","I tentativi di Valditara nel censurare l'educazione sessuo-affettiva","post",1761241557,[59,60,61,62],"https://radioblackout.org/tag/educazione-di-genere/","https://radioblackout.org/tag/scuola/","https://radioblackout.org/tag/scuola-di-valditara/","https://radioblackout.org/tag/violenza-patriacale/",[64,65,66,67],"educazione di genere","scuola","Scuola di Valditara","violenza patriacale",{"post_content":69,"post_title":76,"tags":79},{"matched_tokens":70,"snippet":74,"value":75},[71,72,73],"stereotipi","di","genere","da portare avanti per contrastare \u003Cmark>stereotipi\u003C/mark> e prevenire la violenza \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark>.","Questo governo e il ministro Valditara fanno \u003Cmark>di\u003C/mark> nuovo parlare \u003Cmark>di\u003C/mark> se, continuando la battaglia contro l'educazione sessuo-affettiva nella scuola pubblica italiana. Proprio la settimana scorsa la Commissione Cultura della Camera ha approvato un emendamento al disegno \u003Cmark>di\u003C/mark> legge Valditara sul consenso informato, estendendo il divieto \u003Cmark>di\u003C/mark> attività in merito anche alla scuola secondaria \u003Cmark>di\u003C/mark> primo grado. Ne parliamo con Margherita della rete Educare alle Differenze . In questa diretta affrontiamo le conseguenze \u003Cmark>di\u003C/mark> questo ulteriore attacco che sostanzialmente censura invece \u003Cmark>di\u003C/mark> investire sull'educazione al rispetto e al consenso. Ma parliamo anche dello spazio che è necessario e ancora possibile prendersi come insegnanti e dei percorsi \u003Cmark>di\u003C/mark> formazione critica da portare avanti per contrastare \u003Cmark>stereotipi\u003C/mark> e prevenire la violenza \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark>.",{"matched_tokens":77,"snippet":78,"value":78},[72],"I tentativi \u003Cmark>di\u003C/mark> Valditara nel censurare l'educazione sessuo-affettiva",[80,83,85,88],{"matched_tokens":81,"snippet":82},[72,73],"educazione \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark>",{"matched_tokens":84,"snippet":65},[],{"matched_tokens":86,"snippet":87},[72],"Scuola \u003Cmark>di\u003C/mark> Valditara",{"matched_tokens":89,"snippet":67},[],[91,94,100],{"field":92,"matched_tokens":93,"snippet":74,"value":75},"post_content",[71,72,73],{"field":33,"indices":95,"matched_tokens":96,"snippets":99},[45,14],[97,98],[72,73],[72],[82,87],{"field":101,"matched_tokens":102,"snippet":78,"value":78},"post_title",[72],1736172818980143000,{"best_field_score":105,"best_field_weight":106,"fields_matched":11,"num_tokens_dropped":45,"score":107,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":45},"3315704135680",14,"1736172818980143219",{"document":109,"highlight":139,"highlights":144,"text_match":147,"text_match_info":148},{"cat_link":110,"category":112,"comment_count":45,"id":113,"is_sticky":45,"permalink":114,"post_author":115,"post_content":116,"post_date":117,"post_excerpt":51,"post_id":113,"post_modified":118,"post_thumbnail":119,"post_thumbnail_html":120,"post_title":121,"post_type":56,"sort_by_date":122,"tag_links":123,"tags":132},[111],"http://radioblackout.org/category/informazione/",[44],"27284","http://radioblackout.org/2015/01/expo-mostro-predatorio-il-17-assemblea-a-milano/","info","L'Expo sta dimostrando di essere un vero collettore delle peggiori espressioni del capitalismo metropolitano, in contraddizione con il suo argomento principe, stravolto e ridotto a agroalimentare di plastica assoggettato alle richieste del marketing: non è “solo” debito, cemento e precarietà, ma è anche l’alibi per mettere in campo stereotipi e modelli di controllo e normalizzazione, dalle identità di genere alle lotte per la casa. E poi la devastazione delle vie d'acqua a cui si aggiungono la Brebemi e l'ampliamento dell'aeroporto Caravaggio localmente, ma in prospettiva tutto nell'ottica predatoria delle grandi opere deve tendere alla scala nazionale di devastazione e speculazione; quindi questo richiede un impegno di sabotaggio allo stesso livello, perciò il 17 ci sarà la manifestazione-assemblea nazionale a Milano aperta a qualsisia resistenza in ogni ambito: lotte territoriali per la casa, per la riappropriazione di reddito e di sapere: la metropoli come ricettacolo di ciascun dispositivo messo in atto da un sistema di nociva depredazione e questo appuntamento milanese di sabato è un'occasione per trovare delle pratiche di riappropriazione, avversando le pratiche di prestazione d'opera gratuita di un volontariato sbandierato come occupazione indotta dall'evento, insieme alla supposta crescita mai avvenuta (si veda l'olimpiade torinese o quella ateniese, o i prossimi mondiali in Qatar).\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Abo\r\n\r\n2015.01.15-abo\r\n\r\n \r\n\r\nAggiornamento di Venerdì 16.\r\n\r\nL'università di Milano, che avrebbe dovuto essere la sede dell'assemblea e dei workshop di sabato 17, è da stamattina blindata dalle forze dell'ordine. L'ordine viene dal questore di Milano, che indica motivi di ordine pubblico, di fatto impedendo l'accesso anche a studenti e professori, oltre che risultare un inutile tentativo di bloccare le azioni di contestazione all'evento.\r\n\r\n \r\nAscolta la diretta con Abo:\r\nabo-noexpo-aggiornamento","15 Gennaio 2015","2015-01-19 13:01:55","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/01/2015-01-15_noexpo-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"170\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/01/2015-01-15_noexpo-300x170.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/01/2015-01-15_noexpo-300x170.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/01/2015-01-15_noexpo-768x435.jpeg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/01/2015-01-15_noexpo.jpeg 960w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Expo: il 17 assemblea a Milano *Aggiornato*",1421328050,[124,125,126,127,128,129,130,131],"http://radioblackout.org/tag/assemblea-2/","http://radioblackout.org/tag/conflitto/","http://radioblackout.org/tag/info/","http://radioblackout.org/tag/linformazione-di-blackout/","http://radioblackout.org/tag/milano/","http://radioblackout.org/tag/news/","http://radioblackout.org/tag/no-expo/","http://radioblackout.org/tag/notizie-2/",[133,134,115,135,136,137,22,138],"assemblea","conflitto","linformazione-di-blackout","milano","news","notizie",{"post_content":140},{"matched_tokens":141,"snippet":142,"value":143},[71,72,72,73],"l’alibi per mettere in campo \u003Cmark>stereotipi\u003C/mark> e modelli \u003Cmark>di\u003C/mark> controllo e normalizzazione, dalle identità \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark> alle lotte per la casa.","L'Expo sta dimostrando \u003Cmark>di\u003C/mark> essere un vero collettore delle peggiori espressioni del capitalismo metropolitano, in contraddizione con il suo argomento principe, stravolto e ridotto a agroalimentare \u003Cmark>di\u003C/mark> plastica assoggettato alle richieste del marketing: non è “solo” debito, cemento e precarietà, ma è anche l’alibi per mettere in campo \u003Cmark>stereotipi\u003C/mark> e modelli \u003Cmark>di\u003C/mark> controllo e normalizzazione, dalle identità \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark> alle lotte per la casa. 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Lì verrà fatta una s-conferenza stampa, una conferenza stampa al contrario.\r\n\r\nLe attiviste di Non Una di Meno non “chiedono” alla stampa di ascoltare e diffondere la loro narrazione, ma intendono raccontare le violenze subite quotidianamente all'interno degli ingranaggi sociali, economici, politici e culturali, che tengono in scacco le loro vite. I media relegano nella sfera privata, sentimentale, personale la violenza senza coglierne la dimensione reattiva, che caratterizza chi vuole imporre con la forza la sottomissione alla norma patriarcale.\r\n\r\nL'appuntamento è per mercoledì 1° marzo ore 16 per il presidio/s-conferenza stampa nei pressi del quotidiano Repubblica, in via Bruno Buozzi angolo via Roma\r\n\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Bia della Rete Non Una di Meno Torino.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2017 02 28 bia sconferenza\r\n\r\nDi seguito il loro comunicato:\r\n\r\nL'assemblea della Rete Non Una di Meno di Torino ha deciso di non fare una conferenza stampa per presentare lo sciopero generale dell'8 marzo. Abbiamo scelto di fare un presidio nel centro della città, nei pressi di uno dei tre maggiori quotidiani cittadini, per proporre una narrazione della violenza di genere diversa da quella di gran parte dei media nazionali ed internazionali. \r\n\r\nLa violenza di genere è confinata nelle pagine della cronaca nera, una collocazione che ne nega la valenza politica, trasformando pestaggi, stupri, omicidi, molestie in episodi di delinquenza comune, in questioni private. \r\n\r\n\r\nLa libertà che le donne si sono conquistate ha incrinato e a volte spezzato le relazioni gerarchiche tra i sessi, rompendo l'ordine simbolico e materiale, che le voleva sottomesse ed ubbidienti. Il moltiplicarsi su scala mondiale dei femminicidi dimostra che la strada della libertà e dell'autonomia femminile è ancora molto lunga. E in salita. \r\n\r\nLa narrazione della violenza proposta da tanti media rende questa salita più ripida.\r\n\r\n\r\nI media di fronte al dispiegarsi violento della reazione patriarcale tentano di privatizzare, familizzare, domesticare lo scontro. Le donne sono vittime indifese, gli uomini sono violenti perché folli. La follia sottrae alla responsabilità, nascondendo l’esplicita intenzione disciplinante e punitiva.\r\n\r\n\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione diffusa a riaffermare l’ordine patriarcale. \r\nI media descrivono le donne come vittime da tutelare, ottenendo l’effetto paradossale di rinforzare l’opinione che le donne siano intrinsecamente deboli.\r\n\r\n\r\nNoi non siamo vittime, non accettiamo che la libertà e la sicurezza delle donne possa divenire alibi per moltiplicare la pressione disciplinare, i dispositivi securitari e repressivi, il crescere del controllo poliziesco sul territorio.\r\n\r\n\r\nLe donne libere stanno creando reti solidali, che le rendono più forti individualmente e collettivamente. Disprezziamo la violenza e chi la usa contro di noi, ma quando è necessario sappiamo difenderci da chi ci attacca, nella consapevolezza che chi tocca una, tocca tutte. \r\n\r\n\r\nI media usano la violenza sulle donne come strumento per rinforzare il razzismo nei confronti dei migranti: la violenza di genere è raccontata in modo molto diverso se i protagonisti sono nati qui o altrove. La violenza verso le donne migranti viene spesso minimizzata, perché considerata “intrinseca” alla loro cultura. Parimenti se il violento è uno straniero la stessa argomentazione viene usata per invocare la chiusura delle frontiere ed espulsioni di massa.\r\nIl moltiplicarsi dei femminicidi agiti da uomini italiani verso donne italiane dimostra che la violenza di genere è senza frontiere. Come lo sciopero femminista del prossimo otto marzo. \r\n\r\n\r\nI media colpevolizzano chi subisce violenza, scandagliandone le vite, i comportamenti, le scelte di libertà, per giustificare la violenza maschile, per annullare la libertà delle donne, colpevoli di non essere prudenti, di non accettare come “normale” il rischio della violenza che le colpisce in quanto donne. \r\nLo stereotipo di “quelle che se la cercano”, che si tratti di sex worker o di donne che non vestono abiti simili a gabbie di stoffa, è una costante del racconto dei media. Decenni di femminismo e di storia della libertà femminile vengono deliberatamente ignorati.\r\n\r\n\r\nI media negano identità e dignità alle persone, quando scrivono di “trans uccisi”, senza nulla sapere delle loro vite.\r\nIl genere non è un destino, né una condanna, ma un percorso che ciascun* attraversa per trovare se stess*, fuori da stereotipi e ruoli imposti. \r\n\r\n\r\nI media sono responsabili del perpetuarsi di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza contro le donne, la violenza di genere. \r\n\r\n\r\nPer questa ragione la nostra presentazione dello sciopero internazionale dell'8 marzo sarà un presidio di informazione e di lotta. \r\n\r\n\r\nAbbiamo scelto la sede di Repubblica, ma idealmente saremo di fronte alle sedi dei tanti, troppi, altri quotidiani, emittenti televisive e radio, che, propongono una visione privata, personale, impolitica della violenza maschile sulle donne, della violenza di genere, della violenza che cerca di piegare il nostro insopprimibile desiderio di libertà, i nostri percorsi di autonomia, la nostra storia di persone che lottano per se e per tutt*.\r\n\r\n\r\nNoi non ci stiamo!\r\n\r\nRacconteremo in strada la marea femminista che sta dilagando ai quattro angoli del pianeta. \r\n\r\n\r\nMercoledì 1° marzo ore 16 \r\n\r\ns-conferenza stampa nei pressi del quotidiano Repubblica, in via Bruno Buozzi angolo via Roma\r\n\r\n\r\nNon Una di Meno Torino\r\n\r\n\r\nnonunadimenotorino@gmail.com","28 Febbraio 2017","La narrazione della violenza contro le donne, prevalente sui media, ne nega la valenza politica, contribuendo ad alimentare l'immaginario che la genera e la giustifica. \r\nMercoledì primo marzo la Rete Non Una di Meno di Torino ha deciso di portare la narrazione femminista, intersezionale sulla violenza di genere di fronte al quotidiano Repubblica. 