e quindi c'è paradossalmente un aumento del lavoro o anche una degradazione di chi mentre sta facendo un mestiere ne deve affiancare un'altro perché deve farsi interfaccia dell'intelligenza artificiale.\r\n\r\nEcco, su questo infatti ti volevo chiedere, riguardo poi a quella che è stata la vostra ricerca, se magari avete avuto modo di parlarne sia con chi in questo caso in Francia si trovava appunto ad avere il proprio lavoro modificato da queste intelligenze artificiali o nel caso specifico in Madagascar da chi è, nella componente degli sfruttati in questo colonialismo digitale, come queste persone poi percepiscano questa nuova trasformazione.\r\nMi riferisco in particolare a chi poi dà animo e forza a questi presunti algoritmi artificiali, di come poi questi percepiscano il fatto che quegli strumenti, quei prodotti in occidente vengano venduti come frutto della dell'intelligenza artificiale, e non come invece frutto del loro lavoro costante e quotidiano.\r\n\r\nGiustissima domanda che permette, che mi permette anche di raccontare un po' cosa facciamo oltre a girare il mondo e risolvere misteri come Scooby Doo.\r\nQuesta è la parte dove andiamo a raccogliere dati, intervistare persone, è una parte del nostro lavoro, poi c'è tutto quello che ha a che fare con aiutare i lavoratori a prendere coscienza, sviluppare soggettività, a organizzarsi e aiutare anche a volte stati, istituzioni internazionali o addirittura sindacati a inquadrare e aiutare e accompagnare meglio questi lavoratori, questo è un lavoro molto più vasto che però facciamo in diversi paesi del mondo. Ti do qualche esempio di come si può lavorare con per esempio i lavoratori in Europa che sono direttamente in Europa.\r\n\r\nPoi abbiamo un altro problema è che i lavoratori non sono stati colpiti da questa situazione, spesso sapendolo, cioè noi abbiamo a che fare con, per esempio non lo so, giusto ieri stavo continuando un lavoro con un'azienda francese, questa azienda francese ha subito un piano di ristrutturazione che è risultato in 250 licenziamenti, questi licenziamenti sono stati giustificati dall'arricuz di CIGPT e dell'intelligenza artificiale come se fosse una novità, il solito pretesto, in realtà i lavoratori hanno scoperto immediatamente dietro questa finta automatizzazione si nascondeva un caso di outsourcing di diverse centinaia di persone in un paese africano che erano messe lì a lavoro per far finta di essere un'intelligenza artificiale che ufficialmente ha distrutto i loro posti di lavoro. Quindi in questo caso la rivendicazione dei lavoratori licenziati che cercano di essere reintegrati o che cercano di essere rimborsati dei danni subiti si combina con il riconoscimento, con il fatto che sono oramai coscienti del fatto che ci sono masse di altri lavoratori in paesi terzi, nel caso specifico non soltanto in Africa ma anche in India per questa azienda di cui sto parlando e che quindi diventa una lotta internazionalista, ma perché internazionale di fatto?\r\n\r\nPerché non si possono risolvere i problemi di gente in Europa senza al tempo stesso prendere in conto quale ruolo e quali sono anche i danni subiti da persone in paesi terzi. Naturalmente noi lavoriamo anche in diversi paesi nei quali abbiamo condotto queste inchieste, nel caso specifico i due paesi sui quali stiamo lavorando di più ancora sono Madagascar e Kenya in Africa ci sono altri lavori in corso per paesi sudamericani come il Brasile e altri paesi africani come l'Egitto ma sono più diciamo così embrionali come come tipi di lavoro. Che tipo di lavoro facciamo? Beh a volte lavoriamo con le aziende, le aziende significa le piattaforme, per convincerle\r\nqueste piattaforme che sfruttano i lavoratori a trattarli meglio.\r\nE quindi adottare degli standard di lavoro equo, questi sono degli standard che sono stabiliti da un'organizzazione che si chiama Fair Work Project, che è condotta da nostri colleghi dell'Università di Oxford. Altre volte si tratta di applicare sostanzialmente le regole di gli standard internazionali di difesa del lavoro degno che invece sono stabiliti dall'ILO, cioè la International Labour Organization e con i quali, lavoriamo su altri progetti.\r\nQuindi sostanzialmente si tratta in certi casi di far applicare la legge, in altri casi si tratta di aiutare lo sviluppo di soggettività collettive da parte dei lavoratori. Per esempio quello che sta succedendo in Kenya è da una parte preoccupante, perché l'ordine pubblico del paese si è molto degradato, ma allo stesso molto interessante perché il Kenya è un paese che è stato al centro di una serie di rivelazioni molto forti negli ultimi due anni. Si è scoperto sostanzialmente che sia Meta, ovvero sia Facebook, che OpenAI, ovvero sia ChatGPT, si sono serviti di lavoratori keniani per adestrare le loro intelligenze artificiali, produrre dati e fare altri tipi di lavoro.\r\nQueste persone si sono in frattempo organizzate in diversi sindacati, uno si chiama Tech Workers, un altro si chiama African Content Moderators, sono dei sindacati che hanno oramai migliaia di iscritti e che partecipano anche alle manifestazioni che si stanno svolgendo in questo momento in Kenya contro la riforma finanziaria di quel paese. Quindi sostanzialmente vediamo progressivamente delle persone, delle organizzazioni che nascono all'interno di questo settore, che è dopo tutto un settore abbastanza sconosciuto, anche se veramente avrei dei dubbi a definirlo come un settore di nicchia, visto il numero di persone che secondo le stime degli ultimi anni iniziano ad esserci dentro, ma che si articolano, si combinano con movimenti molto più vasti e quindi ci sono anche delle forme embrionali di costruzione di coscienza di classe, se vogliamo, o di costruzione di movimenti multitudinari nei quali questi laboratori di dati entrano a far parte.\r\n\r\nMi sposterei un attimo su una questione che avevo ripreso appunto dal tuo libro Schiavi del Clic, ma che poi insomma è anche ricitato in vari articoli, che è noto come il paradosso di Solow su come sia stato misurato che la digitalizzazione nella manifattura e l'automazione nei servizi non abbiano poi portato a un reale aumento della produttività, anzi addirittura all'inizio del ventunesimo secolo si misura una decrescita nella produttività portata da questi strumenti.\r\nStrumenti che invece avrebbero dovuto, non dico sostituire il lavoro umano, ma quantomeno aumentarne la capacità produttiva.\r\nDa questo punto di vista, se la digitalizzazione ha avuto un impatto tanto trascurabile, perché rimane comunque una delle principali voci di investimentoda parte di grandi corporazioni e dei governi?\r\n\r\nAllora, do una precisazione piccolissima di natura statistica, anche se poi un po' scocciante, pedante da parte mia, quello che diminuisce è il tasso di crescita della produttività, quindi significa che la produttività continua a crescere, certo, ma in maniera molto meno veloce e in certi casi la crescita si è interrotta, non c'è una diminuzione della produttività, ecco, significa che sostanzialmente a forza tu puoi introdurre tutta l'automazione che vuoi, la produttività non cresce, poi la produttività cresce anche per altri motivi, perché sostanzialmente se ci sono altri metodi che non sono di natura automatica, ma possono essere, che ne so, riorganizzazione del lavoro, oppure la disponibilità di infrastrutture, la produttività potrebbe crescere, ma quello che giustamente sottolinei nella tua domanda è per quale motivo, malgrado i risultati dell'automatizzazione non ci siano dal punto di vista della produttività, si continua a investire tanto?\r\nBeh, perché risponderei, ci sono dei risultati per gli investitori in termini di profitto, in termini di rendita economica, quindi malgrado la produttività non aumenti, loro riescono comunque a creare dei profitti, e creare dei profitti sostanzialmente grazie al fatto che oggi come oggi non hai bisogno di avere un prodotto che funziona e nemmeno di venderlo volendo, perché le grandi aziende e le grandi piattaforme degli ultimi anni sono basate su un'idea di, a grosso modo, di soppensioni da parte dei produttori. Quindi, la città è un'azienda, che ha delle piccole aziende che vengono fatte a volte di stati e a volte di grandi investitori, è quello che si chiama il venture capitalism, quindi significa che ci sono dei grandi finanziatori che ti pagano, ti danno dei finanziamenti, delle sovvenzioni di centinaia di miliardi e sperano che un giorno forse tu riuscirai a fare un profitto, ma in certi casi, ti posso citare il caso di Uber, questo profitto non arriva mai.\r\nUber è arrivato a fare un utile , alla fine dell'anno scorso, a mostrare per la prima volta da quando è stata creata un minimo di profitto, non perché è riuscita a vendere meglio il suo prodotto, ovvero la sua piattaforma, che continua a essere in perdita. Uber in realtà spende molto di più a convincerti a usare Uber che non quello che guadagna facendoti usare Uber.\r\nSono riusciti a fare un minimo di profitto perché hanno fatto un'acquisizione di un'altra azienda che aveva un bilancio positivo.\r\nMa questo significa sostanzialmente che ci sono delle incitazioni, degli incentivi per i grandi investitori di continuare a investire nell'intelligenza artificiale, anche se poi il tornaconto non c'è. Certo non c'è il tornaconto a livello collettivo perché gli stati non ci guadagnano abbastanza, i lavoratori certamente non ci guadagnano in questa situazione e le aziende stesse continuano a fare perdite, ma in questo caso di venture capitalism ci sono ancora degli imbecilli che continuano a finanziarli. Questi imbecilli sono degli imbecilli pericolosi.\r\nStiamo parlando di persone del calibro di Mark Andresen o Peter Thiel. Dei nomi che forse non dicono niente alle persone che ci ascoltano. La cosiddetta paypal mafia anche nota. Sì esattamente. Persone che sono vicine a noti esponenti dell'estrema destra come Elon Musk e compagnie. Loro stessi sono delle persone di estrema destra. Mark Andresen è uno che pubblicamente ha dichiarato di quanto era bello il colonialismo. Peter Thiel è un eugenista dichiarato. Un pro-trumpiano nichilista , e queste persone sono quelli che continuano a finanziare questi grandi sforzi di investimento che sono pericolosi dal punto di vista sociale, dal punto di vista economico e aggiungerei anche, anche se poi di questo ne parliamo più recentemente in testi che non sono ancora stati tradotti in inglese in certi casi, anche hanno un impatto ecologico serissimo.\r\nPerché investire in grandi infrastrutture come ChatGPT significa anche investire in data center, significa investire nell'estrazione mineraria e nell'uso di energie che non sono certamente sostenibili.\r\nNon sono certamente un caso di tecnologia verde malgrado il fatto che cerchino costantemente di vendersi come green AI, quindi di fare un pochettino di ripulitura e di riciclaggio. Quindi l'uso fatto della retorica ecologista per cercare di vendere quello che fanno ha un serio impatto se pensiamo soltanto agli investimenti proposti da Sam Altman, quindi uno dei principali creatori di ChatGPT, stiamo parlando di un fabbisogno energetico che supera ampiamente tutte le tecnologie che abbiamo avuto finora.\r\nE quindi questo servirebbe soltanto a creare cosa? Un chatbot che risponde alle mie richieste astuse di ricette, magari la ricetta di una torta ssacher ma scritte come fosse un sonetto di Shakespeare, che è la cosa più inutile del mondo a pensarci.\r\n\r\n\r\nAntonio su questo non so se ci puoi dedicare ancora qualche minuto, volevo su questo farti ancora due domande proprio sul tema ambientale.\r\nAnche da questi microfoni abbiamo più volte portato approfondimenti, per esempio un dato delle ultime settimane è che le previsioni sono che i data center negli Stati Uniti consumeranno il 10% di tutta l'elettricità prodotte nel paese entro il 2030, ogni settimana escono annunci di questo tipo. E in generale, anche invece riportando un po' l'argomento su un piano politico, negli ultimi anni c'è stato un tentativo a più riprese di creare punti di convergenza tra quelle che sono le distopie digitali che con te abbiamo sottolineato in questa intervista e invece delle lotte ambientali che rappresentano sicuramente un punto di vista anche un po' più avanzato dal punto di vista anche dello stato di salute dei movimenti. Basti pensare appunto che termini costrutti di ricerca come l'estrattivismo digitale e altri sono stati proprio mutuati da una parte all'altra, presi dal mondo dell'ecologia.