","Consumo di luogo. La nuova legge urbanistica dell'Emilia Romagna","post",1501010166,[61,62,63,64,65,66],"http://radioblackout.org/tag/consumo-di-suolo/","http://radioblackout.org/tag/emilia-romagna/","http://radioblackout.org/tag/piano-regolatore/","http://radioblackout.org/tag/privatizzazione/","http://radioblackout.org/tag/semplificazione/","http://radioblackout.org/tag/urbanistica/",[21,17,68,19,69,15],"piano regolatore","semplificazione",{"post_content":71,"tags":75},{"matched_tokens":72,"snippet":73,"value":74},[69],"c’è qualificazione urbana, non c’è \u003Cmark>semplificazione\u003C/mark>, non si riduce il rischio","Il progetto di legge regionale che intende abolire l’urbanistica in Emilia-Romagna è propagandato con quattro slogan. Nessuno è vero: non c’è risparmio di suolo, non c’è qualificazione urbana, non c’è \u003Cmark>semplificazione\u003C/mark>, non si riduce il rischio di infiltrazioni dell'ndragheta.\r\n\r\n \r\n\r\nC’è invece libertà assoluta data alle iniziative immobiliari per nuovi insediamenti nel territorio rurale o di rigenerazione urbana, vietando la possibilità stessa di una cogente disciplina urbanistica preventiva e sottraendo meticolosamente ai comuni ogni potere e strumento per governarli. Per i normali cittadini e attività produttive ci sono le solite vecchie fruste regole.\r\nL’interesse pubblico alla qualità e funzionalità del territorio è ignorato, e ogni attenzione è dedicata a disporre le condizioni di maggior vantaggio per la rendita fondiaria nelle realtà urbane maggiori.\r\n\r\n \r\n\r\nNe abbiamo parlato con l'architetto Ruini, in prima fila nella denuncia e nella lotta contro il nuovo piano.\r\n\r\n \r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n2017 07 25 emilia piano reg ruini\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito una breve scheda che riassume le questioni in ballo\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nNon c’è risparmio di suolo\r\nSecondo la giunta regionale, limitando al tre per cento il possibile ampliamento urbano, i 250 chilometri quadrati di espansioni urbanistiche oggi già possibili si ridurrebbero a 70.\r\nNon è così. Ai proprietari di quei 250 chilometri quadrati sarebbero concessi cinque anni per metterne perpetuamente al sicuro la classificazione urbanistica, stipulando accordi operativi a cui i comuni non avrebbero reale possibilità di sottrarsi né interesse a farlo.\r\n\r\nIl vantato limite del tre per cento all’incremento del territorio urbano sarebbe quindi aggiuntivo alle espansioni urbanistiche già vigenti e confermabili, e comunque elevato in sé: con un incremento del tre per cento le città di Ferrara, Modena, Parma, Ravenna, Reggio crescerebbero ciascuna di due chilometri quadrati, sufficienti ad accogliervi altri ventimila abitanti.\r\n\r\n \r\n\r\nNon c’è qualificazione urbana\r\n\r\nGli interventi di riuso e rigenerazione nel territorio urbanizzato sarebbero interamente ed esclusivamente rimessi all’ iniziativa delle proprietà, che sola avrebbe titolo per sviluppare progetti del tutto arbitrari in quanto esenti da qualsiasi limitazione o regola preventiva su volume, superficie utile, morfologia, uso, dotazioni e geometria; in deroga agli standard nazionali e locali in materia di verde, servizi pubblici e parcheggi; in deroga alle norme nazionali e locali in materia di densità edilizia, altezze e distanze dagli altri fabbricati, e senza alcun obbligo di valutare la sostenibilità ambientale e territoriale di quanto progettato.\r\n\r\nLa regolazione di questi interventi avverrebbe esclusivamente mediante accordi operativi su progetti urbani che i comuni non avrebbero modo di respingere né modificare, perché accuratamente esautorati da qualsiasi effettivo potere.\r\n\r\nNulla impedisce che interventi concepiti in queste condizioni producano selvaggi aumenti di volumi, indifferenti all’impatto prodotto sulla circolazione e sui servizi, privi di dotazioni essenziali e anzi congestivi e parassitari sul contesto urbano. Le parti più sofferenti delle città esigono politiche di diradamento, non di quell’addensamento che appare l’unico intento e la sola prospettiva della proposta di legge.Per questa via non si arriva alla qualificazione della città esistente, ma al suo contrario.\r\n\r\n \r\n\r\nNon c’è \u003Cmark>semplificazione\u003C/mark>\r\n\r\nQualsiasi modificazione anche minima del proposto nuovo piano urbanistico generale (PUG), e addirittura la formazione e modificazione di piani urbanistici attuativi si troverebbero assoggettate al medesimo procedimento previsto per la formazione del PUG stesso, del piano regionale e dei piani territoriali di area vasta e regionale. Gli effetti per la normale attività dei comuni sarebbero paralizzanti.\r\n\r\nPer la formazione di accordi operativi di iniziativa privata il progetto di legge prevede invece un iter sostanzialmente snellito e accelerato rispetto agli strumenti urbanistici pubblici.\r\n\r\n \r\n\r\nIl divieto di regolare preventivamente mediante i piani urbanistici i più importanti interventi di rigenerazione urbana e di nuova urbanizzazione, demandando alla negoziazione il compito di definirne contenuti di grande entità economica, introduce la massima discrezionalità nella politica e nell’amministrazione dell’urbanistica, già in sé delicate, con effetti potenzialmente criminogeni. Il rischio di devianze ne è acuito, il pericolo di inserimenti della malavita organizzata altrettanto.\r\n\r\n \r\n\r\nIl progetto di legge risponde pienamente alla casistica completa delle posizioni di interesse immobiliare e dei modi in cui può essere perseguito il loro maggior vantaggio:\r\n\r\n \tle espansioni urbane già previste verrebbero poste irreversibilmente al sicuro, attraverso accordi che i comuni non avrebbero reale possibilità di negare, né di revocare;\r\n \t\r\n \tgli interventi di riuso e rigenerazione nel territorio urbanizzato verrebbero sottratti a qualsiasi limitazione cogente di origine nazionale o locale, e interamente rimessi all’arbitrio delle iniziative immobiliari;\r\n \tun qualsiasi pezzo di campagna non attiguo all’autostrada, né esondabile né in frana sarebbe liberamente utilizzabile per trasferirvi dagli interventi di rigenerazione urbana l’edificabilità non convenientemente utilizzabile sul posto (premialità varie comprese); oppure per attuarvi imprecisati programmi di edilizia residenziale sociale, comunque apportatori di rendita e utili per negoziare altri vantaggi.Ne consegue che i nobili obiettivi del risparmio di suolo e della qualificazione del territorio urbano siano mistificati e asserviti a interessi puramente speculativi. Per fermare lo spreco di suolo e qualificare il territorio, in particolare quello urbano, servono rinnovate politiche, di cui i comuni siano attori principali, nel quadro di solidi riferimenti del piano territoriale regionale e dei piani di area vasta. \r\n\r\nPreoccupa gravemente che questa proposta sia l’avanguardia di un tentativo di sovvertire la legislazione urbanistica nazionale dal basso, attraverso la proliferazione di leggi regionali che la contraddicono.",[76,78,80,82,84,87],{"matched_tokens":77,"snippet":21},[],{"matched_tokens":79,"snippet":17},[],{"matched_tokens":81,"snippet":68},[],{"matched_tokens":83,"snippet":19},[],{"matched_tokens":85,"snippet":86},[69],"\u003Cmark>semplificazione\u003C/mark>",{"matched_tokens":88,"snippet":15},[],[90,96],{"field":35,"indices":91,"matched_tokens":93,"snippets":95},[92],4,[94],[69],[86],{"field":97,"matched_tokens":98,"snippet":73,"value":74},"post_content",[69],578730123365712000,{"best_field_score":101,"best_field_weight":102,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":47,"score":103,"tokens_matched":23,"typo_prefix_score":47},"1108091339008",13,"578730123365711978",{"document":105,"highlight":128,"highlights":133,"text_match":136,"text_match_info":137},{"cat_link":106,"category":107,"comment_count":47,"id":108,"is_sticky":47,"permalink":109,"post_author":50,"post_content":110,"post_date":111,"post_excerpt":112,"post_id":108,"post_modified":113,"post_thumbnail":114,"post_thumbnail_html":115,"post_title":116,"post_type":58,"sort_by_date":117,"tag_links":118,"tags":123},[44],[46],"90075","http://radioblackout.org/2024/05/litalia-fornisce-missili-offensivi-allucraina-contribuendo-allescalation-bellica-in-europa/","L'italia sta fornendo all'Ucraina missili Storm shadow che hanno una gittata fino a 500km e possono colpire il territorio della Russia, inoltre con la Francia sta accelerando la fabbricazione di missili antiaerei e antibalistici missili Aster 15 e 30 , da destinare all’Ucraina ,fabbricate dal consorzio Mbda , in cooperazione fra Parigi e Roma. Mbda è il principale consorzio europeo costruttore di missili e tecnologie per la difesa. La ragione sociale non è un acronimo ma comunque ricorda le società da cui è nata attraverso varie fusioni, Matra, BAE Dynamics, Alenia. Italia e Francia hanno fornito un numero imprecisato di questi missili agli ucraini per la loro difesa antiaerea, che ora gliene chiedono altri per sostenere lo sfrozo bellico. Il missile è stato utilizzato anche nel Mar Rosso contro i droni lanciati dai ribelli Houthi.\r\n\r\nMbda punta a ridurre i tempi di produzione degli Aster da 42 mesi nel 2022 a «meno di 18 mesi nel 2026» e la produzione - secondo il suo presidente Eric Beranger - dovrebbe aumentare del 50% entro le stesse scadenze. Per Lecornu ,ministro delle forze armate francesi ,c’e’ anche «urgenza di una semplificazione burocratica», con «questioni doganali tra la Francia e l’Italia che possono ritardare la produzione di missili». Crosetto ha aggiunto che «i protagonisti delle industrie della difesa devono capire che bisogna lavorare più velocemente, e che da questo lavoro dipende il futuro del paese. Questa cosa non è ancora del tutto chiara».\r\n\r\nIntanto il nono invio di armi dall'Italia verso l'Ucraina è ancora secretato ,annunciato in sede Copasir ma rinviato per opportunità elettorali a dopo le elezioni europee, si è saputo infatti dell'invio dei missili Storm shadow incidentalmente dalle dichiarazioni del ministro della difesa britannica.\r\n\r\nNe parliamo con Carlo Tombola , direttore scientifico dell’Opal, l’osservatorio sulle armi leggere, che da anni monitora da Brescia tutti i dati sul commercio di armamenti in Italia .\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/05/INFO-270524-TOMBOLA.mp3\"][/audio]","27 Maggio 2024","L'italia e l'escalation della guerra in Europa .","2024-05-27 17:50:43","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/05/STORM-SHADOWS-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"165\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/05/STORM-SHADOWS-300x165.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/05/STORM-SHADOWS-300x165.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/05/STORM-SHADOWS-1024x563.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/05/STORM-SHADOWS-768x422.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/05/STORM-SHADOWS-200x110.jpg 200w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/05/STORM-SHADOWS.jpg 1050w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","L'ITALIA FORNISCE MISSILI OFFENSIVI ALL'UCRAINA CONTRIBUENDO ALL'ESCALATION BELLICA IN EUROPA.",1716832243,[119,120,121,122],"http://radioblackout.org/tag/contro-la-guerra/","http://radioblackout.org/tag/corsa-agli-armamenti/","http://radioblackout.org/tag/guerra-in-ucraina/","http://radioblackout.org/tag/missili/",[124,125,126,127],"contro la guerra","corsa agli armamenti","guerra in ucraina","missili",{"post_content":129},{"matched_tokens":130,"snippet":131,"value":132},[69],"c’e’ anche «urgenza di una \u003Cmark>semplificazione\u003C/mark> burocratica», con «questioni doganali tra","L'italia sta fornendo all'Ucraina missili Storm shadow che hanno una gittata fino a 500km e possono colpire il territorio della Russia, inoltre con la Francia sta accelerando la fabbricazione di missili antiaerei e antibalistici missili Aster 15 e 30 , da destinare all’Ucraina ,fabbricate dal consorzio Mbda , in cooperazione fra Parigi e Roma. 