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Una truffa senza fine",1361366440,[123,124,66],"http://radioblackout.org/tag/ltf/","http://radioblackout.org/tag/no-tav-2/",[20,15,24],{"tags":127},[128,130,132],{"matched_tokens":129,"snippet":20},[],{"matched_tokens":131,"snippet":15},[],{"matched_tokens":133,"snippet":90},[24],[135],{"field":35,"indices":136,"matched_tokens":137,"snippets":139},[17],[138],[24],[90],{"best_field_score":103,"best_field_weight":104,"fields_matched":106,"num_tokens_dropped":47,"score":141,"tokens_matched":106,"typo_prefix_score":47},"578730123365711977",{"document":143,"highlight":161,"highlights":165,"text_match":168,"text_match_info":169},{"cat_link":144,"category":145,"comment_count":47,"id":146,"is_sticky":47,"permalink":147,"post_author":50,"post_content":148,"post_date":149,"post_excerpt":53,"post_id":146,"post_modified":150,"post_thumbnail":151,"post_thumbnail_html":152,"post_title":153,"post_type":58,"sort_by_date":154,"tag_links":155,"tags":158},[44],[46],"86421","http://radioblackout.org/2024/01/olimpiadi-dello-spreco-e-della-devastazione/","Il CIO2026, Comitato Olimpiadi insostenibili 2026 ha lanciato una settimana di lotta dal 6 al 10 febbraio 2024, a due anni esatti dall’inizio dei giochi olimpici invernali Milano/Cortina del 2026.\r\nIl 20 gennaio dalle 14,30 si terrà un’assemblea preparatoria dell’iniziativa a Piano Terra di Milano.\r\nI Giochi saranno un grande evento che coinvolgerà tutto l’arco alpino, valicando i confini delle Regioni Lombardia e Veneto direttamente coinvolte, estendendosi anche alcune località in Trentino-Alto Adige (ma ci sono anche improbabili ipotesi di recupero degli impianti olimpici piemontesi del 2006 e di spostamenti in località di lusso come Saint Moritz in Svizzera) scendendo giù fino a Milano. In tutti i territori e località coinvolti è già evidente e in atto un impatto negativo in termini sociali e ambientali.\r\nLe Olimpiadi contemporanee si confermano un grande evento il cui scopo reale è massimizzare i profitti e speculare su tutto, anche i beni comuni. Tra questi: le risorse idriche in crisi sulle Dolomiti; la sanità pubblica veneta e lombarda già martoriate da anni di tagli e privatizzazioni che minano il diritto universale alla salute; la montagna, considerata come un parco divertimenti per un modello di turismo già da tempo obsoleto e reso insostenibile dal cambiamento climatico; la città pubblica di Milano, da tempo trasformata in un domino dove a giocare sono interessi immobiliari e finanziari a breve termine, ma con ricadute permanenti sull’accessibilità a diritti fondamentali quali casa, mobilità, salute; il lavoro, sottopagato (quando non sono stage gratuiti) e poco sicuro, nei cantieri e durante l’evento. E infine lo sport: mentre vengono progettati grandi impianti che saranno inaccessibili, in città si chiudono strutture pubbliche e si perde di vista lo scopo che questa pratica dovrebbe avere, socialità e benessere psicofisico per tutt*.\r\nNe abbiamo parlato con Alberto Abo Di Monte del CIO2026\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/01/2024-01-16-olimpiadi-abo.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","17 Gennaio 2024","2024-01-17 17:13:26","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/01/olim-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"300\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/01/olim-300x300.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/01/olim-300x300.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/01/olim-1024x1024.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/01/olim-150x150.jpg 150w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/01/olim-768x768.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/01/olim.jpg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/01/olim-690x690.jpg 690w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/01/olim-170x170.jpg 170w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Olimpiadi dello spreco e della devastazione",1705511606,[156,157],"http://radioblackout.org/tag/grandi-eventi/","http://radioblackout.org/tag/olimpiadi-invenali-2026/",[159,160],"grandi eventi","olimpiadi invenali 2026",{"post_title":162},{"matched_tokens":163,"snippet":164,"value":164},[24],"Olimpiadi dello \u003Cmark>spreco\u003C/mark> e della devastazione",[166],{"field":99,"matched_tokens":167,"snippet":164,"value":164},[24],578730123365187700,{"best_field_score":170,"best_field_weight":171,"fields_matched":106,"num_tokens_dropped":47,"score":172,"tokens_matched":106,"typo_prefix_score":47},"1108091338752",15,"578730123365187705",{"document":174,"highlight":192,"highlights":196,"text_match":168,"text_match_info":199},{"cat_link":175,"category":176,"comment_count":47,"id":177,"is_sticky":47,"permalink":178,"post_author":50,"post_content":179,"post_date":180,"post_excerpt":53,"post_id":177,"post_modified":181,"post_thumbnail":182,"post_thumbnail_html":183,"post_title":184,"post_type":58,"sort_by_date":185,"tag_links":186,"tags":190},[44],[46],"83986","http://radioblackout.org/2023/09/milano-cortina-le-olimpiadi-dello-spreco-e-della-devastazione-ambientale/","La scorsa domenica si è tenuta a Cortina una manifestazione contro la costruzione della pista da bob per le Olimpiadi invernali. Il bob è uno sport che in Italia non pratica nessuno: la pista, dopo le gare, marcirebbe come è accaduto a quella realizzata in Val Susa per le Olimpiadi del 2006.\r\nOltre mille persone hanno partecipato al corteo che si oppone ad una delle strutture emblema delle Olimpiadi: 120 milioni di euro spesi per arricchire chi la costruisce. Se così non fosse la scelta ovvia sarebbe stata affittare la pista di Innsbruck: due ore di auto da Cortina ed una spesa sensibilmente inferiore.\r\nMa la pista da bob è solo la punta dell’iceberg della grande abbuffata olimpica, che, in nome del profitto rende opaca l’insostenibilità ambientale del modello olimpico e, più in generale, dello sfruttamento turistico della montagna.\r\nNella sola Cortina verranno tagliati 500 alberi per realizzare un palazzetto olimpico temporaneo ed una tangenziale che 500 milioni di di euro. In Val Pusteria montagne di soldi e cemento per costruire strade e bretelle di collegamento. A Milano, invece di usare il palazzetto esistente a Torino, se ne edificheranno due nuovi, temporanei, inutili.\r\nNel bellunese le Olimpiadi sono apprezzate da chi vive di turismo dagli immobiliaristi, decisamente meno entusiasti sono coloro che da hanno subiscono i tagli per i trasporti locali, la sanità, le scuole.\r\nImportante è la saldatura tra i vari territori sperimentata il 24 settembre a Cortina. Prossimo appuntamento il 13 ottobre a Milano, dove, in occasione del Word Climate Camp ci sarà un’assemblea sulla lotta contro le Olimpiadi del 2026.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Luca di Off Topic\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/2023-09-26-luca-olimpiadi-cortina.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","27 Settembre 2023","2023-09-27 16:33:12","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/maxresdefault-1-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/maxresdefault-1-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/maxresdefault-1-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/maxresdefault-1-1024x576.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/maxresdefault-1-768x432.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/maxresdefault-1.jpg 1280w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Milano/Cortina. Le Olimpiadi dello spreco e della devastazione ambientale",1695832392,[187,188,189],"http://radioblackout.org/tag/cortep-a-cortina/","http://radioblackout.org/tag/olimpiadi-invernali-milano-cortina/","http://radioblackout.org/tag/pista-da-bob/",[191,34,30],"cortep a cortina",{"post_title":193},{"matched_tokens":194,"snippet":195,"value":195},[24],"Milano/Cortina. 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Lo segue sulla stessa linea l'attuale ad delle Fs, mentre il Ministro alle Infrastrutture Maurizio Lupi, lo stesso dell'infame \"Piano Casa\" ribadisce la \"priorità dell'opera.\r\n\r\nAbbiamo commentato la vicenda con Luca Giunti, tecnico della Comunità Montana Valle Susa\r\n\r\ngiunti_costi_Tav\r\n\r\n \r\n\r\nQui di seguito il comunicato del Movimento NoTav:\r\nCredito esaurito\r\nIl Movimento No TAV e l’Opposizione francese alla Lyon-Turin,\r\n\r\nrichiamano l’attenzione dei media su quanto sotto riportato:\r\n\r\nA) Il Tunnel di Base della Torino-Lione costa oltre 12 miliardi di euro e non 8,5. Lo dicono i conti che RFI è tenuta a fare per legge.\r\nB) L’Europa ha solo 5,5 miliardi di euro per progetti di questo tipo (core network), quindi è matematicamente impossibile che ne assegni la maggior parte (3,4 miliardi di euro) alla Torino-Lione.\r\nC) L’Italia ha solo 1,37 miliardi di euro per la Torino-Lione, insufficienti a cofinanziare l’opera: sono quelli disponibili entro il 2020.\r\nA+B+C= la Torino-Lione è morta, il Governo ha una stupenda occasione per destinare questo fiume di denaro a piccole opere utili a tutti gli italiani.\r\nTesto del comunicato stampa\r\n\r\nA) Ieri al Senato le Ferrovie e il Governo hanno fatto una pessima figura. Nessuno è stato in grado di spiegare in termini comprensibili quale sia il vero costo del Tunnel di Base (57 km) della Torino-Lione. L’asino è cascato sulla rivalutazione. I costi delle opere pubbliche sono soggetti a rivalutazione, non per colpa dell’inflazione ma per tenere conto di: revisione prezzi, oneri finanziari, adeguamenti progettuali e imprevisti (frequenti nei tunnel). Per legge il CIPE decide in base al “costo rivalutato a vita intera” e non sulle supposizioni dell’architetto di turno. I calcoli di RFI considerano una rivalutazione annua del 3,5%, il medesimo indice utilizzato nell’Analisi Costi Benefici di Virano e nel Progetto Definitivo di LTF. Il risultato fa oltre 12 miliardi di euro. La verità si saprà esclusivamente quando sarà effettuata una certificazione del costo da parte di un soggetto completamente terzo, come previsto nell’Accordo Italia- Francia del 30 gennaio 2012.