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Disprezziamo la violenza e chi la usa contro di noi, ma quando è necessario sappiamo difenderci da chi ci attacca, nella consapevolezza che chi tocca una, tocca tutte. \r\n\r\nI media usano la violenza sulle donne come strumento per rinforzare il razzismo nei confronti dei migranti: la violenza di genere è raccontata in modo molto diverso se i protagonisti sono nati qui o altrove. La violenza verso le donne migranti viene spesso minimizzata, perché considerata “intrinseca” alla loro cultura. Parimenti se il violento è uno straniero la stessa argomentazione viene usata per invocare la chiusura delle frontiere ed espulsioni di massa.\r\nIl moltiplicarsi dei femminicidi agiti da uomini italiani verso donne italiane dimostra che la violenza di genere è senza frontiere. 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I media relegano nella sfera privata, sentimentale, personale la violenza senza coglierne la dimensione reattiva, che caratterizza chi vuole imporre con la forza la sottomissione alla norma patriarcale.\r\n\r\nL'appuntamento è per mercoledì 1° marzo ore 16 per il presidio/s-conferenza stampa nei pressi del quotidiano Repubblica, in via Bruno Buozzi angolo via Roma\r\n\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Bia della Rete Non Una \u003Cmark>di\u003C/mark> Meno Torino.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2017 02 28 bia sconferenza\r\n\r\n\u003Cmark>Di\u003C/mark> seguito il loro comunicato:\r\n\r\nL'assemblea della Rete Non Una \u003Cmark>di\u003C/mark> Meno \u003Cmark>di\u003C/mark> Torino ha deciso \u003Cmark>di\u003C/mark> non fare una conferenza stampa per presentare lo sciopero generale dell'8 marzo. Abbiamo scelto \u003Cmark>di\u003C/mark> fare un presidio nel centro della città, nei pressi \u003Cmark>di\u003C/mark> uno dei tre maggiori quotidiani cittadini, per proporre una narrazione della violenza \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark> diversa da quella \u003Cmark>di\u003C/mark> gran parte dei media nazionali ed internazionali. \r\n\r\nLa violenza \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark> è confinata nelle pagine della cronaca nera, una collocazione che ne nega la valenza politica, trasformando pestaggi, stupri, omicidi, molestie in episodi \u003Cmark>di\u003C/mark> delinquenza comune, in questioni private. \r\n\r\n\r\nLa libertà che le donne si sono conquistate ha incrinato e a volte spezzato le relazioni gerarchiche tra i sessi, rompendo l'ordine simbolico e materiale, che le voleva sottomesse ed ubbidienti. Il moltiplicarsi su scala mondiale dei femminicidi dimostra che la strada della libertà e dell'autonomia femminile è ancora molto lunga. E in salita. \r\n\r\nLa narrazione della violenza proposta da tanti media rende questa salita più ripida.\r\n\r\n\r\nI media \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte al dispiegarsi violento della reazione patriarcale tentano \u003Cmark>di\u003C/mark> privatizzare, familizzare, domesticare lo scontro. Le donne sono vittime indifese, gli uomini sono violenti perché folli. La follia sottrae alla responsabilità, nascondendo l’esplicita intenzione disciplinante e punitiva.\r\n\r\n\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus \u003Cmark>di\u003C/mark> follia, eccessi \u003Cmark>di\u003C/mark> sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione diffusa a riaffermare l’ordine patriarcale. \r\nI media descrivono le donne come vittime da tutelare, ottenendo l’effetto paradossale \u003Cmark>di\u003C/mark> rinforzare l’opinione che le donne siano intrinsecamente deboli.\r\n\r\n\r\nNoi non siamo vittime, non accettiamo che la libertà e la sicurezza delle donne possa divenire alibi per moltiplicare la pressione disciplinare, i dispositivi securitari e repressivi, il crescere del controllo poliziesco sul territorio.\r\n\r\n\r\nLe donne libere stanno creando reti solidali, che le rendono più forti individualmente e collettivamente. Disprezziamo la violenza e chi la usa contro \u003Cmark>di\u003C/mark> noi, ma quando è necessario sappiamo difenderci da chi ci attacca, nella consapevolezza che chi tocca una, tocca tutte. \r\n\r\n\r\nI media usano la violenza sulle donne come strumento per rinforzare il razzismo nei confronti dei migranti: la violenza \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark> è raccontata in modo molto diverso se i protagonisti sono nati qui o altrove. La violenza verso le donne migranti viene spesso minimizzata, perché considerata “intrinseca” alla loro cultura. Parimenti se il violento è uno straniero la stessa argomentazione viene usata per invocare la chiusura delle frontiere ed espulsioni \u003Cmark>di\u003C/mark> massa.\r\nIl moltiplicarsi dei femminicidi agiti da uomini italiani verso donne italiane dimostra che la violenza \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark> è senza frontiere. Come lo sciopero femminista del prossimo otto marzo. \r\n\r\n\r\nI media colpevolizzano chi subisce violenza, scandagliandone le vite, i comportamenti, le scelte \u003Cmark>di\u003C/mark> libertà, per giustificare la violenza maschile, per annullare la libertà delle donne, colpevoli \u003Cmark>di\u003C/mark> non essere prudenti, \u003Cmark>di\u003C/mark> non accettare come “normale” il rischio della violenza che le colpisce in quanto donne. \r\nLo stereotipo \u003Cmark>di\u003C/mark> “quelle che se la cercano”, che si tratti \u003Cmark>di\u003C/mark> sex worker o \u003Cmark>di\u003C/mark> donne che non vestono abiti simili a gabbie \u003Cmark>di\u003C/mark> stoffa, è una costante del racconto dei media. 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Lo sciopero indetto per l’8 e il 9 marzo è stato cancellato dalla commissione di garanzia, che in applicazione alle direttive governative, ha imposto la revoca ai sindacati di base che lo avevano indetto, pena multe sia per i sindacati che per gli scioperanti. Il solo SLAI Cobas ha rifiutato di cancellare lo sciopero.\r\nIn diverse località sono state cancellate tutte le iniziative di lotta promosse per l’Otto e per il Nove, nonostante non vi siano stati divieti espliciti.\r\n\r\nC’è chi invece ha deciso, pur con le necessarie attenzioni, di rifiutare la quarantena politica imposta dallo Stato, uno Stato che ha massacrato la sanità, moltiplicato le spese militari, consentito esercitazioni militari statunitensi in tempo di epidemia, ma vuole tappare la bocca, criminalizzandola, ad ogni forma di opposizione sociale.\r\n\r\nA Torino, il collettivo anarcofemminista Wild Cat ha dato vita ad una settimana di informazione e lotta transfemminista che si è articolata in tre presidi e una manifestazione itinerante.\r\n\r\nAscolta la diretta con Maria di Wild C.A.T.:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/2020-03-wild-cat-8marzo.mp3\"][/audio]\r\n\r\nScarica l'audio\r\n\r\nA Livorno, Non una di meno, ha ricalibrato le iniziative previste, mantenendo tuttavia un presidio itinerante sul lungo mare, con focus sui ruoli di genere, la narrazione della violenza, il lavoro.\r\nLa statua del marinaio è stata detournata con spazzoloni, grembiuli, bambolotti, suscitando l’ira di un militare che ha chiamato la polizia. La manifestazione è proseguita per l’intera giornata, con numerose tappe sempre più partecipate.\r\n\r\nAscolta la diretta con Patrizia di Livorno:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/2020-03-10-patrizia-8marzo.mp3\"][/audio]\r\n\r\nScarica l'audio\r\n\r\nDi seguito la cronaca della settimana di lotta a Torino\r\n\r\nLunedì 2 marzo c’è stato un presidio alla farmacia Algostino e De Michelis di piazza Vittorio 10. Questa farmacia, gestita da integralisti cattolici, rifiuta di vendere la pillola del giorno dopo. Un’occasione per fare il punto sulle difficoltà crescenti per le donne che decidono di abortire.\r\nMassiccia la presenza poliziesca.\r\nDal volantino distribuito: “Qualcuno crede che la legge 194 che stabilisce le regole per l'IGV, l'interruzione volontaria di gravidanza, sia stata una grande conquista delle donne del nostro paese.\r\nNoi sappiamo invece che le leggi sono il precipitato normativo dei rapporti di forza all'interno di una società. La spinta del movimento femminista degli anni Settanta obbligò una coalizione di governo composta da laici e cattolici, in cui i cattolici erano la maggioranza, a depenalizzare l'aborto.\r\nLa rivolta delle donne, la disobbedienza esplicita di alcune di loro, la profonda trasformazione culturale in atto, spinsero alla promulgazione della 194. Fu, inevitabilmente, un compromesso. Per accedere all'IVG le donne sono obbligate a giustificare la propria scelta, a sottoporsi all'esame di psicologi e medici, a sottostare alle decisioni di genitori o giudici se minorenni. In compenso i medici possono dichiararsi obiettori e rifiutare di praticare le IVG.\r\nDa qualche anno \"volontari\" dei movimenti cattolici che negano la libertà di scelta alle donne, si sono infiltrati nei consultori e nei reparti ospedalieri, rendendo ancora più difficile accedere ad un servizio che in teoria dovrebbe essere garantito a tutte, come ogni altra forma di assistenza medica.\r\nLa legge 194, lungi dal garantire la libertà di scelta, la imbriglia e la mette sotto controllo. Dopo le ripetute sconfitte di referendum e iniziative legislative, la strategia di chi vorrebbe la restaurazione patriarcale, fa leva proprio sulle ambiguità di questa legge per rendere sempre più difficile l’aborto. In prima fila ci sono le organizzazioni cattoliche, che animano e sostengono i movimenti che arrivano a definirsi “pro vita”, e mirano a restaurare la gabbia familiare come nucleo etico di un’organizzazione sociale basata sulla gerarchia tra i sessi.\r\nNon solo. In questi anni le politiche dei governi che si sono succeduti hanno privilegiato il sostegno alla famiglia, a discapito degli individui, in un’ottica nazionalista, razzista, escludente. Dio, patria e famiglia è la cornice di politiche escludenti, che chiudono le frontiere, negano la solidarietà e promuovono l’incremento demografico in un pianeta sovraffollato.\r\nLa libertà delle donne passa dalla sottrazione al controllo dello Stato della scelta in materia di maternità. Non ci serve una legge, ma la possibilità di accedere liberamente e gratuitamente ad un servizio a tutela della nostra salute. E su questa non ammettiamo obiezioni.”\r\n\r\nMercoledì 4 marzo presidio di fronte alle sedi dei quotidiani Stampa e Repubblica, per denunciare la narrazione tossica della violenza patriarcale contro le donne.\r\nDue scatole, contenenti articoli di giornale esemplificativi della complicità dei media nella perpetuazione di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza di genere, sono state consegnate alle rispettive redazioni. Al presidio, pur non invitati, hanno partecipato Ros dei carabinieri, digos, commissariato di zona, oltre ad agenti dell’antisommossa.\r\n\r\nRiportiamo di seguito alcuni passaggi del volantino distribuito: “I numeri della violenza patriarcale contro le donne disegnano un vero bollettino di guerra. La guerra contro la libertà femminile, la guerra contro le donne libere. Una guerra che i media nascondono e minimizzano, contribuendo a moltiplicarla, offrendo attenuanti a chi uccide, picchia e stupra. \r\nDonne come Elisa, strangolata da un “gigante buono”, sono ammazzate due volte. Uccise dall’uomo che ha tolto loro la vita, uccise da chi nega loro la dignità, raccontando la violenza con la lente dell’amore, dell’eccesso, della passione e della follia. \r\nL’amore romantico, la passione coprono e mutano di segno alla violenza. Le donne sono uccise, ferite, stuprate per eccesso d’amore, per frenesia passionale. Un alibi preconfezionato, che ritroviamo negli articoli sui giornali, nelle interviste a parenti e vicini, nelle arringhe di avvocati e pubblici ministeri. Questa narrazione falsa mira a nascondere la guerra contro le donne, in quando donne, che viene combattuta ma non riconosciuta come tale.\r\n\r\nI media sono responsabili del perpetuarsi di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza contro le donne e tutt° coloro che non si adeguano alla norma eterosessuale. \r\nI media colpevolizzano chi subisce violenza, scandagliandone le vite, i comportamenti, le scelte di libertà, per giustificare la violenza maschile, per annullare la libertà delle donne, colpevoli di non essere prudenti, di non accettare come “normale” il rischio della violenza che le colpisce in quanto donne. \r\nLo stereotipo di “quelle che se la cercano”, che si tratti di sex worker o di donne che non vestono abiti simili a gabbie di stoffa, è una costante del racconto dei media. \r\n\r\nLa violenza di genere è confinata nelle pagine della cronaca nera, per negarne la valenza politica, trasformando pestaggi, stupri, omicidi, molestie in episodi di delinquenza comune, in questioni private. \r\nI media, di fronte al dispiegarsi violento della reazione patriarcale tentano di privatizzare, familizzare, domesticare lo scontro. Le donne sono vittime indifese, gli uomini sono violenti perché folli. La follia sottrae alla responsabilità, nasconde l’intenzione disciplinante e punitiva, diventa l’eccezione che spezza la normalità, ma non ne mette in discussione la narrazione condivisa.