","Gli immigrati sono il bancomat della Libia","post",1487275029,[61,62,63,64],"http://radioblackout.org/tag/business-immigrati/","http://radioblackout.org/tag/immigrazione/","http://radioblackout.org/tag/libia/","http://radioblackout.org/tag/sirte/",[31,66,15,21],"immigrazione",{"post_content":68,"tags":73},{"matched_tokens":69,"snippet":71,"value":72},[70],"Sirte","È lei che, entrando in \u003Cmark>Sirte\u003C/mark> dopo la liberazione dall’ISIS, scoprì","Gli accordi sull’immigrazione sottoscritti dal governo italiano e da quello libico il 2 febbraio, fatti propri dall’Unione Europea il giorno successivo, mirano a riprodurre la situazione del 2008 e del 2009, quando un patto simile venne sottoscritto dal governo Berlusconi e dal governo Gheddafi.\r\nQuell’accordo costò all’Italia una condanna della Corte Europea per i diritti umani, che riempì le pagine dei quotidiani per un giorno. Il costo, in vite umane, è difficile farlo, perché il Mediterraneo e il deserto ingoiano le loro vittime nel silenzio e nella lontananza. Nelle prigioni libiche torture, stupri, compravendita di prigionieri è la norma.\r\nPer anni la rotta libica si interruppe. La gente in viaggio fu obbligata a scegliere altre strade, non meno pericolose, come quella attraverso l’Egitto e la penisola del Sinai.\r\nL’accordo siglato a Roma dal governo Gentiloni e da quello Al Sarraj difficilmente otterrà i risultati sperati da Roma. La Libia, dopo la guerra e la caduta del regime di Gheddafi, è un paese diviso in tre, dove il potere del governo al Sarraj, quello riconosciuto dalla comunità internazionale, non controlla a pieno nemmeno la capitale. A est è il regno del generale Haftar, sostenuto da Egitto e Francia, al centro governa Ghwill. Nessuno dei due ha accettato l’accordo di Roma.\r\nIn compenso per i migranti in viaggio la vita è ancora un terno al lotto. Uccisioni, torture, stupri e ricatti verso uomini, donne e bambini sono “normali”.\r\nL’accordo italo-libico prevede la consegna alla guardia costiera libica di 12 pattugliatori, già in loro possesso, oggi in riparazione in Tunisia e in Italia. Peccato che la guardia costiera libica sia parte attiva nel business dell’immigrazione. Un business che rappresenta una delle più importanti fonti di reddito per un paese piegato da sei anni di guerra, le cui classi medie si sono impoverite.\r\nGli immigrati sono il bancomat della Libia. Ciascuno di loro ha in tasca almeno duemila euro, raccolti dalle famiglie nei paesi d’origine: un bel bottino per i trafficanti. Nelle infernali galere libiche sono i guardiani, uomini delle milizie che controllano il paese, sequestrano i telefonini e chiamano le famiglie, chiedendo un riscatto per i loro cari. Le torture servono a strappare più soldi.\r\nL’informazione di radio Blackout ne ha parlato con Francesca Mannocchi, reporter free lance, che è stata più volte in Libia da dove ha fatto reportage per varie testate e TV italiane, ma non solo.\r\nÈ lei che, entrando in \u003Cmark>Sirte\u003C/mark> dopo la liberazione dall’ISIS, scoprì la terribile verità sulle “donne dell’Isis” rinchiuse nella prigione cittadina. Quando il suo gruppo di giornalisti e reporter è entrato nel carcere di \u003Cmark>Sirte\u003C/mark> ha scoperto che le donne che vi erano rinchiuse erano le schiave dei miliziani, immigrate violentate, vendute, picchiate dai loro padroni. Queste donne, spesso ragazze giovanissime, raccontano storie terribili.\r\nOggi sono ancora in prigione: per i “liberatori” di \u003Cmark>Sirte\u003C/mark> restano immigrate clandestine.\r\nFrancesca racconta la storia di un ragazzo africano malato di tubercolosi. 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Il paese è sempre più frantumato e la storica cesura tra una Cirenaica orientata verso l’Egitto e una Tripolitania che guarda ad ovest si ripropone oggi nella contrapposizione tra il governo di Al Serraj e quello di Haftar.