","Il ‘Realismo Magico’ nel continente latinamericano dell’epoca digitale","post",1518299061,[61,62,63,64,65,66,67,68,69,70,71,72,73,74],"http://radioblackout.org/tag/argentiina/","http://radioblackout.org/tag/bolivia/","http://radioblackout.org/tag/brasile/","http://radioblackout.org/tag/colombia/","http://radioblackout.org/tag/eln/","http://radioblackout.org/tag/farc/","http://radioblackout.org/tag/honduras/","http://radioblackout.org/tag/malvinas/","http://radioblackout.org/tag/malvinas-falkland/","http://radioblackout.org/tag/messico/","http://radioblackout.org/tag/narcos/","http://radioblackout.org/tag/peru/","http://radioblackout.org/tag/traffico-di-organi/","http://radioblackout.org/tag/venezuela/",[76,77,78,27,15,21,79,80,81,82,83,84,85,86],"Argentiina","bolivia","brasile","honduras","Malvinas","Malvinas/Falkland","messico","narcos","Perù","traffico di organi","Venezuela",{"post_content":88,"tags":95},{"matched_tokens":89,"snippet":93,"value":94},[90,91,90,92,90],"di","traffico","organi","minori mutilati, perché oggetto \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>traffico\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>organi\u003C/mark>. E i numeri superano \u003Cmark>di\u003C/mark>","Rex Tillerson, il segretario \u003Cmark>di\u003C/mark> stato \u003Cmark>di\u003C/mark> Trump, si aggira per il Sudamerica con l'ossessione del Venezuela (non a caso è l'amministratore delegato \u003Cmark>di\u003C/mark> Exxon Mobil) e nuovamente \u003Cmark>di\u003C/mark> Cuba, dove si sta cercando \u003Cmark>di\u003C/mark> insinuare il web per propagandare l'american way of life presso i giovani. Il ministro degli esteri statunitense in questi giorni ha fatto un tour nelle nazioni latinamericane per accordarsi con tutte le destre al potere per boicottare il petrolio \u003Cmark>di\u003C/mark> Caracas e riaffermare una nuova Dottrina Monroe per il cortile \u003Cmark>di\u003C/mark> casa, al punto che sono state ventilate ipotesi \u003Cmark>di\u003C/mark> intervento militare (in questo caso si registrano resistenze dal Brasile, che ha interessi come potenza regionale). Ma capitano eventi particolari in molti paesi latinamericani.\r\n\r\n \r\n\r\nTruffe elettorali e colpi \u003Cmark>di\u003C/mark> mano costituzionali.\r\n\r\nAbbiamo cominciato la chiacchierata con Alfredo Luiz Somoza commentando l'indiscrezione secondo la quale sono stati forniti mezzi \u003Cmark>di\u003C/mark> intercettazione e controllo digitale degli oppositori del presidente honduregno durante e dopo le elezioni truffa \u003Cmark>di\u003C/mark> novembre a cui è seguita un'insurrezione popolare; in quel caso la magia è stata messa a disposizione \u003Cmark>di\u003C/mark> una destra illiberale che in due mesi \u003Cmark>di\u003C/mark> manifestazioni ha ucciso 36 persone che protestavano contro l'imbroglio elettorale \u003Cmark>di\u003C/mark> Hernandez. Dal ‘provvidenziale’ blackout dei computer che ha ribaltato i responsi delle urne in Honduras, sull'onda delle riforme autoritarie delle Costituzioni sudamericane (con la connivenza delle Corti Supreme \u003Cmark>di\u003C/mark> nomina presidenziale), ci siamo spostati nella Bolivia \u003Cmark>di\u003C/mark> Evo Morales, che è arrivato a sollecitare una sorta \u003Cmark>di\u003C/mark> protezione dei diritti umani, perché secondo lui ciascuno deve vedersi riconosciuto il diritto (umano e presidenziale) \u003Cmark>di\u003C/mark> presentarsi alle elezioni, venendo meno al dettato costituzionale promulgato da lui stesso che limita a due mandati. Un po' quello che avviene nel Venezuela \u003Cmark>di\u003C/mark> Maduro che ha anticipato le elezioni mentre c'è un'assemblea costituente che governa e legifera al posto del parlamento del tutto esautorato; o nel Brasile \u003Cmark>di\u003C/mark> Temer che ha operato un golpe nei confronti \u003Cmark>di\u003C/mark> Dilma e usa la magistratura come una clava contro Lula, in testa nei sondaggi per le elezioni \u003Cmark>di\u003C/mark> ottobre.\r\n\r\nTutto è apparentemente normale, ma guardando i risvolti si configura ciascuna \u003Cmark>di\u003C/mark> queste situazioni come un colpo \u003Cmark>di\u003C/mark> stato.