\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che però i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione a riaffermare l’ordine patriarcale.”\r\n\r\nSabato 7 marzo un presidio partecipato e vivace si è svolto nell’area pedonale di via Montebello, sotto la Mole. Tirassegno antisessista, una mostra sulla violenza di genere e la performance “Ruoli in gioco. Rappresentazione De-genere” hanno riempito di contenuti un intenso pomeriggio di comunicazione e lotta.\r\nDal volantino distribuito: “Padroni, preti e fascisti non hanno fatto i conti con le tante donne che non ci stanno a recitare il canovaccio scritto per loro. Tante donne che, in questi ultimi decenni, hanno imparato a cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.\r\nPercorsi possibili solo fuori e contro il reticolo normativo stabilito dallo Stato e dalla religione.\r\nLa libertà di ciascun* di noi si realizza nella relazione con altre persone libere, fuori da ogni ruolo imposto o costrizione fisica o morale. In casa, per strada, al lavoro.\r\n\r\nVogliamo attraversare le nostre vite con la forza di chi si scioglie da vincoli e lacci.\r\nIl percorso di autonomia individuale si costruisce nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo. La solidarietà ed il mutuo appoggio si possono praticare attraverso relazioni libere, plurali, egualitarie.\r\nUna scommessa che spezza l’ordine. Morale, sociale, economico.”\r\n\r\nDomenica 8 marzo, in occasione dello sciopero globale transfemminista sono stati attraversati alcuni centri commerciali di Torino, tra i principali luoghi di lavoro sessualizzato e sfruttato, oggi aperti a tutti malgrado l'epidemia, come tanti altri luoghi di produzione e consumo.\r\nDi seguito il testo del volantino distribuito in questa occasione:\r\n“Diserzione transfemminista\r\nLo sciopero femminista dell’8 e 9 marzo è stato cancellato dai provvedimenti contro l’epidemia di Covid 19.\r\nEppure oggi, proprio l’epidemia rende più evidenti le ragioni dello sciopero.\r\nLo sciopero femminista contro la violenza maschile sulle donne e le violenze di genere, si articola come diserzione dal lavoro retribuito fuori casa, ma anche dal lavoro dentro casa, dai lavori di cura, dai lavori domestici e dai ruoli di genere imposti.\r\nLa rinnovata sessualizzazione del lavoro di cura non pagato riduce la conflittualità sociale conseguente all'erosione del welfare.\r\nLa riaffermazione di logiche patriarcali offre un puntello al capitale nella guerra a chi lavora.\r\nLo sciopero femminista scardina questo puntello, rimettendo al centro le lotte delle donne per la propria autonomia.\r\nUn’autonomia che viene attaccata dalla gestione governativa dell’epidemia di Covid 19.\r\nSiamo di fronte ad un terribile paradosso. Il governo vieta uno sciopero in nome dell’emergenza, ma non blocca nemmeno per un giorno la produzione. Non importa che si tratti spesso di produzioni inutili, a volte dannose, certo rimandabili a tempi migliori: le fabbriche di auto, vernici, plastica, laterizi, accessori, mobili non si sono mai fermate. Eppure lì si ammassa ogni giorno tanta gente, come a scuola o in un teatro.\r\nIn compenso sul lavoro femminile e femminilizzato si è riversata tanta parte del peso imposto dal diffondersi del virus e delle misure imposte dal governo.\r\nOggi tocca a tutti fare i conti con un sistema sanitario che è stato demolito, tagliando la spesa sanitaria mentre risorse sempre più ingenti venivano impiegate per armi e missioni militari.\r\nLa cura dei bambini che restano a casa perché le scuole sono chiuse, gli anziani a rischio, i disabili ricadono sulle spalle delle donne, già investite in modo pesante dalla precarietà del lavoro.\r\nUna precarietà avvertita come “normale”, perché il reddito da lavoro non è concepito come forma di autonomo sostentamento, ma come reddito accessorio, di mero supporto all’economia familiare.\r\nLa donna lavoratrice si porta dietro la zavorra di moglie-mamma-nuora-figlia-badante anche quando è al lavoro. Il suo ruolo familiare non decade mai.\r\nIl riproporsi, a destra come a sinistra di politiche che hanno il fulcro nella famiglia, nucleo etico dell’intera società, passa dalla riproposizione simbolica e materiale della divisione sessuale dei ruoli.\r\nIn questi anni il disciplinamento delle donne, specie quelle povere, è parte del processo di asservimento e messa in scacco delle classi subalterne. Anzi! Ne è uno dei cardini, perché il lavoro di cura non retribuito è fondamentale per garantire una secca riduzione dei costi della riproduzione sociale.\r\nIl divario retributivo tra uomini e donne che svolgono la stessa mansione è ancora forte in molti settori lavorativi. In Italia è in media del 10,4%.\r\nA livello globale le donne subiscono in media un divario retributivo del 23% ed hanno un tasso di partecipazione al mercato del lavoro del 26% più basso rispetto agli uomini.\r\nNon solo. Alle donne viene imposto di essere accoglienti, protettive, multitasking, disponibili, di mettere a disposizione del padrone le qualità che ci si aspetta da loro come dalle altre soggettività che sfuggono alla norma eteropatriarcale.\r\nAlle donne viene chiesto di mettere al lavoro i loro corpi al d\r\n\r\nLunedì 2 marzo c’è stato un presidio alla farmacia Algostino e De Michelis di piazza Vittorio 10. Questa farmacia, gestita da integralisti cattolici, rifiuta di vendere la pillola del giorno dopo. Un’occasione per fare il punto sulle difficoltà crescenti per le donne che decidono di abortire.\r\nMassiccia la presenza poliziesca.\r\nDal volantino distribuito: “Qualcuno crede che la legge 194 che stabilisce le regole per l'IGV, l'interruzione volontaria di gravidanza, sia stata una grande conquista delle donne del nostro paese.\r\nNoi sappiamo invece che le leggi sono il precipitato normativo dei rapporti di forza all'interno di una società. La spinta del movimento femminista degli anni Settanta obbligò una coalizione di governo composta da laici e cattolici, in cui i cattolici erano la maggioranza, a depenalizzare l'aborto.\r\nLa rivolta delle donne, la disobbedienza esplicita di alcune di loro, la profonda trasformazione culturale in atto, spinsero alla promulgazione della 194. Fu, inevitabilmente, un compromesso. Per accedere all'IVG le donne sono obbligate a giustificare la propria scelta, a sottoporsi all'esame di psicologi e medici, a sottostare alle decisioni di genitori o giudici se minorenni. In compenso i medici possono dichiararsi obiettori e rifiutare di praticare le IVG.\r\nDa qualche anno \"volontari\" dei movimenti cattolici che negano la libertà di scelta alle donne, si sono infiltrati nei consultori e nei reparti ospedalieri, rendendo ancora più difficile accedere ad un servizio che in teoria dovrebbe essere garantito a tutte, come ogni altra forma di assistenza medica.\r\nLa legge 194, lungi dal garantire la libertà di scelta, la imbriglia e la mette sotto controllo. Dopo le ripetute sconfitte di referendum e iniziative legislative, la strategia di chi vorrebbe la restaurazione patriarcale, fa leva proprio sulle ambiguità di questa legge per rendere sempre più difficile l’aborto. In prima fila ci sono le organizzazioni cattoliche, che animano e sostengono i movimenti che arrivano a definirsi “pro vita”, e mirano a restaurare la gabbia familiare come nucleo etico di un’organizzazione sociale basata sulla gerarchia tra i sessi.\r\nNon solo. In questi anni le politiche dei governi che si sono succeduti hanno privilegiato il sostegno alla famiglia, a discapito degli individui, in un’ottica nazionalista, razzista, escludente. Dio, patria e famiglia è la cornice di politiche escludenti, che chiudono le frontiere, negano la solidarietà e promuovono l’incremento demografico in un pianeta sovraffollato.\r\nLa libertà delle donne passa dalla sottrazione al controllo dello Stato della scelta in materia di maternità. Non ci serve una legge, ma la possibilità di accedere liberamente e gratuitamente ad un servizio a tutela della nostra salute. E su questa non ammettiamo obiezioni.”\r\n\r\nMercoledì 4 marzo presidio di fronte alle sedi dei quotidiani Stampa e Repubblica, per denunciare la narrazione tossica della violenza patriarcale contro le donne.\r\nDue scatole, contenenti articoli di giornale esemplificativi della complicità dei media nella perpetuazione di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza di genere, sono state consegnate alle rispettive redazioni. Al presidio, pur non invitati, hanno partecipato Ros dei carabinieri, digos, commissariato di zona, oltre ad agenti dell’antisommossa.\r\n\r\nRiportiamo di seguito alcuni passaggi del volantino distribuito: “I numeri della violenza patriarcale contro le donne disegnano un vero bollettino di guerra. La guerra contro la libertà femminile, la guerra contro le donne libere. Una guerra che i media nascondono e minimizzano, contribuendo a moltiplicarla, offrendo attenuanti a chi uccide, picchia e stupra. \r\nDonne come Elisa, strangolata da un “gigante buono”, sono ammazzate due volte. Uccise dall’uomo che ha tolto loro la vita, uccise da chi nega loro la dignità, raccontando la violenza con la lente dell’amore, dell’eccesso, della passione e della follia. \r\nL’amore romantico, la passione coprono e mutano di segno alla violenza. Le donne sono uccise, ferite, stuprate per eccesso d’amore, per frenesia passionale. Un alibi preconfezionato, che ritroviamo negli articoli sui giornali, nelle interviste a parenti e vicini, nelle arringhe di avvocati e pubblici ministeri. Questa narrazione falsa mira a nascondere la guerra contro le donne, in quando donne, che viene combattuta ma non riconosciuta come tale.\r\n\r\nI media sono responsabili del perpetuarsi di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza contro le donne e tutt° coloro che non si adeguano alla norma eterosessuale. \r\nI media colpevolizzano chi subisce violenza, scandagliandone le vite, i comportamenti, le scelte di libertà, per giustificare la violenza maschile, per annullare la libertà delle donne, colpevoli di non essere prudenti, di non accettare come “normale” il rischio della violenza che le colpisce in quanto donne. \r\nLo stereotipo di “quelle che se la cercano”, che si tratti di sex worker o di donne che non vestono abiti simili a gabbie di stoffa, è una costante del racconto dei media. \r\n\r\nLa violenza di genere è confinata nelle pagine della cronaca nera, per negarne la valenza politica, trasformando pestaggi, stupri, omicidi, molestie in episodi di delinquenza comune, in questioni private. \r\nI media, di fronte al dispiegarsi violento della reazione patriarcale tentano di privatizzare, familizzare, domesticare lo scontro. Le donne sono vittime indifese, gli uomini sono violenti perché folli. La follia sottrae alla responsabilità, nasconde l’intenzione disciplinante e punitiva, diventa l’eccezione che spezza la normalità, ma non ne mette in discussione la narrazione condivisa.\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che però i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione a riaffermare l’ordine patriarcale.”\r\n\r\nSabato 7 marzo un presidio partecipato e vivace si è svolto nell’area pedonale di via Montebello, sotto la Mole. Tirassegno antisessista, una mostra sulla violenza di genere e la performance “Ruoli in gioco. Rappresentazione De-genere” hanno riempito di contenuti un intenso pomeriggio di comunicazione e lotta.\r\nDal volantino distribuito: “Padroni, preti e fascisti non hanno fatto i conti con le tante donne che non ci stanno a recitare il canovaccio scritto per loro. Tante donne che, in questi ultimi decenni, hanno imparato a cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.\r\nPercorsi possibili solo fuori e contro il reticolo normativo stabilito dallo Stato e dalla religione.\r\nLa libertà di ciascun* di noi si realizza nella relazione con altre persone libere, fuori da ogni ruolo imposto o costrizione fisica o morale. In casa, per strada, al lavoro.\r\n\r\nVogliamo attraversare le nostre vite con la forza di chi si scioglie da vincoli e lacci.\r\nIl percorso di autonomia individuale si costruisce nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo. La solidarietà ed il mutuo appoggio si possono praticare attraverso relazioni libere, plurali, egualitarie.\r\nUna scommessa che spezza l’ordine. Morale, sociale, economico.”\r\n\r\nDomenica 8 marzo, in occasione dello sciopero globale transfemminista sono stati attraversati alcuni centri commerciali di Torino, tra i principali luoghi di lavoro sessualizzato e sfruttato, oggi aperti a tutti malgrado l'epidemia, come tanti altri luoghi di produzione e consumo.\r\nDi seguito il testo del volantino distribuito in questa occasione:\r\n“Diserzione transfemminista\r\nLo sciopero femminista dell’8 e 9 marzo è stato cancellato dai provvedimenti contro l’epidemia di Covid 19.\r\nEppure oggi, proprio l’epidemia rende più evidenti le ragioni dello sciopero.\r\nLo sciopero femminista contro la violenza maschile sulle donne e le violenze di genere, si articola come diserzione dal lavoro retribuito fuori casa, ma anche dal lavoro dentro casa, dai lavori di cura, dai lavori domestici e dai ruoli di genere imposti.