\r\nLa scorsa domenica la milizia di Haftar ha attaccato e conquistato due grossi porti tra Sirte e Bengasi nell'area della Mezzaluna petrolifera, fondamentali per esportazione del greggio. Non a caso la stessa Is tentò invano di conquistarle all’inizio di quest’anno.\r\nDopo questa mossa di Haftar il governo italiano ha inviato a Misurata un contingente di 200 paracadutisti della Folgore. Ufficialmente sono lì per difendere un ospedalino da campo, dove verranno curati i miliziani del posto, ponendo così le basi di una più solida alleanza con Fayez al-Sarraj, che controlla nell'effettivo solo una parte del territorio libico.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Stefano Capello.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2016-09-20-stefano-libia\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ","21 Settembre 2016","2016-09-21 12:12:03","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/libia-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"158\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/libia-300x158.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/libia-300x158.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/libia-768x404.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/libia.jpg 950w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Libia. 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Annuncio di Pinotti e Gentiloni, ministri della guerra e degli esteri di Renzi, dalle colonne di Repubblica anziché dagli scranni parlamentari sebbene Renzi, nella sua e-news del 5 marzo 2016, avesse giurato che qualsiasi missione in Libia si sarebbe potuta verificare solo passando dapprima per il voto del Parlamento. La conferma della ministra Pinotti alle commissioni congiunte: l’operazione, chiamata ‘Ippocrate’, coinvolgerà 300 militari: 60 tra medici e infermieri, 135 per supporto logistico e 100 unità di ‘forze protection’. Presente anche un aereo nell’eventualità di evacuazioni ed una nave al largo delle coste libiche.\r\nParrebbe una forma umanitaria quella presa dalla missione italiana con la creazione di un ospedale da campo protetto dai militari proprio nella città che fornisce il maggior numero di miliziani che combattono l’Isis a Sirte. Nei fatti è uno soltanto degli aspetti della partecipazione italiana alla campagna di Libia mentre proseguono gli scontri nei porti di petrolio.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Gabriele Proglio, ricercatore all'Università Europea e professore all'Università di Tunisi Al-Manara\r\nGabriele Proglio_ operazione ippocrate","14 Settembre 2016","2016-09-17 09:22:55","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/14est3-sirte-apertura1-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/14est3-sirte-apertura1-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/14est3-sirte-apertura1-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/14est3-sirte-apertura1-768x512.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/14est3-sirte-apertura1-1024x683.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/14est3-sirte-apertura1.jpg 1170w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Libia, operazione umanitaria che puzza di militare",1473855967,[63,150],"http://radioblackout.org/tag/operazione-ippocrate/",[15,152],"operazione ippocrate",{"post_content":154},{"matched_tokens":155,"snippet":156,"value":157},[70],"miliziani che combattono l’Isis a \u003Cmark>Sirte\u003C/mark>. 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L'Italia avrebbe un ruolo di primo piano in questo nuovo intervento \"contro il terrorismo\" secondo quanto confermato oggi dal ministro della difesa Pinotti,. In effetti, nel caos post-Gheddafi, lo Stato Islamico ha preso controllo di una parte delle coste intorno a Sirte, e in particolare di numerosi giacimenti petroliferi.\r\n\r\nAbbiamo raggiunto Nancy Porsia, unica giornalista italiana che si trova attualmente in territorio libico per commentare la situazione.\r\n\r\nA Misurata si dà ormai per certo un prossimo intervento militare con truppe a terra e il coinvolgimento italiano si preannuncia particolarmente importante. 