","GERMANIA. LA SOLIDARIETÀ CON LA PALESTINA È IN CRESCITA NONOSTANTE LA REPRESSIONE","post",1728663356,[63,64,65,66],"http://radioblackout.org/tag/francoforte/","http://radioblackout.org/tag/germania/","http://radioblackout.org/tag/palestina/","http://radioblackout.org/tag/solidarieta-internazionalista/",[68,69,18,33],"Francoforte","germania",{"post_content":71,"post_title":75,"tags":79},{"matched_tokens":72,"snippet":73,"value":74},[29],"in tutti i modi la \u003Cmark>solidarietà\u003C/mark> alla Palestina, organizzare manifestazioni partecipate","Insieme a quello da tenersi in contemporanea a Berlino, il corteo svoltosi lunedì 7 ottobre a Francoforte sul Meno, in Germania, rivendicava in una data altamente simbolica il diritto di manifestare in sostegno alla Palestina, contro la politica genocidaria di Israele e per un cessate il fuoco immediato. In un paese come la Germania, che ha fatto del sostegno tout-court ad Israele un pilastro fondamentale della propria politica estera e del proprio allineamento internazionale e si è sin da subito impegnato attivamente a reprimere in tutti i modi la \u003Cmark>solidarietà\u003C/mark> alla Palestina, organizzare manifestazioni partecipate da migliaia di persone e determinate a far sentire la propria voce il 7 ottobre non è stato compito semplice.\r\n\r\nIl corteo è stato infatti proibito a più riprese dal Comune ma, dopo diversi ricorsi, ha infine ottenuto l'autorizzazione da parte di una Corte d'Appello regionale. La manifestazione ha radunato diverse migliaia di persone che hanno sfilato per 3 ore nel centro di Francoforte, pur dovendosi confrontare con un'asfissiante presenza poliziesca e alcune minoritarie provocazioni sioniste.\r\n\r\nAbbiamo doppiato una breve intervista con alcuni/e compagni/e della Rete Palästina EV di Francoforte sulle possibilità di organizzarsi e lottare in \u003Cmark>solidarietà\u003C/mark> alla resistenza palestinese in Germania, la repressione da parte delle istituzioni governative e formative e le strategie retoriche di equiparazione tra antisionismo e antisemitismo che il governo tedesco mette in campo per delegittimare la lotta per una Palestina libera, dal fiume fino al mare.\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/AUDIO7OTTOBREFR.mp3\"][/audio]",{"matched_tokens":76,"snippet":78,"value":78},[77],"SOLIDARIETÀ","GERMANIA. 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I porti sono uno snodo fondamentale della circolazione delle armi impiegate in ogni dove.\r\nA Genova è stato osservato un carico di pannelli per pagode militari che verrà destinato ad una delle navi della compagnia saudita Bahri.\r\nDal terminal dei traghetti nelle scorse settimane sono stati caricati camion militari dell’Iveco destinati alla Tunisia, con ogni probabilità destinati alla repressione dei migranti.\r\nLe organizzazioni operaie palestinesi hanno fatto appello alla solidarietà internazionalista, alla lotta degli sfruttati contro tutti i padroni a partire da quelli direttamente coinvolti nel conflitto.\r\nNel porto di Genova opera una compagnia merci, l’israeliana ZIM, che il 10 novembre gli antimilitaristi puntano a bloccare.\r\nInceppare il meccanismo è un obiettivo concreto che salda l’opposizione alla guerra con la lotta alla produzione e circolazione delle armi.\r\nL’appuntamento per il presidio/picchetto è alle 6 del mattino al varco San Benigno.\r\nNe abbiamo parlato con Christian, un lavoratore del porto dell’assemblea contro la guerra e la repressione\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/2023-11-07-genova-christian.mp3\"][/audio]","7 Novembre 2023","2023-11-07 17:07:10","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/genova-2-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"214\" height=\"300\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/genova-2-214x300.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/genova-2-214x300.jpeg 214w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/genova-2-729x1024.jpeg 729w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/genova-2-768x1079.jpeg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/genova-2.jpeg 911w\" sizes=\"auto, (max-width: 214px) 100vw, 214px\" />","Genova. 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E' a lui che Fidel Castro ha intitolato il gruppo di medici viaggianti che negli ultimi anni ha inseguito emergenze sanitarie in mezzo mondo, il Contingente Internacional de Médicos Especializados en Situaciones de Desastres y Graves Epidemias. La Henry Reeve ha affrontato l’Ebola in Africa e il colera ad Haiti, le conseguenze di terremoti e uragani, sono l’avanguardia di quell’internazionalismo medico che Cuba porta avanti da anni, 55mila dottori che sono intervenuti in 67 paesi diversi, nelle emergenze di cui parlano tutti e in quelle di cui non parla nessuno. A gennaio sono stati in Sahara Occidentale, uno dei posti più dimenticati del globo, e in tutti gli ambulatori ci sono le foto di Che Guevara.","23 Marzo 2020","2020-03-26 10:30:07","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/FotoArrivo-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/FotoArrivo-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/FotoArrivo-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/FotoArrivo-768x432.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/FotoArrivo.jpg 1024w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","La solidarietà dei medici cubani, per la prima volta in un paese occidentale",1584952163,[],[],{"post_content":167,"post_title":171},{"matched_tokens":168,"snippet":169,"value":170},[29,88],"hanno una lunga tradizione di \u003Cmark>solidarietà\u003C/mark> \u003Cmark>internazionalista\u003C/mark> in varie parti del mondo,","La scorsa domenica una gruppo di 63 medici cubani, la Brigada Henry Reeve, è atterrato a Roma per contribuire all'attività sanitaria presso un ospedale lombardo.\r\n\r\nSi tratta di un fatto inedito dal punto di vista politico: è la prima volta che ai medici cubani, che hanno una lunga tradizione di \u003Cmark>solidarietà\u003C/mark> \u003Cmark>internazionalista\u003C/mark> in varie parti del mondo, è concesso di intervenire in un paese occidentale.\r\n\r\nIl fatto è ancor più significativo in quanto nello stesso giorno anche la N.A.T.O., per bocca del proprio segretario, ha offerto \"aiuto\" all'Italia per sconfiggere il coronavirus (magari bombardandolo con gli F35?!).\r\n\r\nAscolta la diretta di lunedì mattina con Marinella Correggia:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/cuba_solidale-1.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nHenry Reeve da giovane suonava il tamburo durante la Guerra civile americana e che fu uno degli eroi della prima guerra d’indipendenza cubana, tra il 1868 e il 1878. 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E davvero i soldi raccolti sono stati consegnati alle popolazioni che soffrono i danni della guerra civile.\r\n\r\nLa carovana che si è organizzata, e che in parte è rientrata il 1° ottobre, è realmente stata internazionale, perché vi partecipavano greci, baschi, spagnoli, italiani di ogni campanile; l'intento era anche di cercare di disperdere il velo dell'informazione mistificata dei media mainstream: la riduzione a beghe nazionaliste e separatiste, laddove i partecipanti all'impresa si sono trovati invece a interrogare realtà di lotta sociale e di proposte di lavoratori che contrappongono al neoliberismo nazi di Kiev un'organizzazione del lavoro di stampo socialista; le informazioni su stragi e fosse comuni attribuite dai giornali occidentali alle milizie, quando sono invece operazioni dei battaglioni nazisti di Kiev...\r\n\r\nAll'interno della Resistenza ci sono molte anime, ci dice Ilaria che ha partecipato alla Carovana: a Donetsk si trovano afflati più nazionalisti, mentre a Lugansk si trovano proposte più radicalmente sociali, anche se i canoni applicati non si avvicinano nemmeno lontanamente ai nostri e quindi risultano fuorvianti le applicazioni pedisseque delle equivalenze tra patriottismo e fascismo, tanto che un cosacco intervistato dai partecipanti diceva che il programma della Novorossija prevede la nazionalizzazione delle imprese e l'abolizione della proprietà privata, in quanto la ribellione è nata come rivolta contro gli oligarchi che volevano l'ingresso in Unione europea per il loro profitto e a detrimento degli interessi dei lavoratori dell'Est del paese, più industrializzato: rivendicazoni sociali che stanno alla base della lotta anti-Maidan; che è anche un tratto culturale.\r\n\r\nSi tratta di un popolo in armi: \"tutti danno supporto alle milizie, combattendo nel cuore dell'Europa una guerra civile antinazista\", dice Ilaria. Di conseguenza vengono le volontà di gestire il territorio in base a quello che è più utile alla salute delle persone, di far ottenere una giusta pensione a tutti... e queste istanze sono così forti che giungono anche a richiedere una autonomia dalla Russia che consenta di mantenersi indipendenti. I cosacchi di un battaglione comunista si sono organizzati in Soviet e non hanno mai accettato la tregua, che ha bloccato la controffensiva delle milizie, mentre l'esercito di Kiev era sull'orlo della rotta; il risultato è che ora le milizie antinaziste sono prese in mezzo tra esercito di Kiev riorganizzato e rifornito anche di droni dagli Usa e dall'altro si trovano una frontiera non più porosa sul lato russo.\r\n\r\nLa tregua in realtà, ci ha poi raccontato Ilaria, non c'è mai stata (tuttora bombardano e si scambiano colpi, soprattutto a Mariupol e oggi le agenzie hanno riferito che l'esercito ha bombardato una scuola a Donetsk per salutare l'inizio dell'anno scolastico) e l'accordo di Minsk ha comportato una rottura anche con il cosiddetto amico russo, che in base agli accordi non fornisce più supporti.\r\n\r\nMa ascoltate la voce di Ilaria che racconta con precisione cosa ha visto e vissuto e quali prospetive ci sono per il coordinamento che si è creato in seguito a questa esperienza della Carovana\r\n\r\n2014.10.02-ilaria_dombass","2 Ottobre 2014","2014-11-03 22:53:29","Una carovana internazionalista si aggira nel Dombass",1412260646,[196,197,198,199,200,201,202,203],"http://radioblackout.org/tag/banda-bassotti/","http://radioblackout.org/tag/carovana/","http://radioblackout.org/tag/cosacchi/","http://radioblackout.org/tag/dombass/","http://radioblackout.org/tag/donetsk/","http://radioblackout.org/tag/lugansk/","http://radioblackout.org/tag/milizie/","http://radioblackout.org/tag/novorossija/",[205,206,207,208,209,210,211,212],"Banda Bassotti","Carovana","cosacchi","Dombass","Donetsk","Lugansk","milizie","Novorossija",{"post_content":214,"post_title":218},{"matched_tokens":215,"snippet":216,"value":217},[29,88],"cercava un modo per portare \u003Cmark>solidarietà\u003C/mark> \u003Cmark>internazionalista\u003C/mark> alle popolazioni del Dombass dopo","L'idea nasce qualche mese fa dalla Banda Bassotti, che cercava un modo per portare \u003Cmark>solidarietà\u003C/mark> \u003Cmark>internazionalista\u003C/mark> alle popolazioni del Dombass dopo il golpe di Poroshenko e la conseguente resistenza delle zone orientali. 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Un grande corteo antimilitarista ha attraversato le strade di Torino, rompendo la cortina fumogena che avvolge l’industria bellica ed il mercato delle armi aerospaziali nella nostra città.\r\nDal 28 al 20 novembre si terrà all’Oval di Torino l’aerospace and defence meetings, una convention riservata agli addetti ai lavori: fabbriche del settore, governi e organizzazioni internazionali, esponenti delle forze armate, compagnie di contractor.\r\nNell’alveare di uffici che verrà allestito si sottoscriveranno accordi commerciali per le armi che distruggono intere città, massacrano civili, avvelenano terre e fiumi.\r\nC’è chi dice no, c’è chi si mette di mezzo.\r\nQuella di sabato 18 novembre è stata un’importante giornata di lotta al militarismo e alla guerra.\r\nAlla manifestazione, indetta dall’Assemblea antimilitarista, hanno partecipato il “Coordinamento torinese contro la guerra e chi la arma” e delegazioni dalle tante lotte contro basi militari, poligoni di tiro, caserme, fabbriche di morte. C’erano coordinamenti e assemblee territoriali di Livorno, Pisa, Carrara, Reggio Emilia, Palermo, Trieste, Pordenone, Milano, Roma, Ragusa. \r\nIl corteo è partito da Porta Palazzo, il cuore popolare della città, preceduto dalla Murga e dalla Banda degli ottoni con azioni performanti che hanno catalizzato l’attenzione delle tante persone che il sabato pomeriggio attraversano Porta Palazzo.\r\nLa manifestazione si è poi diretta in centro per concludersi in piazza Vittorio.\r\nLungo tutto il percorso ci sono stati interventi delle realtà antimilitariste che hanno partecipato al corteo.\r\nL’industria aerospaziale produce cacciabombardieri, missili balistici, sistemi di controllo satellitare, elicotteri da combattimento, droni armati per azioni a distanza.\r\nAll’Aerospace and defence meetings si giocano partite mortali per milioni di persone in ogni dove: le armi italiane, in prima fila il colosso pubblico Leonardo, sono presenti su tutti i teatri di guerra. Negli stessi giorni verrà posta la prima pietra della città dell’aerospazio, nuovo polo bellico promosso da Leonardo e Politecnico di Torino.\r\nTorino si candida a divenire uno dei principali centri dell’industria bellica del nostro paese.\r\nC’è chi dice no, c’è chi si mette di mezzo.\r\nQuella di sabato 18 novembre è stata un’importante giornata di lotta al militarismo e alla guerra.