","La guerra del grano e le multinazionali dell’agroalimentare","post",1657111184,[55,56,57,58,59,60,61,62],"http://radioblackout.org/tag/cargill/","http://radioblackout.org/tag/du-pont/","http://radioblackout.org/tag/guerra-del-grano/","http://radioblackout.org/tag/guerra-in-ucraina/","http://radioblackout.org/tag/monsanto/","http://radioblackout.org/tag/porto-di-odessa/","http://radioblackout.org/tag/terminal-neptune/","http://radioblackout.org/tag/ucraina/",[17,15,27,29,21,23,25,19],{"post_content":65,"tags":71},{"matched_tokens":66,"snippet":69,"value":70},[67,68],"Neptune","terminal","per cento della joint venture \u003Cmark>Neptune\u003C/mark>, possessore del \u003Cmark>terminal\u003C/mark> più profondo del Mar Nero.\r","Di chi è il grano prodotto dell’Ucraina e bloccato nei silos senza possibilità di essere esportato, in Africa soprattutto? Un rapporto della Oakland Institut, anche se un po’ datato (è del 2014), spiega come alcune imprese agroalimentari transnazionali stavano investendo sempre di più in Ucraina e come stavano prendendo il controllo di tutti gli aspetti del sistema agricolo ucraino. Tra le altre le americane Monsanto, Cargill e Du Pont.\r\nA chi appartiene il \u003Cmark>terminal\u003C/mark> del porto di Odessa?\r\nIl 16 luglio 2021, cioè esattamente un anno fa, una delle società interessate all’acquisto dei terreni agricoli ucraini, la Cargill - la società a conduzione familiare più grande del mondo, con sede in Minnesota e non quotata in borsa - è diventata proprietaria del 51 per cento della joint venture \u003Cmark>Neptune\u003C/mark>, possessore del \u003Cmark>terminal\u003C/mark> più profondo del Mar Nero.\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Alberizzi, che su “Africa ExPress” ha pubblicato la prima parte i un’inchiesta sui padroni del grano ucraino.\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/07/2022-07-05-alberizzi-guerra-del-grano.mp3\"][/audio]",[72,74,76,78,80,82,84,88],{"matched_tokens":73,"snippet":17},[],{"matched_tokens":75,"snippet":15},[],{"matched_tokens":77,"snippet":27},[],{"matched_tokens":79,"snippet":29},[],{"matched_tokens":81,"snippet":21},[],{"matched_tokens":83,"snippet":23},[],{"matched_tokens":85,"snippet":87},[68,86],"neptune","\u003Cmark>terminal\u003C/mark> \u003Cmark>neptune\u003C/mark>",{"matched_tokens":89,"snippet":19},[],[91,97],{"field":30,"indices":92,"matched_tokens":94,"snippets":96},[93],6,[95],[68,86],[87],{"field":98,"matched_tokens":99,"snippet":69,"value":70},"post_content",[67,68],1157451471441625000,{"best_field_score":102,"best_field_weight":103,"fields_matched":104,"num_tokens_dropped":41,"score":105,"tokens_matched":104,"typo_prefix_score":41},"2211897868544",13,2,"1157451471441625194",6646,{"collection_name":52,"first_q":25,"per_page":93,"q":25},{"facet_counts":109,"found":145,"hits":146,"out_of":314,"page":14,"request_params":315,"search_cutoff":31,"search_time_ms":316},[110,121],{"counts":111,"field_name":119,"sampled":31,"stats":120},[112,115,117],{"count":113,"highlighted":114,"value":114},3,"anarres",{"count":104,"highlighted":116,"value":116},"liberation front",{"count":14,"highlighted":118,"value":118},"black in","podcastfilter",{"total_values":113},{"counts":122,"field_name":30,"sampled":31,"stats":143},[123,125,127,129,131,133,135,137,139,141],{"count":104,"highlighted":124,"value":124},"rom",{"count":104,"highlighted":126,"value":126},"lungo stura lazio",{"count":14,"highlighted":128,"value":128},"retata",{"count":14,"highlighted":130,"value":130},"elide tisi",{"count":14,"highlighted":132,"value":132},"missione isaf",{"count":14,"highlighted":134,"value":134},"sgombero campo",{"count":14,"highlighted":136,"value":136},"la città possibile",{"count":14,"highlighted":138,"value":138},"missione resolute report",{"count":14,"highlighted":140,"value":140},"chi lucra sui campi rom?",{"count":14,"highlighted":142,"value":142},"corte europea diritti umani",{"total_values":144},21,7,[147,176,214,236,264,291],{"document":148,"highlight":162,"highlights":168,"text_match":171,"text_match_info":172},{"comment_count":41,"id":149,"is_sticky":41,"permalink":150,"podcastfilter":151,"post_author":152,"post_content":153,"post_date":154,"post_excerpt":47,"post_id":149,"post_modified":155,"post_thumbnail":156,"post_title":157,"post_type":158,"sort_by_date":159,"tag_links":160,"tags":161},"70435","http://radioblackout.org/podcast/campeggio-contro-lestrazione-del-titanio-nel-parco-del-beigua/",[116],"liberationfront","Dal 6 all'8 agosto si svolgerà un campeggio di lotta contro il progetto della miniera di titanio che minaccia di devastare il Parco del Beigua, in provincia di Savona. Con un compagno abbiamo parlato degli ultimi sviluppi di questa vicenda e del programma del campeggio che potete trovare in forma completa qui sotto.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/07/beigua.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 6\r\n\r\n\r\n\r\nDalle ore 11:00\r\n\r\nAllestimento del campeggio.\r\n\r\nOre 17:30 Incontro di presentazione del campeggio e introduzione alla “tre giorni”.\r\n\r\nOre 19:00 Monocorpologo “Le scarpe di mio padre” -azione teatrale scritta e interpretata da Vito Mora-\r\n\r\nMio padre non era un militante rivoluzionario, non era un grande pensatore o un musicista virtuoso, non era neppure, che ne so, una persona violenta, non ha mai alzato un dito su nessuno e nessuno lo ha mai alzato su di lui, non ha avuto una vita travagliata e neanche particolarmente sofferta. Era un uomo normale, un carpentiere. Ha vissuto la sua vita: emigrato al nord, ad Albenga, dalla Calabria, lavorato anche troppo, messo su famiglia, avuto due figli, costruito una casa e poi se ne è andato all’altro mondo, per fortuna parecchi anni fa, quando era ancora possibile andare all’ospedale a far le visite e celebrare i funerali come ci pareva. Con i testi che ho scritto dopo la sua morte, ci ho fatto un’azione teatrale, un monologo (no letture) con interventi corporei, un monocorpologo, della durata di un’ora circa. Non è un racconto biografico, sono immagini, quadri, ricordi, presuntuosamente direi, prosa poetica.\r\n\r\nA seguire aperitivo con dj-set e concerto dei:\r\nMDPAE – Musica Discreta Per Ambienti Eleganti\r\n\r\nSabato 7\r\n\r\nOre 9:00 Passeggiata mattutina attraverso alcune delle zone minacciate dalla miniera.\r\n\r\nOre 13:00 Pranzo condiviso\r\n\r\nOre 15:30 Presentazione del libro “Lo spillover del profitto. Capitalismo, guerre ed epidemie” a cura di Calusca City Lights, Edizione Colibrì Milano 2020 Quando il confinamento avrà termine e si uscirà dal bozzolo antivirus, tutti i lavoratori, quale che sia il loro sesso, si troveranno di fronte alla dura realtà. Il pericolo più grande non sarà costituito da questo o quel virus, ma dal capitale stesso. Dopo aver dimostrato la sua totale incapacità di anticipare e gestire la crisi, il sistema ne farà pagare il conto a coloro senza i quali non può raccogliere i suoi profitti: i proletari. Aumento della disoccupazione, riduzione del salario reale, penuria progressiva, militarizzazione della società. Dopo aver strombazzato a destra e a manca: Siamo in marcia verso sempre nuovi progressi, la classe capitalista ora martella: Siamo in guerra! Innanzitutto contro quanti si ribelleranno sfidando l’ordine socio-economico esistente. In primo luogo contro i proletari.\r\n\r\nOre 18:00 Discussione proposta dal curatore delle edizioni Hirundo\r\n\r\n“Il vuoto oltre la civiltà”\r\n\r\nIl periodo pandemico ha evidenziato ancora di più lo stato di dipendenza patologica dal sistema tecnologico. E a richiedere più vaccini, tamponi e sussidi è proprio il mondo militante di sinistra, in adorazione e in preghiera di fronte al dio del progresso e della scienza. Ma se i “rivoluzionari storici” hanno abdicato qualsiasi speranza di autonomia agli Stati e alle multinazionali del farmaco e dell’HI Tech, cosa ne sarà degli “eretici” di oggi? Nel dilagare ormai sconfinato delle teorie post moderniste che invadono i\r\nmovimenti sociali proviamo a tracciare una via in rotta di collisione con la civiltà industriale moderna. Proviamo a parlare di inselvatichimento, di autonomia alimentare, di reti di supporto e condivisione al di là dei processi di mercificazione, e, poi, di reale autogestione della salute. La frattura emersa in questo periodo potrebbe essere l’occasione per frantumare molti miti dei rivoluzionari di ieri e di oggi. L’alternativa è un comodo e “militante” ritorno alla normalità.\r\n\r\nOre 20:00 Aperitivo e concerto con:\r\n\r\nNOCHAPPI?BOURGEOIS! – PEGGIOKLASSE – Il Blues de “IL TENEBROSO DALLA FITTA SELVA”\r\nA seguire dj-set\r\n\r\nDomenica 8\r\n\r\nOre 9:00 Passeggiata mattutina attraverso alcune delle zone minacciate dalla miniera.\r\n\r\nOre 11:00 Discussione sulla minaccia costituita dalla realizzazione della miniera di titanio e sulle forme di resistenza e lotta a difesa del territorio. Ore 15:00 Presentazione di “Respiro- Quando l’ordine del mondo ci toglie il fiato, una boccata d’aria in forma di fumetto” con Marco Bailone, uno dei coordinatori di questa autoproduzione. 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Precisa poi che ci sono dei ricercatori e delle ricercatrici che approfittano dell’aura e dell’autorevolezza della loro posizione per fare in realtà, non dei lavori scientifici, ma delle battaglie d’opinione, ideologiche e dell’attivismo. Annuncia infine che darà mandato per aprire un’inchiesta all’interno delle università e dei centri di ricerca pubblici francesi per in qualche modo stanare questi finti ricercatori e separare cosi scienza e ideologia radicale.\r\n\r\nOra i punti di sconcerto di fronte a queste affermazioni sono molti.\r\n\r\nPrima di tutto, c’è l’utilizzo (quantomeno disinvolto) di questo termine assolutamente privo di qualunque fondamento scientifico (come si sono affrettati a dichiarare pubblicamente sia il CNRS, che è il Consiglio Nazionale della Ricerca Scientifica, sia il CPU che è l’omologo della nostra Conferenza dei Rettori) ma anche solo privo di qualunque fondamento di realtà (dato che nessuna alleanza tra islamismo radicale o terrorismo islamico e una supposta sinistra radicale é mai stata neppure attenzionata dai servizi di polizia o altro), e che non è un termine neutro o cascato dal cielo ; è un termine ripreso dal linguaggio politico dell’estrema destra che lo utilizza da un po’ di anni per discreditare e gettare il sospetto su qualunque tipo di posizione anti-razzista o critica nei confronti ad esempio delle politiche di chiusura all’immigrazione e all’asilo, o delle politiche di stigmatizzazione delle minoranze, in particolare quella musulmana, in Francia.