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Le spese per gli indispensabili contractors per la sua difesa drenerebbero buona parte dei due miliardi di dollari del valore del contratto, quindi risulta decisiva la scelta del governo Renzi di accollarsi la spesa inviando 450 militari con quello scopo in una zona di guerra, dove soltanto ieri ci sono stati assalti del Daesh, piombato in forze sulle postazioni curde di Mosul.\r\n\r\nLa guerra si sviluppa con un andamento strategico insolito, dove è importante anche e soprattutto l'immagine che si dà al mondo del proprio coinvolgimento, al di là degli inteeressi economici e di traffici più o meno leciti con le forze in campo, per cui non deve stupire l'annuncio - che probabilmente non porterà a nessuna reale operazione militare da parte dell'Arabia Saudita contro lo Stato Islamico, quanto piuttosto è il risultato dle tenativo dei sauditi di uscire dal conflitto yemenita, aprendosi a nuovi orizzonti internazionali.\r\n\r\nUltima tappa di questo breve excursus sulla situazione nei territori minacciati dalla guerra coloniale e dalle scoribande del Daesh è il puzzle composito di quello che era il territorio libico e ora è un mosaico disaggregato di tribù, Tuareg, milizie di Misurata, islamisti di Ansar al-Sharia, oltre al Daesh che controlla il gofo di Sirte, su cui né il parlamento di Tobruk, riconosciuto internazionalmente dalle forze occidentali, né quello di Tripoli, collegato alla fratellanza musulmana e quindi inviso agli egiziani, possono assicurare un controllo reale, nemmeno se riuscissero a unire le forze in un governo di unità nazionale, come previsto dagli accordi di ieri, sottoscritti solo dai vicepresidenti dei due parlamenti e respinti dai presidenti stessi. Parte dell'occidente li ha fortemente voluti, ma ci sono figure molto destabilizzanti come il generale Haftar che chiede venga rimosso l'embargo sulla vendita delle armi (ovviamente con la scusa di difendersi dal terrorismo), anche per tutto ciò si rafforza il dubbio che l'accordo siglato ieri in Marocco preluda a un nuovo intervento militare europeo\r\n\r\n \r\n\r\nDi tutto questo abbiamo parlato con Chiara Cruciati de \"il manifesto\":\r\n\r\nUnknown","18 Dicembre 2015","2016-01-07 23:16:26","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/12/2015_12_18-trevi-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/12/2015_12_18-trevi-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/12/2015_12_18-trevi-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/12/2015_12_18-trevi-768x432.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/12/2015_12_18-trevi-1024x576.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/12/2015_12_18-trevi.jpg 1280w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Da Mosul alla Libia: guerra coloniale, conflitti tribali e affari",1450447978,[201,202,203,204,63,205,206],"http://radioblackout.org/tag/coalizione-saudita/","http://radioblackout.org/tag/daesh/","http://radioblackout.org/tag/diga/","http://radioblackout.org/tag/eufrate/","http://radioblackout.org/tag/mosul/","http://radioblackout.org/tag/trevi/",[29,208,209,27,15,25,23],"Daesh","diga",{"post_content":211},{"matched_tokens":212,"snippet":213,"value":214},[70],"che controlla il gofo di \u003Cmark>Sirte\u003C/mark>, su cui né il parlamento","La ditta Trevi di Cesena è rimasta l'ultima concorrente ancora in lizza per prendersi cura della diga di Mosul sull'Eufrate, che il governo iracheno di Baghdad nega abbia bisogno di manutenzione, salvo poi indire una gara per potenziarla. Le spese per gli indispensabili contractors per la sua difesa drenerebbero buona parte dei due miliardi di dollari del valore del contratto, quindi risulta decisiva la scelta del governo Renzi di accollarsi la spesa inviando 450 militari con quello scopo in una zona di guerra, dove soltanto ieri ci sono stati assalti del Daesh, piombato in forze sulle postazioni curde di Mosul.