\r\nLa rinnovata sessualizzazione del lavoro di cura non pagato riduce la conflittualità sociale conseguente all'erosione del welfare.\r\nLa riaffermazione di logiche patriarcali offre un puntello al capitale nella guerra a chi lavora.\r\nLo sciopero femminista scardina questo puntello, rimettendo al centro le lotte delle donne per la propria autonomia.\r\nUn’autonomia che viene attaccata dalla gestione governativa dell’epidemia di Covid 19.\r\nSiamo di fronte ad un terribile paradosso. Il governo vieta uno sciopero in nome dell’emergenza, ma non blocca nemmeno per un giorno la produzione. Non importa che si tratti spesso di produzioni inutili, a volte dannose, certo rimandabili a tempi migliori: le fabbriche di auto, vernici, plastica, laterizi, accessori, mobili non si sono mai fermate. Eppure lì si ammassa ogni giorno tanta gente, come a scuola o in un teatro.\r\nIn compenso sul lavoro femminile e femminilizzato si è riversata tanta parte del peso imposto dal diffondersi del virus e delle misure imposte dal governo.\r\nOggi tocca a tutti fare i conti con un sistema sanitario che è stato demolito, tagliando la spesa sanitaria mentre risorse sempre più ingenti venivano impiegate per armi e missioni militari.\r\nLa cura dei bambini che restano a casa perché le scuole sono chiuse, gli anziani a rischio, i disabili ricadono sulle spalle delle donne, già investite in modo pesante dalla precarietà del lavoro.\r\nUna precarietà avvertita come “normale”, perché il reddito da lavoro non è concepito come forma di autonomo sostentamento, ma come reddito accessorio, di mero supporto all’economia familiare.\r\nLa donna lavoratrice si porta dietro la zavorra di moglie-mamma-nuora-figlia-badante anche quando è al lavoro. Il suo ruolo familiare non decade mai.\r\nIl riproporsi, a destra come a sinistra di politiche che hanno il fulcro nella famiglia, nucleo etico dell’intera società, passa dalla riproposizione simbolica e materiale della divisione sessuale dei ruoli.\r\nIn questi anni il disciplinamento delle donne, specie quelle povere, è parte del processo di asservimento e messa in scacco delle classi subalterne. Anzi! Ne è uno dei cardini, perché il lavoro di cura non retribuito è fondamentale per garantire una secca riduzione dei costi della riproduzione sociale.\r\nIl divario retributivo tra uomini e donne che svolgono la stessa mansione è ancora forte in molti settori lavorativi. In Italia è in media del 10,4%.\r\nA livello globale le donne subiscono in media un divario retributivo del 23% ed hanno un tasso di partecipazione al mercato del lavoro del 26% più basso rispetto agli uomini.\r\nNon solo. Alle donne viene imposto di essere accoglienti, protettive, multitasking, disponibili, di mettere a disposizione del padrone le qualità che ci si aspetta da loro come dalle altre soggettività che sfuggono alla norma eteropatriarcale.\r\nAlle donne viene chiesto di mettere al lavoro i loro corpi al di là del compito per cui vengono assunte: bella presenza, trucco, tacchi, sorrisi e gonne sono imposti per far rendere di più un esercizio commerciale, per presentare meglio un’azienda, per attrarre clienti. L’agio del cliente passa dalla perpetuazione di un’immagine femminile che si adegui a modelli di seduttività, maternità, efficienza, servilità che riproducono stereotipi, che riprendono forza dentro i corpi messi al lavoro solo a condizione che vi si adattino. Una biopolitica patriarcale per il terzo millennio.\r\nDisertare da questa gabbia non è facile, ma necessario.”\r\n\r\nDi seguito l’appello per l’8 marzo di NUDM Livorno:\r\n\r\n”Domenica 8 marzo, giornata internazionale della donna, anche qui, come in molte parti d’Italia e del mondo, portiamo nelle strade e nelle piazze la nostra voglia di rompere l’ordine patriarcale e sessista, la nostra lotta e la nostra rivendicazione di libertà.\r\n\r\nE’ uno strano 8 marzo, con limitazioni pesanti a scioperi e manifestazioni dovuti all’emergenza coronavirus. Ma non siamo disposte a farci imporre il silenzio. C’è un’emergenza costante che va denunciata ed è quella della violenza quotidiana contro donne e soggettività autodeterminate.\r\n\r\nIn Italia ogni 15 minuti c’è un episodio di violenza denunciato, ogni 72 ore una donna uccisa.\r\n\r\nE accanto a questi tragici fatti c’è una situazione di violenza quotidiana che alimenta i singoli episodi di violenza e che comunque attraversa le nostre vite, imposta dal patriarcato e dalla cultura sessista.\r\n\r\nLa violenza di chi impone la maternità e il compito riproduttivo impedendo l’aborto;\r\n\r\nla violenza della chiesa e delle religioni che vogliono imporci una morale di rinuncia e obbedienza; la violenza delle guerre e del militarismo; la violenza dei tribunali e delle sentenze contro le donne; la violenza della famiglia che impone ruoli, gerarchia e divisione del lavoro;\r\n\r\nLa violenza economica, che impone alle donne più precarietà, più sfruttamento e meno reddito\r\n\r\nla violenza della repressione e della detenzione, nelle carceri come nei CPR;\r\n\r\nla violenza dei media, che alimentano la cultura dello stupro con narrazioni tossiche\r\n\r\nSu questa emergenza costante, chiamata patriarcato, i momenti critici come questo non fanno che scaricare altri problemi. In tempo di coronavirus è sulle donne che si scaricano gli ulteriori pesi del lavoro di cura di anziani e bambini, è sulle donne, con occupazioni meno stabili e meno remunerate, che si scarica il peso maggiore della crisi e della restrizione di reddito, ma anche lo sfruttamento dello smartworking.\r\n\r\nOra più che mai vogliamo alzare la voce:\r\n\r\n \tPer denunciare i mille volti di una violenza che alimenta il ripetersi quotidiano di stupri e femminicidi\r\n \tPer smascherare le soluzioni fasulle delle logiche securitarie, delle politiche familiste, dei codici rosa, rossi o multicolor.\r\n \tPer rompere il silenzio e affermare il diritto di essere in piazza contro chi cerca di imporre continuamente la logica dell’emergenza, del sacrificio, della subordinazione, della rinuncia.”","10 Marzo 2020","2020-03-10 13:34:53","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/89799081_545786572713079_8687073347642589184_o-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/89799081_545786572713079_8687073347642589184_o-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/89799081_545786572713079_8687073347642589184_o-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/89799081_545786572713079_8687073347642589184_o-1024x683.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/89799081_545786572713079_8687073347642589184_o-768x512.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/89799081_545786572713079_8687073347642589184_o-1536x1024.jpg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/89799081_545786572713079_8687073347642589184_o.jpg 2048w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Otto marzo di lotta da Torino a Livorno",1583847293,[228,166,229,230,231,232],"http://radioblackout.org/tag/8-marzo/","http://radioblackout.org/tag/livorno/","http://radioblackout.org/tag/nudm-livorno/","http://radioblackout.org/tag/torino/","http://radioblackout.org/tag/wild-c-a-t/",[234,12,235,236,15,26],"8 marzo","livorno","Nudm Livorno",{"post_content":238,"post_title":242},{"matched_tokens":239,"snippet":240,"value":241},[72,73],"mare, con focus sui ruoli \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark>, la narrazione della violenza, il","L’otto marzo ai tempi del Covid 19. Lo sciopero indetto per l’8 e il 9 marzo è stato cancellato dalla commissione \u003Cmark>di\u003C/mark> garanzia, che in applicazione alle direttive governative, ha imposto la revoca ai sindacati \u003Cmark>di\u003C/mark> base che lo avevano indetto, pena multe sia per i sindacati che per gli scioperanti. Il solo SLAI Cobas ha rifiutato \u003Cmark>di\u003C/mark> cancellare lo sciopero.\r\nIn diverse località sono state cancellate tutte le iniziative \u003Cmark>di\u003C/mark> lotta promosse per l’Otto e per il Nove, nonostante non vi siano stati divieti espliciti.\r\n\r\nC’è chi invece ha deciso, pur con le necessarie attenzioni, \u003Cmark>di\u003C/mark> rifiutare la quarantena politica imposta dallo Stato, uno Stato che ha massacrato la sanità, moltiplicato le spese militari, consentito esercitazioni militari statunitensi in tempo \u003Cmark>di\u003C/mark> epidemia, ma vuole tappare la bocca, criminalizzandola, ad ogni forma \u003Cmark>di\u003C/mark> opposizione sociale.\r\n\r\nA Torino, il collettivo anarcofemminista Wild Cat ha dato vita ad una settimana \u003Cmark>di\u003C/mark> informazione e lotta transfemminista che si è articolata in tre presidi e una manifestazione itinerante.\r\n\r\nAscolta la diretta con Maria \u003Cmark>di\u003C/mark> Wild C.A.T.:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/2020-03-wild-cat-8marzo.mp3\"][/audio]\r\n\r\nScarica l'audio\r\n\r\nA Livorno, Non una \u003Cmark>di\u003C/mark> meno, ha ricalibrato le iniziative previste, mantenendo tuttavia un presidio itinerante sul lungo mare, con focus sui ruoli \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark>, la narrazione della violenza, il lavoro.\r\nLa statua del marinaio è stata detournata con spazzoloni, grembiuli, bambolotti, suscitando l’ira \u003Cmark>di\u003C/mark> un militare che ha chiamato la polizia. La manifestazione è proseguita per l’intera giornata, con numerose tappe sempre più partecipate.\r\n\r\nAscolta la diretta con Patrizia \u003Cmark>di\u003C/mark> Livorno:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/2020-03-10-patrizia-8marzo.mp3\"][/audio]\r\n\r\nScarica l'audio\r\n\r\n\u003Cmark>Di\u003C/mark> seguito la cronaca della settimana \u003Cmark>di\u003C/mark> lotta a Torino\r\n\r\nLunedì 2 marzo c’è stato un presidio alla farmacia Algostino e De Michelis \u003Cmark>di\u003C/mark> piazza Vittorio 10. Questa farmacia, gestita da integralisti cattolici, rifiuta \u003Cmark>di\u003C/mark> vendere la pillola del giorno dopo. Un’occasione per fare il punto sulle difficoltà crescenti per le donne che decidono \u003Cmark>di\u003C/mark> abortire.\r\nMassiccia la presenza poliziesca.\r\nDal volantino distribuito: “Qualcuno crede che la legge 194 che stabilisce le regole per l'IGV, l'interruzione volontaria \u003Cmark>di\u003C/mark> gravidanza, sia stata una grande conquista delle donne del nostro paese.\r\nNoi sappiamo invece che le leggi sono il precipitato normativo dei rapporti \u003Cmark>di\u003C/mark> forza all'interno \u003Cmark>di\u003C/mark> una società. La spinta del movimento femminista degli anni Settanta obbligò una coalizione \u003Cmark>di\u003C/mark> governo composta da laici e cattolici, in cui i cattolici erano la maggioranza, a depenalizzare l'aborto.\r\nLa rivolta delle donne, la disobbedienza esplicita \u003Cmark>di\u003C/mark> alcune \u003Cmark>di\u003C/mark> loro, la profonda trasformazione culturale in atto, spinsero alla promulgazione della 194. Fu, inevitabilmente, un compromesso. Per accedere all'IVG le donne sono obbligate a giustificare la propria scelta, a sottoporsi all'esame \u003Cmark>di\u003C/mark> psicologi e medici, a sottostare alle decisioni \u003Cmark>di\u003C/mark> genitori o giudici se minorenni. In compenso i medici possono dichiararsi obiettori e rifiutare \u003Cmark>di\u003C/mark> praticare le IVG.\r\nDa qualche anno \"volontari\" dei movimenti cattolici che negano la libertà \u003Cmark>di\u003C/mark> scelta alle donne, si sono infiltrati nei consultori e nei reparti ospedalieri, rendendo ancora più difficile accedere ad un servizio che in teoria dovrebbe essere garantito a tutte, come ogni altra forma \u003Cmark>di\u003C/mark> assistenza medica.\r\nLa legge 194, lungi dal garantire la libertà \u003Cmark>di\u003C/mark> scelta, la imbriglia e la mette sotto controllo. Dopo le ripetute sconfitte \u003Cmark>di\u003C/mark> referendum e iniziative legislative, la strategia \u003Cmark>di\u003C/mark> chi vorrebbe la restaurazione patriarcale, fa leva proprio sulle ambiguità \u003Cmark>di\u003C/mark> questa legge per rendere sempre più difficile l’aborto. In prima fila ci sono le organizzazioni cattoliche, che animano e sostengono i movimenti che arrivano a definirsi “pro vita”, e mirano a restaurare la gabbia familiare come nucleo etico \u003Cmark>di\u003C/mark> un’organizzazione sociale basata sulla gerarchia tra i sessi.\r\nNon solo. In questi anni le politiche dei governi che si sono succeduti hanno privilegiato il sostegno alla famiglia, a discapito degli individui, in un’ottica nazionalista, razzista, escludente. Dio, patria e famiglia è la cornice \u003Cmark>di\u003C/mark> politiche escludenti, che chiudono le frontiere, negano la solidarietà e promuovono l’incremento demografico in un pianeta sovraffollato.\r\nLa libertà delle donne passa dalla sottrazione al controllo dello Stato della scelta in materia \u003Cmark>di\u003C/mark> maternità. Non ci serve una legge, ma la possibilità \u003Cmark>di\u003C/mark> accedere liberamente e gratuitamente ad un servizio a tutela della nostra salute. E su questa non ammettiamo obiezioni.”\r\n\r\nMercoledì 4 marzo presidio \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte alle sedi dei quotidiani Stampa e Repubblica, per denunciare la narrazione tossica della violenza patriarcale contro le donne.