\r\nEcco, questo è sicuramente un tentativo che si è fatto, molto interessante, però noi rileviamo anche che negli ultimi anni questa potenziale alleanza e punti di convergenza stenta un po' a costruirsi. Non so, anche dal nostro punto di vista spesso e volentieri abbiamo cercato di portare questi discorsi all'interno anche di iniziative politiche e movimenti, ma si fa un po' fatica, un po' per la natura delle lotte ambientali che pur essendo a una vocazione sicuramente internazionale di ampio respiro spesso sono estremamente localizzate, e invece lavori come il tuo ad esempio che ci portano a attraversare delle filiere che poi camminano un po' in tutto il mondo.\r\nEcco, tu come vedi questa situazione? Come vedi il rapporto in generale e quali potrebbero essere secondo te nuovi punti di convergenza tra le movimenti nel digitale sia sindacali che internazionali?\r\n\r\nAllora, diciamo che in un certo senso penso che i problemi siano di due tipi il primo è che attualmente i movimenti ambientalisti a livello internazionale sono ancora molto diversi e che non c'è stata una chiara separazione tra, diciamo, un'ala riformista, chiamiamola così sostanzialmente quella che è più compatibile con delle istanze capitaliste e quindi sostanzialmente per farla corta sono quelli che propongono l'idea che c'è una tecnologia sostenibile basta semplicemente scegliere il meno peggio o addirittura pensare a una tecnologia che possa essere effettivamente green e dall'altra parte un'area massimalista dei movimenti ecologistici che invece sostanzialmente sostengono quella che possiamo chiamare una redirezione ecologica ovvero bisogna veramente avere un sussulto politico per cambiare completamente la maniera di considerare queste cose e né l'una né l'altra nel caso specifico al di là di queste diciamo di questa complessità dei movimenti ecologici attuali ambientalisti attuali né l'una né l'altra ha una visione completa se vogliamo forse un po' quelli della redirezione ecologica perché ci sarebbe bisogno di avere una specie di cartografia di che cosa fanno le intelligenze artificiali a non soltanto le filiere o le supply chains ma anche a posti che sono a volte molto distanti da noi ed è difficile immaginarsi quali sono le condizioni di vita o quali sono le condizioni stesse ambientali in paesi come la Bolivia considerando che la maggior parte di noi non ci ha mai messo piede in Bolivia immaginarsi che ci siano l'adi di sale come è il caso di Bolivia e di Uyuni che è il più grande giacimento di litio del mondo che è talmente centrale per le nostre batterie di tutto quello che abbiamo in tasca dallo smartphone al tablet per chi ce l'ha le biciclette elettriche o i veicoli elettrici, le automobili questa cosa di immaginarsi quanto importante sia un posto talmente lontano da noi da qualcosa che è così vicino a noi che abbiamo nelle nostre tasche questo è uno sforzo serio è uno sforzo serio che però ha nel futuro una necessità di svilupparsi e che si svilupperà purtroppo perché queste lotte ecologiche arrivano sempre più vicino a noi se pensiamo in particolare a una faccenda che è un po' diversa la questione dei data center i data center non sono per la maggior parte situati in paesi terzi a basso reddito ma sono per la maggior parte dei casi messi dietro l'angolo rispetto a noi sono in Italia, sono in Francia sono negli Stati Uniti certo sono anche in Cina e in maniera crescente perché la Cina non è più da tanti tanti anni un paese povero ma sono sostanzialmente nel nord del mondo e nel nord del mondo sono dei posti dove sono delle strutture che pesano molto sul consumo energetico paesi come l'Irlanda che sono oggi dei grandi hub per i data center sono dei paesi nei quali l'infrastruttura di produzione dell'elettricità è molto affaticata dalla presenza di questi data center in Spagna si stanno sviluppando dei collettivi che mettono insieme tecnologia e piuttosto critica tecnologica e critica ecologica che si oppongono per esempio alla creazione di nuovi data center in posti che specialmente in Spagna sono già desertici e che quindi non hanno bisogno in più di questo ennesimo peso quindi queste sono delle prospettive che sono interessanti e aggiungo che sono interessanti purtroppo perché sono delle questioni e dei problemi ecologici sempre più pressanti che arrivano sempre più vicino alle nostre case e che se finora non c'è stata una diciamo così un'alleanza tra movimenti di critica tecnologica e movimenti di rivendicazione legate all'ambiente questo secondo me cambierà molto presto\r\n\r\n \r\n\r\nHai qualcosa da aggiungere o altri riferimenti che vuoi darci per chi ci ascolta per seguire il vostro lavoro o anche altri lavori che reputi interessanti su questi temi?\r\n\r\nAllora voglio invitare coloro che ci ascoltano se sono interessati e interessate, l'otto luglio c'è il lancio a distanza, nel senso che è un evento virtuale ed è gratis, e si può partecipare da tutto il mondo, che si chiama Workers Inquiry. Per gli italiani traduzione è semplicemente inchiesta operaia.\r\nWorkers Inquiry è il lavoro, la produzione di una mia carissima collega e amica e anche lei membra di DiPLab che si chiama Milagros Miceli che è una ricercatrice che da tanti anni lavora a Berlino per il Weizenbaum Institute e che ha avuto questa idea assolutamente geniale, ovvero piuttosto che, come lo facciamo noi da tanti anni, girare il mondo e andare a intervistare persone, aiutare i lavoratori dei dati, ovvero i microlaboratori di cui ho parlato finora, questi che attestano l'intelligenza artificiale, a raccontare le loro stesse condizioni di lavoro e a condurre loro stessi delle inchieste sulle proprie condizioni di lavoro.Ed è una maniera di effettivamente ricollegarsi alla grande tradizione operaista.\r\nMa vi posso anche assicurare che è un risultato anche da un punto di vista sociale, politico, perché ci sono queste persone che l'8 luglio parleranno durante il lancio di questa iniziativa e quindi vedrete testimonianze di persone dal Kenya, dall'Iran, dal Venezuela, da tanti altri posti e dalla Germania ovviamente, ma soprattutto ci sono anche degli estratti video che sono di grandissima qualità. Quindi vi consiglio di cercare Workers Inquiry Milagros Miceli su internet e di connettervi l'8 luglio, quindi tra qualche giorno.","11 Luglio 2024","2024-07-11 12:19:56","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/rick-rothenberg-kroIft6D9wk-unsplash-scaled-1-200x110.jpg","StakkaStakka 3 Luglio 2024 – Intervista Antonio Casilli","podcast",1720700396,[],[],{"post_content":324},{"matched_tokens":325,"snippet":326,"value":327},[72,73],"è ufficialmente il doppio del \u003Cmark>salario\u003C/mark> \u003Cmark>minimo\u003C/mark> del Madagascar, ma al tempo","Puntata completa\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/stakkastakka-231.mp3\"][/audio]\r\n\r\nIntervista Antonio Casilli\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/stakkastakka-casilli.mp3\"][/audio]\r\n\r\nCollegato con noi c'è Antonio Casilli, professore dell'Istituto Politecnico di Parigi e autore di diversi lavori, tra cui un libro pubblicato in Italia nel 2021, Schiavi del Click. Fa parte del gruppo di ricerca DiPLab.\r\n\r\nAllora Antonio, noi ti abbiamo contattato perché al di là del tuo libro che ha avuto un discreto successo, è che sia in Italia che in Francia, dove mi pare l'hai pubblicato la prima volta nel 2019, sappiamo anche che a breve verrà pubblicato in un'edizione inglese, aggiornata, non ho capito se è già pubblicato o verrà pubblicato a quest'autunno.\r\n\r\nAllora, sto rivedendo per l'ennesima volta le bozze, quindi esce tra qualche mese in America con la Chicago University Press e quindi siamo molto eccitati tutti.\r\nPer questa opportunità di parlare a un pubblico più vasto, ecco.\r\n\r\nEcco, allora a partire proprio dal tuo lavoro abbiamo diverse domande per arrivare poi anche agli ultimissime ricerche che hai fatto con i tuoi collaboratori e altri ricercatori. Ma prima di arrivare un attimo a questo tema vorremmo un attimo definirne dei contorni e quindi incominciare chiedendoti un pochino come sei arrivato negli ultimi anni nel tuo lavoro di ricerca a occuparti di lavoro digitale e in particolar modo di intelligenza artificiale e la sua intersezione col mondo del lavoro.\r\n\r\nAllora diciamo che io ho un percorso un po' lungo perché sono vecchietto e strano perché comincia in Italia diciamo in giri operaisti e autonomi, stiamo parlando di diversi decenni fa, e poi quando mi sono trasferito all'estero il tutto si è articolato, si è complessificato perché ho iniziato soprattutto a interessarmi alla sociologia di internet, quindi da sociologo e un po' economista, decisamente interessato alle tematiche del lavoro, sono arrivato a questa grande questione che è: che cosa fa l'intelligenza artificiale al lavoro?\r\nLa risposta tipica sarebbe: l'intelligenza artificiale distrugge il lavoro, ma dopo anni di ricerche con i miei collaboratori in diverse parti del mondo e poi ne riparleremo quali, sono arrivato a una conclusione un po' diversa e cioè sarebbe a dire che tanto per cominciare questa idea della distruzione dei posti di lavoro è un pretesto.\r\nI posti di lavoro sono distrutti ma sono distrutti per una scelta degli imprenditori, per una scelta dei poteri pubblici, per una scelta dei capitalisti sostanzialmente e si usano le macchine.\r\nMa queste macchine in realtà non funzionano tanto bene, perché per farle funzionare ancora oggi c'è bisogno di tantissimo lavoro nascosto e questo lavoro nascosto viene chiamato digital labor o micro lavoro o lavoro dei dati, insomma ci sono tante maniere di definirlo, ma è sostanzialmente un lavoro che è necessario per tenere su grandi exploit tecnologici come per esempio ChatGPT.\r\nChatGPT non funziona soltanto per la magia degli algoritmi, ma come è stato dimostrato già subito dopo il suo lancio nel novembre 2022 ci sono diverse migliaia di persone che stanno lì a filtrare i dati e tantissime altre ancora di più che stanno lì a verificare se le risposte sono corrette, a volte siamo noi stessi, a volte sono delle persone pagate.\r\nMa queste persone sono pagate molto poco, vivono in condizioni di lavoro terribili che noi documentiamo un po' in tutto il mondo perché, e qui riveniamo a dove sono messi, anche se queste grandi imprese tecnologiche sono spesso presentate come la Silicon Valley o tutt'al più facciamo lo sforzo di vederle anche in Cina, nei grandi distretti industriali cinesi, in realtà sono largamente delle tecnologie sviluppate in paesi a basso reddito.\r\nQuindi quelli che venivano una volta chiamati paesi in via di sviluppo che nel frattempo si sono ampiamente sviluppati ma che continuano a avere seri problemi di distribuzione ineguale dei redditi, forti tassi di povertà, forti percentuali di persone che sono pronte a lavorare per pochissimo e quindi sono lì che le grandi imprese come OpenAI, come Meta vanno a raccogliere, per aiutare questi lavoratori poveri dei dati.\r\n\r\nPrendiamo un tema che tu hai affrontato più volte sia nel tuo libro ma anche in numerose ricerche che hai pubblicato, che è quello della scomparsa del lavoro, un tema che cerchi di andare a smontare a più riprese su come le nuove tecnologie, che siano l'automazione nei processi produttivi o le intelligenze artificiali nei servizi e nel commercio vadano a rendere inutile il lavoro umano. Ecco secondo te a quali fenomeni possiamo invece ricondurre quello che è poi l'impatto reale dell'adozione di prodotti commerciali basati su intelligenza artificiale nel mondo del lavoro? E poi come nasce questo mito della scomparsa del lavoro?\r\n\r\nSe vogliamo il mito della scomparsa del lavoro è un prodotto ideologico del sistema capitalistico attuale.\r\nQuando parlo di ideologia parlo veramente del fatto che è un mito che introduce un forte elemento di propaganda. Siamo tutti purtroppo confrontati all'emergenza di questa retorica politica del great replacement, la grande sostituzione, che di solito è un elemento, diciamo così, un argomento che è tirato fuori da razzisti e fascisti di diversa appartenenza politica. Quando sentiamo parlare di great replacement, di grande sostituzione, perché arrivano gli immigrati o arrivano altre persone che entrano nel mondo del lavoro, identifichiamo immediatamente queste persone come dei razzisti.