\r\n\r\nLa guerra si sviluppa con un andamento strategico insolito, dove è importante anche e soprattutto l'immagine che si dà al mondo del proprio coinvolgimento, al di là degli inteeressi economici e di traffici più o meno leciti con le forze in campo, per cui non deve stupire l'annuncio - che probabilmente non porterà a nessuna reale operazione militare da parte dell'Arabia Saudita contro lo Stato Islamico, quanto piuttosto è il risultato dle tenativo dei sauditi di uscire dal conflitto yemenita, aprendosi a nuovi orizzonti internazionali.\r\n\r\nUltima tappa di questo breve excursus sulla situazione nei territori minacciati dalla guerra coloniale e dalle scoribande del Daesh è il puzzle composito di quello che era il territorio libico e ora è un mosaico disaggregato di tribù, Tuareg, milizie di Misurata, islamisti di Ansar al-Sharia, oltre al Daesh che controlla il gofo di \u003Cmark>Sirte\u003C/mark>, su cui né il parlamento di Tobruk, riconosciuto internazionalmente dalle forze occidentali, né quello di Tripoli, collegato alla fratellanza musulmana e quindi inviso agli egiziani, possono assicurare un controllo reale, nemmeno se riuscissero a unire le forze in un governo di unità nazionale, come previsto dagli accordi di ieri, sottoscritti solo dai vicepresidenti dei due parlamenti e respinti dai presidenti stessi. 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Nel bel mezzo di una crisi sempre più cruda i pozzi petroliferi continuano a pompare petrolio. Il cuore di questo business è il Fezzan controllato dalle milizie islamiste vicine ai Fratelli Musulmani, con le quali il governo italiano intrattiene buoni rapporti.\r\nIl governo italiano, dopo un'apparente accelerazione verso la guerra, sta frenando.\r\nIl cambiamento di rotta di Renzi e Gentiloni è avvenuto dopo l'entrata in campo dell'Egitto, che è intervenuto con bombardamenti e, da ieri, anche con truppe di terra in Libia. Con il pretesto di una rappresaglia per il massacro di 21 operai egiziani copti, uccisi dalle milizie affiliate al califfato, Al Sisi mette piede in Libia e non disdegna di agire anche contro le milizie di Misurata. Il presidente Hollande, ricalcando le orme del suo predecessore Sarkosy, ha immediatamente appoggiato l'iniziativa dell'Egitto.\r\nA questo punto Renzi, già pronto a sbarcare in Libia, ha cominciato a frenare. Questa mattina il ministro della difesa Gentiloni ha dichiarato in modo esplicito che la strada da percorrere è quella negoziale.\r\nNessun intervento di terra, semmai un'azione dall'aria a supporto di una coalizione libica anti Isis.\r\nPiù facile a dirsi che a farsi, in uno scenario dominato da logiche claniche, dove il gioco delle alleanze si fa su più tavoli, dove gli interessi dei vari attori in gioco spesso collidono.\r\nAbbiamo provato a dipanare il groviglio parlandone con Stefano Capello.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2015_02_18_capello_libia","18 Febbraio 2015","2015-02-25 16:02:06","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/02/libia1-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"185\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/02/libia1-300x185.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/02/libia1-300x185.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/02/libia1-768x475.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/02/libia1.jpg 1024w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","La guerra per la Libia",1424288334,[233,176,234,63,235],"http://radioblackout.org/tag/egitto/","http://radioblackout.org/tag/isis/","http://radioblackout.org/tag/renzi/",[237,18,238,15,239],"Egitto","isis","renzi",{"post_content":241},{"matched_tokens":242,"snippet":243,"value":244},[70],"il marchio Isis hanno preso \u003Cmark>Sirte\u003C/mark>, nei fatti l'ENI e i","Gli interessi italiani in Libia sono enormi: il gas e il petrolio, sì, ma anche le commesse per le nostre imprese e gli investimenti nel nostro sistema economico che la Libia assicurava fino a ieri.