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Cosa sta succedendo?\r\nPer le strade del saluzzese qualche bracciante africano in bicicletta comincia a vedersi ma sono poche unità, probabilmente già in zona da tempo se non residenti. I giardini di villa Aliberti sono frequentati quasi esclusivamente da bambini e saluzzesi che portano a spasso i cani, là dove gli anni scorsi in questo periodo i braccianti accampati erano una presenza vistosa. Comunque per precauzione la polizia municipale vigila quotidianamente.\r\nTramontato il PAS (effimero Progetto Accoglienza Stagionali) al Foro Boario, ufficialmente per il Covid, erano proprio i giardini il luogo di approdo dei braccianti senza casa: sgomberati a inizio luglio dopo la vibrante protesta di qualche giorno prima nel 2020, ignorati nel 2021, salvo quando hanno provato ad alzare la voce per chiedere una sistemazione.\r\nLe truppe professionali e volontarie messe in campo dai soggetti istituzionali per la cosiddetta accoglienza sono ancora in stand-by causa scarse presenze. Per rendersene conto basta passare davanti allo sportello del progetto FAMI Buona Terra presso la casa del cimitero o in Corso Piemonte, sede della Caritas.\r\nEppure a giudicare dagli appelli di Coldiretti sui giornali, il lavoro non manca…\r\nAbbiamo provato a capirne di più con Lele Odiardo, un compagno attivo nella solidarietà ai braccianti in lotta\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/07/2022-07-05-lele-saluzzo.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\nDi seguito il testo scritto da Lele:\r\n\r\n“Eppure a giudicare dagli appelli di Coldiretti sui giornali, il lavoro non manca e la colpa della mancanza di manodopera in questo primo scorcio di stagione è dei flussi che non funzionano: niente affatto una novità visto che se ne parla da sempre ma ben pochi ne hanno fatto uso nel corso degli anni a causa di un sistema rigido e troppo vincolante per i datori di lavoro. Cifre esatte non ce ne sono mai state ma si può ben dire che è sempre stato più conveniente il reclutamento di manodopera “porta a porta”, già presente sul territorio.\r\n“La frutta non aspetta i tempi biblici della burocrazia e in attesa che il Viminale riattivi la piattaforma informatica, mirtilli, pesche e susine, maturano, cadono e marciscono. Così un’annata agricola buona rischia di finire al macero”.\r\nCon queste parole piene di amarezza, Fabiano Porcu - direttore Coldiretti Cuneo - racconta non solo il danno ma anche la beffa che ha travolto gli imprenditori agricoli di tutta Italia e che il Cuneese, per primo, ha segnalato ai vertici della politica per poter trovare una soluzione che sia adeguata e celere…\r\n…In questo momento il settore che patisce maggiormente è quello dei piccoli frutti, giunti ormai a maturazione. Le aziende “si scambiano” i pochi lavoratori disponibili ma la frutta non ritarda la maturazione in attesa che la piattaforma informatica torni ad essere operativa.” (TargatoCN, 10/06/22)\r\nGià l’anno scorso si lamentava la scarsità di manodopera e si faceva “appello agli italiani”: studenti, giovani disoccupati, percettori di reddito di cittadinanza, pensionati, etc… Non si sa come sia andata a finire per quella strana opacità che copre da sempre le cifre relative a chi lavora nell’agroindustria locale: non si sa in quanti hanno lavorato, per quante giornate lavorative, quanto hanno effettivamente percepito all’ora, quanti siano stati ospitati in azienda e via computando.\r\n“Sono indispensabili al più presto misure che riducano il costo del lavoro stagionale e semplifichino radicalmente le procedure di assunzione per garantire flessibilità e tempestività di un lavor legato all’andamento climatico sempre più bizzarro.” dice un comunicato di Coldiretti. Riduzione del costo del lavoro stagionale, “semplificazione radicale” delle procedure di assunzione, flessibilità, le ricette dei padroni sono sempre le stesse.\r\n\r\nMa che succede dunque a Saluzzo, i braccianti non fanno più notizia dopo tanti anni di interminabile emergenza?\r\nUn lavoratore residente a Revello ci dice che “i padroni hanno bisogno e adesso danno un posto per dormire. Quest’anno pagano anche un po’ meglio” ma aggiunge: “Chi non ha i documenti a posto e non è sicuro di lavorare resta al sud, a Foggia, perché là non controllano”.\r\nB. ha iniziato a lavorare già a maggio per i diradamenti nei frutteti e il suo padrone lo ospita come già faceva gli anni scorsi. D. L’autunno scorso ha trovato casa con alcuni connazionali e anche lui lavora già, anche se “non tutti i i giorni”. J. invece è ospite da amici e sta cercando lavoro.\r\nMamadou fa una osservazione interessante: “io so di tanti che sono andati a lavorare in altri posti, dove guadagnano di più. Il lavoro in campagna è duro, adesso le agenzie interinali chiamano più di prima: uno preferisce un contratto di 3 mesi in una fabbrica che raccogliere la frutta.”\r\nUn senegalese, pendolare tra i campi del nord e del sud da tanti anni, in primavera ha trovato lavoro in una fabbrica locale con un contratto da apprendista per 6 mesi: “Appena ho avuto l’occasione me ne sono andato. In campagna è dura e ci vai solo se non trovi altro, anche altri due miei amici non sono più venuti a Saluzzo quest’anno: lavorano dove si guadagna un po’ di più e la vita costa meno che qui.”\r\nIntanto questa mattina (15 giugno) un pick-up davanti ai giardini caricava una bicicletta e una valigia nel bagagliaio e un bracciante con dei fogli in mano saliva a bordo.\r\nDopo i due anni del PAS (2018/2019) e i due del Covid-19 (2020/2021), l’impressione è che qualcosa stia cambiando (non necessariamente in meglio) e un ciclo durato più di 10 anni si sia esaurito.\r\nSicuramente il lavoro di “disciplinamento” svolto dalle istituzioni in questi anni qualche risultato lo sta portando a casa: controllo capillare sul territorio da parte delle forze dell’ordine, sportelli dove i braccianti africani si devono registrare (e quindi dichiarare la loro presenza a Saluzzo), accoglienze diffuse (con finanziamenti pubblici) che hanno aperto in anticipo, sostegno economico (pubblico) e deregolamentazione delle accoglienze in azienda.\r\nRistrutturazione e “ammodernamento” del settore agroindustriale con la differenziazione delle colture (piccoli frutti ad inizio estate, meno pesche e kiwi, mele tardive fino a novembre, varietà super produttive) e potenziamento del settore commerciale e della trasformazione per far fronte alla concorrenza del mercato globalizzato, innovazione tecnologica. Qualcuno la frutta la deve pur raccogliere ma quella della manodopera è una voce sempre più marginale dei costi d’impresa (basta pensare ai costi degli impianti, per i fertilizzanti e i trattamenti chimici, stoccaggio e conservazione, la ricerca, etc…). E anche l’unica voce su cui gli imprenditori possono speculare attraverso il lavoro nero e le irregolarità ben note.\r\nLa basse presenze di questo primo scorcio di stagione sono anche dovute al fatto che la raccolta dei piccoli frutti dura relativamente poco ed è coperta in prevalenza da manodopera già presente sul territorio, poi c’è una paura perché di pesche ce ne sono sempre meno, e ad agosto cominceranno le mele e (con i kiwi9 si andrà avanti fino a fine novembre.\r\nSul versante lavoro, la recente sentenza al “Processo Momo” dovrebbe aver lasciato il segno e portato a galla definitivamente un sistema di irregolarità e sfruttamento diffuso, non certo limitato all’azienda condannata. Molto resta da fare per la conquista dei diritti dei lavoratori agricoli sui quali si sperimentano le condizioni di lavoro peggiori in termini di salario, orario, sicurezza, tutele, etc…certo le accoglienze diffuse e l’assistenzialismo contribuiscono a dividere i braccianti rendendo più complicata la loro auto-organizzazione, necessaria anche dal punto di vista delle rivendicazioni sindacali collettive.”","6 Luglio 2022","2022-07-06 11:21:31","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/07/155057766-3217100c-b7cb-44b6-a1e0-67c006612e7b-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"170\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/07/155057766-3217100c-b7cb-44b6-a1e0-67c006612e7b-300x170.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/07/155057766-3217100c-b7cb-44b6-a1e0-67c006612e7b-300x170.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/07/155057766-3217100c-b7cb-44b6-a1e0-67c006612e7b-1024x580.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/07/155057766-3217100c-b7cb-44b6-a1e0-67c006612e7b-768x435.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/07/155057766-3217100c-b7cb-44b6-a1e0-67c006612e7b-1536x870.jpg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/07/155057766-3217100c-b7cb-44b6-a1e0-67c006612e7b.jpg 1800w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Saluzzo. 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Cosa sta succedendo?\r\nPer le strade del saluzzese qualche bracciante africano in bicicletta comincia a vedersi ma sono poche unità, probabilmente già in zona da tempo se non residenti. I giardini di villa Aliberti sono frequentati quasi esclusivamente da bambini e saluzzesi che portano a spasso i cani, là dove gli anni scorsi in questo periodo i braccianti accampati erano una presenza vistosa. Comunque per precauzione la polizia municipale vigila quotidianamente.\r\nTramontato il PAS (effimero Progetto Accoglienza Stagionali) al Foro Boario, ufficialmente per il Covid, erano proprio i giardini il luogo di approdo dei braccianti senza casa: sgomberati a inizio luglio dopo la vibrante protesta di qualche giorno prima nel 2020, ignorati nel 2021, salvo quando hanno provato ad alzare la voce per chiedere una sistemazione.\r\nLe truppe professionali e volontarie messe in campo dai soggetti istituzionali per la cosiddetta accoglienza sono ancora in stand-by causa scarse presenze. 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Cifre esatte non ce ne sono mai state ma si può ben dire che è sempre stato più conveniente il reclutamento di manodopera “porta a porta”, già presente sul territorio.\r\n“La frutta non aspetta i tempi biblici della burocrazia e in attesa che il Viminale riattivi la piattaforma informatica, mirtilli, pesche e susine, maturano, cadono e marciscono. Così un’annata agricola buona rischia di finire al macero”.\r\nCon queste parole piene di amarezza, Fabiano Porcu - direttore Coldiretti Cuneo - racconta non solo il danno ma anche la beffa che ha travolto gli imprenditori agricoli di tutta Italia e che il Cuneese, per primo, ha segnalato ai vertici della politica per poter trovare una soluzione che sia adeguata e celere…\r\n…In questo momento il settore che patisce maggiormente è quello dei piccoli frutti, giunti ormai a maturazione. Le aziende “si scambiano” i pochi lavoratori disponibili ma la frutta non ritarda la maturazione in attesa che la piattaforma informatica torni ad essere operativa.” (TargatoCN, 10/06/22)\r\nGià l’anno scorso si lamentava la scarsità di manodopera e si faceva “appello agli italiani”: studenti, giovani disoccupati, percettori di reddito di cittadinanza, pensionati, etc… Non si sa come sia andata a finire per quella strana opacità che copre da sempre le cifre relative a chi lavora nell’agroindustria locale: non si sa in quanti hanno lavorato, per quante giornate lavorative, quanto hanno effettivamente percepito all’ora, quanti siano stati ospitati in azienda e via computando.