\r\n\r\nRingraziamo Daniela Trucco per il testo e i riferimenti ad articoli che trovate qui sotto:\r\nhttps://www.jadaliyya.com/Details/42400/Macron,-Separatism,-Islamo-leftism\r\nhttps://www.francetvinfo.fr/societe/education/c-est-une-chasse-aux-sorcieres-le-sociologue-eric-fassin-denonce-les-propos-de-frederique-vidal-sur-l-islamo-gauchisme-a-l-universite_4300567.html?fbclid=IwAR3iDELRN7HDAz6anYjtlPUSogKOHHv2x782UVhaynp3MvD1HDkdsoz27Og\r\nhttps://www.nouvelobs.com/idees/20201027.OBS35262/l-islamo-gauchisme-comment-ne-nait-pas-une-ideologie.html?fbclid=IwAR2kvfqOE4ES7MpmffkwhKsHd3zg6W1y7WszKCs-nMJ3In_YGH-h_7esqj8\r\nhttps://www.youtube.com/watch?v=y7QmTecBf2Y&feature=share&fbclid=IwAR2LYXPx0Myjr-DKZJRl5rDAaSGmizby5ycj65F_5dtCoD4WZWQ6niHQQTA\r\nhttp://www.cnrs.fr/fr/l-islamogauchisme-nest-pas-une-realite-scientifique?fbclid=IwAR1EPFqUsgfjJ4L8tu8rrzOkR2xLLhQcaM9YTjfCb-jUuiCwV_tXIwzkdsU\r\nhttps://www.mediapart.fr/journal/france/080221/en-france-les-recherches-sur-la-question-raciale-restent-marginales?fbclid= IwAR3iDELRN7HDAz6anYjtlPUSogKOHHv2x782UVhaynp3MvD1HDkdsoz27Og\r\nhttps://www.nytimes.com/2021/02/18/world/europe/france-universities-culture-wars.html?fbclid=IwAR1EPFqUsgfjJ4L8tu8rrzOkR2xLLhQcaM9YTjfCb-jUuiCwV_tXIwzkdsU\r\nhttps://tarage.noblogs.org/post/2020/11/18/rompre-laveuglement-au-racisme-sarah-mazouz/?fbclid=IwAR0OPDWDm3RycriAxfljXjxUYbuWWf3drGEARkTOibx9I99A09ImjCSoKGA\r\nhttps://groupedhistoiresociale.com/2021/01/08/impasses-des-politiques-identitaires-par-beaud-gerard-noiriel/\r\nhttps://mouvements.info/intersectionnalite/\r\nhttps://politoscope.org/2021/02/islamogauchisme-le-piege-de-lalt-right-se-referme-sur-la-macronie/","27 Febbraio 2021","2021-02-27 09:11:01","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/islamogauschisme-200x110.jpg","Black in - Attacco agli studi di genere e postcoloniali in Francia",1614417061,[189,190,191,192,193,194,195],"http://radioblackout.org/tag/daniela-trucco/","http://radioblackout.org/tag/francia/","http://radioblackout.org/tag/frederique-vidal/","http://radioblackout.org/tag/islamo-gauchisme/","http://radioblackout.org/tag/islamofobia/","http://radioblackout.org/tag/news/","http://radioblackout.org/tag/studi-di-genere/",[197,198,199,200,201,202,203],"Daniela Trucco","francia","Frederique Vidal","islamo-gauchisme","islamofobia","news","studi di genere",{"post_content":205},{"matched_tokens":206,"snippet":208,"value":209},[207],"termine","l’utilizzo (quantomeno disinvolto) di questo \u003Cmark>termine\u003C/mark> assolutamente privo di qualunque fondamento","Con Daniela Trucco - docente all'Université de Nice Provence-Alpes-Côte d’Azur - abbiamo parlato del recente attacco agli studi di genere e postcoloniali in Francia.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/Attacco-agli-studi-di-genere-e-postcoloniali-in-Francia-Trucco.mp3\"][/audio]\r\n\r\nIl punto di partenza, il casus belli, è l’intervento che ha fatto la ministra dell’Università e della Ricerca Frederique Vidal domenica scorsa, il 14 febbraio, ai microfoni di CNews che é diciamo un broadcast generalmente designato come una sorta di Fox tv francese.\r\n\r\nhttps://www.youtube.com/watch?v=ke4it-zfk9g\r\n\r\nDi fronte ad un giornalista che la incalza su un ipotetico pericolo islamo-gauchista (islamo-sinistrorso) (l’immagine di fondo della trasmissione raffigura Mao Tse Tung e Komeini, tanto per dare il tono della conversazione) la ministra afferma che effetivamente questa minaccia percorre tutta la società e quindi anche l’università, che della società è parte integrante. Precisa poi che ci sono dei ricercatori e delle ricercatrici che approfittano dell’aura e dell’autorevolezza della loro posizione per fare in realtà, non dei lavori scientifici, ma delle battaglie d’opinione, ideologiche e dell’attivismo. Annuncia infine che darà mandato per aprire un’inchiesta all’interno delle università e dei centri di ricerca pubblici francesi per in qualche modo stanare questi finti ricercatori e separare cosi scienza e ideologia radicale.\r\n\r\nOra i punti di sconcerto di fronte a queste affermazioni sono molti.\r\n\r\nPrima di tutto, c’è l’utilizzo (quantomeno disinvolto) di questo \u003Cmark>termine\u003C/mark> assolutamente privo di qualunque fondamento scientifico (come si sono affrettati a dichiarare pubblicamente sia il CNRS, che è il Consiglio Nazionale della Ricerca Scientifica, sia il CPU che è l’omologo della nostra Conferenza dei Rettori) ma anche solo privo di qualunque fondamento di realtà (dato che nessuna alleanza tra islamismo radicale o terrorismo islamico e una supposta sinistra radicale é mai stata \u003Cmark>neppure\u003C/mark> attenzionata dai servizi di polizia o altro), e che non è un \u003Cmark>termine\u003C/mark> neutro o cascato dal cielo ; è un \u003Cmark>termine\u003C/mark> ripreso dal linguaggio politico dell’estrema destra che lo utilizza da un po’ di anni per discreditare e gettare il sospetto su qualunque tipo di posizione anti-razzista o critica nei confronti ad esempio delle politiche di chiusura all’immigrazione e all’asilo, o delle politiche di stigmatizzazione delle minoranze, in particolare quella musulmana, in Francia.\r\n\r\nRingraziamo Daniela Trucco per il testo e i riferimenti ad articoli che trovate qui sotto:\r\nhttps://www.jadaliyya.com/Details/42400/Macron,-Separatism,-Islamo-leftism\r\nhttps://www.francetvinfo.fr/societe/education/c-est-une-chasse-aux-sorcieres-le-sociologue-eric-fassin-denonce-les-propos-de-frederique-vidal-sur-l-islamo-gauchisme-a-l-universite_4300567.html?fbclid=IwAR3iDELRN7HDAz6anYjtlPUSogKOHHv2x782UVhaynp3MvD1HDkdsoz27Og\r\nhttps://www.nouvelobs.com/idees/20201027.OBS35262/l-islamo-gauchisme-comment-ne-nait-pas-une-ideologie.html?fbclid=IwAR2kvfqOE4ES7MpmffkwhKsHd3zg6W1y7WszKCs-nMJ3In_YGH-h_7esqj8\r\nhttps://www.youtube.com/watch?v=y7QmTecBf2Y&feature=share&fbclid=IwAR2LYXPx0Myjr-DKZJRl5rDAaSGmizby5ycj65F_5dtCoD4WZWQ6niHQQTA\r\nhttp://www.cnrs.fr/fr/l-islamogauchisme-nest-pas-une-realite-scientifique?fbclid=IwAR1EPFqUsgfjJ4L8tu8rrzOkR2xLLhQcaM9YTjfCb-jUuiCwV_tXIwzkdsU\r\nhttps://www.mediapart.fr/journal/france/080221/en-france-les-recherches-sur-la-question-raciale-restent-marginales?fbclid= IwAR3iDELRN7HDAz6anYjtlPUSogKOHHv2x782UVhaynp3MvD1HDkdsoz27Og\r\nhttps://www.nytimes.com/2021/02/18/world/europe/france-universities-culture-wars.html?fbclid=IwAR1EPFqUsgfjJ4L8tu8rrzOkR2xLLhQcaM9YTjfCb-jUuiCwV_tXIwzkdsU\r\nhttps://tarage.noblogs.org/post/2020/11/18/rompre-laveuglement-au-racisme-sarah-mazouz/?fbclid=IwAR0OPDWDm3RycriAxfljXjxUYbuWWf3drGEARkTOibx9I99A09ImjCSoKGA\r\nhttps://groupedhistoiresociale.com/2021/01/08/impasses-des-politiques-identitaires-par-beaud-gerard-noiriel/\r\nhttps://mouvements.info/intersectionnalite/\r\nhttps://politoscope.org/2021/02/islamogauchisme-le-piege-de-lalt-right-se-referme-sur-la-macronie/",[211],{"field":98,"matched_tokens":212,"snippet":208,"value":209},[207],{"best_field_score":173,"best_field_weight":174,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":41,"score":175,"tokens_matched":104,"typo_prefix_score":33},{"document":215,"highlight":227,"highlights":232,"text_match":171,"text_match_info":235},{"comment_count":41,"id":216,"is_sticky":41,"permalink":217,"podcastfilter":218,"post_author":152,"post_content":219,"post_date":220,"post_excerpt":47,"post_id":216,"post_modified":221,"post_thumbnail":222,"post_title":223,"post_type":158,"sort_by_date":224,"tag_links":225,"tags":226},"60672","http://radioblackout.org/podcast/sullindustria-turistica/",[116],"A Bologna la magistratura ha colpito il collettivo di lavoratori Il Padrone di Merda affibbiando 5 divieti di dimora e 13 denunce agli attivisti in maschera bianca, il volto neutro utilizzato per andare a contestare padroni e padroncini fuori e dentro ai localini chic della Bologna dell\"eccellenza gastronomica\".\r\nIl PdM nasce come pagina facebook dove recriminare contro gli abusi, le molestie o i mancati pagamenti nel settore della ristorazione (e non solo), diventando poi un vero e proprio movimento autonomo sociale in cui la forza collettiva e trasversale dei lavoratori ha permesso di screditare i locali e, ancor più importante, recuperare i soldi dovuti ai lavoratori. Un esperienza dal basso che ha portato grandi risultati, laddove i sindacati non si sono mai neppure voluti addentrare. A testimoniare la pericolosità (per i padroni) di questo movimento il numero di accuse stilato dalla magistratura, da estorsione e a violenza privata.\r\nne parliamo con Davide:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/padrone-di-merda.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nLa crisi epidemiologica del Covid è stata la prima crisi globale che doveva essere affrontata collettivamente senza una pianificazione di lungo termine, ma i risultati sono stati catastrofici: ogni Stato si è barricato all'interno dei suoi confini e anche il trattato di Schengen è stato annullato dall'oggi al domani senza alcuna decisione ne strategia comune.\r\nEgualmente per le riaperture, coincidenti con l'avvio della stagione turistica, ogni Stato sta decidendo autonomamente. Il turismo è considerato come una boccata d'aria fresca per l'economia: liquidità e risorse immediate. Un piatto succulento che ha generato una competizione tra i vari Stati.\r\nGermania e Austria, ad esempio, stanno creando un corridoio sanitario per far giungere i loro cittadini in Croazia e in Grecia, avvalendosi di un rapporto migratorio/commerciale/politico ormai radicato da decenni. L'Italia invece si prepara ad accogliere i turisti Russi e Cinesi, dal Cremlino si vocifera di finanziamenti per far dell'aeroporto di Fiumicino lo scalo principale dalla Russia (e dunque anche dalla Cina). Accordi che hanno conseguenze politiche e di relazioni internazionali profonde. Anche il turismo è diventato a pieno titolo uno strumento di obbligazione politica che uno Stato esercita su di un altro Stato per poter porre una pressione sulle scelte politiche e commerciali interne ai governi.\r\nNe parliamo con Igor Pellicciari professore di storia delle relazioni internazionali\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/turismo-geopolitica.