\r\n\r\nB) I fondi europei sono quelli del bando “2014 CEF Transport Multi-annual Call”. Per progetti “core network” come questo, il bando dispone di soli 5,5 miliardi di euro, ai quali ambiscono numerosi progetti in differenti Stati membri. Tra Brennero (3,4 miliardi di euro) e Torino-Lione (altri 3,4), l’Italia da sola vorrebbe contributi superiori a tale cifra. Se si aggiungono gli altri “pretendenti” europei (ad esempio i progetti Fehmarn Belt e Seine-Scheldt), i desideri sono oltre il doppio della disponibilità. Pertanto è matematicamente impossibile che la Torino-Lione riceva dalla UE 3,4 miliardi di euro, ovvero il 40% propagandato dai fautori dell’opera.\r\n\r\nC) Nel Bilancio dello Stato, il cofinanziamento nazionale della Torino-Lione fa appello ad un’autorizzazione di spesa della Legge di Stabilità 2014 (capitolo MIT 7532). I fondi allocati ammontano complessivamente a 2,56 miliardi di euro, spalmati fino al 2029. L’Europa erogherà contributi esclusivamente su spese effettuate entro il 2020 (questo è il periodo di riferimento del bando in corso). I soldi a bilancio in anni successivi al 2020 non sono utilizzabili. Pertanto, con i fondi assegnati entro il 2020, attualmente l’Italia può coprire solo 1,37 miliardi di euro, sensibilmente meno di quelli richiesti per cofinanziare la Torino-Lione.\r\n\r\nQuesti elementi sono verificabili da qualsiasi cittadino su documenti pubblici: Contratto di Programma RFI, Progetto Definitivo LTF, Regolamenti CEF e TEN-T e relativo bando europeo, Legge di Stabilità dello Stato.\r\nIl CIPE non è in grado di autorizzare l’opera, mancando tutti i presupposti: Valutazione di Impatto Ambientale (ferma da due anni), approvazione del Progetto Definitivo (idem), definizione certa del “costo a vita intera” (A), certezza del contributo europeo (B), disponibilità finanziaria nazionale (C).\r\nIl Governo Italiano ha davanti a sé una stupenda occasione: anziché lasciarlo ingoiare dall’inutile Tunnel di Base della Torino-Lione, usi questo fiume di denaro per le piccole opere veramente utili agli italiani. Buon lavoro.\r\n\r\n***********\r\n\r\nLe slide della presentazione avvenuta oggi (qui in pdf – 12N.creditoesaurito.r)","13 Novembre 2014","2014-11-17 14:54:07","Ferrovie dello Stato ed Esposito scoprono l'acqua calda: il Tav è uno spreco!",1415842389,[212,124,213,214],"http://radioblackout.org/tag/esposito/","http://radioblackout.org/tag/sprechi/","http://radioblackout.org/tag/tav/",[216,15,217,18],"esposito","sprechi",{"post_title":219},{"matched_tokens":220,"snippet":221,"value":221},[24],"Ferrovie dello Stato ed Esposito scoprono l'acqua calda: il Tav è uno \u003Cmark>spreco\u003C/mark>!",[223],{"field":99,"matched_tokens":224,"snippet":221,"value":221},[24],{"best_field_score":170,"best_field_weight":171,"fields_matched":106,"num_tokens_dropped":47,"score":172,"tokens_matched":106,"typo_prefix_score":47},{"document":227,"highlight":245,"highlights":250,"text_match":168,"text_match_info":254},{"cat_link":228,"category":229,"comment_count":47,"id":230,"is_sticky":47,"permalink":231,"post_author":50,"post_content":232,"post_date":233,"post_excerpt":53,"post_id":230,"post_modified":234,"post_thumbnail":235,"post_thumbnail_html":236,"post_title":237,"post_type":58,"sort_by_date":238,"tag_links":239,"tags":242},[44],[46],"87739","http://radioblackout.org/2024/03/olimpiadi-cominciato-il-taglio-di-4-500-larici/","l bob è una delle discipline delle olimpiadi invernali. In Italia nessuno, o quasi, pratica questo sport. La pista costruita a Cesana per le Olimpiadi del 2006 è un monumento allo spreco, alla distruzione di risorse per l’interesse di pochi signori del cemento e del tondino.\r\nPotevano utilizzarla per il 2026 oppure usare quella di Saint Moritz, un’ora di distanza da Cortina. Alla fine il comitato d’affari che sta assorbendo enormi risorse pubbliche per fini privatissimi l’ha spuntata. É passato il progetto “light” di Salvini, con assegnazione diretta dell’appalto: si spende un po’ meno, si taglia un po’ meno, ma la sostanza non cambia: un’altra pista per uno sport che in Italia praticano non più di 50 persone.\r\nE al danno potrebbe unirsi la beffa. Se tra un anno il Comitato Olimpico Internazionale dovesse bocciare la pista di Cortina, la scelta cadrebbe su Saint Moritz, cui Cortina dovrebbe ovviamente pagare gli oneri di utilizzo.\r\nDa diversi giorni, nonostante le proteste, è iniziato il taglio di 4.500 larici nell’area in cui verrà costruita la pista da bob.\r\nSecondo Infrastrutture Milano Cortina spa, la società che gestisce l’appalto sarebbero stati tagliati in pochi giorni gli stessi alberi che in media vengono abbattuti in 12 anni. Questa dichiarazione, effettuata per tranquillizzare sull’entità del danno ambientale e paesaggistico, finisce paradossalmente con il dimostrarlo.\r\nLe modalità con cui si attraversano le terre alte, che trasformano le valli alpine in disneyland, baracconi per un turismo che vuole trovare in montagna l’agio della città, ci raccontano di un mondo che corre verso il baratro in un presente eternizzato, per non vedere il domani che non c’è.\r\nNe abbiamo parlato con Luca di Off Topic e di CIO2026 – Comitato Insostenibili Olimpiadi 2026\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/2024-03-05-luca-taglio-larici-cortina.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","5 Marzo 2024","2024-03-05 13:06:19","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/larici-taglio-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"138\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/larici-taglio-300x138.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/larici-taglio-300x138.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/larici-taglio-768x353.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/larici-taglio.jpg 980w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Olimpiadi. Cominciato il taglio di 4.500 larici",1709643979,[240,188,189,241],"http://radioblackout.org/tag/cortina-dampezzo/","http://radioblackout.org/tag/taglio-larici/",[243,34,30,244],"cortina d'ampezzo","taglio larici",{"post_content":246},{"matched_tokens":247,"snippet":248,"value":249},[24],"2006 è un monumento allo \u003Cmark>spreco\u003C/mark>, alla distruzione di risorse per","l bob è una delle discipline delle olimpiadi invernali. In Italia nessuno, o quasi, pratica questo sport. La pista costruita a Cesana per le Olimpiadi del 2006 è un monumento allo \u003Cmark>spreco\u003C/mark>, alla distruzione di risorse per l’interesse di pochi signori del cemento e del tondino.\r\nPotevano utilizzarla per il 2026 oppure usare quella di Saint Moritz, un’ora di distanza da Cortina. Alla fine il comitato d’affari che sta assorbendo enormi risorse pubbliche per fini privatissimi l’ha spuntata. 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Questa dichiarazione, effettuata per tranquillizzare sull’entità del danno ambientale e paesaggistico, finisce paradossalmente con il dimostrarlo.\r\nLe modalità con cui si attraversano le terre alte, che trasformano le valli alpine in disneyland, baracconi per un turismo che vuole trovare in montagna l’agio della città, ci raccontano di un mondo che corre verso il baratro in un presente eternizzato, per non vedere il domani che non c’è.\r\nNe abbiamo parlato con Luca di Off Topic e di CIO2026 – Comitato Insostenibili Olimpiadi 2026\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/2024-03-05-luca-taglio-larici-cortina.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ",[251],{"field":252,"matched_tokens":253,"snippet":248,"value":249},"post_content",[24],{"best_field_score":170,"best_field_weight":255,"fields_matched":106,"num_tokens_dropped":47,"score":256,"tokens_matched":106,"typo_prefix_score":47},14,"578730123365187697",6646,{"collection_name":58,"first_q":24,"per_page":259,"q":24},6,4,{"facet_counts":262,"found":94,"hits":297,"out_of":419,"page":106,"request_params":420,"search_cutoff":36,"search_time_ms":421},[263,274],{"counts":264,"field_name":272,"sampled":36,"stats":273},[265,268,270],{"count":266,"highlighted":267,"value":267},3,"anarres",{"count":106,"highlighted":269,"value":269},"congiunzioni",{"count":106,"highlighted":271,"value":271},"Voci dall'antropocene","podcastfilter",{"total_values":266},{"counts":275,"field_name":35,"sampled":36,"stats":295},[276,278,280,282,283,285,287,289,291,293],{"count":17,"highlighted":277,"value":277},"macerie-su-macerie",{"count":106,"highlighted":279,"value":279},"Parma",{"count":106,"highlighted":281,"value":281},"torino",{"count":106,"highlighted":15,"value":15},{"count":106,"highlighted":284,"value":284},"corteo",{"count":106,"highlighted":286,"value":286},"trieste",{"count":106,"highlighted":288,"value":288},"arresti",{"count":106,"highlighted":290,"value":290},"solidarietà",{"count":106,"highlighted":292,"value":292},"reggio emilia",{"count":106,"highlighted":294,"value":294},"voci antropocene",{"total_values":296},10,[298,321,344,367,389],{"document":299,"highlight":312,"highlights":317,"text_match":168,"text_match_info":320},{"comment_count":47,"id":300,"is_sticky":47,"permalink":301,"podcastfilter":302,"post_author":269,"post_content":303,"post_date":304,"post_excerpt":53,"post_id":300,"post_modified":305,"post_thumbnail":306,"post_title":307,"post_type":308,"sort_by_date":309,"tag_links":310,"tags":311},"66854","http://radioblackout.org/podcast/congiunzioni-23-aridacce-a-sanita-neh-11-febbraio/",[269],"La pandemia ha svelato innumerevoli contraddizioni nel panorama della salute e in reazione ai tagli alla sanità pubblica, alla chiusura di ospedali sul territorio e all'insufficienza di risorse destinate alla salute sono nati dei percorsi per la riappropriazione di ospedali ormai chiusi ma che dovrebbero essere riconsegnati alla collettività.