","Smash the vision. Vogliamo il pane ma anche le paillettes!","post",1652799658,[62,63,64,65,66,67,68,69],"http://radioblackout.org/tag/citta-dellaerospazio/","http://radioblackout.org/tag/guerra/","http://radioblackout.org/tag/guerra-ai-poveri/","http://radioblackout.org/tag/mostr-in-marcia-contro-la-citta-vetrina/","http://radioblackout.org/tag/omonormativita/","http://radioblackout.org/tag/pinkwashing/","http://radioblackout.org/tag/sgomberi-piazza-darmi/","http://radioblackout.org/tag/smash-the-vision/",[71,72,73,35,25,74,33,29],"città dell'aerospazio","guerra","guerra ai poveri","Pinkwashing",{"post_content":76,"tags":82},{"matched_tokens":77,"snippet":80,"value":81},[78,79],"piazza","d’armi","con i poveri sgomberati da \u003Cmark>piazza\u003C/mark> \u003Cmark>d’armi\u003C/mark>, con chi lotta contro la","Il giorno della finale del song eurocontest, con il suo esito di guerra già scritto in troppo facili pronostici, una street di mostr* contro la città vetrina si è mossa per la città, per ribadire che le corpe dissidenti, non disponibili alla omo-normalizzazione proposta da anni attraverso la kermesse canora portavano in \u003Cmark>piazza\u003C/mark> la voglia di squeertare su eurovision, rivendicando la propria incompatibilità a qualsiasi tentativo di rendere docili, brandizzabili, le vite ribelli, de-generi, non adattabili alla legge del padre, della patria, del padrone.\r\nApertamente schierate con i poveri sgomberati da \u003Cmark>piazza\u003C/mark> \u003Cmark>d’armi\u003C/mark>, con chi lotta contro la guerra e chi la arma, contro la città dell’aerospazio e la Nato a Torino, con senza documenti, clandestin*, indecors*, con chi subirà sulla propria pelle altri tagli di scuola e sanità per pagare la vetrina sporca di Lo Russo.\r\nIl sindaco dichiara di aver “dedicato alla tutela dell’ambiente tutta la sua vita professionale”, ma ha consegnato il Valentino, parco urbano nel cuore di Torino alla folla dell’Eurovillage, chiudendolo alla normale fruizione di tutt* e trasformandolo in terra brulla cosparsa di lattine di birra. L’immondizia dopo la festa costata dieci milioni di euro. \r\nTra riqualificazioni escludenti, militarizzazione del territorio, grandi eventi e polo bellico si dispiega lo scenario della città post Fiat, che diventa sempre più povera.\r\nSullo striscione di testa era scritto “Ma quale grande evento? È solo sfruttamento!”, perché la condizione dei volontar* che hanno lavorato gratis per 12 ore senza neppure poter condividere il pasto degli artisti, subendo le molestie di chi crede di potere tutto sono lo specchio della città ferocemente decorosa in cui siamo forzati a vivere. Il tutto all’insegna della pace e della queerness.\r\nLa lunga street di ieri si è riempita dei racconti di chi denuncia il pinkwashing, il peacewashing, la violenza delle istituzioni contro i corpi reclusi e negati dei senza carte rinchiusi nel CPR di corso Brunelleschi, dove il corteo si è fermato ed i partecipanti si sono riversati nel prato, scandendo slogan e cori solidali.\r\nAltra sosta, con tanti interventi in \u003Cmark>piazza\u003C/mark> Marmolada, per poi approdare nella rotonda giardino di \u003Cmark>piazza\u003C/mark> Robilant, dove la musica dei Dj set autogestiti che ha accompagnato l’intero percorso è esplosa in festa. Festa vera, senza sponsor, padrini, padroni, queerness di plastica.\r\nNe abbiamo parlato con Sbrock di Free(k) Pride\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/05/2022-05-17-sbrock-smash-the-vision.mp3\"][/audio]",[83,85,87,89,91,93,95,100],{"matched_tokens":84,"snippet":71},[],{"matched_tokens":86,"snippet":72},[],{"matched_tokens":88,"snippet":73},[],{"matched_tokens":90,"snippet":35},[],{"matched_tokens":92,"snippet":25},[],{"matched_tokens":94,"snippet":74},[],{"matched_tokens":96,"snippet":99},[97,78,98],"sgomberi","d'armi","\u003Cmark>sgomberi\u003C/mark> \u003Cmark>piazza\u003C/mark> \u003Cmark>d'armi\u003C/mark>",{"matched_tokens":101,"snippet":29},[],[103,109],{"field":36,"indices":104,"matched_tokens":106,"snippets":108},[105],6,[107],[97,78,98],[99],{"field":110,"matched_tokens":111,"snippet":80,"value":81},"post_content",[78,79],1736172819517538300,{"best_field_score":114,"best_field_weight":115,"fields_matched":17,"num_tokens_dropped":48,"score":116,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":48},"3315704398080",13,"1736172819517538410",{"document":118,"highlight":159,"highlights":203,"text_match":217,"text_match_info":218},{"cat_link":119,"category":120,"comment_count":48,"id":121,"is_sticky":48,"permalink":122,"post_author":51,"post_content":123,"post_date":124,"post_excerpt":54,"post_id":121,"post_modified":125,"post_thumbnail":126,"post_thumbnail_html":127,"post_title":128,"post_type":59,"sort_by_date":129,"tag_links":130,"tags":147},[45],[47],"76093","http://radioblackout.org/2022/06/torino-una-primavera-di-sgomberi-spettacoli-buone-intenzioni/","“In piazza d’Armi vedo operai in tute fluorescenti tagliare l’erba, isolato si muove un trattore che traina una barra falciante. Sono in un vasto piazzale d’erba, ghiaia e cemento, qui han vissuto per anni uomini e donne senza casa e sono stati sgomberati prima che il festival di Eurovision avesse inizio. Vicino sorge l’impianto che a maggio ha ospitato lo spettacolo internazionale. È una tarda primavera e osservo il vuoto seduto su un jersey in cemento e pietrisco. È ruvido, screziato di bianco e la sua forma mi suggerisce la storia recente di Torino, rimossa. Al confine settentrionale della città una lunga linea di jersey circonda l’area di Lungo Stura Lazio: dopo la distruzione del campo di baraccati le istituzioni hanno abbandonato le macerie accumulate dalle ruspe e hanno chiuso la zona per impedire il ritorno dei reietti. A San Pietro in Vincoli, lungo la Dora, gli straccivendoli sono stati allontanati con i manganelli e le multe, in seguito il piazzale è stato abbracciato dai blocchi di cemento. I jersey in piazza d’Armi, invece, chiudono l’accesso al parcheggio dopo l’esodo di roulotte, camper e la rimozione delle tende.”\r\nQuesto l’incipit dell’ultimo articolo di Francesco Migliaccio su Monitor, dove traccia le linee di congiunzione della violenza istituzionale verniciata di ipocrisia che segna sgomberi ed allontanamenti nella Torino dei grandi eventi tra una giunta e l’altra.\r\nNe abbiamo parlato con Francesco\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/06/2022-06-14-migliaccio-sgomberi.mp3\"][/audio]","14 Giugno 2022","2022-06-14 17:31:09","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/06/7-200x110.png","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/06/7-300x225.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/06/7-300x225.png 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/06/7-768x576.png 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/06/7.png 800w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Torino. 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E infatti l'ideale e pratico proseguimento di quella azione improvvida in tempi di tregenda è stato lo spostamento di mezzi e divise direttamente da uno sgombero all'altro: la seconda tappa, dopo aver deportato 51 persone in una struttura fatiscente e con infiltrazioni, arredata con dubbio gusto con poche brandine sfondate, è stata la devastazione di baracche nel campo di via Germagnano a replicare altre recenti visite della forza pubblica, invasioni mosse da pretestuose assenze temporanee degli abitanti.\r\n\r\nQuesto è avvenuto nel piovoso martedì 12 maggio... poi gli sbirri hanno replicato il giorno successivo, andando a spianare con ruspe e caricando altre masserizie da gettare in discarica; non invitati, senza mascherine né distanze di sicurezza, senza remore di contagiare corpi che non contano, ancora meno in epoca pandemica. Una presenza sempre più pressante della polizia al servizio degli sgomberi \"dolci\" di madamìn Appendino.\r\n\r\nCome si legga in una nota di alcunx solidalx:\r\n\r\nQuesta mattina il Comune ha dimostrato ancora una volta il profondo disprezzo e l'assoluta indifferenza che nutre verso le persone povere di questa città. Persone in difficoltà, senza casa, spesso senza documenti, senza alcuna possibilità di muoversi e di lavorare nel bel mezzo di una pandemia.\r\nAncora una volta le miserabili decisioni comunali sono delegate in tutto e per tutto alla Questura, alle forze dell'ordine, ai blindati e alle ruspe.\r\nNessunx del Comune mostra la faccia ma continua una feroce gestione di corpi e di vite che evidentemente non contano, che vanno cacciati, spostati, confinati e soprattutto disciplinati.