","Strategie di resistenza abitativa nell'architettura dell'occupazione","post",1463752582,[57,58,59],"http://radioblackout.org/tag/architettura-nelloccupazione/","http://radioblackout.org/tag/territori-occupati/","http://radioblackout.org/tag/zona-c/",[26,61,14],"Territori occupati",{"post_content":63},{"matched_tokens":64,"snippet":67,"value":68},[65,66],"terra","cruda","materiali poveri, come mattoni in \u003Cmark>terra\u003C/mark> \u003Cmark>cruda\u003C/mark> del Giordano o con pneumatici","Molteplici le modalità adottate dall'occupazione dello Stato ebraico ai danni di residenti e popolazione beduina dell'area C delimitata dagli Accordi di Oslo: una legislazione del territorio dove non si possono realizzare manufatti di carattere non temporaneo (cemento o fondazioni), strapotere dei coloni che intervengono direttamente a segnalare e distruggere, collocando i loro caravan e poi via via costruendo attorno interi quartieri poi collegati con strade costruite appositamente per unire i vari insediamenti che si mangiano il territorio palestinese.\r\n\r\nMa altrettanti sono i mezzi dell'ingegno delle popolazioni vessate messi in atto per resistere e aggirare le imposizioni volte a espellere la popolazione autoctona (esistono persino associazioni che pattugliano il territorio per individuare cavilli che permettano di demolire i villaggi palestinesi), ma questo non fa che stimolare l'ingegno dei progettisti che si sono inventati materiali da costruzione come i pneumatici, che hanno sostituito le pareti in lamiera zincata per esempio di una scuola del villaggio beduino di Wadi Abu Hindi, dove si è adottata la tecnica del pisè per l'isolamento termico delle pareti fatte da assi in legno parallele. Accorgimenti per poter ovviare al bisogno di costruire stabili utilizzabili ma ricostruibili facilmente, quindi precari e resistenti, di materiali poveri, come mattoni in \u003Cmark>terra\u003C/mark> \u003Cmark>cruda\u003C/mark> del Giordano o con pneumatici riempiti di argilla umida, intonacati con olio per falafel riciclato. Metodi che però nulla possono contro l'ultima moda di Tzahal, che ha preso a riempire le abitazioni di cemento per impedire la loro ricostruzione... Elisa Ferrato è un'architetto italiana che si reca spesso nei Territori, potendo rilevare a ogni visita i cambiamenti a vista d'occhio di quello che è costantemente un enorme cantiere di insediamenti, a cui alacremente i palestinesi contrappongono costruzioni del loro ingegno; Elisa parteciperà a un incontro sulla Nakba organizzato presso l'Associazione Comala di Torino, in corso Ferrucci angolo piazza Adriano, domenica 22 maggio alle ore 17, ecco cosa ci ha raccontato nella diretta di stamani:\r\n\r\nArchitetturanell'occupazione",[70],{"field":71,"matched_tokens":72,"snippet":67,"value":68},"post_content",[65,66],1157451471441100800,{"best_field_score":75,"best_field_weight":76,"fields_matched":11,"num_tokens_dropped":43,"score":77,"tokens_matched":78,"typo_prefix_score":43},"2211897868288",14,"1157451471441100913",2,{"document":80,"highlight":100,"highlights":106,"text_match":109,"text_match_info":110},{"cat_link":81,"category":82,"comment_count":43,"id":83,"is_sticky":43,"permalink":84,"post_author":46,"post_content":85,"post_date":86,"post_excerpt":49,"post_id":83,"post_modified":87,"post_thumbnail":88,"post_thumbnail_html":89,"post_title":90,"post_type":54,"sort_by_date":91,"tag_links":92,"tags":98},[40],[42],"32606","http://radioblackout.org/2015/11/corteo-contro-la-mostramercato-delle-armi-al-lingotto/","Dal 17 al 19 novembre si terrà a Torino “Aerospace & defence meeting”,\r\nmostra mercato internazionale dell’industria aerospaziale di guerra.\r\nUn’occasione per valorizzare le eccellenze del made in Italy nel settore\r\narmiero, con un focus sulle cinque aziende piemontesi, leader nel settore:\r\nAlenia Aermacchi, Thales Alenia Space, Avio Aero, Selex Es, Microtecnica\r\nActuation Systems / UTC. 280 SMEs.