\r\nAlla manifestazione, indetta dall’Assemblea antimilitarista, hanno partecipato il “Coordinamento torinese contro la guerra e chi la arma” e delegazioni dalle tante lotte contro basi militari, poligoni di tiro, caserme, fabbriche di morte. C’erano coordinamenti e assemblee territoriali di Livorno, Pisa, Carrara, Reggio Emilia, Palermo, Trieste, Pordenone, Milano, Roma, Ragusa. \r\nIl corteo è partito da Porta Palazzo, il cuore popolare della città, preceduto dalla Murga e dalla Banda degli ottoni a scoppio con azioni performanti che hanno catalizzato l’attenzione delle tante persone che il sabato pomeriggio attraversano Porta Palazzo.\r\nLa manifestazione si è poi diretta in centro per concludersi in piazza Vittorio.\r\nLungo tutto il percorso ci sono stati interventi delle realtà antimilitariste che hanno partecipato al corteo.\r\nTantissimi i temi affrontati. A porta Palazzo gli interventi si sono centrati sulla guerra ai migranti nel Mediterraneo e sui valichi alpini, sulla militarizzazione dei CPR e sulla costruzione di campi di concentramento in Albania, oltre ad un focus sul tema della decolonialità, come strumento cardine per smontare ogni retorica nazionalista in un contesto di solidarietà internazionalista tra gli oppressi e gli sfruttati.\r\nSi sono poi susseguiti interventi contro la militarizzazione delle scuole e la collaborazione tra il Politecnico di Torino e Leonardo, contro l’economia di guerra e le spese militari, contro il Muos e la base di Sigonella, contro la nuova base dei carabinieri a Pisa e i poligoni di tiro in Friuli, contro il mercato delle armi e l’industria bellica, contro le missioni militari all’estero e la militarizzazione delle nostre città.\r\nLa Torino antimilitarista ha dato un segnale forte e chiaro: opporsi ad un futuro per la città legato alla ricerca, produzione e commercio bellici è un modo concreto per opporsi alla guerra e a chi la a(r)ma.\r\nLe armi che uccidono uomini, donne e bambini in ogni dove, sono prodotte a due passi dalle nostre case.\r\nGettare sabbia negli ingranaggi del militarismo è possibile. Dipende da ciascuno di noi.\r\nLe lotte antimilitariste hanno spesso rallentato l’estendersi della macchina bellica, inceppandone le articolazioni sui nostri territori.\r\nMa non basta. Dall’Ucraina al Medio Oriente sono in atto conflitti violentissimi, che potrebbero deflagrare ben oltre gli ambiti regionali coinvolti.\r\nLottare contro la guerra e al militarismo è un’esigenza imprescindibile.\r\nUn futuro senza guerre si costruisce distruggendo un ordine sociale e politico basato sullo sfruttamento ed il dominio.\r\nContro tutti gli eserciti per un mondo senza frontiere!\r\nProssimo appuntamento nel giorno di apertura della fiera delle armi.\r\nMartedì 28 novembre\r\nore 12 \r\nPresidio all'Oval in via Matté Trucco 70\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Dario dell’Assemblea Antimilitarista\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/2023-11-21-dario-corteo-e-presidio-antimilitarista.mp3\"][/audio]\r\n ","21 Novembre 2023","2024-05-19 13:04:45","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/62-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"171\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/62-300x171.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/62-300x171.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/62.jpg 622w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Antimilitaristi contro i mercanti d’armi",1700580440,[241,242,243,244,245,246],"http://radioblackout.org/tag/aerospace-and-defence-meetings/","http://radioblackout.org/tag/antimilitarismo/","http://radioblackout.org/tag/corteo-antimilitarista/","http://radioblackout.org/tag/guerra/","http://radioblackout.org/tag/mercanti-darmi/","http://radioblackout.org/tag/presidio-alloval/",[248,31,249,23,250,251],"aerospace and defence meetings","corteo antimilitarista","mercanti d'armi","presidio all'oval",{"post_content":253},{"matched_tokens":254,"snippet":255,"value":256},[29,88],"nazionalista in un contesto di \u003Cmark>solidarietà\u003C/mark> \u003Cmark>internazionalista\u003C/mark> tra gli oppressi e gli","Una scommessa vinta. Un grande corteo antimilitarista ha attraversato le strade di Torino, rompendo la cortina fumogena che avvolge l’industria bellica ed il mercato delle armi aerospaziali nella nostra città.\r\nDal 28 al 20 novembre si terrà all’Oval di Torino l’aerospace and defence meetings, una convention riservata agli addetti ai lavori: fabbriche del settore, governi e organizzazioni internazionali, esponenti delle forze armate, compagnie di contractor.\r\nNell’alveare di uffici che verrà allestito si sottoscriveranno accordi commerciali per le armi che distruggono intere città, massacrano civili, avvelenano terre e fiumi.\r\nC’è chi dice no, c’è chi si mette di mezzo.\r\nQuella di sabato 18 novembre è stata un’importante giornata di lotta al militarismo e alla guerra.\r\nAlla manifestazione, indetta dall’Assemblea antimilitarista, hanno partecipato il “Coordinamento torinese contro la guerra e chi la arma” e delegazioni dalle tante lotte contro basi militari, poligoni di tiro, caserme, fabbriche di morte. C’erano coordinamenti e assemblee territoriali di Livorno, Pisa, Carrara, Reggio Emilia, Palermo, Trieste, Pordenone, Milano, Roma, Ragusa. \r\nIl corteo è partito da Porta Palazzo, il cuore popolare della città, preceduto dalla Murga e dalla Banda degli ottoni con azioni performanti che hanno catalizzato l’attenzione delle tante persone che il sabato pomeriggio attraversano Porta Palazzo.\r\nLa manifestazione si è poi diretta in centro per concludersi in piazza Vittorio.\r\nLungo tutto il percorso ci sono stati interventi delle realtà antimilitariste che hanno partecipato al corteo.\r\nL’industria aerospaziale produce cacciabombardieri, missili balistici, sistemi di controllo satellitare, elicotteri da combattimento, droni armati per azioni a distanza.\r\nAll’Aerospace and defence meetings si giocano partite mortali per milioni di persone in ogni dove: le armi italiane, in prima fila il colosso pubblico Leonardo, sono presenti su tutti i teatri di guerra. 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Al termine numerosi interventi hanno ricordato Orso e gli altri che sono morti combattendo per la libertà.\r\nNe abbiamo parlato con Dario Antonelli della rete degli Anarchici Toscani\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/04/2019-04-02-firenze-orso-dario.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito l’articolo scritto da Dario in vista della manifestazione di Firenze:\r\n“Il 23 marzo è caduta l’ultima roccaforte dello Stato Islamico in Siria, Baghouz, lungo il vecchio confine con l’Iraq. Una vittoria costata molte vite, per cui sono cadute molte compagne e molti compagni. Solo pochi giorni prima, il 18 marzo, è stato ucciso proprio a Baghouz Lorenzo Orsetti, anarchico fiorentino di 33 anni, caduto con un’unità araba in un’imboscata durante un’operazione. Era membro della formazione Tekoşîna Anarşîst (Lotta Anarchica) sotto il nome di Tekoşer Piling.\r\n\r\nLorenzo non è il primo internazionalista italiano caduto in questo conflitto, già Giovanni Francesco Asperti, 53 anni di Bergamo, combattente nelle YPG con il nome di Hîwa Bosco, era morto in Rojava per un incidente il 7 dicembre 2018. Tuttavia è il primo ucciso in combattimento, come giovane partigiano e rivoluzionario. L’assemblea che il 19 marzo si è tenuta al circolo Le Panche di Rifredi, a Firenze, era carica di tutta la forza e la gravità di questa morte, che pone nella quotidianità della nostra vita e nella nostra azione collettiva una vicenda e una prospettiva che normalmente appare lontanissima nel tempo e nello spazio ma che è invece presente qui e ora. Come con migliori parole durante l’assemblea ha detto anche suo padre, Lorenzo non combatteva per i curdi, non ha cercato una causa lontana da sostenere. Lottava perché aveva degli ideali, perché voleva una rivoluzione profonda della società in cui viviamo, e nell’esperienza rivoluzionaria avviata tra l’Anatolia e la Mesopotamia aveva riconosciuto i propri ideali di giustizia, eguaglianza e libertà, lottava quindi per la rivoluzione in tutto il mondo, anche qui.\r\n\r\nNon conoscevo purtroppo Lorenzo, non lo ho mai incrociato nonostante fossimo quasi coetanei e non vivessimo neanche a cento di chilometri di distanza, anche per questo non descriverò il carattere umano e politico di questo compagno, perché sicuramente potranno farlo meglio coloro che hanno avuto la gioia di conoscerlo.\r\n\r\nIn molti però possiamo riconoscerci nelle sue parole, nei suoi ideali, nell’aspirazione comune alla libertà. Dobbiamo però essere coscienti che il suo esempio ci pone di fronte alla necessità di mettere tutto in discussione. La rivoluzione sociale è l’unica alternativa alla guerra fratricida, al fascismo, alla schiavitù e all’oppressione, in Kurdistan come in Europa e nel resto del mondo. Non deve essere la morte di un compagno a ricordarcelo.\r\n\r\nPer quello che ho saputo Lorenzo prima di partire non era militante di un gruppo, non faceva attività politica all’interno del movimento. Aveva degli ideali. Nel suo impegno in Rojava e in Siria si dichiarava apertamente anarchico, e faceva parte di una formazione anarchica, per questo è importante che sia ricordato anche per le idee che rivendicava nella sua lotta.\r\n\r\nL’internazionalismo non è sostenere una causa lontana, ma è solidarietà rivoluzionaria. L’internazionalismo si pratica in molte maniere, a vari livelli, la scelta di Lorenzo è uno dei modi in cui si può praticare la solidarietà internazionalista. Internazionalismo significa riconoscere che in un mondo governato da proprietari e privilegiati le cause materiali dello sfruttamento e dell’oppressione ovunque sono le stesse, e per questo solo con la solidarietà globale è possibile la liberazione. Con questo spirito in molti hanno scelto di contribuire alla lotta condotta dalle popolazioni del Rojava e dalle YPG/YPJ. Lorenzo era giunto là “nell’autunno del 2017 – si legge nel comunicato della Rojava Internationalist Commune – per unirsi inizialmente alle YPG, combattendo con valore dal primo all’ultimo giorno nella difesa di Afrin, aggredita dallo stato fascista turco e dalle loro bande jihadiste. Ha anche preso parte alle unità internazionaliste di TKP / ML-TİKKO e infine è stato membro di Tekoşîna Anarşîst (Lotta Anarchica) inquadrata nelle forze democratiche siriane, durante l’offensiva contro lo Stato islamico culminata in questi giorni nella sconfitta militare del Califfato.” Sono infatti usciti comunicati sia di Tekoşîna Anarşîst, sia di TİKKO e sia di YPG che ne omaggiano la memoria. \r\n\r\nTra numerosi militanti di varie tendenze politiche sono molti i nomi delle compagne e dei compagni anarchici che hanno pagato con la vita il loro impegno in questa lotta. Anna Campbell Hêlîn Qereçox, Haukur Hilmarsson Sahin Husseini, Olivier François Le Clainche Kendal Breizh, Robert Grodt Demhat Goldman. Sono solo alcuni di questi.\r\n\r\nSono storie diverse, sul piano personale e politico, le loro scelte sono maturate in contesti diversi e in alcuni casi facevano riferimento a differenti correnti dell’anarchismo. Su molte cose sarebbero stati in disaccordo forse, ma certamente hanno tutti scelto di partire non solo e non tanto per combattere lo Stato Islamico, quanto per dare il proprio contributo ad un processo rivoluzionario.\r\n\r\nCon l’assedio di Kobanê da parte dello Stato Islamico nel 2014 l’attenzione del mondo si è rivolta a quanto stava succedendo in Rojava. Un esperimento di autogoverno guidato dal Movimento di liberazione curdo, indirizzato dal Confederalismo democratico, contro la modernità capitalista, la guerra, gli stati-nazione, per una società libera, femminista ed ecologica in cui avessero spazio le diverse popolazioni che abitano la regione. Si iniziò a parlare molto della svolta del PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan passato dal maoismo al confederalismo democratico. Si paragonò la lotta per la difesa di Kobanê alla guerra per la difesa della Rivoluzione Spagnola nel 1936, dopotutto avvenne proprio nella data simbolica del 19 luglio l’insurrezione che portò le YPG/YPJ a controllare il Kurdistan occidentale in territorio siriano. La solidarietà a Kobanê dalla Turchia creò una situazione eccezionale. Quel confine, che come tutti gli altri non era altro che una convenzione tra stati per tenere divisi i popoli, stava crollando, era ormai evidente nonostante la massiccia presenza di soldati e carri armati turchi. Grazie alla mobilitazione di massa venivano forzati i blocchi imposti dalla Turchia, passavano profughi e volontari, passavano aiuti e delegazioni politiche. In quei giorni di settembre-ottobre del 2014 sembrava che la rivoluzione potesse estendersi a tutta la regione, contagiando innanzitutto la Turchia.\r\n\r\nIn questa fase divenne evidente il sostegno della Turchia, membro della NATO, allo Stato Islamico. Si avvia in Turchia una nuova stagione di terrorismo di stato, con le stragi di Suruç e Ankara, con la guerra e i bombardamenti portati nelle stesse città in territorio turco e il definitivo consolidamento di una dittatura informale. Nel 2017 si inasprisce la guerra in Siria. La Turchia invade il cantone di Afrin con l’appoggio di tutte le potenze mondiali e regionali, dimostrazione che il processo rivoluzionario è combattuto da tutti gli stati. In questo contesto la lotta diviene anche una guerra per la sopravvivenza. \r\n\r\nLa guerra è da sempre una delle principali armi degli stati contro i processi rivoluzionari. Le esigenze militari spesso divengono prioritarie rispetto al processo di trasformazione sociale e politica, e possono bloccarlo. Anche per questo molti anarchici e rivoluzionari di altre tendenze hanno cercato in Rojava di dare il proprio contributo specifico, per sostenere la rivoluzione di fronte al rischio di disorientamenti.