\r\n\r\nParliamo delle lotte che stanno nascendo sul territorio da Torino a Roma per la riapertura di ospedali che sarebbero una risorsa preziosa per i quartieri in cui sorgono.\r\n\r\nL’ospedalizzazione della salute non è di per sé una cosa auspicabile, tutto sommato ci rimane da chiederci perché in un periodo di stravolgimento totale come la crisi scaturita dal covid19, si costituiscano assemblee di persone che pretendono la restituzione di strutture sanitarie nel proprio quartiere: l'autorganizzazione degli abitanti per chiedere la riapertura di questi ospedali rappresentano un'opposizione forte di fronte allo spreco di risorse portato programmaticamente avanti dalla classe politica. Ma anche un modo per le persone di agire verso la riappropriazione di una cura, che allo stato di cose è difficile da immaginare come indipendente dal sistema sanitario, ma che non può più prescindere dalle specificità di un territorio, che non vuole più concepire il rapporto utente-operatore mercificato come oggi, che non vuole più vedere lavoratori e lavoratrici della sanità ipersfruttati. \r\n\r\nA Torino l'assemblea permanente Riapriamo il Maria Adelaide sta costruendo un progetto per la riapertura di questo ospedale che tiene conto di tutti questi punti fermi, a Roma il Comitato Riapriamo Villa Tiburtina sta lottando per le medesime istanze.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/2021_02_11_congiunzioni-23-escopost.mp3\"][/audio]","17 Febbraio 2021","2021-04-20 11:29:19","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/145203915_3674295042638744_8517258324990909061_n-200x110.jpg","CONGIUNZIONI #23 - ARIDACCE A' SANITA', NEH - [11 FEBBRAIO ]","podcast",1613584913,[],[],{"post_content":313},{"matched_tokens":314,"snippet":315,"value":316},[24],"un'opposizione forte di fronte allo \u003Cmark>spreco\u003C/mark> di risorse portato programmaticamente avanti","La pandemia ha svelato innumerevoli contraddizioni nel panorama della salute e in reazione ai tagli alla sanità pubblica, alla chiusura di ospedali sul territorio e all'insufficienza di risorse destinate alla salute sono nati dei percorsi per la riappropriazione di ospedali ormai chiusi ma che dovrebbero essere riconsegnati alla collettività.\r\n\r\nParliamo delle lotte che stanno nascendo sul territorio da Torino a Roma per la riapertura di ospedali che sarebbero una risorsa preziosa per i quartieri in cui sorgono.\r\n\r\nL’ospedalizzazione della salute non è di per sé una cosa auspicabile, tutto sommato ci rimane da chiederci perché in un periodo di stravolgimento totale come la crisi scaturita dal covid19, si costituiscano assemblee di persone che pretendono la restituzione di strutture sanitarie nel proprio quartiere: l'autorganizzazione degli abitanti per chiedere la riapertura di questi ospedali rappresentano un'opposizione forte di fronte allo \u003Cmark>spreco\u003C/mark> di risorse portato programmaticamente avanti dalla classe politica. 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Il Mose, monumento alla megalomania, allo spreco, all'appropriazione privata di risorse pubbliche, non ha mai funzionato ma probabilmente, anche a pieno regime rischierebbe di incidere poco in situazioni troppo estreme. Intanto la Bolivia si palesa come sanguinoso terreno di scontro tra una destra revanscista e apertamente razzista e le istanze indigene e contadine, che Evo Morales ha incarnato, nel bene o nel male, per tre mandati ma che da tempo ha difficoltà a tenere insieme, tanto che anche tra i suoi tradizionali sostenitori si è finito col chiederne le dimissioni anticipando il diktat dei militari. L'impossibilità per Morales e Linera di portare avanti un ambizioso piano di riforme sociali senza piegarsi alla ragione estrattivista ha sicuramente pesato.\r\n\r\nCosa accomuna il tema dell'estrattivismo e il tema delle grandi opere? Entrambi riflettono la natura eminentemente predatoria del capitale. In entrambi casi il paesaggio appare come uno sfondo, uno spazio liscio, la natura come risorsa gratuita o a buon mercato cui attingere senza remore, le popolazioni... solo un ostacolo e nemmeno più una risorsa da mettere al lavoro. Certo la Valle del Cauca non è la Valsusa e La Paz non è Venezia eppure il tardo capitalismo sembra posseduto da una logica puramente e\r\n\r\nstrattiva che spesso si sostanzia in complicati algoritmi finanziari e che, a seconda dei contesti e delle attività, si accompagna alla brutalità di militari o paramilitari o si nasconde in tiranniche app create per flessibilizzare il lavoro nel massimo grado, di controllare i lavoratori e di metterli in concorrenza senza che nemmeno si incontrino. Come diceva Harvey \"La lunga storia del capitalismo è incentrata su questo rapporto dinamico fra la continuità dell'accumulazione originaria da un lato, e le dinamiche dell'accumulazione attraverso il processo di riproduzione allargata descritte nel Capitale dall'altro\".\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/11/voci_3a_puntata-1.mp3\"][/audio]","21 Novembre 2019","2019-11-24 11:08:38","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/11/KNAmoses1130-200x110.jpg","Grandi Opere ed Estrattivismo - Voci Dall’Antropocene #3 - 18/11/19 -",1574358320,[333],"http://radioblackout.org/tag/voci-antropocene/",[294],{"post_content":336},{"matched_tokens":337,"snippet":338,"value":339},[24],"Mose, monumento alla megalomania, allo \u003Cmark>spreco\u003C/mark>, all'appropriazione privata di risorse pubbliche,","A Venezia è di nuovo \"acqua granda\" e la prospettiva del riscaldamento globale, che vuol dire anche innalzamento dei mari e loro contestuale surriscaldamento, non può che preoccupare sempre di più veneziani e non. 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Venerdì 23 un lungo assedio alle poche decine di fascisti radunatisi in via Baltea, la solidarietà degli abitanti, l'assenza di sostegno nel quartiere, che invece hanno riempito il giardinetto di corso Palermo angolo via Sesia, hanno decretato il flop dell'iniziativa fascista. \r\nBayer compra Monsanto: nasce il nuovo megamostro della chimica.\r\nNe abbiamo discusso con Marco Tafel\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nVenerdì 30 settembre\r\nore 21 – corso Palermo 46\r\npresentazione del libro di Alessio Lega “BAKUNIN, IL DEMONE DELLA RIVOLTA\r\nTra insurrezioni, complotti e galere i tumulti, le contraddizioni e l'incontenibile passione rivoluzionaria dell'anarchico russo” \r\nMichail Bakunin (1814-1876), nato nobile e morto in miseria, attraversa impetuosamente il suo secolo in nome di un'idea esagerata di libertà che sconvolge l'immaginario politico europeo. Pensatore rivoluzionario che tempra le sue idee nel fuoco dell'azione, accorre in difesa delle barricate di mezza Europa, collezionando condanne a morte in vari imperi e sopravvivendo a carcerazioni durissime. Deportato in Siberia, scappa – su slitte, cavalli, treni e velieri – per tornare lì dove la rivoluzione lo chiama: in un'Europa in ebollizione in cui lo aspettano altre barricate e altre insurrezioni. Vinto ma non domato, muore usurato da una vita segnata da mille sfide mentre – irresistibilmente – sta progettando nuove rivoluzioni e nuovi mondi.\r\nSabato 1 ottobre \r\nal Balon – via Andreis angolo via Borgodora (se piove in piazza della Repubblica sotto la tettoia dei casalinghi)\r\nore 10,30 – 13,30\r\nPresidio contro tutte le frontiere \r\nGiovedì 6 ottobre \r\nore 17,30\r\nai giardinetti di corso Palermo angolo via Sesia – punto info su guerra sociale e lotte nelle periferie, apericena benefit lotte sociali\r\nDocumenti\r\nComunicato-appello da parte di uno degli italiani unitosi allo YPG, scritto in occasione del corteo nazionale del 24 settembre a Roma. \r\nCiao a tutti e tutte, sono uno degli italiani che si sono uniti allo YPG, unità di difesa del popolo del Rojava. Non sono il primo e non sarò l'ultimo, in Rojava la solidarietà internazionale é molto forte e sono centinaia le persone che arrivano da ogni parte del mondo per far parte di questa rivoluzione. Siamo a conoscenza del corteo nazionale del 24 Settembre che si terrà a Roma e ciò non può che farci felici e darci sostegno e forza nel continuare a lottare.\r\nNelle ultime settimane sui giornali siamo stati chiamati terroristi, è stato detto che comunisti e anarchici vanno ad addestrarsi in Siria, vorrei dire ai giornalisti ed ai politici che si riempiono la bocca di belle parole, che questa rivoluzione non è fatta solo da comunisti o anarchici, ma anzi da curdi, arabi, assiri, ezidi, armeni, turcommanni e da tutte quelle persone che si identificano nel confederalismo democratico. La realtà è completamente diversa da quella che viene raccontata dai giornali e dal governo, i veri terroristi sono seduti nei palazzi del potere e spostano sulla scacchiera le loro pedine, un giorno amiche, un giorno nemiche, ma quando i nodi vengono al pettine e la verità viene a galla i nemici si scoprono. l'Italia è complice di questa guerra, l'Alenia fornisce elicotteri da combattimento alla Turchia per bombardare il Bakur, l'Italia è inoltre il maggior produttore di mine al mondo ed è anche grazie all'Italia se centinaia di persone sono morte o sono rimaste gravemente ferite per colpa delle migliaia di mine disseminate dall'Isis. Grazie all'accordo di 6 miliardi di euro tra unione europea e Turchia, migliaia di persone vivono in campi profughi che sono delle vere e proprie prigioni a cielo aperto. Grazie a questi soldi ricevuti dall'unione europea la Turchia sta completando la costruzione di un muro di separazione con il Rojava, con il quale si proteggono i militari che sparano senza scrupoli su chi cerca di scappare da questa guerra; sono già decine le persone uccise lungo questo confine.