\r\n\r\nMercoledì 18 novembre\r\nPresidio e corteo al antimilitarista al Lingotto\r\nDalle 17 in via Nizza angolo via Biglieri\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Domenico del movimento No F35.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2015-11-17-domenico-spezzare-le-ali\r\n\r\n\r\nDi seguito l'appello per la giornata:\r\nSpezziamo le ali al militarismo!\r\n“Contro le fabbriche di armi, contro la mostra mercato dell’industria\r\naerospaziale di guerra\r\n\r\nLa mostra-mercato è riservata agli addetti ai lavori: fabbriche del\r\nsettore, governi e organizzazioni internazionali, protagonisti\r\ndell’industria di guerra, un business lucroso, che non va mai in crisi.\r\nLe immagini dei profughi che premono alle frontiere chiuse dell’Europa, il\r\ndibattito sull’accoglienza umanitaria, la retorica su chi muore in mare o\r\nin fondo a un tir nascondono una verità cruda ma banale. Le guerre sono\r\ncombattute con armi costruite a due passi dalle nostre case.\r\nIn questi giorni la NATO sta effettuando la più grande esercitazione\r\nbellica dalla fine della guerra fredda. Tra lo Stretto di Gibilterra e il\r\nMediterraneo centrale e i grandi poligoni di Spagna, Portogallo e Italia\r\n38.000 militari, 200 velivoli e 50 unità navali di 33 nazioni. Ospiti\r\nd’eccezione, i manager delle industrie militari di 15 Paesi.\r\nIl principale trampolino di lancio nel nostro paese è l’aeroporto\r\ntrapanese di Birgi.\r\n\r\nLe prove generali dei conflitti dei prossimi anni vengono fatte nelle basi\r\nsparse per l’Italia. Le stesse basi da cui sono partite le missioni\r\ndirette in Libia, Iraq, Afganistan, Serbia, Somalia, Libano…\r\n\r\nL’Italia è in guerra da molti anni. Ne parlano solo quando un ben pagato\r\nprofessionista ci lascia la pelle, sprecando retorica su pace e\r\ndemocrazia.\r\nÈ una guerra su più fronti, che si coniuga nella neolingua del\r\npeacekeeping, dell’intervento umanitario, ma parla il lessico feroce\r\ndell’emergenza, dell’ordine pubblico, della repressione.\r\nGli stessi militari delle guerre in Bosnia, Iraq, Afganistan, gli stessi\r\ndelle torture e degli stupri in Somalia, sono nei CIE, nelle strade delle\r\nnostre città, sono in Val Susa.\r\nGuerra esterna e guerra interna sono due facce delle stessa medaglia. Le\r\nsostiene la stessa propaganda: le questioni sociali, coniugate in termini\r\ndi ordine pubblico, sono il perno su cui fa leva la narrazione\r\nmilitarista.\r\nHanno applicato nel nostro paese teorie e tattiche sperimentate dalla\r\nSomalia all’Afganistan.\r\nSe la guerra è filantropia planetaria, se condizione per il soccorso sono\r\nle bombe, l’occupazione militare, i rastrellamenti, se il militare si fa\r\npoliziotto ed entrambi sono anche operatori umanitari il gioco è fatto.\r\n\r\nL’opposizione alle missioni militari, che in altri anni ha riempito le\r\npiazze di folle oceaniche, si è lentamente esaurita, come le bandiere\r\narcobaleno, che il sole e la pioggia hanno stinto e lacerato sui balconi\r\ndelle case.\r\nLa mera testimonianza, la rivolta morale non basta a fermare la guerra, se\r\nnon sa farsi resistenza concreta.\r\nNegli ultimi anni il rifiuto della guerra è riuscito a saldarsi con\r\nl’opposizione al militarismo: il movimento No F35 a Novara, i no Muos che\r\nsi battono contro le antenne assassine a Niscemi, gli antimilitaristi\r\nsardi che si lottano contro poligoni ed esercitazioni. Anche nelle strade\r\ndelle nostre città, dove controllo militare e repressione delle insorgenze\r\nsociali sono ricette universali, c’é chi non accetta di vivere da schiavo.