\r\n\r\nE dai Caraibi alla punta estrema dell'Argentina l'altro elemento che unisce tutti i paesi latinamericani è lo scandalo Odebrecht (costruttori \u003Cmark>di\u003C/mark> infrastrutture carioca), che ha coinvolto tutte le leadership corrotte dal denaro delle aziende energetiche nazionali. Buon ultimo il presidente peruviano Kucszynski, un cognome indubbiamente quechua, che ha fatto carte false per evitare l'impeachment, arrivando a liberare Fujimori, il dittatore assassino i cui seguaci in parlamento hanno impedito in cambio la destituzione del presidente del Perù.\r\n\r\nHonduras e altri Territori del Condor\r\n\r\nDesaparecion \u003Cmark>di\u003C/mark> uomini e cose.\r\n\r\nUn'altra magia riguarda la scomparsa che in Sudamerica è una pratica diffusa. Può capitare che delle persone normali scompaiano in Colombia e riappaiano i loro cadaveri travestiti da comandanti dell'Eln, per far credere che si trattava \u003Cmark>di\u003C/mark> leader della guerriglia. Una guerriglia \u003Cmark>di\u003C/mark> cui non risulta attestata alcuna azione – a quanto affermano gli osservatori dell'Onu – in questo scorcio \u003Cmark>di\u003C/mark> mesi precedente le elezioni \u003Cmark>di\u003C/mark> maggio, nonostante le notizie fatte trapelare da Santos e dal suo governo \u003Cmark>di\u003C/mark> destra (per quanto più moderata \u003Cmark>di\u003C/mark> quella \u003Cmark>di\u003C/mark> Uribe) che ha tutto l'interesse \u003Cmark>di\u003C/mark> arrivare all'appuntamento elettorale dimostrandosi duro, dopo l'accordo raggiunto con le Farc, digerito a fatica dal paese. Anche perché la guerra della droga colombiana adesso si disputa tra i cartelli che vanno a sostituirsi alle Farc che facevano da tramite con i cocaleros, ai quali ora la protezione è offerta dai professionisti: i Narcos. Il risultato è una strage \u003Cmark>di\u003C/mark> sindacalisti e ambientalisti eliminati da chi si sta costruendo il nuovo giro \u003Cmark>di\u003C/mark> affari del post-Farc: latifondisti e trafficanti.\r\n\r\nIn questi giorni Tres Madres sono state insignite \u003Cmark>di\u003C/mark> una laurea honoris causa: Estela Carlotto (fondatrice de las Abuelas de Plaza de Mayo), Vera Vigevani (fondatrice de las Madres de Plaza de Mayo) e Yolanda Moràn (coordinatrice della messicana Fundem); in particolare quest'ultima ha avuto modo \u003Cmark>di\u003C/mark> raccontare episodi \u003Cmark>di\u003C/mark> scomparsi in Messico per colpa anche dei Narcos (anche se oggi è stato preso un capo de Los Zetas, la piovra non può che far spuntare molte teste), ma soprattutto da attribuire a poliziotti e militari, che lavorano per diversi cartelli, come si evince da libri pubblicati recentemente anche in Italia sulla Guerra alla droga, mentre lei ne ha una conoscenza diretta perché la sua organizzazione va alla ricerca \u003Cmark>di\u003C/mark> fosse comuni, dove s'imbattono in molti cadaveri \u003Cmark>di\u003C/mark> migranti centramericani, tra cui minori mutilati, perché oggetto \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>traffico\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>organi\u003C/mark>. E i numeri superano \u003Cmark>di\u003C/mark> molte volte quelli storici dei desaparecidos durante la dittatura della Giunta militare in Argentina. E da quest'ultima nazione proviene l'ultima notizia \u003Cmark>di\u003C/mark> cui abbiamo dato conto in questa lunga intervista con Alfredo Somoza: dai piani consegnati dalla Marina argentina – proprio il corpo militare la cui scuola ospitava le celle \u003Cmark>di\u003C/mark> tortura per quelli che poi sarebero stati desaparecidos 40 anni fa – risulta che il sommergibile ricercato così a lungo e affannosamente da mezzo mondo e scomparso nelle acque atlantiche della Patagonia aveva come missione l'intercettazione \u003Cmark>di\u003C/mark> navi britanniche nei pressi de las Malvinas (ancora britanniche con il nome \u003Cmark>di\u003C/mark> Falkland), un'altra sparizione magica, quasi fantascientifica... e anche un po' inquietante per i ricordi che evoca quell'arcipelago: realismo magico forse, ma \u003Cmark>di\u003C/mark> magia nera si tratta?