\r\n\r\nGli anarchici, in modi diversi, sono stati presenti in questo processo fin dall’inizio. In Kurdistan, in Turchia e in Siria, così come nella solidarietà a livello globale. Spesso anche con posizioni autonome, in certi casi critiche. Consapevoli che lottare contro lo Stato Islamico significa lottare contro il fascismo, inteso come forza controrivoluzionaria, come regime che attraverso la violenza reazionaria assicura la penetrazione degli interessi capitalistici e imperialisti nella regione. Convinti che il contributo anarchico avrebbe favorito lo sviluppo del processo rivoluzionario.\r\n\r\nOra si apre una nuova fase dopo che il 23 marzo il comandante delle SDF (Forze Democratiche Siriane) Mazlum Ebdi ha annunciato la fine del dominio dello Stato Islamico in Siria. Gli USA che hanno opportunisticamente sostenuto le SDF in alcune fasi del conflitto hanno annunciato che abbandoneranno la Siria, mentre la Turchia minaccia di invadere dopo Afrin anche Kobanê e Qamişlo. Il rischio è che si riapra un conflitto ancora più duro, ma anche che accada come da noi dopo il 1945, che il sacrificio di Lorenzo Orsetti sia come quello di Lanciotto Ballerini. Ossia che nonostante l’alto prezzo pagato da compagne e compagni la prospettiva rivoluzionaria sia bloccata dalle forze imperialiste, dalle lotte per il potere e il controllo della regione, e che si riaffaccino sotto altre forme le medesime strutture oppressive.\r\n\r\nCredo che la storia di Lorenzo ci ponga queste domande, ci chiede di prendere in mano la fiaccola e di continuare la sua lotta, che è anche la nostra, per la libertà, la giustizia, l’eguaglianza ovunque nel mondo.”","2 Aprile 2019","2019-04-02 15:43:10","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/04/firenze-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"135\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/04/firenze-300x135.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/04/firenze-300x135.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/04/firenze-768x345.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/04/firenze-100x44.jpg 100w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/04/firenze.jpg 794w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Firenze. 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Su molte cose sarebbero stati in disaccordo forse, ma certamente hanno tutti scelto di partire non solo e non tanto per combattere lo Stato Islamico, quanto per dare il proprio contributo ad un processo rivoluzionario.\r\n\r\nCon l’assedio di Kobanê da parte dello Stato Islamico nel 2014 l’attenzione del mondo si è rivolta a quanto stava succedendo in Rojava. Un esperimento di autogoverno guidato dal Movimento di liberazione curdo, indirizzato dal Confederalismo democratico, contro la modernità capitalista, la guerra, gli stati-nazione, per una società libera, femminista ed ecologica in cui avessero spazio le diverse popolazioni che abitano la regione. Si iniziò a parlare molto della svolta del PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan passato dal maoismo al confederalismo democratico. Si paragonò la lotta per la difesa di Kobanê alla guerra per la difesa della Rivoluzione Spagnola nel 1936, dopotutto avvenne proprio nella data simbolica del 19 luglio l’insurrezione che portò le YPG/YPJ a controllare il Kurdistan occidentale in territorio siriano. La \u003Cmark>solidarietà\u003C/mark> a Kobanê dalla Turchia creò una situazione eccezionale. Quel confine, che come tutti gli altri non era altro che una convenzione tra stati per tenere divisi i popoli, stava crollando, era ormai evidente nonostante la massiccia presenza di soldati e carri armati turchi. Grazie alla mobilitazione di massa venivano forzati i blocchi imposti dalla Turchia, passavano profughi e volontari, passavano aiuti e delegazioni politiche. In quei giorni di settembre-ottobre del 2014 sembrava che la rivoluzione potesse estendersi a tutta la regione, contagiando innanzitutto la Turchia.\r\n\r\nIn questa fase divenne evidente il sostegno della Turchia, membro della NATO, allo Stato Islamico. Si avvia in Turchia una nuova stagione di terrorismo di stato, con le stragi di Suruç e Ankara, con la guerra e i bombardamenti portati nelle stesse città in territorio turco e il definitivo consolidamento di una dittatura informale. Nel 2017 si inasprisce la guerra in Siria. La Turchia invade il cantone di Afrin con l’appoggio di tutte le potenze mondiali e regionali, dimostrazione che il processo rivoluzionario è combattuto da tutti gli stati. In questo contesto la lotta diviene anche una guerra per la sopravvivenza. \r\n\r\nLa guerra è da sempre una delle principali armi degli stati contro i processi rivoluzionari. Le esigenze militari spesso divengono prioritarie rispetto al processo di trasformazione sociale e politica, e possono bloccarlo. Anche per questo molti anarchici e rivoluzionari di altre tendenze hanno cercato in Rojava di dare il proprio contributo specifico, per sostenere la rivoluzione di fronte al rischio di disorientamenti.\r\n\r\nGli anarchici, in modi diversi, sono stati presenti in questo processo fin dall’inizio. In Kurdistan, in Turchia e in Siria, così come nella \u003Cmark>solidarietà\u003C/mark> a livello globale. Spesso anche con posizioni autonome, in certi casi critiche. Consapevoli che lottare contro lo Stato Islamico significa lottare contro il fascismo, inteso come forza controrivoluzionaria, come regime che attraverso la violenza reazionaria assicura la penetrazione degli interessi capitalistici e imperialisti nella regione. Convinti che il contributo anarchico avrebbe favorito lo sviluppo del processo rivoluzionario.\r\n\r\nOra si apre una nuova fase dopo che il 23 marzo il comandante delle SDF (Forze Democratiche Siriane) Mazlum Ebdi ha annunciato la fine del dominio dello Stato Islamico in Siria. Gli USA che hanno opportunisticamente sostenuto le SDF in alcune fasi del conflitto hanno annunciato che abbandoneranno la Siria, mentre la Turchia minaccia di invadere dopo Afrin anche Kobanê e Qamişlo. Il rischio è che si riapra un conflitto ancora più duro, ma anche che accada come da noi dopo il 1945, che il sacrificio di Lorenzo Orsetti sia come quello di Lanciotto Ballerini. Ossia che nonostante l’alto prezzo pagato da compagne e compagni la prospettiva rivoluzionaria sia bloccata dalle forze imperialiste, dalle lotte per il potere e il controllo della regione, e che si riaffaccino sotto altre forme le medesime strutture oppressive.\r\n\r\nCredo che la storia di Lorenzo ci ponga queste domande, ci chiede di prendere in mano la fiaccola e di continuare la sua lotta, che è anche la nostra, per la libertà, la giustizia, l’eguaglianza ovunque nel mondo.”",[298],{"field":100,"matched_tokens":299,"snippet":295,"value":296},[29,88],{"best_field_score":181,"best_field_weight":182,"fields_matched":35,"num_tokens_dropped":49,"score":261,"tokens_matched":20,"typo_prefix_score":49},6646,{"collection_name":60,"first_q":33,"per_page":303,"q":33},6,{"facet_counts":305,"found":337,"hits":338,"out_of":529,"page":35,"request_params":530,"search_cutoff":38,"search_time_ms":531},[306,314],{"counts":307,"field_name":312,"sampled":38,"stats":313},[308,310],{"count":14,"highlighted":309,"value":309},"anarres",{"count":35,"highlighted":311,"value":311},"il colpo del strega","podcastfilter",{"total_values":20},{"counts":315,"field_name":37,"sampled":38,"stats":335},[316,318,319,321,323,325,327,329,331,333],{"count":20,"highlighted":317,"value":317},"Ucraina",{"count":20,"highlighted":206,"value":206},{"count":35,"highlighted":320,"value":320},"rom",{"count":35,"highlighted":322,"value":322},"stupro",{"count":35,"highlighted":324,"value":324},"kobane",{"count":35,"highlighted":326,"value":326},"appendino",{"count":35,"highlighted":328,"value":328},"cacerolata",{"count":35,"highlighted":330,"value":330},"donne curde",{"count":35,"highlighted":332,"value":332},"violenza sessuale",{"count":35,"highlighted":334,"value":334},"virginie despentes",{"total_values":336},19,7,[339,374,422,454,484,507],{"document":340,"highlight":365,"highlights":370,"text_match":179,"text_match_info":373},{"comment_count":49,"id":341,"is_sticky":49,"permalink":342,"podcastfilter":343,"post_author":344,"post_content":345,"post_date":346,"post_excerpt":55,"post_id":341,"post_modified":347,"post_thumbnail":348,"post_title":349,"post_type":350,"sort_by_date":351,"tag_links":352,"tags":361},"28296","http://radioblackout.org/podcast/8-marzo-qui-e-altrove-i-podcast-de-il-colpo-della-strega-2marzo2015/",[311],"dj","L'8 marzo, giornata internazionale di lotta delle donne, in molte città si svolgeranno manifestazioni e iniziative.\r\nAbbiamo sentito in diretta Isa, delle Cagne Sciolte di Roma, che hanno organizzato un corteo rispondendo all'appello delle donne curde per una giornata di solidarietà internazionalista. 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Anche i partecipanti alla carovana necessitano di discussioni e riflessioni collettive per digerire tutte le informazioni, tensioni e suggestioni recepite tramite i compagni e le realtà viste.\r\n\r\nUn ringraziamento a tutt* le persone intervistate e che hanno reso possibile la Carovana \u003Cmark>Internazionalista\u003C/mark> Solidale, a chi ha supportato con benefit, con appoggio e vicinanza umana, con la comunicazione, questa esperienza di informazione e \u003Cmark>solidarietà\u003C/mark>.\r\n\r\n\r\nMa soprattutto un ringraziamento enorme alle compagne e compagni in Polonia, in Ucraina e dovunque lungo tutto il nostro percorso, che ci hanno accolto con infinita disponibilità e collaborazione umana e politica. A loro, tutto la nostra \u003Cmark>solidarietà\u003C/mark> e un grande abbraccio. \r\n\r\nStay tuned su RadioBlackout 105.250!\r\n\r\n\r\n\r\nContatti, informazioni e riferimenti per sostenere le realtà incontrate in Ucraina e come rimanere in contatto:\r\n\r\nQui una pagina della Carovana \u003Cmark>Internazionalista\u003C/mark> con le motivazioni politiche, l'appello iniziale, gli aggiornamenti, le foto e i racconti giorno per giorno:\r\nhttps://gabrio.noblogs.org/carovana-solidale-internazionalista/\r\n\r\nSito di Operation Solidarity\r\nhttps://operation-solidarity.org/\r\ne telegram\r\nhttps://t.me/solidarnistinua\r\n\r\nTelegram del \"Comitato di Resistenza di Kyiv\"\r\nhttps://t.me/theblackheadquarter\r\n\r\nPer sostenere Operation Solidarity tramite la Croce Nera Anarchica di Dresda\r\nhttps://abcdd.org/en/2022/03/23/update-donation-for-solidarity-with-anarchist-and-anti-authoritarian-activist-from-ukraine/\r\n\r\nSito di riferimento politico per Lviv Social Movement (in inglese)\r\nhttps://rev.org.ua/english/\r\n\r\nQui un breve documentario fatto da un compagno greco che spiega le motivazioni e il contesto politico di sottofondo alla scelta di anarchich* di combattere, o sostenere chi combatte, a livello armato contro l'invasione Putiniana.\r\nhttps://www.youtube.com/watch?v=XQxooEmFw-0",{"matched_tokens":396,"snippet":398,"value":398},[397],"INTERNAZIONALISTA","VOCI DALL’UCRAINA, VOCI DALLA RUSSIA, RACCONTO DELLA CAROVANA SOLIDALE \u003Cmark>INTERNAZIONALISTA\u003C/mark>",[400,402,405],{"matched_tokens":401,"snippet":206,"value":206},[],{"matched_tokens":403,"snippet":404,"value":404},[29],"\u003Cmark>solidarietà\u003C/mark>",{"matched_tokens":406,"snippet":317,"value":317},[],[408,410,416],{"field":100,"matched_tokens":409,"snippet":393,"value":394},[392,29],{"field":37,"indices":411,"matched_tokens":412,"snippets":414,"values":415},[35],[413],[29],[404],[404],{"field":97,"matched_tokens":417,"snippet":398,"value":398},[397],1157451470770012200,{"best_field_score":420,"best_field_weight":182,"fields_matched":17,"num_tokens_dropped":49,"score":421,"tokens_matched":20,"typo_prefix_score":49},"2211897540608","1157451470770012275",{"document":423,"highlight":442,"highlights":447,"text_match":450,"text_match_info":451},{"comment_count":49,"id":424,"is_sticky":49,"permalink":425,"podcastfilter":426,"post_author":309,"post_content":427,"post_date":428,"post_excerpt":55,"post_id":424,"post_modified":429,"post_thumbnail":430,"post_title":431,"post_type":350,"sort_by_date":432,"tag_links":433,"tags":439},"38706","http://radioblackout.org/podcast/anarres-dell11-novembre-appendino-alla-guerra-contro-i-rom-la-vittoria-del-jocker-femminismi-antimilitarismo-referendum-un-gioco-a-carte-truccate/",[309],"Ogni venerdì vi invitiamo a sbarcare su Anarres, il pianeta delle utopie concrete, dalle 10,45 alle 12,45 sui 105.250 delle libere frequenze di Blackout\r\nAscolta il podcast:\r\n\r\n2016-11-11-anarres1\r\n\r\n2016-11-11-anarres2\r\n\r\n2016-11-11-anarres3\r\nIn questa puntata:\r\nAppendino e Padalino dichiarano guerra ai rom di via Germagnano. Sgomberi, retate, fogli di via e deportazioni\r\nThe president is a Trump. Sessista, razzista, volgare. Un miliardario outsider approda alla Casa Bianca, dopo una campagna elettorale con toni da bar Sport. Ne abbiamo parlato con Lorcon, redattore di Umanità Nova\r\n\r\nCacerolata femminista a San Salvario \r\nReferendum. La Carta e le carte truccate\r\nFuoco al Tricolore! Una settimana contro il militarismo\r\n\r\nPer approfondimenti:\r\nFuoco al Tricolore! Una settimana contro il militarismo\r\nUna bandiera tricolore è stata data alle fiamme di fronte alla polizia in assetto antisommossa e alla polizia politica in gran forze per difendere le forze armate, che, anche quest'anno, erano in piazza Castello per la cerimonia dell'ammainabandiera, che conclude la festa delle forze armate il 4 novembre. \r\nGli antimilitaristi puntuali all'appuntamento, si sono mossi in corteo con striscioni, bici da trasporto con carro armato e Samba Band dalla piazza del Comune fino al blocco di polizia in via Garibaldi, cento metri prima dei soldati in alta uniforme. \r\nUn applauso ha accolto l'azione antipatriottica. \r\nNumerosi gli interventi dal megafono per un'iniziativa di comunicazione e lotta, che, dopo un lungo fronteggiamento e l'intervento dell'automobilina kamicazza, si sono mossi per via Garibaldi, sino a guadagnare piazza Castello, dove i militari avevano chiuso alla svelta il loro rituale bellico. \r\nLa giornata di lotta del 4 novembre era l'ultima di una settimana di iniziative. Sabato 29 ottobre al Balon, un presidio itinerante, con performance contro eserciti e fabbriche d'armi, interventi e musica, aveva aperto le iniziative promosse dall'assemblea antimilitarista. \r\n\r\nIl mercoledì successivo si era svolta un'iniziativa di approfondimento “Bombe, muri e frontiere. Giochi di potenza dal Mediterraneo all’Eufrate. Dal nuovo secolo americano al tutti contro tutti”. La serata, introdotta da Stefano Capello, è stata occasione per capirne di più sugli equilibri geopolitici, in un pianeta sempre più multipolare, ad alleanze variabili, dove prevale la logica terrificante del caos sistemico. \r\n\r\nQui il testo dell’appello per la settimana antimilitarista\r\n\r\n*********\r\nCacerolata femminista a San Salvario \r\n\r\nQui il testo del volantino distribuito in piazza:\r\n\r\nSentieri di libertà\r\nLibertà, uguaglianza, solidarietà. I tre principi che costituiscono la modernità, rompendo con la gerarchia che modellava l’ordine formale del mondo hanno il loro lato oscuro, un’ombra lunga fatta di esclusione, discriminazione, violenza.