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDicevano che il Covid sarebbe stata la pietra tombale di AirBnb, invece sembra che questa piattaforma non ne sia stata minimamente colpita, soprattutto per la capacità di esternalizzare i costi e far ricadere le spese sugli host, e se non sarà lo specifico sito a resistere, rimarrà ben saldo il modello del capitalismo delle piattaforme. I più colpiti sono stati prevalentemente i piccoli host, coloro che affittavano case e stanze per coprire le spese o ricevere qualche entrata. Discorso completamente diverso per le società di multi-hosting che hanno avuto la possibilità di rilevare nuovi appartamenti a prezzi ancor più bassi, per poi ripartire ancor più forti di prima.\r\nQuesta pandemia ha mostrato quel che sono diventati i nostri centri senza turisti: zone fantasma. Senza turisti, studenti e professionisti a progetto, i centri storici si sono clamorosamente svuotati, costringendo anche la gran parte delle attività ad abbassare le saracinesche. Occorre sorpassare la visione meramente commerciale delle città, con tutta la retorica di decoro, di pulizia, di sicurezza e ora anche di sanificazione, concetti buoni soltanto all'idea di smart city, la città senza abitanti. Restituire al città ai suoi abitanti, con politiche abitative inclusive e accessibili a tutti/e. Far vivere i quartieri di vita propria e non come uno spettacolo degno solo di essere fotografato.\r\nNe parliamo con Filippo Celata professore di geografia economica\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/airbnb.mp3\"][/audio]","21 Maggio 2020","2020-07-24 12:47:38","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/sandalo_calzini-e1590077423987-200x110.jpg","sull'industria turistica",1590084692,[],[],{"post_content":228},{"matched_tokens":229,"snippet":230,"value":231},[165],"sindacati non si sono mai \u003Cmark>neppure\u003C/mark> voluti addentrare. 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L’operazione “la città possibile” era un ingranaggio ben oliato che funzionava senza intoppi. Duecento rom meritevoli di “emergere” dal campo di Lungo Stura Lazio, il più grande insediamento spontaneo d’Europa, piazzati temporaneamente in strutture di social housing, erano il fiore all’occhiello con il quale Torino si vendeva come prima città italiana ad aver cancellato la vergogna dei campi. Peccato che l’operazione, costata cinque milioni di euro del ministero dell’Interno, abbia riempito le casse di una bella cordata di cooperative ed associazioni amiche, mentre ai rom “meritevoli” ha offerto due anni sotto ad un tetto, purché si rispettino regole di comportamento che lederebbero la dignità di un bambino di tre anni.\r\n\r\nAgli altri seicento il Comune di Torino ha offerto la strada o la deportazione.\r\n\r\nDuecento tra adulti e bambini sono stati sgomberati il 26 febbraio. 150 persone sono state rastrellate mercoledì 18 marzo, portate in questura, denudate e perquisite. Alla gran parte sono stati consegnati fogli di via che impongono di lasciare il paese entro un mese, due sono stati portati al CIE, uno probabilmente è già stato deportato.\r\n\r\nIl tam tam aveva battuto la notizia che giovedì sarebbe stata sgomberata “la fossa”, la zona del campo abitata dai calderasc.\r\nPoi, a sorpresa, il tribunale dei diritti dell’uomo ha imposto al governo lo stop dello sgombero, perché, non si possono buttare in strada uomini, donne e bambini senza offrire un’alternativa.\r\nUn granello di sabbia ha cominciato a sporcare la vetrina luccicante del Comune.\r\nNel pomeriggio di giovedì 19 al Campus “Luigi Einaudi” c’era l’inaugurazione di un convegno sui rom, senza i rom. Non invitati c’erano anche gli antirazzisti di Gattorosso Gattonero che hanno aperto uno striscione, si sono presi il microfono per leggere un documento degli abitanti di Lungo Stura Lazio, gli unici a non essere mai stati interpellati su quanto veniva deciso ed attuato sui loro corpi, sulle loro vite, sul futuro dei loro figli.\r\nIl vicesindaco Elide Tisi ha dato forfait all’ultimo momento, limitandosi a inviare una lettera. L’eco delle voci dei senza voce è comunque risuonata nell’aula nuova e linda del Campus.\r\nPochi chilometri di strada da Lungo Stura Lazio, anni luce di repressione e disprezzo dalle baracche dove i rom vivono da anni tra topi e fango. La prima volta che le vedi quelle baracche fanno orrore. Poi ti accorgi che sono state dipinte, che ci sono le tendine alle finestre, dietro cui brillano candele e luci scarne. E ti accorgi che l’orrore vero è quello di tanti giorni all’alba, tra lampeggianti, antisommossa e vigili urbani con il manganello e i guanti.\r\n\r\nNei giorni successivi i quotidiani hanno dato ampio risalto alla notizia dello stop momentaneo imposto dalla corte dei diritti dell’uomo, concedendo ampia facoltà di replica sia a Tisi, sia a Borgna, il pubblico ministero che lo scorso maggio aveva posto sotto sequestro l’area.\r\nNeanche una riga è stata concessa al documento dell’assemblea degli abitanti del campo. Anarres ne ha parlato con Cecilia di Gattorosso Gattonero.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\nUnknown\r\n\r\nDi seguito il comunicato di Gatto Rosso Gatto Nero:\r\n«È sempre possibile dire il vero nello spazio di una esteriorità selvaggia; ma non si è nel vero se non ottemperando alle regole di una ‘polizia’ discorsiva che si deve riattivare in ciascuno dei suoi discorsi. » (M. F.)\r\nTorino, 19 marzo 2015\r\nQuesta mattina all'alba doveva scattare un'ulteriore operazione di sgombero nel campo rom di Lungo Stura. L'ennesima dall'estate 2014, a poche settimane di distanza da quella del 26 febbraio, in cui oltre 100 persone sono finite in mezzo alla strada senza preavviso né alternativa abitativa, mentre le loro baracche venivano distrutte dalle ruspe della Città di Torino. A rovinare i piani istituzionali è intervenuto il ricorso presentato da cinque famiglie residenti nel campo, rappresentate dall'avvocato Gianluca Vitale, il cui successo coincide con la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo di imporre al governo italiano la sospensione immediata dello sgombero fino al 26 marzo, con la richiesta che vengano fornite informazioni in merito alla ricollocazione abitativa dei nuclei. E' la prima volta che la Corte sospende lo sgombero di un campo rom in Italia. Ad esser maliziosi vien da pensare che la Città di Torino la stia facendo davvero grossa.\r\nLe operazioni di sgombero fanno tutte parte del mega-progetto “La città possibile”, con il quale la Città di Torino fa vanto di “superare” i campi nomadi e la cui gestione è monopolio della cordata Valdocco - AIZO - Stranaidea - Liberitutti - Terra del Fuoco - Croce Rossa, cui è stato affidato un appalto dal valore di 5.193.167,26 euro stanziati dal Ministero dell'Interno, nell'assenza di alcun monitoraggio indipendente. L'implementazione di questa “buona pratica” nel campo rom “informale” più grande d'Europa, quello di Lungo Stura, dove da 15 anni vivevano oltre 1.000 persone provenienti dalla Romania, bacino di manodopera sottocosto per le economie formali ed informali della città, ha previsto l'arbitraria separazione degli abitanti del campo in “meritevoli” ed “immeritevoli”, “civilizzati” e “barbari”, “adatti” ed “inadatti” ad una condizione abitativa autonoma e dignitosa. Ai primi – appena 250 persone a fine gennaio 2015 - l'offerta di una casa temporanea o la collocazione in sistemazioni di housing sociale a metà tra la caserma e l'asilo, o ancora il rimpatrio “volontario” in Romania; ai secondi – ben oltre 600 persone - lo sgombero forzato senza alternativa abitativa da portare a termine entro il 31 marzo, appena sospeso dalla CEDU dopo che oltre 100 persone ne sono già state oggetto.\r\n\r\nNel frattempo, dopo la retata della polizia di mercoledì mattina, una ventina di persone del campo si ritrovano oggi con in mano un foglio di via che intima loro di lasciare l'Italia entro 30 giorni, come è successo a decine di altri nel corso dell'ultimo anno. Due persone sono invece rinchiuse nel CIE di Torino in attesa di convalida o annullamento dell'espulsione coatta.\r\n\r\nNella totale assenza di coinvolgimento delle famiglie del campo nelle fasi di elaborazione ed implementazione del progetto ed in mancanza di alcun criterio trasparente o possibilità di ricorso, la Città di Torino si è così arrogata il “diritto” al monopolio della violenza persino oltre i limiti imposti da uno stato di diritto già strutturalmente fondato sull'occultamento del conflitto di classe e sulla romofobia.\r\nAttraverso lo sgombero forzato di chi non può accedere al “libero” mercato degli affitti né alle case popolari - e si trova così costretto, dopo secoli di stanzialità, ad un nomadismo forzato attraverso cui si costruisce lo stigma “culturale” utile ad etnicizzare lo spazio politico e sociale - si sta portando avanti una violenta politica repressiva e speculativa che garantisce i profitti economici e simbolici di pochi noti, devastando la vita di molti. Nulla di nuovo rispetto alle strategie di governo del sociale che da tempo caratterizzano lo spazio metropolitano torinese, dove le politiche di “riqualificazione” urbana nelle diverse periferie vengono portate avanti tramite sfratti, sgomberi, retate e speculazioni che rispondono a precisi interessi economici. Non importa che nel campo vivano donne in stato di gravidanza, persone anziane e malate e minori frequentanti la scuola. Non importa neppure che la loro presenza invisibile dati di oltre un decennio e sia situata su un terreno decisamente poco appetibile per grandi investimenti. Dietro all'ideologia “democratica” sui cui si fonda la retorica di questo progetto di speculazione e sgombero, di cui il nome stesso - “La città possibile” - è emblema, si cela, come sempre, la materialità delle risorse e degli interessi economici che determinano forze e rapporti di forza in campo.\r\n\r\nQual è la genealogia di questo progetto milionario?\r\nChi ha partecipato alla definizione dei termini del suo “discorso”?\r\nIn quali spazi ed attraverso quali processi?\r\nQuali effetti sono stati prodotti rispetto alla creazione di “soggetti” ed “oggetti”?\r\nCon quali conseguenze nello spazio politico locale e sovra-locale?\r\nIn base a quali criteri sono state scelte le famiglie?\r\nDi che natura è lo strumento governativo definito “patto di emersione”?\r\nQuali rappresentazioni e vincoli impone all'azione ed alla vita quotidiana delle persone? Qual è la sostenibilità economica delle sistemazioni abitative per le famiglie?\r\nPerché vengono costrette alla dipendenza da associazioni e cooperative?\r\nCosa succederà alle famiglie quando finiranno i contributi agli affitti non calmierati?\r\nLo sgombero senza alternativa abitativa \"supera\" un campo per crearne altri?\r\nQuale percentuale dei 5.193.167,26 euro è stata spesa per “costi di gestione”?