\r\nDue scatole, contenenti articoli \u003Cmark>di\u003C/mark> giornale esemplificativi della complicità dei media nella perpetuazione \u003Cmark>di\u003C/mark> un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark>, sono state consegnate alle rispettive redazioni. Al presidio, pur non invitati, hanno partecipato Ros dei carabinieri, digos, commissariato \u003Cmark>di\u003C/mark> zona, oltre ad agenti dell’antisommossa.\r\n\r\nRiportiamo \u003Cmark>di\u003C/mark> seguito alcuni passaggi del volantino distribuito: “I numeri della violenza patriarcale contro le donne disegnano un vero bollettino \u003Cmark>di\u003C/mark> guerra. La guerra contro la libertà femminile, la guerra contro le donne libere. 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Questa narrazione falsa mira a nascondere la guerra contro le donne, in quando donne, che viene combattuta ma non riconosciuta come tale.\r\n\r\nI media sono responsabili del perpetuarsi \u003Cmark>di\u003C/mark> un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza contro le donne e tutt° coloro che non si adeguano alla norma eterosessuale. \r\nI media colpevolizzano chi subisce violenza, scandagliandone le vite, i comportamenti, le scelte \u003Cmark>di\u003C/mark> libertà, per giustificare la violenza maschile, per annullare la libertà delle donne, colpevoli \u003Cmark>di\u003C/mark> non essere prudenti, \u003Cmark>di\u003C/mark> non accettare come “normale” il rischio della violenza che le colpisce in quanto donne. \r\nLo stereotipo \u003Cmark>di\u003C/mark> “quelle che se la cercano”, che si tratti \u003Cmark>di\u003C/mark> sex worker o \u003Cmark>di\u003C/mark> donne che non vestono abiti simili a gabbie \u003Cmark>di\u003C/mark> stoffa, è una costante del racconto dei media. \r\n\r\nLa violenza \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark> è confinata nelle pagine della cronaca nera, per negarne la valenza politica, trasformando pestaggi, stupri, omicidi, molestie in episodi \u003Cmark>di\u003C/mark> delinquenza comune, in questioni private. \r\nI media, \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte al dispiegarsi violento della reazione patriarcale tentano \u003Cmark>di\u003C/mark> privatizzare, familizzare, domesticare lo scontro. Le donne sono vittime indifese, gli uomini sono violenti perché folli. La follia sottrae alla responsabilità, nasconde l’intenzione disciplinante e punitiva, diventa l’eccezione che spezza la normalità, ma non ne mette in discussione la narrazione condivisa.\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che però i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus \u003Cmark>di\u003C/mark> follia, eccessi \u003Cmark>di\u003C/mark> sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione a riaffermare l’ordine patriarcale.”\r\n\r\nSabato 7 marzo un presidio partecipato e vivace si è svolto nell’area pedonale \u003Cmark>di\u003C/mark> via Montebello, sotto la Mole. Tirassegno antisessista, una mostra sulla violenza \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark> e la performance “Ruoli in gioco. Rappresentazione De-genere” hanno riempito \u003Cmark>di\u003C/mark> contenuti un intenso pomeriggio \u003Cmark>di\u003C/mark> comunicazione e lotta.\r\nDal volantino distribuito: “Padroni, preti e fascisti non hanno fatto i conti con le tante donne che non ci stanno a recitare il canovaccio scritto per loro. Tante donne che, in questi ultimi decenni, hanno imparato a cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.\r\nPercorsi possibili solo fuori e contro il reticolo normativo stabilito dallo Stato e dalla religione.\r\nLa libertà \u003Cmark>di\u003C/mark> ciascun* \u003Cmark>di\u003C/mark> noi si realizza nella relazione con altre persone libere, fuori da ogni ruolo imposto o costrizione fisica o morale. In casa, per strada, al lavoro.\r\n\r\nVogliamo attraversare le nostre vite con la forza \u003Cmark>di\u003C/mark> chi si scioglie da vincoli e lacci.\r\nIl percorso \u003Cmark>di\u003C/mark> autonomia individuale si costruisce nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo. La solidarietà ed il mutuo appoggio si possono praticare attraverso relazioni libere, plurali, egualitarie.\r\nUna scommessa che spezza l’ordine. Morale, sociale, economico.”\r\n\r\nDomenica 8 marzo, in occasione dello sciopero globale transfemminista sono stati attraversati alcuni centri commerciali \u003Cmark>di\u003C/mark> Torino, tra i principali luoghi \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro sessualizzato e sfruttato, oggi aperti a tutti malgrado l'epidemia, come tanti altri luoghi \u003Cmark>di\u003C/mark> produzione e consumo.\r\n\u003Cmark>Di\u003C/mark> seguito il testo del volantino distribuito in questa occasione:\r\n“Diserzione transfemminista\r\nLo sciopero femminista dell’8 e 9 marzo è stato cancellato dai provvedimenti contro l’epidemia \u003Cmark>di\u003C/mark> Covid 19.\r\nEppure oggi, proprio l’epidemia rende più evidenti le ragioni dello sciopero.\r\nLo sciopero femminista contro la violenza maschile sulle donne e le violenze \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark>, si articola come diserzione dal lavoro retribuito fuori casa, ma anche dal lavoro dentro casa, dai lavori \u003Cmark>di\u003C/mark> cura, dai lavori domestici e dai ruoli \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark> imposti.\r\nLa rinnovata sessualizzazione del lavoro \u003Cmark>di\u003C/mark> cura non pagato riduce la conflittualità sociale conseguente all'erosione del welfare.\r\nLa riaffermazione \u003Cmark>di\u003C/mark> logiche patriarcali offre un puntello al capitale nella guerra a chi lavora.\r\nLo sciopero femminista scardina questo puntello, rimettendo al centro le lotte delle donne per la propria autonomia.\r\nUn’autonomia che viene attaccata dalla gestione governativa dell’epidemia \u003Cmark>di\u003C/mark> Covid 19.\r\nSiamo \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte ad un terribile paradosso. Il governo vieta uno sciopero in nome dell’emergenza, ma non blocca nemmeno per un giorno la produzione. Non importa che si tratti spesso \u003Cmark>di\u003C/mark> produzioni inutili, a volte dannose, certo rimandabili a tempi migliori: le fabbriche \u003Cmark>di\u003C/mark> auto, vernici, plastica, laterizi, accessori, mobili non si sono mai fermate. Eppure lì si ammassa ogni giorno tanta gente, come a scuola o in un teatro.\r\nIn compenso sul lavoro femminile e femminilizzato si è riversata tanta parte del peso imposto dal diffondersi del virus e delle misure imposte dal governo.\r\nOggi tocca a tutti fare i conti con un sistema sanitario che è stato demolito, tagliando la spesa sanitaria mentre risorse sempre più ingenti venivano impiegate per armi e missioni militari.\r\nLa cura dei bambini che restano a casa perché le scuole sono chiuse, gli anziani a rischio, i disabili ricadono sulle spalle delle donne, già investite in modo pesante dalla precarietà del lavoro.\r\nUna precarietà avvertita come “normale”, perché il reddito da lavoro non è concepito come forma \u003Cmark>di\u003C/mark> autonomo sostentamento, ma come reddito accessorio, \u003Cmark>di\u003C/mark> mero supporto all’economia familiare.\r\nLa donna lavoratrice si porta dietro la zavorra \u003Cmark>di\u003C/mark> moglie-mamma-nuora-figlia-badante anche quando è al lavoro. Il suo ruolo familiare non decade mai.\r\nIl riproporsi, a destra come a sinistra \u003Cmark>di\u003C/mark> politiche che hanno il fulcro nella famiglia, nucleo etico dell’intera società, passa dalla riproposizione simbolica e materiale della divisione sessuale dei ruoli.\r\nIn questi anni il disciplinamento delle donne, specie quelle povere, è parte del processo \u003Cmark>di\u003C/mark> asservimento e messa in scacco delle classi subalterne. Anzi! Ne è uno dei cardini, perché il lavoro \u003Cmark>di\u003C/mark> cura non retribuito è fondamentale per garantire una secca riduzione dei costi della riproduzione sociale.\r\nIl divario retributivo tra uomini e donne che svolgono la stessa mansione è ancora forte in molti settori lavorativi. In Italia è in media del 10,4%.\r\nA livello globale le donne subiscono in media un divario retributivo del 23% ed hanno un tasso \u003Cmark>di\u003C/mark> partecipazione al mercato del lavoro del 26% più basso rispetto agli uomini.\r\nNon solo. Alle donne viene imposto \u003Cmark>di\u003C/mark> essere accoglienti, protettive, multitasking, disponibili, \u003Cmark>di\u003C/mark> mettere a disposizione del padrone le qualità che ci si aspetta da loro come dalle altre soggettività che sfuggono alla norma eteropatriarcale.\r\nAlle donne viene chiesto \u003Cmark>di\u003C/mark> mettere al lavoro i loro corpi al d\r\n\r\nLunedì 2 marzo c’è stato un presidio alla farmacia Algostino e De Michelis \u003Cmark>di\u003C/mark> piazza Vittorio 10. Questa farmacia, gestita da integralisti cattolici, rifiuta \u003Cmark>di\u003C/mark> vendere la pillola del giorno dopo. Un’occasione per fare il punto sulle difficoltà crescenti per le donne che decidono \u003Cmark>di\u003C/mark> abortire.\r\nMassiccia la presenza poliziesca.\r\nDal volantino distribuito: “Qualcuno crede che la legge 194 che stabilisce le regole per l'IGV, l'interruzione volontaria \u003Cmark>di\u003C/mark> gravidanza, sia stata una grande conquista delle donne del nostro paese.\r\nNoi sappiamo invece che le leggi sono il precipitato normativo dei rapporti \u003Cmark>di\u003C/mark> forza all'interno \u003Cmark>di\u003C/mark> una società. La spinta del movimento femminista degli anni Settanta obbligò una coalizione \u003Cmark>di\u003C/mark> governo composta da laici e cattolici, in cui i cattolici erano la maggioranza, a depenalizzare l'aborto.\r\nLa rivolta delle donne, la disobbedienza esplicita \u003Cmark>di\u003C/mark> alcune \u003Cmark>di\u003C/mark> loro, la profonda trasformazione culturale in atto, spinsero alla promulgazione della 194. Fu, inevitabilmente, un compromesso. Per accedere all'IVG le donne sono obbligate a giustificare la propria scelta, a sottoporsi all'esame \u003Cmark>di\u003C/mark> psicologi e medici, a sottostare alle decisioni \u003Cmark>di\u003C/mark> genitori o giudici se minorenni. In compenso i medici possono dichiararsi obiettori e rifiutare \u003Cmark>di\u003C/mark> praticare le IVG.\r\nDa qualche anno \"volontari\" dei movimenti cattolici che negano la libertà \u003Cmark>di\u003C/mark> scelta alle donne, si sono infiltrati nei consultori e nei reparti ospedalieri, rendendo ancora più difficile accedere ad un servizio che in teoria dovrebbe essere garantito a tutte, come ogni altra forma \u003Cmark>di\u003C/mark> assistenza medica.\r\nLa legge 194, lungi dal garantire la libertà \u003Cmark>di\u003C/mark> scelta, la imbriglia e la mette sotto controllo. Dopo le ripetute sconfitte \u003Cmark>di\u003C/mark> referendum e iniziative legislative, la strategia \u003Cmark>di\u003C/mark> chi vorrebbe la restaurazione patriarcale, fa leva proprio sulle ambiguità \u003Cmark>di\u003C/mark> questa legge per rendere sempre più difficile l’aborto. In prima fila ci sono le organizzazioni cattoliche, che animano e sostengono i movimenti che arrivano a definirsi “pro vita”, e mirano a restaurare la gabbia familiare come nucleo etico \u003Cmark>di\u003C/mark> un’organizzazione sociale basata sulla gerarchia tra i sessi.\r\nNon solo. In questi anni le politiche dei governi che si sono succeduti hanno privilegiato il sostegno alla famiglia, a discapito degli individui, in un’ottica nazionalista, razzista, escludente. Dio, patria e famiglia è la cornice \u003Cmark>di\u003C/mark> politiche escludenti, che chiudono le frontiere, negano la solidarietà e promuovono l’incremento demografico in un pianeta sovraffollato.\r\nLa libertà delle donne passa dalla sottrazione al controllo dello Stato della scelta in materia \u003Cmark>di\u003C/mark> maternità. Non ci serve una legge, ma la possibilità \u003Cmark>di\u003C/mark> accedere liberamente e gratuitamente ad un servizio a tutela della nostra salute. E su questa non ammettiamo obiezioni.”\r\n\r\nMercoledì 4 marzo presidio \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte alle sedi dei quotidiani Stampa e Repubblica, per denunciare la narrazione tossica della violenza patriarcale contro le donne.\r\nDue scatole, contenenti articoli \u003Cmark>di\u003C/mark> giornale esemplificativi della complicità dei media nella perpetuazione \u003Cmark>di\u003C/mark> un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark>, sono state consegnate alle rispettive redazioni. Al presidio, pur non invitati, hanno partecipato Ros dei carabinieri, digos, commissariato \u003Cmark>di\u003C/mark> zona, oltre ad agenti dell’antisommossa.