\r\nQuesto è il loro decoro.\r\nDi sicuro qualche triste figura del consiglio comunale spera in una sparizione collettiva. Ma le persone povere che vivono nei campi, nelle baraccopoli o per strada non scompaiono affatto e trovano per le strade, nelle persone solidali e nei pochi mezzi di controinformazione di questa città uno spazio per raccontare con tenacia ciò che accade, per continuare a lottare e mostrare quello che viene fatto alle loro vite e agli spazi che abitano, o che vengono distrutti, ogni singolo giorno.\r\nQuesta mattina, mentre venivano sgomberate in Piazza Palzzo di Città decine e decine di persone che resistevano davanti al Comune da 8 giorni buttate per strada dopo la chiusura del \"Punto Emergenza Freddo\" di Piazza d’Armi, sono arrivate le ruspe a distruggere le famose baracche - per niente \"vuote\" - del campo di via Germagnano, sequestrate qualche giorno fa, quando le misure di confinamento erano ancora più rigide. Da quel giorno varie persone del campo sono rimaste senza casa.\r\nQuesto è il loro decoro.\r\nInfinita è la nostra rabbia.\r\n\r\nAbbiamo sentito Jean per un racconto preciso e puntuale direttamente dalla baraccopoli, dove si combatte la fame oltreché il virus:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/2020_05_14_Jean-1.mp3\"][/audio]","15 Maggio 2020","2020-05-19 17:24:46","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/video_manu3-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"283\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/video_manu3-300x283.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/video_manu3-300x283.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/video_manu3.jpg 604w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","A volte tornano: lo sgombero a rate in via Germagnano",1589549210,[236,146],"http://radioblackout.org/tag/sgombero-campo-rom/",[31,15],{"post_content":239},{"matched_tokens":240,"snippet":242,"value":243},[78,241],"d'Armi","dei contenitori di latta di \u003Cmark>piazza\u003C/mark> \u003Cmark>d'Armi\u003C/mark> si inserisce a pieno titolo","Lo sgombero dei contenitori di latta di \u003Cmark>piazza\u003C/mark> \u003Cmark>d'Armi\u003C/mark> si inserisce a pieno titolo nel delirio che connota i movimenti e l'eloquio robotizzato di una sindaca che sa di essere espressione di una destra legalista, ma con il volto umanoide da madamina borghese (entrambi i riferimenti legati dal comune denominatore razzista). 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Costretti a una condizione abitativa ed esistenziale estremamente precaria, moltissimi poveri rom e non-rom sono forzati da politiche bipartisan di controllo e repressione a un costante nomadismo urbano tra baraccopoli e accampamenti di fortuna, in quanto \"classi pericolose\".\r\n\r\nCosì, dopo lo sgombero manu militari della baraccopoli di corso Tazzoli, che esisteva da almeno 15 anni, dopo quello di via Reiss Romoli, dopo le “bonifiche” (termine quanto mai evocativo) in Strada dell’Aeroporto e innumerevoli altri luoghi – gestite tramite dispositivi di più o meno ordinaria amministrazione – il \"Progetto speciale campi nomadi\" sottoscritto nel dicembre 2019 dalla Regione Piemonte, dal Comune di Torino, dalla Prefettura e dalla Diocesi, dispone di radere al suolo il “campo rom” di Via Germagnano, probabilmente il più grande di Torino da quando l'amministrazione PD sgomberò la baraccopoli di Lungo Stura Lazio con quel progetto di maquillage della storia chiamato “La città possibile”.\r\n\r\nDopo la distruzione di una parte della baraccopoli nei mesi scorsi, nemmeno la pandemia globale ha frenato la furia annientatrice della governance istituzionale, nel silenzio generale della città: da qualche settimana le ruspe hanno ripreso a radere al suolo il campo, giorno dopo giorno, lasciando molte persone povere, spesso senza documenti e quindi senza possibilità di un accesso non-emergenziale all'assistenza sanitaria, senza nemmeno più un tetto sulla testa. I punti ciechi alla base della Democrazia e dello Stato di Diritto si governano con la Polizia. Spaccano le baracche, sfollano i poveri, cancellano le memorie. Con il solito, congruente, business economico.\r\n\r\nCome si legge in due note di alcunx solidalx:\r\n\r\n\"(...)Migliaia di persone, a Torino, che riuscivano a sopravvivere grazie alle attività informali legate al mercato di via Carcano e del Balon o a quello di Porta Palazzo, si trovano da due mesi in condizioni devastanti. In questo contesto, il Comune pensa bene di abbattere le baracche che per i residenti di Via Germagnano significano da anni, spesso da decenni, l’unica possibilità di casa possibile.\r\nLe conseguenze umane, sanitarie e materiali causate da questa come da altre miserabili decisioni politiche di questi tempi, continuano ad essere pagate dai settori di popolazione più poveri già strutturalmente esclusi, sfruttati e razzializzati.\"\r\n\r\n\"(...) mentre venivano sgomberate in Piazza Palzzo di Città decine e decine di persone che resistevano davanti al Comune da 8 giorni buttate per strada dopo la chiusura del \"Punto Emergenza Freddo\" di Piazza d’Armi, sono arrivate le ruspe a distruggere le famose baracche - per niente \"vuote\" - del campo di via Germagnano, sequestrate qualche giorno fa, quando le misure di confinamento erano ancora più rigide. Da quel giorno varie persone del campo sono rimaste senza casa.\r\nQuesto è il loro decoro. Infinita è la nostra rabbia.\"\r\n\r\nAbbiamo deciso di tenere uno spazio settimanale direttamente dalla baraccopoli, contro il tentativo istituzionale di far sparire le persone povere di questa città, per immaginare possibili forme di solidarietà.\r\n\r\nVenerdì 22 maggio, alle 4 di questa mattina la polizia municipale è entrata in forze per sigillare altre baracche abitate da famiglie. Gli sbirri sono rimasti nel campo diverse ore, mentre le persone sgomberate e spaventate non hanno nessuna alternativa abitativa.\r\nLa richiesta degli abitanti è che chi è in zona e può provi ad avvicinarsi con modi opportuni per portare solidarietà:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/rom.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nGiovedì 21 maggio, gli abitanti di via Germagnano oggi lottano contro la fame, contro lo sgombero, per curarsi della propria salute:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/via-germagnano.mp3\"][/audio]","22 Maggio 2020","2020-05-22 18:53:26","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/img-20200422-wa0012-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/img-20200422-wa0012-300x225.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/img-20200422-wa0012-300x225.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/img-20200422-wa0012-1024x768.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/img-20200422-wa0012-768x576.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/img-20200422-wa0012.jpg 1170w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Baraccopoli e sgomberi: in via Germagnano è sempre guerra ai poveri",1590173252,[133,263,264,144,146],"http://radioblackout.org/tag/poveri/","http://radioblackout.org/tag/rom/",[20,266,267,18,15],"poveri","rom",{"post_content":269,"post_title":274},{"matched_tokens":270,"snippet":272,"value":273},[271,162],"Piazza","del \"Punto Emergenza Freddo\" di \u003Cmark>Piazza\u003C/mark> \u003Cmark>d’Armi\u003C/mark>, sono arrivate le ruspe a","Nel corso degli anni abbiamo documentato la violenza strutturale che a Torino attraversa determinati corpi osceni all'interno della modernità capitalistica. Costretti a una condizione abitativa ed esistenziale estremamente precaria, moltissimi poveri rom e non-rom sono forzati da politiche bipartisan di controllo e repressione a un costante nomadismo urbano tra baraccopoli e accampamenti di fortuna, in quanto \"classi pericolose\".\r\n\r\nCosì, dopo lo sgombero manu militari della baraccopoli di corso Tazzoli, che esisteva da almeno 15 anni, dopo quello di via Reiss Romoli, dopo le “bonifiche” (termine quanto mai evocativo) in Strada dell’Aeroporto e innumerevoli altri luoghi – gestite tramite dispositivi di più o meno ordinaria amministrazione – il \"Progetto speciale campi nomadi\" sottoscritto nel dicembre 2019 dalla Regione Piemonte, dal Comune di Torino, dalla Prefettura e dalla Diocesi, dispone di radere al suolo il “campo rom” di Via Germagnano, probabilmente il più grande di Torino da quando l'amministrazione PD sgomberò la baraccopoli di Lungo Stura Lazio con quel progetto di maquillage della storia chiamato “La città possibile”.