\r\n\r\nL'operazione di invasione del Rojava da parte della Turchia è partita già a metà agosto con la finta invasione di Jarablus, in pratica operazione di sostegno all'Isis, che per la prima volta è retrocesso senza combattere. Successivamente la Turchia ha utilizzato questa nuova postazione per far partire l'invasione di alcuni villaggi del cantone di Efrin; e in queste settimane sono state molte le provocazioni.\r\n\r\nIl rischio di una guerra aperta tra Turchia e Rojava è sempre più alto; ora più che mai è importante sostenere il confederalismo democratico a livello internazionale facendo pressioni sui governi e sugli Stati, complici e autori di questa guerra, perchè interrompano le relazioni politiche, economiche e militari con Ankara; ora più che mai è importante chiedere l'apertura delle frontiere per far entrare aiuti alimentari e medicine, beni di prima necessità che qui mancano.\r\n\r\nE' questa la vera realtà della guerra; la lotta al terrorismo è una menzogna ed è soltanto una facciata per nascondere gli interessi di governi e industrie belliche.\r\n\r\nIl mio pensiero qui in Rojava non può che andare alle migliaia di compagni e compagne caduti o rimasti gravemente feriti per far si che questa rivoluzione sia ancora in vita e prosegua il percorso verso la libertà.\r\n\r\nSperando sempre che dai semi rivoluzionari gettati qui in Rojava un giorno possano nascere fiori in tutto il mondo.\r\nBiji Rojava biji Kurdistan. \r\nSerkeftin\r\n000000\r\nLa Commissione di Corrispondenza dellaFederazione Anarchica Italiana fa propriol’appello del Gruppo Anarchico “Carlo Cafiero” – FAI di Roma, ed invita tutte le realtà federate ad attivarsi per la più ampia partecipazione allo spezzone rosso e nero alla manifestazione del 24 settembre a Roma.\r\nIl colpo di stato in Turchia ha permesso al governo turco di imporre lo stato di emergenza, e di accrescere la repressione nei confronti dei gruppi attivi nelle lotte e dei movimenti sociali. Anche i/le nostre compagni/e anarchici/che della DAF (Devrimci Anarsist Faaliyet / Azione Rivoluzionaria Anarchica) oltra a socialisti, gruppi curdi democratici sono stati colpiti dalla stretta liberticida del governo. 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Le pietre di cui fa cenno il titolo sono quelle che hanno gettato i residenti di alcuni quartieri di San Francisco contro i Google bus che vengono a raccogliere i dipendenti dell’omonima ditta. Attorno alle fermate dei bus dei privilegiati dell’azienda informatica gli affitti sono cresciuti in maniera talmente elevata che molti abitanti sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Una nuova forma raffinata di gentrificazioneii.\r\n\r\nRushkoff, scrittore e saggista cyberpunk e collaboratore di Timothy Leary ci descrive un mondo in cui le differenze aumentano e nel quale le promesse di maggiori opportunità e di democrazia dell’economia digitale si sono rivelate un abbaglio fatale. “Il problema è che siamo ostaggi della trappola della crescita e le tecnologie digitali, che all’inizio sembravano promettere modelli più distribuiti e partecipati per l’economia, si sono trasformate in meri acceleratori di una crescita sempre più frenetica e sorda ai bisogni della società”iii. Nel suo libro Rushkoff cerca di spiegare dove abbiamo sbagliato e per quale motivo e come sia possibile riprogrammare l’economia digitale e le nostre attività ripartendo dal basso per promuovere un’economia sostenibile per raggiungere un benessere il più diffuso possibile.\r\n\r\nNella costruzione del nostro ambiente urbano ci siamo lasciati affascinare dallo stesso meccanismo: la crescita impetuosa delle città e delle conurbazioni a causa di un mix di demografia e spinte speculative ha prodotto i modelli illusori di ‘smart city’, di città cablate super tecnologiche e la rincorsa al gigantismo ed alle emergenze dei grandi edifici simbolo, incarnazione della ‘hubris’ degli archi-star. Ora ci rendiamo conto che questa corsa alla cementificazione del pianeta produce solo macerie nel tessuto abitativo e nei legami comunitari, indispensabili per una vita in armonia con l’ambiente e il territorio.\r\n\r\nL’edizione 2016 della Biennale di Architettura di Venezia, curata dal cileno Alejandro Aravena ha come titolo Reporting from the front ed ha l’ambizione di fotografare lo stato dei lavori in quelle aree del mondo di frontiera in cui si sta preparando il futuro del nostro spazio abitativo.\r\n\r\nQuesta Biennale nelle intenzioni di Aravena si “propone dunque di condividere con un pubblico più ampio, il lavoro delle persone che scrutano l’orizzonte alla ricerca di nuovi ambiti di azione, affrontando temi quali la segregazione, le diseguaglianze, le perifereie, l’accesso a strutture igienico-sanitarie, i disastri naturali, la carenza di alloggi, la migrazione, l’informalità, la criminalità, il traffico, lo spreco, l’inquinamento e la partecipazione delle comunità.”\r\n\r\nE Paolo Baratta, Presidente della Biennale aggiunge: “Ci interessa l’architettura come strumento di self-government, come strumento di una civiltà umanistica, non in grazia di uno stile formale, ma come evidenza della capacità dell’uomo di essere padrone dei propri destini”.\r\n\r\nUna edizione con un programma sideralmente opposto a quello della precedente, affidata all’archistar Rem Koolhas, che mette sul tappeto molti temi che come libertari ci sono cari: l’autocostruzione, la partecipazione, la progettazione comunitaria e i processi ecologici di recupero dell’esistente insieme allo sviluppo di tecnologie appropriate condivisibili.\r\n\r\nBaratta ci ricorda che l’immaginario architettonico del secolo scorso preconizzava la costruzione di grandi centri urbani inseriti in un territorio che offriva ancora grandi spazi vergini. È stato il periodo della ‘ville radieuse’ di Le Corbusier, della realizzazione in nuovi insediamenti di grandi capitali, come Chandigar o Brasilia. Oggi gli spazi su cui gli architetti sono chiamati ad operare sono spesso enormi aree urbane abbandonate e degradate ed in ogni caso, a causa della crescita urbana e delle nuove forme di produzione post-industriale, gli spazi naturali tendono a divenire sempre più spazi interni ad una pianificazione planetaria.\r\n\r\nSpazi che le autorità non riescono più a controllare o dirigere, per mancanza di risorse economiche ma anche di nuovi strumenti operativi efficaci. Ottima situazione per chi è impegnato in prima linea, sul‘fronte’ e sperimenta nuovi modelli abitativi solidali.\r\n\r\n“una volta i villaggi ci proteggevano dalla natura oggi la natura è il nostro rifugio dalle tensioni urbane” ci ricorda nella sua installazione di video il cileno Elton Leniz invitato da Aravena.\r\n\r\nLa situazione attuale dello sviluppo del fenomeno urbano è ben fotografata nel padiglione della Sala d’armi all’Arsenale dove è esposto il Progetto Speciale ‘Conflitti dell’era urbana’ curato da Riky Burdett. Burdett descrive le due grandi spinte che tendono a definire il nostro ambiente costruito: quelle che lui definisce le Soluzioni dall’alto -quelle istituzionali e dei grandi agenti della pianificazione- su una parete del padiglione e le Soluzioni dal basso –autocostruzione, partecipazione e processi spontanei- sulla parete opposta. Tra i due estremi sono rappresentate le mappe di alcune conurbazioni rappresentative che tendono a diventare in ogni luogo del pianeta ‘il territorio’ non solo una parte dell’ambiente antropizzato: il ‘tutto costruito’ con spazi di ‘natura’ addomesticata tra i suoi interstizi, l’opposto del rapporto urbano agricolo naturale artificiale che esiste da quando esiste l’uomo civile, il prodotto della ‘civitas’, la comunità stanziale di un gruppo di uomini in un territorio definito dalla sua architettura.\r\n\r\nSi aprono spazi vuoti all’interno di queste inquietanti conurbazioni neo-plastiche e come dice Baratta, è in questi spazi, che sono il fronte in cui si combatte per definire l’assetto del nostro ambiente futuro, che dobbiamo cercare esperienze e buone pratiche da analizzare. Reporting from the Front. Con l’intento di ingenerare progetti e processi che diano risposte complesse e condivisibili e che possano divenire nuovi standard e modelli. Architetture anche di piccole dimensioni ma che presentino un’alta qualità professionale e un forte legame con le comunità che le generano.\r\n\r\nRushkoff nel suo saggio parla anche di gig economy, l’economia dei piccoli lavori on-demand, modello Uber, in poche parole il modello che vuole trasportarci dal‘diritto al lavoro’ al nessun diritto dei ‘lavoretti’. In vista di un’uberizzazione della società dobbiamo adattarci anche a una gig-architecture? A un’architettura dei progettini? Che se poi piacciono e funzionano possano essere rilanciati da qualche bella multinazionale e ri-proposti come ready made architettonici. Servono a questo i tanti collettivi, più o meno marginali o antagonisti che vediamo rappresentati in questa bella biennale? Mettere in moto qualche interessante Processo che possa poi da altri essere rivenduto come Progetto?