\r\n\r\nRiportiamo \u003Cmark>di\u003C/mark> seguito alcuni passaggi del volantino distribuito: “I numeri della violenza patriarcale contro le donne disegnano un vero bollettino \u003Cmark>di\u003C/mark> guerra. La guerra contro la libertà femminile, la guerra contro le donne libere. Una guerra che i media nascondono e minimizzano, contribuendo a moltiplicarla, offrendo attenuanti a chi uccide, picchia e stupra. \r\nDonne come Elisa, strangolata da un “gigante buono”, sono ammazzate due volte. Uccise dall’uomo che ha tolto loro la vita, uccise da chi nega loro la dignità, raccontando la violenza con la lente dell’amore, dell’eccesso, della passione e della follia. \r\nL’amore romantico, la passione coprono e mutano \u003Cmark>di\u003C/mark> segno alla violenza. Le donne sono uccise, ferite, stuprate per eccesso d’amore, per frenesia passionale. Un alibi preconfezionato, che ritroviamo negli articoli sui giornali, nelle interviste a parenti e vicini, nelle arringhe \u003Cmark>di\u003C/mark> avvocati e pubblici ministeri. Questa narrazione falsa mira a nascondere la guerra contro le donne, in quando donne, che viene combattuta ma non riconosciuta come tale.\r\n\r\nI media sono responsabili del perpetuarsi \u003Cmark>di\u003C/mark> un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza contro le donne e tutt° coloro che non si adeguano alla norma eterosessuale. \r\nI media colpevolizzano chi subisce violenza, scandagliandone le vite, i comportamenti, le scelte \u003Cmark>di\u003C/mark> libertà, per giustificare la violenza maschile, per annullare la libertà delle donne, colpevoli \u003Cmark>di\u003C/mark> non essere prudenti, \u003Cmark>di\u003C/mark> non accettare come “normale” il rischio della violenza che le colpisce in quanto donne. \r\nLo stereotipo \u003Cmark>di\u003C/mark> “quelle che se la cercano”, che si tratti \u003Cmark>di\u003C/mark> sex worker o \u003Cmark>di\u003C/mark> donne che non vestono abiti simili a gabbie \u003Cmark>di\u003C/mark> stoffa, è una costante del racconto dei media. \r\n\r\nLa violenza \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark> è confinata nelle pagine della cronaca nera, per negarne la valenza politica, trasformando pestaggi, stupri, omicidi, molestie in episodi \u003Cmark>di\u003C/mark> delinquenza comune, in questioni private. \r\nI media, \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte al dispiegarsi violento della reazione patriarcale tentano \u003Cmark>di\u003C/mark> privatizzare, familizzare, domesticare lo scontro. Le donne sono vittime indifese, gli uomini sono violenti perché folli. La follia sottrae alla responsabilità, nasconde l’intenzione disciplinante e punitiva, diventa l’eccezione che spezza la normalità, ma non ne mette in discussione la narrazione condivisa.\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che però i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus \u003Cmark>di\u003C/mark> follia, eccessi \u003Cmark>di\u003C/mark> sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione a riaffermare l’ordine patriarcale.”\r\n\r\nSabato 7 marzo un presidio partecipato e vivace si è svolto nell’area pedonale \u003Cmark>di\u003C/mark> via Montebello, sotto la Mole. Tirassegno antisessista, una mostra sulla violenza \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark> e la performance “Ruoli in gioco. Rappresentazione De-genere” hanno riempito \u003Cmark>di\u003C/mark> contenuti un intenso pomeriggio \u003Cmark>di\u003C/mark> comunicazione e lotta.\r\nDal volantino distribuito: “Padroni, preti e fascisti non hanno fatto i conti con le tante donne che non ci stanno a recitare il canovaccio scritto per loro. Tante donne che, in questi ultimi decenni, hanno imparato a cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.\r\nPercorsi possibili solo fuori e contro il reticolo normativo stabilito dallo Stato e dalla religione.\r\nLa libertà \u003Cmark>di\u003C/mark> ciascun* \u003Cmark>di\u003C/mark> noi si realizza nella relazione con altre persone libere, fuori da ogni ruolo imposto o costrizione fisica o morale. In casa, per strada, al lavoro.\r\n\r\nVogliamo attraversare le nostre vite con la forza \u003Cmark>di\u003C/mark> chi si scioglie da vincoli e lacci.\r\nIl percorso \u003Cmark>di\u003C/mark> autonomia individuale si costruisce nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo. La solidarietà ed il mutuo appoggio si possono praticare attraverso relazioni libere, plurali, egualitarie.\r\nUna scommessa che spezza l’ordine. Morale, sociale, economico.”\r\n\r\nDomenica 8 marzo, in occasione dello sciopero globale transfemminista sono stati attraversati alcuni centri commerciali \u003Cmark>di\u003C/mark> Torino, tra i principali luoghi \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro sessualizzato e sfruttato, oggi aperti a tutti malgrado l'epidemia, come tanti altri luoghi \u003Cmark>di\u003C/mark> produzione e consumo.\r\n\u003Cmark>Di\u003C/mark> seguito il testo del volantino distribuito in questa occasione:\r\n“Diserzione transfemminista\r\nLo sciopero femminista dell’8 e 9 marzo è stato cancellato dai provvedimenti contro l’epidemia \u003Cmark>di\u003C/mark> Covid 19.\r\nEppure oggi, proprio l’epidemia rende più evidenti le ragioni dello sciopero.\r\nLo sciopero femminista contro la violenza maschile sulle donne e le violenze \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark>, si articola come diserzione dal lavoro retribuito fuori casa, ma anche dal lavoro dentro casa, dai lavori \u003Cmark>di\u003C/mark> cura, dai lavori domestici e dai ruoli \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark> imposti.\r\nLa rinnovata sessualizzazione del lavoro \u003Cmark>di\u003C/mark> cura non pagato riduce la conflittualità sociale conseguente all'erosione del welfare.\r\nLa riaffermazione \u003Cmark>di\u003C/mark> logiche patriarcali offre un puntello al capitale nella guerra a chi lavora.\r\nLo sciopero femminista scardina questo puntello, rimettendo al centro le lotte delle donne per la propria autonomia.\r\nUn’autonomia che viene attaccata dalla gestione governativa dell’epidemia \u003Cmark>di\u003C/mark> Covid 19.\r\nSiamo \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte ad un terribile paradosso. Il governo vieta uno sciopero in nome dell’emergenza, ma non blocca nemmeno per un giorno la produzione. Non importa che si tratti spesso \u003Cmark>di\u003C/mark> produzioni inutili, a volte dannose, certo rimandabili a tempi migliori: le fabbriche \u003Cmark>di\u003C/mark> auto, vernici, plastica, laterizi, accessori, mobili non si sono mai fermate. Eppure lì si ammassa ogni giorno tanta gente, come a scuola o in un teatro.\r\nIn compenso sul lavoro femminile e femminilizzato si è riversata tanta parte del peso imposto dal diffondersi del virus e delle misure imposte dal governo.\r\nOggi tocca a tutti fare i conti con un sistema sanitario che è stato demolito, tagliando la spesa sanitaria mentre risorse sempre più ingenti venivano impiegate per armi e missioni militari.\r\nLa cura dei bambini che restano a casa perché le scuole sono chiuse, gli anziani a rischio, i disabili ricadono sulle spalle delle donne, già investite in modo pesante dalla precarietà del lavoro.\r\nUna precarietà avvertita come “normale”, perché il reddito da lavoro non è concepito come forma \u003Cmark>di\u003C/mark> autonomo sostentamento, ma come reddito accessorio, \u003Cmark>di\u003C/mark> mero supporto all’economia familiare.\r\nLa donna lavoratrice si porta dietro la zavorra \u003Cmark>di\u003C/mark> moglie-mamma-nuora-figlia-badante anche quando è al lavoro. Il suo ruolo familiare non decade mai.\r\nIl riproporsi, a destra come a sinistra \u003Cmark>di\u003C/mark> politiche che hanno il fulcro nella famiglia, nucleo etico dell’intera società, passa dalla riproposizione simbolica e materiale della divisione sessuale dei ruoli.\r\nIn questi anni il disciplinamento delle donne, specie quelle povere, è parte del processo \u003Cmark>di\u003C/mark> asservimento e messa in scacco delle classi subalterne. Anzi! Ne è uno dei cardini, perché il lavoro \u003Cmark>di\u003C/mark> cura non retribuito è fondamentale per garantire una secca riduzione dei costi della riproduzione sociale.\r\nIl divario retributivo tra uomini e donne che svolgono la stessa mansione è ancora forte in molti settori lavorativi. In Italia è in media del 10,4%.\r\nA livello globale le donne subiscono in media un divario retributivo del 23% ed hanno un tasso \u003Cmark>di\u003C/mark> partecipazione al mercato del lavoro del 26% più basso rispetto agli uomini.\r\nNon solo. Alle donne viene imposto \u003Cmark>di\u003C/mark> essere accoglienti, protettive, multitasking, disponibili, \u003Cmark>di\u003C/mark> mettere a disposizione del padrone le qualità che ci si aspetta da loro come dalle altre soggettività che sfuggono alla norma eteropatriarcale.\r\nAlle donne viene chiesto \u003Cmark>di\u003C/mark> mettere al lavoro i loro corpi al \u003Cmark>di\u003C/mark> là del compito per cui vengono assunte: bella presenza, trucco, tacchi, sorrisi e gonne sono imposti per far rendere \u003Cmark>di\u003C/mark> più un esercizio commerciale, per presentare meglio un’azienda, per attrarre clienti. L’agio del cliente passa dalla perpetuazione \u003Cmark>di\u003C/mark> un’immagine femminile che si adegui a modelli \u003Cmark>di\u003C/mark> seduttività, maternità, efficienza, servilità che riproducono \u003Cmark>stereotipi\u003C/mark>, che riprendono forza dentro i corpi messi al lavoro solo a condizione che vi si adattino. Una biopolitica patriarcale per il terzo millennio.\r\nDisertare da questa gabbia non è facile, ma necessario.”\r\n\r\n\u003Cmark>Di\u003C/mark> seguito l’appello per l’8 marzo \u003Cmark>di\u003C/mark> NUDM Livorno:\r\n\r\n”Domenica 8 marzo, giornata internazionale della donna, anche qui, come in molte parti d’Italia e del mondo, portiamo nelle strade e nelle piazze la nostra voglia \u003Cmark>di\u003C/mark> rompere l’ordine patriarcale e sessista, la nostra lotta e la nostra rivendicazione \u003Cmark>di\u003C/mark> libertà.\r\n\r\nE’ uno strano 8 marzo, con limitazioni pesanti a scioperi e manifestazioni dovuti all’emergenza coronavirus. Ma non siamo disposte a farci imporre il silenzio. C’è un’emergenza costante che va denunciata ed è quella della violenza quotidiana contro donne e soggettività autodeterminate.\r\n\r\nIn Italia ogni 15 minuti c’è un episodio \u003Cmark>di\u003C/mark> violenza denunciato, ogni 72 ore una donna uccisa.\r\n\r\nE accanto a questi tragici fatti c’è una situazione \u003Cmark>di\u003C/mark> violenza quotidiana che alimenta i singoli episodi \u003Cmark>di\u003C/mark> violenza e che comunque attraversa le nostre vite, imposta dal patriarcato e dalla cultura sessista.\r\n\r\nLa violenza \u003Cmark>di\u003C/mark> chi impone la maternità e il compito riproduttivo impedendo l’aborto;\r\n\r\nla violenza della chiesa e delle religioni che vogliono imporci una morale \u003Cmark>di\u003C/mark> rinuncia e obbedienza; la violenza delle guerre e del militarismo; la violenza dei tribunali e delle sentenze contro le donne; la violenza della famiglia che impone ruoli, gerarchia e divisione del lavoro;\r\n\r\nLa violenza economica, che impone alle donne più precarietà, più sfruttamento e meno reddito\r\n\r\nla violenza della repressione e della detenzione, nelle carceri come nei CPR;\r\n\r\nla violenza dei media, che alimentano la cultura dello stupro con narrazioni tossiche\r\n\r\nSu questa emergenza costante, chiamata patriarcato, i momenti critici come questo non fanno che scaricare altri problemi. In tempo \u003Cmark>di\u003C/mark> coronavirus è sulle donne che si scaricano gli ulteriori pesi del lavoro \u003Cmark>di\u003C/mark> cura \u003Cmark>di\u003C/mark> anziani e bambini, è sulle donne, con occupazioni meno stabili e meno remunerate, che si scarica il peso maggiore della crisi e della restrizione \u003Cmark>di\u003C/mark> reddito, ma anche lo sfruttamento dello smartworking.\r\n\r\nOra più che mai vogliamo alzare la voce:\r\n\r\n \tPer denunciare i mille volti \u003Cmark>di\u003C/mark> una violenza che alimenta il ripetersi quotidiano \u003Cmark>di\u003C/mark> stupri e femminicidi\r\n \tPer smascherare le soluzioni fasulle delle logiche securitarie, delle politiche familiste, dei codici rosa, rossi o multicolor.\r\n \tPer rompere il silenzio e affermare il diritto \u003Cmark>di\u003C/mark> essere in piazza contro chi cerca \u003Cmark>di\u003C/mark> imporre continuamente la logica dell’emergenza, del sacrificio, della subordinazione, della rinuncia.”",{"matched_tokens":243,"snippet":244,"value":244},[72],"Otto marzo \u003Cmark>di\u003C/mark> lotta da Torino a Livorno",[246,248],{"field":92,"matched_tokens":247,"snippet":240,"value":241},[72,73],{"field":101,"matched_tokens":249,"snippet":244,"value":244},[72],{"best_field_score":212,"best_field_weight":106,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":45,"score":251,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":45},"1733921019837546610",{"document":253,"highlight":273,"highlights":295,"text_match":210,"text_match_info":304},{"cat_link":254,"category":255,"comment_count":45,"id":256,"is_sticky":45,"permalink":257,"post_author":115,"post_content":258,"post_date":259,"post_excerpt":51,"post_id":256,"post_modified":260,"post_thumbnail":261,"post_thumbnail_html":262,"post_title":263,"post_type":56,"sort_by_date":264,"tag_links":265,"tags":270},[111],[44],"44339","http://radioblackout.org/2017/11/17-novembre-le-strade-libere-le-fanno-le-donne-che-le-attraversano/","Aggiornamento al 21 novembre\r\n\r\nBia di NUDM Torino ci racconta il corteo del 17 novembre e presenta la s-conferenza stampa di oggi pomeriggio di fronte alla RAI.\r\n\r\n\r\nIl corteo del 17 ha attraversato il centro cittadino per oltre tre ore. Tra interventi, stancil, cartelli, manifesti, scritte e sangue a terra la manifestazione ha avuto una forte impronta comunicativa.