\r\nTanta parte dell’umanità resta(va) fuori dal loro ombrello protettivo: poveri, donne, omosessuali, bambini. L’universalità di questi principi, formalmente neutra, era modellata sul maschio adulto, benestante, eterosessuale. Il resto era margine. Chi non era pienamente umano non poteva certo aspirare alle libertà degli uomini.\r\nUna libertà soggetta a norma, regolata, imbrigliata, incasellata. La cultura dominante ne determina le possibilità, le leggi dello Stato ne fissano limiti e condizioni.\r\nLe nonne delle ragazze di oggi passavano dalla potestà paterna a quella maritale: le regole del matrimonio le mantenevano minorenni a vita.\r\nLe donne stuprate, sino al 5 settembre del 1981, potevano sottrarsi alla vergogna ed essere riammesse nel consesso sociale, se accettavano di sposare il proprio stupratore. Una violenza più feroce di quella già subita. Se una donna era uccisa per motivi di “onore”, questa era una potente attenuante. Uccidere per punire le donne infedeli era considerato giusto.\r\n\r\nSono passati 34 anni da quando quelle norme vennero cancellate dal codice penale. Poco prima era stato legalizzato il divorzio e depenalizzato l’aborto.\r\nSulla strada della libertà femminile e – con essa – quella di tutt* sono stati fatti tanti passi. Purtroppo non tutti in avanti.\r\n\r\nLe lotte delle donne hanno cancellato tante servitù. Ma ne paghiamo, ogni giorno, il prezzo.\r\n\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione diffusa a riaffermare l’ordine patriarcale. La casa, il “privato”, è il luogo dove si consumano la maggior parte delle violenze e delle uccisioni. Le donne libere vengono picchiate, stuprate e ammazzate per affermare il potere maschile, per riprendere con la forza il controllo sui loro corpi e sulle loro menti.\r\n\r\nLa narrazione prevalente sui media è falsa, perché nasconde la realtà cruda della violenza maschile sulle donne. Non solo. Trasforma le donne in vittime da tutelare, ottenendo l’effetto paradossale ma non tanto, di rinforzare l’opinione che le donne siano intrinsecamente deboli.\r\nLa violenza esplicita è solo la punta dell’iceberg. Il patriarcato, sconfitto ma non in rotta, riemerge in maniere più subdole.\r\n\r\nIl prezzo dell’emancipazione femminile è stato anche l’adeguamento all’universale, che resta saldamente maschile ed eterosessuale. Lo scarto, la differenza femminile, in tutta l’ambiguità di un percorso identitario segnato da una schiavitù anche volontaria, finisce frantumata, dispersa, illeggibile, se non nel ri-adeguamento ad un ruolo di cura, sostitutivo dei servizi negati e cancellati negli anni.\r\nLo spazio della sperimentazione, della messa in gioco dei percorsi identitari, tanto radicati nella cultura, da parere quasi «naturali», spesso si estingue, polverizzato dalle tante cazzutissime donne in divisa, dalle manager in carriera, dalle femministe che inventano le gerarchie femminili per favorire operazioni di lobbing.\r\nLo scarto femminile non è iscritto nella natura ma nemmeno nella cultura, è solo una possibilità, la possibilità che ha sempre chi si libera: cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.\r\nContro la normalizzazione delle nostre identità erranti il femminismo libertario si svincola dalla mera rivendicazione paritaria, per mettere in gioco una scommessa dalla posta molto alta.\r\nMiliardi di percorsi individuali, che attraversano i generi, costituiscono l’unico universale che ci contenga tutt*, quello delle differenze.\r\nVogliamo vivere, solcare le nostre strade, con la forza di chi sta intrecciando una rete robusta, capace di combattere la violenza di chi vuole affermare la dominazione patriarcale.\r\nNon abbiamo bisogno di tutele né di tutori, con o senza divisa. La nostra forza è nella solidarietà e nel mutuo appoggio.\r\nIl percorso di autonomia individuale lo costruiamo nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo.\r\nSiamo qui per spezzare l’ordine. Morale, sociale, economico.\r\nSiamo qui per frantumare la gerarchia, per esserci, ciascun* a proprio modo.\r\n\r\nAnarchiche contro la violenza di genere\r\n\r\nCi trovate ogni giovedì alle 19 presso la FAT in corso Palermo 46\r\n******\r\nReferendum. La Carta e le carte truccate\r\nNemmeno il terremoto può fermare la macchina referendaria: il tormentone che ci affligge da mesi continua imperterrito. Anzi il terremoto può fornire un’ottima occasione per dimostrare il valore di questo governo e del suo leader maximo e ridurre la componente politica sulle scelte dei votanti a vantaggio di quella emozionale.\r\nE’ infatti indubbio che la cassa di risonanza mediatica sul protagonismo di Renzi e soci nell’affrontare la tragicità degli effetti del terremoto sulla vita delle popolazioni colpite avrà un impatto sulla valutazione complessiva del governo; fatto questo non indifferente se consideriamo che dai sondaggi (con tutti i distinguo del caso) risulterebbe che se un terzo dell’elettorato è a conoscenza del significato dei quesiti referendari – e quindi voterebbe a ragion veduta – ben due terzi ne è all’oscuro, o per disinteresse, o per rifiuto cosciente, o per la complessità della materia, e quindi voterebbe – sic et simpliciter – su Renzi ed il suo governo. D’altronde è lo stesso Renzi che ha operato in questa direzione mettendo il suo corpo, il suo futuro direttamente in gioco promettendo la sua uscita dalla scena politica in caso di sconfitta.\r\nCon il dilemma ‘o con me o contro di me’ Renzi porta all’apice il ragionamento su cosa sia il meno peggio proponendosi come l’unico possibile salvatore della patria, l’innovatore in grado di fare ripartire il paese. Un film già visto, con Craxi, Berlusconi, e tanti altri attori consumati e ormai consunti.\r\nLa partita, per Renzi, è impegnativa e va giocata su più fronti. Avere la maggioranza del partito con se e registrare che la maggioranza dei deputati del PD è legata al suo oppositore interno Bersani, non rende il gioco facile; così come vedere tutta l’opposizione istituzionale (e non solo) coalizzata contro di se impone a Renzi di doversi inventare quanto più di fantasmagorico ci sia – mance elettorali comprese - per vincere la singolar tenzone.\r\nEppure i giochi sembravano fatti. Con la ristrutturazione del Senato si vuole portare a maturazione il dibattito che ha attraversato il ceto politico di questo paese per decenni - vedi le proposte di presidenzialismo e di monocameralismo avanzate a più riprese – e che puntava, con accelerazioni più o meno variabili, al rafforzamento dell’esecutivo e alla riduzione dei soggetti politici in gioco.\r\nGli sbarramenti elettorali, i premi di maggioranza, le alchimie sui collegi elettorali, eccetera sono stati gli espedienti messi in campo per ottenere questo risultato: costringere all’accorpamento i partiti più piccoli, favorire il sorgere di due schieramenti più o meno contrapposti, assicurare la governabilità sempre e comunque. La decretazione d’urgenza, l’ingerenza del Presidente della Repubblica, il trasformismo eclatante hanno fatto il resto riducendo il Parlamento a semplice comprimario di scelte operate altrove, nei corridoi animati dai lobbisti di ogni specie, oppure a palcoscenico degli spettacolini di un’opposizione in cerca di visibilità.\r\nE’ un progetto questo che ha molti progenitori, addirittura c’è chi ricorda il ‘Piano per la rinascita nazionale’ del venerabile maestro Licio Gelli, animatore di quella Loggia P2, menzionata recentemente per l’impegno profuso nel combatterla da Tina Anselmi, utilizzata opportunisticamente dal ‘premier’ per il suo spessore democratico sociale.\r\nLa trasformazione del Senato secondo le linee della riforma Boschi, in accoppiata con la legge elettorale recentemente approvata, l’Italicum, concluderebbe il percorso tracciato, snellendo i tempi e le procedure legislative – anche se oggi la quantità delle leggi approvate ha pochi eguali nei paesi a democrazia parlamentare – e conferendo al governo in carica un gigantesco potere d’indirizzo, dopo aver demolito l’autonomia regionale a favore di una ri-centralizzazione statale.\r\nIn un contesto nel quale la partita politica si giocava in due, come era la situazione fino all’irrompere sulla scena di un terzo incomodo, il Movimento 5 stelle, questo rafforzamento era comunque funzionale ad entrambi, in un contesto nel quale le politiche sostanziali poco differiscono le une dalle altre, condizionate come sono dagli scenari internazionali, dalle burocrazie europee, dal controllo della NATO, dalle dinamiche del capitale.\r\nLa presenza del terzo incomodo ha mescolato le carte in tavola; la possibilità che possa vincere le prossime elezioni e prendere nelle proprie mani le leve del governo inquieta fortemente gli assetti tradizionali del potere, preoccupati dalla natura trasversale del movimento, ancora poco noto ai più, se non per la sua massa critica, il suo portato populista e legalista, il suo antieuropeismo. L’irrompere della variabile pentastellata sulla scena, costringe la casta a riformulare i propri assetti, a riconquistare il palcoscenico dello spettacolo politicista riproponendosi come garante degli interessi settoriali del paese. Lo scontro si fa via via più acceso, tra modernizzatori fedeli esecutori degli interessi delle multinazionali e dei grandi gruppi aziendali che chiedono meno burocrazia, tempi certi della giustizia, snellimento generale delle pratiche e dei controlli, e difensori dello status quo, delle rendite di posizione, delle logiche clientelari e familistiche. In un contesto dove populisti euroscettici cercano di coniugare il consenso territoriale costruito sul tema della ‘piccola patria’ con la difesa della ‘razza’ italica a fronte del processo migratorio in corso. Dove si parla e straparla di un ‘patto per la crescita’ tra governo, imprese e sindacato, condizionato da un SI che aprirebbe le porte agli ambiti investimenti internazionali (e conseguentemente alla svendita del patrimonio italico), e contrastato da un NO che vorrebbe la riapertura del mercato ministeriale delle poltrone conseguente alla prevedibile caduta del governo.\r\nLa natura dello scontro tra le varie frazioni della borghesia e della classe dirigente del paese appare sempre più chiaro, solo a volerlo vedere.\r\nNon c’era alcun disaccordo sostanziale quando si è trattato di modificare lacostituzione introducendo, tra i suoi articoli, l’obbligo della parità di bilancio: tanto, male che vada, i suoi costi vengono scaricati sui lavoratori e sulla povera gente.\r\nIl disaccordo sorge quando un settore vuole imporre un’accelerazione nel cambiamento in corso, spostando decisamente l’asse del potere a favore dello schieramento della modernizzazione ipercapitalista e globalizzatrice. Basta vedere chi sono i sostenitori della riforma: Confindustria, la grande finanza, le Banche, la classe dirigente internazionale da Obama alla Merkel, eccetera che con minacce e lusinghe operano sfacciatamente a favore di Renzi, un presidente del consiglio mai eletto, imposto da un presidente della repubblica che ha travalicato ogni suo limite, sanzionato solamente dal successo del suo partito in una elezione ininfluente come quella per il parlamento europeo.\r\nChe bisogno c’è di cambiare la costituzione, quando la costituzione materiale, quella fatta di cose concrete per la vita delle persone – non quella formale, idealizzata, ‘nata’ dalla Resistenza - ha consentito negli anni lo sviluppo di politiche di impoverimento della popolazione, di aggressione militare ad altri paesi, di attacco al mondo del lavoro, di arricchimento indecente per la classi privilegiate, di progressiva liquidazione del sistema di protezione sociale, dalla sanità all’assistenza?\r\nEvidentemente tutto questo non basta. La crescente competizione per l’accaparramento delle risorse, la continua e accelerata necessità di valorizzazione del capitale spingono verso l’amplificazione dei conflitti, sia aperti in forma di guerra sia sotterranei in forma di condizionamenti e ricatti.\r\nQuesto impone alle classi dirigenti, dominanti nello stesso schieramento borghese, di trovare assetti di potere più confacenti alle loro esigenze. Da qui i cambiamenti strutturali in corso, in Italia come altrove, per adeguare la macchina statale alle nuove incombenze.