\r\nChi sono i proprietari degli immobili nei quali alcune famiglie sono state collocate? Quanto è costato lo sgombero manu militari del campo di Lungo Stura?\r\n\r\nQueste sono solo alcune delle domande a cui una delle principali responsabili politiche del progetto, la vicesindaco Tisi - invitata ad inaugurare un'imbarazzante conferenza sull'inclusione abitativa dei Rom, patrocinata niente meno che dalla Città di Torino proprio mentre la stessa porta avanti un'operazione di speculazione e sgombero sulla pelle dei Rom - non ha evidentemente molta voglia di rispondere. Informata della presenza di un gruppo di antirazzisti/e all'evento, ha preferito scappare, lasciando alla platea una missiva greve di retorica e compassione per i “poveri senza tetto” che ben si addice ad un'esponente di punta del PD torinese, da anni al governo della capitale italiana degli sfratti. Una conferenza tenutasi a pochi chilometri dal campo rom di Lungo Stura - dove centinaia di persone vivono nell'incertezza radicale rispetto al loro presente e sotto la costante minaccia della violenza poliziesca - in cui non si è percepita in alcun modo la materialità dei processi di speculazione, repressione e ricatto in atto, né la sofferenza dei soggetti che subiscono quotidianamente gli effetti di queste politiche “virtuose” con cui la Città di Torino pensa di farsi pubblicità; una conferenza in cui gli unici assenti erano proprio questi soggetti, ai quali i “ricercatori critici” hanno pensato bene di concedere statuto di esistenza unicamente in qualità di “oggetti” dei discorsi e dello sguardo altrui; una conferenza dove non è stato minimamente problematizzato il nesso tra potere e sapere, ma è stata anzi offerta legittimazione alle istituzioni ed al loro operato, accogliendole come interlocutori credibili – uno sguardo al programma, ai termini del discorso ed agli sponsor in esso contenuti è sufficiente a capire quali siano le differenti “agende” che nell'iniziativa hanno trovato felice saldatura. Non vanno sprecate ulteriori parole.\r\n\r\nLa presenza degli antirazzisti/e ha portato uno squarcio di realtà e materialità in una Aula Magna dove ad un'analisi del potere politico e dei rapporti di classe nello spazio metropolitano, di cui la questione abitativa è parte, si è ancora una volta preferito il comodo sguardo culturalista sui Rom come luoghi dell'eccezione. All'ipocrita retorica della “cittadinanza” e del “diritto di parola” (comunque negato), abbiamo risposto con la presa diretta della parola. Nè “partecipanti” ad un confronto che non è mai esistito, né “portavoce” di un popolo o di qualsivoglia bandiera. Lontani dalla melmosa palude della “rappresentanza” - di cui altri sembrano invece tanto ossessionati - abbiamo usato i nostri corpi come amplificatori delle voci dell'assemblea degli abitanti del campo rom di Lungo Stura, dove si sta combattendo una guerra sociale.\r\n\r\nAssemblea Gatto Nero Gatto Rosso\r\ngattonerogattorosso@inventati.org\r\n\r\nDi seguito il testo letto in università.\r\nBasta sgomberi e speculazioni nel campo rom di lungo Stura!\r\nGiovedì 26 febbraio la polizia ha sgomberato dal campo rom di Lungo Stura 200 persone. Le loro baracche e roulottes sono state distrutte dalle ruspe del Comune di Torino senza dare alle persone neanche il tempo di mettere in salvo le proprie cose, né ai malati di recuperare i medicinali. Chi è stato sgomberato non aveva altro posto dove andare: qualcuno è fuggito in altre parti della città, altri hanno chiesto ospitalità a chi ancora vive nel campo.\r\nQuesto sgombero non è giusto.\r\nNel campo di Lungo Stura fino all'anno scorso vivevano oltre 1.000 persone. Siamo arrivati in Italia 15 anni fa e abbiamo sempre vissuto in baracche, non per scelta, ma perché non possiamo permetterci di pagare un affitto. In Romania abbiamo sempre vissuto in case, che lo Stato garantiva a tutti durante il regime di Ceaușescu, nonostante il razzismo contro i Rom esistesse anche allora. Siamo venuti in Italia perché dopo il 1989 la situazione economica è diventata molto difficile: hanno chiuso miniere, fabbriche e collettivizzazioni dove molti di noi lavoravano, mentre le attività che alcuni gruppi rom svolgevano da secoli non hanno trovato spazio nell'economia capitalista. Siamo diventati disoccupati e senza reddito.\r\nSiamo venuti in Italia per cercare lavoro e qui abbiamo visto che i Rom vivevano in campi, mentre l'accesso alle case popolari era praticamente impossibile. Il mercato degli affitti di Torino, poi, è inaccessibile per chi come noi svolge lavori sottopagati che non ci permettono nemmeno di sfamarci. Così ci siamo adattati alla situazione, che è sempre stata molto dura, perché non eravamo abituati a vivere in baracche, senza luce né acqua. Il campo di Lungo Stura si è velocemente ingrandito perché molte persone scappavano qui dopo che polizia e vigili le sgomberavano da altre zone. Prima che la Romania entrasse nell'Unione Europea i poliziotti venivano spesso nei campi, all'alba, per fare retate e spaccare tutto: ci prendevano, ci portavano in questura e spesso ci chiudevano nei CIE o ci mettevano direttamente sugli aerei per espellerci. Anche dopo che siamo diventati cittadini europei la violenza della polizia è continuata, così come il razzismo e lo sfruttamento.\r\nAbbiamo letto sui giornali che più di un anno fa il Comune di Torino ha avviato un progetto abitativo per i Rom, chiamato “La città possibile” e costato oltre 5 milioni di euro, finanziati dallo Stato italiano. Abbiamo letto che con questo progetto le istituzioni hanno detto di voler “superare” i campi nomadi. Il Comune, però, non ha organizzato nemmeno un'assemblea per parlare con noi, né alcuna rappresentanza delle famiglie è mai stata invitata alle riunioni dove sono state prese le decisioni.\r\n\r\nNessuno ci ha mai informati di come sono stati spesi i soldi, né delle caratteristiche di questo progetto.\r\n\r\nLe cooperative e le associazioni hanno chiamato alcune famiglie del campo, a cui hanno fatto firmare dei fogli con cui accettavano di distruggere le proprie baracche in cambio di una sistemazione abitativa. In questo modo, il Comune ha inserito 250 persone nel progetto: alcune in alloggio, altre in housing sociale, altre ancora sono state rimpatriate in Romania. Là però non si riesce a sopravvivere, quindi queste persone sono già tornate in Italia. Nessuno ci ha spiegato i criteri con cui queste famiglie sono state scelte. Alcune persone arrivate da poco in Italia hanno avuto la casa, altri che sono qui da 10 anni non hanno avuto niente, quindi pensiamo che ci siano stati casi di corruzione. L'unica cosa che abbiamo davvero capito è che le case sono state offerte solo per pochi mesi, al massimo due anni. Poi le famiglie dovranno pagare affitti insostenibili e se non riusciranno a farlo si ritroveranno in mezzo alla strada, a meno che le cooperative non ricevano altri soldi per continuare il progetto. Ma cosa è successo a tutte le persone rimaste fuori da “La città possibile”?\r\n\r\nLa maggior parte degli abitanti del campo di lungo Stura è stata arbitrariamente tagliata fuori dal progetto.\r\n\r\nStiamo parlando di oltre 600 persone: abbiamo ricevuto continue promesse, ma nessuna risposta concreta. Abbiamo chiesto spiegazioni sui criteri, ma nessuno ci ha voluto parlare. L'unico rapporto con Questura, Comune, associazioni e cooperative era che venivano a censirci e a farci domande in continuazione. Poi arrivava la polizia a darci il foglio di via. Ogni due settimane mandavano i poliziotti nel campo con cani, scudi e manganelli, per fare le retate, prendere le persone e mandarle via dall'Italia, con qualunque pretesto. Ad una signora hanno dato il foglio di via perchè aveva acceso la stufa per scaldare la baracca. La Croce Rossa invece veniva a prendere nota delle baracche vuote, per farle spaccare, quando la gente non era in casa, dopo le 9 del mattino.\r\nIl 26 febbraio la polizia ha sgomberato 200 di noi, senza offrire nessuna alternativa abitativa. Ora nel campo siamo ancora oltre 400 persone ed ogni giorno viviamo con la paura di essere buttati in mezzo alla strada. A nessuno interessa che nel campo vivano donne incinte, persone anziane e molte persone malate. A nessuno interessa che, a causa dello sgombero, i nostri bambini e bambine non abbiano più la possibilità di andare a scuola e così perdano l'anno scolastico. L'unica cosa che interessa è spaccare le nostre baracche.\r\n\r\nViviamo come topi, se non abbiamo diritto nemmeno ad una baracca, allora tanto vale che veniate a spararci.\r\n\r\nI campi rom non li abbiamo creati noi, li hanno creati le istituzioni italiane decine di anni fa. Quanti soldi hanno guadagnato in tutti questi anni, sulla pelle dei Rom, associazioni e cooperative cui il Comune di Torino ha dato appalti di ogni genere per “gestire” i campi e chi è costretto a viverci? Quanti soldi hanno guadagnato nell'ultimo anno Valdocco, Terra del Fuoco, AIZO, Stranaidea, Liberitutti e Croce Rossa, con il progetto “La città possibile” che è costato più di 5 milioni di euro? Questi soldi non vengono spesi a favore dei Rom ed infatti la nostra situazione non è affatto migliorata in tutti questi anni. Dobbiamo chiederci chi realmente ci guadagna da tutti questi progetti “eccezionali”, che oltretutto rinforzano l'idea che noi Rom non facciamo parte di una comune umanità e fomentano il razzismo.\r\n\r\nNel campo oggi vivono oltre 400 persone, di cui metà sono minori.\r\nNegli ultimi giorni a qualcuno è stato promesso di entrare nel progetto: questa logica di divisione e ricatto deve finire!\r\nTutti/e devono poter di vivere in case o luoghi dignitosi e sicuri.\r\nNessuno deve essere buttato in mezzo alla strada.\r\nI minori devono poter frequentare la scuola e terminare l'anno.\r\nBasta sgomberi e speculazioni sulla nostra pelle!\r\nTorino, 15 marzo 2015\r\nAssemblea abitanti del campo di Lungo Stura Lazio\r\n\r\n ","21 Marzo 2015","2018-10-17 22:59:25","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/03/cle1-200x110.jpg","Convegno sui Rom senza i Rom: antirazzisti/e rovinano la vetrina della Città di Torino",1426934211,[248,249,250,251,252,253],"http://radioblackout.org/tag/corte-europea-diritti-umani/","http://radioblackout.org/tag/elide-tisi/","http://radioblackout.org/tag/lungo-stura-lazio/","http://radioblackout.org/tag/retata/","http://radioblackout.org/tag/rom/","http://radioblackout.org/tag/sgombero-campo/",[142,130,126,128,124,134],{"post_content":256},{"matched_tokens":257,"snippet":258,"value":259},[207],"alternativa abitativa da portare a \u003Cmark>termine\u003C/mark> entro il 31 marzo, appena","Il 19 marzo è stata una gran brutta giornata per gli apprendisti stregoni del Comune di Torino.