\r\n\r\n\r\nUna enorme scritta è stata fatta per le 26 ragazze nigeriane uccise dalle frontiere\r\n\r\nDi seguito il testo di presentazione della s-conferenza.\r\n\"Cos’è una S-conferenza stampa: è una conferenza stampa al contrario, invece di “chiedere” alla stampa di venire a darci parola e diffonderla, andiamo noi dalla stampa a dire quali sono le nostre parole.\r\nVogliamo essere artefici delle narrazioni che riguardano i nostri corpi e le nostre vite.\r\nNon vogliamo essere sempre e solo l'oggetto del discorso della cronaca nera, ma vogliamo raccontare le violenze che quotidianamente subiamo come conseguenze di un sistema economico, sociale, culturale che quelle violenze legittima e alimenta.\r\n\r\n \r\n\r\nL'assemblea della Rete Non Una di Meno di Torino ha deciso di non fare una conferenza stampa per presentare la manifestazione nazionale del 25 novembre a Roma, ma di fare un presidio nel centro della città, di fronte alla Rai, per proporre una narrazione della violenza di genere diversa da quella di gran parte dei media nazionali ed internazionali.\r\n\r\nLa violenza di genere è confinata nelle pagine della cronaca nera, una collocazione che ne nega la valenza politica, trasformando pestaggi, stupri, omicidi, molestie in episodi di delinquenza comune, in questioni private. La libertà che le donne si sono conquistate ha incrinato e a volte spezzato le relazioni gerarchiche tra i sessi, rompendo l'ordine simbolico e materiale, che le voleva sottomesse ed ubbidienti. Il moltiplicarsi su scala mondiale dei femminicidi dimostra che la strada della libertà e dell'autonomia femminile è ancora molto lunga. E in salita. La narrazione della violenza proposta da tanti media rende questa salita più ripida.\r\n\r\nI media di fronte al dispiegarsi violento della reazione patriarcale tentano di privatizzare, familizzare, domesticare lo scontro. Le donne sono vittime indifese, gli uomini sono violenti perché folli. La follia sottrae alla responsabilità, nascondendo l’esplicita intenzione disciplinante e punitiva.\r\n\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione diffusa a riaffermare l’ordine patriarcale.\r\n\r\nI media descrivono le donne come vittime da tutelare, ottenendo l’effetto paradossale di rinforzare l’opinione che le donne siano intrinsecamente deboli. Noi non siamo vittime, non accettiamo che la libertà e la sicurezza delle donne possa divenire alibi per moltiplicare la pressione disciplinare, i dispositivi securitari e repressivi, il crescere del controllo poliziesco sul territorio.\r\n\r\nLe donne libere stanno creando reti solidali, che le rendono più forti individualmente e collettivamente. Disprezziamo la violenza e chi la usa contro di noi, ma quando è necessario sappiamo difenderci da chi ci attacca, nella consapevolezza che chi tocca una, tocca tutte.\r\n\r\nI media usano la violenza sulle donne come strumento per rinforzare il razzismo nei confronti dei migranti: la violenza di genere è raccontata in modo molto diverso se i protagonisti sono nati qui o altrove. La violenza verso le donne migranti viene spesso minimizzata, perché considerata “intrinseca” alla loro cultura. Parimenti se il violento è uno straniero la stessa argomentazione viene usata per invocare la chiusura delle frontiere ed espulsioni di massa. Il moltiplicarsi dei femminicidi agiti da uomini italiani verso donne italiane dimostra che la violenza di genere è senza frontiere. Come lo sciopero femminista del prossimo otto marzo.\r\n\r\nI media colpevolizzano chi subisce violenza, scandagliandone le vite, i comportamenti, le scelte di libertà, per giustificare la violenza maschile, per annullare la libertà delle donne, colpevoli di non essere prudenti, di non accettare come “normale” il rischio della violenza che le colpisce in quanto donne. Lo stereotipo di “quelle che se la cercano”, che si tratti di sex worker o di donne che non vestono abiti simili a gabbie di stoffa, è una costante del racconto dei media. Decenni di femminismo e di storia della libertà femminile vengono deliberatamente ignorati.\r\n\r\nI media negano identità e dignità alle persone, quando scrivono di “trans uccisi”, senza nulla sapere delle loro vite. Il genere non è un destino, né una condanna, ma un percorso che ciascun* attraversa per trovare se stess*, fuori da stereotipi e ruoli imposti.\r\nI media sono responsabili del perpetuarsi di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza contro le donne, la violenza di genere.\"\r\n\r\n \r\n\r\nSulla pagina facebook di non una di meno Torino trovate foto, video, resoconti della giornata.\r\n\r\nAscolta la diretta con Bia:\r\n2017 11 21 bia corteo e sconferenza\r\n\r\n*****************************************************************************************************\r\n\r\nOgni giorno, in ogni dove, una donna viene uccisa, stuprata, molestata. Una violenza continua, diffusa, che permea ogni ambito sociale. Una violenza “normale”, quotidiana.\r\nMa media, istituzioni, magistratura, ci impongono una storia diversa. Le tante violenze agite in casa sono descritte come momenti di “follia”, drammi personali, uomini impazziti. Il folle sfugge alle regole della comunità, perché il suo agire è privo di ragione e, quindi, non rappresenta una rottura del patto sociale.\r\nSe le violenze avvengono in strada, sui posti di lavoro, o nei luoghi di divertimento, stupri e molestie cambiano di segno in base alla personalità, al mestiere, alla nazionalità delle persone coinvolte. Se lo stupratore indossa la divisa prevale il garantismo e si fruga nella vita delle donne per screditarle.\r\nSe i violenti sono uomini stranieri o marginali allora tutto cambia. Vengono paragonati a belve feroci fuori controllo. Aggressioni e femminicidi hanno enormi eco mediatiche, vengono diffusi con dovizia i particolari più crudi per suscitare orrore, paura, disprezzo.\r\n\r\n \r\n\r\nI corpi e le vite delle donne vengono usati per moltiplicare i militari nelle strade, per criminalizzare gli immigrati, per aumentare i controlli e promuovere nuove leggi più repressive.\r\n\r\n \r\n\r\nSui corpi delle donne si giocano continue battaglie di civiltà. Sia che le si voglia “tutelare”, sia che le si voglia “asservire” la logica di fondo è la stessa. Resta al “tuo” posto. Torna al “tuo” posto. Penso io a te, penso io a proteggerti, a punirti, a disciplinarti.\r\nLa narrazione della violenza come follia o criminalità agita da pochi soggetti estranei, rende invisibile la guerra contro le donne per la ri-affermazione di una relazione di tipo patriarcale.\r\n\r\n \r\n\r\nLe donne sfidano il patriarcato. In ogni dove.\r\n\r\nNegare questa sfida, considerare la lotta delle donne contro il patriarcato un retaggio residuale di un passato che non torna, è una falsificazione, che nasconde la caratteristica reattiva di tanta parte della violenza maschile sulle donne. A tutte le latitudini.\r\n\r\n \r\n\r\nLa violenza di genere è intrisecamente politica. Non solo per i numeri impressionanti ma, soprattutto, per i mille dispositivi messi in campo, per nascondere, privare di senso, sminuire la portata sistemica dell’attacco.\r\n\r\nLa violenza colpisce anche quelle che non la subiscono. La minaccia stessa, il pericolo di attraversare liberamente i luoghi delle nostre vite sono parte di un dispositivo che prova a tenerci sotto scacco, nell’auspicio di disciplinarci con la paura.\r\n\r\nLe femministe lottano perché la paura cambi di campo. Non c’è libertà se non nel rischio e nella lotta. Chi cade nel cammino non è una vittima ma una donna colpita perché libera. Chi ci uccide compie un atto politico. Sfidare assassini e stupratori è un atto politico.\r\nLe strade libere le fanno le donne che le attraversano.\r\n\r\n \r\n\r\nDi violenza di genere e delle tante iniziative torinesi verso il corteo femminista del 25 novembre a Roma, abbiamo parlato con Chiara della rete Non Una di Meno di Torino.\r\n\r\n \r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n2017 11 15 cacerolata chiara nudm\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito i principali appuntamenti:\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 17 novembre\r\n\r\n\r\nore 21\r\n\r\n\r\npiazza Castello\r\n\r\n\r\nCorteo con cacerolata rumorosa contro la violenza patriarcale\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nSabato 18 novembre cena benefit per il pullman per il corteo del 25 a Roma. Poi karaoke e djset\r\n\r\nOre 20 al Gabrio di via Millio 42\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nMartedì 21 novembre ore 17,30 s-conferenza stampa di fronte alla Rai in via Verdi contro la narrazione dei media che nega il senso intrinsecamente politico della violenza di genere.","21 Novembre 2017","2017-11-25 10:32:44","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/11/17-nov-burn-macho-burn-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/11/17-nov-burn-macho-burn-300x225.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/11/17-nov-burn-macho-burn-300x225.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/11/17-nov-burn-macho-burn.jpg 501w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Le strade libere le fanno le donne che le attraversano",1511276252,[266,267,166,268,169,269,172,231],"http://radioblackout.org/tag/cacerolata-femminista/","http://radioblackout.org/tag/femminicidio/","http://radioblackout.org/tag/guerra-alle-donne/","http://radioblackout.org/tag/patriarcato/",[30,271,12,28,19,272,17,15],"femminicidio","patriarcato",{"post_content":274,"tags":278},{"matched_tokens":275,"snippet":276,"value":277},[72,73,72],"proporre una narrazione della violenza \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark> diversa da quella \u003Cmark>di\u003C/mark> gran","Aggiornamento al 21 novembre\r\n\r\nBia \u003Cmark>di\u003C/mark> NUDM Torino ci racconta il corteo del 17 novembre e presenta la s-conferenza stampa \u003Cmark>di\u003C/mark> oggi pomeriggio \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte alla RAI.\r\n\r\n\r\nIl corteo del 17 ha attraversato il centro cittadino per oltre tre ore. 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Aggressioni e femminicidi hanno enormi eco mediatiche, vengono diffusi con dovizia i particolari più crudi per suscitare orrore, paura, disprezzo.\r\n\r\n \r\n\r\nI corpi e le vite delle donne vengono usati per moltiplicare i militari nelle strade, per criminalizzare gli immigrati, per aumentare i controlli e promuovere nuove leggi più repressive.\r\n\r\n \r\n\r\nSui corpi delle donne si giocano continue battaglie \u003Cmark>di\u003C/mark> civiltà. Sia che le si voglia “tutelare”, sia che le si voglia “asservire” la logica \u003Cmark>di\u003C/mark> fondo è la stessa. Resta al “tuo” posto. Torna al “tuo” posto. Penso io a te, penso io a proteggerti, a punirti, a disciplinarti.\r\nLa narrazione della violenza come follia o criminalità agita da pochi soggetti estranei, rende invisibile la guerra contro le donne per la ri-affermazione \u003Cmark>di\u003C/mark> una relazione \u003Cmark>di\u003C/mark> tipo patriarcale.\r\n\r\n \r\n\r\nLe donne sfidano il patriarcato. 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La minaccia stessa, il pericolo \u003Cmark>di\u003C/mark> attraversare liberamente i luoghi delle nostre vite sono parte \u003Cmark>di\u003C/mark> un dispositivo che prova a tenerci sotto scacco, nell’auspicio \u003Cmark>di\u003C/mark> disciplinarci con la paura.\r\n\r\nLe femministe lottano perché la paura cambi \u003Cmark>di\u003C/mark> campo. Non c’è libertà se non nel rischio e nella lotta. Chi cade nel cammino non è una vittima ma una donna colpita perché libera. Chi ci uccide compie un atto politico. 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Poi karaoke e djset\r\n\r\nOre 20 al Gabrio \u003Cmark>di\u003C/mark> via Millio 42\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nMartedì 21 novembre ore 17,30 s-conferenza stampa \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte alla Rai in via Verdi contro la narrazione dei media che nega il senso intrinsecamente politico della violenza \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark>.",[279,281,283,285,287,289,291,293],{"matched_tokens":280,"snippet":30},[],{"matched_tokens":282,"snippet":271},[],{"matched_tokens":284,"snippet":12},[],{"matched_tokens":286,"snippet":28},[],{"matched_tokens":288,"snippet":193},[72],{"matched_tokens":290,"snippet":272},[],{"matched_tokens":292,"snippet":17},[],{"matched_tokens":294,"snippet":15},[],[296,298],{"field":92,"matched_tokens":297,"snippet":276,"value":277},[72,73,72],{"field":33,"indices":299,"matched_tokens":301,"snippets":303},[300],4,[302],[72],[193],{"best_field_score":212,"best_field_weight":106,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":45,"score":251,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":45},6699,{"collection_name":56,"first_q":307,"per_page":308,"q":307},"stereotipi di genere",6,18,{"facet_counts":311,"found":308,"hits":347,"out_of":661,"page":21,"request_params":662,"search_cutoff":34,"search_time_ms":300},[312,324],{"counts":313,"field_name":322,"sampled":34,"stats":323},[314,316,318,320],{"count":11,"highlighted":315,"value":315},"il colpo del strega",{"count":21,"highlighted":317,"value":317},"Spot",{"count":21,"highlighted":319,"value":319},"anarres",{"count":21,"highlighted":321,"value":321},"Sono un ribelle mamma","podcastfilter",{"total_values":300},{"counts":325,"field_name":33,"sampled":34,"stats":345},[326,328,330,332,334,336,338,340,342,344],{"count":14,"highlighted":327,"value":327},"sessismo",{"count":14,"highlighted":329,"value":329},"violenza di genere",{"count":14,"highlighted":331,"value":331},"autodeterminazione",{"count":14,"highlighted":333,"value":333},"violenza maschile contro le donne",{"count":21,"highlighted":335,"value":335},"Pisa",{"count":21,"highlighted":337,"value":337},"palermo",{"count":21,"highlighted":339,"value":339},"marsiglia",{"count":21,"highlighted":341,"value":341},"manifestazione",{"count":21,"highlighted":343,"value":343},"test di sessualità",{"count":21,"highlighted":307,"value":307},{"total_values":346},36,[348,412,499,522,550,575],{"document":349,"highlight":373,"highlights":395,"text_match":407,"text_match_info":408},{"comment_count":45,"id":350,"is_sticky":45,"permalink":351,"podcastfilter":352,"post_author":353,"post_content":354,"post_date":355,"post_excerpt":51,"post_id":350,"post_modified":356,"post_thumbnail":357,"post_title":358,"post_type":359,"sort_by_date":360,"tag_links":361,"tags":368},"31966","http://radioblackout.org/podcast/i-podcast-de-il-colpo-della-strega-15giugno2015/",[315],"dj","I Test di sessualità per le giocatrici di calcio ai prossimi campionati mondiali. 