\r\n“Sono indispensabili al più presto misure che riducano il costo del lavoro stagionale e semplifichino radicalmente le procedure di assunzione per garantire flessibilità e tempestività di un lavor legato all’andamento climatico sempre più bizzarro.” dice un comunicato di Coldiretti. Riduzione del costo del lavoro stagionale, “\u003Cmark>semplificazione\u003C/mark> radicale” delle procedure di assunzione, flessibilità, le ricette dei padroni sono sempre le stesse.\r\n\r\nMa che succede dunque a Saluzzo, i braccianti non fanno più notizia dopo tanti anni di interminabile emergenza?\r\nUn lavoratore residente a Revello ci dice che “i padroni hanno bisogno e adesso danno un posto per dormire. Quest’anno pagano anche un po’ meglio” ma aggiunge: “Chi non ha i documenti a posto e non è sicuro di lavorare resta al sud, a Foggia, perché là non controllano”.\r\nB. ha iniziato a lavorare già a maggio per i diradamenti nei frutteti e il suo padrone lo ospita come già faceva gli anni scorsi. D. L’autunno scorso ha trovato casa con alcuni connazionali e anche lui lavora già, anche se “non tutti i i giorni”. J. invece è ospite da amici e sta cercando lavoro.\r\nMamadou fa una osservazione interessante: “io so di tanti che sono andati a lavorare in altri posti, dove guadagnano di più. Il lavoro in campagna è duro, adesso le agenzie interinali chiamano più di prima: uno preferisce un contratto di 3 mesi in una fabbrica che raccogliere la frutta.”\r\nUn senegalese, pendolare tra i campi del nord e del sud da tanti anni, in primavera ha trovato lavoro in una fabbrica locale con un contratto da apprendista per 6 mesi: “Appena ho avuto l’occasione me ne sono andato. In campagna è dura e ci vai solo se non trovi altro, anche altri due miei amici non sono più venuti a Saluzzo quest’anno: lavorano dove si guadagna un po’ di più e la vita costa meno che qui.”\r\nIntanto questa mattina (15 giugno) un pick-up davanti ai giardini caricava una bicicletta e una valigia nel bagagliaio e un bracciante con dei fogli in mano saliva a bordo.\r\nDopo i due anni del PAS (2018/2019) e i due del Covid-19 (2020/2021), l’impressione è che qualcosa stia cambiando (non necessariamente in meglio) e un ciclo durato più di 10 anni si sia esaurito.\r\nSicuramente il lavoro di “disciplinamento” svolto dalle istituzioni in questi anni qualche risultato lo sta portando a casa: controllo capillare sul territorio da parte delle forze dell’ordine, sportelli dove i braccianti africani si devono registrare (e quindi dichiarare la loro presenza a Saluzzo), accoglienze diffuse (con finanziamenti pubblici) che hanno aperto in anticipo, sostegno economico (pubblico) e deregolamentazione delle accoglienze in azienda.\r\nRistrutturazione e “ammodernamento” del settore agroindustriale con la differenziazione delle colture (piccoli frutti ad inizio estate, meno pesche e kiwi, mele tardive fino a novembre, varietà super produttive) e potenziamento del settore commerciale e della trasformazione per far fronte alla concorrenza del mercato globalizzato, innovazione tecnologica. Qualcuno la frutta la deve pur raccogliere ma quella della manodopera è una voce sempre più marginale dei costi d’impresa (basta pensare ai costi degli impianti, per i fertilizzanti e i trattamenti chimici, stoccaggio e conservazione, la ricerca, etc…). E anche l’unica voce su cui gli imprenditori possono speculare attraverso il lavoro nero e le irregolarità ben note.\r\nLa basse presenze di questo primo scorcio di stagione sono anche dovute al fatto che la raccolta dei piccoli frutti dura relativamente poco ed è coperta in prevalenza da manodopera già presente sul territorio, poi c’è una paura perché di pesche ce ne sono sempre meno, e ad agosto cominceranno le mele e (con i kiwi9 si andrà avanti fino a fine novembre.\r\nSul versante lavoro, la recente sentenza al “Processo Momo” dovrebbe aver lasciato il segno e portato a galla definitivamente un sistema di irregolarità e sfruttamento diffuso, non certo limitato all’azienda condannata. Molto resta da fare per la conquista dei diritti dei lavoratori agricoli sui quali si sperimentano le condizioni di lavoro peggiori in termini di salario, orario, sicurezza, tutele, etc…certo le accoglienze diffuse e l’assistenzialismo contribuiscono a dividere i braccianti rendendo più complicata la loro auto-organizzazione, necessaria anche dal punto di vista delle rivendicazioni sindacali collettive.”",[175],{"field":97,"matched_tokens":176,"snippet":172,"value":173},[69],{"best_field_score":138,"best_field_weight":39,"fields_matched":23,"num_tokens_dropped":47,"score":139,"tokens_matched":23,"typo_prefix_score":47},{"document":179,"highlight":199,"highlights":204,"text_match":136,"text_match_info":207},{"cat_link":180,"category":181,"comment_count":47,"id":182,"is_sticky":47,"permalink":183,"post_author":50,"post_content":184,"post_date":185,"post_excerpt":53,"post_id":182,"post_modified":186,"post_thumbnail":187,"post_thumbnail_html":188,"post_title":189,"post_type":58,"sort_by_date":190,"tag_links":191,"tags":195},[44],[46],"64695","http://radioblackout.org/2020/11/hong-kong-sguardo-privilegiato-su-accordi-indo-pacifici-e-laboratorio-patriottico/","Mentre nel resto del mondo si cerca di uscire con dignità dall’epidemia la Cina ha avuto modo di convincere della propria affidabilità commerciale e come realizzatore di vie di comunicazione, di apertura di mercati e produzione-diffusione di merci, le clausole che consentono una provenienza tale dei beni esportati che i beni intermedi possono originare da uno qualunque dei sottoscrittori, al punto che al sistema messo in piedi – nell’assenza dell’America trumpiana – nello scacchiere pacifico hanno aderito tutti gli stati dell’Indo-pacifico a parte l’India, unico bottino statunitense per scelta di Modi dell’alleato potente più lontano e non confinante e perché si immagina come potenza equivalente a quella cinese.\r\n\r\nPersino Australia, Giappone e Corea del Sud hanno aderito al Regional Comprehensive Economic Partnership, che rappresenterebbe un terzo del pil mondiale; una volta a regime, tra due anni... ma ecco appunto le prime cautele. Per ora si tratta di un accordo appena ratificato e non si sa ancora come potrà dipanarsi questo flusso e cosa significa la semplificazione doganale e l’estensione a servizi, investimenti, e-commerce di quello che però non si configura solo come un libero scambio tradizionale, inserendosi nell’idea del multilateralismo abbandonata dalla politica aggressiva dei dazi suprematisti, che ha affossato il Tpp di Bush e Obama che poteva contrastare lo strapotere cinese sull’oceano. Se Biden probabilmente cercherà di ritessere la trama del vecchio Tpp, è un dato di fatto che ormai i firmatari del Rcep (che hanno lasciato comunque aperto l’uscio per un ingresso anche dell’India) sono tali che ne fanno un interlocutore imprescindibile per tutte le economie. Anche se non è ancora un’area regolamentata come l’Unione Europea, si propone come una potenza con cui bisogna fare i conti.\r\n\r\n\r\n\r\nL’oltraggio all’inno e la guerra tecnologica in funzione politica\r\n\r\nLeggi sempre più liberticide si impongono in particolare per ridurre alla ragione Hong Kong, manifestazioni sono state disperse, parlamentari sospesi o autodimissionari; si è giunti a una calma apparente a HK, perché si è imposto il timore continentale. Una linea dura che intende sbarazzarsi dell’opposizione. 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Martedì 28 gennaio ha cominciato i suoi lavori una commissione all’Assemblea nazionale, il 30 gennaio si aprirà una conferenza alla quale parteciperanno anche i sindacati, e il 17 febbraio avrà inizio il dibattito parlamentare.\r\nLa riforma delle pensioni resterà il tema di fondo delle elezioni municipali di metà marzo fino a giugno, quando il provvedimento potrebbe essere approvato.\r\nIl primo sciopero intercategoriale è stato proclamato il 5 dicembre scorso, il 24 si è celebrato il settimo e un altro è già indetto per il 29 gennaio. Dopo sette settimane di conflitto sociale e di scioperi, arrivati dopo un anno di rivolta dei gilet gialli, la lotta non si ferma.\r\nIl cedimento di Macron sull’età pensionabile non ha certo accontentato il movimento contro la riforma delle pensioni..\r\nFinito lo sciopero dei ferrovieri, continua la lotta dei lavoratori della sanità, della scuola, dei teatri… Indubbiamente l’incidenza di questi scioperi è minore, perché gli cheminot sia pubblici che privati erano in grado di paralizzare il paese, mettendo in seria difficoltà il governo.\r\nAnche i blocchi delle raffinerie non sono riusciti ad incidere, perché non sono stati tali da determinare una carenza di approvvigionamenti alle pompe di benzina.\r\nAltro dato significativo è che gli scioperi restano sotto il controllo sindacale, soprattutto la CGT. Sindacati più radicali non riescono a incidere sulla lotta.\r\nSignificativa invece la trasformazione delle manifestazioni: i cortei di testa, che precedono generalmente gli spezzoni sindacali, un tempo di minoranza, oggi rappresentano sino alla metà dei partecipanti.\r\nUn’imprevista doccia fredda per Macron è arrivata dal Consiglio di Stato, che ha bacchettato il governo sulla sostanza della riforma. In particolare lo studio di impatto della riforma non avrebbe solide basi: impossibile capire le conseguenze sociali del provvedimento. Inoltre la semplificazione, che, nella propaganda di En Marche renderebbe tutti uguali, non è che una finta priva di sostanza. Sono escluse dal provvedimento categorie pesanti come i poliziotti e i militari, che non godranno delle meraviglie del regime universale.\r\nDonne e precari saranno penalizzati per via dei contributi minori e, conseguente riduzione dell’assegno mensile.\r\nLa riduzione del montante delle pensioni farà sì che nel prossimo futuro gli anziani saranno più poveri: il tasso di povertà dei vecchi, che oggi è sceso dal 34 al 6 percento, riprenderà a salire.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Gianni Carrozza di Radio Paris Plurielle, dove conduce “Vive la sociale!”\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/01/2020-01-28-francia-carrozza.mp3\"][/audio]","28 Gennaio 2020","2020-01-28 12:08:00","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/01/cq5dam.thumbnail.cropped.1500.844-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/01/cq5dam.thumbnail.cropped.1500.844-300x169.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/01/cq5dam.thumbnail.cropped.1500.844-300x169.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/01/cq5dam.thumbnail.cropped.1500.844-1024x576.jpeg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/01/cq5dam.thumbnail.cropped.1500.844-768x432.jpeg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/01/cq5dam.thumbnail.cropped.1500.844.jpeg 1500w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Francia. 