\r\nNonostante l'evacuazione dell'ambasciata e dei cittadini italiani in Libia strombazzata a gran voce dai media, quando le milizie con il marchio Isis hanno preso \u003Cmark>Sirte\u003C/mark>, nei fatti l'ENI e i suoi dipendenti sono rimasti in Libia. 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La Turchia si propone come protagonista nel costante scontro tra potenze locali mediorientali e dunque la trasformazione della lotta armata in richiesta di confederalismo democratico laico e socialista ci ha spinto a chiedere a <strong>Murat Cinar</strong> un'analisi molto problematica e ne è scaturita una sorta di autocoscienza sulle potenzialità di questa scelta, che per Murat era inevitabile e giunge nel momento migliore. Una idea che <strong>Alberto Negri</strong> nega nella sua visione del quadro della regione che compone arrivando alla centralità del dinamismo di Erdoğan a partire dal nuovo abisso di contrasti che attraversano la Tripolitania.\r\nLa puntata trova compimento con uno sguardo gettato insieme a <strong>Sabrina Moles</strong> sulle sfide che aspettano l'economia cinese di fronte ai dazi del nemico americano e alle guerre dell'amico russo.</em>\r\n\r\n<hr />\r\n\r\n<em>La lotta armata del Pkk ha \"esaurito\" i suoi compiti e consegna le armi</em>, da non sconfitto, proponendosi come forza politica con l’intento di aggiornare il concetto di confederalismo democratico in salsa turca. <strong>Murat Cinar</strong> ci guida nella fluida situazione geopolitica del Sudovest asiatico che vede grandi differenze tra i quattro stati che amministrano il territorio abitato da popolazioni di lingua curda; così, semmai sia esistito, il nazionalismo curdo viene superato e nelle indicazioni di Ocalan dall’isolamento di Imrali leggono il momento come propizio per riproporre unilateralmente a un regime autoritario di cessare il fuoco che in 45 anni ha registrato decine di migliaia di morti, ulteriore motivo per resistenze da parte dei parenti delle vittime, potenziale bacino di consensi per i partiti di ultradestra non alleati dell’Akp.\r\nQuindi la critica alla obsolescenza del modello della lotta armata otto-novecentesca, che punta sullo stato-nazione, è una scommessa ma, ci dice Murat, forse non ci sono alternative alla svolta disarmata per avanzare nuove richieste a una repubblica ora retta da una cricca di oligarchi autocratici senza contrappesi democratici riconducibili a una nuova lotta per una Turchia laica, indipendente e socialista: ora il Pkk si rivolge all’intera società turca in un momento di forti tensioni interne, puntando alla trasformazione culturale della Turchia.\r\nMurat adduce motivi di vario genere per dimostrare che recedere dalla lotta armata in questo momento può produrre risultati maggiori di quanto si sia conseguito finora, sia cercando modelli di guerriglie andate al negoziato negli ultimi decenni ai quattro angoli del pianeta, sia sviluppando l’analisi sincronica su un presente attraversato da alleanze variabili e guerre di ogni tipo. Erdogan è indebolito in patria ma ha un attivismo in politica internazionale che sta ripagando nella considerazione dei risultati geopolitici in un momento di riposizionamento e di grande caos.\r\nOvviamente questo panorama vede un percorso diverso per i curdi siriani: in Rojava le dinamiche sono diverse e ci sono protagonisti internazionali diretti (americani, Idf nel Golan, l’influenza dei curdi di Barzani…) che dipingono un quadro diverso per cui le organizzazioni sorelle tra curdi operano strategie diverse. E lo stesso avviene in Iran dove l’organizzazione curda ha rinunciato da tempo alla creazione di uno stato indipendente.