\r\nEra tutto perfetto. L’operazione “la città possibile” era un ingranaggio ben oliato che funzionava senza intoppi. Duecento rom meritevoli di “emergere” dal campo di Lungo Stura Lazio, il più grande insediamento spontaneo d’Europa, piazzati temporaneamente in strutture di social housing, erano il fiore all’occhiello con il quale Torino si vendeva come prima città italiana ad aver cancellato la vergogna dei campi. Peccato che l’operazione, costata cinque milioni di euro del ministero dell’Interno, abbia riempito le casse di una bella cordata di cooperative ed associazioni amiche, mentre ai rom “meritevoli” ha offerto due anni sotto ad un tetto, purché si rispettino regole di comportamento che lederebbero la dignità di un bambino di tre anni.\r\n\r\nAgli altri seicento il Comune di Torino ha offerto la strada o la deportazione.\r\n\r\nDuecento tra adulti e bambini sono stati sgomberati il 26 febbraio. 150 persone sono state rastrellate mercoledì 18 marzo, portate in questura, denudate e perquisite. Alla gran parte sono stati consegnati fogli di via che impongono di lasciare il paese entro un mese, due sono stati portati al CIE, uno probabilmente è già stato deportato.\r\n\r\nIl tam tam aveva battuto la notizia che giovedì sarebbe stata sgomberata “la fossa”, la zona del campo abitata dai calderasc.\r\nPoi, a sorpresa, il tribunale dei diritti dell’uomo ha imposto al governo lo stop dello sgombero, perché, non si possono buttare in strada uomini, donne e bambini senza offrire un’alternativa.\r\nUn granello di sabbia ha cominciato a sporcare la vetrina luccicante del Comune.\r\nNel pomeriggio di giovedì 19 al Campus “Luigi Einaudi” c’era l’inaugurazione di un convegno sui rom, senza i rom. Non invitati c’erano anche gli antirazzisti di Gattorosso Gattonero che hanno aperto uno striscione, si sono presi il microfono per leggere un documento degli abitanti di Lungo Stura Lazio, gli unici a non essere mai stati interpellati su quanto veniva deciso ed attuato sui loro corpi, sulle loro vite, sul futuro dei loro figli.\r\nIl vicesindaco Elide Tisi ha dato forfait all’ultimo momento, limitandosi a inviare una lettera. L’eco delle voci dei senza voce è comunque risuonata nell’aula nuova e linda del Campus.\r\nPochi chilometri di strada da Lungo Stura Lazio, anni luce di repressione e disprezzo dalle baracche dove i rom vivono da anni tra topi e fango. La prima volta che le vedi quelle baracche fanno orrore. Poi ti accorgi che sono state dipinte, che ci sono le tendine alle finestre, dietro cui brillano candele e luci scarne. E ti accorgi che l’orrore vero è quello di tanti giorni all’alba, tra lampeggianti, antisommossa e vigili urbani con il manganello e i guanti.\r\n\r\nNei giorni successivi i quotidiani hanno dato ampio risalto alla notizia dello stop momentaneo imposto dalla corte dei diritti dell’uomo, concedendo ampia facoltà di replica sia a Tisi, sia a Borgna, il pubblico ministero che lo scorso maggio aveva posto sotto sequestro l’area.\r\nNeanche una riga è stata concessa al documento dell’assemblea degli abitanti del campo. Anarres ne ha parlato con Cecilia di Gattorosso Gattonero.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\nUnknown\r\n\r\nDi seguito il comunicato di Gatto Rosso Gatto Nero:\r\n«È sempre possibile dire il vero nello spazio di una esteriorità selvaggia; ma non si è nel vero se non ottemperando alle regole di una ‘polizia’ discorsiva che si deve riattivare in ciascuno dei suoi discorsi. » (M. F.)\r\nTorino, 19 marzo 2015\r\nQuesta mattina all'alba doveva scattare un'ulteriore operazione di sgombero nel campo rom di Lungo Stura. L'ennesima dall'estate 2014, a poche settimane di distanza da quella del 26 febbraio, in cui oltre 100 persone sono finite in mezzo alla strada senza preavviso né alternativa abitativa, mentre le loro baracche venivano distrutte dalle ruspe della Città di Torino. A rovinare i piani istituzionali è intervenuto il ricorso presentato da cinque famiglie residenti nel campo, rappresentate dall'avvocato Gianluca Vitale, il cui successo coincide con la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo di imporre al governo italiano la sospensione immediata dello sgombero fino al 26 marzo, con la richiesta che vengano fornite informazioni in merito alla ricollocazione abitativa dei nuclei. E' la prima volta che la Corte sospende lo sgombero di un campo rom in Italia. Ad esser maliziosi vien da pensare che la Città di Torino la stia facendo davvero grossa.\r\nLe operazioni di sgombero fanno tutte parte del mega-progetto “La città possibile”, con il quale la Città di Torino fa vanto di “superare” i campi nomadi e la cui gestione è monopolio della cordata Valdocco - AIZO - Stranaidea - Liberitutti - Terra del Fuoco - Croce Rossa, cui è stato affidato un appalto dal valore di 5.193.167,26 euro stanziati dal Ministero dell'Interno, nell'assenza di alcun monitoraggio indipendente. L'implementazione di questa “buona pratica” nel campo rom “informale” più grande d'Europa, quello di Lungo Stura, dove da 15 anni vivevano oltre 1.000 persone provenienti dalla Romania, bacino di manodopera sottocosto per le economie formali ed informali della città, ha previsto l'arbitraria separazione degli abitanti del campo in “meritevoli” ed “immeritevoli”, “civilizzati” e “barbari”, “adatti” ed “inadatti” ad una condizione abitativa autonoma e dignitosa. Ai primi – appena 250 persone a fine gennaio 2015 - l'offerta di una casa temporanea o la collocazione in sistemazioni di housing sociale a metà tra la caserma e l'asilo, o ancora il rimpatrio “volontario” in Romania; ai secondi – ben oltre 600 persone - lo sgombero forzato senza alternativa abitativa da portare a \u003Cmark>termine\u003C/mark> entro il 31 marzo, appena sospeso dalla CEDU dopo che oltre 100 persone ne sono già state oggetto.\r\n\r\nNel frattempo, dopo la retata della polizia di mercoledì mattina, una ventina di persone del campo si ritrovano oggi con in mano un foglio di via che intima loro di lasciare l'Italia entro 30 giorni, come è successo a decine di altri nel corso dell'ultimo anno. Due persone sono invece rinchiuse nel CIE di Torino in attesa di convalida o annullamento dell'espulsione coatta.\r\n\r\nNella totale assenza di coinvolgimento delle famiglie del campo nelle fasi di elaborazione ed implementazione del progetto ed in mancanza di alcun criterio trasparente o possibilità di ricorso, la Città di Torino si è così arrogata il “diritto” al monopolio della violenza persino oltre i limiti imposti da uno stato di diritto già strutturalmente fondato sull'occultamento del conflitto di classe e sulla romofobia.\r\nAttraverso lo sgombero forzato di chi non può accedere al “libero” mercato degli affitti né alle case popolari - e si trova così costretto, dopo secoli di stanzialità, ad un nomadismo forzato attraverso cui si costruisce lo stigma “culturale” utile ad etnicizzare lo spazio politico e sociale - si sta portando avanti una violenta politica repressiva e speculativa che garantisce i profitti economici e simbolici di pochi noti, devastando la vita di molti. Nulla di nuovo rispetto alle strategie di governo del sociale che da tempo caratterizzano lo spazio metropolitano torinese, dove le politiche di “riqualificazione” urbana nelle diverse periferie vengono portate avanti tramite sfratti, sgomberi, retate e speculazioni che rispondono a precisi interessi economici. Non importa che nel campo vivano donne in stato di gravidanza, persone anziane e malate e minori frequentanti la scuola. Non importa \u003Cmark>neppure\u003C/mark> che la loro presenza invisibile dati di oltre un decennio e sia situata su un terreno decisamente poco appetibile per grandi investimenti. Dietro all'ideologia “democratica” sui cui si fonda la retorica di questo progetto di speculazione e sgombero, di cui il nome stesso - “La città possibile” - è emblema, si cela, come sempre, la materialità delle risorse e degli interessi economici che determinano forze e rapporti di forza in campo.\r\n\r\nQual è la genealogia di questo progetto milionario?\r\nChi ha partecipato alla definizione dei \u003Cmark>termini\u003C/mark> del suo “discorso”?\r\nIn quali spazi ed attraverso quali processi?\r\nQuali effetti sono stati prodotti rispetto alla creazione di “soggetti” ed “oggetti”?\r\nCon quali conseguenze nello spazio politico locale e sovra-locale?\r\nIn base a quali criteri sono state scelte le famiglie?\r\nDi che natura è lo strumento governativo definito “patto di emersione”?\r\nQuali rappresentazioni e vincoli impone all'azione ed alla vita quotidiana delle persone? Qual è la sostenibilità economica delle sistemazioni abitative per le famiglie?\r\nPerché vengono costrette alla dipendenza da associazioni e cooperative?\r\nCosa succederà alle famiglie quando finiranno i contributi agli affitti non calmierati?\r\nLo sgombero senza alternativa abitativa \"supera\" un campo per crearne altri?\r\nQuale percentuale dei 5.193.167,26 euro è stata spesa per “costi di gestione”?\r\nChi sono i proprietari degli immobili nei quali alcune famiglie sono state collocate? Quanto è costato lo sgombero manu militari del campo di Lungo Stura?\r\n\r\nQueste sono solo alcune delle domande a cui una delle principali responsabili politiche del progetto, la vicesindaco Tisi - invitata ad inaugurare un'imbarazzante conferenza sull'inclusione abitativa dei Rom, patrocinata niente meno che dalla Città di Torino proprio mentre la stessa porta avanti un'operazione di speculazione e sgombero sulla pelle dei Rom - non ha evidentemente molta voglia di rispondere. Informata della presenza di un gruppo di antirazzisti/e all'evento, ha preferito scappare, lasciando alla platea una missiva greve di retorica e compassione per i “poveri senza tetto” che ben si addice ad un'esponente di punta del PD torinese, da anni al governo della capitale italiana degli sfratti. Una conferenza tenutasi a pochi chilometri dal campo rom di Lungo Stura - dove centinaia di persone vivono nell'incertezza radicale rispetto al loro presente e sotto la costante minaccia della violenza poliziesca - in cui non si è percepita in alcun modo la materialità dei processi di speculazione, repressione e ricatto in atto, né la sofferenza dei soggetti che subiscono quotidianamente gli effetti di queste politiche “virtuose” con cui la Città di Torino pensa di farsi pubblicità; una conferenza in cui gli unici assenti erano proprio questi soggetti, ai quali i “ricercatori critici” hanno pensato bene di concedere statuto di esistenza unicamente in qualità di “oggetti” dei discorsi e dello sguardo altrui; una conferenza dove non è stato minimamente problematizzato il nesso tra potere e sapere, ma è stata anzi offerta legittimazione alle istituzioni ed al loro operato, accogliendole come interlocutori credibili – uno sguardo al programma, ai \u003Cmark>termini\u003C/mark> del discorso ed agli sponsor in esso contenuti è sufficiente a capire quali siano le differenti “agende” che nell'iniziativa hanno trovato felice saldatura. Non vanno sprecate ulteriori parole.