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Da un provvedimento grave (i gradi di giudizio) a uno anche peggiore (lo schiavismo applicato a uomini neri che si devono guadagnare la pagnotta gratuitamente, lavorando gratis) e poi si arriva alla summa della perversione legislativa (il Lager per conto terzi, per non disturbare la sensibilità). L'abolizione dell'appello nega persino i canonici tre gradi di giudizio del nostro sistema di garanzie minime (e già in materia di espulsioni se ne prevedono solo due), ma serve perché il diniego sia comminato in modo sempre più veloce e la costruzione di campi di concentramento vicino agli aeroporti rappresentano il tassello successivo della semplificazione della barbarie, che prevede di circoscrivere il più possibile il diritto d'asilo facendolo confinare con le strutture preposte alla deportazione, visto che la società liberaldemocratica non può venire meno ai suoi principi ma può collocare la loro negazione alla periferia, badando esclusivamente a mantenere intonsi gli affari che si sviluppano pelosamente attorno all'assistenza e all'accoglienza, esternalizzando tutto il resto, campi di concentramento compresi, affidati a kapo notoriamente spietati e aguzzini, per cui il filtro si sposterebbe del tutto dall'altra parte del Mediterraneo, in modo del tutto incontrollabile (fosse comuni, tortura, fame, stupri... tutto tollerato, consentito... preparato dall'occidente. Ma subappaltato).\r\n\r\nMentre i meno fortunati vengono fermati prima di sbarcare e poi rimpatriati, in territorio europeo si andrebbe a costituire una sorta di apartheid, dove i migranti sono cittadini di secondo livello, schiavi al lavoro in cambio di vitto e alloggio, in attesa di rimpatrio; oppure li aspetta una contenzione in strutture che sono pura propaganda, che li si chiami Ctp, Cie o Cpr: fumo negli occhi dei già abbastanza accecati cittadini europei, infoiati dal delirio securitario e dalla xenofobia, ma inutili anche in un'ottica repressiva. Paradossalmente – per chi crede – la loro penitenza deriva nella ampiamente condivisibile lettura di Gianluca Vitale (viste le molte comunità confessionali coinvolte nel \"volontariato\") dalla tradizione cattolica, votata al sacrificio in cambio del paradiso: bisogna un po' soffrire... ma forse queste persone hanno già ricevuto la loro dotazione di patimenti.\r\n\r\nQueste e altre analisi si possono ascoltare in questo flusso di coscienza di Gianluca, avvocato del Legal team, che gradualmente si indigna (e noi con lui) per morti, deportazioni di massa, nazionalismi, torture, razzismo, sfruttamento insito nel meccanismo funzionale al sistema in cui sono inseriti corpi ricattabili, precari e senza prospettive, a cominciare dal punto di partenza del loro viaggio... fino a immaginare una nuova Norimberga per questi criminali di guerra, nella storia che li inchioderà tra qualche anno. Non basta sperarlo.\r\n\r\nVitale","11 Febbraio 2017","2017-02-15 11:49:13","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/desolazione-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/desolazione-300x225.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/desolazione-300x225.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/desolazione-768x576.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/desolazione-1024x768.jpg 1024w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","La banalità delle norme: l'istituzione dei nuovi campi di concentramento",1486779044,[254,255,256,257,258,259],"http://radioblackout.org/tag/cie/","http://radioblackout.org/tag/cpr/","http://radioblackout.org/tag/deportazioni-etniche/","http://radioblackout.org/tag/gentiloni/","http://radioblackout.org/tag/minniti/","http://radioblackout.org/tag/schiavismo/",[261,262,263,264,265,266],"cie","cpr","deportazioni etniche","gentiloni","minniti","schiavismo",{"post_content":268},{"matched_tokens":269,"snippet":270,"value":271},[69],"rappresentano il tassello successivo della \u003Cmark>semplificazione\u003C/mark> della barbarie, che prevede di","Gli accordi libici di Gentiloni con una porzione di stato – che risulta oltretutto perdente rispetto alla Cirenaica di Haftar – sono la conclamazione che l'Europa ha superato la fase dei diritti umani, perché non esistono e non interessa che esistano nei vari paesi del mondo; semplificare nell'ottica del potere significa proprio ridurre le agibilità. Da un provvedimento grave (i gradi di giudizio) a uno anche peggiore (lo schiavismo applicato a uomini neri che si devono guadagnare la pagnotta gratuitamente, lavorando gratis) e poi si arriva alla summa della perversione legislativa (il Lager per conto terzi, per non disturbare la sensibilità). L'abolizione dell'appello nega persino i canonici tre gradi di giudizio del nostro sistema di garanzie minime (e già in materia di espulsioni se ne prevedono solo due), ma serve perché il diniego sia comminato in modo sempre più veloce e la costruzione di campi di concentramento vicino agli aeroporti rappresentano il tassello successivo della \u003Cmark>semplificazione\u003C/mark> della barbarie, che prevede di circoscrivere il più possibile il diritto d'asilo facendolo confinare con le strutture preposte alla deportazione, visto che la società liberaldemocratica non può venire meno ai suoi principi ma può collocare la loro negazione alla periferia, badando esclusivamente a mantenere intonsi gli affari che si sviluppano pelosamente attorno all'assistenza e all'accoglienza, esternalizzando tutto il resto, campi di concentramento compresi, affidati a kapo notoriamente spietati e aguzzini, per cui il filtro si sposterebbe del tutto dall'altra parte del Mediterraneo, in modo del tutto incontrollabile (fosse comuni, tortura, fame, stupri... tutto tollerato, consentito... preparato dall'occidente. Ma subappaltato).\r\n\r\nMentre i meno fortunati vengono fermati prima di sbarcare e poi rimpatriati, in territorio europeo si andrebbe a costituire una sorta di apartheid, dove i migranti sono cittadini di secondo livello, schiavi al lavoro in cambio di vitto e alloggio, in attesa di rimpatrio; oppure li aspetta una contenzione in strutture che sono pura propaganda, che li si chiami Ctp, Cie o Cpr: fumo negli occhi dei già abbastanza accecati cittadini europei, infoiati dal delirio securitario e dalla xenofobia, ma inutili anche in un'ottica repressiva. 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Lo scellerato progetto prevede tra l'altro l’abbattimento di un alto numero di alberi adulti sani. L'intera progettazione si è già manifestata chiaramente pseudo ecologica, a partire dalla previsione di una costosa passerella ciclopedonale che, come rilevato dagli stessi ideatori della ciclovia VenTo che se ne dovrebbe servire, è un'opera inutile: un passaggio con identica funzione è già presente e le sue pessime condizioni sono oggetto di denuncia dei residenti da anni.\r\n\r\n\r\n\r\nD'altra parte non ci sono state consultazioni popolari, ma incontri informativi a giochi fatti, senza possibilità di opporsi o modificare il progetto. La procedura di valutazione è stata carente sotto molteplici aspetti, saltando verifiche ambientali e modificando gli habitat a fini di semplificazione. In questi mesi i cittadini hanno constatato che le ruspe hanno operato anche al di fuori dalle zone previste dal progetto, senza che sia avvenuta nessuna ispezione preventiva per verificare la presenza di piccoli mammiferi, anfibi, nonché nidi, alveari, e altre forme di vita.\r\n\r\nLo svolgimento dei lavori è stato limitato per alcuni giorni a una parte delle aree in seguito alla presentazione di due diffide, il 12 e 18 settembre, che chiedevano la sospensione in tutto il parco. La presenza di ricci è stata esclusa con un solo ridicolo sopralluogo nell'area del cantiere, dopo 2 settimane dall'avvio dei lavori. Si tratta di un progetto finanziato con i fondi del PNRR e che prevede diversi interventi in zone a protezione speciale (ZPS) e in aree tutelate dalla Rete Natura 2000. In generale tutti i finanziamenti PNRR sono coperti dalla clausola del DNSH (Do Not Significant Harm) che avrebbe dovuto escludere la fattibilità di progetti che comportano una serie di rischi ecologici - che in questo caso invece si verificano - progetti che al contrario dovrebbero essere portatori di un miglioramento ambientale comprovato - che pare totalmente assente. L'area è per di più ad elevato rischio idrogeologico, costituendo alveo di piena del Po.\r\nI fondi PNRR ottenuti erano destinati al ripristino di impianti sportivi pubblici in disuso, al Meisino non esiste un tale impianto, ma un ex galoppatoio militare, già cascina agricola, che è stato ironicamente spacciato per struttura sportiva pubblica. Inoltre secondo il Piano d'Area tale fabbricato non può essere ristrutturato, ma la sua conversione in centro di educazione sportiva e ambientale è stata fatta passare per risanamento conservativo. Il progetto è quindi viziato in origine e in tutta la procedura da una serie di mistificazioni che hanno suscitato l'indignazione collettiva. I fondi utilizzati per questo assurdo progetto (11 milioni e mezzo di euro, in gran parte a debito) avrebbero potuto essere destinati alla ristrutturazione di alcuni impianti sportivi chiusi in città, per esempio le non lontane piscine Sempione. La narrazione fasulla e il greenwashing dell'amministrazione sono una costante di molti progetti derivanti dal PNRR in tutta Italia e dagli altri fondi di provenienza europea tutti contraddistinti dall'urgenza e da vincoli che spesso non permetto un utilizzo sensato.\r\nNumerose azioni di rallentamento sono state poste in essere da chi da mesi si oppone alla devastazione del parco, unite al costante monitoraggio delle zone dove ora sorgono deturpanti e rumorosi cantieri. L'inverno si avvicina ma non intendiamo fermarci fino a che le ruspe non se ne saranno andate, che questa lotta per la difesa del vivente sia importante lo dimostrano le multiformi provenienze di chi vuole difendere questo luogo prezioso, al fianco dei residenti che da due anni osteggiano il progetto.\r\n\r\nDifendere il parco è possibile!\r\n\r\n \r\n\r\nTutto squat, il giornale malandrino del 15 novembre 2024","15 Novembre 2024","2024-11-22 00:44:01","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/11/immagine_2024-11-22_001144066-200x110.png","Giù le mani dal Meisino - TuttoSquat 15.11.2024","podcast",1731701905,[346],"http://radioblackout.org/tag/tutto-squat-il-giornale-malandrino/",[348],"Tutto squat - Il giornale malandrino",{"post_content":350},{"matched_tokens":351,"snippet":352,"value":353},[69],"gli habitat a fini di \u003Cmark>semplificazione\u003C/mark>. 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La guerra continua e cambia costantemente in molte sue forme, sia da un punto di vista militare quanto a livello mediatico, propagandistico e politico. In mezzo a tale torbido caos mediatico le voci di cui più sentiamo l'assenza sono quelle di persone, collettivi ed esperienze che si sono organizzate concretamente per rispondere alla guerra in tutte le sue forme e che la guerra ogni giorno la subiscono. Perchè pensiamo sia imprescindibile provare ad affinare i nostri strumenti di critica e solidarietà, tentando di passare attraverso l'ascolto e il confronto con le esperienze umane e politiche che dentro e contro questa guerra provano, con difficoltà, contraddizioni e differenze, a muoversi. Venerdì cercheremo di dare spazio a letture, riflessioni ed esperienze che mettono al centro episodi e percorsi di solidarietà, ribellione, autorganizzazione, critica, diserzione e sabotaggio dall'Ucraina alla Russia, passando e andando oltre i confini di quei territori.\r\n\r\nCome ogni due venerdì al mese, torna Voci dall'Ucriana, Voci dalla Russia, Voci Dentro e Contro la Guerra.\r\n\r\nIn questa puntata continuiamo nel tentativo di fare uno dei tanti e possibili punti, assolutamente parziali, riguardo al conflitto in corso. Ricordando che si trasmette all'ormai 93esimo giorno di conflitto armato in Ucraina a partire dall'invasione militare russa.