\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/51Su0lG6XrzCMs80p3Oaof?si=hpkV_FFCRIKFWmosuaTX1g\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/pkk-rondò-à-la-turk.mp3\"][/audio]\r\n\r\nPer ascoltare i podcast precedenti relativi al neottomanesimo si trovano <a href=\"https://www.spreaker.com/podcast/le-guerre-ottomane-del-nuovo-millennio--4610767\" target=\"_blank\" rel=\"noopener noreferrer\">qui</a>\r\n\r\n<hr />\r\n\r\n \r\n\r\n«Regolamenti di conti mortali e scontri tra le fazioni in Tripolitania, avanzata delle truppe del generale Khalifa Haftar da Bengasi alla Sirte: la Libia sfugge a ogni controllo e soprattutto a quello del governo di Giorgia Meloni», così scriveva il 15 maggio <strong>Alberto Negri</strong> per “il manifesto” e da qui comincia il lungo excursus che illustra la situazione della regione Mena, a partire dalla Libia, dove le milizie tornano a scontrarsi in Tripolitania, vedendo soccombere i tagliagole sostenuti dalla Fortress Europe, a cominciare dal governo Meloni che ha coccolato al-Masri, il massacratore ricercato internazionalmente. Ora Haftar, il rais su cui punta dall’inizio la Russia in Cirenaica, è alleato anche della Turchia, dunque si assiste a un nuovo tentativo di rivolgimento del potere tripolino ormai al lumicino.\r\nMa questa situazione regolata dalla Turchia nell’Occidente libico nell’analisi di Alberto Negri si può anche vedere come uno dei 50 fronti dell’attivismo internazionale turco, fluido e adattabile alla condizione geopolitica, che vede Dbeibah – l’interlocutore dell’Europa per contenere e torturare le persone in movimento – sostenuto solo dalle milizie di Misurata nella girandola di alleanze e rivalità tripoline. La Turchia rimane al centro delle strategie che passano dal Mediterraneo in equilibrio anche con i sauditi e avendo imposto il vincitore di Assad in Siria, quell’Al-Jolani a cui Trump ha stretto la mano nonostante i 10 milioni di taglia; intanto all’interno si assiste alla svolta di Ocalan che – inopinatamente secondo Alberto Negri in un momento in cui l’area sta esplodendo e sono in corso mutamenti epocali – cede le armi e propone un percorso pacifico alla trasformazione della repubblica. In attesa di assistere e posizionarsi nella trattativa iraniana, con Teheran indebolita dalla escalation israeliana.\r\nE qui si giunge al centro del discorso mediorientale, perché da qualunque punto lo si rigiri <em>l’intento di Netanyahu di annettersi la Cisgiordania a cominciare dal genocidio gazawi sarà il punto di ricompattamento con l’amministrazione Trump</em>, in questi giorni invece impegnata a contenere il famelico criminale di Cesarea.\r\nSullo sfondo di tutto ciò Alberto si inalbera per il ruolo inesistente dell’Europa, se non per l’istinto neocoloniale di Macron, che non riesce comunque a conferire uno spessore da soggetti politici agli europei, in particolare per quanto riguarda il bacino del Mediterraneo, mai preso in considerazione dalla nomenklatura germano-balcanica che regola la politica comunitaria, totalmente disinteressata alle coste meridionali, se non per il contenimento dei migranti.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/ogni-rais-persegue-una-sua-visione-del-medioriente-tranne-gli-europei--66134433\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/Il-garbuglio-mediorientale-incomprensibile-per-gli-europei.mp3\"][/audio]\r\n\r\nNella collezione di podcast di \"Bastioni di Orione\" relativi alla questione mediorientale <a href=\"https://www.spreaker.com/podcast/israele-compra-a-saldo-paesi-arabi--4645793\" target=\"_blank\" rel=\"noopener noreferrer\">qui</a> potete trovare quelli che riconducono all'espansionismo sionista i conflitti in corso\r\n\r\n \r\n\r\n<hr />\r\n\r\nDopo una prima maratona negoziale durata due giorni ,Stati Uniti e Cina hanno raggiunto un accordo sulla sospensione per 90 giorni dei dazi reciproci che in pochi giorni avevano difatto bloccato gli scambi fra i due paesi. Nel dettaglio, gli Stati Uniti hanno annullato il 91% delle tariffe aggiuntive imposte alla Cina, sospeso il 24% dei “dazi reciproci” e mantenuto il restante 10%. Rimangono ancora in atto le misure su veicoli elettrici, acciaio e alluminio ,è un primo passo verso la creazione di un meccanismo di consultazione