\r\n\r\nLa presenza degli antirazzisti/e ha portato uno squarcio di realtà e materialità in una Aula Magna dove ad un'analisi del potere politico e dei rapporti di classe nello spazio metropolitano, di cui la questione abitativa è parte, si è ancora una volta preferito il comodo sguardo culturalista sui Rom come luoghi dell'eccezione. All'ipocrita retorica della “cittadinanza” e del “diritto di parola” (comunque negato), abbiamo risposto con la presa diretta della parola. Nè “partecipanti” ad un confronto che non è mai esistito, né “portavoce” di un popolo o di qualsivoglia bandiera. Lontani dalla melmosa palude della “rappresentanza” - di cui altri sembrano invece tanto ossessionati - abbiamo usato i nostri corpi come amplificatori delle voci dell'assemblea degli abitanti del campo rom di Lungo Stura, dove si sta combattendo una guerra sociale.\r\n\r\nAssemblea Gatto Nero Gatto Rosso\r\ngattonerogattorosso@inventati.org\r\n\r\nDi seguito il testo letto in università.\r\nBasta sgomberi e speculazioni nel campo rom di lungo Stura!\r\nGiovedì 26 febbraio la polizia ha sgomberato dal campo rom di Lungo Stura 200 persone. Le loro baracche e roulottes sono state distrutte dalle ruspe del Comune di Torino senza dare alle persone neanche il tempo di mettere in salvo le proprie cose, né ai malati di recuperare i medicinali. Chi è stato sgomberato non aveva altro posto dove andare: qualcuno è fuggito in altre parti della città, altri hanno chiesto ospitalità a chi ancora vive nel campo.\r\nQuesto sgombero non è giusto.\r\nNel campo di Lungo Stura fino all'anno scorso vivevano oltre 1.000 persone. Siamo arrivati in Italia 15 anni fa e abbiamo sempre vissuto in baracche, non per scelta, ma perché non possiamo permetterci di pagare un affitto. In Romania abbiamo sempre vissuto in case, che lo Stato garantiva a tutti durante il regime di Ceaușescu, nonostante il razzismo contro i Rom esistesse anche allora. Siamo venuti in Italia perché dopo il 1989 la situazione economica è diventata molto difficile: hanno chiuso miniere, fabbriche e collettivizzazioni dove molti di noi lavoravano, mentre le attività che alcuni gruppi rom svolgevano da secoli non hanno trovato spazio nell'economia capitalista. Siamo diventati disoccupati e senza reddito.\r\nSiamo venuti in Italia per cercare lavoro e qui abbiamo visto che i Rom vivevano in campi, mentre l'accesso alle case popolari era praticamente impossibile. Il mercato degli affitti di Torino, poi, è inaccessibile per chi come noi svolge lavori sottopagati che non ci permettono nemmeno di sfamarci. Così ci siamo adattati alla situazione, che è sempre stata molto dura, perché non eravamo abituati a vivere in baracche, senza luce né acqua. Il campo di Lungo Stura si è velocemente ingrandito perché molte persone scappavano qui dopo che polizia e vigili le sgomberavano da altre zone. Prima che la Romania entrasse nell'Unione Europea i poliziotti venivano spesso nei campi, all'alba, per fare retate e spaccare tutto: ci prendevano, ci portavano in questura e spesso ci chiudevano nei CIE o ci mettevano direttamente sugli aerei per espellerci. Anche dopo che siamo diventati cittadini europei la violenza della polizia è continuata, così come il razzismo e lo sfruttamento.\r\nAbbiamo letto sui giornali che più di un anno fa il Comune di Torino ha avviato un progetto abitativo per i Rom, chiamato “La città possibile” e costato oltre 5 milioni di euro, finanziati dallo Stato italiano. Abbiamo letto che con questo progetto le istituzioni hanno detto di voler “superare” i campi nomadi. Il Comune, però, non ha organizzato nemmeno un'assemblea per parlare con noi, né alcuna rappresentanza delle famiglie è mai stata invitata alle riunioni dove sono state prese le decisioni.\r\n\r\nNessuno ci ha mai informati di come sono stati spesi i soldi, né delle caratteristiche di questo progetto.\r\n\r\nLe cooperative e le associazioni hanno chiamato alcune famiglie del campo, a cui hanno fatto firmare dei fogli con cui accettavano di distruggere le proprie baracche in cambio di una sistemazione abitativa. In questo modo, il Comune ha inserito 250 persone nel progetto: alcune in alloggio, altre in housing sociale, altre ancora sono state rimpatriate in Romania. Là però non si riesce a sopravvivere, quindi queste persone sono già tornate in Italia. Nessuno ci ha spiegato i criteri con cui queste famiglie sono state scelte. Alcune persone arrivate da poco in Italia hanno avuto la casa, altri che sono qui da 10 anni non hanno avuto niente, quindi pensiamo che ci siano stati casi di corruzione. L'unica cosa che abbiamo davvero capito è che le case sono state offerte solo per pochi mesi, al massimo due anni. Poi le famiglie dovranno pagare affitti insostenibili e se non riusciranno a farlo si ritroveranno in mezzo alla strada, a meno che le cooperative non ricevano altri soldi per continuare il progetto. Ma cosa è successo a tutte le persone rimaste fuori da “La città possibile”?\r\n\r\nLa maggior parte degli abitanti del campo di lungo Stura è stata arbitrariamente tagliata fuori dal progetto.\r\n\r\nStiamo parlando di oltre 600 persone: abbiamo ricevuto continue promesse, ma nessuna risposta concreta. Abbiamo chiesto spiegazioni sui criteri, ma nessuno ci ha voluto parlare. L'unico rapporto con Questura, Comune, associazioni e cooperative era che venivano a censirci e a farci domande in continuazione. Poi arrivava la polizia a darci il foglio di via. Ogni due settimane mandavano i poliziotti nel campo con cani, scudi e manganelli, per fare le retate, prendere le persone e mandarle via dall'Italia, con qualunque pretesto. Ad una signora hanno dato il foglio di via perchè aveva acceso la stufa per scaldare la baracca. La Croce Rossa invece veniva a prendere nota delle baracche vuote, per farle spaccare, quando la gente non era in casa, dopo le 9 del mattino.\r\nIl 26 febbraio la polizia ha sgomberato 200 di noi, senza offrire nessuna alternativa abitativa. Ora nel campo siamo ancora oltre 400 persone ed ogni giorno viviamo con la paura di essere buttati in mezzo alla strada. A nessuno interessa che nel campo vivano donne incinte, persone anziane e molte persone malate. A nessuno interessa che, a causa dello sgombero, i nostri bambini e bambine non abbiano più la possibilità di andare a scuola e così perdano l'anno scolastico. L'unica cosa che interessa è spaccare le nostre baracche.\r\n\r\nViviamo come topi, se non abbiamo diritto nemmeno ad una baracca, allora tanto vale che veniate a spararci.\r\n\r\nI campi rom non li abbiamo creati noi, li hanno creati le istituzioni italiane decine di anni fa. Quanti soldi hanno guadagnato in tutti questi anni, sulla pelle dei Rom, associazioni e cooperative cui il Comune di Torino ha dato appalti di ogni genere per “gestire” i campi e chi è costretto a viverci? Quanti soldi hanno guadagnato nell'ultimo anno Valdocco, Terra del Fuoco, AIZO, Stranaidea, Liberitutti e Croce Rossa, con il progetto “La città possibile” che è costato più di 5 milioni di euro? Questi soldi non vengono spesi a favore dei Rom ed infatti la nostra situazione non è affatto migliorata in tutti questi anni. Dobbiamo chiederci chi realmente ci guadagna da tutti questi progetti “eccezionali”, che oltretutto rinforzano l'idea che noi Rom non facciamo parte di una comune umanità e fomentano il razzismo.\r\n\r\nNel campo oggi vivono oltre 400 persone, di cui metà sono minori.\r\nNegli ultimi giorni a qualcuno è stato promesso di entrare nel progetto: questa logica di divisione e ricatto deve finire!\r\nTutti/e devono poter di vivere in case o luoghi dignitosi e sicuri.\r\nNessuno deve essere buttato in mezzo alla strada.\r\nI minori devono poter frequentare la scuola e \u003Cmark>terminare\u003C/mark> l'anno.\r\nBasta sgomberi e speculazioni sulla nostra pelle!\r\nTorino, 15 marzo 2015\r\nAssemblea abitanti del campo di Lungo Stura Lazio\r\n\r\n ",[261],{"field":98,"matched_tokens":262,"snippet":258,"value":259},[207],{"best_field_score":173,"best_field_weight":174,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":41,"score":175,"tokens_matched":104,"typo_prefix_score":33},{"document":265,"highlight":282,"highlights":287,"text_match":171,"text_match_info":290},{"comment_count":41,"id":266,"is_sticky":41,"permalink":267,"podcastfilter":268,"post_author":114,"post_content":269,"post_date":270,"post_excerpt":47,"post_id":266,"post_modified":243,"post_thumbnail":271,"post_title":272,"post_type":158,"sort_by_date":273,"tag_links":274,"tags":279},"28267","http://radioblackout.org/podcast/rom-ruspe-e-polizia-e-business-in-lungo-stura/",[114],"I poliziotti si sono fatti il selfie: sorridevano ed ammiccavano mentre immortalavano la propria “impresa”. Sullo sfondo la devastazione del campo di Lungo Stura Lazio a Torino: le baracche schiacciate, i tubi annodati, i panni stesi buttati tra la polvere.\r\nIl giorno prima erano andati ad avvertire una decina di famiglie. In realtà l’operazione di sgombero è stata molto più ampia. La maggior parte delle persone non sapeva nulla.\r\nAlle 7 del mattino di giovedì 26 febbraio sono arrivati centinaia di poliziotti, vigili urbani del nucleo “nomadi”, quelli con in dotazione il tonfa, il manganello estensibile.\r\nSono state buttate in strada circa 200 persone del campo rom di Lungo Stura Lazio a Torino, il più grande della città. Le ruspe che hanno distrutto le baracche non si sono fermate neppure di fronte agli oltre 100 bambini, donne incinte, persone malate, anziani, un disabile. Le istituzioni hanno sgomberato senza offrire alcuna alternativa abitativa.\r\nQuesta vergognosa operazione fa parte del megaprogetto-vetrina “La città possibile”, un progetto che vale oltre 5 milioni di euro.\r\nCon questi fondi (ministeriali) si è previsto l’inserimento abitativo (a termine) in case per sole 15 famiglie, le restanti sono state piazzate in situazioni di social housing, mentre buona parte degli abitanti del campo – fonti “interne” al progetto stamattina parlano di 600 persone – viene semplicemente buttata in mezzo ad una strada (200 persone il 26 febbraio, le restanti entro il 31 marzo).