\r\n\r\nDopo la distruzione di una parte della baraccopoli nei mesi scorsi, nemmeno la pandemia globale ha frenato la furia annientatrice della governance istituzionale, nel silenzio generale della città: da qualche settimana le ruspe hanno ripreso a radere al suolo il campo, giorno dopo giorno, lasciando molte persone povere, spesso senza documenti e quindi senza possibilità di un accesso non-emergenziale all'assistenza sanitaria, senza nemmeno più un tetto sulla testa. I punti ciechi alla base della Democrazia e dello Stato di Diritto si governano con la Polizia. Spaccano le baracche, sfollano i poveri, cancellano le memorie. Con il solito, congruente, business economico.\r\n\r\nCome si legge in due note di alcunx solidalx:\r\n\r\n\"(...)Migliaia di persone, a Torino, che riuscivano a sopravvivere grazie alle attività informali legate al mercato di via Carcano e del Balon o a quello di Porta Palazzo, si trovano da due mesi in condizioni devastanti. In questo contesto, il Comune pensa bene di abbattere le baracche che per i residenti di Via Germagnano significano da anni, spesso da decenni, l’unica possibilità di casa possibile.\r\nLe conseguenze umane, sanitarie e materiali causate da questa come da altre miserabili decisioni politiche di questi tempi, continuano ad essere pagate dai settori di popolazione più poveri già strutturalmente esclusi, sfruttati e razzializzati.\"\r\n\r\n\"(...) mentre venivano sgomberate in \u003Cmark>Piazza\u003C/mark> Palzzo di Città decine e decine di persone che resistevano davanti al Comune da 8 giorni buttate per strada dopo la chiusura del \"Punto Emergenza Freddo\" di \u003Cmark>Piazza\u003C/mark> \u003Cmark>d’Armi\u003C/mark>, sono arrivate le ruspe a distruggere le famose baracche - per niente \"vuote\" - del campo di via Germagnano, sequestrate qualche giorno fa, quando le misure di confinamento erano ancora più rigide. 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I fatti però raccontano un’altra storia\r\nCe ne ha parlato Francesco Miliaccio che a questi temi ha dedicato un articolo uscito su Napoli Monitor\r\n\r\nIl Balon, Green Pea e il Primo Maggio\r\nLa sacra alleanza tra Farinetti, il patron di Eataly, supermercato del gusto che a Torino ha ampliato i propri orizzonti commerciali con Green Pea, megastore di abiti, cosmetici, auto, cellulari all’insegna del green costoso e sofisticato e i gestori del Balon è un segno dei tempi. Il Primo Maggio il Balon ha incontrato Green Pea in un’iniziativa che li vede insieme al Lingotto. La data scelta è altamente simbolica e riflette i tempi che corrono. 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Si tratta, a nostro parere, di valorizzare una dimensione costruttiva, positiva e sperimentale di una tradizione sociale, politica e culturale che riconosciamo come antiautoritaria e solidale.”\r\nNe abbiamo parlato con uno dei redattori, Francesco Codello\r\n\r\n40 anni fa usciva “L’ecologia della libertà”, un testo di grande attualità nonostante il già vetusto impianto hegelo-marxiano su cui incardina il proprio pensiero il suo autore, il libertario statunitense Murray Bookchin.\r\nL’aspetto più attuale del suo approccio, non è tanto quello politico, la cui trama appare debole, quanto la capacità di porre al centro la necessità di un approccio intersezionale alla questione ecologica, come parte importante della questione sociale. \r\nNe abbiamo parlato con Selva Varengo, che a Bookchin ha dedicato uno studio, uscito per i tipi di Zero in Condotta\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nSabato 14 maggio\r\nSmash the vision!\r\nMostr* in marcia contro la città vetrina\r\nAppuntamento alle 15 al parco Ruffini, viale Bistolfi\r\n\r\nGiovedì 19 maggio\r\nOre 18 alla tettoria dei contadini a Porta Palazzo\r\nNazisti buoni e nazisti cattivi. I paradossi nella narrazione della guerra in Ucraina tra nazionalismo, militarismo e la messa in scena di uno scontro di civiltà tra est e ovest\r\nProveremo a decostruire la narrazione di una guerra che, nei fatti, si colloca nello snodo cruciale di un conflitto interimperialistico multipolare.\r\nFaremo il punto sulle lotte contro la guerra, la Cittadella dell’aerospazio e la NATO a Torino e per lanciare lo sciopero generale del 20 maggio\r\nInterventi di Stefano Capello e di un’esponente dell’assemblea antimilitarista\r\n\r\nVenerdì 20 maggio\r\nsciopero generale contro la guerra\r\nOre 10 presidio alla fabbrica d’armi Collins aerospace di piazza Graf a Torino\r\nNel pomeriggio corteo per le strade del centro\r\n\r\nContatti:\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46\r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni mercoledì dalle 21\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nWild C.A.T. Collettivo Anarco-Femminista Torinese\r\nriunioni aperiodiche @Wild.C.A.T.anarcofem\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","12 Maggio 2022","2022-05-12 12:23:13","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/05/greenwashing-200x110.jpg","Anarres del 29 aprile. Filantropia e controllo del territorio. Il Balon Green Pea e il primo maggio. I semi sotto la neve. L’ecologia della libertà...","podcast",1652358193,[],[],{"post_content":325},{"matched_tokens":326,"snippet":327,"value":328},[79,78],"Ore 10 presidio alla fabbrica \u003Cmark>d’armi\u003C/mark> Collins aerospace di \u003Cmark>piazza\u003C/mark> Graf a Torino\r\nNel pomeriggio","Il nostro nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete.\r\nDalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. 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Sgomberi, retate, fogli di via e deportazioni\r\nThe president is a Trump. Sessista, razzista, volgare. Un miliardario outsider approda alla Casa Bianca, dopo una campagna elettorale con toni da bar Sport. Ne abbiamo parlato con Lorcon, redattore di Umanità Nova\r\n\r\nCacerolata femminista a San Salvario \r\nReferendum. La Carta e le carte truccate\r\nFuoco al Tricolore! Una settimana contro il militarismo\r\n\r\nPer approfondimenti:\r\nFuoco al Tricolore! Una settimana contro il militarismo\r\nUna bandiera tricolore è stata data alle fiamme di fronte alla polizia in assetto antisommossa e alla polizia politica in gran forze per difendere le forze armate, che, anche quest'anno, erano in piazza Castello per la cerimonia dell'ammainabandiera, che conclude la festa delle forze armate il 4 novembre. \r\nGli antimilitaristi puntuali all'appuntamento, si sono mossi in corteo con striscioni, bici da trasporto con carro armato e Samba Band dalla piazza del Comune fino al blocco di polizia in via Garibaldi, cento metri prima dei soldati in alta uniforme. \r\nUn applauso ha accolto l'azione antipatriottica. \r\nNumerosi gli interventi dal megafono per un'iniziativa di comunicazione e lotta, che, dopo un lungo fronteggiamento e l'intervento dell'automobilina kamicazza, si sono mossi per via Garibaldi, sino a guadagnare piazza Castello, dove i militari avevano chiuso alla svelta il loro rituale bellico. \r\nLa giornata di lotta del 4 novembre era l'ultima di una settimana di iniziative. Sabato 29 ottobre al Balon, un presidio itinerante, con performance contro eserciti e fabbriche d'armi, interventi e musica, aveva aperto le iniziative promosse dall'assemblea antimilitarista. \r\n\r\nIl mercoledì successivo si era svolta un'iniziativa di approfondimento “Bombe, muri e frontiere. Giochi di potenza dal Mediterraneo all’Eufrate. Dal nuovo secolo americano al tutti contro tutti”. La serata, introdotta da Stefano Capello, è stata occasione per capirne di più sugli equilibri geopolitici, in un pianeta sempre più multipolare, ad alleanze variabili, dove prevale la logica terrificante del caos sistemico. \r\n\r\nQui il testo dell’appello per la settimana antimilitarista\r\n\r\n*********\r\nCacerolata femminista a San Salvario \r\n\r\nQui il testo del volantino distribuito in piazza:\r\n\r\nSentieri di libertà\r\nLibertà, uguaglianza, solidarietà. I tre principi che costituiscono la modernità, rompendo con la gerarchia che modellava l’ordine formale del mondo hanno il loro lato oscuro, un’ombra lunga fatta di esclusione, discriminazione, violenza.\r\nTanta parte dell’umanità resta(va) fuori dal loro ombrello protettivo: poveri, donne, omosessuali, bambini. L’universalità di questi principi, formalmente neutra, era modellata sul maschio adulto, benestante, eterosessuale. Il resto era margine. Chi non era pienamente umano non poteva certo aspirare alle libertà degli uomini.