che regoli le relazioni commerciali e di fatto uno stop al processo di \"decoupling\" ,disaccopiamento ,fra le due economie che la nuova amministrazione americana non sembra gradire. Secondo varie fonti, negli ultimi giorni sono riprese le forniture di Boeing, che Pechino aveva interrotto in risposta ai dazi. Ma le restrizioni sui materiali critici ufficialmente sono ancora lì. Anche se sono state emesse le prime licenze per l’export di alcune terre rare, di cui potrebbero beneficiare anche le 28 aziende americane rimosse dalla lista delle entità interdette dalla Cina alle importazioni e altre attività economiche.\r\nNe parliamo con <b>Sabrina Moles</b> di China files.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/accordo-stati-uniti-cina-sui-dazi--66192697\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/sabrinomia.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","3 Giugno 2025","2025-06-03 00:36:14","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 15/05/2025 - FINE DELLA LOTTA ARMATA DEL PKK IN TURCHIA E SUBBUGLIO MEDIORIENTALE; LA CINA DELL'ECONOMIA TRA DAZI E GUERRE ALTRUI","podcast",1748910974,[279],"http://radioblackout.org/tag/bastioni-di-orione/",[263],{"post_content":282},{"matched_tokens":283,"snippet":284,"value":285},[70],"Khalifa Haftar da Bengasi alla \u003Cmark>Sirte\u003C/mark>: la Libia sfugge a ogni","<em>Questa settimana la fine della lotta armata iniziata dal Pkk nel 1978 è la notizia che ci è sembrata epocale, per quanto sia passata senza troppi approfondimenti dai commentatori mainstream (e forse proprio per questo e per la loro incapacità di identificarla come centrale nel momento di rivolgimenti di un Sudovest asiatico in subbuglio). La Turchia si propone come protagonista nel costante scontro tra potenze locali mediorientali e dunque la trasformazione della lotta armata in richiesta di confederalismo democratico laico e socialista ci ha spinto a chiedere a <strong>Murat Cinar</strong> un'analisi molto problematica e ne è scaturita una sorta di autocoscienza sulle potenzialità di questa scelta, che per Murat era inevitabile e giunge nel momento migliore. 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E lo stesso avviene in Iran dove l’organizzazione curda ha rinunciato da tempo alla creazione di uno stato indipendente.\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/51Su0lG6XrzCMs80p3Oaof?si=hpkV_FFCRIKFWmosuaTX1g\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/pkk-rondò-à-la-turk.mp3\"][/audio]\r\n\r\nPer ascoltare i podcast precedenti relativi al neottomanesimo si trovano <a href=\"https://www.spreaker.com/podcast/le-guerre-ottomane-del-nuovo-millennio--4610767\" target=\"_blank\" rel=\"noopener noreferrer\">qui</a>\r\n\r\n<hr />\r\n\r\n \r\n\r\n«Regolamenti di conti mortali e scontri tra le fazioni in Tripolitania, avanzata delle truppe del generale Khalifa Haftar da Bengasi alla \u003Cmark>Sirte\u003C/mark>: la Libia sfugge a ogni controllo e soprattutto a quello del governo di Giorgia Meloni», così scriveva il 15 maggio <strong>Alberto Negri</strong> per “il manifesto” e da qui comincia il lungo excursus che illustra la situazione della regione Mena, a partire dalla Libia, dove le milizie tornano a scontrarsi in Tripolitania, vedendo soccombere i tagliagole sostenuti dalla Fortress Europe, a cominciare dal governo Meloni che ha coccolato al-Masri, il massacratore ricercato internazionalmente. Ora Haftar, il rais su cui punta dall’inizio la Russia in Cirenaica, è alleato anche della Turchia, dunque si assiste a un nuovo tentativo di rivolgimento del potere tripolino ormai al lumicino.