\r\nMa non li identifichiamo altrettanto facilmente quando invece ci viene presentata questa idea della grande sostituzione tecnologica. Cioè l'idea secondo la quale i lavoratori non perderanno il loro lavoro a causa di immigrati o nuovi soggetti sociali, ma a causa delle macchine. In realtà si tratta dello stesso tipo di ragionamento e se guardiamo bene chi lo porta, chi veicola questo tipo di discorso, sono le stesse persone. Una persona che purtroppo qui in Francia è molto conosciuta, che è Jordan Bardellà, e ci sono delle possibilità, una percentuale non nulla di possibilità che ce lo ritroviamo come prossimo presidente del Consiglio.\r\nJordan Bardellà è un noto esponente neofascista del partito Rassemblement National e lui ha più volte detto che ci sono due tipi di grandi sostituzioni che si preparano, quella da parte dell'ondata migratoria e poi quella da parte delle tecnologie. Quindi mette sullo stesso piano questo tipo di discorso. E lo stesso tipo di discorso, come dire, lo possiamo smontare nella stessa maniera, sostanzialmente dicendo che non è l'immigrato che ruba il lavoro all'autoctono, che non è la tecnologia che ruba il lavoro ai lavoratori attuali, ma si tratta di una scelta di investitori e di grandi capitalisti di far presentare queste tecnologie come potenzialmente distruttrici di lavoro.\r\nQuando in realtà, se noi guardiamo la storia di tutta l'automazione, dall'automazione meccanica di diversi secoli fa all'automazione detta intelligente di oggi, vediamo che queste tecnologie sono fatte per lavorare con gli esseri umani e che permettono, in linea di principio, a più esseri umani di accedere al lavoro.\r\nMa c'è un ma, non è una visione ottimistica la mia, queste tecnologie dette intelligenti, ovvero tutto quello che ha a che fare con soluzioni algoritmiche, con l'uso di dati, le tecnologie di machine learning, ovverosia di apprendimento automatico, hanno bisogno di tantissima gente che insegna le macchine a fare quello che fanno.\r\nChatGPT è un esempio che tutti hanno sotto gli occhi, che è capace di generare testo, ma se guardiamo anche nell'acronimo GPT, la P di GPT significa pre-trained, significa pre-addestrato. Significa che qualcuno gli ha insegnato a questa macchina a fare quello che fa, come si addestra un atleta, o come si insegna ad uno studente.\r\nE questo qualcuno, noi ce lo immaginiamo sempre come un ingegnere, un data scientist, un software developer, ma in realtà si tratta, nella maggior parte dei casi, che significa che abbiamo anche delle cifre che sono abbastanza impressionanti, parliamo di diverse centinaia di milioni di persone nel mondo, che fanno un lavoro molto più terra terra.\r\nPer esempio, non lo so, prendiamo delle immagini, che ne so, generate da utilizzatori su Instagram e iniziamo a taggare queste immagini, oppure a identificare oggetti in queste immagini. Per esempio, se c'è un viso umano, mettiamo un tag uomo o essere umano. Se c'è un animale, mettiamo animale, il tipo di animale. A cosa serve tutto questo? La prossima volta che queste immagini verranno, tra virgolette, mostrate a un'intelligenza artificiale, questa intelligenza artificiale poi, a forza di esempi, imparerà a riconoscere gli esseri umani e a fare la differenza tra un essere umano e un animale. Quindi questo è un esempio molto facile, molto terra terra.\r\nUn altro esempio potrebbe essere che ChatGPT ha bisogno che qualcuno annoti i testi, ovvero sia, , che questo testo sia segnato, sia etichettato come un testo in inglese che parla di sport e che è lungo 300 parole.\r\nQueste informazioni sono necessarie alla macchina, perché la macchina impari. Queste operazioni in realtà sono delle operazioni relativamente semplici, metto molto l'accento sul relativamente, e soprattutto molto mal pagate. Molto mal pagate, stiamo parlando in realtà di un pagamento che a volte può arrivare a 1 o 2 dollari all'ora, perché queste persone sono pagate o all'ora o sono pagate addirittura a contimo, ovvero per ogni tipo di piccola informazione che aggiungono al database vengono pagate qualche centesimo.\r\nCi sono delle piattaforme che sono accessibili a tutti, purtroppo, un po' in tutto il mondo, che permettono ai lavoratori di iscriversi e quindi di accettare, di realizzare queste task, questi compiti, queste mansioni molto mal pagate e alle aziende di reclutare a volte centinaia, di migliaia, a volte addirittura milioni di persone che sono messe a lavoro per sviluppare questa intelligenza artificiale.\r\n\r\nEcco, su questo, l'anno scorso hai pubblicato insieme ad altri due ricercatori, Maxime Cornet e Clement Leclerc. Un paper dal titolo appunto \"The problem with annotation. Human labour and outsourcing between France and Madagascar\". Ecco, abbiamo letto il paper, è molto interessantecome avete ricostruito insomma la filiera, stai dicendo già adesso, della catalogazione e della categorizzazione condotta da due start-up francesi attive in questo settore.\r\nMa nel mentre vi siete presi la briga di andare a intervistare nello specifico qua in Madagascar, ma poi sappiamo che avete fatto anche altre ricerche da altre parti.\r\nEcco, ti chiederei un pochino adesso di entrare un po' magari più nel dettaglio della ricerca, nel senso di darci magari un po' conto di come avete condotto la ricerca e farci anche magari qualche esempio concreto. E poi, dall'altro lato, come vengono utilizzate queste tecnologie poi nella pratica, sia quella di sorveglianza, sia quella di organizzazione, sia poi il risultato delle interviste.\r\n\r\nÈ più facile se ti racconto un pochettino come lavoriamo in generale. Allora, noi siamo un gruppo di una ventina di persone, si chiama DiPLab, che significa Digital Platform Labor, quindi è un laboratorio di ricerca sostanzialmente, e praticamente quello che facciamo è realizzare delle inchieste un po' dappertutto nel mondo, ma siamo molto specializzati sull'America Latina e l'Africa, abbiamo fatto una ventina di inchieste in 20 diversi paesi negli anni, a partire dal 2018, e questi paesi sono molto diversi.\r\nAllora, ci sono sostanzialmente dei paesi molto poveri, come per esempio il Venezuela in America Latina o il Madagascar in Africa che sono diventati dei centri nevralgici di questo lavoro mal pagato ma necessario per produrre le intelligenze artificiali.\r\nSostanzialmente noi abbiamo raccolto testimonianze di migliaia, quasi 4 mila, lavoratori e lavoratrici un po' in tutto il mondo. Stiamo adesso iniziando anche a guardare altri paese e altri continenti come l'India e il Bangladesh che come potrai immaginare sono enormi e sostanzialmente negli anni abbiamo visto che ci sono dei tipi molto chiari, che diventano chiari dal punto di vista dei profili socio-demografici delle persone che lavorano per queste piattaforme.\r\nTanto per cominciare abbiamo a che fare con delle persone che sono nel fiore degli anni, quindi sarebbe dire delle persone che dovrebbero essere ben piazzate sul mercato del lavoro, stiamo parlando di persone dai 20 a massimo i 40 anni e queste persone sono anche delle persone che hanno un alto livello di specializzazioni di educazione, cioè hanno dei diplomi, intervistiamo abbastanza frequentemente delle persone che hanno lauree, master, quindi ti puoi immaginare che queste persone ancora una volta dovrebbero essere le più avvantaggiate dal punto di vista del mercato del lavoro e invece non accedono a delle buone posizioni, non accedono a dei posti di lavoro e quindi devono accettare delle forme di lavoro molto più informali, molto più precarie, quindi lavorare per queste piattaforme.\r\nA volte lavorano da casa, per esempio in paesi come il Venezuela sono sostanzialmente delle persone che lavorano da casa, quindi ci possiamo sostanzialmente immaginare delle persone che hanno già un computer, di solito un vecchio computer distribuito dallo Stato una decina di anni fa, che fortunatamente, perché sono in Venezuela, non pagano l'elettricità o gli viene offerta a prezzi controllati,e quindi possono permettersi di fare una piccola aziendina a casa loro, dico un'aziendina per modo di dire perché in realtà non c'è nessun contratto, quindi si connettono a una piattaforma, accettano di realizzare dei task, ottengono dei pagamenti di qualche centesimo che alla fine del mese gli fa qualche dollaro. Siccome in Venezuela 6 o 8 dollari sono un buon \u003Cmark>salario\u003C/mark> mensile, e soprattutto il dollaro è più apprezzato del bolivar che è la moneta locale che ha tendenza a svalutarsi da un giorno all'altro, queste persone trovano questo lavoro abbastanza interessante e sostanzialmente si creano delle delle piccole collettività familiari. C'è certe volte, non lo so, certe ore del giorno è il padre che lavora a questa piattaforma, su questa piattaforma altre volte è la nonna, altre volte sono i figli. Questa è la situazione in un paese come il Venezuela.\r\nLa situazione in Madagascar è completamente diversa perché certo ci sono anche lì delle persone che lavorano da casa, molto meno perché la connessione costa cara e l'elettricità costa cara e in più ha tendenza al blackout, diciamo così, ma ci sono tantissime altre situazioni. Persone che lavorano in cybercafè, io per esempio in Madagascar sono andato in diversi cybercafè dove c'erano da una parte quelli che giocavano ai videogiochi e dall'altra quelli che facevano annotazione di immagini, o che facevano altri task.\r\nCi sono anche persone che lavorano da casa, come dicevo, e ci sono a volte degli uffici e delle aziende più classiche che assomigliano veramente a degli open space dove ci sono centinaia di persone che fanno dei turni di giorno e di notte e che fanno lavori di diverso tipo. Di solito queste sono delle mansioni un pochettino più complesse e delle mansioni soprattutto con aziende che lavorano da casa. Ci sono anche persone che impongono un certo livello di segreto industriale. Possono essere dei ministeri di governi stranieri, come abbiamo potuto vedere in Madagascar, a volte anche, e questo è molto più preoccupante, dei ministeri della difesa in diversi paesi stranieri e altre volte invece si tratta di grandi aziende, possono essere dei Google o delle Amazon, che hanno bisogno di dati di qualità.\r\nE' un'altra cosa che è stata molto eclatante, quello che quando noi l'abbiamo vissuto è stato certamente il più forte a livello di risultati. Stiamo parlando di un paio di anni fa, quando giustamente con i miei colleghi siamo andati andati diverse volte in Madagascar in realtà, perché è un paese abbastanza centrale.\r\nNel corso di questa missione, come la chiamiamo, nel 2022, siamo stati una settimana praticamente a vivere dentro, quasi, una casa che era stata trasformata in una fabbrica di click per l'intelligenza artificiale, una fabbrica di dati. Quindi ci dobbiamo immaginare una piccola casetta su due piani, con un garage, una soffitta, e praticamente in ogni stanza si entrava e c'erano da 20 a 30 persone su diversi computer che facevano dei task, che realizzavano della traduzione di dati o della notazione di dati, mettevano dei tag su delle immagini, vedi questo passo. Giorno e notte.\r\n\r\nNel caso specifico, uno dei casi, diciamo, più normali era quello di una azienda che aveva venduto degli scanner per i ristoranti aziendali. È presente quel tipo di situazione nei ristoranti aziendali. Si arriva con il vassoio, si passa il vassoio sotto uno scanner e questo vassoio ci dice automaticamente quanto dobbiamo pagare e quindi è tutto compactless e senza cassiere.\r\nQuello che non vi dicono è che però dall'altra parte del mondo ci sono delle persone che a volte in tempo reale fanno un lavoro di identificazione dei piatti del vostro vassoio. E questo è un lavoro che può diventare abbastanza complesso, soprattutto se consideriamo che, che ne so, i vassoi sono a volte in Germania e le persone che vedono che cosa c'è in questi vassoi si trovano in Mozambico, per esempio, e non ci sono gli stessi sistemi alimentari, non mangiano le stesse cose, non riconoscono gli stessi cibi. Quindi ci vuole tutto un lavoro di adattazione, di adattamento culturale. E un altro lavoro, invece, che è un altro progetto, che invece ci è sembrato particolarmente strano, poi siamo andati a grattare, lì era un'altra conferma di quello che sapevamo in realtà da lontano 2017, era che alcune di queste intelligenze artificiali non sono artificiali per niente. Ovvero, ossia, non c'è un vero e proprio algoritmo, ma c'è un finto algoritmo che in realtà è un certo numero di persone che a distanza realizzano questi task.