\r\nUna libertà soggetta a norma, regolata, imbrigliata, incasellata. La cultura dominante ne determina le possibilità, le leggi dello Stato ne fissano limiti e condizioni.\r\nLe nonne delle ragazze di oggi passavano dalla potestà paterna a quella maritale: le regole del matrimonio le mantenevano minorenni a vita.\r\nLe donne stuprate, sino al 5 settembre del 1981, potevano sottrarsi alla vergogna ed essere riammesse nel consesso sociale, se accettavano di sposare il proprio stupratore. Una violenza più feroce di quella già subita. Se una donna era uccisa per motivi di “onore”, questa era una potente attenuante. Uccidere per punire le donne infedeli era considerato giusto.\r\n\r\nSono passati 34 anni da quando quelle norme vennero cancellate dal codice penale. Poco prima era stato legalizzato il divorzio e depenalizzato l’aborto.\r\nSulla strada della libertà femminile e – con essa – quella di tutt* sono stati fatti tanti passi. Purtroppo non tutti in avanti.\r\n\r\nLe lotte delle donne hanno cancellato tante servitù. Ma ne paghiamo, ogni giorno, il prezzo.\r\n\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione diffusa a riaffermare l’ordine patriarcale. La casa, il “privato”, è il luogo dove si consumano la maggior parte delle violenze e delle uccisioni. Le donne libere vengono picchiate, stuprate e ammazzate per affermare il potere maschile, per riprendere con la forza il controllo sui loro corpi e sulle loro menti.\r\n\r\nLa narrazione prevalente sui media è falsa, perché nasconde la realtà cruda della violenza maschile sulle donne. Non solo. Trasforma le donne in vittime da tutelare, ottenendo l’effetto paradossale ma non tanto, di rinforzare l’opinione che le donne siano intrinsecamente deboli.\r\nLa violenza esplicita è solo la punta dell’iceberg. Il patriarcato, sconfitto ma non in rotta, riemerge in maniere più subdole.\r\n\r\nIl prezzo dell’emancipazione femminile è stato anche l’adeguamento all’universale, che resta saldamente maschile ed eterosessuale. Lo scarto, la differenza femminile, in tutta l’ambiguità di un percorso identitario segnato da una schiavitù anche volontaria, finisce frantumata, dispersa, illeggibile, se non nel ri-adeguamento ad un ruolo di cura, sostitutivo dei servizi negati e cancellati negli anni.\r\nLo spazio della sperimentazione, della messa in gioco dei percorsi identitari, tanto radicati nella cultura, da parere quasi «naturali», spesso si estingue, polverizzato dalle tante cazzutissime donne in divisa, dalle manager in carriera, dalle femministe che inventano le gerarchie femminili per favorire operazioni di lobbing.\r\nLo scarto femminile non è iscritto nella natura ma nemmeno nella cultura, è solo una possibilità, la possibilità che ha sempre chi si libera: cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.\r\nContro la normalizzazione delle nostre identità erranti il femminismo libertario si svincola dalla mera rivendicazione paritaria, per mettere in gioco una scommessa dalla posta molto alta.\r\nMiliardi di percorsi individuali, che attraversano i generi, costituiscono l’unico universale che ci contenga tutt*, quello delle differenze.\r\nVogliamo vivere, solcare le nostre strade, con la forza di chi sta intrecciando una rete robusta, capace di combattere la violenza di chi vuole affermare la dominazione patriarcale.\r\nNon abbiamo bisogno di tutele né di tutori, con o senza divisa. La nostra forza è nella solidarietà e nel mutuo appoggio.\r\nIl percorso di autonomia individuale lo costruiamo nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo.\r\nSiamo qui per spezzare l’ordine. Morale, sociale, economico.\r\nSiamo qui per frantumare la gerarchia, per esserci, ciascun* a proprio modo.\r\n\r\nAnarchiche contro la violenza di genere\r\n\r\nCi trovate ogni giovedì alle 19 presso la FAT in corso Palermo 46\r\n******\r\nReferendum. La Carta e le carte truccate\r\nNemmeno il terremoto può fermare la macchina referendaria: il tormentone che ci affligge da mesi continua imperterrito. Anzi il terremoto può fornire un’ottima occasione per dimostrare il valore di questo governo e del suo leader maximo e ridurre la componente politica sulle scelte dei votanti a vantaggio di quella emozionale.\r\nE’ infatti indubbio che la cassa di risonanza mediatica sul protagonismo di Renzi e soci nell’affrontare la tragicità degli effetti del terremoto sulla vita delle popolazioni colpite avrà un impatto sulla valutazione complessiva del governo; fatto questo non indifferente se consideriamo che dai sondaggi (con tutti i distinguo del caso) risulterebbe che se un terzo dell’elettorato è a conoscenza del significato dei quesiti referendari – e quindi voterebbe a ragion veduta – ben due terzi ne è all’oscuro, o per disinteresse, o per rifiuto cosciente, o per la complessità della materia, e quindi voterebbe – sic et simpliciter – su Renzi ed il suo governo. D’altronde è lo stesso Renzi che ha operato in questa direzione mettendo il suo corpo, il suo futuro direttamente in gioco promettendo la sua uscita dalla scena politica in caso di sconfitta.\r\nCon il dilemma ‘o con me o contro di me’ Renzi porta all’apice il ragionamento su cosa sia il meno peggio proponendosi come l’unico possibile salvatore della patria, l’innovatore in grado di fare ripartire il paese. Un film già visto, con Craxi, Berlusconi, e tanti altri attori consumati e ormai consunti.\r\nLa partita, per Renzi, è impegnativa e va giocata su più fronti. Avere la maggioranza del partito con se e registrare che la maggioranza dei deputati del PD è legata al suo oppositore interno Bersani, non rende il gioco facile; così come vedere tutta l’opposizione istituzionale (e non solo) coalizzata contro di se impone a Renzi di doversi inventare quanto più di fantasmagorico ci sia – mance elettorali comprese - per vincere la singolar tenzone.\r\nEppure i giochi sembravano fatti. Con la ristrutturazione del Senato si vuole portare a maturazione il dibattito che ha attraversato il ceto politico di questo paese per decenni - vedi le proposte di presidenzialismo e di monocameralismo avanzate a più riprese – e che puntava, con accelerazioni più o meno variabili, al rafforzamento dell’esecutivo e alla riduzione dei soggetti politici in gioco.\r\nGli sbarramenti elettorali, i premi di maggioranza, le alchimie sui collegi elettorali, eccetera sono stati gli espedienti messi in campo per ottenere questo risultato: costringere all’accorpamento i partiti più piccoli, favorire il sorgere di due schieramenti più o meno contrapposti, assicurare la governabilità sempre e comunque. La decretazione d’urgenza, l’ingerenza del Presidente della Repubblica, il trasformismo eclatante hanno fatto il resto riducendo il Parlamento a semplice comprimario di scelte operate altrove, nei corridoi animati dai lobbisti di ogni specie, oppure a palcoscenico degli spettacolini di un’opposizione in cerca di visibilità.\r\nE’ un progetto questo che ha molti progenitori, addirittura c’è chi ricorda il ‘Piano per la rinascita nazionale’ del venerabile maestro Licio Gelli, animatore di quella Loggia P2, menzionata recentemente per l’impegno profuso nel combatterla da Tina Anselmi, utilizzata opportunisticamente dal ‘premier’ per il suo spessore democratico sociale.\r\nLa trasformazione del Senato secondo le linee della riforma Boschi, in accoppiata con la legge elettorale recentemente approvata, l’Italicum, concluderebbe il percorso tracciato, snellendo i tempi e le procedure legislative – anche se oggi la quantità delle leggi approvate ha pochi eguali nei paesi a democrazia parlamentare – e conferendo al governo in carica un gigantesco potere d’indirizzo, dopo aver demolito l’autonomia regionale a favore di una ri-centralizzazione statale.\r\nIn un contesto nel quale la partita politica si giocava in due, come era la situazione fino all’irrompere sulla scena di un terzo incomodo, il Movimento 5 stelle, questo rafforzamento era comunque funzionale ad entrambi, in un contesto nel quale le politiche sostanziali poco differiscono le une dalle altre, condizionate come sono dagli scenari internazionali, dalle burocrazie europee, dal controllo della NATO, dalle dinamiche del capitale.