\r\nMa questa situazione regolata dalla Turchia nell’Occidente libico nell’analisi di Alberto Negri si può anche vedere come uno dei 50 fronti dell’attivismo internazionale turco, fluido e adattabile alla condizione geopolitica, che vede Dbeibah – l’interlocutore dell’Europa per contenere e torturare le persone in movimento – sostenuto solo dalle milizie di Misurata nella girandola di alleanze e rivalità tripoline. La Turchia rimane al centro delle strategie che passano dal Mediterraneo in equilibrio anche con i sauditi e avendo imposto il vincitore di Assad in Siria, quell’Al-Jolani a cui Trump ha stretto la mano nonostante i 10 milioni di taglia; intanto all’interno si assiste alla svolta di Ocalan che – inopinatamente secondo Alberto Negri in un momento in cui l’area sta esplodendo e sono in corso mutamenti epocali – cede le armi e propone un percorso pacifico alla trasformazione della repubblica. In attesa di assistere e posizionarsi nella trattativa iraniana, con Teheran indebolita dalla escalation israeliana.\r\nE qui si giunge al centro del discorso mediorientale, perché da qualunque punto lo si rigiri <em>l’intento di Netanyahu di annettersi la Cisgiordania a cominciare dal genocidio gazawi sarà il punto di ricompattamento con l’amministrazione Trump</em>, in questi giorni invece impegnata a contenere il famelico criminale di Cesarea.\r\nSullo sfondo di tutto ciò Alberto si inalbera per il ruolo inesistente dell’Europa, se non per l’istinto neocoloniale di Macron, che non riesce comunque a conferire uno spessore da soggetti politici agli europei, in particolare per quanto riguarda il bacino del Mediterraneo, mai preso in considerazione dalla nomenklatura germano-balcanica che regola la politica comunitaria, totalmente disinteressata alle coste meridionali, se non per il contenimento dei migranti.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/ogni-rais-persegue-una-sua-visione-del-medioriente-tranne-gli-europei--66134433\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/Il-garbuglio-mediorientale-incomprensibile-per-gli-europei.mp3\"][/audio]\r\n\r\nNella collezione di podcast di \"Bastioni di Orione\" relativi alla questione mediorientale <a href=\"https://www.spreaker.com/podcast/israele-compra-a-saldo-paesi-arabi--4645793\" target=\"_blank\" rel=\"noopener noreferrer\">qui</a> potete trovare quelli che riconducono all'espansionismo sionista i conflitti in corso\r\n\r\n \r\n\r\n<hr />\r\n\r\nDopo una prima maratona negoziale durata due giorni ,Stati Uniti e Cina hanno raggiunto un accordo sulla sospensione per 90 giorni dei dazi reciproci che in pochi giorni avevano difatto bloccato gli scambi fra i due paesi. Nel dettaglio, gli Stati Uniti hanno annullato il 91% delle tariffe aggiuntive imposte alla Cina, sospeso il 24% dei “dazi reciproci” e mantenuto il restante 10%. Rimangono ancora in atto le misure su veicoli elettrici, acciaio e alluminio ,è un primo passo verso la creazione di un meccanismo di consultazione che regoli le relazioni commerciali e di fatto uno stop al processo di \"decoupling\" ,disaccopiamento ,fra le due economie che la nuova amministrazione americana non sembra gradire. Secondo varie fonti, negli ultimi giorni sono riprese le forniture di Boeing, che Pechino aveva interrotto in risposta ai dazi. Ma le restrizioni sui materiali critici ufficialmente sono ancora lì. Anche se sono state emesse le prime licenze per l’export di alcune terre rare, di cui potrebbero beneficiare anche le 28 aziende americane rimosse dalla lista delle entità interdette dalla Cina alle importazioni e altre attività economiche.\r\nNe parliamo con <b>Sabrina Moles</b> di China files.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/accordo-stati-uniti-cina-sui-dazi--66192697\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/sabrinomia.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ",[287],{"field":91,"matched_tokens":288,"snippet":284,"value":285},[70],{"best_field_score":133,"best_field_weight":134,"fields_matched":20,"num_tokens_dropped":47,"score":135,"tokens_matched":20,"typo_prefix_score":47},6647,{"collection_name":276,"first_q":21,"per_page":14,"q":21},["Reactive",293],{},["Set"],["ShallowReactive",296],{"$f5mM16KMlupfF9lG-vs2HVUIdytKn57MMiAke2g1LXWc":-1,"$fceDPiEdYurLxyGdfcuSWUgqAxt2yrQGLmwfLd1X8P0E":-1},true,"/search?query=sirte"]