\r\n\r\nProgetti e Processi\r\n\r\nUn discrimine da avere ben presente tra le proposte interessanti viste in questa Biennale è proprio quello di saper distinguere da chi propone progetti confezionati da rivendere alla comunità e tra chi sceglie di ingenerare processi di crescita dal basso proponendo soluzioni che diano risposte a bisogni locali che diventino poi patrimonio collettivo. È ad esempio la scelta del gruppo Ctrl+z: costruire processi in forma partecipativa che non siano isolabili dal contesto che li ha prodotti, che valgano qui e ora, con questo materiale. Un bel esempio le “atrapaniebla” le torri dell’acqua che trasformano la condensa della nebbia in acqua potabile che Ctrl+z ha presentato ai magazzini del Sale nella mostra Spazi d’Eccezione, ‘torri low-tech basate sui materiali che si possono trovare a livello locale. Grazie alla leggerezza e alla modularità. La nostra proposta si può montare in due giorni senza la necessità di gru, ponteggi o altri ausili.’ Un modello della torre è stato montato all’interno dell’Esposizione nel giardino dell’Arsenale.\r\n\r\nA poca distanza la Norman Foster Foundation, insieme alla Future Africa EPFL e ad altre fondazioni, propone una rete di drone-port, aereoporti per droni per collegare in Africa villaggi isolati in ampi territori senza altre possibilità di comunicazione efficienti. I drone-port di Foster sono l’estto opposto della proposta di Ctrl+z, si riducono ad una scatola ed un progetto realizzabile in loco grazie ad un know how centralizzato, drone-porti per ricevere attraverso velivoli teleguidati ad alta tecnologie merci da un distributore lontano, un ragno nella rete da qualche parte. La realizzazione tecnologica dell’antico ‘culto del Cargo’ caro agli antropologi.\r\n\r\nSpazi d’Eccezione\r\n\r\nI fronti da esplorare oggi non sono quello spazio piano senza limiti che sembra indicare il logo di questa edizione: una foto scattata da Bruce Chatwin che ritrae un’archeologa tedesca, Maria Reiche, sopra una scala di alluminio che osserva i tracciati di pietre del deserto peruviano di Nazca, sono fronti interni allo sviluppo planetario del capitale, luoghi di rovine, di cicatrici, di macerie, quasi sempre ‘spazi d’eccezione’ in cui le normali regole del vivere sono sospese da un potere non normato. E in quei fronti, da tempo, c’è chi lotta e costruisce alternative. Di questi lotte dà testimonianza con uno sguardo libertario l’esposizione ‘Spazi d’Eccezione’ ai Magazzini del Sale, ‘un libro, un meeting e una mostra’ organizzati dai collettivi di Escuela Moderna e S.a.L.E. Docks.\r\n\r\nCtrl+z, Recets Urbanas che abbiamo già citato e altri espositori al Sale partecipano in varie forme anche all’esposizione ufficiale e Spazi d’Eccezione ha organizzato anche un meeting interno alla Biennale nell’ambito delle Biennale Sessions, per portare argomenti misteriosamente scomparsi dal dibattito sul territorio quali il No Mose, il No Tav il No Muos e tanti alti piccoli tentativi di autogestione del territorio e delle lotte urbane. Un tentativo di intrusione riuscito all’interno della Biennale ufficiale è stato quello del colletivo ‘Detroit Resist’ presente nella mostra al Sale che si occupa in modo militante di riqualificazione urbana a Detroit, un gruppo composto da attivisti, artisti, architetti e membri della comunità. Detroit Resist ha organizzato una occupazione digitale del padiglione degli Usa che quest’anno ha come tema “The Architectural immagination” e come oggetto proprio la riqualificazione della città di Detroit con giganteschi progetti con fini speculativi.\r\n\r\nTante sono le presenze libertarie di cui varrebbe la pena dare conto, dall’allestimento del padiglione Italia affidato alla TAM associati dal titolo ‘Taking Care, progettare per il bene comune’ alle presenze individuali, ai collettivi ad alcuni interessanti padiglioni nazionali. Iniziamo presentando il progetto ‘Spazi d’eccezione’ con un articolo di Paolo Martore e Massimo Mazzone. Altri seguiranno.\r\n\r\n“‘Spazi d’eccezione’ NON è un Padiglione Nazionale né un pezzo della Mostra Internazionale né un evento collaterale. ‘Spazi d’eccezione’ è quel lato in ombra a cui tutti fanno riferimento, quel Germinal, quell’humus dal quale tutti ambiguamente attingono, ma di cui nessuno parla mai con chiarezza.”iv Così Massimo Mazzone portavoce di Escuela Moderna nella sua introduzione al catalogo dell’esposizione.\r\n\r\nIn uno dei tanti padiglioni che trattavano di autocostruzione tra le varie indicazioni operative figurava anche la dicitura: ‘quando e in quali luoghi è opportuno accettare situazioni diffuse di illegalità marginale per favorire la costituzione di comunità…’\r\n\r\nNell’installazione di Recetas Urbanas nel padiglione all’Arsenale, all’interno della Biennale, si rivendicava il ‘diritto’ all’illegalità in situazioni di necessità: ecco la differenza che conta con la mostra istituzionale e che appare filo conduttore dell’esposizione al Sale.\r\n\r\nTolleranza dall’alto rivendicazione dal basso. Le varie gradazioni di questo rapporto segnano il sottile confine tra una social democrazia eterodiretta ed una comunità viva con fermenti libertari. Di ciò soprattutto dà testimonianza Spazi d’eccezione.\r\n\r\nViene a proposito il post di Marco Baravalle, animatore di ‘S.a.L.E. Docks’ e curatore di ‘Spazi d’eccezione’ insieme a Massimo Mazzone, a commento della cancellazione della performance Rebootati al padiglione Uruguaiano da parte della direzione della Biennale: “L'arte e l'architettura amano l'informalità quando si lascia rappresentare. Questo è l'essenza del pauperismo: fare dei poveri un soggetto immobile, procedere al saccheggio culturale oltre che a quello materiale. Ad essi è consentito solo di partecipare (solitamente a ciò che è già stato scelto), ad essi è consentito di attivarsi in quanto comunità (che parola è?) su sollecitazione dell'artista o dall'architetto di turno. Che l'illegalità sia individuale, di massa, dettata dalla fame o orientata politicamente, essa è una necessità legata alla sopravvivenza, al miglioramento delle proprie condizioni sociali o ad un nuovo modo di vivere in comune. Secondo qualcuno queste sono anche le priorità dell'architettura.”\r\n\r\n“Spazi d’eccezione credo sia un’ottima risposta e contemporaneamente una vetrina –anche se parziale- di tante praticabili ipotesi di lavoro. Spazi di Eccezione serve a mostrare alcune delle tante iniziative di libertà che combattono sul fronte del costruito che con difficoltà e determinazione stanno cercando di mettersi in rete e acquistare forma visibile.\r\n\r\nÈ in questa ottica che le esperienze contenute in questo lavoro comune hanno un senso, sono alfabeti, sillabe di linguaggi base per ricreare mondi con parole, azioni, fantasie di pratiche condivise. L’espressione di volontà che già esistono e balbettano futuri di libertà e testimonianza necessaria di un filone regressivo nelle pratiche progettuali e nella pianificazione urbana e territoriale che ritorna dominante nel panorama contemporaneo. Pratiche attive da sempre ma che ritornano visibili.\r\n\r\nRebuilding from the front, non Reporting. Un’azione attiva, non una passiva. Non un centro che va a vedere una periferia ma una periferia –anche interna- che ritrova/reinventa la propria forma. Non riportare dal fronte ma ricostruire dal fronte, partendo da ciò che già esiste nel presente, secondo l’insegnamento di Peter Kropotkin, senza ideologie, attraverso sperimentazioni continue.\r\n\r\nCominciamo dunque a ricostruire il mondo partendo dal fronte, da dove si combatte ogni giorno per dare forma a spazi di libertà, spazi che esistono in luoghi marginali, su fratture tettoniche, in Rojava e nelle nostre metropoli, che si parlano in rete e si reinventano quotidianamente, TAZ, zone temporaneamente autonome che anche clonate o colonizzate restano vive altrove, affreschi che occupano spazi e pareti e spariscono coperti da una mano di Blu, seppellendo con una risata gli affanni del mercato.”v\r\n\r\n\r\ni Throwing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperity (Tirare pietre al bus di Google: come la crescita è diventata la nemica della prosperità) Douglas Rushkoff, Portfolio, 2016.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nii Per gentrificazione si intende la trasformazione di un quartiere popolare o degradato in zona abitativa di pregio, con conseguente cambiamento della composizione sociale e dei prezzi delle abitazioni.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niii ‘Il Digitale era un’utopia. Ora è un incubo Monopolista’, di Giuliano Aluffi in il Venerdì della Repubblica, 26 maggio 2016\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niv Spazi d’eccezione, a cura di Escuela Moderna – S.a.L.E. Docks; Milieu,pag.9 edizioni, Milano 2016\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nv idem pag.38","23 Settembre 2016","2018-10-17 23:05:54","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/barriera-antifa-07-200x110.jpg","Anarres del 23 settembre: megalopoli, gentrification, resistenza popolare e architettura; Rojava; retate al campo rom; casa Pound non sbarca in Barriera, Bayer assorbe Monsanto",1474643948,[356],"http://radioblackout.org/tag/macerie-su-macerie/",[277],{"post_content":359},{"matched_tokens":360,"snippet":361,"value":362},[24],"la criminalità, il traffico, lo \u003Cmark>spreco\u003C/mark>, l’inquinamento e la partecipazione delle","Anarres del 23 settembre: megalopoli, gentrification, resistenza popolare e architettura; Rojava; retate al campo rom; casa Pound non sbarca in Barriera, Bayer assorbe Monsanto\r\n\r\nAscolta il podcast della puntata:\r\n\r\n2016-09-23-anarres1\r\n\r\n2016-09-23-anarres2\r\n\r\nNel nostro viaggio su Anarres – il pianeta delle utopie concrete questa settimana siamo approdati a...\r\n\r\nAbbiamo preso spunto dall'ultima, anomala, Biennale di architettura di Venezia per parlare di gentrification, megaprogetti, resistenza popolare e architettura.\r\nCi ha guidato in questo viaggio tra Europa, Sud America e Africa, Franco Buncuga, anarchico, architetto, collaboratore della rivista ApArte per la quale ha realizzato un articolo sulla Biennale.