\r\nLa chiamata alle armi per l’affermazione del SI nel prossimo referendumistituzionale non è solo un passo necessario legato alle procedure di modifica costituzionale, ma è anche il tentativo di legare il più possibile al governo il favore popolare, oggi come oggi, particolarmente necessario in vista delle sfide che ci aspettano.\r\nE’ necessario quindi che anche in questa scadenza ci si mobiliti per mostrare la vera portata della partita in gioco, gli scenari e le ricadute che ci si prospetteranno se non si svilupperà una vera opposizione.\r\nVera opposizione, dunque, che significa ripresa del conflitto sociale su larga scala, azione diretta di massa, mobilitazione del mondo del lavoro, riappropriazione e controllo territoriale, rilancio della solidarietà internazionalista, superamento dei confini, pratiche di accoglienza reale dei profughi, antimilitarismo.\r\nAl di fuori di questo quale potrebbe essere un’opposizione in grado di mettere i bastoni tra le ruote dei manovratori? Non certo quella che si muove su un piano formale come quello della difesa della Costituzione nata dalla Resistenza. Al di la della retorica - che in realtà offende il partigianato, soprattutto nella sua componente sovversiva e rivoluzionaria – occorre ricordare che la Costituzione è nata dalla mediazione tra Democratici Cristiani, Comunisti, Socialisti e Liberali i quali ben si guardarono di fissare norme chiare e nette che potessero essere utilizzate dagli uni contro gli altri. Risultato: le più alte aspirazioni contenute nella Carta – che la rendono per alcuni la più bella del mondo – sono sempre risultate disattese, foglie di fico di un potere sempre arrogante e accaparratore. Solo ampi movimenti popolari, espressione di bisogni e volontà collettive, sono riusciti a modificare, nel tempo, gli assetti di potere, le strutture giuridiche e politiche del paese, non certo una mobilitazione di carta giocata sulla Carta.\r\nRicordando le frustrazioni seguite ai referendum vinti sull’onda di mobilitazioni significative e importanti, come quello contro la privatizzazione dell’acqua, o di battaglie di opinione come quello sul finanziamento pubblico ai partiti, ma vanificati dalle furberie della casta, i sinceri oppositori della riforma dovrebbero attenersi ad una visione realistica delle cose.\r\nLa vittoria del NO rappresenterebbe semplicemente un rallentamento dei processi in corso e probabilmente una rimessa in discussione degli equilibri governativi, ma a vantaggio di chi? Qualcuno sosteneva un tempo ‘grande è la confusione sotto il cielo: la situazione è eccellente’. Ma oggi è così? Esiste un movimento reale in grado di essere protagonista nella crisi governativa e di imporre la propria agenda di trasformazione sulle cose che contano: salario, lavoro, casa, salute, scuola, guerra, immigrazione, ambiente, libertà individuali e collettive?\r\nOppure prevarrà la politica politicante, fatta sempre di deleghe, di capetti ambiziosi, di prevaricazioni e di corruttele?\r\nLa partecipazione alla campagna per il NO in realtà continua a rimanere nel solco della politica delegata, della fiducia nei meccanismi della democrazia parlamentare, sperando di rosicchiare margini di manovra all’interno della più generale crisi di sistema.\r\nIl ‘NO Sociale’ non sfugge a questa condizione, anche se le sue parole d’ordine puntano sulla possibilità di sviluppare una stagione di lotta a partire proprio dalla vittoria del NO. Non è la prima volta che si è opera per costruire un fronte di tutte le opposizioni sociali che metta insieme le espressioni più varie della conflittualità sociale, da quelle dell’autorganizzazione a quelle che hanno nelle pratiche delegate la loro sostanza, per farle convergere sul piano di una lotta che di fatto è tutta interna ai meccanismi istituzionali, avendo tra l’altro come ‘cobelligeranti’ le espressioni più becere della destra che ne annacquano la portata. I risultati nel passato si sono visti e credo che si ripeteranno, contribuendo ad un’ulteriore frustrazione complessiva dei soggetti coinvolti, i quali credendo di conseguire un obiettivo significativo in realtà fanno un favore alla nuova casta montante, quella che si ritrova nel Movimento 5 stelle.\r\nQuesto non vuol dire indifferentismo politico; non vuol dire che tutte le forme del potere sono eguali; sappiamo ben distinguere tra democrazia rappresentativa e dittatura; ma una vera battaglia contro le riforme in atto non può oggi assolutamente prescindere dall’assoluta necessità della ripresa del conflitto sociale che non può farsi condizionare da un dibattito che è centrale solo per un ceto politico preoccupato per la propria esistenza. Il contrapporsi tra ‘riforma’ e ‘conservazione’ vuole occultare la realtà delle forme di sfruttamento attuali, per favorire un loro ‘rinnovamento’ in funzione delle esigenze di ristrutturazione e di riorganizzazione dell’apparato statale alle prese con le emergenze dell’attuale sistema geopolitico mondiale.\r\nBisogna scegliere: o porsi a difesa di quel che resta della democrazia parlamentare, individuando in essa una residua barriera all’incalzare dell’autoritarismo montante, o imboccare decisamente la strada della lotta, interna ai corpi sociali con tutte le loro potenzialità e contraddizioni, in funzione di un progetto di società altra, da costruire giorno per giorno, fuori da ogni opportunismo politicista.\r\nA fronte di una politica che fa del parlamento e della governabilità il suo centro di interesse occorre contrapporre un pensiero ed un’azione che abbiano il loro punto di riferimento nella capacità di autoorganizzazione popolare; occorre contrapporre la proposta e la pratica del comunalismo, libertario e federativo, articolato sul territorio, dal semplice al complesso.\r\nSfuggire dai meccanismi della democrazia rappresentativa significa entrare nel concreto della critica del concetto stesso di maggioranza e minoranza, significa rifiutare la riproduzione, pura e semplice, dei rituali parlamentari negli stessi organismi rappresentativi dei lavoratori per dare invece prevalenza all’autoorganizzazione, alla lotta, al libero confronto delle idee.\r\nI rapporti di forza si sono sempre modificati con la lotta diretta e la via politica ha sempre rappresentato il disarmo della conflittualità sociale. Con questa consapevolezza ci tiriamo fuori dai ricatti agitati da quanti, a sinistra, sono alle prese con le pulsioni egemoniche di ceti politici trasformisti ed opportunisti, incapaci di produrre politiche realmente alternative, sul terreno economico, dell’occupazione, della riduzione d’orario, del degrado urbano e ambientale, della sanità, della scuola, ecc.\r\nAstenersi, non cadere nella trappola delle false alternative e del recupero elettorale, rafforzare le armi della critica intransigente, dell’organizzazione, del protagonismo sociale, dell’azione tra le classi sfruttate ed oppresse, vuol dire porre le basi per un’incisiva azione rivoluzionaria che colpisce, nel parlamentarismo, un sistema di governo che impone leggi e tasse, decise da una cerchia ristretta di privilegiati, indipendentemente dalla volontà degli elettori.\r\nAstenersi, per gli anarchici, vuol dire manifestare la volontà di non essere governati, vuol dire non rendersi corresponsabili dello sfruttamento e dell’oppressione, vuol dire volontà di una società di libere associazioni federate.\r\nMassimo Varengo in Umanità Nova\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org","13 Novembre 2016","2018-10-17 22:58:55","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/11/fuoco-al-tricolore-200x110.jpg","Anarres dell’11 novembre. 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Sgomberi, retate, fogli di via e deportazioni\r\nThe president is a Trump. Sessista, razzista, volgare. Un miliardario outsider approda alla Casa Bianca, dopo una campagna elettorale con toni da bar Sport. Ne abbiamo parlato con Lorcon, redattore di Umanità Nova\r\n\r\nCacerolata femminista a San Salvario \r\nReferendum. La Carta e le carte truccate\r\nFuoco al Tricolore! Una settimana contro il militarismo\r\n\r\nPer approfondimenti:\r\nFuoco al Tricolore! Una settimana contro il militarismo\r\nUna bandiera tricolore è stata data alle fiamme di fronte alla polizia in assetto antisommossa e alla polizia politica in gran forze per difendere le forze armate, che, anche quest'anno, erano in piazza Castello per la cerimonia dell'ammainabandiera, che conclude la festa delle forze armate il 4 novembre. \r\nGli antimilitaristi puntuali all'appuntamento, si sono mossi in corteo con striscioni, bici da trasporto con carro armato e Samba Band dalla piazza del Comune fino al blocco di polizia in via Garibaldi, cento metri prima dei soldati in alta uniforme. \r\nUn applauso ha accolto l'azione antipatriottica. \r\nNumerosi gli interventi dal megafono per un'iniziativa di comunicazione e lotta, che, dopo un lungo fronteggiamento e l'intervento dell'automobilina kamicazza, si sono mossi per via Garibaldi, sino a guadagnare piazza Castello, dove i militari avevano chiuso alla svelta il loro rituale bellico. \r\nLa giornata di lotta del 4 novembre era l'ultima di una settimana di iniziative. Sabato 29 ottobre al Balon, un presidio itinerante, con performance contro eserciti e fabbriche d'armi, interventi e musica, aveva aperto le iniziative promosse dall'assemblea antimilitarista. \r\n\r\nIl mercoledì successivo si era svolta un'iniziativa di approfondimento “Bombe, muri e frontiere. Giochi di potenza dal Mediterraneo all’Eufrate. Dal nuovo secolo americano al tutti contro tutti”. La serata, introdotta da Stefano Capello, è stata occasione per capirne di più sugli equilibri geopolitici, in un pianeta sempre più multipolare, ad alleanze variabili, dove prevale la logica terrificante del caos sistemico. \r\n\r\nQui il testo dell’appello per la settimana antimilitarista\r\n\r\n*********\r\nCacerolata femminista a San Salvario \r\n\r\nQui il testo del volantino distribuito in piazza:\r\n\r\nSentieri di libertà\r\nLibertà, uguaglianza, \u003Cmark>solidarietà\u003C/mark>. I tre principi che costituiscono la modernità, rompendo con la gerarchia che modellava l’ordine formale del mondo hanno il loro lato oscuro, un’ombra lunga fatta di esclusione, discriminazione, violenza.\r\nTanta parte dell’umanità resta(va) fuori dal loro ombrello protettivo: poveri, donne, omosessuali, bambini. L’universalità di questi principi, formalmente neutra, era modellata sul maschio adulto, benestante, eterosessuale. Il resto era margine. Chi non era pienamente umano non poteva certo aspirare alle libertà degli uomini.\r\nUna libertà soggetta a norma, regolata, imbrigliata, incasellata. La cultura dominante ne determina le possibilità, le leggi dello Stato ne fissano limiti e condizioni.\r\nLe nonne delle ragazze di oggi passavano dalla potestà paterna a quella maritale: le regole del matrimonio le mantenevano minorenni a vita.\r\nLe donne stuprate, sino al 5 settembre del 1981, potevano sottrarsi alla vergogna ed essere riammesse nel consesso sociale, se accettavano di sposare il proprio stupratore. Una violenza più feroce di quella già subita. Se una donna era uccisa per motivi di “onore”, questa era una potente attenuante. Uccidere per punire le donne infedeli era considerato giusto.\r\n\r\nSono passati 34 anni da quando quelle norme vennero cancellate dal codice penale. Poco prima era stato legalizzato il divorzio e depenalizzato l’aborto.\r\nSulla strada della libertà femminile e – con essa – quella di tutt* sono stati fatti tanti passi. Purtroppo non tutti in avanti.\r\n\r\nLe lotte delle donne hanno cancellato tante servitù. Ma ne paghiamo, ogni giorno, il prezzo.\r\n\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione diffusa a riaffermare l’ordine patriarcale. La casa, il “privato”, è il luogo dove si consumano la maggior parte delle violenze e delle uccisioni. Le donne libere vengono picchiate, stuprate e ammazzate per affermare il potere maschile, per riprendere con la forza il controllo sui loro corpi e sulle loro menti.\r\n\r\nLa narrazione prevalente sui media è falsa, perché nasconde la realtà cruda della violenza maschile sulle donne. Non solo. Trasforma le donne in vittime da tutelare, ottenendo l’effetto paradossale ma non tanto, di rinforzare l’opinione che le donne siano intrinsecamente deboli.\r\nLa violenza esplicita è solo la punta dell’iceberg. Il patriarcato, sconfitto ma non in rotta, riemerge in maniere più subdole.\r\n\r\nIl prezzo dell’emancipazione femminile è stato anche l’adeguamento all’universale, che resta saldamente maschile ed eterosessuale. Lo scarto, la differenza femminile, in tutta l’ambiguità di un percorso identitario segnato da una schiavitù anche volontaria, finisce frantumata, dispersa, illeggibile, se non nel ri-adeguamento ad un ruolo di cura, sostitutivo dei servizi negati e cancellati negli anni.\r\nLo spazio della sperimentazione, della messa in gioco dei percorsi identitari, tanto radicati nella cultura, da parere quasi «naturali», spesso si estingue, polverizzato dalle tante cazzutissime donne in divisa, dalle manager in carriera, dalle femministe che inventano le gerarchie femminili per favorire operazioni di lobbing.\r\nLo scarto femminile non è iscritto nella natura ma nemmeno nella cultura, è solo una possibilità, la possibilità che ha sempre chi si libera: cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.\r\nContro la normalizzazione delle nostre identità erranti il femminismo libertario si svincola dalla mera rivendicazione paritaria, per mettere in gioco una scommessa dalla posta molto alta.\r\nMiliardi di percorsi individuali, che attraversano i generi, costituiscono l’unico universale che ci contenga tutt*, quello delle differenze.\r\nVogliamo vivere, solcare le nostre strade, con la forza di chi sta intrecciando una rete robusta, capace di combattere la violenza di chi vuole affermare la dominazione patriarcale.