\r\n\r\nDue le dirette principali di oggi; una con Vitaliy Dudin, dell’organizzazione socialista democratica ucraina Sotsyalnyi Rukh (“Movimento sociale”), a partire dalla nuova legge sul lavoro promulgata dal governo Zelensky in tempi di legge marziale, che è una dichiarazione di \"guerra\" contro le lavoratrici e lavoratori, dalla semplificazione dei licenziamenti in contesti anche di malattia o congedo alla settimana lavorativa di 60 ore; l'altra con un gruppo di compagn* anarchich* di Perm, una cittadina nel centro della Russia, che ci raccontano quali sono le condizioni di vita e di lotta da parte dei movimenti russi contro la guerra, e che ci fanno un punto sulle varie azioni di sabotaggio contro il governo Putin e gli apparati o simboli statali, toccando anche il dolente tasto della repressione e delle decine di compagn* incarcerate dentro le prigioni russe, e di come supportarle.\r\n\r\nPrima di queste dirette, un lungo resoconto degli ultimi aggiornamenti dai fronti militari e a livello internazionale, ma soprattutto dai vari primi e timidi, ma rilevanti, scricchiolii interni a livello sociale e politico sia in Ucraina che in Russia, che vanno contro la narrazione maggioritaria appiattente di società compatte e pacificate in tempi di guerra.\r\n\r\nQui la puntata.\r\n\r\nCome sempre, la nostra poesia del giorno, letta dal nostro tecnico intellettuale. trattasi di un brano tratto da \"il caos non è mai morto (T.A.Z)\" di Hakim Bey (r.i.p.)\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/05/poesia-1.mp3\"][/audio]\r\n\r\nGli ultimi aggiornamenti sulla guerra e dai fronti interni russi e ucraini:\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/05/intro-1.mp3\"][/audio]\r\n\r\nLa prima diretta con Vitaliy Dudin, dell’organizzazione socialista Sotsyalnyi Rukh (“Movimento sociale”), a partire dalla nuova legge sul lavoro e, più in generale, sulla scelta presa dal governo ucraino di far pagare i costi della guerra alla classe lavoratrice:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/05/vitaly.mp3\"][/audio]\r\n\r\nLa seconda diretta con un gruppo anarchico di Perm, che ci racconta la situazione in Russia, come si organizzano le realtà e le compagn* contro la guerra, che tipo di azioni sono state fatte e qual'è il livello di protesta complessivo, e di repressione. 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Cosa c’è di sbagliato nella riforma del lavoro sotto la legge marziale (di Vitaly Dudin, tradotto da Effimera)\r\nhttp://effimera.org/ucraina-guerra-ai-lavoratori-cosa-ce-di-sbagliato-nella-riforma-del-lavoro-sotto-la-legge-marziale-di-vitaliy-dudin/\r\n\r\n\r\n\r\nSito di \"Social Movement\"\r\nhttps://rev.org.ua/\r\n\r\n\r\nAncora su \"Social Movement\", \"Cosa stanno facendo i socialisti in Ucraina\" (da Workers Liberty)?\r\nhttps://www.workersliberty.org/story/2022-05-17/what-socialists-are-doing-ukraine\r\n\r\n\r\nRussia\r\nAggiornamento dai sabotaggi e chiamata di solidarietà per i/le compagn* prigionier* (da Assembly)\r\n\r\nhttps://libcom.org/article/emancipative-fire-and-call-solidarity-persecuted-comrades-8th-review-anti-war-sabotage\r\n\r\nSabotaggio Linee Ferrioviarie (da A2day.org)\r\nhttps://enoughisenough14.org/2022/05/26/militant-group-of-anarcho-communists-sabotages-railroad-track-russia/\r\n\r\nAggiornamenti e supporto ai e alle prigioniere anti-war in Russia (da Avtonom.org)\r\nhttps://avtonom.org/en/news/support-russian-anti-war-prisoners\r\n\r\nAccuse di \"Preparazione di atti terroristici\" a due compagni in carcere in Russia (da Avtonom.org)\r\nhttps://avtonom.org/en/news/vladimir-sergeev-and-anton-zhuchkov-needs-your-support\r\n\r\nProteste in Ucraina\r\nProteste nel Donbass e a Leopoli contro la coscrizione e lo spostamento di truppe da parte di familiari dei militari (da K.R.A.S.)\r\nhttps://aitrus.info/node/5968\r\n\r\nUcraina\r\nAutorganizzazione nella Kherson (Ucraina) occupata (da Assembly)\r\nhttps://libcom.org/article/humanitarian-aid-brought-only-volunteers-refugee-about-self-organization-occupied-kherson","31 Maggio 2022","2022-05-31 00:33:11","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/05/Senza-titolo-1-01-1-200x110.jpg","VOCI DALL’UCRAINA, VOCI DALLA RUSSIA, VOCI DENTRO E CONTRO LA GUERRA",1653957191,[],[],{"post_content":372},{"matched_tokens":373,"snippet":374,"value":375},[69],"le lavoratrici e lavoratori, dalla \u003Cmark>semplificazione\u003C/mark> dei licenziamenti in contesti anche","Dall'inizio del conflitto in Ucraina siamo sottopostə ad un sovraccarico di informazioni e analisi di ogni risma. La guerra continua e cambia costantemente in molte sue forme, sia da un punto di vista militare quanto a livello mediatico, propagandistico e politico. In mezzo a tale torbido caos mediatico le voci di cui più sentiamo l'assenza sono quelle di persone, collettivi ed esperienze che si sono organizzate concretamente per rispondere alla guerra in tutte le sue forme e che la guerra ogni giorno la subiscono. Perchè pensiamo sia imprescindibile provare ad affinare i nostri strumenti di critica e solidarietà, tentando di passare attraverso l'ascolto e il confronto con le esperienze umane e politiche che dentro e contro questa guerra provano, con difficoltà, contraddizioni e differenze, a muoversi. Venerdì cercheremo di dare spazio a letture, riflessioni ed esperienze che mettono al centro episodi e percorsi di solidarietà, ribellione, autorganizzazione, critica, diserzione e sabotaggio dall'Ucraina alla Russia, passando e andando oltre i confini di quei territori.\r\n\r\nCome ogni due venerdì al mese, torna Voci dall'Ucriana, Voci dalla Russia, Voci Dentro e Contro la Guerra.\r\n\r\nIn questa puntata continuiamo nel tentativo di fare uno dei tanti e possibili punti, assolutamente parziali, riguardo al conflitto in corso. Ricordando che si trasmette all'ormai 93esimo giorno di conflitto armato in Ucraina a partire dall'invasione militare russa.\r\n\r\nDue le dirette principali di oggi; una con Vitaliy Dudin, dell’organizzazione socialista democratica ucraina Sotsyalnyi Rukh (“Movimento sociale”), a partire dalla nuova legge sul lavoro promulgata dal governo Zelensky in tempi di legge marziale, che è una dichiarazione di \"guerra\" contro le lavoratrici e lavoratori, dalla \u003Cmark>semplificazione\u003C/mark> dei licenziamenti in contesti anche di malattia o congedo alla settimana lavorativa di 60 ore; l'altra con un gruppo di compagn* anarchich* di Perm, una cittadina nel centro della Russia, che ci raccontano quali sono le condizioni di vita e di lotta da parte dei movimenti russi contro la guerra, e che ci fanno un punto sulle varie azioni di sabotaggio contro il governo Putin e gli apparati o simboli statali, toccando anche il dolente tasto della repressione e delle decine di compagn* incarcerate dentro le prigioni russe, e di come supportarle.\r\n\r\nPrima di queste dirette, un lungo resoconto degli ultimi aggiornamenti dai fronti militari e a livello internazionale, ma soprattutto dai vari primi e timidi, ma rilevanti, scricchiolii interni a livello sociale e politico sia in Ucraina che in Russia, che vanno contro la narrazione maggioritaria appiattente di società compatte e pacificate in tempi di guerra.\r\n\r\nQui la puntata.\r\n\r\nCome sempre, la nostra poesia del giorno, letta dal nostro tecnico intellettuale. trattasi di un brano tratto da \"il caos non è mai morto (T.A.Z)\" di Hakim Bey (r.i.p.)\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/05/poesia-1.mp3\"][/audio]\r\n\r\nGli ultimi aggiornamenti sulla guerra e dai fronti interni russi e ucraini:\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/05/intro-1.mp3\"][/audio]\r\n\r\nLa prima diretta con Vitaliy Dudin, dell’organizzazione socialista Sotsyalnyi Rukh (“Movimento sociale”), a partire dalla nuova legge sul lavoro e, più in generale, sulla scelta presa dal governo ucraino di far pagare i costi della guerra alla classe lavoratrice:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/05/vitaly.mp3\"][/audio]\r\n\r\nLa seconda diretta con un gruppo anarchico di Perm, che ci racconta la situazione in Russia, come si organizzano le realtà e le compagn* contro la guerra, che tipo di azioni sono state fatte e qual'è il livello di protesta complessivo, e di repressione. Infine, chiediamo come poter sostenere le compagn* che oggi combattono il regime di Putin e cosa poter fare da qui:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/05/permok.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nUn ringraziamento a tutt* le persone intervistate, a chi si è spes* per rendere queste dirette possibili, a chi ci ha fornito i contatti e a chi ci ha ascoltato. \r\nStay tuned su RadioBlackout 105.250 per i prossimi approfondimenti.\r\n\r\nVoci dall'Ucraina, Voci dalla Russia, Voci dentro e contro il conflitto torna tra due Venerdì, il 10 Giugno (a meno di novità!)\r\n\r\n\r\nQui in seguito alcuni link di riferimento legati alle realtà e ai temi che abbiamo ascoltato e affrontato oggi e alcuni approfondimenti secondo noi di interesse generale:\r\n\r\nNuova legge sul lavoro in Ucraina\r\n\r\n\r\nGuerra ai lavoratori? Cosa c’è di sbagliato nella riforma del lavoro sotto la legge marziale (di Vitaly Dudin, tradotto da Effimera)\r\nhttp://effimera.org/ucraina-guerra-ai-lavoratori-cosa-ce-di-sbagliato-nella-riforma-del-lavoro-sotto-la-legge-marziale-di-vitaliy-dudin/\r\n\r\n\r\n\r\nSito di \"Social Movement\"\r\nhttps://rev.org.ua/\r\n\r\n\r\nAncora su \"Social Movement\", \"Cosa stanno facendo i socialisti in Ucraina\" (da Workers Liberty)?\r\nhttps://www.workersliberty.org/story/2022-05-17/what-socialists-are-doing-ukraine\r\n\r\n\r\nRussia\r\nAggiornamento dai sabotaggi e chiamata di solidarietà per i/le compagn* prigionier* (da Assembly)\r\n\r\nhttps://libcom.org/article/emancipative-fire-and-call-solidarity-persecuted-comrades-8th-review-anti-war-sabotage\r\n\r\nSabotaggio Linee Ferrioviarie (da A2day.org)\r\nhttps://enoughisenough14.org/2022/05/26/militant-group-of-anarcho-communists-sabotages-railroad-track-russia/\r\n\r\nAggiornamenti e supporto ai e alle prigioniere anti-war in Russia (da Avtonom.org)\r\nhttps://avtonom.org/en/news/support-russian-anti-war-prisoners\r\n\r\nAccuse di \"Preparazione di atti terroristici\" a due compagni in carcere in Russia (da Avtonom.org)\r\nhttps://avtonom.org/en/news/vladimir-sergeev-and-anton-zhuchkov-needs-your-support\r\n\r\nProteste in Ucraina\r\nProteste nel Donbass e a Leopoli contro la coscrizione e lo spostamento di truppe da parte di familiari dei militari (da K.R.A.S.)\r\nhttps://aitrus.info/node/5968\r\n\r\nUcraina\r\nAutorganizzazione nella Kherson (Ucraina) occupata (da Assembly)\r\nhttps://libcom.org/article/humanitarian-aid-brought-only-volunteers-refugee-about-self-organization-occupied-kherson",[377],{"field":97,"matched_tokens":378,"snippet":374,"value":375},[69],{"best_field_score":138,"best_field_weight":39,"fields_matched":23,"num_tokens_dropped":47,"score":139,"tokens_matched":23,"typo_prefix_score":47},{"document":381,"highlight":394,"highlights":399,"text_match":136,"text_match_info":402},{"comment_count":47,"id":382,"is_sticky":47,"permalink":383,"podcastfilter":384,"post_author":385,"post_content":386,"post_date":387,"post_excerpt":53,"post_id":382,"post_modified":388,"post_thumbnail":389,"post_title":390,"post_type":343,"sort_by_date":391,"tag_links":392,"tags":393},"72422","http://radioblackout.org/podcast/sorveglianza-algoritmica-in-italia-verus-autisti-controllati/",[301],"bellocome","Estratti dalla puntata del 6 dicembre 2021 di Bello Come Una Prigione che Brucia\r\n\r\n \r\n\r\nOSSERVATORIO AMMINISTRAZIONE AUTOMATIZZATA\r\n\r\nIn compagnia di Lorenza Saettone di Privacy Network andiamo ad approfondire, anche in termini critici, la nascita di uno strumento come l’Osservatorio Amministrazione Automatizzata, una catalogazione e un’analisi dei programmi basati su algoritmi e Intelligenza Artificiale, che potrebbe diventare un importante strumento di informazione per il conflitto e la resistenza verso la sorveglianza di massa e il governo algoritmico della popolazione.