\r\n\r\nQuindi l'esempio tipico, l'esempio vero, di cui parliamo poi nell'articolo, ma ne parliamo anche in altri contesti, è che, alcune persone che erano nel garage di questa casa di cui parlavo prima, facevano finta di essere una camera di videosorveglianza intelligente di quelle che si trovano nei supermercati.\r\nÈ una camera di videosorveglianza che viene venduta ai supermercati che riesce a riconoscere le persone e a interpretare i comportamenti delle persone. Se qualcuno ruba, non lo so, del cioccolato, del cibo per cani, questa camera, questa videocamera, invia un SMS al cassiere o alla cassiera e ci può essere un intervento in cui si può bloccare il ladro potenziale. Quello che non vi dicono è che in realtà questa videocamera intelligente è intelligente perché c'è l'intelligenza di questi lavoratori che vengono pagati molto poco e hanno dei turni abbastanza stretti, infatti devono in tempo reale comprendere quello che succede nei supermercati, hanno da 2 a 5 secondi per reagire e devono anche inviare dei finti sms automatici ai cassieri e alle cassiere in Europa, per esempio.\r\nQuindi si tratta di un caso che potrebbe essere assimilato a una frode, in realtà, ma che è molto più complesso e molto più comune, in realtà, perché tantissimi esempi di grandi intelligenze artificiali hanno dimostrato, e ci sono delle parti che non sono artificiali per niente.\r\nNel lontano 2019 abbiamo intervistato una persona che lavorava per Siri, quindi l'intelligenza artificiale di Apple, che diceva: \"io certe volte facevo l'intelligenza artificiale, perché certe volte Siri non funzionava bene e bisognava intervenire per fare un debugging in tempo reale\", per esempio. Solo che questo debugging in tempo reale significa simulare che ci sia un'intelligenza artificiale quando in realtà ci sono degli esseri umani. E questi esseri umani, questa è la parte più preoccupante, con questo finisco questo siparietto, erano anche molto mal pagati.\r\nPerché dobbiamo immaginarci che comunque, Antananarivo, la capitale del Madagascar, è una città grande, è una città relativamente cara rispetto al paese, che è un paese povero, ammettiamolo, però al tempo stesso la città non è una città nella quale si può vivere facilmente con qualche euro al mese. E nel caso specifico queste persone che addestravano o \"impersonavano\" un'intelligenza artificiale, venivano pagate tra i 90 e i 120 euro al mese. 90-120 euro al mese è ufficialmente il doppio del \u003Cmark>salario\u003C/mark> \u003Cmark>minimo\u003C/mark> del Madagascar, ma al tempo stesso non è sufficiente, soprattutto se queste persone hanno che ne so, una famiglia o dei figli . Quindi, sostanzialmente, queste persone erano anche bloccate in un lavoro precario e mal pagato che non gli permetteva di andare avanti.\r\nCon la loro carriera, con la loro vita, e ad avere delle prospettive, sostanzialmente, con il classico vicolo-ceco lavorativo che incontriamo tanto spesso ovunque nel mondo e sempre più spesso, ma che in questo caso diventa molto più grave perché è ufficialmente nel contesto della produzione di una delle più grandi fonti di ricchezza e di profitti degli ultimi anni, ovvero sia le intelligenze artificiali.\r\n\r\nE infatti l'esempio che hai dato mi ha ricordato due casi che erano emersi recentemente che avevamo avuto modo di commentare su questi microfoni , che uno è quello di Amazon dei negozi \"cashless\", che sembrava avere questo magico algoritmo che riesce a riconoscere in automatico quando le persone prendono un oggetto da uno scaffale, lo mettono nel carrello, gli addebitava diciamo il valore dell'oggetto, poi se magari lo rimettevano sullo scaffale glielo riaccreditava, eccetera. E rivelarono poi in realtà, si venne poi a scoprire che dietro questo magico algoritmo c'era un bacino di 20.000 lavoratori collocati in India, così come è uscito recentemente il caso di Presto Automation, una azienda in America che vendeva servizi di automazione alle casse per i fast food, il cui prodotto si era poi scoperto che aveva bisogno dell'intervento umano nel circa 70% dei casi. Quindi diciamo che la maggioranza poi delle azioni compiute da questi sistemi di appunto come dici te giustamente intelligenza artificiale dove poi dietro di artificiale non c'è niente, sono poi in realtà mantenuti da persone che spesso lavorano anche per una semplice questione di costi in paesi del secondo mondo, a prezzi che sarebbero diciamo inaccettabili nei paesi in cui quei negozi, quelle casse sono effettivamente collocate che poi alla fine è questo il vero vantaggio di questi strumenti. Perché tu alla fine hai un cassiere, , però lo paghi non al costo francese ma lo paghi al costo del Madagascar.\r\n\r\nCerto e c'è anche da aggiungere per esempio che non è soltanto questione di pagare i cassieri, ma cosa questo caso di off-shoring forzato determina per esempio per gli stati.\r\nTanto gli stati dei paesi a reddito basso, che hanno un costo di circa 25 miliardi di euro. C'è un costo di circa 25 miliardi di euro di reddito basso che per gli stati di paesi come per esempio, non lo so, i paesi europei c'è una perdita in termini di introiti fiscali, in termini di contributi, in termini di tutta una serie di altri servizi che normalmente sono dei servizi pubblici che sono finanziati a partire dal lavoro delle persone e a partire dalle aziende che pagano correttamente i lavoratori.\r\nSe queste aziende si sottraggono ai loro obblighi che ripeto sono di natura fiscale, contributiva, di previdenza sociale. Se si sottraggono a questi obblighi sostanzialmente stiamo sabotando lo stato sociale europeo in più oltre a danneggiare gli stati dei paesi terzi.\r\nNonché anche una cosa interessante che veniva fuori dalla ricerca, questo processo modifica anche il lavoro di chi rimane nel paese dove viene erogato il servizio.\r\nNella parte dei cassieri era anche abbastanza interessante vedere come il lavoro, per la parte delle videocamere di sicurezza, il lavoro dei cassieri e delle cassiere che rimangono sul posto viene a tutti gli effetti modificato perché si devono fare carico anche delle segnalazioni che vengono fatte dalle intelligenze artificiali o non artificiali remote, e quindi c'è paradossalmente un aumento del lavoro o anche una degradazione di chi mentre sta facendo un mestiere ne deve affiancare un'altro perché deve farsi interfaccia dell'intelligenza artificiale.\r\n\r\nEcco, su questo infatti ti volevo chiedere, riguardo poi a quella che è stata la vostra ricerca, se magari avete avuto modo di parlarne sia con chi in questo caso in Francia si trovava appunto ad avere il proprio lavoro modificato da queste intelligenze artificiali o nel caso specifico in Madagascar da chi è, nella componente degli sfruttati in questo colonialismo digitale, come queste persone poi percepiscano questa nuova trasformazione.\r\nMi riferisco in particolare a chi poi dà animo e forza a questi presunti algoritmi artificiali, di come poi questi percepiscano il fatto che quegli strumenti, quei prodotti in occidente vengano venduti come frutto della dell'intelligenza artificiale, e non come invece frutto del loro lavoro costante e quotidiano.\r\n\r\nGiustissima domanda che permette, che mi permette anche di raccontare un po' cosa facciamo oltre a girare il mondo e risolvere misteri come Scooby Doo.\r\nQuesta è la parte dove andiamo a raccogliere dati, intervistare persone, è una parte del nostro lavoro, poi c'è tutto quello che ha a che fare con aiutare i lavoratori a prendere coscienza, sviluppare soggettività, a organizzarsi e aiutare anche a volte stati, istituzioni internazionali o addirittura sindacati a inquadrare e aiutare e accompagnare meglio questi lavoratori, questo è un lavoro molto più vasto che però facciamo in diversi paesi del mondo. Ti do qualche esempio di come si può lavorare con per esempio i lavoratori in Europa che sono direttamente in Europa.\r\n\r\nPoi abbiamo un altro problema è che i lavoratori non sono stati colpiti da questa situazione, spesso sapendolo, cioè noi abbiamo a che fare con, per esempio non lo so, giusto ieri stavo continuando un lavoro con un'azienda francese, questa azienda francese ha subito un piano di ristrutturazione che è risultato in 250 licenziamenti, questi licenziamenti sono stati giustificati dall'arricuz di CIGPT e dell'intelligenza artificiale come se fosse una novità, il solito pretesto, in realtà i lavoratori hanno scoperto immediatamente dietro questa finta automatizzazione si nascondeva un caso di outsourcing di diverse centinaia di persone in un paese africano che erano messe lì a lavoro per far finta di essere un'intelligenza artificiale che ufficialmente ha distrutto i loro posti di lavoro. Quindi in questo caso la rivendicazione dei lavoratori licenziati che cercano di essere reintegrati o che cercano di essere rimborsati dei danni subiti si combina con il riconoscimento, con il fatto che sono oramai coscienti del fatto che ci sono masse di altri lavoratori in paesi terzi, nel caso specifico non soltanto in Africa ma anche in India per questa azienda di cui sto parlando e che quindi diventa una lotta internazionalista, ma perché internazionale di fatto?\r\n\r\nPerché non si possono risolvere i problemi di gente in Europa senza al tempo stesso prendere in conto quale ruolo e quali sono anche i danni subiti da persone in paesi terzi. Naturalmente noi lavoriamo anche in diversi paesi nei quali abbiamo condotto queste inchieste, nel caso specifico i due paesi sui quali stiamo lavorando di più ancora sono Madagascar e Kenya in Africa ci sono altri lavori in corso per paesi sudamericani come il Brasile e altri paesi africani come l'Egitto ma sono più diciamo così embrionali come come tipi di lavoro. Che tipo di lavoro facciamo? Beh a volte lavoriamo con le aziende, le aziende significa le piattaforme, per convincerle\r\nqueste piattaforme che sfruttano i lavoratori a trattarli meglio.\r\nE quindi adottare degli standard di lavoro equo, questi sono degli standard che sono stabiliti da un'organizzazione che si chiama Fair Work Project, che è condotta da nostri colleghi dell'Università di Oxford. Altre volte si tratta di applicare sostanzialmente le regole di gli standard internazionali di difesa del lavoro degno che invece sono stabiliti dall'ILO, cioè la International Labour Organization e con i quali, lavoriamo su altri progetti.\r\nQuindi sostanzialmente si tratta in certi casi di far applicare la legge, in altri casi si tratta di aiutare lo sviluppo di soggettività collettive da parte dei lavoratori. Per esempio quello che sta succedendo in Kenya è da una parte preoccupante, perché l'ordine pubblico del paese si è molto degradato, ma allo stesso molto interessante perché il Kenya è un paese che è stato al centro di una serie di rivelazioni molto forti negli ultimi due anni. Si è scoperto sostanzialmente che sia Meta, ovvero sia Facebook, che OpenAI, ovvero sia ChatGPT, si sono serviti di lavoratori keniani per adestrare le loro intelligenze artificiali, produrre dati e fare altri tipi di lavoro.\r\nQueste persone si sono in frattempo organizzate in diversi sindacati, uno si chiama Tech Workers, un altro si chiama African Content Moderators, sono dei sindacati che hanno oramai migliaia di iscritti e che partecipano anche alle manifestazioni che si stanno svolgendo in questo momento in Kenya contro la riforma finanziaria di quel paese. Quindi sostanzialmente vediamo progressivamente delle persone, delle organizzazioni che nascono all'interno di questo settore, che è dopo tutto un settore abbastanza sconosciuto, anche se veramente avrei dei dubbi a definirlo come un settore di nicchia, visto il numero di persone che secondo le stime degli ultimi anni iniziano ad esserci dentro, ma che si articolano, si combinano con movimenti molto più vasti e quindi ci sono anche delle forme embrionali di costruzione di coscienza di classe, se vogliamo, o di costruzione di movimenti multitudinari nei quali questi laboratori di dati entrano a far parte.