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Percorsi e prospettive per un approccio libertario alle questioni \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark>\r\nI percorsi \u003Cmark>di\u003C/mark> libertà tracciati dalle soggettività tenute ai margini dalla cultura patriarcale hanno scosso dalle fondamenta un ordine che pareva immutabile arrivando a spezzarne la logica binaria ed essenzialista. (...)\r\nLa critica all’essenzialismo si nutre della decostruzione delle identità \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark>. Concepire l’identità, ogni identità, come costruzione sociale, confine mobile tra inclusione ed esclusione, è un approdo teorico che si alimenta della rottura operata dal femminismo e dai movimenti lgbtqia+.\r\nLa sfida è su più fronti. Sfida allo Stato (etico), al patriarcato reattivo e al capitalismo. 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Al punto che gli \u003Cmark>stereotipi\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark> finiscono con l’essere fatti propri persino da chi rifiuta quello che gli/le è stato assegnato alla nascita.\r\nIl costruzionismo queer attua la strategia \u003Cmark>di\u003C/mark> decostruire le identità che passano come naturali considerandole invece come complesse formazioni socio-culturali in cui si intrecciano discorsi diversi.\r\nUn approccio libertario deve e può andare oltre la decostruzione delle narrazioni che costituiscono le identità \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark>, perché vi innesta l’elemento \u003Cmark>di\u003C/mark> rottura rappresentato dall’agire politico e sociale \u003Cmark>di\u003C/mark> soggetti, che si costituiscono a partire dalle proprie molteplici alterità, rivendicate ed esperite sul piano della lotta. Soggetti capaci \u003Cmark>di\u003C/mark> una autonoma produzione \u003Cmark>di\u003C/mark> senso, \u003Cmark>di\u003C/mark> relazioni, \u003Cmark>di\u003C/mark> pratiche sovversive rispetto all’ordine patriarcale, alla logica binaria, alla naturalizzazione delle relazioni sociali.\r\nUn percorso importante ma delicato, perché, in modo del tutto paradossale, talora la spinta ad aprire spazi che aspirano al riconoscimento delle cesure discriminanti che segnano le vite \u003Cmark>di\u003C/mark> tante persone, finisce con il produrre un cortocircuito identitario.\r\n\r\nAlways on the move/ La città delle armi\r\nEra la capitale dell’auto. L’industria automobilistica era indicata tra le eccellenze cittadine nei cartelli \u003Cmark>di\u003C/mark> ingresso alla città.\r\nTorino è stata attraversata da due processi trasformativi paralleli: la città vetrina e la città delle armi. Il primo è il fulcro della narrazione pubblica, il secondo viene occultato tra satelliti ed esplorazioni spaziali.\r\nLa lenta ma inesorabile fuga della Fiat, ormai solo più un marchio per le auto, ha decretato la decadenza e l’impoverimento della città. Sulle macerie \u003Cmark>di\u003C/mark> quella storia le amministrazioni comunali degli ultimi vent’anni, hanno provato a costruire, con alterna fortuna, “la città vetrina per i grandi eventi”, una scelta dalle conseguenze politiche e sociali devastanti, perché si è basata su violente dinamiche \u003Cmark>di\u003C/mark> controllo sociale ed interventi \u003Cmark>di\u003C/mark> riqualificazione escludente, una sempre più netta dinamica \u003Cmark>di\u003C/mark> gentrification.\r\nIl 13 dicembre vi abbiamo proposto una lettura ragionata della parte dedicata alla città vetrina, in questa puntata ci siamo occupati \u003Cmark>di\u003C/mark> città delle armi.\r\n\r\nLe case popolari e chi le occupa\r\nFrancesco Migliaccio conserva un piccolo archivio \u003Cmark>di\u003C/mark> articoli dalle pagine cittadine di La Stampa e la Repubblica. Non è sistematico, eppure contiene numerose cronache sugli sgomberi \u003Cmark>di\u003C/mark> appartamenti occupati in palazzine \u003Cmark>di\u003C/mark> edilizia residenziale pubblica.\r\nLa sinistra che governa la città (buona e inclusiva) e la destra a capo della regione (cinica e cattiva) sono complementari e collaborano nella guerra contro i nemici pubblici degli ultimi mesi: gli occupanti \u003Cmark>di\u003C/mark> case, i disperati nei camper parcheggiati in angoli d’asfalto.\r\nIl linguaggio \u003Cmark>di\u003C/mark> giornalisti e rappresentanti delle istituzioni è sempre approssimativo, abile ad alternare l’ipocrisia al razzismo. \u003Cmark>Di\u003C/mark> certo dai loro discorsi sono rimosse le cause materiali, e storiche, che costringono le persone a occupare le case popolari lasciate vuote e abbandonate.\r\nNe abbiamo parlato con Francesco, autore \u003Cmark>di\u003C/mark> un articolo uscito su Monitor\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nMercoledì 8 gennaio riaprono (A)distro e SeriRiot\r\ndalle 18 alle 20\r\nin corso Palermo 46\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro\r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!\r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti!\r\n\r\nVenerdì 31 gennaio\r\nCrisi climatica e azione diretta\r\nStrumenti \u003Cmark>di\u003C/mark> ricerca, misurazione, analisi e lotta\r\nore 21 alla FAT\r\ncorso Palermo 46 Torino\r\nInterverrà il fisico Andrea Merlone, Dirigente \u003Cmark>di\u003C/mark> ricerca all’Istituto Nazionale \u003Cmark>di\u003C/mark> Ricerca Metrologica (INRiM) e ricercatore associato all’Istituto \u003Cmark>di\u003C/mark> Scienze Polari del CNR.\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20,30\r\nSiamo in pausa per fine anno\r\nCi rivediamo il 7 gennaio. \r\nper info scrivete a fai_torino@autistici.org\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFB\r\n@senzafrontiere.to/\r\n\r\nTelegram\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter mandando una mail ad: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org",[518],{"field":92,"matched_tokens":519,"snippet":515,"value":516},[71,72,73],{"best_field_score":497,"best_field_weight":106,"fields_matched":21,"num_tokens_dropped":45,"score":521,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":45},"1736172819517014129",{"document":523,"highlight":541,"highlights":546,"text_match":495,"text_match_info":549},{"comment_count":45,"id":524,"is_sticky":45,"permalink":525,"podcastfilter":526,"post_author":115,"post_content":527,"post_date":528,"post_excerpt":51,"post_id":524,"post_modified":529,"post_thumbnail":530,"post_title":531,"post_type":359,"sort_by_date":532,"tag_links":533,"tags":537},"87681","http://radioblackout.org/podcast/spot-podcast-28-02-2024-conduce-aurora-vanchiglia-transfemm/",[317]," \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/Podcast-28-Febbraio-2024.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nNuova puntata di febbraio di Spot a conduzione Aurora Vanchiglia Transfemm!\r\n\r\nTema trasversale di questa puntata sarà la violenza machista e sessista nel mondo del calcio.\r\n\r\nQuesto argomento sarà esaminato alla luce dell'ultimo avvenimento che ha coinvolto l'arbitra Guadalupe Porras la quale è stata ricoperta di insulti sessisti sui social dopo l’infortunio durante una partita della Liga spagnola\r\n\r\nRacconteremo altre esperienze recenti di arbitre oggetto di offese e insulti durante la direzione di match a riprova che questo non è stato un caso isolato, ma invece un comportamento reiterato e sistemico presente nel mondo del calcio sia professionistico che non!\r\n\r\nIn seguito discuteremo con la giornalista Marialaura Scatena di calcio e stereotipi di genere nello sport, approfondendo il caso del calciatore Dani Alves, un breve recap sul caso Rubiales, storia che ha tenuto banco per diversi mesi i giornali sportivi d'europa (non avete più scuse per non sapere di cosa stiamo parlando!) e le implicazioni culturali nel trattamento di casi di sessismo nel mondo del calcio.\r\n\r\nInfine il momento pop e decompressione: potevamo esimerci anche noi dal parlare di Sanremo? Assolutamente no! E quindi via si Sanremoscopo, l'oroscopo più musicale e mainstream che ci sia!\r\n\r\n \r\n\r\nLink utili per approfondire:\r\n\r\nIntervento più recente sul caso Dani Alves\r\n\r\nTedX Novara\r\n\r\nIntervento sul caso Rubiales INTERNAZIONALE\r\n\r\nLallascat su IG\r\n\r\n \r\n\r\nSeguici sui Social! 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Non sono mancati anche i discorsi istituzionali dedicati alle donne, dal Presidente della Repubblica a Papa Francesco. Peccato che Mattarella si sia ricordato dell'universo femminile soltanto per ridisegnargli addosso una serie di stereotipi e luoghi comuni sulle capacità tutte rosa di dare la vita, produrre e costruire, di nutrire il pianeta, di prendersi cura della società come della propria famiglia, e di farlo silenziosamente, lontano dai riflettori, nella penombra delle mura domestiche. Secondo il Presidente dovremmo pure sentirci gratificate e vivere questi compiti fondamentali come dei privilegi a cui siamo biologicamente destinate...Pensate come siamo fortunate!\r\nPer riascoltare la puntata:\r\nUnknown\r\nil colpo della strega_9marzo2015_secondaparte\r\n\r\nUnknown\r\n\r\nUnknown\r\n\r\n ","10 Marzo 2015","2018-10-24 17:35:01","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/10/adesivo-il-colpo-della-strega-new-copy-e1413229678451-200x110.jpg","8 marzo tra iniziative di lotta ed eventi istituzionali colorati di rosa (I podcast de Il colpo della strega, 9marzo2015)",1425986463,[228,425,587,588,589,590,591,592,593,594,231,436,595,437,596],"http://radioblackout.org/tag/corteo/","http://radioblackout.org/tag/lavoro-di-cura/","http://radioblackout.org/tag/manifestazione/","http://radioblackout.org/tag/marsiglia/","http://radioblackout.org/tag/no-muos/","http://radioblackout.org/tag/palermo/","http://radioblackout.org/tag/pisa/","http://radioblackout.org/tag/stupro/","http://radioblackout.org/tag/violenza-domestica/","http://radioblackout.org/tag/violenza-sessuale/",[234,331,598,599,341,339,600,337,335,601,15,329,602,333,603],"corteo","lavoro di cura","no Muos","stupro","violenza domestica","violenza sessuale",{"post_content":605,"post_title":609,"tags":612},{"matched_tokens":606,"snippet":607,"value":608},[72,71],"per ridisegnargli addosso una serie \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>stereotipi\u003C/mark> e luoghi comuni sulle capacità","Le iniziative \u003Cmark>di\u003C/mark> lotta che si sono svolte in occasione della giornata internazionale delle donne e una serie \u003Cmark>di\u003C/mark> riflessioni sulla violenza maschile contro le donne e il mondo glbtq. \r\n*Il resoconto del corteo \u003Cmark>di\u003C/mark> sabato 7 contro la violenza maschile sulle donne in quartiere SanPaolo a Torino, dove si è scesi/e in piazza a seguito dello stupro \u003Cmark>di\u003C/mark> una donna.\r\n*La diretta con Giuditta da Palermo per la manifestazione delle donne NoMuos che hanno tagliato le reti del cantiere e dato fuoco a due fantocci raffiguranti Renzi e Obama.\r\n*Da Pisa il racconto \u003Cmark>di\u003C/mark> MariaLuisa del Comitato Quartiere Sant'Ermete che ha partecipato all'iniziativa \u003Cmark>di\u003C/mark> blocco della Coop \u003Cmark>di\u003C/mark> Cisanello per l'assegno sociale, in protesta contro il nuovo regolamento della Società della Salute che prevede \u003Cmark>di\u003C/mark> affidare la gestione dei buoni pasto alla Caritas.\r\n*I contributi delle compagne francesi che a Marsiglia sono scese in strada contro la violenza maschile sulle donne\r\nE se da un lato della barricata c'è chi lotta, dall'altra c'è chi sfrutta l'8 marzo per guadagnare con eventi colorati \u003Cmark>di\u003C/mark> rosa, applicazioni tecnologiche securitarie al femminile, trovate pubblicitarie pink friendly...insomma un incubo tinto \u003Cmark>di\u003C/mark> rosa! 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