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/BCUPCB_OAA_lorenza.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nMORATORIA SUL RICONOSCIMENTO FACCIALE IN ITALIA\r\n\r\nE’ stata recentemente approvata una moratoria fino al 2023 sulle applicazioni del riconoscimento facciale in Italia; una parziale vittoria della campagna Reclaim Your Face, ma al contempo una semplificazione nell’utilizzo di queste tecnologie da parte dell’apparato repressivo e l’apertura a una regolamentazione – e quindi normalizzazione – di questi strumenti all’interno della nostra quotidianità. Ne parliamo con Riccardo Coluccini.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/BCUPCB_moratoria-facerec-riccardo.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n[Estratti dal 22 novembre 2021]\r\n\r\nVERUS: IL RICONOSCIMENTO DEL LINGUAGGIO IN AMBITO CARCERARIO\r\n\r\nVerus è un sistema di riconoscimento del linguaggio (prodotto da Leo Technologies e appoggiato al cloud computing di Amazon Web Services) utilizzato per trascrivere in formato digitale le telefonate delle persone detenute nelle carceri statunitensi, rendendo quindi richiamabili “parole chiave” in grado di inviare segnali di allerta automatici alla direzione della singola struttura. Una tecnologia introdotta e giustificata dalla necessità di monitorare segnali di eventuali focolai di Covid-19 in ambito detentivo, ma trasformatasi prevedibilmente in strumento di sorveglianza pervasiva e costante delle conversazioni delle persone in carcere, con potenziali ricadute anche all’esterno.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/BCUPCB_Verus-aws.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nSORVEGLIANZA E MOBILITA’\r\n\r\nAll’interno dell’Infruastucture Bill, recentemente approvato dal governo Biden, è prevista l’introduzione di strumenti di verifica dell’idoneità alla guida del conducente in tutti i veicoli immessi sul mercato a partire dal 2026: un abitacolo sorvegliante per interpetare le condizioni psico-fisiche di chi si mette al volante, nonché la normalizzazione di strumenti di controllo pervasivo e automatizzato della popolazione basati (anche) su tecnologie di riconoscimento emotivo.\r\n\r\nSenza attendere il 2026, Amazon e Uber stanno già implementando protocolli di sorveglianza e disciplina algoritmica di fattorini e autisti; una funzione primaria di questi strumenti è la deresponsabilizzazione della Piattaforma, come ci descrive un interessante causa intentata contro Amazon, accusata direttamente per i danni permanenti riportati da un ragazzo ferito da un furgone guidato da un fattorino… a sua volta guidato da un algoritmo.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/BCUPCB_sorv-piloti.mp3\"][/audio]","14 Dicembre 2021","2021-12-14 11:37:57","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/bcupcb-algoritmi-200x110.jpeg","Sorveglianza algoritmica in Italia - Verus - Autisti controllati",1639481877,[],[],{"post_content":395},{"matched_tokens":396,"snippet":397,"value":398},[69],"Face, ma al contempo una \u003Cmark>semplificazione\u003C/mark> nell’utilizzo di queste tecnologie da","Estratti dalla puntata del 6 dicembre 2021 di Bello Come Una Prigione che Brucia\r\n\r\n \r\n\r\nOSSERVATORIO AMMINISTRAZIONE AUTOMATIZZATA\r\n\r\nIn compagnia di Lorenza Saettone di Privacy Network andiamo ad approfondire, anche in termini critici, la nascita di uno strumento come l’Osservatorio Amministrazione Automatizzata, una catalogazione e un’analisi dei programmi basati su algoritmi e Intelligenza Artificiale, che potrebbe diventare un importante strumento di informazione per il conflitto e la resistenza verso la sorveglianza di massa e il governo algoritmico della popolazione.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/BCUPCB_OAA_lorenza.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nMORATORIA SUL RICONOSCIMENTO FACCIALE IN ITALIA\r\n\r\nE’ stata recentemente approvata una moratoria fino al 2023 sulle applicazioni del riconoscimento facciale in Italia; una parziale vittoria della campagna Reclaim Your Face, ma al contempo una \u003Cmark>semplificazione\u003C/mark> nell’utilizzo di queste tecnologie da parte dell’apparato repressivo e l’apertura a una regolamentazione – e quindi normalizzazione – di questi strumenti all’interno della nostra quotidianità. 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Per questo motivo, l'atto del mappare non è scevro da interessi economici e da altri secondi fini, ma rispecchia, nel suo processo di creazione, la visione del mondo di chi la produce.\r\n\r\nDisegnare una cartina significa semplificare una realtà complessa: un luogo geografico reale viene ridotto ad una rappresentazione simbolica, cioè viene descritto e riassunto nelle sue caratteristiche salienti attraverso un linguaggio astratto. Niente di male in questo, tanto che la mente degli esseri umani e di molti altri animali fa esperienza di questo processo quotidianamente per potersi orientare nello spazio e per \"semplificarsi la vita\". \r\n\r\nIl problema che proviamo a sollevare in questa puntata però è quello dell'abitudine ad utilizzare le mappe in maniera acritica, ovvero assumere come proprio un linguaggio simbolico creato da qualcun altro; il processo di creazione di tale linguaggio, che abbiamo detto essere una semplificazione di una realtà, comporta inevitabilmente una scelta -tutta politica- su che cosa rappresentare e che cosa trascurare, a seconda delle proprie priorità, esigenze ed interessi.\r\n\r\n E' chiaro che quando utilizziamo una mappa, essa è già pronta, è già stata fabbricata dal sistema in cui viviamo. Ciò significa che siamo stati esclusi dal processo di creazione/semplificazione della realtà, e dunque siamo costretti ad assumere come nostre le priorità di qualun altro: non è un caso che sulle cartine più comuni, gli elementi segnati siano le infrastrutture (strade, autostrade, sentieri, ferrovie), le strutture di ricezione turistica (rifugi, hotel, campeggi), i cosiddetti \"punti di interesse\" (secondo i canoni del turismo di massa) e così via. Quali sono invece gli elementi esclusi, trascurati? Evidentemente tutte le individualità viventi e non, che non sono di interesse al mercato e al profitto. Ed ecco che, per esempio, interi boschi, con i loro elementi individuali, dove ogni albero ed ogni roccia non è mai uguale e riproducibile, vengono appiattiti ad una vaga e noiosa macchia verde monocromatica. Quando guardiamo una tale cartina, siamo ancora in grado di riconoscere che quella macchia verde è in realtà molto di più, o abbiamo già iniziato ad identificare il reale con il simbolico? Quando ci troveremo in quel bosco, saremo ancora in grado di apprezzarne il valore, le pulsanti individualità che lo compongono, le caratteristiche che lo rendono unico o ci passerà davanti agli occhi come se fosse invisibile solo perché non è segnato come interessante sulla mappa? \r\n\r\nL'astrazione simbolica è un processo delicato, che dovrebbe essere personale, indipendente, e che dovrebbe prendere forma in base alle nostre pulsioni e necessità, per mantenere un'autonomia nello scegliere la nostra scala di valori individuale. 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L'esperienza (unica ed inimitabile) che facciamo del mondo che ci circonda è ciò che dovrebbe spingerci a disegnare le nostre mappe mentali, non i simboli del capitalismo.\r\n\r\nAscolta la puntata qui:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/10/mappe.mp3\"][/audio]",[447],{"field":97,"matched_tokens":448,"snippet":444,"value":445},[69],{"best_field_score":138,"best_field_weight":39,"fields_matched":23,"num_tokens_dropped":47,"score":139,"tokens_matched":23,"typo_prefix_score":47},{"document":451,"highlight":471,"highlights":476,"text_match":136,"text_match_info":479},{"comment_count":47,"id":452,"is_sticky":47,"permalink":453,"podcastfilter":454,"post_author":289,"post_content":455,"post_date":456,"post_excerpt":53,"post_id":452,"post_modified":457,"post_thumbnail":458,"post_title":459,"post_type":343,"sort_by_date":460,"tag_links":461,"tags":469},"33894","http://radioblackout.org/podcast/foibe-esodo-nazionalismi/",[289],"“Nazionalismo: cancro dei popoli”. Questo sarà uno degli striscioni del corteo antifascista di domenica 7 febbraio alle Vallette. Forse basterebbe per dare il senso dell'iniziativa. Ovviamente non basta ma vale la pena ricordare che l'essenziale è tutto lì. Il corteo è promosso dai “Soliti ragazzi del quartiere” e da altri antifascisti torinesi, che quest'anno hanno voluto fosse il culmine di una settimana di informazione e lotta. I fascisti hanno indetto un corteo presso il villaggio Santa Caterina, la zona di case popolari che dagli anni Cinquanta ospita un folto gruppo di esuli istriani e dalmati. Per i fascisti è un'occasione per lucidare le armi della retorica nazionalista, facendo leva sulla memoria dolorosa dei profughi e dei loro discendenti, che presero la via dell'esilio tra il 1943 e il 1956.\r\nPer gli antifascisti e per i libertari è invece un'opportunità per mettere al centro una memoria che, nel rispetto di chi allora dovette lasciare le proprie case, prendendo la via dell'esilio, sappia cogliere tutto il male profondo che si radica e cresce di fronte ad ogni linea di frontiera, ad ogni spazio diviso da filo spinato, ad ogni bandiera che divida “noi” e “loro”. Chiunque essi siano.\r\n\r\nSino a poco tempo fa le fucilazioni e successivo seppellimento nelle foibe, le cavità tipiche del Carso, era un cavallo di battaglia delle destre, che liquidavano le ultime convulse fasi della seconda guerra mondiale tra Trieste, l'Istria e la costa Dalmata, come pulizia etnica nei confronti delle popolazioni di lingua italiana che vivevano in quelle zone.\r\nOggi gli argomenti dei fascisti li usano tutti. Il dramma delle popolazioni giuliano-dalmata fu scatenato «da un moto di odio e furia sanguinaria e un disegno annessionistico slavo che prevalse innanzitutto nel trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica». Queste parole le ha pronunciate nel 2007 il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione della “giornata del ricordo”, ma, non per caso, vennero condivise in modo bipartisan dalla destra e dalla sinistra parlamentari. Queste frasi vennero pronunciate alla foiba di Bazovizza, chiusa da una colata di cemento, sì che le richieste degli storici di potervi accedere per verificare quanti morti vi fossero dentro, è stata seppellita dalla retorica nazionalista.\r\nIl dramma del “confine orientale” ha radici lontane. Dopo la prima guerra mondiale, l'Italia si sedette da vincitrice al tavolo delle trattative. Il trattato di Rapallo, che perfezionò le condizioni stabilite durante la conferenza di Versailles, sancì l'annessione all'Italia di Trento, Trieste, Istria, e Dalmazia. Luoghi dove almeno un milione di persone parlavano lingue diverse dall'italiano, ma vennero obbligate a parlarlo in tutte le situazioni pubbliche e, soprattutto, a scuola. Oltre cinquantamila persone lasciarono Trieste dopo l'annessione: funzionari dell'impero austroungarico o semplici cittadini di lingua austriaca o slovena, per i quali non c'erano prospettive di vita nella Trieste “italiana”. Una città poliglotta e vivace stava smarrendo la propria peculiarità di luogo di incontro e intreccio di culture diverse.