\r\nLa presenza del terzo incomodo ha mescolato le carte in tavola; la possibilità che possa vincere le prossime elezioni e prendere nelle proprie mani le leve del governo inquieta fortemente gli assetti tradizionali del potere, preoccupati dalla natura trasversale del movimento, ancora poco noto ai più, se non per la sua massa critica, il suo portato populista e legalista, il suo antieuropeismo. L’irrompere della variabile pentastellata sulla scena, costringe la casta a riformulare i propri assetti, a riconquistare il palcoscenico dello spettacolo politicista riproponendosi come garante degli interessi settoriali del paese. Lo scontro si fa via via più acceso, tra modernizzatori fedeli esecutori degli interessi delle multinazionali e dei grandi gruppi aziendali che chiedono meno burocrazia, tempi certi della giustizia, snellimento generale delle pratiche e dei controlli, e difensori dello status quo, delle rendite di posizione, delle logiche clientelari e familistiche. In un contesto dove populisti euroscettici cercano di coniugare il consenso territoriale costruito sul tema della ‘piccola patria’ con la difesa della ‘razza’ italica a fronte del processo migratorio in corso. Dove si parla e straparla di un ‘patto per la crescita’ tra governo, imprese e sindacato, condizionato da un SI che aprirebbe le porte agli ambiti investimenti internazionali (e conseguentemente alla svendita del patrimonio italico), e contrastato da un NO che vorrebbe la riapertura del mercato ministeriale delle poltrone conseguente alla prevedibile caduta del governo.\r\nLa natura dello scontro tra le varie frazioni della borghesia e della classe dirigente del paese appare sempre più chiaro, solo a volerlo vedere.\r\nNon c’era alcun disaccordo sostanziale quando si è trattato di modificare lacostituzione introducendo, tra i suoi articoli, l’obbligo della parità di bilancio: tanto, male che vada, i suoi costi vengono scaricati sui lavoratori e sulla povera gente.\r\nIl disaccordo sorge quando un settore vuole imporre un’accelerazione nel cambiamento in corso, spostando decisamente l’asse del potere a favore dello schieramento della modernizzazione ipercapitalista e globalizzatrice. Basta vedere chi sono i sostenitori della riforma: Confindustria, la grande finanza, le Banche, la classe dirigente internazionale da Obama alla Merkel, eccetera che con minacce e lusinghe operano sfacciatamente a favore di Renzi, un presidente del consiglio mai eletto, imposto da un presidente della repubblica che ha travalicato ogni suo limite, sanzionato solamente dal successo del suo partito in una elezione ininfluente come quella per il parlamento europeo.\r\nChe bisogno c’è di cambiare la costituzione, quando la costituzione materiale, quella fatta di cose concrete per la vita delle persone – non quella formale, idealizzata, ‘nata’ dalla Resistenza - ha consentito negli anni lo sviluppo di politiche di impoverimento della popolazione, di aggressione militare ad altri paesi, di attacco al mondo del lavoro, di arricchimento indecente per la classi privilegiate, di progressiva liquidazione del sistema di protezione sociale, dalla sanità all’assistenza?\r\nEvidentemente tutto questo non basta. La crescente competizione per l’accaparramento delle risorse, la continua e accelerata necessità di valorizzazione del capitale spingono verso l’amplificazione dei conflitti, sia aperti in forma di guerra sia sotterranei in forma di condizionamenti e ricatti.\r\nQuesto impone alle classi dirigenti, dominanti nello stesso schieramento borghese, di trovare assetti di potere più confacenti alle loro esigenze. Da qui i cambiamenti strutturali in corso, in Italia come altrove, per adeguare la macchina statale alle nuove incombenze.\r\nLa chiamata alle armi per l’affermazione del SI nel prossimo referendumistituzionale non è solo un passo necessario legato alle procedure di modifica costituzionale, ma è anche il tentativo di legare il più possibile al governo il favore popolare, oggi come oggi, particolarmente necessario in vista delle sfide che ci aspettano.\r\nE’ necessario quindi che anche in questa scadenza ci si mobiliti per mostrare la vera portata della partita in gioco, gli scenari e le ricadute che ci si prospetteranno se non si svilupperà una vera opposizione.\r\nVera opposizione, dunque, che significa ripresa del conflitto sociale su larga scala, azione diretta di massa, mobilitazione del mondo del lavoro, riappropriazione e controllo territoriale, rilancio della solidarietà internazionalista, superamento dei confini, pratiche di accoglienza reale dei profughi, antimilitarismo.\r\nAl di fuori di questo quale potrebbe essere un’opposizione in grado di mettere i bastoni tra le ruote dei manovratori? Non certo quella che si muove su un piano formale come quello della difesa della Costituzione nata dalla Resistenza. Al di la della retorica - che in realtà offende il partigianato, soprattutto nella sua componente sovversiva e rivoluzionaria – occorre ricordare che la Costituzione è nata dalla mediazione tra Democratici Cristiani, Comunisti, Socialisti e Liberali i quali ben si guardarono di fissare norme chiare e nette che potessero essere utilizzate dagli uni contro gli altri. Risultato: le più alte aspirazioni contenute nella Carta – che la rendono per alcuni la più bella del mondo – sono sempre risultate disattese, foglie di fico di un potere sempre arrogante e accaparratore. Solo ampi movimenti popolari, espressione di bisogni e volontà collettive, sono riusciti a modificare, nel tempo, gli assetti di potere, le strutture giuridiche e politiche del paese, non certo una mobilitazione di carta giocata sulla Carta.\r\nRicordando le frustrazioni seguite ai referendum vinti sull’onda di mobilitazioni significative e importanti, come quello contro la privatizzazione dell’acqua, o di battaglie di opinione come quello sul finanziamento pubblico ai partiti, ma vanificati dalle furberie della casta, i sinceri oppositori della riforma dovrebbero attenersi ad una visione realistica delle cose.\r\nLa vittoria del NO rappresenterebbe semplicemente un rallentamento dei processi in corso e probabilmente una rimessa in discussione degli equilibri governativi, ma a vantaggio di chi? Qualcuno sosteneva un tempo ‘grande è la confusione sotto il cielo: la situazione è eccellente’. Ma oggi è così? Esiste un movimento reale in grado di essere protagonista nella crisi governativa e di imporre la propria agenda di trasformazione sulle cose che contano: salario, lavoro, casa, salute, scuola, guerra, immigrazione, ambiente, libertà individuali e collettive?\r\nOppure prevarrà la politica politicante, fatta sempre di deleghe, di capetti ambiziosi, di prevaricazioni e di corruttele?\r\nLa partecipazione alla campagna per il NO in realtà continua a rimanere nel solco della politica delegata, della fiducia nei meccanismi della democrazia parlamentare, sperando di rosicchiare margini di manovra all’interno della più generale crisi di sistema.\r\nIl ‘NO Sociale’ non sfugge a questa condizione, anche se le sue parole d’ordine puntano sulla possibilità di sviluppare una stagione di lotta a partire proprio dalla vittoria del NO. Non è la prima volta che si è opera per costruire un fronte di tutte le opposizioni sociali che metta insieme le espressioni più varie della conflittualità sociale, da quelle dell’autorganizzazione a quelle che hanno nelle pratiche delegate la loro sostanza, per farle convergere sul piano di una lotta che di fatto è tutta interna ai meccanismi istituzionali, avendo tra l’altro come ‘cobelligeranti’ le espressioni più becere della destra che ne annacquano la portata. I risultati nel passato si sono visti e credo che si ripeteranno, contribuendo ad un’ulteriore frustrazione complessiva dei soggetti coinvolti, i quali credendo di conseguire un obiettivo significativo in realtà fanno un favore alla nuova casta montante, quella che si ritrova nel Movimento 5 stelle.\r\nQuesto non vuol dire indifferentismo politico; non vuol dire che tutte le forme del potere sono eguali; sappiamo ben distinguere tra democrazia rappresentativa e dittatura; ma una vera battaglia contro le riforme in atto non può oggi assolutamente prescindere dall’assoluta necessità della ripresa del conflitto sociale che non può farsi condizionare da un dibattito che è centrale solo per un ceto politico preoccupato per la propria esistenza. Il contrapporsi tra ‘riforma’ e ‘conservazione’ vuole occultare la realtà delle forme di sfruttamento attuali, per favorire un loro ‘rinnovamento’ in funzione delle esigenze di ristrutturazione e di riorganizzazione dell’apparato statale alle prese con le emergenze dell’attuale sistema geopolitico mondiale.