\r\n\r\nDesaparecion \u003Cmark>di\u003C/mark> persone e sommergibili",[96,98,100,102,104,106,108,110,112,114,116,118,120,123],{"matched_tokens":97,"snippet":76},[],{"matched_tokens":99,"snippet":77},[],{"matched_tokens":101,"snippet":78},[],{"matched_tokens":103,"snippet":27},[],{"matched_tokens":105,"snippet":15},[],{"matched_tokens":107,"snippet":21},[],{"matched_tokens":109,"snippet":79},[],{"matched_tokens":111,"snippet":80},[],{"matched_tokens":113,"snippet":81},[],{"matched_tokens":115,"snippet":82},[],{"matched_tokens":117,"snippet":83},[],{"matched_tokens":119,"snippet":84},[],{"matched_tokens":121,"snippet":122},[91,90,92],"\u003Cmark>traffico\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>organi\u003C/mark>",{"matched_tokens":124,"snippet":86},[],[126,132],{"field":35,"indices":127,"matched_tokens":129,"snippets":131},[128],12,[130],[91,90,92],[122],{"field":133,"matched_tokens":134,"snippet":93,"value":94},"post_content",[90,91,90,92,90],1736172819517538300,{"best_field_score":137,"best_field_weight":138,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":47,"score":139,"tokens_matched":140,"typo_prefix_score":47},"3315704398080",13,"1736172819517538410",3,{"document":142,"highlight":166,"highlights":186,"text_match":197,"text_match_info":198},{"cat_link":143,"category":144,"comment_count":47,"id":145,"is_sticky":47,"permalink":146,"post_author":50,"post_content":147,"post_date":148,"post_excerpt":53,"post_id":145,"post_modified":149,"post_thumbnail":150,"post_thumbnail_html":151,"post_title":152,"post_type":58,"sort_by_date":153,"tag_links":154,"tags":160},[44],[46],"81553","http://radioblackout.org/2023/04/golpe-in-sudan-scenari-di-guerra-e-le-sporche-alleanze-dellitalia/","[caption id=\"attachment_81555\" align=\"alignleft\" width=\"600\"] Smoke billows above residential buildings in Khartoum on April 16, 2023.[/caption]\r\n\r\nFuribonda battaglia in Sudan tra i paramilitari di Rapid Support Forces (RSF), cioè gli ex janjaweed, e i soldati dell’esercito regolare. E’ un braccio di ferro per la conquista del potere.\r\nLe tensioni tra Abdel Fattah al-Burhan, presidente del Consiglio sovrano e il suo vice, Mohamed Hamdan Dagalo – Hemetti -, nonché leader di RSF, erano palpabili da tempo per divergenze sul calendario dell’integrazione nell’esercito regolare dei miliziani delle RSF, che probabilmente non vogliono per nulla essere integrati.\r\nI combattimenti scoppiati sabato tra le unità dell’esercito fedeli al presidente e l’RSF di Hemetti, sono i primi di questo tipo da quando i due si erano alleati per spodestare Omar Hassan al-Bashir nel 2019.\r\nVale la pena ricordare che entrambi avevano fatto parte dell’entourage di al Bashir, che hanno deposto per evitare di essere travolti dalla protesta popolare assieme a lui.\r\nDagalo, un tagliagole di provincia, distintosi per la ferocia delle sue truppe contro le popolazioni africane del Darfur, che uccidevano gli uomini, stupravano le donne e rapivano i bambini nei villaggi in cui entravano, ha acquisito enormi poteri e ricchezze.\r\nSecondo i media di casa nostra si tratterebbe di un golpe filorusso, vista la presenza nel paese di truppe mercenarie della Wagner legate al vicepresidente.\r\nIn realtà il quadro è molto più complesso, in un sistema di alleanze variabili su scala planetaria, dove ciascuno gioca in proprio e cambia spesso di fronte.\r\nIl governo del generale Al Burhan è sostenuto da gruppi e potenze che normalmente hanno altri schieramenti: dagli islamisti locali, dall’Egitto (che a casa propria combatte e perseguita gli islamisti), dagli Stati Uniti (che hanno combattuto gli islamisti in Afganistan ma si schierano con Burhan in Sudan), dalla Cina (che perseguita gli islamisti uiguri a casa propria) e dagli iraniani. Dagalo è sostenuto da alcune grosse grosse compagnie minerarie anche straniere, dai russi della Wagner, dall’Arabia saudita e dagli Emirati arabi uniti. Burhan e Dagalo sono entrambi alleati dell’Arabia saudita nella guerra in Yemen.