\r\nNon abbiamo bisogno di tutele né di tutori, con o senza divisa. La nostra forza è nella \u003Cmark>solidarietà\u003C/mark> e nel mutuo appoggio.\r\nIl percorso di autonomia individuale lo costruiamo nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo.\r\nSiamo qui per spezzare l’ordine. Morale, sociale, economico.\r\nSiamo qui per frantumare la gerarchia, per esserci, ciascun* a proprio modo.\r\n\r\nAnarchiche contro la violenza di genere\r\n\r\nCi trovate ogni giovedì alle 19 presso la FAT in corso Palermo 46\r\n******\r\nReferendum. La Carta e le carte truccate\r\nNemmeno il terremoto può fermare la macchina referendaria: il tormentone che ci affligge da mesi continua imperterrito. Anzi il terremoto può fornire un’ottima occasione per dimostrare il valore di questo governo e del suo leader maximo e ridurre la componente politica sulle scelte dei votanti a vantaggio di quella emozionale.\r\nE’ infatti indubbio che la cassa di risonanza mediatica sul protagonismo di Renzi e soci nell’affrontare la tragicità degli effetti del terremoto sulla vita delle popolazioni colpite avrà un impatto sulla valutazione complessiva del governo; fatto questo non indifferente se consideriamo che dai sondaggi (con tutti i distinguo del caso) risulterebbe che se un terzo dell’elettorato è a conoscenza del significato dei quesiti referendari – e quindi voterebbe a ragion veduta – ben due terzi ne è all’oscuro, o per disinteresse, o per rifiuto cosciente, o per la complessità della materia, e quindi voterebbe – sic et simpliciter – su Renzi ed il suo governo. D’altronde è lo stesso Renzi che ha operato in questa direzione mettendo il suo corpo, il suo futuro direttamente in gioco promettendo la sua uscita dalla scena politica in caso di sconfitta.\r\nCon il dilemma ‘o con me o contro di me’ Renzi porta all’apice il ragionamento su cosa sia il meno peggio proponendosi come l’unico possibile salvatore della patria, l’innovatore in grado di fare ripartire il paese. Un film già visto, con Craxi, Berlusconi, e tanti altri attori consumati e ormai consunti.\r\nLa partita, per Renzi, è impegnativa e va giocata su più fronti. Avere la maggioranza del partito con se e registrare che la maggioranza dei deputati del PD è legata al suo oppositore interno Bersani, non rende il gioco facile; così come vedere tutta l’opposizione istituzionale (e non solo) coalizzata contro di se impone a Renzi di doversi inventare quanto più di fantasmagorico ci sia – mance elettorali comprese - per vincere la singolar tenzone.\r\nEppure i giochi sembravano fatti. Con la ristrutturazione del Senato si vuole portare a maturazione il dibattito che ha attraversato il ceto politico di questo paese per decenni - vedi le proposte di presidenzialismo e di monocameralismo avanzate a più riprese – e che puntava, con accelerazioni più o meno variabili, al rafforzamento dell’esecutivo e alla riduzione dei soggetti politici in gioco.\r\nGli sbarramenti elettorali, i premi di maggioranza, le alchimie sui collegi elettorali, eccetera sono stati gli espedienti messi in campo per ottenere questo risultato: costringere all’accorpamento i partiti più piccoli, favorire il sorgere di due schieramenti più o meno contrapposti, assicurare la governabilità sempre e comunque. La decretazione d’urgenza, l’ingerenza del Presidente della Repubblica, il trasformismo eclatante hanno fatto il resto riducendo il Parlamento a semplice comprimario di scelte operate altrove, nei corridoi animati dai lobbisti di ogni specie, oppure a palcoscenico degli spettacolini di un’opposizione in cerca di visibilità.\r\nE’ un progetto questo che ha molti progenitori, addirittura c’è chi ricorda il ‘Piano per la rinascita nazionale’ del venerabile maestro Licio Gelli, animatore di quella Loggia P2, menzionata recentemente per l’impegno profuso nel combatterla da Tina Anselmi, utilizzata opportunisticamente dal ‘premier’ per il suo spessore democratico sociale.\r\nLa trasformazione del Senato secondo le linee della riforma Boschi, in accoppiata con la legge elettorale recentemente approvata, l’Italicum, concluderebbe il percorso tracciato, snellendo i tempi e le procedure legislative – anche se oggi la quantità delle leggi approvate ha pochi eguali nei paesi a democrazia parlamentare – e conferendo al governo in carica un gigantesco potere d’indirizzo, dopo aver demolito l’autonomia regionale a favore di una ri-centralizzazione statale.\r\nIn un contesto nel quale la partita politica si giocava in due, come era la situazione fino all’irrompere sulla scena di un terzo incomodo, il Movimento 5 stelle, questo rafforzamento era comunque funzionale ad entrambi, in un contesto nel quale le politiche sostanziali poco differiscono le une dalle altre, condizionate come sono dagli scenari internazionali, dalle burocrazie europee, dal controllo della NATO, dalle dinamiche del capitale.\r\nLa presenza del terzo incomodo ha mescolato le carte in tavola; la possibilità che possa vincere le prossime elezioni e prendere nelle proprie mani le leve del governo inquieta fortemente gli assetti tradizionali del potere, preoccupati dalla natura trasversale del movimento, ancora poco noto ai più, se non per la sua massa critica, il suo portato populista e legalista, il suo antieuropeismo. L’irrompere della variabile pentastellata sulla scena, costringe la casta a riformulare i propri assetti, a riconquistare il palcoscenico dello spettacolo politicista riproponendosi come garante degli interessi settoriali del paese. Lo scontro si fa via via più acceso, tra modernizzatori fedeli esecutori degli interessi delle multinazionali e dei grandi gruppi aziendali che chiedono meno burocrazia, tempi certi della giustizia, snellimento generale delle pratiche e dei controlli, e difensori dello status quo, delle rendite di posizione, delle logiche clientelari e familistiche. In un contesto dove populisti euroscettici cercano di coniugare il consenso territoriale costruito sul tema della ‘piccola patria’ con la difesa della ‘razza’ italica a fronte del processo migratorio in corso. Dove si parla e straparla di un ‘patto per la crescita’ tra governo, imprese e sindacato, condizionato da un SI che aprirebbe le porte agli ambiti investimenti internazionali (e conseguentemente alla svendita del patrimonio italico), e contrastato da un NO che vorrebbe la riapertura del mercato ministeriale delle poltrone conseguente alla prevedibile caduta del governo.\r\nLa natura dello scontro tra le varie frazioni della borghesia e della classe dirigente del paese appare sempre più chiaro, solo a volerlo vedere.\r\nNon c’era alcun disaccordo sostanziale quando si è trattato di modificare lacostituzione introducendo, tra i suoi articoli, l’obbligo della parità di bilancio: tanto, male che vada, i suoi costi vengono scaricati sui lavoratori e sulla povera gente.\r\nIl disaccordo sorge quando un settore vuole imporre un’accelerazione nel cambiamento in corso, spostando decisamente l’asse del potere a favore dello schieramento della modernizzazione ipercapitalista e globalizzatrice. Basta vedere chi sono i sostenitori della riforma: Confindustria, la grande finanza, le Banche, la classe dirigente internazionale da Obama alla Merkel, eccetera che con minacce e lusinghe operano sfacciatamente a favore di Renzi, un presidente del consiglio mai eletto, imposto da un presidente della repubblica che ha travalicato ogni suo limite, sanzionato solamente dal successo del suo partito in una elezione ininfluente come quella per il parlamento europeo.\r\nChe bisogno c’è di cambiare la costituzione, quando la costituzione materiale, quella fatta di cose concrete per la vita delle persone – non quella formale, idealizzata, ‘nata’ dalla Resistenza - ha consentito negli anni lo sviluppo di politiche di impoverimento della popolazione, di aggressione militare ad altri paesi, di attacco al mondo del lavoro, di arricchimento indecente per la classi privilegiate, di progressiva liquidazione del sistema di protezione sociale, dalla sanità all’assistenza?\r\nEvidentemente tutto questo non basta. La crescente competizione per l’accaparramento delle risorse, la continua e accelerata necessità di valorizzazione del capitale spingono verso l’amplificazione dei conflitti, sia aperti in forma di guerra sia sotterranei in forma di condizionamenti e ricatti.\r\nQuesto impone alle classi dirigenti, dominanti nello stesso schieramento borghese, di trovare assetti di potere più confacenti alle loro esigenze. Da qui i cambiamenti strutturali in corso, in Italia come altrove, per adeguare la macchina statale alle nuove incombenze.\r\nLa chiamata alle armi per l’affermazione del SI nel prossimo referendumistituzionale non è solo un passo necessario legato alle procedure di modifica costituzionale, ma è anche il tentativo di legare il più possibile al governo il favore popolare, oggi come oggi, particolarmente necessario in vista delle sfide che ci aspettano.\r\nE’ necessario quindi che anche in questa scadenza ci si mobiliti per mostrare la vera portata della partita in gioco, gli scenari e le ricadute che ci si prospetteranno se non si svilupperà una vera opposizione.\r\nVera opposizione, dunque, che significa ripresa del conflitto sociale su larga scala, azione diretta di massa, mobilitazione del mondo del lavoro, riappropriazione e controllo territoriale, rilancio della \u003Cmark>solidarietà\u003C/mark> \u003Cmark>internazionalista\u003C/mark>, superamento dei confini, pratiche di accoglienza reale dei profughi, antimilitarismo.\r\nAl di fuori di questo quale potrebbe essere un’opposizione in grado di mettere i bastoni tra le ruote dei manovratori? Non certo quella che si muove su un piano formale come quello della difesa della Costituzione nata dalla Resistenza. Al di la della retorica - che in realtà offende il partigianato, soprattutto nella sua componente sovversiva e rivoluzionaria – occorre ricordare che la Costituzione è nata dalla mediazione tra Democratici Cristiani, Comunisti, Socialisti e Liberali i quali ben si guardarono di fissare norme chiare e nette che potessero essere utilizzate dagli uni contro gli altri. Risultato: le più alte aspirazioni contenute nella Carta – che la rendono per alcuni la più bella del mondo – sono sempre risultate disattese, foglie di fico di un potere sempre arrogante e accaparratore. Solo ampi movimenti popolari, espressione di bisogni e volontà collettive, sono riusciti a modificare, nel tempo, gli assetti di potere, le strutture giuridiche e politiche del paese, non certo una mobilitazione di carta giocata sulla Carta.\r\nRicordando le frustrazioni seguite ai referendum vinti sull’onda di mobilitazioni significative e importanti, come quello contro la privatizzazione dell’acqua, o di battaglie di opinione come quello sul finanziamento pubblico ai partiti, ma vanificati dalle furberie della casta, i sinceri oppositori della riforma dovrebbero attenersi ad una visione realistica delle cose.\r\nLa vittoria del NO rappresenterebbe semplicemente un rallentamento dei processi in corso e probabilmente una rimessa in discussione degli equilibri governativi, ma a vantaggio di chi? Qualcuno sosteneva un tempo ‘grande è la confusione sotto il cielo: la situazione è eccellente’. Ma oggi è così? Esiste un movimento reale in grado di essere protagonista nella crisi governativa e di imporre la propria agenda di trasformazione sulle cose che contano: salario, lavoro, casa, salute, scuola, guerra, immigrazione, ambiente, libertà individuali e collettive?\r\nOppure prevarrà la politica politicante, fatta sempre di deleghe, di capetti ambiziosi, di prevaricazioni e di corruttele?\r\nLa partecipazione alla campagna per il NO in realtà continua a rimanere nel solco della politica delegata, della fiducia nei meccanismi della democrazia parlamentare, sperando di rosicchiare margini di manovra all’interno della più generale crisi di sistema.\r\nIl ‘NO Sociale’ non sfugge a questa condizione, anche se le sue parole d’ordine puntano sulla possibilità di sviluppare una stagione di lotta a partire proprio dalla vittoria del NO. Non è la prima volta che si è opera per costruire un fronte di tutte le opposizioni sociali che metta insieme le espressioni più varie della conflittualità sociale, da quelle dell’autorganizzazione a quelle che hanno nelle pratiche delegate la loro sostanza, per farle convergere sul piano di una lotta che di fatto è tutta interna ai meccanismi istituzionali, avendo tra l’altro come ‘cobelligeranti’ le espressioni più becere della destra che ne annacquano la portata. I risultati nel passato si sono visti e credo che si ripeteranno, contribuendo ad un’ulteriore frustrazione complessiva dei soggetti coinvolti, i quali credendo di conseguire un obiettivo significativo in realtà fanno un favore alla nuova casta montante, quella che si ritrova nel Movimento 5 stelle.\r\nQuesto non vuol dire indifferentismo politico; non vuol dire che tutte le forme del potere sono eguali; sappiamo ben distinguere tra democrazia rappresentativa e dittatura; ma una vera battaglia contro le riforme in atto non può oggi assolutamente prescindere dall’assoluta necessità della ripresa del conflitto sociale che non può farsi condizionare da un dibattito che è centrale solo per un ceto politico preoccupato per la propria esistenza. Il contrapporsi tra ‘riforma’ e ‘conservazione’ vuole occultare la realtà delle forme di sfruttamento attuali, per favorire un loro ‘rinnovamento’ in funzione delle esigenze di ristrutturazione e di riorganizzazione dell’apparato statale alle prese con le emergenze dell’attuale sistema geopolitico mondiale.\r\nBisogna scegliere: o porsi a difesa di quel che resta della democrazia parlamentare, individuando in essa una residua barriera all’incalzare dell’autoritarismo montante, o imboccare decisamente la strada della lotta, interna ai corpi sociali con tutte le loro potenzialità e contraddizioni, in funzione di un progetto di società altra, da costruire giorno per giorno, fuori da ogni opportunismo politicista.