\r\n\r\nRojava – il corteo del 24 settembre a Roma: il comunicato della cdc della fai, l’appello di un combattente italiano.\r\n\r\nAppendino come Fassino: retate, arresti e fogli di via al campo rom di via Germagnano\r\n\r\nCasa Pound non sbarca in Barriera. Venerdì 23 un lungo assedio alle poche decine di fascisti radunatisi in via Baltea, la solidarietà degli abitanti, l'assenza di sostegno nel quartiere, che invece hanno riempito il giardinetto di corso Palermo angolo via Sesia, hanno decretato il flop dell'iniziativa fascista. \r\nBayer compra Monsanto: nasce il nuovo megamostro della chimica.\r\nNe abbiamo discusso con Marco Tafel\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nVenerdì 30 settembre\r\nore 21 – corso Palermo 46\r\npresentazione del libro di Alessio Lega “BAKUNIN, IL DEMONE DELLA RIVOLTA\r\nTra insurrezioni, complotti e galere i tumulti, le contraddizioni e l'incontenibile passione rivoluzionaria dell'anarchico russo” \r\nMichail Bakunin (1814-1876), nato nobile e morto in miseria, attraversa impetuosamente il suo secolo in nome di un'idea esagerata di libertà che sconvolge l'immaginario politico europeo. Pensatore rivoluzionario che tempra le sue idee nel fuoco dell'azione, accorre in difesa delle barricate di mezza Europa, collezionando condanne a morte in vari imperi e sopravvivendo a carcerazioni durissime. Deportato in Siberia, scappa – su slitte, cavalli, treni e velieri – per tornare lì dove la rivoluzione lo chiama: in un'Europa in ebollizione in cui lo aspettano altre barricate e altre insurrezioni. Vinto ma non domato, muore usurato da una vita segnata da mille sfide mentre – irresistibilmente – sta progettando nuove rivoluzioni e nuovi mondi.\r\nSabato 1 ottobre \r\nal Balon – via Andreis angolo via Borgodora (se piove in piazza della Repubblica sotto la tettoia dei casalinghi)\r\nore 10,30 – 13,30\r\nPresidio contro tutte le frontiere \r\nGiovedì 6 ottobre \r\nore 17,30\r\nai giardinetti di corso Palermo angolo via Sesia – punto info su guerra sociale e lotte nelle periferie, apericena benefit lotte sociali\r\nDocumenti\r\nComunicato-appello da parte di uno degli italiani unitosi allo YPG, scritto in occasione del corteo nazionale del 24 settembre a Roma. \r\nCiao a tutti e tutte, sono uno degli italiani che si sono uniti allo YPG, unità di difesa del popolo del Rojava. Non sono il primo e non sarò l'ultimo, in Rojava la solidarietà internazionale é molto forte e sono centinaia le persone che arrivano da ogni parte del mondo per far parte di questa rivoluzione. Siamo a conoscenza del corteo nazionale del 24 Settembre che si terrà a Roma e ciò non può che farci felici e darci sostegno e forza nel continuare a lottare.\r\nNelle ultime settimane sui giornali siamo stati chiamati terroristi, è stato detto che comunisti e anarchici vanno ad addestrarsi in Siria, vorrei dire ai giornalisti ed ai politici che si riempiono la bocca di belle parole, che questa rivoluzione non è fatta solo da comunisti o anarchici, ma anzi da curdi, arabi, assiri, ezidi, armeni, turcommanni e da tutte quelle persone che si identificano nel confederalismo democratico. La realtà è completamente diversa da quella che viene raccontata dai giornali e dal governo, i veri terroristi sono seduti nei palazzi del potere e spostano sulla scacchiera le loro pedine, un giorno amiche, un giorno nemiche, ma quando i nodi vengono al pettine e la verità viene a galla i nemici si scoprono. l'Italia è complice di questa guerra, l'Alenia fornisce elicotteri da combattimento alla Turchia per bombardare il Bakur, l'Italia è inoltre il maggior produttore di mine al mondo ed è anche grazie all'Italia se centinaia di persone sono morte o sono rimaste gravemente ferite per colpa delle migliaia di mine disseminate dall'Isis. Grazie all'accordo di 6 miliardi di euro tra unione europea e Turchia, migliaia di persone vivono in campi profughi che sono delle vere e proprie prigioni a cielo aperto. Grazie a questi soldi ricevuti dall'unione europea la Turchia sta completando la costruzione di un muro di separazione con il Rojava, con il quale si proteggono i militari che sparano senza scrupoli su chi cerca di scappare da questa guerra; sono già decine le persone uccise lungo questo confine.\r\n\r\nL'operazione di invasione del Rojava da parte della Turchia è partita già a metà agosto con la finta invasione di Jarablus, in pratica operazione di sostegno all'Isis, che per la prima volta è retrocesso senza combattere. Successivamente la Turchia ha utilizzato questa nuova postazione per far partire l'invasione di alcuni villaggi del cantone di Efrin; e in queste settimane sono state molte le provocazioni.\r\n\r\nIl rischio di una guerra aperta tra Turchia e Rojava è sempre più alto; ora più che mai è importante sostenere il confederalismo democratico a livello internazionale facendo pressioni sui governi e sugli Stati, complici e autori di questa guerra, perchè interrompano le relazioni politiche, economiche e militari con Ankara; ora più che mai è importante chiedere l'apertura delle frontiere per far entrare aiuti alimentari e medicine, beni di prima necessità che qui mancano.\r\n\r\nE' questa la vera realtà della guerra; la lotta al terrorismo è una menzogna ed è soltanto una facciata per nascondere gli interessi di governi e industrie belliche.\r\n\r\nIl mio pensiero qui in Rojava non può che andare alle migliaia di compagni e compagne caduti o rimasti gravemente feriti per far si che questa rivoluzione sia ancora in vita e prosegua il percorso verso la libertà.\r\n\r\nSperando sempre che dai semi rivoluzionari gettati qui in Rojava un giorno possano nascere fiori in tutto il mondo.\r\nBiji Rojava biji Kurdistan. \r\nSerkeftin\r\n000000\r\nLa Commissione di Corrispondenza dellaFederazione Anarchica Italiana fa propriol’appello del Gruppo Anarchico “Carlo Cafiero” – FAI di Roma, ed invita tutte le realtà federate ad attivarsi per la più ampia partecipazione allo spezzone rosso e nero alla manifestazione del 24 settembre a Roma.\r\nIl colpo di stato in Turchia ha permesso al governo turco di imporre lo stato di emergenza, e di accrescere la repressione nei confronti dei gruppi attivi nelle lotte e dei movimenti sociali. Anche i/le nostre compagni/e anarchici/che della DAF (Devrimci Anarsist Faaliyet / Azione Rivoluzionaria Anarchica) oltra a socialisti, gruppi curdi democratici sono stati colpiti dalla stretta liberticida del governo. Il giornale Meydan è stato chiuso e tre nuove indagini sono state avviate, con la scusa di essere un’organizzazione terroristica. \r\n Nelle regioni a maggioranza curda la repressione ha assunto la forma di una guerra aperta contro la popolazione, mentre gli attivisti in carcere, fra cui Abdullah Öcalan, sono costretti in condizioni inumane.\r\n La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana, sicura di interpretare i sentimenti delle anarchiche e degli anarchici di lingua italiana, esprime la solidarietà internazionalista al popolo curdo e a tutti i popoli che vivono nelle regioni del Kurdistan, vittime dell’aggressione della Turchia, della Siria e dello Stato Islamico; esprime altresì il sostegno alla resistenza, all’autogestione dal basso ed al comunalismo, alla rivoluzione in Rojava, per il suo ulteriore sviluppo in una prospettiva libertaria; invita a mobilitarsi contro il governo italiano e le altre potenze imperialiste, grandi e piccole, dell’est e dell’ovest, che appoggiano la guerra e il progetto di annientamento del popolo curdo.\r\n000000\r\nUna Biennale d’eccezione \r\n\r\nLanciando pietre\r\n\r\nThrowing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperityi di Douglas Rushkoff se non fosse un interessante libro sugli esiti della economia digitale potrebbe essere un ottimo libro di architettura. Le pietre di cui fa cenno il titolo sono quelle che hanno gettato i residenti di alcuni quartieri di San Francisco contro i Google bus che vengono a raccogliere i dipendenti dell’omonima ditta. Attorno alle fermate dei bus dei privilegiati dell’azienda informatica gli affitti sono cresciuti in maniera talmente elevata che molti abitanti sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Una nuova forma raffinata di gentrificazioneii.\r\n\r\nRushkoff, scrittore e saggista cyberpunk e collaboratore di Timothy Leary ci descrive un mondo in cui le differenze aumentano e nel quale le promesse di maggiori opportunità e di democrazia dell’economia digitale si sono rivelate un abbaglio fatale. “Il problema è che siamo ostaggi della trappola della crescita e le tecnologie digitali, che all’inizio sembravano promettere modelli più distribuiti e partecipati per l’economia, si sono trasformate in meri acceleratori di una crescita sempre più frenetica e sorda ai bisogni della società”iii. Nel suo libro Rushkoff cerca di spiegare dove abbiamo sbagliato e per quale motivo e come sia possibile riprogrammare l’economia digitale e le nostre attività ripartendo dal basso per promuovere un’economia sostenibile per raggiungere un benessere il più diffuso possibile.\r\n\r\nNella costruzione del nostro ambiente urbano ci siamo lasciati affascinare dallo stesso meccanismo: la crescita impetuosa delle città e delle conurbazioni a causa di un mix di demografia e spinte speculative ha prodotto i modelli illusori di ‘smart city’, di città cablate super tecnologiche e la rincorsa al gigantismo ed alle emergenze dei grandi edifici simbolo, incarnazione della ‘hubris’ degli archi-star. Ora ci rendiamo conto che questa corsa alla cementificazione del pianeta produce solo macerie nel tessuto abitativo e nei legami comunitari, indispensabili per una vita in armonia con l’ambiente e il territorio.\r\n\r\nL’edizione 2016 della Biennale di Architettura di Venezia, curata dal cileno Alejandro Aravena ha come titolo Reporting from the front ed ha l’ambizione di fotografare lo stato dei lavori in quelle aree del mondo di frontiera in cui si sta preparando il futuro del nostro spazio abitativo.