\r\nI criteri con cui questa operazione di “divide et impera” è stata gestita sono estremamente opachi, arbitrari e neppure tanto velatamente razzisti: c’è chi semplicemente non è stato ritenuto “idoneo” a vivere in autonomia, nonostante lavori, abbia minori a carico o sia malato, magari perché non scolarizzato o perché non ha dichiarato di essere “rumenizzato”, come nel caso di gran parte delle famiglie sgomberate oggi. In particolare quelle della “Fossa”. La “Fossa” è la parte del campo più bassa, vicina alle rive del fiume, in un’area pericolosa per il concreto rischio di esondazioni.\r\nLì abitavano famiglie che vengono chiamate “colorate”, perché, specie le donne indossano gonne lunghe, fazzoletti, scialli, calze dai colori vivaci. Sono rom che non fingono di non esserlo, un peccato capitale, che li condanna a non essere considerati adatti “all’emersione dal campo”.\r\nChi viene sbattuto in strada non potrà fare altro che andare a riparare in un altro campo rom della città ed il ciclo degli sgomberi e della “gestione dell’emergenza” (case temporanee e social housing, il tutto a gestione delle solite cooperative) potrà continuare ad infinitum, rappresentando una vera e propria economia che fa comodo a molti interessi forti.\r\nBraccio operativo del progetto sono Valdocco, AIZO, Terra del Fuoco, Liberitutti, Stranaidea e Croce Rossa, cui è stato affidato l’appalto milionario. 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Obbligati a nascondersi come randagi inseguiti dall’accalappiacani non potranno tornare in aula.\r\nIl giorno successivo i comitati razzisti animati da Lega Nord e Fratelli d’Italia, Forza Nuova e Casa Pound hanno plaudito ma la canea razzista non si è placata, invocando altri sgomberi.\r\nNon dubitiamo che verranno presto accontentati.\r\nI rom “buoni” negli stanzoni del social housing, con regole da caserma, gli altri in strada.\r\nL’ordine regna nella bella vetrina di una città targata PD.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con Gianluca Vitale, avvocato da sempre in prima fila sul fronte dell'immigrazione.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2015 02 27 rom vitale","3 Marzo 2015","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/03/sgombero-lungo-stura-200x110.jpg","Rom. 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Ogni volta che ne maneggio una, chissà perchè, penso a quel tempo (oramai un luogo della mente) in cui i nastri erano lo sfogatoio di una gioventù repressa e depressa, certo, ma mai addomesticata. Sento l'odore di cantine muffite, birra rancida, mal di testa per i fumi di una fotocopiatrice che stampigliava gl'incubi di una intera generazione.\r\nA testa alta e contro il rincoglionimento imposto dalle misure di rigore nell'europa della Tatcher, un esercito di giovani punk, mal vestiti, sboccati, poveri in canna ma soprattutto senza una minima idea di come farlo, ad un certo punto lo fece.\r\nNasceva una corrente sommersa destinata ad alimentare in continuo le fantasie degli adolescenti, in germania come in uk, in italia come in giappone. Qualcosa che oggi non riusciamo a concepire, immersi dentro spotify che ti prepara le playlist, oppure guidati come burattini ad un filo, dai nuovi gusti di qualche producer, di facebook o di google. Qualcosa che riguarda più la libertà da cliches, regole e convenzioni piuttosto che la musica in senso stretto.\r\nQuando l'ipnosi di internet e del cellulare non esisteva, ritrovarsi era necessario, ribadendo il senso di \"compagnia\" o \"gruppo musicale\" anche quando il protagonista era anche solo uno. DI una cosa sono convinto: anche nelle cantine più lercie di Bristol, persino nei bassifondi di Tokio tra tossici e spaventapasseri umani, 20 anni fa si viveva con un'idea più precisa di dove stare, cosa fare e perchè. La ricerca spasmodica di spazi d'aria garantiva autonomia di pensiero persino nelle più misere condizioni.\r\n\r\nLe grafiche disegnate in casa, il collage e la bassa qualità delle registrazioni erano l'artiglieria a disposizione del movimento. Un nemico grande come un leviatano stava pian piano distruggendo le coscienze. Ritagliare, fotocopiare e incollare, da una zine ad una tapes era un modo per sezionare questo mostruoso presente e rimontarlo, a seconda dei casi, per farlo sembrare grottesco, elefantiaco, stupido, esattamente com'era.\r\n\r\nFotti il potere prima che lui fotta te, costringendoti a fare la fila al supermercato, per la pensione od il sussidio, dietro a qualche super offerta per un mutuo.\r\nLa stagione delle tapes, (soprattutto in inghilterra ma non solo) fu un caso unico di fusione totale tra pensiero anarchico e comunitarismo, autogestione e creatività. Nacquero i Throbbing Gristle, un must per chiunque si sia mai approcciato con la musica sperimentale diy. Se avessi ascoltato Genesis P.Orridge non avrei neppure aperto il conto in banca, per Pseudo Code e Monte Cazazza mi sarei dovuto ritirare da qualche parte e non farmi vedere più. Avevano ragione.\r\nQuesto orgoglio del \"fatto in casa\" poi non aveva solo connotazioni politiche, seppure fossero evidentissime anche solo esteticamente. Pur non volendo tagliare paragoni con il coltello, posso dire che industrial, punk, elettronica da accatto, folk-low fi, muzak e chillout, battiti wave e rigurgiti noise, avevano in comune una sfiducia cieca nel progresso, una specie di astio generalizzato verso un futuro di macchine schermi e controllo remoto sulle vite, sulle coscienze; sullo sfondo il lavoro salariato come mezzo per irregimentare le masse \"rozze\" delle periferie, un nemico dichiarato per gli esseri liberi, la più subdola forma di ricatto a sfondo schiavistico mai percepita come tale ad un livello simile. L'idea per cui senza salario non potessi neppure permetterti un registratore a 4 piste era una vera e propria provocazione. Ma vorrei spingermi più in là: quello che veniva contestato attraverso la musica diy era il principio per cui se non hai un fottuto lavoro non avrai neppure una casa, uno stereo, figli e famiglia. Sarai ricompensato con il marchio d'infamia e con niente più della miseria.\r\nQuesta sfiducia mescolata al disprezzo puro per tali scenari, sarà la scintilla dell'hardcore (qui da noi), tanto per acomunare ciò di cui si parla con qualcosa di noto. Le profezie dei punk che stampavano tapes si sarebbero puntualmente verificate. Le villette a schiera sbiadite sulle copertine di Nocturnal Emissions sono la prova del nove. Il buon gusto irrancidito su nastro, il terrore per tutti gli allineati, i padri di famiglia, i lavoratori, i figli, le spose e le tradizioni.\r\n\r\nUna profezia da fantascienza malata alla quale ancora oggi si fatica a credere. Quello che ci dicevano era \"attenzione: sarà sempre peggio. Buttate la tecnologia, rifiutatela.\" Pochi li avrebbero ascoltati.\r\n\r\nL'industria musicale, la politica, i costumi e le abitudini della società \"giusta\" furono il peggior nemico del DIY e delle tapes. Questa rigida piramide di ruoli che è la nostra società mai ha digerito e mai digerirà l'autonomia degli individui. La pericolosità , parlo sempre dell'Inghilterra, di un movimento politico che sapesse comunicare graficamente e musicalmente, facendo tutto da solo senza dipendere da nessuno, fu intuita ben presto. A subire la normalizzazione saranno tutte (o quasi) queste produzioni messe in ginocchio da nuovi idoli preconfezionati per addomesticare le masse. Le offerte speciali, i ricatti del conformismo e la repressione faranno perdere terreno all'abitudine di riempirsi i nastri. Quello che fu un esperimento unico e irripetibile venne catalogato da una critica bigotta e conformista come una svomitazzata di muzak fatte da disadattati incapaci di venire a patti con regole e convenzioni. Fu ignorata la portata critica e venne rimarcato solo il lato estetico, deforme ed in certi casi persino vietato. La retorica futile su cosa significassero le copertine di Whitehouse e se lui fosse veramente nazista, fanno ridere. Suonano tristi, oggi che nuovi nazismi (questi veri però) avanzano e godono di vastissimi consensi. Il sogno (o l'incubo) sarà nuovamente chiuso in un cassetto.\r\nPiù che osservare il fenomeno come una manifestazione altra di una cultura ormai ridotta ai minimi dal consumismo e da nuovi miti di plastica amplificati dalla tele, il mondo istituzionale seppe soltanto spargere paura e discredito su \"un gregge di hippy drogati\", come li chiamava la Tatcher (dimostrando di non capire un cazzo), riducendo il tutto a \"spazzatura\" prodotta per l'appunto da \"rifiuti sociali\" incapaci di conformarsi e, come tutti, suonare per benino una maledetta chitarra con gli amici facendo cover beat.\r\n\r\nLa nascita (anche se il termine non indica proprio una gesatazione seguita da un parto, quanto più un fenomeno evanescente simile al poltergeist) della musica industriale estremizzerà questa reazione epidermica, concentrandosi su scenari ancora più neri e apocalittici, con frequenti richiami al genocidio nazista, alla segregazione delle minoranze, alle perversioni sessuali che non puoi raccontare, ad una società impazzita dove succedono bestialità inaudite, atrocità scomposte e sulla quale aleggia la violenza e la segregazione in tutte le sue forme.\r\n\r\nDa questi presupposti da un lato all'altro del Pacifico, sempre su un brulicante sottobosco di cassette carbonare, verranno partoriti mostri deformi che prendevano l'industrial e l'avanguardia per spingerla fino alla \"non musica\" od alla distruzione della musica. La società sarebbe diventata ancora più mostruosa, tentacolare, sicuritaria e malata di controllo. Andate a riprendervi qualche produzione di Wolf Eyes primi '90, Onsen Violent Geisha, Gerogerigege, Masonna ma solo se avete coraggio. Perchè la realtà supera di gran lunga la fantasia. Statevi accuorti.\r\n\r\nQualche tapes andata a male, tanto per capire di cosa si parla (molto è su youtube)\r\n\r\nMetamorphosis - Conception Live @ the Ad-Lib Club Nottingham (1982)\r\nUna ipotesi seriamente malata di funk bianco, con una voce tossica ed effettata che caracolla quà e là, sbandando nel verso animalesco. Un clichè industriale con la passione per una ipotesi di danza sotto effetto di droghe a buon mercato. Quando le periferie inglesi sognavano la techno ma sfogavano la rabbia atrraverso impianti audio di pessima qualità. (credo che anche la birra gli facesse cagare). Un must di un tempo che non tornerà mai più indietro.