\r\nA fronte di una politica che fa del parlamento e della governabilità il suo centro di interesse occorre contrapporre un pensiero ed un’azione che abbiano il loro punto di riferimento nella capacità di autoorganizzazione popolare; occorre contrapporre la proposta e la pratica del comunalismo, libertario e federativo, articolato sul territorio, dal semplice al complesso.\r\nSfuggire dai meccanismi della democrazia rappresentativa significa entrare nel concreto della critica del concetto stesso di maggioranza e minoranza, significa rifiutare la riproduzione, pura e semplice, dei rituali parlamentari negli stessi organismi rappresentativi dei lavoratori per dare invece prevalenza all’autoorganizzazione, alla lotta, al libero confronto delle idee.\r\nI rapporti di forza si sono sempre modificati con la lotta diretta e la via politica ha sempre rappresentato il disarmo della conflittualità sociale. Con questa consapevolezza ci tiriamo fuori dai ricatti agitati da quanti, a sinistra, sono alle prese con le pulsioni egemoniche di ceti politici trasformisti ed opportunisti, incapaci di produrre politiche realmente alternative, sul terreno economico, dell’occupazione, della riduzione d’orario, del degrado urbano e ambientale, della sanità, della scuola, ecc.\r\nAstenersi, non cadere nella trappola delle false alternative e del recupero elettorale, rafforzare le armi della critica intransigente, dell’organizzazione, del protagonismo sociale, dell’azione tra le classi sfruttate ed oppresse, vuol dire porre le basi per un’incisiva azione rivoluzionaria che colpisce, nel parlamentarismo, un sistema di governo che impone leggi e tasse, decise da una cerchia ristretta di privilegiati, indipendentemente dalla volontà degli elettori.\r\nAstenersi, per gli anarchici, vuol dire manifestare la volontà di non essere governati, vuol dire non rendersi corresponsabili dello sfruttamento e dell’oppressione, vuol dire volontà di una società di libere associazioni federate.\r\nMassimo Varengo in Umanità Nova\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org",[448],{"field":100,"matched_tokens":449,"snippet":445,"value":446},[29,88],1157451437081362400,{"best_field_score":452,"best_field_weight":182,"fields_matched":35,"num_tokens_dropped":49,"score":453,"tokens_matched":20,"typo_prefix_score":35},"2211881091072","1157451437081362545",{"document":455,"highlight":467,"highlights":475,"text_match":480,"text_match_info":481},{"comment_count":49,"id":456,"is_sticky":49,"permalink":457,"podcastfilter":458,"post_author":309,"post_content":459,"post_date":460,"post_excerpt":55,"post_id":456,"post_modified":461,"post_thumbnail":462,"post_title":463,"post_type":350,"sort_by_date":464,"tag_links":465,"tags":466},"74618","http://radioblackout.org/podcast/anarres-del-25-marzo-leni-armata-blocco-alla-leonardo-ucraina-uno-sguardo-internazionalista-lo-sguardo-degli-anarchici-russi-del-kras/",[309],"Il nostro nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete.\r\nDalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming\r\n\r\nAscolta e diffondi il podcast:\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/2022-03-25-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti: \r\n\r\n\r\nL’ENI Armata\r\nLa scorsa settimana si è tenuto a Milano un incontro di approfondimento Guerra e energia: l’Eni e le missioni militari italiane in Africa.\r\nDaniele Ratti ha illustrato le strette relazioni tra l’Ente Nazionale Idrocarburi e le avventure neocoloniali dell’Italia in Africa.\r\nNe abbiamo parlato con Daniele\r\n\r\nBlocco alla Leonardo di Caselle torinese\r\nIeri mattina un gruppo di antimilitaristi ha aperto due striscioni con la scritta “Contro la guerra e chi la arma”, \"spezziamo le ali al militarismo\" all’imbocco di strada di Malanghero a Caselle Torinese.\r\nMentre il flusso dei lavoratori diretti allo stabilimento ex Alenia, oggi Leonardo è stato bloccato, quello degli automobilisti che andavano in paese è stato rallentato per comunicare a tutti il senso del blocco. Molti hanno manifestato solidarietà.\r\nIl traffico di operai, tecnici ed impiegati diretti nello stabilimento è stato bloccato dalle 7,25 alle 8, nell’orario di ingesso, perché non può esserci pace finché ci sarà chi lavora per la guerra.\r\n\r\nUcraina. Uno sguardo internazionalista\r\nLe guerre sono tragedie immani per chi ne diviene vittima, per le popolazioni imprigionate nelle città bombardate, per chi perde tutto e prende la strada dell’esilio, per le persone fragili, malate, anziane che che vedono dissolversi le reti che ne garantivano la sopravvivenza.\r\nLe guerre sono anche banchi di prova durissimi per i movimenti politici e sociali che devono fare i conti con la militarizzazione e la polarizzazione amico/nemico, che polverizza gli spazi di mediazione politica ed impone, nel senso letterale del termine, di arruolarsi. I maschi ucraini tra i 18 e i 60 anni subiscono l’obbligo di combattere la guerra patriottica contro l’invasore russo. Chi, in Russia, si oppone alla guerra, grazie ad una nuova legge imposta dopo l’attacco all’Ucraina, rischia pesanti pene detentive.\r\nEppure, proprio in circostanze tanto estreme diviene necessaria lucidità politica. Senza alcun facile moralismo verso chi cerca soluzioni individuali per affrontare il totale stravolgimento della propria vita, diventa necessario essere chiari di fronte alle pressanti richieste di schieramento dalla “parte giusta”.\r\nIl governo italiano ci ha arruolati tutt*, decidendo di inviare armi in Ucraina e truppe alle sue frontiere, aprendo le frontiere ai profughi di quella guerra, ma lasciandole chiuse per chi fugge da altri conflitti.\r\nC’è anche chi, in Ucraina ha scelto di arruolarsi nelle milizie di autodifesa, istituite dal governo sin dal 2020, e di combattere la guerra contro gli invasori russi nella convinzione che fosse l’unica scelta possibile e accettando, nei fatti se non nelle parole, il piano della guerra patriottica. In Ucraina in questo momento non c’è alcuna prospettiva di trasformare la guerra in innesco di un processo rivoluzionario in senso anarchico. Anzi! La guerra cancella la prospettiva di classe, lo sguardo internazionalista, la lotta alle frontiere.\r\nOggi disertare la guerra non è un semplice slogan, ma una concreta pratica di opposizione all’arruolamento dei corpi e delle coscienze. Qui come in Ucraina.\r\nNe abbiamo parlato con Federico Ferretti\r\n\r\nUcraina, l’analisi degli anarchici russi del Kras\r\nVi proponiamo un’intervista realizzata dal gruppo Moiras sul quadro geopolitico, le lotte in Russia, la situazione in Ucraina. \r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nSabato 2 aprile\r\nmanifestazione\r\nContro tutte le guerre e chi le arma\r\nRitiro delle truppe italiane all’estero\r\nChiusura e riconversione dell’industria bellica\r\nBasta spese militari!\r\nAbbattiamo le frontiere!\r\nSolidarietà ed accoglienza ai profughi di tutte le guerre\r\nore 14,30 piazza affari – Milano \r\n\r\nSabato 9 aprile\r\ncorteo contro la guerra e chi la arma\r\nNo alla Città dell’aerospazio, no all’industria bellica, No alla NATO a Torino!\r\nore 14,30\r\nPiazza Borgo Dora al Balon\r\nArrivo in piazza Castello\r\n\r\n* No alla città dell'aerospazio, nuovo polo di ricerca, progettazione e produzione di armi.\r\n* No al progetto D.I.A.N.A. della Nato a Torino\r\n* Chiusura e riconversione dell'industria bellica\r\n* No all’ENI che devasta l’ambiente e promuove guerre per il gas e il petrolio\r\n* Contro la guerra ai poveri che in ogni dove pagano il prezzo più alto. No al carovita!\r\n* No alle spese militari! Vogliamo case, scuole, ospedali, trasporti per tutt*\r\n* Stop all'invio di armi in Ucraina, ritiro di tutte le missioni militari all'estero\r\n* Solidarietà ed accoglienza ai profughi di tutte le guerre\r\n* Contro tutti gli imperialismi per un mondo senza frontiere\r\n\r\nCoordinamento contro la guerra e chi la arma – Torino\r\ninfo: antimilitarista.to@gmail.com\r\n\r\nSabato 16 aprile\r\nmarcia contro la guerra e il Tav da Bussoleno a San Didero\r\nore 14\r\n\r\nLunedì 25 aprile ore 15\r\nRicordo e commemorazione alla lapide di Ilio Baroni, partigiano e anarchico\r\n\r\nDomenica Primo Maggio\r\nSpezzone antimilitarista al corteo da piazza Vittorio\r\n\r\nContatti:\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46\r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni mercoledì dalle 20,30\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nWild C.A.T. Collettivo Anarco-Femminista Torinese\r\n@Wild.C.A.T.anarcofem\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","2 Aprile 2022","2022-04-02 10:59:33","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/04/photo_2022-03-30_10-11-17-200x110.jpg","Anarres del 25 marzo. L’ENI armata. Blocco alla Leonardo. Ucraina. Uno sguardo internazionalista. Lo sguardo degli anarchici russi del KRAS...",1648897173,[],[],{"post_content":468,"post_title":472},{"matched_tokens":469,"snippet":470,"value":471},[29],"del blocco. Molti hanno manifestato \u003Cmark>solidarietà\u003C/mark>.\r\nIl traffico di operai, tecnici","Il nostro nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete.\r\nDalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. 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Molti hanno manifestato \u003Cmark>solidarietà\u003C/mark>.\r\nIl traffico di operai, tecnici ed impiegati diretti nello stabilimento è stato bloccato dalle 7,25 alle 8, nell’orario di ingesso, perché non può esserci pace finché ci sarà chi lavora per la guerra.\r\n\r\nUcraina. Uno sguardo \u003Cmark>internazionalista\u003C/mark>\r\nLe guerre sono tragedie immani per chi ne diviene vittima, per le popolazioni imprigionate nelle città bombardate, per chi perde tutto e prende la strada dell’esilio, per le persone fragili, malate, anziane che che vedono dissolversi le reti che ne garantivano la sopravvivenza.\r\nLe guerre sono anche banchi di prova durissimi per i movimenti politici e sociali che devono fare i conti con la militarizzazione e la polarizzazione amico/nemico, che polverizza gli spazi di mediazione politica ed impone, nel senso letterale del termine, di arruolarsi. I maschi ucraini tra i 18 e i 60 anni subiscono l’obbligo di combattere la guerra patriottica contro l’invasore russo. Chi, in Russia, si oppone alla guerra, grazie ad una nuova legge imposta dopo l’attacco all’Ucraina, rischia pesanti pene detentive.\r\nEppure, proprio in circostanze tanto estreme diviene necessaria lucidità politica. Senza alcun facile moralismo verso chi cerca soluzioni individuali per affrontare il totale stravolgimento della propria vita, diventa necessario essere chiari di fronte alle pressanti richieste di schieramento dalla “parte giusta”.\r\nIl governo italiano ci ha arruolati tutt*, decidendo di inviare armi in Ucraina e truppe alle sue frontiere, aprendo le frontiere ai profughi di quella guerra, ma lasciandole chiuse per chi fugge da altri conflitti.\r\nC’è anche chi, in Ucraina ha scelto di arruolarsi nelle milizie di autodifesa, istituite dal governo sin dal 2020, e di combattere la guerra contro gli invasori russi nella convinzione che fosse l’unica scelta possibile e accettando, nei fatti se non nelle parole, il piano della guerra patriottica. In Ucraina in questo momento non c’è alcuna prospettiva di trasformare la guerra in innesco di un processo rivoluzionario in senso anarchico. Anzi! La guerra cancella la prospettiva di classe, lo sguardo \u003Cmark>internazionalista\u003C/mark>, la lotta alle frontiere.\r\nOggi disertare la guerra non è un semplice slogan, ma una concreta pratica di opposizione all’arruolamento dei corpi e delle coscienze. Qui come in Ucraina.\r\nNe abbiamo parlato con Federico Ferretti\r\n\r\nUcraina, l’analisi degli anarchici russi del Kras\r\nVi proponiamo un’intervista realizzata dal gruppo Moiras sul quadro geopolitico, le lotte in Russia, la situazione in Ucraina. \r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nSabato 2 aprile\r\nmanifestazione\r\nContro tutte le guerre e chi le arma\r\nRitiro delle truppe italiane all’estero\r\nChiusura e riconversione dell’industria bellica\r\nBasta spese militari!\r\nAbbattiamo le frontiere!\r\n\u003Cmark>Solidarietà\u003C/mark> ed accoglienza ai profughi di tutte le guerre\r\nore 14,30 piazza affari – Milano \r\n\r\nSabato 9 aprile\r\ncorteo contro la guerra e chi la arma\r\nNo alla Città dell’aerospazio, no all’industria bellica, No alla NATO a Torino!\r\nore 14,30\r\nPiazza Borgo Dora al Balon\r\nArrivo in piazza Castello\r\n\r\n* No alla città dell'aerospazio, nuovo polo di ricerca, progettazione e produzione di armi.\r\n* No al progetto D.I.A.N.A. della Nato a Torino\r\n* Chiusura e riconversione dell'industria bellica\r\n* No all’ENI che devasta l’ambiente e promuove guerre per il gas e il petrolio\r\n* Contro la guerra ai poveri che in ogni dove pagano il prezzo più alto. No al carovita!\r\n* No alle spese militari! Vogliamo case, scuole, ospedali, trasporti per tutt*\r\n* Stop all'invio di armi in Ucraina, ritiro di tutte le missioni militari all'estero\r\n* \u003Cmark>Solidarietà\u003C/mark> ed accoglienza ai profughi di tutte le guerre\r\n* Contro tutti gli imperialismi per un mondo senza frontiere\r\n\r\nCoordinamento contro la guerra e chi la arma – Torino\r\ninfo: antimilitarista.to@gmail.com\r\n\r\nSabato 16 aprile\r\nmarcia contro la guerra e il Tav da Bussoleno a San Didero\r\nore 14\r\n\r\nLunedì 25 aprile ore 15\r\nRicordo e commemorazione alla lapide di Ilio Baroni, partigiano e anarchico\r\n\r\nDomenica Primo Maggio\r\nSpezzone antimilitarista al corteo da piazza Vittorio\r\n\r\nContatti:\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46\r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni mercoledì dalle 20,30\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nWild C.A.T. 