\r\nIl quadro non è affatto lineare, perché in ballo ci sono interessi economici e di potenza non sempre facili da decifrare.\r\n\r\nI sette milioni di abitanti di Khartoum sono allo stremo, barricati in casa per il timore di essere bersaglio di pallottole vaganti. Molti sono sfollati o profughi, scappati da guerre o contrasti interni. Avevano sperato di aver finalmente trovato pace e sicurezza, di non dover rivivere tali momenti di angoscia.\r\nLa metropoli è sull’orlo di una catastrofe umanitaria: il suo già fragile sistema sanitario è vicino al collasso, mancano acqua e corrente ed è sempre più difficile reperire cibo e beni di prima necessità.\r\nAnche in altre parti del paese si combatte. A Niyala, nel Sud-Darfur, sono morti almeno 22 civili dall’inizio del conflitto. Tra domenica e lunedì sono stati saccheggiati gli uffici dei ministeri delle Finanze, degli Affari locali, dell’Istruzione e delle Dogane. Razziati anche gli uffici di UNICEF e di altre organizzazioni internazionali.\r\nEntrambe le fazioni hanno affermato oggi di aver guadagnato terreno, entrambi sostengono di avere il controllo del palazzo presidenziale, di radio e TV.\r\nTruppe in appoggio a Dagalo sono arrivate dal Ciad e dalla Libia\r\n\r\nIn Sudan ci sono, anche se la loro presenza è sempre stata minimizzata, anche truppe straniere. Avieri egiziani al confine con l’Egitto ma non solo.\r\nVa ricordato che ai miliziani janjaweed di Dagalo è stato affidato anche il compito del controllo delle frontiere, dell’immigrazione “illegale” e del traffico di esseri umani. L’Unione Europea si è impegnata a sostenere finanziariamente questo incarico e l’Italia invece ha varato un programma nascosto di addestramento dei tagliagole, inviando nel 2022 una missione segreta a Khartoum.\r\nIl 12 gennaio di quell’anno uno dei dirigenti del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), agenzia che dipende dalla presidenza del consiglio, il colonnello Antonio Colella, con quattro uomini fidatissimi e una donna apparentemente rappresentante di una NGO, ha incontrato il capo dei filibustieri, il generale Mohamed Hamdan Dagalo.\r\nIl loro compito è quello di impedire il passaggio dei migranti, usando i metodi già sperimentati in Darfur, con più soldi, materiale logistico e sostegno politico. La vicenda è divenuta di pubblico dominio quando è stata raccontata da Africa ExPress, che l’ha appresa grazie ai propri contatti nell’area di El Obeid, 400 chilometri a sud della capitale. All’interrogazione parlamentare del pentastellato Airola il governo non ha mai dato alcuna risposta.\r\nI militari di Dagalo venivano addestrati ad El Obeid e a Khartum, ma anche in Italia. É possibile che alcuni di loro siano ancora nel nostro paese.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Alberizzi di Africa ExPress\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/04/2023-04-18-alberizzi-sudan.mp3\"][/audio]","18 Aprile 2023","2023-04-18 15:30:01","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/04/230416-khartoum-al-0918-121b3c-e1681767617227-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/04/230416-khartoum-al-0918-121b3c-e1681767617227-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/04/230416-khartoum-al-0918-121b3c-e1681767617227-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/04/230416-khartoum-al-0918-121b3c-e1681767617227.jpg 600w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Golpe in Sudan. 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Teorie degne dei nostri esponenti di governo le cui linee politiche sembrano sempre più convergere con quelle dell'esecutivo tunisino, anche in forza dell'ultima disposizione della Farnesina che concede all'esecutivo di Saied ulteriori 10 milioni di euro di cui 6 per forniture e manutenzione per l'equipaggiamento che serve al contrasto al traffico di esseri umani e lo snellimento delle pratiche di rimpatrio (finanziamenti raccontati dall'inchiesta di Irpimedia \"The big wall\"). La Garde Nationale è logicamente l'organo militare che se ne accaparra la maggior parte, con consequente aumento dell'intercettazione,del mancato soccorso e provocato affondamento alle imbarcazioni che attraversano il mare; tutte pratiche ampiamente documentate e pubblicate nella \"dichiarazione congiunta delle organizzazioni della società civile di ricerca e soccorso in mare e delle reti di solidarietà verso le persone migranti\" pubblicata da Alarmphone il 17 Aprile 2023.