\r\nBisogna scegliere: o porsi a difesa di quel che resta della democrazia parlamentare, individuando in essa una residua barriera all’incalzare dell’autoritarismo montante, o imboccare decisamente la strada della lotta, interna ai corpi sociali con tutte le loro potenzialità e contraddizioni, in funzione di un progetto di società altra, da costruire giorno per giorno, fuori da ogni opportunismo politicista.\r\nA fronte di una politica che fa del parlamento e della governabilità il suo centro di interesse occorre contrapporre un pensiero ed un’azione che abbiano il loro punto di riferimento nella capacità di autoorganizzazione popolare; occorre contrapporre la proposta e la pratica del comunalismo, libertario e federativo, articolato sul territorio, dal semplice al complesso.\r\nSfuggire dai meccanismi della democrazia rappresentativa significa entrare nel concreto della critica del concetto stesso di maggioranza e minoranza, significa rifiutare la riproduzione, pura e semplice, dei rituali parlamentari negli stessi organismi rappresentativi dei lavoratori per dare invece prevalenza all’autoorganizzazione, alla lotta, al libero confronto delle idee.\r\nI rapporti di forza si sono sempre modificati con la lotta diretta e la via politica ha sempre rappresentato il disarmo della conflittualità sociale. Con questa consapevolezza ci tiriamo fuori dai ricatti agitati da quanti, a sinistra, sono alle prese con le pulsioni egemoniche di ceti politici trasformisti ed opportunisti, incapaci di produrre politiche realmente alternative, sul terreno economico, dell’occupazione, della riduzione d’orario, del degrado urbano e ambientale, della sanità, della scuola, ecc.\r\nAstenersi, non cadere nella trappola delle false alternative e del recupero elettorale, rafforzare le armi della critica intransigente, dell’organizzazione, del protagonismo sociale, dell’azione tra le classi sfruttate ed oppresse, vuol dire porre le basi per un’incisiva azione rivoluzionaria che colpisce, nel parlamentarismo, un sistema di governo che impone leggi e tasse, decise da una cerchia ristretta di privilegiati, indipendentemente dalla volontà degli elettori.\r\nAstenersi, per gli anarchici, vuol dire manifestare la volontà di non essere governati, vuol dire non rendersi corresponsabili dello sfruttamento e dell’oppressione, vuol dire volontà di una società di libere associazioni federate.\r\nMassimo Varengo in Umanità Nova\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org","13 Novembre 2016","2018-10-17 22:58:55","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/11/fuoco-al-tricolore-200x110.jpg","Anarres dell’11 novembre. 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Un miliardario outsider approda alla Casa Bianca, dopo una campagna elettorale con toni da bar Sport. Ne abbiamo parlato con Lorcon, redattore di Umanità Nova\r\n\r\nCacerolata femminista a San Salvario \r\nReferendum. La Carta e le carte truccate\r\nFuoco al Tricolore! Una settimana contro il militarismo\r\n\r\nPer approfondimenti:\r\nFuoco al Tricolore! Una settimana contro il militarismo\r\nUna bandiera tricolore è stata data alle fiamme di fronte alla polizia in assetto antisommossa e alla polizia politica in gran forze per difendere le forze armate, che, anche quest'anno, erano in \u003Cmark>piazza\u003C/mark> Castello per la cerimonia dell'ammainabandiera, che conclude la festa delle forze armate il 4 novembre. \r\nGli antimilitaristi puntuali all'appuntamento, si sono mossi in corteo con striscioni, bici da trasporto con carro armato e Samba Band dalla \u003Cmark>piazza\u003C/mark> del Comune fino al blocco di polizia in via Garibaldi, cento metri prima dei soldati in alta uniforme. \r\nUn applauso ha accolto l'azione antipatriottica. \r\nNumerosi gli interventi dal megafono per un'iniziativa di comunicazione e lotta, che, dopo un lungo fronteggiamento e l'intervento dell'automobilina kamicazza, si sono mossi per via Garibaldi, sino a guadagnare \u003Cmark>piazza\u003C/mark> Castello, dove i militari avevano chiuso alla svelta il loro rituale bellico. \r\nLa giornata di lotta del 4 novembre era l'ultima di una settimana di iniziative. Sabato 29 ottobre al Balon, un presidio itinerante, con performance contro eserciti e fabbriche \u003Cmark>d'armi\u003C/mark>, interventi e musica, aveva aperto le iniziative promosse dall'assemblea antimilitarista. \r\n\r\nIl mercoledì successivo si era svolta un'iniziativa di approfondimento “Bombe, muri e frontiere. Giochi di potenza dal Mediterraneo all’Eufrate. Dal nuovo secolo americano al tutti contro tutti”. La serata, introdotta da Stefano Capello, è stata occasione per capirne di più sugli equilibri geopolitici, in un pianeta sempre più multipolare, ad alleanze variabili, dove prevale la logica terrificante del caos sistemico. \r\n\r\nQui il testo dell’appello per la settimana antimilitarista\r\n\r\n*********\r\nCacerolata femminista a San Salvario \r\n\r\nQui il testo del volantino distribuito in \u003Cmark>piazza\u003C/mark>:\r\n\r\nSentieri di libertà\r\nLibertà, uguaglianza, solidarietà. I tre principi che costituiscono la modernità, rompendo con la gerarchia che modellava l’ordine formale del mondo hanno il loro lato oscuro, un’ombra lunga fatta di esclusione, discriminazione, violenza.\r\nTanta parte dell’umanità resta(va) fuori dal loro ombrello protettivo: poveri, donne, omosessuali, bambini. L’universalità di questi principi, formalmente neutra, era modellata sul maschio adulto, benestante, eterosessuale. Il resto era margine. Chi non era pienamente umano non poteva certo aspirare alle libertà degli uomini.\r\nUna libertà soggetta a norma, regolata, imbrigliata, incasellata. La cultura dominante ne determina le possibilità, le leggi dello Stato ne fissano limiti e condizioni.\r\nLe nonne delle ragazze di oggi passavano dalla potestà paterna a quella maritale: le regole del matrimonio le mantenevano minorenni a vita.\r\nLe donne stuprate, sino al 5 settembre del 1981, potevano sottrarsi alla vergogna ed essere riammesse nel consesso sociale, se accettavano di sposare il proprio stupratore. Una violenza più feroce di quella già subita. Se una donna era uccisa per motivi di “onore”, questa era una potente attenuante. Uccidere per punire le donne infedeli era considerato giusto.\r\n\r\nSono passati 34 anni da quando quelle norme vennero cancellate dal codice penale. Poco prima era stato legalizzato il divorzio e depenalizzato l’aborto.\r\nSulla strada della libertà femminile e – con essa – quella di tutt* sono stati fatti tanti passi. Purtroppo non tutti in avanti.\r\n\r\nLe lotte delle donne hanno cancellato tante servitù. Ma ne paghiamo, ogni giorno, il prezzo.\r\n\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione diffusa a riaffermare l’ordine patriarcale. La casa, il “privato”, è il luogo dove si consumano la maggior parte delle violenze e delle uccisioni. Le donne libere vengono picchiate, stuprate e ammazzate per affermare il potere maschile, per riprendere con la forza il controllo sui loro corpi e sulle loro menti.\r\n\r\nLa narrazione prevalente sui media è falsa, perché nasconde la realtà cruda della violenza maschile sulle donne. Non solo. Trasforma le donne in vittime da tutelare, ottenendo l’effetto paradossale ma non tanto, di rinforzare l’opinione che le donne siano intrinsecamente deboli.\r\nLa violenza esplicita è solo la punta dell’iceberg. Il patriarcato, sconfitto ma non in rotta, riemerge in maniere più subdole.\r\n\r\nIl prezzo dell’emancipazione femminile è stato anche l’adeguamento all’universale, che resta saldamente maschile ed eterosessuale. Lo scarto, la differenza femminile, in tutta l’ambiguità di un percorso identitario segnato da una schiavitù anche volontaria, finisce frantumata, dispersa, illeggibile, se non nel ri-adeguamento ad un ruolo di cura, sostitutivo dei servizi negati e cancellati negli anni.\r\nLo spazio della sperimentazione, della messa in gioco dei percorsi identitari, tanto radicati nella cultura, da parere quasi «naturali», spesso si estingue, polverizzato dalle tante cazzutissime donne in divisa, dalle manager in carriera, dalle femministe che inventano le gerarchie femminili per favorire operazioni di lobbing.\r\nLo scarto femminile non è iscritto nella natura ma nemmeno nella cultura, è solo una possibilità, la possibilità che ha sempre chi si libera: cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.\r\nContro la normalizzazione delle nostre identità erranti il femminismo libertario si svincola dalla mera rivendicazione paritaria, per mettere in gioco una scommessa dalla posta molto alta.