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Basti pensare alla riforma dei porti e alla privatizzazione che questo ministro e il suo governo stanno realizzando per arricchire gli armatori sulla pelle di chi lavora.\r\nNon potevano mancare gli antifascisti e antirazzisti, che hanno contestato attivamente l’iniziativa.\r\nNe abbiamo parlato con Dario di Azione Livorno Antifascista\r\n\r\nVenaria. Cronache e riflessioni sulle iniziative contro i G7\r\nContro le politiche climaticide, la guerra e la logica capitalista oltre trecento persone hanno partecipato al corteo lanciato il 28 aprile da un ampio fronte di associazioni ambientaliste e di opposizione al cambiamento climatico.\r\nL’Assemblea antimilitarista ha partecipato al corteo mettendo in rilievo la stretta interconnessione tra missioni militari all’estero e gli interessi dell’ENI. Le basi delle guerre sono a due passi dalle nostre case. L’opposizione alla guerra, nel segno di un mondo senza frontiere, senza stati, senza eserciti passa dal disfattismo che ciascuno opera contro il proprio governo, contro le aziende come ENI e Leonardo, contro le operazioni militari neocoloniali dell’Italia. La lotta antimilitarista si concretizza nella solidarietà attiva con chi, in ogni dove, diserta la guerra e lotta contro ogni nazionalismo.\r\n\r\nAppuntamenti: \r\n\r\nVenerdì 17 maggio\r\nCena dei senzastato\r\nore 20\r\ncorso Palermo 46\r\nBenefit lotte\r\nQuanto costa? Quanto puoi, più che puoi!\r\nPrenotazioni a antimilitarista.to@gmail.com \r\n\r\nSabato 1 e domenica 2 giugno\r\nGiornate di lotta alla guerra, all’occupazione militare delle periferie, alla produzione bellica, al nazionalismo.\r\nContro tutte le patrie per un mondo senza frontiere!\r\nIn appoggio ai disertori di tutte le guerre!\r\n\r\nOgni martedì fai un salto da\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro \r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini! \r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti!\r\ndalle 18 alle 20 in corso Palermo 46\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20\r\nContatti:\r\nfai_torino@autistici.org\r\n@senzafrontiere.to/\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","5 Maggio 2024","2024-05-05 16:01:07","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/05/01-200x110.jpeg","Anarres del 3 maggio. 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La critica decoloniale mette in luce come dinamiche colonialiste si siano riprodotte all’interno dei nuovi stati.\r\nIn alcuni paesi come il Brasile la coscienza creola bianca ha rotto con gli stati colonialisti ma ha mantenuto la marginalizzazione razzista con indigeni e afrodiscendenti, proseguendo l’espropriazione dei territori indigeni.\r\nGli studi post coloniali di cui Edward Said è l’esponente più noto sottolineano la dimensione dell’esotico come pericolo per l’identità di chi si riconosce nelle culture europee colonialiste. L’approccio decoloniale critica gli studi postcolonanialisti per quello che considera un eccesso di discorsività sulla cultura.\r\nLa decolonialità si occupa di relazioni di potere ancora esistenti, mettendo in campo un forte legame tra teoria e prassi. In campo non c’è solo l’accademia ma un percorso che si innesta nelle pratiche dei movimenti indigeni ed afrodiscendenti. É una decolonizzazione epistemica, che prende spunto dai saperi indigeni. La decolonialità rappresenta una rottura con il pensiero critico occidentale che si fonda sullo sguardo di maschi, bianchi, europei ed eurocentrici, cercando riferimenti sulle pratiche indigene, per inaugurare un rapporto rispettoso tra umani.\r\nPer venire al Brasile. Nel più recente censimento il 56% dei brasiliani si dichiarano afrodiscendenti. Nelle favelas il numero degli afrodiscendenti arriva alla quasi totalità degli abitanti.\r\nSempre in Brasile dichiarano indigene 900.000 persone con 300 lingue ed etnie differenti. C’è una legge che in teoria riconosce il diritto alle terre, ma che viene costantemente aggirata, perché il diritto viene limitato alle terre occupate al momento della promulgazione della costituzione brasiliana.\r\nOggi ci sono lotte che vanno dalle cause giudiziarie alle occupazioni di terre.\r\nI Quilombo sono stati stati fondati da persone che fuggivano alla schiavitù (marronage). Un fenomeno ampio, che dimostra che gli schiavi non erano docili ma si ribellavano, fuggivano e costruivano luoghi autonomi ed autogestiti. L’approccio decoloniale consente di evitare la commiserazione tipica dell’antirazzismo europeo verso gli schiavi per mostrare soggettività che spezzano le catene e costruiscono vere comunità in lotta.\r\nI quilombo resistono anche dopo la fine della schiavitù. Ci fu un momento insorgente. I sem terra attuano la riappropriazione delle terre.\r\nTra gli indigeni vi sono villaggi autogestiti con esperienze di pedagogia libertaria, come nel villaggio Guarani M'bya che sorge nei pressi di Sao Paulo.\r\nUn breve video su quest’esperienza verrà proiettato giovedì 13 aprile nel corso dell’incontro con Johnny del gruppo anarcopunk Aurora Negra di Sao Paulo e con Linguica di Espirito Santo sulle lotte afroindigene.\r\nCe ne ha parlato con Federico Ferretti docente di geografia all’Università di Bologna\r\n\r\nInternazionale di Federazioni Anarchiche\r\nDal 7 al 10 aprile si terrà a Massenzatico il congresso dell’IFA.\r\nUna buona occasione per fare il punto sulle lotte e la solidarietà internazionale\r\nNe abbiamo parlato con Simone Ruini uno dei compagni della FAI che seguono da vicino le relazioni internazionali\r\n\r\nLa Federazione Anarchica Italiana: nelle lotte, per la rivoluzione sociale\r\nUn comunicato dei compagni e compagne della FAI riuniti a convegno a Livorno l’11 marzo\r\n\r\nDiritto penale del nemico\r\nLa personalità dell’imputato, ormai da alcuni anni è divenuta elemento di valutazione cardine in processi contro compagn accusat di aver partecipato alle lotte sociali. In base a generici criteri di pericolosità sociale, che prescindono dalle condotte specifiche. Il diritto penale liberale ha il suo cardine in due concetti chiave.\r\nIl primo è che l’azione giudiziaria è rivolta verso la condotta del reo e non contro la persona dello stesso\r\nIl secondo è che gli imputati sono soggetti giuridici ovvero titolari di alcuni diritti inalienabili, sono persone inserite all’interno di un contratto sociale. Questi due principi vengono pesantemente messi in crisi dalla teoria del diritto penale del nemico, elaborata negli anni ottanta dal giurista tedesco Jakobs.\r\nSegno inequivocabile che la democrazia consente il dissenso finché questo non si trasforma in critica radicale della gerarchia e del capitalismo.\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\n13 e 14 aprile. 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Decolonialità e lotte afroindigene in Brasile. Congresso dell’IFA. La FAI nella rivoluzione sociale. Diritto penale del nemico...",1680784136,[],[],{"post_content":521},{"matched_tokens":522,"snippet":523,"value":524},[88],"alla colonizzazione europea. La critica \u003Cmark>internazionalista\u003C/mark> ha contestato ai nuovi stati","ll podcast del nostro nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete.\r\nDalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming. \r\n\r\nAscolta e diffondi l’audio della puntata:\r\n\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/04/2023-03-31-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nDecolonialità e lotte afroindigene in Brasile\r\nQuando si parla di decolonialità occorre non confondere con concetti diversi come decolonizzazione e post colonizzazione. La decolonizzazione è indipendenza delle istituzioni politiche dei paesi sottoposti alla colonizzazione europea. La critica \u003Cmark>internazionalista\u003C/mark> ha contestato ai nuovi stati decolonizzati di riprodurre i modelli degli stati europei. La critica decoloniale mette in luce come dinamiche colonialiste si siano riprodotte all’interno dei nuovi stati.\r\nIn alcuni paesi come il Brasile la coscienza creola bianca ha rotto con gli stati colonialisti ma ha mantenuto la marginalizzazione razzista con indigeni e afrodiscendenti, proseguendo l’espropriazione dei territori indigeni.\r\nGli studi post coloniali di cui Edward Said è l’esponente più noto sottolineano la dimensione dell’esotico come pericolo per l’identità di chi si riconosce nelle culture europee colonialiste. L’approccio decoloniale critica gli studi postcolonanialisti per quello che considera un eccesso di discorsività sulla cultura.\r\nLa decolonialità si occupa di relazioni di potere ancora esistenti, mettendo in campo un forte legame tra teoria e prassi. In campo non c’è solo l’accademia ma un percorso che si innesta nelle pratiche dei movimenti indigeni ed afrodiscendenti. É una decolonizzazione epistemica, che prende spunto dai saperi indigeni. La decolonialità rappresenta una rottura con il pensiero critico occidentale che si fonda sullo sguardo di maschi, bianchi, europei ed eurocentrici, cercando riferimenti sulle pratiche indigene, per inaugurare un rapporto rispettoso tra umani.\r\nPer venire al Brasile. Nel più recente censimento il 56% dei brasiliani si dichiarano afrodiscendenti. Nelle favelas il numero degli afrodiscendenti arriva alla quasi totalità degli abitanti.\r\nSempre in Brasile dichiarano indigene 900.000 persone con 300 lingue ed etnie differenti. C’è una legge che in teoria riconosce il diritto alle terre, ma che viene costantemente aggirata, perché il diritto viene limitato alle terre occupate al momento della promulgazione della costituzione brasiliana.\r\nOggi ci sono lotte che vanno dalle cause giudiziarie alle occupazioni di terre.\r\nI Quilombo sono stati stati fondati da persone che fuggivano alla schiavitù (marronage). Un fenomeno ampio, che dimostra che gli schiavi non erano docili ma si ribellavano, fuggivano e costruivano luoghi autonomi ed autogestiti. L’approccio decoloniale consente di evitare la commiserazione tipica dell’antirazzismo europeo verso gli schiavi per mostrare soggettività che spezzano le catene e costruiscono vere comunità in lotta.\r\nI quilombo resistono anche dopo la fine della schiavitù. Ci fu un momento insorgente. I sem terra attuano la riappropriazione delle terre.\r\nTra gli indigeni vi sono villaggi autogestiti con esperienze di pedagogia libertaria, come nel villaggio Guarani M'bya che sorge nei pressi di Sao Paulo.\r\nUn breve video su quest’esperienza verrà proiettato giovedì 13 aprile nel corso dell’incontro con Johnny del gruppo anarcopunk Aurora Negra di Sao Paulo e con Linguica di Espirito Santo sulle lotte afroindigene.\r\nCe ne ha parlato con Federico Ferretti docente di geografia all’Università di Bologna\r\n\r\nInternazionale di Federazioni Anarchiche\r\nDal 7 al 10 aprile si terrà a Massenzatico il congresso dell’IFA.\r\nUna buona occasione per fare il punto sulle lotte e la \u003Cmark>solidarietà\u003C/mark> internazionale\r\nNe abbiamo parlato con Simone Ruini uno dei compagni della FAI che seguono da vicino le relazioni internazionali\r\n\r\nLa Federazione Anarchica Italiana: nelle lotte, per la rivoluzione sociale\r\nUn comunicato dei compagni e compagne della FAI riuniti a convegno a Livorno l’11 marzo\r\n\r\nDiritto penale del nemico\r\nLa personalità dell’imputato, ormai da alcuni anni è divenuta elemento di valutazione cardine in processi contro compagn accusat di aver partecipato alle lotte sociali. In base a generici criteri di pericolosità sociale, che prescindono dalle condotte specifiche. Il diritto penale liberale ha il suo cardine in due concetti chiave.\r\nIl primo è che l’azione giudiziaria è rivolta verso la condotta del reo e non contro la persona dello stesso\r\nIl secondo è che gli imputati sono soggetti giuridici ovvero titolari di alcuni diritti inalienabili, sono persone inserite all’interno di un contratto sociale. Questi due principi vengono pesantemente messi in crisi dalla teoria del diritto penale del nemico, elaborata negli anni ottanta dal giurista tedesco Jakobs.\r\nSegno inequivocabile che la democrazia consente il dissenso finché questo non si trasforma in critica radicale della gerarchia e del capitalismo.\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\n13 e 14 aprile. Due incontri con anarchici brasiliani\r\n\r\nGiovedì 13 aprile\r\nLotte afroindigene nelle favelas e nei quilombo\r\nIncontro con Johnny del Collettivo anarco-punk Aurora Negra di Sao Paulo e Linguiça di Espirito Santo, attivi nelle lotte nelle favelas, nelle periferie, nelle occupazioni per la casa e per la terra.\r\nOre 21 corso Palermo 46\r\n\r\nVenerdì 14 aprile\r\nEsperienze di educazione libertaria in Brasile\r\nInterverrà Rodrigo Rosa da Silva della Biblioteca Terra Livre e docente all’Università di Sao Paulo,\r\nore 21 corso Palermo 46\r\n\r\nMartedì 25 aprile\r\nPresidio antifascista alla lapide di Ilio Baroni.\r\nRicordo, interventi, canzoniere anarchico e antifascista con Alba\r\nOre 15 in corso Giulio Cesare angolo corso Novara \r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 21\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org",[526],{"field":100,"matched_tokens":527,"snippet":523,"value":524},[88],{"best_field_score":482,"best_field_weight":182,"fields_matched":35,"num_tokens_dropped":49,"score":506,"tokens_matched":20,"typo_prefix_score":49},6637,{"collection_name":350,"first_q":33,"per_page":303,"q":33},21,["Reactive",533],{},["Set"],["ShallowReactive",536],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$frff7jIxM34vRrMDUx8isabDRDw36KPjp9ggyyDsK75Q":-1},true,"/search?query=solidariet%C3%A0+internazionalista"]