\r\n\r\nQuesta Biennale nelle intenzioni di Aravena si “propone dunque di condividere con un pubblico più ampio, il lavoro delle persone che scrutano l’orizzonte alla ricerca di nuovi ambiti di azione, affrontando temi quali la segregazione, le diseguaglianze, le perifereie, l’accesso a strutture igienico-sanitarie, i disastri naturali, la carenza di alloggi, la migrazione, l’informalità, la criminalità, il traffico, lo \u003Cmark>spreco\u003C/mark>, l’inquinamento e la partecipazione delle comunità.”\r\n\r\nE Paolo Baratta, Presidente della Biennale aggiunge: “Ci interessa l’architettura come strumento di self-government, come strumento di una civiltà umanistica, non in grazia di uno stile formale, ma come evidenza della capacità dell’uomo di essere padrone dei propri destini”.\r\n\r\nUna edizione con un programma sideralmente opposto a quello della precedente, affidata all’archistar Rem Koolhas, che mette sul tappeto molti temi che come libertari ci sono cari: l’autocostruzione, la partecipazione, la progettazione comunitaria e i processi ecologici di recupero dell’esistente insieme allo sviluppo di tecnologie appropriate condivisibili.\r\n\r\nBaratta ci ricorda che l’immaginario architettonico del secolo scorso preconizzava la costruzione di grandi centri urbani inseriti in un territorio che offriva ancora grandi spazi vergini. È stato il periodo della ‘ville radieuse’ di Le Corbusier, della realizzazione in nuovi insediamenti di grandi capitali, come Chandigar o Brasilia. Oggi gli spazi su cui gli architetti sono chiamati ad operare sono spesso enormi aree urbane abbandonate e degradate ed in ogni caso, a causa della crescita urbana e delle nuove forme di produzione post-industriale, gli spazi naturali tendono a divenire sempre più spazi interni ad una pianificazione planetaria.\r\n\r\nSpazi che le autorità non riescono più a controllare o dirigere, per mancanza di risorse economiche ma anche di nuovi strumenti operativi efficaci. Ottima situazione per chi è impegnato in prima linea, sul‘fronte’ e sperimenta nuovi modelli abitativi solidali.\r\n\r\n“una volta i villaggi ci proteggevano dalla natura oggi la natura è il nostro rifugio dalle tensioni urbane” ci ricorda nella sua installazione di video il cileno Elton Leniz invitato da Aravena.\r\n\r\nLa situazione attuale dello sviluppo del fenomeno urbano è ben fotografata nel padiglione della Sala d’armi all’Arsenale dove è esposto il Progetto Speciale ‘Conflitti dell’era urbana’ curato da Riky Burdett. Burdett descrive le due grandi spinte che tendono a definire il nostro ambiente costruito: quelle che lui definisce le Soluzioni dall’alto -quelle istituzionali e dei grandi agenti della pianificazione- su una parete del padiglione e le Soluzioni dal basso –autocostruzione, partecipazione e processi spontanei- sulla parete opposta. Tra i due estremi sono rappresentate le mappe di alcune conurbazioni rappresentative che tendono a diventare in ogni luogo del pianeta ‘il territorio’ non solo una parte dell’ambiente antropizzato: il ‘tutto costruito’ con spazi di ‘natura’ addomesticata tra i suoi interstizi, l’opposto del rapporto urbano agricolo naturale artificiale che esiste da quando esiste l’uomo civile, il prodotto della ‘civitas’, la comunità stanziale di un gruppo di uomini in un territorio definito dalla sua architettura.\r\n\r\nSi aprono spazi vuoti all’interno di queste inquietanti conurbazioni neo-plastiche e come dice Baratta, è in questi spazi, che sono il fronte in cui si combatte per definire l’assetto del nostro ambiente futuro, che dobbiamo cercare esperienze e buone pratiche da analizzare. Reporting from the Front. Con l’intento di ingenerare progetti e processi che diano risposte complesse e condivisibili e che possano divenire nuovi standard e modelli. Architetture anche di piccole dimensioni ma che presentino un’alta qualità professionale e un forte legame con le comunità che le generano.\r\n\r\nRushkoff nel suo saggio parla anche di gig economy, l’economia dei piccoli lavori on-demand, modello Uber, in poche parole il modello che vuole trasportarci dal‘diritto al lavoro’ al nessun diritto dei ‘lavoretti’. In vista di un’uberizzazione della società dobbiamo adattarci anche a una gig-architecture? A un’architettura dei progettini? Che se poi piacciono e funzionano possano essere rilanciati da qualche bella multinazionale e ri-proposti come ready made architettonici. Servono a questo i tanti collettivi, più o meno marginali o antagonisti che vediamo rappresentati in questa bella biennale? Mettere in moto qualche interessante Processo che possa poi da altri essere rivenduto come Progetto?\r\n\r\nProgetti e Processi\r\n\r\nUn discrimine da avere ben presente tra le proposte interessanti viste in questa Biennale è proprio quello di saper distinguere da chi propone progetti confezionati da rivendere alla comunità e tra chi sceglie di ingenerare processi di crescita dal basso proponendo soluzioni che diano risposte a bisogni locali che diventino poi patrimonio collettivo. È ad esempio la scelta del gruppo Ctrl+z: costruire processi in forma partecipativa che non siano isolabili dal contesto che li ha prodotti, che valgano qui e ora, con questo materiale. Un bel esempio le “atrapaniebla” le torri dell’acqua che trasformano la condensa della nebbia in acqua potabile che Ctrl+z ha presentato ai magazzini del Sale nella mostra Spazi d’Eccezione, ‘torri low-tech basate sui materiali che si possono trovare a livello locale. Grazie alla leggerezza e alla modularità. La nostra proposta si può montare in due giorni senza la necessità di gru, ponteggi o altri ausili.’ Un modello della torre è stato montato all’interno dell’Esposizione nel giardino dell’Arsenale.\r\n\r\nA poca distanza la Norman Foster Foundation, insieme alla Future Africa EPFL e ad altre fondazioni, propone una rete di drone-port, aereoporti per droni per collegare in Africa villaggi isolati in ampi territori senza altre possibilità di comunicazione efficienti. I drone-port di Foster sono l’estto opposto della proposta di Ctrl+z, si riducono ad una scatola ed un progetto realizzabile in loco grazie ad un know how centralizzato, drone-porti per ricevere attraverso velivoli teleguidati ad alta tecnologie merci da un distributore lontano, un ragno nella rete da qualche parte. La realizzazione tecnologica dell’antico ‘culto del Cargo’ caro agli antropologi.\r\n\r\nSpazi d’Eccezione\r\n\r\nI fronti da esplorare oggi non sono quello spazio piano senza limiti che sembra indicare il logo di questa edizione: una foto scattata da Bruce Chatwin che ritrae un’archeologa tedesca, Maria Reiche, sopra una scala di alluminio che osserva i tracciati di pietre del deserto peruviano di Nazca, sono fronti interni allo sviluppo planetario del capitale, luoghi di rovine, di cicatrici, di macerie, quasi sempre ‘spazi d’eccezione’ in cui le normali regole del vivere sono sospese da un potere non normato. E in quei fronti, da tempo, c’è chi lotta e costruisce alternative. Di questi lotte dà testimonianza con uno sguardo libertario l’esposizione ‘Spazi d’Eccezione’ ai Magazzini del Sale, ‘un libro, un meeting e una mostra’ organizzati dai collettivi di Escuela Moderna e S.a.L.E. Docks.\r\n\r\nCtrl+z, Recets Urbanas che abbiamo già citato e altri espositori al Sale partecipano in varie forme anche all’esposizione ufficiale e Spazi d’Eccezione ha organizzato anche un meeting interno alla Biennale nell’ambito delle Biennale Sessions, per portare argomenti misteriosamente scomparsi dal dibattito sul territorio quali il No Mose, il No Tav il No Muos e tanti alti piccoli tentativi di autogestione del territorio e delle lotte urbane. Un tentativo di intrusione riuscito all’interno della Biennale ufficiale è stato quello del colletivo ‘Detroit Resist’ presente nella mostra al Sale che si occupa in modo militante di riqualificazione urbana a Detroit, un gruppo composto da attivisti, artisti, architetti e membri della comunità. Detroit Resist ha organizzato una occupazione digitale del padiglione degli Usa che quest’anno ha come tema “The Architectural immagination” e come oggetto proprio la riqualificazione della città di Detroit con giganteschi progetti con fini speculativi.\r\n\r\nTante sono le presenze libertarie di cui varrebbe la pena dare conto, dall’allestimento del padiglione Italia affidato alla TAM associati dal titolo ‘Taking Care, progettare per il bene comune’ alle presenze individuali, ai collettivi ad alcuni interessanti padiglioni nazionali. Iniziamo presentando il progetto ‘Spazi d’eccezione’ con un articolo di Paolo Martore e Massimo Mazzone. Altri seguiranno.\r\n\r\n“‘Spazi d’eccezione’ NON è un Padiglione Nazionale né un pezzo della Mostra Internazionale né un evento collaterale. ‘Spazi d’eccezione’ è quel lato in ombra a cui tutti fanno riferimento, quel Germinal, quell’humus dal quale tutti ambiguamente attingono, ma di cui nessuno parla mai con chiarezza.”iv Così Massimo Mazzone portavoce di Escuela Moderna nella sua introduzione al catalogo dell’esposizione.\r\n\r\nIn uno dei tanti padiglioni che trattavano di autocostruzione tra le varie indicazioni operative figurava anche la dicitura: ‘quando e in quali luoghi è opportuno accettare situazioni diffuse di illegalità marginale per favorire la costituzione di comunità…’\r\n\r\nNell’installazione di Recetas Urbanas nel padiglione all’Arsenale, all’interno della Biennale, si rivendicava il ‘diritto’ all’illegalità in situazioni di necessità: ecco la differenza che conta con la mostra istituzionale e che appare filo conduttore dell’esposizione al Sale.