\r\n\r\nMi sposterei un attimo su una questione che avevo ripreso appunto dal tuo libro Schiavi del Clic, ma che poi insomma è anche ricitato in vari articoli, che è noto come il paradosso di Solow su come sia stato misurato che la digitalizzazione nella manifattura e l'automazione nei servizi non abbiano poi portato a un reale aumento della produttività, anzi addirittura all'inizio del ventunesimo secolo si misura una decrescita nella produttività portata da questi strumenti.\r\nStrumenti che invece avrebbero dovuto, non dico sostituire il lavoro umano, ma quantomeno aumentarne la capacità produttiva.\r\nDa questo punto di vista, se la digitalizzazione ha avuto un impatto tanto trascurabile, perché rimane comunque una delle principali voci di investimentoda parte di grandi corporazioni e dei governi?\r\n\r\nAllora, do una precisazione piccolissima di natura statistica, anche se poi un po' scocciante, pedante da parte mia, quello che diminuisce è il tasso di crescita della produttività, quindi significa che la produttività continua a crescere, certo, ma in maniera molto meno veloce e in certi casi la crescita si è interrotta, non c'è una diminuzione della produttività, ecco, significa che sostanzialmente a forza tu puoi introdurre tutta l'automazione che vuoi, la produttività non cresce, poi la produttività cresce anche per altri motivi, perché sostanzialmente se ci sono altri metodi che non sono di natura automatica, ma possono essere, che ne so, riorganizzazione del lavoro, oppure la disponibilità di infrastrutture, la produttività potrebbe crescere, ma quello che giustamente sottolinei nella tua domanda è per quale motivo, malgrado i risultati dell'automatizzazione non ci siano dal punto di vista della produttività, si continua a investire tanto?\r\nBeh, perché risponderei, ci sono dei risultati per gli investitori in termini di profitto, in termini di rendita economica, quindi malgrado la produttività non aumenti, loro riescono comunque a creare dei profitti, e creare dei profitti sostanzialmente grazie al fatto che oggi come oggi non hai bisogno di avere un prodotto che funziona e nemmeno di venderlo volendo, perché le grandi aziende e le grandi piattaforme degli ultimi anni sono basate su un'idea di, a grosso modo, di soppensioni da parte dei produttori. Quindi, la città è un'azienda, che ha delle piccole aziende che vengono fatte a volte di stati e a volte di grandi investitori, è quello che si chiama il venture capitalism, quindi significa che ci sono dei grandi finanziatori che ti pagano, ti danno dei finanziamenti, delle sovvenzioni di centinaia di miliardi e sperano che un giorno forse tu riuscirai a fare un profitto, ma in certi casi, ti posso citare il caso di Uber, questo profitto non arriva mai.\r\nUber è arrivato a fare un utile , alla fine dell'anno scorso, a mostrare per la prima volta da quando è stata creata un \u003Cmark>minimo\u003C/mark> di profitto, non perché è riuscita a vendere meglio il suo prodotto, ovvero la sua piattaforma, che continua a essere in perdita. Uber in realtà spende molto di più a convincerti a usare Uber che non quello che guadagna facendoti usare Uber.\r\nSono riusciti a fare un \u003Cmark>minimo\u003C/mark> di profitto perché hanno fatto un'acquisizione di un'altra azienda che aveva un bilancio positivo.\r\nMa questo significa sostanzialmente che ci sono delle incitazioni, degli incentivi per i grandi investitori di continuare a investire nell'intelligenza artificiale, anche se poi il tornaconto non c'è. Certo non c'è il tornaconto a livello collettivo perché gli stati non ci guadagnano abbastanza, i lavoratori certamente non ci guadagnano in questa situazione e le aziende stesse continuano a fare perdite, ma in questo caso di venture capitalism ci sono ancora degli imbecilli che continuano a finanziarli. Questi imbecilli sono degli imbecilli pericolosi.\r\nStiamo parlando di persone del calibro di Mark Andresen o Peter Thiel. Dei nomi che forse non dicono niente alle persone che ci ascoltano. La cosiddetta paypal mafia anche nota. Sì esattamente. Persone che sono vicine a noti esponenti dell'estrema destra come Elon Musk e compagnie. Loro stessi sono delle persone di estrema destra. Mark Andresen è uno che pubblicamente ha dichiarato di quanto era bello il colonialismo. Peter Thiel è un eugenista dichiarato. Un pro-trumpiano nichilista , e queste persone sono quelli che continuano a finanziare questi grandi sforzi di investimento che sono pericolosi dal punto di vista sociale, dal punto di vista economico e aggiungerei anche, anche se poi di questo ne parliamo più recentemente in testi che non sono ancora stati tradotti in inglese in certi casi, anche hanno un impatto ecologico serissimo.\r\nPerché investire in grandi infrastrutture come ChatGPT significa anche investire in data center, significa investire nell'estrazione mineraria e nell'uso di energie che non sono certamente sostenibili.\r\nNon sono certamente un caso di tecnologia verde malgrado il fatto che cerchino costantemente di vendersi come green AI, quindi di fare un pochettino di ripulitura e di riciclaggio. Quindi l'uso fatto della retorica ecologista per cercare di vendere quello che fanno ha un serio impatto se pensiamo soltanto agli investimenti proposti da Sam Altman, quindi uno dei principali creatori di ChatGPT, stiamo parlando di un fabbisogno energetico che supera ampiamente tutte le tecnologie che abbiamo avuto finora.\r\nE quindi questo servirebbe soltanto a creare cosa? Un chatbot che risponde alle mie richieste astuse di ricette, magari la ricetta di una torta ssacher ma scritte come fosse un sonetto di Shakespeare, che è la cosa più inutile del mondo a pensarci.\r\n\r\n\r\nAntonio su questo non so se ci puoi dedicare ancora qualche minuto, volevo su questo farti ancora due domande proprio sul tema ambientale.\r\nAnche da questi microfoni abbiamo più volte portato approfondimenti, per esempio un dato delle ultime settimane è che le previsioni sono che i data center negli Stati Uniti consumeranno il 10% di tutta l'elettricità prodotte nel paese entro il 2030, ogni settimana escono annunci di questo tipo. E in generale, anche invece riportando un po' l'argomento su un piano politico, negli ultimi anni c'è stato un tentativo a più riprese di creare punti di convergenza tra quelle che sono le distopie digitali che con te abbiamo sottolineato in questa intervista e invece delle lotte ambientali che rappresentano sicuramente un punto di vista anche un po' più avanzato dal punto di vista anche dello stato di salute dei movimenti. Basti pensare appunto che termini costrutti di ricerca come l'estrattivismo digitale e altri sono stati proprio mutuati da una parte all'altra, presi dal mondo dell'ecologia.\r\nEcco, questo è sicuramente un tentativo che si è fatto, molto interessante, però noi rileviamo anche che negli ultimi anni questa potenziale alleanza e punti di convergenza stenta un po' a costruirsi. Non so, anche dal nostro punto di vista spesso e volentieri abbiamo cercato di portare questi discorsi all'interno anche di iniziative politiche e movimenti, ma si fa un po' fatica, un po' per la natura delle lotte ambientali che pur essendo a una vocazione sicuramente internazionale di ampio respiro spesso sono estremamente localizzate, e invece lavori come il tuo ad esempio che ci portano a attraversare delle filiere che poi camminano un po' in tutto il mondo.\r\nEcco, tu come vedi questa situazione? Come vedi il rapporto in generale e quali potrebbero essere secondo te nuovi punti di convergenza tra le movimenti nel digitale sia sindacali che internazionali?\r\n\r\nAllora, diciamo che in un certo senso penso che i problemi siano di due tipi il primo è che attualmente i movimenti ambientalisti a livello internazionale sono ancora molto diversi e che non c'è stata una chiara separazione tra, diciamo, un'ala riformista, chiamiamola così sostanzialmente quella che è più compatibile con delle istanze capitaliste e quindi sostanzialmente per farla corta sono quelli che propongono l'idea che c'è una tecnologia sostenibile basta semplicemente scegliere il meno peggio o addirittura pensare a una tecnologia che possa essere effettivamente green e dall'altra parte un'area massimalista dei movimenti ecologistici che invece sostanzialmente sostengono quella che possiamo chiamare una redirezione ecologica ovvero bisogna veramente avere un sussulto politico per cambiare completamente la maniera di considerare queste cose e né l'una né l'altra nel caso specifico al di là di queste diciamo di questa complessità dei movimenti ecologici attuali ambientalisti attuali né l'una né l'altra ha una visione completa se vogliamo forse un po' quelli della redirezione ecologica perché ci sarebbe bisogno di avere una specie di cartografia di che cosa fanno le intelligenze artificiali a non soltanto le filiere o le supply chains ma anche a posti che sono a volte molto distanti da noi ed è difficile immaginarsi quali sono le condizioni di vita o quali sono le condizioni stesse ambientali in paesi come la Bolivia considerando che la maggior parte di noi non ci ha mai messo piede in Bolivia immaginarsi che ci siano l'adi di sale come è il caso di Bolivia e di Uyuni che è il più grande giacimento di litio del mondo che è talmente centrale per le nostre batterie di tutto quello che abbiamo in tasca dallo smartphone al tablet per chi ce l'ha le biciclette elettriche o i veicoli elettrici, le automobili questa cosa di immaginarsi quanto importante sia un posto talmente lontano da noi da qualcosa che è così vicino a noi che abbiamo nelle nostre tasche questo è uno sforzo serio è uno sforzo serio che però ha nel futuro una necessità di svilupparsi e che si svilupperà purtroppo perché queste lotte ecologiche arrivano sempre più vicino a noi se pensiamo in particolare a una faccenda che è un po' diversa la questione dei data center i data center non sono per la maggior parte situati in paesi terzi a basso reddito ma sono per la maggior parte dei casi messi dietro l'angolo rispetto a noi sono in Italia, sono in Francia sono negli Stati Uniti certo sono anche in Cina e in maniera crescente perché la Cina non è più da tanti tanti anni un paese povero ma sono sostanzialmente nel nord del mondo e nel nord del mondo sono dei posti dove sono delle strutture che pesano molto sul consumo energetico paesi come l'Irlanda che sono oggi dei grandi hub per i data center sono dei paesi nei quali l'infrastruttura di produzione dell'elettricità è molto affaticata dalla presenza di questi data center in Spagna si stanno sviluppando dei collettivi che mettono insieme tecnologia e piuttosto critica tecnologica e critica ecologica che si oppongono per esempio alla creazione di nuovi data center in posti che specialmente in Spagna sono già desertici e che quindi non hanno bisogno in più di questo ennesimo peso quindi queste sono delle prospettive che sono interessanti e aggiungo che sono interessanti purtroppo perché sono delle questioni e dei problemi ecologici sempre più pressanti che arrivano sempre più vicino alle nostre case e che se finora non c'è stata una diciamo così un'alleanza tra movimenti di critica tecnologica e movimenti di rivendicazione legate all'ambiente questo secondo me cambierà molto presto\r\n\r\n \r\n\r\nHai qualcosa da aggiungere o altri riferimenti che vuoi darci per chi ci ascolta per seguire il vostro lavoro o anche altri lavori che reputi interessanti su questi temi?\r\n\r\nAllora voglio invitare coloro che ci ascoltano se sono interessati e interessate, l'otto luglio c'è il lancio a distanza, nel senso che è un evento virtuale ed è gratis, e si può partecipare da tutto il mondo, che si chiama Workers Inquiry. Per gli italiani traduzione è semplicemente inchiesta operaia.\r\nWorkers Inquiry è il lavoro, la produzione di una mia carissima collega e amica e anche lei membra di DiPLab che si chiama Milagros Miceli che è una ricercatrice che da tanti anni lavora a Berlino per il Weizenbaum Institute e che ha avuto questa idea assolutamente geniale, ovvero piuttosto che, come lo facciamo noi da tanti anni, girare il mondo e andare a intervistare persone, aiutare i lavoratori dei dati, ovvero i microlaboratori di cui ho parlato finora, questi che attestano l'intelligenza artificiale, a raccontare le loro stesse condizioni di lavoro e a condurre loro stessi delle inchieste sulle proprie condizioni di lavoro.Ed è una maniera di effettivamente ricollegarsi alla grande tradizione operaista.