\r\nMiliardi di percorsi individuali, che attraversano i generi, costituiscono l’unico universale che ci contenga tutt*, quello delle differenze.\r\nVogliamo vivere, solcare le nostre strade, con la forza di chi sta intrecciando una rete robusta, capace di combattere la violenza di chi vuole affermare la dominazione patriarcale.\r\nNon abbiamo bisogno di tutele né di tutori, con o senza divisa. La nostra forza è nella solidarietà e nel mutuo appoggio.\r\nIl percorso di autonomia individuale lo costruiamo nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo.\r\nSiamo qui per spezzare l’ordine. Morale, sociale, economico.\r\nSiamo qui per frantumare la gerarchia, per esserci, ciascun* a proprio modo.\r\n\r\nAnarchiche contro la violenza di genere\r\n\r\nCi trovate ogni giovedì alle 19 presso la FAT in corso Palermo 46\r\n******\r\nReferendum. La Carta e le carte truccate\r\nNemmeno il terremoto può fermare la macchina referendaria: il tormentone che ci affligge da mesi continua imperterrito. Anzi il terremoto può fornire un’ottima occasione per dimostrare il valore di questo governo e del suo leader maximo e ridurre la componente politica sulle scelte dei votanti a vantaggio di quella emozionale.\r\nE’ infatti indubbio che la cassa di risonanza mediatica sul protagonismo di Renzi e soci nell’affrontare la tragicità degli effetti del terremoto sulla vita delle popolazioni colpite avrà un impatto sulla valutazione complessiva del governo; fatto questo non indifferente se consideriamo che dai sondaggi (con tutti i distinguo del caso) risulterebbe che se un terzo dell’elettorato è a conoscenza del significato dei quesiti referendari – e quindi voterebbe a ragion veduta – ben due terzi ne è all’oscuro, o per disinteresse, o per rifiuto cosciente, o per la complessità della materia, e quindi voterebbe – sic et simpliciter – su Renzi ed il suo governo. D’altronde è lo stesso Renzi che ha operato in questa direzione mettendo il suo corpo, il suo futuro direttamente in gioco promettendo la sua uscita dalla scena politica in caso di sconfitta.\r\nCon il dilemma ‘o con me o contro di me’ Renzi porta all’apice il ragionamento su cosa sia il meno peggio proponendosi come l’unico possibile salvatore della patria, l’innovatore in grado di fare ripartire il paese. Un film già visto, con Craxi, Berlusconi, e tanti altri attori consumati e ormai consunti.\r\nLa partita, per Renzi, è impegnativa e va giocata su più fronti. Avere la maggioranza del partito con se e registrare che la maggioranza dei deputati del PD è legata al suo oppositore interno Bersani, non rende il gioco facile; così come vedere tutta l’opposizione istituzionale (e non solo) coalizzata contro di se impone a Renzi di doversi inventare quanto più di fantasmagorico ci sia – mance elettorali comprese - per vincere la singolar tenzone.\r\nEppure i giochi sembravano fatti. Con la ristrutturazione del Senato si vuole portare a maturazione il dibattito che ha attraversato il ceto politico di questo paese per decenni - vedi le proposte di presidenzialismo e di monocameralismo avanzate a più riprese – e che puntava, con accelerazioni più o meno variabili, al rafforzamento dell’esecutivo e alla riduzione dei soggetti politici in gioco.\r\nGli sbarramenti elettorali, i premi di maggioranza, le alchimie sui collegi elettorali, eccetera sono stati gli espedienti messi in campo per ottenere questo risultato: costringere all’accorpamento i partiti più piccoli, favorire il sorgere di due schieramenti più o meno contrapposti, assicurare la governabilità sempre e comunque. La decretazione d’urgenza, l’ingerenza del Presidente della Repubblica, il trasformismo eclatante hanno fatto il resto riducendo il Parlamento a semplice comprimario di scelte operate altrove, nei corridoi animati dai lobbisti di ogni specie, oppure a palcoscenico degli spettacolini di un’opposizione in cerca di visibilità.\r\nE’ un progetto questo che ha molti progenitori, addirittura c’è chi ricorda il ‘Piano per la rinascita nazionale’ del venerabile maestro Licio Gelli, animatore di quella Loggia P2, menzionata recentemente per l’impegno profuso nel combatterla da Tina Anselmi, utilizzata opportunisticamente dal ‘premier’ per il suo spessore democratico sociale.\r\nLa trasformazione del Senato secondo le linee della riforma Boschi, in accoppiata con la legge elettorale recentemente approvata, l’Italicum, concluderebbe il percorso tracciato, snellendo i tempi e le procedure legislative – anche se oggi la quantità delle leggi approvate ha pochi eguali nei paesi a democrazia parlamentare – e conferendo al governo in carica un gigantesco potere d’indirizzo, dopo aver demolito l’autonomia regionale a favore di una ri-centralizzazione statale.\r\nIn un contesto nel quale la partita politica si giocava in due, come era la situazione fino all’irrompere sulla scena di un terzo incomodo, il Movimento 5 stelle, questo rafforzamento era comunque funzionale ad entrambi, in un contesto nel quale le politiche sostanziali poco differiscono le une dalle altre, condizionate come sono dagli scenari internazionali, dalle burocrazie europee, dal controllo della NATO, dalle dinamiche del capitale.\r\nLa presenza del terzo incomodo ha mescolato le carte in tavola; la possibilità che possa vincere le prossime elezioni e prendere nelle proprie mani le leve del governo inquieta fortemente gli assetti tradizionali del potere, preoccupati dalla natura trasversale del movimento, ancora poco noto ai più, se non per la sua massa critica, il suo portato populista e legalista, il suo antieuropeismo. L’irrompere della variabile pentastellata sulla scena, costringe la casta a riformulare i propri assetti, a riconquistare il palcoscenico dello spettacolo politicista riproponendosi come garante degli interessi settoriali del paese. Lo scontro si fa via via più acceso, tra modernizzatori fedeli esecutori degli interessi delle multinazionali e dei grandi gruppi aziendali che chiedono meno burocrazia, tempi certi della giustizia, snellimento generale delle pratiche e dei controlli, e difensori dello status quo, delle rendite di posizione, delle logiche clientelari e familistiche. In un contesto dove populisti euroscettici cercano di coniugare il consenso territoriale costruito sul tema della ‘piccola patria’ con la difesa della ‘razza’ italica a fronte del processo migratorio in corso. Dove si parla e straparla di un ‘patto per la crescita’ tra governo, imprese e sindacato, condizionato da un SI che aprirebbe le porte agli ambiti investimenti internazionali (e conseguentemente alla svendita del patrimonio italico), e contrastato da un NO che vorrebbe la riapertura del mercato ministeriale delle poltrone conseguente alla prevedibile caduta del governo.\r\nLa natura dello scontro tra le varie frazioni della borghesia e della classe dirigente del paese appare sempre più chiaro, solo a volerlo vedere.\r\nNon c’era alcun disaccordo sostanziale quando si è trattato di modificare lacostituzione introducendo, tra i suoi articoli, l’obbligo della parità di bilancio: tanto, male che vada, i suoi costi vengono scaricati sui lavoratori e sulla povera gente.\r\nIl disaccordo sorge quando un settore vuole imporre un’accelerazione nel cambiamento in corso, spostando decisamente l’asse del potere a favore dello schieramento della modernizzazione ipercapitalista e globalizzatrice. Basta vedere chi sono i sostenitori della riforma: Confindustria, la grande finanza, le Banche, la classe dirigente internazionale da Obama alla Merkel, eccetera che con minacce e lusinghe operano sfacciatamente a favore di Renzi, un presidente del consiglio mai eletto, imposto da un presidente della repubblica che ha travalicato ogni suo limite, sanzionato solamente dal successo del suo partito in una elezione ininfluente come quella per il parlamento europeo.\r\nChe bisogno c’è di cambiare la costituzione, quando la costituzione materiale, quella fatta di cose concrete per la vita delle persone – non quella formale, idealizzata, ‘nata’ dalla Resistenza - ha consentito negli anni lo sviluppo di politiche di impoverimento della popolazione, di aggressione militare ad altri paesi, di attacco al mondo del lavoro, di arricchimento indecente per la classi privilegiate, di progressiva liquidazione del sistema di protezione sociale, dalla sanità all’assistenza?