\r\nIl fascismo accentuò la repressione nei confronti delle popolazioni di lingua slovena e croata, l'occupazione tedesca e italiana della Jugoslavia fu accompagnata da atrocità indelebili. Questa non è una giustificazione di quanto accadde, ma più banalmente la restituzione di un contesto di guerra durissimo. Nella seconda guerra mondiale in Jugoslavia morirono un milione di persone, altrettante persero la vita nell'Italia del Nord.\r\nNelle fucilazioni dei partigiani titoisti caddero molti fascisti, anche se i gerarchi più importanti fecero in tempo a trovare scampo a Trieste. Caddero anche molte persone le cui collusioni dirette con il fascismo erano molto più impalpabili. L'equiparazione tra fascismo e italianità, perseguita con forza dal regime mussoliniano, costerà molto cara a chi, in quanto italiano, venne considerato tout court fascista. Oggi gli storici concordano sul fatto che le cifre reali sugli infoibati sono molto lontane da quelle proposte dalla retorica nazionalista, ma per noi anche uno solo sarebbe troppo. Sloveno, italiano, croato che sia.\r\n\r\nPiù significativo fu invece l'esodo dall'Istria e dalle coste dalmate. Città come Pola e Zara persero oltre il 80% della popolazione. Accolti bene dalle popolazioni più vicine, vennero trattati con disprezzo ed odio altrove. Ad Ancona vennero accolti a sputi e trattati da fascisti in fuga. Qui a Torino erano guardati con diffidenza. Per la gente comune, con involontaria, ma non meno feroce ironia, erano “gli slavi”.\r\n\r\nLa radice del male, oggi come allora, è nel nazionalismo che divide, separa, spezza.\r\n\r\nA ciascuno di noi il compito di combattere il fascismo oggi. 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Entrambi i pezzi usciranno sul settimanale anarchico Umanità Nova\r\n\r\nLe tappe dell’esodo istriano (1943-1956)\r\n\r\nI numeri dei profughi italiani dall’Istria, Fiume e Dalmazia hanno costituito un cavallo di battaglia per tutti coloro che hanno presentato pubblicamente il fatto storico, in particolare per chi ha speculato su questo distacco doloroso per fini nazionalistici e revanschisti. La rivincita (revanche) è stata invocata a più riprese da chi si illudeva di una possibile guerra tra Italia e Jugoslavia e poi tra Occidente e Oriente, un conflitto in cui Trieste avrebbe dovuto essere il pretesto, il bottino e il perno.\r\n\r\nLe prime stime si aggiravano su poco più di 200.000 unità. Poi il livello è stato portato a 350.000 da diversi sostenitori (come padre Flaminio Rocchi). Sul piano di una lettura dell’esodo in versione anticomunista e antislava, anche i numeri degli “infoibati” venivano gonfiati fino a parlare, senza la minima prova, di “ventimila italiani massacrati in quanto tali”. La cifra più attendibile dell’esodo, in conseguenza di recenti ricerche d’archivio, si aggira sulle 300.000 persone emigrate verso l’Italia.\r\n\r\nIn realtà si pone un problema metodologico di notevole significato storico e politico: come stabilire l’italianità certa quando in Istria, ma non solo, le ascendenze, la lingua d’uso, i cognomi sono cambiati molto di frequente ? In effetti la popolazione si mescolava, e si mescola, al di là di proclamate barriere nazionali e linguistiche. Si tenga conto che l’identità prevalente ai giorni nostri è quella “istriana”, una miscela di italiano-sloveno-croato consolidata nel corso del tempo.\r\n\r\nLa prima fase della fuga dalle campagne istriane di persone di cultura prevalentemente italiana (dopo un ventennio di un regime fascista fautore di una martellante snazionalizzazione ai danni della popolazione slava) si registra dopo l’8 settembre 1943, la “capitolazione” dell’Italia e la conseguente fuga di persone e gruppi particolarmente esposti sul piano politico, nazionale e/o della lotta di classe, diretta in particolare contro i proprietari terrieri. Prima, e a seguito, dei Trattati di pace si registrano circa tre anni di possibili opzioni dei soggetti che decidono di spostarsi in Italia. Questo flusso interessa diverse decine di migliaia di persone timorose del nuovo corso politico che, in teoria, ruota attorno ai “poteri popolari”, organismi controllati di fatto dalla Lega dei Comunisti, il vero detentore del potere istituzionale.\r\n\r\nSono segnalati, e confermati da ispezioni del partito a livello centrale, molti casi di abusi per ostacolare la libera scelta dell’opzione filo italiana. Si riaprono, anche su pressioni diplomatiche, i termini e nel 1950-51 si assiste ad una nuova ondata di esuli verso l’Italia. In questo frangente anche diversi militanti comunisti filostaliniani cercano di uscire dallo stato jugoslavo dove i titoisti esercitano un controllo e una repressione fortissimi verso gli ex-compagni sospettati di cominformismo.\r\n\r\nTalvolta le uscite dalla Jugoslavia sono rese difficili dalle professioni qualificate dei richiedenti che sono preziose per un paese distrutto da una guerra devastante con circa un milione di morti. Ad esempio, ai medici e agli artigiani riesce difficile ottenere il consenso all’espatrio. Poiché sembrava che il flusso stesse spopolando le stesse campagne, il potere jugoslavo trova modi e forme per scoraggiare l’esodo di utili produttori agricoli.\r\n\r\nNell’Istria slovena, dopo il memorandum di Londra del 1954 (che pone fine al Territorio Libero di Trieste e quindi assegna la Zona B, nel nord dell’Istria, alla Jugoslavia), si alimenta una nuova corrente di un esodo che termina, più o meno, nel 1956. Questo flusso non raggiunge i numeri impressionanti che avevano svuotato di fatto città importanti come Pola e Zara con l’esodo dell’80-90 % dei residenti.\r\n\r\nI circa 300.000 profughi saranno accolti in più di 100 campi più o meno improvvisati, sparsi per il territorio italiano, in attesa della costruzione di appositi borghi o dell’ulteriore emigrazione di varie migliaia verso mete d’oltremare, come il Nord America, l’Argentina, l’Australia.\r\n\r\nDa più parti si evoca una “diaspora” istriana assumendo la definizione, però molto più pregnante, della dispersione degli ebrei in età moderna e contemporanea. Ad ogni modo va ricordato che buona parte dei profughi non apparteneva ai ceti dirigenti o privilegiati, compromessi col fascismo che fuse in un’unica immagine pubblica l’italiano e il fascista.\r\n\r\nLa dittatura contribuì così a dirigere la prevedibile resa dei conti dopo il 1945. In essa gli elementi nazionali e quelli di classe risultarono spesso confusi e comunque portatori di gravi conseguenze sul piano dei destini collettivi.\r\n\r\nClaudio Venza\r\n\r\n*****\r\n\r\nLa memoria dell’esodo istriano\r\nClaudio Venza, docente di storia all’Università di Trieste, ha intervistato per il settimanale Umanità Nova, una studiosa di storia sociale, Gloria Nemec, sulla memoria dell’esodo istriano e dei “rimasti”.\r\nVi proponiamo di seguito l’intervista.\r\n\r\n1. Come ti sei avvicinata alla storia dell’esodo dei giuliano-dalmati?\r\n\r\nDa studiosa di storia sociale, ho lavorato sul campo dei processi collettivi e di formazione delle memorie nella zona alto-adriatica, in particolar modo nel secondo dopoguerra. Dove si poteva, ho privilegiato l’uso delle fonti orali, delle memorie autobiografiche e familiari, nell’ambito di progetti grandi e piccoli, internazionali e locali. Il fatto che Trieste fosse divenuta “la più grande città istriana” a seguito dell’esodo dei giuliano dalmati, non mi sembrava un fatto irrilevante: il carico di memorie dolorose e conflittuali aveva connotato non poco la città, anche se sino ai primi anni ’90 la storiografia aveva fatto un uso limitatissimo delle memorie dei protagonisti. La raccolta di testimonianze degli esuli da Grisignana d’Istria che ha prodotto Un paese perfetto (1998) ha fatto un po’ da apripista ad altre indagini con fonti orali, mie e di altri. Per me era importante ricostruire memorie lunghe – dal fascismo al definitivo sradicamento e inserimento nella società triestina - attraverso le storie di famiglie contadine di una piccola comunità. Mi interessava entrare in un mondo di mentalità, valori, cultura materiale e linguaggi per capire meglio la crisi collettiva che aveva comportato l’abbandono di massa del luogo d’origine. Molte narrazioni pubbliche riferite all’esodo si focalizzano invece sul breve periodo 1943-45 come se nulla fosse successo prima e nulla dopo.\r\n\r\n2. Che tipologia di persone hai incontrato nelle tue ricerche?\r\n\r\nUn po’ di tutti i tipi. A Trieste ho intervistato soprattutto esuli dalla Zona B, e soprattutto quella specifica tipologia istriana di coltivatori diretti, su proprietà medio-piccole e residenti nelle cittadine. La gran parte dei testimoni sottolineava un’appartenenza urbana-rurale che credo sia specifico elemento costitutivo delle identità culturali degli italiani d’Istria. Molti lavoravano la loro terra “senza servi né padroni” come ha scritto Guido Miglia e si definivano agricoltori ma non contadini perché vivevano nel perimetro urbano. Si percepivano come cittadini occupati in campagna, si cambiavano finito il lavoro per presentarsi con “aspetto civile”, frequentare la piazza, il caffè, l’osteria, dove si ritrovavano gli operatori comunali, gli artigiani, i bottegai. Su quel perimetro spesso si giocava un confronto di lungo periodo tra mondo latino e slavo: nazionale, economico e culturale, secondo una miriade di variabili, dati i profondi fenomeni di ibridismo e le radici intrecciate di molte famiglie. E’ chiaro che il ventennio fascista e i processi di snazionalizzazione degli alloglotti (non parlanti l’italiano come lingua d’uso) rafforzarono per gli italiani delle cittadine il senso della supremazia storica e favorirono una rappresentazione quasi mitica dell’italianità di frontiera. Si affermò quel nesso indissolubile tra fascismo e italianità che si sarebbe ritorto crudelmente a danno degli italiani.\r\nTra le comunità italiane di rimasti in Istria ho incontrato uomini e donne di tutti i tipi, ovviamente di età adeguata perché chiedevo loro di raccontarmi le storie familiari tra guerra, esodo e dopoguerra. Ho intervistato contadini, operai, pescatori e insegnanti, illetterati e laureati, persone coinvolte nella costruzione dei poteri popolari e persone che li subirono, nell’intento di ricostruire quella pluralità dinamica di storie che è tratto fondamentale della realtà istriana, spesso oscurato dall’univoca definizione di “rimasti”. L’ascolto delle storie di vita insegna la complessità.\r\n\r\n3. Come vedono e giudicano oggi quell’evento lontano?\r\n\r\nL’esodo fu una crisi comunitaria e una profonda lacerazione: la nostalgia per un mondo scomparso e idealizzato è un tratto comune nella memoria di esuli e rimasti. Fu un lutto complicato da elaborare nel dopoguerra, mentre si imponevano travagliati percorsi di integrazione o di adattamento al nuovo contesto jugoslavo.\r\n\r\n4. Sino a che punto la memoria degli esuli trasfigura la realtà storica secondo un paradigma che è stato definito “vittimistico”?