\r\nMa vi posso anche assicurare che è un risultato anche da un punto di vista sociale, politico, perché ci sono queste persone che l'8 luglio parleranno durante il lancio di questa iniziativa e quindi vedrete testimonianze di persone dal Kenya, dall'Iran, dal Venezuela, da tanti altri posti e dalla Germania ovviamente, ma soprattutto ci sono anche degli estratti video che sono di grandissima qualità. 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Ma una volta stabilito il principio si offre subito dopo una scappatoia, la classica riorganizzazione aziendale nell'appalto potrà dimostrare e giustificare il ribasso complessivo dei costi e quindi alla fine determinare anche la riduzione del costo di manodopera che poi si tradurrà in tagli di ore contrattuali e di contributi previdenziali.\r\nDa un lato si stabilisce il principio guida secondo il quale i costi del lavoro nei cambi di appalti non dovrebbero essere soggetti a ribasso ma dall'altra ci si accorge che un intervento troppo invasivo del legislatore aprirebbe la strada a innumerevoli problemi e contraddizioni. Da qui scaturiscono varie interpretazioni della norma che probabilmente è stata scritta in modo tale da poter essere in parte raggirata in nome di una migliore ed efficiente organizzazione aziendale e da qui la possibilità che il concorrente attui e giustifichi il ribasso complessivo sulla offerta complessiva includendo quindi anche il costo della manodopera.\r\nFacciamo alcuni esempi nella consapevolezza di potere essere in parte smentiti da ulteriori interpretazioni.\r\nSe in un museo introduco delle app sarà possibile risparmiare sulle guida, basta scaricarsi dal proprio smartphone una applicazione per ricevere il supporto audio nella visita, se al posto delle biglietterie introduco una macchinetta per erogare i biglietti anche in questo caso potrò riorganizzare il servizio vantando efficienza ed innovazione.\r\nSe in una ditta di pulizie inserisco sui telefonini una app che permetta di individuare le tempistiche del servizio svolto quotidianamente al contempo potrò evitare di ricorrere a una figura aziendale predisposta al controllo dei servizi e al contempo svolgere una invasiva azione di controllo sulla forza lavoro.\r\nSono solo esempi pratici di come la tecnologia al servizio dei padroni possa sancire la sostituzione di personale riducendo al contempo il costo complessivo dell'appalto e della stessa manodopera.\r\nMa torniamo alle varie interpretazioni della norma, il primo ragionamento dovrebbe riguardare proprio l'intento del legislatore che sapendo quanto sia soggetto al ribasso il costo del lavoro negli appalti avrebbe dovuto prevedere un testo blindato e non interpretabile proprio per scongiurare tagli di ore e di personale e al contempo trovare un equo equilibrio tra tecnologia e lavoro vivo.\r\nSe invece si lascia spazio al concorrente di potere dimostrare che il ribasso dell'appalto derivi da una più efficiente organizzazione aziendale , la forza lavoro non sarà tutelata e complessivamente le stazioni appaltanti, pubbliche e private, ne ricaveranno costi minori.\r\nE' un po' quello che accade con il salario minimo, la sua introduzione viene osteggiata non solo dal Governo e dal Cnel ma anche da quello che andrebbe definito il partito unico e trasversale delle privatizzazioni. La Pa nel suo complesso vede la introduzione del salario minimo come una minaccia per i conti pubblici e per la tenuta stessa del sistema degli appalti pubblici.\r\nLa salvaguardia della efficienza dell’organizzazione aziendale secondo i dettami padronali potrebbe allora giustificare il ribasso finendo con includere nella riduzione di spesa anche i costi della manodopera.\r\nQuesta lettura secondo alcuni sarebbe invece in palese contrasto con la nozione dei costi fissi e invariabili rappresentanti dal costo della manodopera ma in questo caso anche un semplice cambio del contratto nazionale applicato nell'appalto sarebbe nefasto per determinare il costo del lavoro e in Italia non esiste una norma che vincoli l'appaltatore ad applicare un determinato CCNL. Accade in molte situazioni soprattutto se nella determinazione del costo della manodopera la stazione appaltante prende in esame un CCNL meno favorevole e alla fine a vincere la gara sarà una cooperativa e magari non una azienda. E ben conosciamo quanto basso sia il costo del lavoro in alcuni CCNL applicati dal mondo cooperativo.\r\nPoi ci sono anche altre considerazioni giuslavoriste, una tra tutte merita la nostra attenzione ove si pensa che eventuali limiti imposti al costo del lavoro negli appalti determinerebbero significative limitazioni della libertà imprenditoriali e della libera concorrenza in aperto contrasto con i dettami costituzionali.\r\nDiventa quindi determinante l'operato della stazione appaltante nel determinare i costi della manodopera e nella scrittura del bando salvo poi eventuali contestazioni con il ricorso al Tar.\r\nCi sembra del tutto evidente che una normativa poco chiara porti solo al ribasso del costo della manodopera e alla libertà dell'appaltatore di applicare i contratti a lui più favorevoli oltre a dotarsi di modelli organizzativi che potrà presentare come migliori ed efficienti rispetto a quelli adottati nel passato.\r\nAmmesso ma non concesso che la volontà del legislatore sia stata quella di prevedere una tutela rafforzata per i lavoratori, la riduzione del costo della manodopera è sempre in agguato specie se si applicano contratti previsti nella contrattazione collettiva. E qui subentrano altre considerazioni, la prima tra tutte quella di un sistema della rappresentanza e della contrattazione costruita su misura per giustificare i processi di privatizzazione e il crollo del costo del lavoro e delle retribuzioni\r\nLe scelte autonome sull’organizzazione aziendale potranno a loro volta contrarre il costo del lavoro riducendo salari già da fame negli appalti.\r\nDa una parte si dice di volere sottrarre i costi della manodopera al ribasso ma dall'altra si offrono tutte le vie di uscita necessarie per interpretare la norma a uso e consumo delle aziende e cooperative ma anche delle stazioni appaltanti che alla occorrenza beneficeranno del minor costo investendo il risparmio in altre opere utili magari in chiave elettorale.\r\nSignificativa ma non esaustiva la pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. V, 9 giugno 2023, n. 5665 che tuttavia arriva prima della riscrittura del codice degli appalti.\r\nE' significativo Il Pronunciamento del Consiglio di Stato intervenuto per non assoggettare al ribasso i costi della forza lavoro ma al contempo, soprattutto con la riscrittura delle norme, esistono troppe interpretazioni e scappatoie che lasciano campo libero a stazioni appaltanti, pubbliche e private, e agli aggiudicatari.\r\nAd esempio il concorrente potrà sempre dimostrare come la riorganizzazione aziendale rappresenti un miglioramento e da qui procedere con la contrazione del costo del lavoro presentando una offerta al ribasso tale da includere gli stessi costi di manodopera. In tale caso sarà sufficiente salvaguardare i cosiddetti trattamenti salari minimi anche se alla fine a perderci saranno sempre e solo le lavoratrici e i lavoratori degli appalti.\r\n\r\nBuon Ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/F_m_24_10_Federico-Blogger-Pisa-su-nuova-legge-appalti.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n ","27 Ottobre 2023","2023-10-27 10:46:16","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/391678374_714896684002126_3026103693787780650_n-200x110.jpg","frittura mista|radio fabbrica 24/10/2023",1698403576,[],[],{"post_content":347},{"matched_tokens":348,"snippet":349,"value":350},[72,73],"quello che accade con il \u003Cmark>salario\u003C/mark> \u003Cmark>minimo\u003C/mark>, la sua introduzione viene osteggiata"," \r\n\r\nIl primo approfondimento della puntata lo abbiamo fatto in compagnia di Roberta sul MEETING DELLA PIATTAFORMA TSS che si terrà A BOLOGNA, 27-29 OTTOBRE 2023\r\n\r\nAbbiamo chiesto alla nostra ospite:\r\n- Il transnational social strike quando nasce e quali sono i suoi obbiettivi e sopratutto si può partecipare/aderire\r\n- il collegamento con i lavoratori di Amazon (ed altri lavoratori) e l'internazionalismo delle lotte\r\n- il programma del MEETING annuale DELLA PIATTAFORMA TSS A BOLOGNA, 27-29 OTTOBRE 2023.\r\n- Quali azioni porta avanti il transnational social strike\r\n\r\nSe volete informazioni sulla manifestazione, trovate tutti i materiali necessari qui.\r\n\r\nBuon Ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/F_m_24_10_Roberta-presenta-TSS-e-il-relativo-meeting-a-Bologna.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nIl secondo approfondimento lo abbiamo fatto in compagnia di Federico, curatore del BLOG delegati e lavoratori indipendenti Pisa, su un articolo pubblicato sul Quotidiano Enti locali de Il Sole 24 Ore: parliamo di un testo che analizza le nuove disposizioni del Dlgs 36/2023 (nuovo codice degli appalti) relative ai costi della manodopera negli appalti.\r\nIn particolare si fa riferimento all’articolo 41, comma 14 per il quale tanto i costi della manodopera quanto quelli per la sicurezza dovrebbero essere esclusi dall’importo assoggettato a ribasso. 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E qui subentrano altre considerazioni, la prima tra tutte quella di un sistema della rappresentanza e della contrattazione costruita su misura per giustificare i processi di privatizzazione e il crollo del costo del lavoro e delle retribuzioni\r\nLe scelte autonome sull’organizzazione aziendale potranno a loro volta contrarre il costo del lavoro riducendo salari già da fame negli appalti.\r\nDa una parte si dice di volere sottrarre i costi della manodopera al ribasso ma dall'altra si offrono tutte le vie di uscita necessarie per interpretare la norma a uso e consumo delle aziende e cooperative ma anche delle stazioni appaltanti che alla occorrenza beneficeranno del minor costo investendo il risparmio in altre opere utili magari in chiave elettorale.\r\nSignificativa ma non esaustiva la pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. V, 9 giugno 2023, n. 5665 che tuttavia arriva prima della riscrittura del codice degli appalti.\r\nE' significativo Il Pronunciamento del Consiglio di Stato intervenuto per non assoggettare al ribasso i costi della forza lavoro ma al contempo, soprattutto con la riscrittura delle norme, esistono troppe interpretazioni e scappatoie che lasciano campo libero a stazioni appaltanti, pubbliche e private, e agli aggiudicatari.\r\nAd esempio il concorrente potrà sempre dimostrare come la riorganizzazione aziendale rappresenti un miglioramento e da qui procedere con la contrazione del costo del lavoro presentando una offerta al ribasso tale da includere gli stessi costi di manodopera. In tale caso sarà sufficiente salvaguardare i cosiddetti trattamenti salari minimi anche se alla fine a perderci saranno sempre e solo le lavoratrici e i lavoratori degli appalti.\r\n\r\nBuon Ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/F_m_24_10_Federico-Blogger-Pisa-su-nuova-legge-appalti.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n ",[352],{"field":100,"matched_tokens":353,"snippet":349,"value":350},[72,73],{"best_field_score":179,"best_field_weight":180,"fields_matched":23,"num_tokens_dropped":47,"score":181,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":47},{"document":356,"highlight":368,"highlights":373,"text_match":177,"text_match_info":376},{"comment_count":47,"id":357,"is_sticky":47,"permalink":358,"podcastfilter":359,"post_author":337,"post_content":360,"post_date":361,"post_excerpt":53,"post_id":357,"post_modified":362,"post_thumbnail":363,"post_title":364,"post_type":319,"sort_by_date":365,"tag_links":366,"tags":367},"82619","http://radioblackout.org/podcast/frittura-mistaradio-fabbrica-30-05-2023/",[270]," \r\n\r\nIl primo approfondimento lo abbiamo fatto in compagnia di Leo, della rete del Lavoro Sociale, sul presidio che si terrà il 9/6/2023 dalle 12 alle 18 in corso Francia 16 a Torino davanti alla sede di confcooperative:\r\n\"tutt* possiamo essere la persona in stato di fragilità che riceve assistenza sociale. Privatizzazioni, bandi a ribasso, tagli, danneggiano beneficiare, riducono la qualità del lavoro, generano malessere e povertà. Tuteliamo le persone Tuteliamo il lavoro di cura. Nel 2023 verrà rinnovato il CCNL delle cooperative sociali: basta contrattazioni a ribasso, non sulla nostra pelle. \"\r\nCon Leo abbiamo fatto anche un bilancio politico/sindacale della Rete del Lavoro Sociale alla luce del confronto con i sindacati e delle numerose assemblee ed iniziative promosse.