\r\n\r\nTolleranza dall’alto rivendicazione dal basso. Le varie gradazioni di questo rapporto segnano il sottile confine tra una social democrazia eterodiretta ed una comunità viva con fermenti libertari. Di ciò soprattutto dà testimonianza Spazi d’eccezione.\r\n\r\nViene a proposito il post di Marco Baravalle, animatore di ‘S.a.L.E. Docks’ e curatore di ‘Spazi d’eccezione’ insieme a Massimo Mazzone, a commento della cancellazione della performance Rebootati al padiglione Uruguaiano da parte della direzione della Biennale: “L'arte e l'architettura amano l'informalità quando si lascia rappresentare. Questo è l'essenza del pauperismo: fare dei poveri un soggetto immobile, procedere al saccheggio culturale oltre che a quello materiale. Ad essi è consentito solo di partecipare (solitamente a ciò che è già stato scelto), ad essi è consentito di attivarsi in quanto comunità (che parola è?) su sollecitazione dell'artista o dall'architetto di turno. Che l'illegalità sia individuale, di massa, dettata dalla fame o orientata politicamente, essa è una necessità legata alla sopravvivenza, al miglioramento delle proprie condizioni sociali o ad un nuovo modo di vivere in comune. Secondo qualcuno queste sono anche le priorità dell'architettura.”\r\n\r\n“Spazi d’eccezione credo sia un’ottima risposta e contemporaneamente una vetrina –anche se parziale- di tante praticabili ipotesi di lavoro. Spazi di Eccezione serve a mostrare alcune delle tante iniziative di libertà che combattono sul fronte del costruito che con difficoltà e determinazione stanno cercando di mettersi in rete e acquistare forma visibile.\r\n\r\nÈ in questa ottica che le esperienze contenute in questo lavoro comune hanno un senso, sono alfabeti, sillabe di linguaggi base per ricreare mondi con parole, azioni, fantasie di pratiche condivise. L’espressione di volontà che già esistono e balbettano futuri di libertà e testimonianza necessaria di un filone regressivo nelle pratiche progettuali e nella pianificazione urbana e territoriale che ritorna dominante nel panorama contemporaneo. Pratiche attive da sempre ma che ritornano visibili.\r\n\r\nRebuilding from the front, non Reporting. Un’azione attiva, non una passiva. Non un centro che va a vedere una periferia ma una periferia –anche interna- che ritrova/reinventa la propria forma. Non riportare dal fronte ma ricostruire dal fronte, partendo da ciò che già esiste nel presente, secondo l’insegnamento di Peter Kropotkin, senza ideologie, attraverso sperimentazioni continue.\r\n\r\nCominciamo dunque a ricostruire il mondo partendo dal fronte, da dove si combatte ogni giorno per dare forma a spazi di libertà, spazi che esistono in luoghi marginali, su fratture tettoniche, in Rojava e nelle nostre metropoli, che si parlano in rete e si reinventano quotidianamente, TAZ, zone temporaneamente autonome che anche clonate o colonizzate restano vive altrove, affreschi che occupano spazi e pareti e spariscono coperti da una mano di Blu, seppellendo con una risata gli affanni del mercato.”v\r\n\r\n\r\ni Throwing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperity (Tirare pietre al bus di Google: come la crescita è diventata la nemica della prosperità) Douglas Rushkoff, Portfolio, 2016.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nii Per gentrificazione si intende la trasformazione di un quartiere popolare o degradato in zona abitativa di pregio, con conseguente cambiamento della composizione sociale e dei prezzi delle abitazioni.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niii ‘Il Digitale era un’utopia. Ora è un incubo Monopolista’, di Giuliano Aluffi in il Venerdì della Repubblica, 26 maggio 2016\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niv Spazi d’eccezione, a cura di Escuela Moderna – S.a.L.E. Docks; Milieu,pag.9 edizioni, Milano 2016\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nv idem pag.38",[364],{"field":252,"matched_tokens":365,"snippet":361,"value":362},[24],{"best_field_score":170,"best_field_weight":255,"fields_matched":106,"num_tokens_dropped":47,"score":256,"tokens_matched":106,"typo_prefix_score":47},{"document":368,"highlight":380,"highlights":385,"text_match":168,"text_match_info":388},{"comment_count":47,"id":369,"is_sticky":47,"permalink":370,"podcastfilter":371,"post_author":267,"post_content":372,"post_date":373,"post_excerpt":53,"post_id":369,"post_modified":374,"post_thumbnail":375,"post_title":376,"post_type":308,"sort_by_date":377,"tag_links":378,"tags":379},"15345","http://radioblackout.org/podcast/bruciano-i-rifiuti-e-le-nostre-vite/",[267],"Lo hanno fatto partire di nascosto. Volevano, l’hanno detto chiaro, evitare guai con chi non era d’accordo che una mostruosa macchina spara diossina entrasse in funzione al Gerbido, a due passi da Mirafiori, Grugliasco, Beinasco.\r\nCosì venerdì scorso, senza nessun annuncio ufficiale, è partito l’inceneritore di Torino. Un’altra follia ai danni della nostra salute, utile solo ad ingrassare gli interessi di chi lucra sulla costruzione e gestione di questi impianti di morte. Il giocattolone entrato in funzione al Gerbido, pudicamente chiamato “termovalorizzatore”, ci è costato 375 milioni di euro. Chi lo ha costruito, la TRM, all’80% di proprietà Iren e l’organismo di controllo, l’ATO, a guida Foietta, promettono elettricità per 175.000 case. Peccato che in Piemonte il fabbisogno energetico sia pienamente soddisfatto dalle centrali esistenti, peccato che la raccolta differenziata si sia bloccata, peccato che il costo dell’imposta sui rifiuti sia destinato ad aumentare per coprire i costi del camino spara diossina del Gerbido.\r\nUn doppio spreco: uno spreco di soldi, uno spreco di materiali preziosi che potrebbero essere riusati e riciclati invece di andare in fumo. Se a questo aggiungiamo il fatto che in fumo ci va anche la nostra salute abbiamo un’idea del business che si è consumato ai danni di tutti per il profitto dei soliti pochi.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con Maurizio Zicanu, del coordinamento contro gli inceneritori, che ci ha aiutati a capirne di più.\r\nAscolta la sua intervista:\r\n2013 04 26 zicanu inceneritore","27 Aprile 2013","2018-10-17 22:59:49","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/04/inceneritore-2-200x110.jpg","Bruciano i rifiuti e le nostre vite",1367081439,[],[],{"post_content":381},{"matched_tokens":382,"snippet":383,"value":384},[24,24],"diossina del Gerbido.\r\nUn doppio \u003Cmark>spreco\u003C/mark>: uno \u003Cmark>spreco\u003C/mark> di soldi, uno","Lo hanno fatto partire di nascosto. 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Una nevicata di quelle che non si vedevano da tempo a Torino. Una boccata d’aria dopo mesi di siccità e smog. Gennaio si è ripreso il suo mantello di freddo e ghiaccio.\r\nI No Tav, nonostante la giornata da lupi, si sono raccolti in molte migliaia in piazza Carlo Felice.\r\nC’erano tutti: i comitati della Val Susa, di Torino, dei paesi intorno, e tanti solidali arrivati da tutta Italia per sostenere ancora una volta una lotta che è divenuta punto di riferimento per tanti che si oppongono alle grandi opere inutili, alle installazioni militari, alla devastazione del territorio ed allo spreco delle risorse.\r\nIn apertura c’erano le carriole cariche di una manciata delle macerie prodotte per allestire il fortino della Maddalena. C’erano pezzi degli alberi tagliati per il non cantiere, filo spinato, bossoli dei lacrimogeni che ci hanno soffocati e feriti. Il segno tangibile della violenza dello Stato.\r\nUno Stato che ha dichiarato guerra ai No Tav: occupare un territorio per imporre un opera non voluta, cintarlo come una fortezza, impiegando blindati e soldati reduci dalla guerra in Afganistan, è vera guerra.\r\nIl 28 gennaio abbiamo voluto, in modo simbolico ma concreto restituire ai signori del Tav le loro macerie. Le macerie della libertà di tutti ferita dalla militarizzazione di un'intera valle.\r\nIn tutto il corteo più volte è echeggiato lo slogan “libertà, libertà!\r\nUn corteo bello, multiforme, con tante anime. C’erano decine e decine di cartelli autoprodotti, in cui ciascuno aveva scritto una delle tante ragioni della lotta.\r\nNon potevano mancare le foto degli arrestati, i cartelli di saluto per l’uno e per l’altro. Sul furgone di apertura c’era scritto “Liberi tutti!”.\r\n\r\nTra cronaca ed analisi il punto sulla situazione a cura della redazione di Anarres: [audio:http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/02/2012-01-29-anarres-su-arresti-no-tav-e-corteo-28.mp3|titles=2012 01 29 anarres su arresti no tav e corteo 28]\r\nScarica il file\r\n\r\nIn numerose città ci sono state iniziative di solidarietà e lotta.\r\n\r\nAscolta l’intervista a Simone di Reggio Emilia, che ci ha raccontato del presidio solidale e sul nuovo fronte No Tav, che si sta aprendo in città, dove l’amministrazione ha deciso di finanziare la costruzione di una stazione Tav, intermedia tra Milano e Bologna: [audio:http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/02/2012-01-29-Simone-di-Reggio-No-Tav.mp3|titles=2012 01 29 Simone di Reggio No Tav]\r\nscarica il file \r\n\r\nAbbiamo parlato anche con Valentina, una compagna di Parma, dove c’è stato un corteo spontaneo che ha attraversato la città: [audio:http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/02/2012-01-29-Valentina-Parma-No-Tav.mp3|titles=2012 01 29 Valentina Parma No Tav]\r\nscarica il file\r\n\r\nAnche a Trieste si sono svolte numerose iniziative di solidarietà con i No Tav arrestati ed altre sono in programma per la visita di Moretti del 2 febbraio: [audio:http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/02/2012-01-29-Federico-di-Trieste-No-Tav.mp3|titles=2012 01 29 Federico di Trieste No Tav]\r\nscarica il file","2 Febbraio 2012","Sabato 28 gennaio. 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