\r\nEvidentemente tutto questo non basta. La crescente competizione per l’accaparramento delle risorse, la continua e accelerata necessità di valorizzazione del capitale spingono verso l’amplificazione dei conflitti, sia aperti in forma di guerra sia sotterranei in forma di condizionamenti e ricatti.\r\nQuesto impone alle classi dirigenti, dominanti nello stesso schieramento borghese, di trovare assetti di potere più confacenti alle loro esigenze. Da qui i cambiamenti strutturali in corso, in Italia come altrove, per adeguare la macchina statale alle nuove incombenze.\r\nLa chiamata alle armi per l’affermazione del SI nel prossimo referendumistituzionale non è solo un passo necessario legato alle procedure di modifica costituzionale, ma è anche il tentativo di legare il più possibile al governo il favore popolare, oggi come oggi, particolarmente necessario in vista delle sfide che ci aspettano.\r\nE’ necessario quindi che anche in questa scadenza ci si mobiliti per mostrare la vera portata della partita in gioco, gli scenari e le ricadute che ci si prospetteranno se non si svilupperà una vera opposizione.\r\nVera opposizione, dunque, che significa ripresa del conflitto sociale su larga scala, azione diretta di massa, mobilitazione del mondo del lavoro, riappropriazione e controllo territoriale, rilancio della solidarietà internazionalista, superamento dei confini, pratiche di accoglienza reale dei profughi, antimilitarismo.\r\nAl di fuori di questo quale potrebbe essere un’opposizione in grado di mettere i bastoni tra le ruote dei manovratori? Non certo quella che si muove su un piano formale come quello della difesa della Costituzione nata dalla Resistenza. Al di la della retorica - che in realtà offende il partigianato, soprattutto nella sua componente sovversiva e rivoluzionaria – occorre ricordare che la Costituzione è nata dalla mediazione tra Democratici Cristiani, Comunisti, Socialisti e Liberali i quali ben si guardarono di fissare norme chiare e nette che potessero essere utilizzate dagli uni contro gli altri. Risultato: le più alte aspirazioni contenute nella Carta – che la rendono per alcuni la più bella del mondo – sono sempre risultate disattese, foglie di fico di un potere sempre arrogante e accaparratore. Solo ampi movimenti popolari, espressione di bisogni e volontà collettive, sono riusciti a modificare, nel tempo, gli assetti di potere, le strutture giuridiche e politiche del paese, non certo una mobilitazione di carta giocata sulla Carta.\r\nRicordando le frustrazioni seguite ai referendum vinti sull’onda di mobilitazioni significative e importanti, come quello contro la privatizzazione dell’acqua, o di battaglie di opinione come quello sul finanziamento pubblico ai partiti, ma vanificati dalle furberie della casta, i sinceri oppositori della riforma dovrebbero attenersi ad una visione realistica delle cose.\r\nLa vittoria del NO rappresenterebbe semplicemente un rallentamento dei processi in corso e probabilmente una rimessa in discussione degli equilibri governativi, ma a vantaggio di chi? Qualcuno sosteneva un tempo ‘grande è la confusione sotto il cielo: la situazione è eccellente’. Ma oggi è così? Esiste un movimento reale in grado di essere protagonista nella crisi governativa e di imporre la propria agenda di trasformazione sulle cose che contano: salario, lavoro, casa, salute, scuola, guerra, immigrazione, ambiente, libertà individuali e collettive?\r\nOppure prevarrà la politica politicante, fatta sempre di deleghe, di capetti ambiziosi, di prevaricazioni e di corruttele?\r\nLa partecipazione alla campagna per il NO in realtà continua a rimanere nel solco della politica delegata, della fiducia nei meccanismi della democrazia parlamentare, sperando di rosicchiare margini di manovra all’interno della più generale crisi di sistema.\r\nIl ‘NO Sociale’ non sfugge a questa condizione, anche se le sue parole d’ordine puntano sulla possibilità di sviluppare una stagione di lotta a partire proprio dalla vittoria del NO. Non è la prima volta che si è opera per costruire un fronte di tutte le opposizioni sociali che metta insieme le espressioni più varie della conflittualità sociale, da quelle dell’autorganizzazione a quelle che hanno nelle pratiche delegate la loro sostanza, per farle convergere sul piano di una lotta che di fatto è tutta interna ai meccanismi istituzionali, avendo tra l’altro come ‘cobelligeranti’ le espressioni più becere della destra che ne annacquano la portata. I risultati nel passato si sono visti e credo che si ripeteranno, contribuendo ad un’ulteriore frustrazione complessiva dei soggetti coinvolti, i quali credendo di conseguire un obiettivo significativo in realtà fanno un favore alla nuova casta montante, quella che si ritrova nel Movimento 5 stelle.\r\nQuesto non vuol dire indifferentismo politico; non vuol dire che tutte le forme del potere sono eguali; sappiamo ben distinguere tra democrazia rappresentativa e dittatura; ma una vera battaglia contro le riforme in atto non può oggi assolutamente prescindere dall’assoluta necessità della ripresa del conflitto sociale che non può farsi condizionare da un dibattito che è centrale solo per un ceto politico preoccupato per la propria esistenza. Il contrapporsi tra ‘riforma’ e ‘conservazione’ vuole occultare la realtà delle forme di sfruttamento attuali, per favorire un loro ‘rinnovamento’ in funzione delle esigenze di ristrutturazione e di riorganizzazione dell’apparato statale alle prese con le emergenze dell’attuale sistema geopolitico mondiale.\r\nBisogna scegliere: o porsi a difesa di quel che resta della democrazia parlamentare, individuando in essa una residua barriera all’incalzare dell’autoritarismo montante, o imboccare decisamente la strada della lotta, interna ai corpi sociali con tutte le loro potenzialità e contraddizioni, in funzione di un progetto di società altra, da costruire giorno per giorno, fuori da ogni opportunismo politicista.\r\nA fronte di una politica che fa del parlamento e della governabilità il suo centro di interesse occorre contrapporre un pensiero ed un’azione che abbiano il loro punto di riferimento nella capacità di autoorganizzazione popolare; occorre contrapporre la proposta e la pratica del comunalismo, libertario e federativo, articolato sul territorio, dal semplice al complesso.\r\nSfuggire dai meccanismi della democrazia rappresentativa significa entrare nel concreto della critica del concetto stesso di maggioranza e minoranza, significa rifiutare la riproduzione, pura e semplice, dei rituali parlamentari negli stessi organismi rappresentativi dei lavoratori per dare invece prevalenza all’autoorganizzazione, alla lotta, al libero confronto delle idee.\r\nI rapporti di forza si sono sempre modificati con la lotta diretta e la via politica ha sempre rappresentato il disarmo della conflittualità sociale. Con questa consapevolezza ci tiriamo fuori dai ricatti agitati da quanti, a sinistra, sono alle prese con le pulsioni egemoniche di ceti politici trasformisti ed opportunisti, incapaci di produrre politiche realmente alternative, sul terreno economico, dell’occupazione, della riduzione d’orario, del degrado urbano e ambientale, della sanità, della scuola, ecc.\r\nAstenersi, non cadere nella trappola delle false alternative e del recupero elettorale, rafforzare le armi della critica intransigente, dell’organizzazione, del protagonismo sociale, dell’azione tra le classi sfruttate ed oppresse, vuol dire porre le basi per un’incisiva azione rivoluzionaria che colpisce, nel parlamentarismo, un sistema di governo che impone leggi e tasse, decise da una cerchia ristretta di privilegiati, indipendentemente dalla volontà degli elettori.\r\nAstenersi, per gli anarchici, vuol dire manifestare la volontà di non essere governati, vuol dire non rendersi corresponsabili dello sfruttamento e dell’oppressione, vuol dire volontà di una società di libere associazioni federate.\r\nMassimo Varengo in Umanità Nova\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org",[359],{"field":110,"matched_tokens":360,"snippet":356,"value":357},[157],1731669220158079000,{"best_field_score":363,"best_field_weight":220,"fields_matched":22,"num_tokens_dropped":48,"score":364,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":48},"1116681273344","1731669220158079089",6637,{"collection_name":320,"first_q":33,"per_page":105,"q":33},8,["Reactive",369],{},["Set"],["ShallowReactive",372],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$flgFCHIsMPw_sm0sHn60HM8wNM5NRXUQQtU4VWjc24ZM":-1},true,"/search?query=sgomberi+piazza+d%27armi"]