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/F_m_30_05_Leonardo-rete-lavoro-sociale-su-prossime-iniziative.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nIl secondo argomento che abbiamo trattato in questa puntata è stato quello dello sciopero generale lanciato dal sindacato USB, per farlo ci siamo avvalsi del collegamento telefonico con Lorenzo Montanari di USB Piemonte che ci ha raccontato come è andata la giornata di mobilitazione nazionale qui a Torino ed ha rilanciato i prossimi appuntamenti. Di seguito il comunicato di convocazione allo sciopero:\r\n\r\n\"In un Paese che conta già oltre 3 milioni di lavoratori e lavoratrici poveri e 2 milioni di disoccupati, l’aumento generalizzato dei prezzi ha ridotto del 12% il potere d’acquisto, peggiorando drasticamente le condizioni di vita delle classi popolari e facendo precipitare migliaia di famiglie in condizioni di povertà.\r\n\r\nDi fronte a costi della vita insostenibili ai più, a partire da affitti, mutui, bollette e beni di prima necessità servono investimenti per aumentare i salari, tutelare i redditi e ampliare il welfare anziché ridurlo.\r\n\r\nLa cancellazione del reddito di cittadinanza, le briciole erogate per gli aumenti delle pensioni minime, l’estensione dei contratti a termine e dei voucher, l’eliminazione dei fondi al sostegno alla locazione a fronte di migliaia di sfratti ogni anno e dell’assenza di un piano di rilancio dell’edilizia residenziale pubblica, sono ulteriori tasselli che confermano la scelta anche di questo governo, come di quelli che si sono alternati negli ultimi trent’anni, di schierarsi a tutela degli interessi di profitto di padroni e palazzinari, aumentando la massa di popolazione sottopagabile, tagliando sul costo del lavoro e distruggendo quel poco che rimane di welfare e diritti.\r\n\r\nDalla finanziaria al decreto Lavoro, passando per la cancellazione della protezione speciale per i migranti, è chiara la volontà del governo Meloni di continuare ad inasprire la guerra ai poveri, ai precari e disoccupati, e al contempo, di alimentare le politiche guerrafondaie dell’Unione Europea e della Nato, tagliando la spesa pubblica per investire in armamenti.\r\n\r\nMentre i fondi del PNRR vengono dirottati per la produzione di munizioni e per finanziare grandi opere inutili e dannose come il Tav in Val Susa, il ponte sullo stretto o continuare la cementificazione in Emilia Romagna con il Passante, la crisi ambientale prodotta da questo modello di sviluppo continua ad abbattersi sui nostri territori, aggravando la crisi sociale.\r\n\r\nSono migliaia le famiglie in Emilia Romagna che si ritrovano senza casa a causa dell'insufficienza di investimenti ed assunzioni per la prevenzione e tutela dei territori. Sono migliaia i lavoratori e lavoratrici, anche precari, che in questa situazione emergenziale non hanno alcuna copertura salariale per le giornate di inattività o che non sanno se e quando inizieranno a lavorare come gli stagionali del turismo: a questi lavoratori è necessario allora garantire subito un reddito di emergenza.\r\n\r\nAnche per questo, contro un governo che odia le classi popolari, contro l'ipotesi sindacale collaborazionista di Cgil Cisl Uil, il 26 maggio invitiamo inquilini, pensionati, lavoratori e lavoratrici precari, atipici, sottopagati a partecipare allo sciopero generale di USB, per rimettere al centro casa, salario e diritti:\r\n\r\n \t300 euro netti subito in busta paga\r\n \tStipendi legati all'inflazione reale\r\n \tSalario minimo 10 € l'ora\r\n \tPrezzi, affitti e tariffe calmierate\r\n \tUn milione di case popolari riutilizzando lo sfitto\r\n \tRilancio del sistema pensionistico e previdenziale\r\n\r\nFederazione del Sociale USB\"\r\n\r\n ","8 Giugno 2023","2023-06-08 18:44:04","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/csm_sciogen_4b29860cc7-200x110.jpeg","frittura mista|radio fabbrica 30/05/2023",1686249822,[],[],{"post_content":369},{"matched_tokens":370,"snippet":371,"value":372},[78,73],"paga\r\n \tStipendi legati all'inflazione reale\r\n \t\u003Cmark>Salario\u003C/mark> \u003Cmark>minimo\u003C/mark> 10 € l'ora\r\n \tPrezzi, affitti"," \r\n\r\nIl primo approfondimento lo abbiamo fatto in compagnia di Leo, della rete del Lavoro Sociale, sul presidio che si terrà il 9/6/2023 dalle 12 alle 18 in corso Francia 16 a Torino davanti alla sede di confcooperative:\r\n\"tutt* possiamo essere la persona in stato di fragilità che riceve assistenza sociale. 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In un clima di nervosa attesa, mentre ad Atene stavano per cominciare le manifestazioni intorno al Parlamento che questa notte potrebbe approvare un nuovo durissimo piano di tagli alla sanità, ai salari, alle pensioni, abbiamo discusso con Massimo Varengo, compagno di Milano che conosce bene la situazione greca e il movimento anarchico di quel paese, delle prospettive di un movimento di opposizione popolare ben deciso a non ingoiare il rospo imposto dalla trojka (FMI, BCE, UE).\r\nMentre scriviamo Atene brucia: gli scontri intorno al Parlamento sono durissimi, la polizia spazza la piazza con cariche e lacrimogeni, i dimostranti rispondono con pietre, bombe carta e molotov.\r\nLa ricetta proposta dal premier Papademos, il tecnocrate chiamato ad eseguire i diktat europei, è particolarmente dura. Papademos, sostenuto in maniera bipartisan dai due principali partiti greci, la conservatrice Nea Democratia e i socialisti del Pasok, vuole servire ai greci altri durissimi sacrifici. Il paese è ormai allo stremo: in alcuni ospedali la gente deve portare da casa aghi e carta igienica, i pronto soccorso straripano di gente che non può pagare il medico di base, la disoccupazione è alle stelle.\r\nIl piano che con ogni probabilità verrà approvato questa notte prevede una radicale riforma del mercato del lavoro, con una profonda deregulation, una diminuzione di oltre il 20% del salario minimo garantito e un taglio delle pensioni. In vendita le quote pubbliche in petrolio, gas e acqua.\r\nÈ significativo che in questi stessi giorni anche in Spagna dopo la riforma laboral imposta dal governo di Mariano Rajoy, a Madrid ci siano state manifestazioni sfociate in scontri con la polizia.\r\nIn Italia Monti si sta accingendo a varare misure analoghe, tentando approcci – poi smentiti con la segretaria CGIL Camusso – per un passaggio morbido delle misure.\r\nPapademos sta sostenendo che la scelta è tra il male e il peggio. Ormai da tempo i lavoratori greci rifiutano la scelta e optano per la libertà.\r\nAssediando il parlamento ma non solo. In alcune località come la cittadina di Kirkis, a 80 chilometri da Salonicco, i lavoratori dell’ospedale locale hanno deciso di autogestire la struttura con criteri di condivisione e solidarietà.\r\n\r\nAscolta l’intervista a Massimo Varengo[audio:http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/02/2012-02-12-grecia-massimo-varengo.mp3|titles=2012 02 12 grecia massimo varengo]\r\nScarica il file","12 Febbraio 2012","Domenica 12 febbraio. In un clima di nervosa attesa, mentre ad Atene stavano per cominciare le manifestazioni intorno al Parlamento che questa notte potrebbe approvare un nuovo durissimo piano di tagli alla sanità, ai salari, alle pensioni, abbiamo discusso con Massimo Varengo, compagno di Milano che conosce bene la situazione greca e il movimento anarchico di quel paese, delle prospettive di un movimento di opposizione popolare ben deciso a non ingoiare il rospo imposto dalla trojka (FMI, BCE, UE).\r\nMentre scriviamo Atene brucia: gli scontri intorno al Parlamento sono durissimi, la polizia spazza la piazza con cariche e lacrimogeni, i dimostranti rispondono con pietre, bombe carta e molotov.\r\nLa ricetta proposta dal premier Papademos, il tecnocrate chiamato ad eseguire i diktat europei, è particolarmente dura. Papademos, sostenuto in maniera bipartisan dai due principali partiti greci, la conservatrice Nea Democratia e i socialisti del Pasok, vuole servire ai greci altri durissimi sacrifici. 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Occorre dunque solo aspettare che il diritto venga effettivamente attuato in un Paese che diversamente dall'Italia vede la maggior parte della popolazione in affitto e non proprietaria di immobili e in una città come Berlino dove il centro si distingue sempre più dall'underground.\r\n\r\n\r\n\r\nParliamo poi con il regista Matteo Tortone autore del documentario Mother lode che racconta delle miniere informali peruviane che ci regala uno squarcio sulle miniere d'oro a Lima con interessanti vedute sulla volontà dei lavoratori stessi di preferire la rinuncia al salario al godimento del ricavato anche minimo delle singole giornate o della materia prima stessa. Importante anche il passaggio delle materie prime dall'estrazione fino all'Europa o al Canada attraverso vari mediatori ,uno sguardo ravvicinato sulle conseguenze della politica estrattivista che sta depauperando i territori ricchi di materie prime.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\nInfine Seyf ,il nostro amico afgano,finalmente in radio ,molto importante la testimonianza che ha dato dell'arrivo dei talebani inaspettato e improvviso per la popolazione, già pianificato con gli americani compresa la preliminare uscita dei personaggi importanti del governo. Una drammatica follia che si aggiunge alla notizia della morte di alcuni bambini per fame e arrivo di temperature gelide a Kabul con milioni di persone che dormono nelle tende. 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Occorre dunque solo aspettare che il diritto venga effettivamente attuato in un Paese che diversamente dall'Italia vede la maggior parte della popolazione in affitto e non proprietaria di immobili e in una città come Berlino dove il centro si distingue sempre più dall'underground.\r\n\r\n\r\n\r\nParliamo poi con il regista Matteo Tortone autore del documentario Mother lode che racconta delle miniere informali peruviane che ci regala uno squarcio sulle miniere d'oro a Lima con interessanti vedute sulla volontà dei lavoratori stessi di preferire la rinuncia al \u003Cmark>salario\u003C/mark> al godimento del ricavato anche \u003Cmark>minimo\u003C/mark> delle singole giornate o della materia prima stessa. 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Dinanzi a questo scenario un inaccettabile immobilismo dell'Occidente con l'assenza di qualsiasi canale legale di evacuazione dal Paese neanche per i soggetti vulnerabili.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n ",[427],{"field":100,"matched_tokens":428,"snippet":424,"value":425},[72,73],1157451470770012200,{"best_field_score":431,"best_field_weight":180,"fields_matched":23,"num_tokens_dropped":47,"score":432,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":47},"2211897540608","1157451470770012273",{"document":434,"highlight":446,"highlights":451,"text_match":454,"text_match_info":455},{"comment_count":47,"id":435,"is_sticky":47,"permalink":436,"podcastfilter":437,"post_author":438,"post_content":439,"post_date":440,"post_excerpt":53,"post_id":435,"post_modified":441,"post_thumbnail":53,"post_title":442,"post_type":319,"sort_by_date":443,"tag_links":444,"tags":445},"97372","http://radioblackout.org/podcast/aggiornamenti-dalla-campagna-defend-rojava-leconomia-anticapitalista-nellamministrazione-autonoma/",[276],"Alessandro","[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/04/dr14.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[Download]\r\n\r\nL'intera intervista è consultabile sul sito dell'Accademia per la Modernità Democratica.\r\n\r\nNella notte del 19 luglio 2012, con la presa da parte della popolazione dei silos di grano a Kobane, inizia quella che passerà alla storia come la rivoluzione del Rojava.\r\n\r\nLa scelta dei silos di grano non è casuale, essi infatti rappresentavano l'economia derubata al popolo da parte dello stato. Durante il regime, questa fetta di Siria era considerata il granaio del paese, lo stato possedeva le terre, decideva il prezzo del grano, forniva le sementi e raccoglieva tutto una volta pronto: nessuno dei produttori aveva il minimo controllo delle decisioni che venivano prese sulla produzione. Nella regione poi non erano sviluppate attività industriali, non era necessario e le poche industrie presenti, erano industrie statali e si dedicavano alla trasformazione dei prodotti agricoli. La popolazione viveva allora in uno stato di deprivazione e sudditanza ma la notte della rivoluzione, il popolo del Rojava, decide di riprendersi l'economia della propria terra.