\r\n\r\nC’è stato un buco nero nella memoria europea del dopoguerra: quello delle migrazioni forzate e della semplificazione etnica che ne conseguì. Si stima che circa venti milioni di persone furono variamente obbligate a trasferirsi, le loro esperienze e memorie rimasero escluse dalla formazione di una memoria collettiva nel corso dei processi di ristabilizzazione post-bellica. E’ chiaro che il paradigma risentito-vittimistico ha un suo senso storico, come compare dalle ultime generazioni di ricerche sui trasferimenti di popolazioni europee. La storia orale ha avuto un ruolo decisivo nel riportare alla luce queste vicende. E siccome i traumi si ereditano, anche le generazioni successive si sono fatte carico della memoria di un evento accaduto molto tempo prima del quale il resto è stato conseguenza.\r\n\r\nGloria Nemec ha insegnato Storia sociale all’Università di Trieste. Da decenni conduce un lavoro sulle fonti orali. Ha pubblicato: Un paese perfetto. Storia e memoria di una comunità in esilio. Grisignana d’Istria (1930-1960), Gorizia, LEG, 2015; Nascita di una minoranza. Istria 1947-1965. Storia e memoria degli italiani rimasti nell’area istro-quarnerina, Fiume-Trieste-Rovigno, 2012; Dopo venuti a Trieste. Storie di esuli giuliano-dalmati attraverso un manicomio di confine, Trieste-Merano, Circolo “Istria”- ed. Alphabeta, 2015.","5 Febbraio 2016","2018-10-17 22:59:24","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/02/esuli_istriani-200x110.jpg","Foibe, esodo, nazionalismi",1454691319,[462,463,464,465,466,467,468],"http://radioblackout.org/tag/corteo-antifascista/","http://radioblackout.org/tag/fascisti/","http://radioblackout.org/tag/foibe/","http://radioblackout.org/tag/giorno-della-memoria/","http://radioblackout.org/tag/nazionalismo/","http://radioblackout.org/tag/vallette/","http://radioblackout.org/tag/villaggio-santa-caterina/",[323,319,311,325,321,470,327],"vallette",{"post_content":472},{"matched_tokens":473,"snippet":474,"value":475},[69],"delle migrazioni forzate e della \u003Cmark>semplificazione\u003C/mark> etnica che ne conseguì. Si","“Nazionalismo: cancro dei popoli”. Questo sarà uno degli striscioni del corteo antifascista di domenica 7 febbraio alle Vallette. Forse basterebbe per dare il senso dell'iniziativa. 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Si tenga conto che l’identità prevalente ai giorni nostri è quella “istriana”, una miscela di italiano-sloveno-croato consolidata nel corso del tempo.\r\n\r\nLa prima fase della fuga dalle campagne istriane di persone di cultura prevalentemente italiana (dopo un ventennio di un regime fascista fautore di una martellante snazionalizzazione ai danni della popolazione slava) si registra dopo l’8 settembre 1943, la “capitolazione” dell’Italia e la conseguente fuga di persone e gruppi particolarmente esposti sul piano politico, nazionale e/o della lotta di classe, diretta in particolare contro i proprietari terrieri. Prima, e a seguito, dei Trattati di pace si registrano circa tre anni di possibili opzioni dei soggetti che decidono di spostarsi in Italia. Questo flusso interessa diverse decine di migliaia di persone timorose del nuovo corso politico che, in teoria, ruota attorno ai “poteri popolari”, organismi controllati di fatto dalla Lega dei Comunisti, il vero detentore del potere istituzionale.\r\n\r\nSono segnalati, e confermati da ispezioni del partito a livello centrale, molti casi di abusi per ostacolare la libera scelta dell’opzione filo italiana. Si riaprono, anche su pressioni diplomatiche, i termini e nel 1950-51 si assiste ad una nuova ondata di esuli verso l’Italia. In questo frangente anche diversi militanti comunisti filostaliniani cercano di uscire dallo stato jugoslavo dove i titoisti esercitano un controllo e una repressione fortissimi verso gli ex-compagni sospettati di cominformismo.\r\n\r\nTalvolta le uscite dalla Jugoslavia sono rese difficili dalle professioni qualificate dei richiedenti che sono preziose per un paese distrutto da una guerra devastante con circa un milione di morti. Ad esempio, ai medici e agli artigiani riesce difficile ottenere il consenso all’espatrio. Poiché sembrava che il flusso stesse spopolando le stesse campagne, il potere jugoslavo trova modi e forme per scoraggiare l’esodo di utili produttori agricoli.\r\n\r\nNell’Istria slovena, dopo il memorandum di Londra del 1954 (che pone fine al Territorio Libero di Trieste e quindi assegna la Zona B, nel nord dell’Istria, alla Jugoslavia), si alimenta una nuova corrente di un esodo che termina, più o meno, nel 1956. Questo flusso non raggiunge i numeri impressionanti che avevano svuotato di fatto città importanti come Pola e Zara con l’esodo dell’80-90 % dei residenti.\r\n\r\nI circa 300.000 profughi saranno accolti in più di 100 campi più o meno improvvisati, sparsi per il territorio italiano, in attesa della costruzione di appositi borghi o dell’ulteriore emigrazione di varie migliaia verso mete d’oltremare, come il Nord America, l’Argentina, l’Australia.\r\n\r\nDa più parti si evoca una “diaspora” istriana assumendo la definizione, però molto più pregnante, della dispersione degli ebrei in età moderna e contemporanea. Ad ogni modo va ricordato che buona parte dei profughi non apparteneva ai ceti dirigenti o privilegiati, compromessi col fascismo che fuse in un’unica immagine pubblica l’italiano e il fascista.\r\n\r\nLa dittatura contribuì così a dirigere la prevedibile resa dei conti dopo il 1945. In essa gli elementi nazionali e quelli di classe risultarono spesso confusi e comunque portatori di gravi conseguenze sul piano dei destini collettivi.\r\n\r\nClaudio Venza\r\n\r\n*****\r\n\r\nLa memoria dell’esodo istriano\r\nClaudio Venza, docente di storia all’Università di Trieste, ha intervistato per il settimanale Umanità Nova, una studiosa di storia sociale, Gloria Nemec, sulla memoria dell’esodo istriano e dei “rimasti”.\r\nVi proponiamo di seguito l’intervista.\r\n\r\n1. Come ti sei avvicinata alla storia dell’esodo dei giuliano-dalmati?\r\n\r\nDa studiosa di storia sociale, ho lavorato sul campo dei processi collettivi e di formazione delle memorie nella zona alto-adriatica, in particolar modo nel secondo dopoguerra. Dove si poteva, ho privilegiato l’uso delle fonti orali, delle memorie autobiografiche e familiari, nell’ambito di progetti grandi e piccoli, internazionali e locali. Il fatto che Trieste fosse divenuta “la più grande città istriana” a seguito dell’esodo dei giuliano dalmati, non mi sembrava un fatto irrilevante: il carico di memorie dolorose e conflittuali aveva connotato non poco la città, anche se sino ai primi anni ’90 la storiografia aveva fatto un uso limitatissimo delle memorie dei protagonisti. La raccolta di testimonianze degli esuli da Grisignana d’Istria che ha prodotto Un paese perfetto (1998) ha fatto un po’ da apripista ad altre indagini con fonti orali, mie e di altri. Per me era importante ricostruire memorie lunghe – dal fascismo al definitivo sradicamento e inserimento nella società triestina - attraverso le storie di famiglie contadine di una piccola comunità. Mi interessava entrare in un mondo di mentalità, valori, cultura materiale e linguaggi per capire meglio la crisi collettiva che aveva comportato l’abbandono di massa del luogo d’origine. Molte narrazioni pubbliche riferite all’esodo si focalizzano invece sul breve periodo 1943-45 come se nulla fosse successo prima e nulla dopo.\r\n\r\n2. Che tipologia di persone hai incontrato nelle tue ricerche?\r\n\r\nUn po’ di tutti i tipi. A Trieste ho intervistato soprattutto esuli dalla Zona B, e soprattutto quella specifica tipologia istriana di coltivatori diretti, su proprietà medio-piccole e residenti nelle cittadine. La gran parte dei testimoni sottolineava un’appartenenza urbana-rurale che credo sia specifico elemento costitutivo delle identità culturali degli italiani d’Istria. Molti lavoravano la loro terra “senza servi né padroni” come ha scritto Guido Miglia e si definivano agricoltori ma non contadini perché vivevano nel perimetro urbano. Si percepivano come cittadini occupati in campagna, si cambiavano finito il lavoro per presentarsi con “aspetto civile”, frequentare la piazza, il caffè, l’osteria, dove si ritrovavano gli operatori comunali, gli artigiani, i bottegai. Su quel perimetro spesso si giocava un confronto di lungo periodo tra mondo latino e slavo: nazionale, economico e culturale, secondo una miriade di variabili, dati i profondi fenomeni di ibridismo e le radici intrecciate di molte famiglie. E’ chiaro che il ventennio fascista e i processi di snazionalizzazione degli alloglotti (non parlanti l’italiano come lingua d’uso) rafforzarono per gli italiani delle cittadine il senso della supremazia storica e favorirono una rappresentazione quasi mitica dell’italianità di frontiera. Si affermò quel nesso indissolubile tra fascismo e italianità che si sarebbe ritorto crudelmente a danno degli italiani.\r\nTra le comunità italiane di rimasti in Istria ho incontrato uomini e donne di tutti i tipi, ovviamente di età adeguata perché chiedevo loro di raccontarmi le storie familiari tra guerra, esodo e dopoguerra. Ho intervistato contadini, operai, pescatori e insegnanti, illetterati e laureati, persone coinvolte nella costruzione dei poteri popolari e persone che li subirono, nell’intento di ricostruire quella pluralità dinamica di storie che è tratto fondamentale della realtà istriana, spesso oscurato dall’univoca definizione di “rimasti”. L’ascolto delle storie di vita insegna la complessità.\r\n\r\n3. Come vedono e giudicano oggi quell’evento lontano?\r\n\r\nL’esodo fu una crisi comunitaria e una profonda lacerazione: la nostalgia per un mondo scomparso e idealizzato è un tratto comune nella memoria di esuli e rimasti. Fu un lutto complicato da elaborare nel dopoguerra, mentre si imponevano travagliati percorsi di integrazione o di adattamento al nuovo contesto jugoslavo.\r\n\r\n4. Sino a che punto la memoria degli esuli trasfigura la realtà storica secondo un paradigma che è stato definito “vittimistico”?\r\n\r\nC’è stato un buco nero nella memoria europea del dopoguerra: quello delle migrazioni forzate e della \u003Cmark>semplificazione\u003C/mark> etnica che ne conseguì. Si stima che circa venti milioni di persone furono variamente obbligate a trasferirsi, le loro esperienze e memorie rimasero escluse dalla formazione di una memoria collettiva nel corso dei processi di ristabilizzazione post-bellica. E’ chiaro che il paradigma risentito-vittimistico ha un suo senso storico, come compare dalle ultime generazioni di ricerche sui trasferimenti di popolazioni europee. La storia orale ha avuto un ruolo decisivo nel riportare alla luce queste vicende. E siccome i traumi si ereditano, anche le generazioni successive si sono fatte carico della memoria di un evento accaduto molto tempo prima del quale il resto è stato conseguenza.\r\n\r\nGloria Nemec ha insegnato Storia sociale all’Università di Trieste. Da decenni conduce un lavoro sulle fonti orali. Ha pubblicato: Un paese perfetto. Storia e memoria di una comunità in esilio. Grisignana d’Istria (1930-1960), Gorizia, LEG, 2015; Nascita di una minoranza. Istria 1947-1965. Storia e memoria degli italiani rimasti nell’area istro-quarnerina, Fiume-Trieste-Rovigno, 2012; Dopo venuti a Trieste. Storie di esuli giuliano-dalmati attraverso un manicomio di confine, Trieste-Merano, Circolo “Istria”- ed. Alphabeta, 2015.",[477],{"field":97,"matched_tokens":478,"snippet":474,"value":475},[69],{"best_field_score":138,"best_field_weight":39,"fields_matched":23,"num_tokens_dropped":47,"score":139,"tokens_matched":23,"typo_prefix_score":47},6637,{"collection_name":343,"first_q":69,"per_page":278,"q":69},10,["Reactive",484],{},["Set"],["ShallowReactive",487],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$fzTOD4yNmHIeXxNvTp5qVcrse0UoVQf6qVTBBN5wkmN8":-1},true,"/search?query=semplificazione"]