\r\n\r\nLifetones - For A reason (1983)\r\nCharles Bullen lasciera This Heat per una ipotesi di reggae bianco. Niente di strano, quella musica è diffusissima negli eighties albionici, quindi perchè no? Solo che Charles non è un tipo normale e figurati cosa ne è venuto fuori. Reggae, Dub e contorsioni timbriche accompagnate da quella voce nasale che non è difficile riconoscere. Se King Tubby si fosse ammalato di depressione, se i suoi strumenti avessero avuto quel tono vagamente \"in minore\", se avesse fatto musica per una (ipotetica) comunità di bianchi annoiati segregati in una casa occupata, Beh, avrebbe suonato così, o quasi. Capolavoro deforme, mi ha fatto capire che non è solo il rumore ad essere inascoltabile, questa è una cassetta capace di farci venire il rigurgito. Ma non è per lui, è per quella società deformata di cui questa tape è lo specchio.\r\n\r\nThis Heat - Made Available live @ Peel Session (1983)\r\nSchegge impazzite. Persino durante il live da Mr.Peel, uno che ne ha sentite tantissime, si intuisce come siamo fuori dalla \"norma\". Ammesso che sia mai esistita. La musica è un frullato di Math rock (che non era stato ancora inventato), prog furioso suonato da un dinamitardo, emissioni bavose di rumori colanti per macchine impazzite, momenti di puro divertissement avanguardista. Il tutto tenuto insieme da una compattezza musicale straordinaria, come a voler rimarcare, senza intellettualismi, che l'unica forma di rock della contemporaneità è questa miscela spezzata e sporca. Privo di termini di paragone, mi fermo qui dicendo solo che l'influenza di questa band (che per altro ha fatto anche dischi LP e non solo tapes) è infinita, solo che i fighetti non lo ammetteranno mai. fottetevi.\r\n\r\nDub Sonic Roots w Nerve Net Noise - Live at Uplink Factory (1997)\r\nDal Giappone e dove sennò. Una contaminazione tra il dub e il noise ma dimenticate Bill Laswell.\r\nQuesta è muzak, suono per gente obliterata al peggio ed oltre. Una vivisezione di un gusto che stava montando in Japan (quello per il reggae e il dub) fatta dal vivo, senza compromessi di sorta. Quando il dub incontra la nota marrone, in un inferno moderno di tubi luminescenti che sparano onde quadre ai limiti dell'ascoltabile. Se gli alieni suonassero dub nei giorni in cui gli viene la febbre: tu chiamale se vuoi, polluzioni. Immenso.\r\n\r\n ","9 Ottobre 2014","2018-10-17 22:09:58","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/10/R-1012462-1184077316-200x110.jpeg","Come ti uccido un'idea - riflessioni sulle società malate e sui nastri in cassetta",1412855498,[],[],{"post_content":306},{"matched_tokens":307,"snippet":308,"value":309},[165],"ascoltato Genesis P.Orridge non avrei \u003Cmark>neppure\u003C/mark> aperto il conto in banca,","Adoro le cassettine. Ogni volta che ne maneggio una, chissà perchè, penso a quel tempo (oramai un luogo della mente) in cui i nastri erano lo sfogatoio di una gioventù repressa e depressa, certo, ma mai addomesticata. 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Ma vorrei spingermi più in là: quello che veniva contestato attraverso la musica diy era il principio per cui se non hai un fottuto lavoro non avrai \u003Cmark>neppure\u003C/mark> una casa, uno stereo, figli e famiglia. Sarai ricompensato con il marchio d'infamia e con niente più della miseria.\r\nQuesta sfiducia mescolata al disprezzo puro per tali scenari, sarà la scintilla dell'hardcore (qui da noi), tanto per acomunare ciò di cui si parla con qualcosa di noto. Le profezie dei punk che stampavano tapes si sarebbero puntualmente verificate. Le villette a schiera sbiadite sulle copertine di Nocturnal Emissions sono la prova del nove. Il buon gusto irrancidito su nastro, il terrore per tutti gli allineati, i padri di famiglia, i lavoratori, i figli, le spose e le tradizioni.\r\n\r\nUna profezia da fantascienza malata alla quale ancora oggi si fatica a credere. Quello che ci dicevano era \"attenzione: sarà sempre peggio. Buttate la tecnologia, rifiutatela.\" Pochi li avrebbero ascoltati.\r\n\r\nL'industria musicale, la politica, i costumi e le abitudini della società \"giusta\" furono il peggior nemico del DIY e delle tapes. Questa rigida piramide di ruoli che è la nostra società mai ha digerito e mai digerirà l'autonomia degli individui. La pericolosità , parlo sempre dell'Inghilterra, di un movimento politico che sapesse comunicare graficamente e musicalmente, facendo tutto da solo senza dipendere da nessuno, fu intuita ben presto. A subire la normalizzazione saranno tutte (o quasi) queste produzioni messe in ginocchio da nuovi idoli preconfezionati per addomesticare le masse. Le offerte speciali, i ricatti del conformismo e la repressione faranno perdere terreno all'abitudine di riempirsi i nastri. Quello che fu un esperimento unico e irripetibile venne catalogato da una critica bigotta e conformista come una svomitazzata di muzak fatte da disadattati incapaci di venire a patti con regole e convenzioni. Fu ignorata la portata critica e venne rimarcato solo il lato estetico, deforme ed in certi casi persino vietato. La retorica futile su cosa significassero le copertine di Whitehouse e se lui fosse veramente nazista, fanno ridere. Suonano tristi, oggi che nuovi nazismi (questi veri però) avanzano e godono di vastissimi consensi. Il sogno (o l'incubo) sarà nuovamente chiuso in un cassetto.\r\nPiù che osservare il fenomeno come una manifestazione altra di una cultura ormai ridotta ai minimi dal consumismo e da nuovi miti di plastica amplificati dalla tele, il mondo istituzionale seppe soltanto spargere paura e discredito su \"un gregge di hippy drogati\", come li chiamava la Tatcher (dimostrando di non capire un cazzo), riducendo il tutto a \"spazzatura\" prodotta per l'appunto da \"rifiuti sociali\" incapaci di conformarsi e, come tutti, suonare per benino una maledetta chitarra con gli amici facendo cover beat.\r\n\r\nLa nascita (anche se il \u003Cmark>termine\u003C/mark> non indica proprio una gesatazione seguita da un parto, quanto più un fenomeno evanescente simile al poltergeist) della musica industriale estremizzerà questa reazione epidermica, concentrandosi su scenari ancora più neri e apocalittici, con frequenti richiami al genocidio nazista, alla segregazione delle minoranze, alle perversioni sessuali che non puoi raccontare, ad una società impazzita dove succedono bestialità inaudite, atrocità scomposte e sulla quale aleggia la violenza e la segregazione in tutte le sue forme.\r\n\r\nDa questi presupposti da un lato all'altro del Pacifico, sempre su un brulicante sottobosco di cassette carbonare, verranno partoriti mostri deformi che prendevano l'industrial e l'avanguardia per spingerla fino alla \"non musica\" od alla distruzione della musica. La società sarebbe diventata ancora più mostruosa, tentacolare, sicuritaria e malata di controllo. Andate a riprendervi qualche produzione di Wolf Eyes primi '90, Onsen Violent Geisha, Gerogerigege, Masonna ma solo se avete coraggio. Perchè la realtà supera di gran lunga la fantasia. Statevi accuorti.\r\n\r\nQualche tapes andata a male, tanto per capire di cosa si parla (molto è su youtube)\r\n\r\nMetamorphosis - Conception Live @ the Ad-Lib Club Nottingham (1982)\r\nUna ipotesi seriamente malata di funk bianco, con una voce tossica ed effettata che caracolla quà e là, sbandando nel verso animalesco. Un clichè industriale con la passione per una ipotesi di danza sotto effetto di droghe a buon mercato. Quando le periferie inglesi sognavano la techno ma sfogavano la rabbia atrraverso impianti audio di pessima qualità. (credo che anche la birra gli facesse cagare). Un must di un tempo che non tornerà mai più indietro.\r\n\r\nLifetones - For A reason (1983)\r\nCharles Bullen lasciera This Heat per una ipotesi di reggae bianco. Niente di strano, quella musica è diffusissima negli eighties albionici, quindi perchè no? Solo che Charles non è un tipo normale e figurati cosa ne è venuto fuori. Reggae, Dub e contorsioni timbriche accompagnate da quella voce nasale che non è difficile riconoscere. Se King Tubby si fosse ammalato di depressione, se i suoi strumenti avessero avuto quel tono vagamente \"in minore\", se avesse fatto musica per una (ipotetica) comunità di bianchi annoiati segregati in una casa occupata, Beh, avrebbe suonato così, o quasi. Capolavoro deforme, mi ha fatto capire che non è solo il rumore ad essere inascoltabile, questa è una cassetta capace di farci venire il rigurgito. Ma non è per lui, è per quella società deformata di cui questa tape è lo specchio.\r\n\r\nThis Heat - Made Available live @ Peel Session (1983)\r\nSchegge impazzite. Persino durante il live da Mr.Peel, uno che ne ha sentite tantissime, si intuisce come siamo fuori dalla \"norma\". Ammesso che sia mai esistita. La musica è un frullato di Math rock (che non era stato ancora inventato), prog furioso suonato da un dinamitardo, emissioni bavose di rumori colanti per macchine impazzite, momenti di puro divertissement avanguardista. Il tutto tenuto insieme da una compattezza musicale straordinaria, come a voler rimarcare, senza intellettualismi, che l'unica forma di rock della contemporaneità è questa miscela spezzata e sporca. Privo di \u003Cmark>termini\u003C/mark> di paragone, mi fermo qui dicendo solo che l'influenza di questa band (che per altro ha fatto anche dischi LP e non solo tapes) è infinita, solo che i fighetti non lo ammetteranno mai. fottetevi.\r\n\r\nDub Sonic Roots w Nerve Net Noise - Live at Uplink Factory (1997)\r\nDal Giappone e dove sennò. Una contaminazione tra il dub e il noise ma dimenticate Bill Laswell.\r\nQuesta è muzak, suono per gente obliterata al peggio ed oltre. Una vivisezione di un gusto che stava montando in Japan (quello per il reggae e il dub) fatta dal vivo, senza compromessi di sorta. Quando il dub incontra la nota marrone, in un inferno moderno di tubi luminescenti che sparano onde quadre ai limiti dell'ascoltabile. Se gli alieni suonassero dub nei giorni in cui gli viene la febbre: tu chiamale se vuoi, polluzioni. Immenso.\r\n\r\n ",[311],{"field":98,"matched_tokens":312,"snippet":308,"value":309},[165],{"best_field_score":173,"best_field_weight":174,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":41,"score":175,"tokens_matched":104,"typo_prefix_score":33},6637,{"collection_name":158,"first_q":25,"per_page":93,"q":25},30,["Reactive",318],{},["Set"],["ShallowReactive",321],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$fW-C0v7z7lrKJxUv9LJ8iXiJOeu_hT_Rt0G0KtlmXw4U":-1},true,"/search?query=terminal+neptune"]