\r\n\r\nNel corso degli ultimi 12 anni l'esperienza accumulata è stata parecchia, lo racconta Azize Aslan in una recente intervista che potete leggere in forma integrale sotto questo podcast.\r\n\r\nIl processo rivoluzionario in atto si può spiegare con i termini che sono propri del movimento curdo: fare-distruggere-rifare; cioè, un processo di sperimentazione basato sull’autocritica della pratica al fine di creare un proprio modello.\r\n\r\nPrima di entrare nei dettagli specifici della sua organizzazione, sottolineiamo che l’economia sociale ha una doppia strategia: da un lato, mira a limitare il capitalismo (o a resistere al capitalismo), il quale va di pari passo con l’economia di guerra; dall’altro mira a rafforzare l’autogestione economica (autodifesa economica) del popolo creando nuovi spazi e relazioni socio-economiche.\r\n\r\nL’economia del Rojava si basa sull’autogestione attraverso comuni, assemblee e cooperative. La partecipazione democratica in ogni settore dell'organizzazione della vita è infatti uno dei caposaldi della rivoluzione. Il primo atto intrapreso dall'amministrazione autonoma ha riguardato le terre: quelle un tempo dello Stato siriano o di collaboratori di Daesh sono state comunalizzate: non appartengono a nessuno, ma tutti possono usarle. L'agricoltura è il settore più sviluppato ed è ritenuto prioritario perchè risponde ad un bisogno fondamentale, il cibo. L’agricoltura si fonda su cooperative temporanee che garantiscono l’uso rotativo della terra e promuovono la diversificazione delle colture. Ogni due anni, le terre vengono assegnate ad altre cooperative, per garantire a più persone possibili di poter accedere al lavoro agricolo.\r\n\r\nAnche l’industria, ridotta a fabbriche leggere e locali, è progettata secondo criteri di sostenibilità ambientale e sociale. La produzione non è finalizzata al profitto, ma al soddisfacimento dei bisogni collettivi.\r\n\r\nLe cooperative, considerate il terzo pilastro dell’autonomia insieme a comuni e assemblee, sono uno strumento essenziale per costruire un’economia condivisa e solidale. L’obiettivo dichiarato è “una cooperativa in ogni comune”, per rendere la vita economica pienamente collettiva e partecipata. Esse sono viste come un progetto di organizzazione politica a cui partecipano tutti i settori della società. Le cooperative sono viste come la “dimensione di costruzione” dell’autonomia democratica. Per implementarne l'uso sono state istituite le \"Case delle Cooperative\" che hanno il compito di sostenerne la nascita e la diffusione ma l’obiettivo non è semplicemente quello di creare delle cooperative come istituzioni produttive, ma di cercare un accordo collettivo per rendere cooperativi tutti i processi produttivi della comune, cioè per collettivizzarne la vita economica.\r\n\r\nNonostante la presenza di dinamiche di mercato ancora legate al capitalismo, l’amministrazione autonoma controlla prezzi e commerci, promuovendo mercati popolari e filiere solidali.\r\n\r\nL’autrice dell'intervista infatti sostiene che dopo anni di asservimento della società ad un’economia programmata dallo Stato (per arabi e curdi) vi è una forte spinta capitalista alla creazione dell’impresa privata. l’amministrazione lavora per diffondere l’idea delle cooperative, in maniera capillare, per liberare l’economia dal capitalismo.\r\n\r\nUn’attenzione particolare è riservata all’economia delle donne, organizzata in modo autonomo attraverso le strutture del movimento Kongra Star, che valorizza il sapere, la cura e la produzione delle donne.\r\n\r\nLe donne si organizzano infatti prima in ambito autonomo e poi in ambito misto. Le donne si organizzano quindi sui propri ambiti, a partire dalla questione della donna. Con la creazione di istituzioni autonome democratiche, seguendo gli stessi modelli organizzativi dal basso: è quindi possibile parlare di ruolo della donna in tutti gli altri ambiti della società, capace quindi di restituire una posizione specifica con il proprio punto di vista e la propria comprensione.\r\n\r\nAttualmente in Rojava non si è ancora superato il legame di alienzione che vincola le persone attraverso il salario. Il superamento avviene nel momento in cui l’intero sistema economico elimina il lavoro salariato legato al denaro, permettendo di eliminare il valore di scambio a favore del valore d’uso. A livello lavorativo ciò consiste nella diffusione del lavoro per la soddisfazione dei propri bisogni, creando lavoro autentico che non crea surplus, accumulo e sfruttamento. A livello economico significa legare la produzione ad un sistema chiuso e autoreferenziale, che si alimenta da sé. Questo è il fine dell’economia sociale-comunitaria-democratica.\r\n\r\nLe cooperative hanno questo fine ma sono molto lontane. Sono costituite da moltissime persone ma solo poche lavorano. In qualsiasi caso a tutti i socie viene redistribuito l’utile della cooperativa, ma comunque chi ci lavora lo fa da salariato.\r\n\r\nGli aspetti positivi sono a proposito sono\r\n\r\n \tassenza di capi diretti nelle cooperative, e quindi autogestione con assemblee giornaliere\r\n \tLavoro solo 6 ore al giorno, per permettere di partecipare alle assemblee politiche e alla vita della comunità\r\n\r\n\r\n\r\nRispetto alle sfide, vi sono fattori esterni come gli attacchi militari, l’embargo economico e la intromissione del dollaro come moneta circolante nella regione, che rafforza gli enti commerciali e indebolisce la popolazione. Questi elementi sono legati e rafforzano altre contraddizioni interne: innanzitutto, il sistema cooperativo attualmente non è capace di occupare una grossa fetta della popolazione; dal canto suo la società non lega ancora (totalmente) il lavoro alla riproduzione e costruzione dell’autonomia, che concepisce il lavoro come lavoro rivoluzionario. Un ostacolo a ciò è la mancanza di infrastrutture, che moltiplicherebbero gli ambiti di lavoro agricolo.\r\n\r\nUn processo rivoluzionario questo che stiamo raccontando quindi non privo di contraddizioni e sfide. Da un punto di vista teorico però tutto è guidato da una visione e un programma chiaro che ha tre principi fondamentali che sono gli assi teorici della concezione dell’economia della modernità democratica: un’economia democratica, ecologica e di liberazione per le donne.\r\n\r\nSebbene la teoria della lotta di classe del marxismo non venga rifiutata, la contraddizione principale viene riconosciuta in quella tra la società e le forze monopolistiche costituite dallo Stato, dalla borghesia e dal sistema patriarcale. Pertanto, l’economia sociale, così come intesa in Rojava, emerge come un’alternativa sia al liberismo economico che alla pianificazione centralizzata. Entrambe sono viste come forme monopolistiche.\r\n\r\nSulla base della visione di Öcalan, la prospettiva del confederalismo democratico definisce l’economia capitalista come un’anti-economia e insiste sul fatto che in un’economia reale il soggetto decisionale dovrebbe essere la società. Sostiene che dare voce a tutti gli individui della società nei processi di produzione, consumo e distribuzione democratizzerà l’economia. Sebbene la teoria della lotta di classe del marxismo non venga rifiutata, la contraddizione principale viene riconosciuta in quella tra la società e le forze monopolistiche costituite dallo Stato, dalla borghesia e dal sistema patriarcale\r\n\r\nIn sostanza, l’economia sociale si basa sul cooperativismo e sulla collettivizzazione dei processi lavorativi e dei mezzi di produzione. Un obiettivo fondamentale è l’eliminazione del rapporto salariale, cioè lo sfruttamento del lavoro individuale. È anche fondata sulla produzione di una vita comunitaria in condizioni di autosufficienza. Tuttavia, l’autosufficienza non è intesa come produzione e soddisfazione di tutti i bisogni a livello di una singola comunità, ma si basa su relazioni di scambio eque, democratiche e di reciprocità stabilite tra le comunità o, come in Rojava, tra le comuni. In altre parole, si basa sulla comprensione e sulla edificazione dell’economia come campo di decisione etica e politica. Si basa sul funzionamento armonioso di meccanismi di autogestione sociale come comuni, assemblee e cooperative.\r\n\r\nIn altre parole è un’economia che si basa su principi etici e politici, in cui la società decide, in cui la natura non è vista come un input ma come un soggetto sociale e integrato nella vita comune, e in cui le donne guidano il processo con il loro sapere e la loro saggezza non capitalizzata.\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n ","22 Aprile 2025","2025-04-22 15:30:36","Aggiornamenti dalla campagna Defend Rojava. 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La popolazione viveva allora in uno stato di deprivazione e sudditanza ma la notte della rivoluzione, il popolo del Rojava, decide di riprendersi l'economia della propria terra.\r\n\r\nNel corso degli ultimi 12 anni l'esperienza accumulata è stata parecchia, lo racconta Azize Aslan in una recente intervista che potete leggere in forma integrale sotto questo podcast.\r\n\r\nIl processo rivoluzionario in atto si può spiegare con i termini che sono propri del movimento curdo: fare-distruggere-rifare; cioè, un processo di sperimentazione basato sull’autocritica della pratica al fine di creare un proprio modello.\r\n\r\nPrima di entrare nei dettagli specifici della sua organizzazione, sottolineiamo che l’economia sociale ha una doppia strategia: da un lato, mira a limitare il capitalismo (o a resistere al capitalismo), il quale va di pari passo con l’economia di guerra; dall’altro mira a rafforzare l’autogestione economica (autodifesa economica) del popolo creando nuovi spazi e relazioni socio-economiche.\r\n\r\nL’economia del Rojava si basa sull’autogestione attraverso comuni, assemblee e cooperative. 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Per implementarne l'uso sono state istituite le \"Case delle Cooperative\" che hanno il compito di sostenerne la nascita e la diffusione ma l’obiettivo non è semplicemente quello di creare delle cooperative come istituzioni produttive, ma di cercare un accordo collettivo per rendere cooperativi tutti i processi produttivi della comune, cioè per collettivizzarne la vita economica.\r\n\r\nNonostante la presenza di dinamiche di mercato ancora legate al capitalismo, l’amministrazione autonoma controlla prezzi e commerci, promuovendo mercati popolari e filiere solidali.\r\n\r\nL’autrice dell'intervista infatti sostiene che dopo anni di asservimento della società ad un’economia programmata dallo Stato (per arabi e curdi) vi è una forte spinta capitalista alla creazione dell’impresa privata. l’amministrazione lavora per diffondere l’idea delle cooperative, in maniera capillare, per liberare l’economia dal capitalismo.\r\n\r\nUn’attenzione particolare è riservata all’economia delle donne, organizzata in modo autonomo attraverso le strutture del movimento Kongra Star, che valorizza il sapere, la cura e la produzione delle donne.\r\n\r\nLe donne si organizzano infatti prima in ambito autonomo e poi in ambito misto. Le donne si organizzano quindi sui propri ambiti, a partire dalla questione della donna. Con la creazione di istituzioni autonome democratiche, seguendo gli stessi modelli organizzativi dal basso: è quindi possibile parlare di ruolo della donna in tutti gli altri ambiti della società, capace quindi di restituire una posizione specifica con il proprio punto di vista e la propria comprensione.\r\n\r\nAttualmente in Rojava non si è ancora superato il legame di alienzione che vincola le persone attraverso il \u003Cmark>salario\u003C/mark>. Il superamento avviene nel momento in cui l’intero sistema economico elimina il lavoro salariato legato al denaro, permettendo di eliminare il valore di scambio a favore del valore d’uso. A livello lavorativo ciò consiste nella diffusione del lavoro per la soddisfazione dei propri bisogni, creando lavoro autentico che non crea surplus, accumulo e sfruttamento. 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