\r\nLe industrie belliche costruiscono le armi con le quali si controlla, si\r\nbombarda, si uccide in ogni dove. Le università che orientano la ricerca\r\nverso il settore bellico sono complici dei massacri. Il 17 novembre al\r\nPolitecnico di Torino ci sarà un convegno di studi, che precederà le due\r\ngiornate del 18 e 19 all’Oval Lingotto dedicate agli affari.\r\nChi si oppone alla guerra, senza opporsi alle produzioni di morte, fa mera\r\ntestimonianza.\r\n\r\nL’Alenia è uno dei gioielli di Finmeccanica, il colosso della produzione\r\nbellica italiana.\r\nLa “missione” dell’Alenia è fare aerei militari. Nello stabilimento di\r\nCaselle Torinese hanno costruito gli Eurofighter Thypoon, i\r\ncacciabombardieri made in Europe, e gli AMX. Le ali degli F35, della\r\nstatunitense Loockeed Martin, sono costruite ed assemblati dall’Alenia.\r\nUn business milionario. Un business di morte.\r\nPer fermare la guerra non basta un no. 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Nel bel mezzo di una crisi sempre più cruda i pozzi petroliferi continuano a pompare petrolio. Il cuore di questo business è il Fezzan controllato dalle milizie islamiste vicine ai Fratelli Musulmani, con le quali il governo italiano intrattiene buoni rapporti.\r\nIl governo italiano, dopo un'apparente accelerazione verso la guerra, sta frenando.\r\nIl cambiamento di rotta di Renzi e Gentiloni è avvenuto dopo l'entrata in campo dell'Egitto, che è intervenuto con bombardamenti e, da ieri, anche con truppe di terra in Libia. Con il pretesto di una rappresaglia per il massacro di 21 operai egiziani copti, uccisi dalle milizie affiliate al califfato, Al Sisi mette piede in Libia e non disdegna di agire anche contro le milizie di Misurata. Il presidente Hollande, ricalcando le orme del suo predecessore Sarkosy, ha immediatamente appoggiato l'iniziativa dell'Egitto.\r\nA questo punto Renzi, già pronto a sbarcare in Libia, ha cominciato a frenare. Questa mattina il ministro della difesa Gentiloni ha dichiarato in modo esplicito che la strada da percorrere è quella negoziale.\r\nNessun intervento di terra, semmai un'azione dall'aria a supporto di una coalizione libica anti Isis.\r\nPiù facile a dirsi che a farsi, in uno scenario dominato da logiche claniche, dove il gioco delle alleanze si fa su più tavoli, dove gli interessi dei vari attori in gioco spesso collidono.\r\nAbbiamo provato a dipanare il groviglio parlandone con Stefano Capello.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2015_02_18_capello_libia","18 Febbraio 2015","2015-02-25 16:02:06","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/02/libia1-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"185\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/02/libia1-300x185.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/02/libia1-300x185.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/02/libia1-768x475.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/02/libia1.jpg 1024w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","La guerra per la Libia",1424288334,[127,128,129,130,131],"http://radioblackout.org/tag/egitto/","http://radioblackout.org/tag/guerra-per-la-libia/","http://radioblackout.org/tag/isis/","http://radioblackout.org/tag/libia/","http://radioblackout.org/tag/renzi/",[133,24,134,135,12],"Egitto","isis","libia",{"post_content":137},{"matched_tokens":138,"snippet":139,"value":140},[66],"di una crisi sempre più \u003Cmark>cruda\u003C/mark> i pozzi petroliferi continuano a","Gli interessi italiani in Libia sono enormi: il gas e il petrolio, sì, ma anche le commesse per le nostre imprese e gli investimenti nel nostro sistema economico che la Libia assicurava fino a ieri.\r\nNonostante l'evacuazione dell'ambasciata e dei cittadini italiani in Libia strombazzata a gran voce dai media, quando le milizie con il marchio Isis hanno preso Sirte, nei fatti l'ENI e i suoi dipendenti sono rimasti in Libia. 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