\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/vale-tunsi.mp3\"][/audio]","15 Maggio 2023","2023-05-15 18:40:48","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/immagine-tunisia-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"201\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/immagine-tunisia-300x201.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/immagine-tunisia-300x201.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/immagine-tunisia.jpg 602w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","La politica razzista di Saied protegge i finanziamenti italiani alla Tunisia.",1684176048,[216,217,218,219],"http://radioblackout.org/tag/finanziamenti-italiani/","http://radioblackout.org/tag/ftdes/","http://radioblackout.org/tag/migrazioni/","http://radioblackout.org/tag/tunisia/",[221,222,223,224],"finanziamenti italiani","FTDES","migrazioni","tunisia",{"post_content":226,"post_title":230},{"matched_tokens":227,"snippet":228,"value":229},[91,90],"che serve al contrasto al \u003Cmark>traffico\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> esseri umani e lo snellimento","In questo venerdì informativo siamo tornati in Tunisia con Valentina Lomaglio, tirocinante presso FTDES (forum tunisino per i diritti economici e sociali) abbiamo ripercorso la lotta dei rifugiati subsahariani e non, a partire dal sit-in iniziato a Febbraio del 2022 a Zarzis successivamente sgomberato e spostatosi a Tunisi dove già si denunciava il clima \u003Cmark>di\u003C/mark> razzismo che si andava facendo sempre più sistemico, prima delle dichiarazioni \u003Cmark>di\u003C/mark> Kais Saied sulle teorie \u003Cmark>di\u003C/mark> sostituzione etnica. 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E i primi proclami di adesione al Califfato sono stati registrati.\r\nE tutti questi traffici (con l'esempio di Agadez, centro nevralgico di ogni merce) finiranno con l'adottare la nuova moneta Eco, collegata allo yuan, visti gli interessi cinesi nell'area, o alla valuta europea dei francesi, come sostituto del Franc Cfa? Si conierà mai? e con quali partecipanti e sponsor? e quali mercati saranno interessati?\r\n\r\nAbbiamo cercato di fotografare il momento, le fazioni, le organizzazioni, i loro finanziamenti e gli eserciti impegnati; i commerci, i cambiamenti climatici, gli spostamenti di massa e gli esodi forzati; le molte trasformazioni dell'area del Sahel con Marco Cochi, docente ed esperto africanista, curatore del sito AfroFocus:\r\n\r\nCochi Sahel","6 Febbraio 2020","2020-02-06 17:53:16","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/02/sahel_autodifesa-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"180\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/02/sahel_autodifesa-300x180.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/02/sahel_autodifesa-300x180.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/02/sahel_autodifesa.jpeg 630w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","2019: moltiplicati gli episodi jihadisti nel Sahel",1581011596,[254,255,256,257,258,259,260,261,262,263,264,265,266],"http://radioblackout.org/tag/barkhane/","http://radioblackout.org/tag/burkina-faso/","http://radioblackout.org/tag/ciad/","http://radioblackout.org/tag/gruppi-jihadisti/","http://radioblackout.org/tag/mali/","http://radioblackout.org/tag/merci/","http://radioblackout.org/tag/migranti/","http://radioblackout.org/tag/milizie-burkinabe/","http://radioblackout.org/tag/moneta-africana-eco/","http://radioblackout.org/tag/niger/","http://radioblackout.org/tag/sahel/","http://radioblackout.org/tag/somalia/","http://radioblackout.org/tag/traffico-di-armi/",[268,269,270,271,272,273,25,274,275,276,277,278,279],"Barkhane","Burkina Faso","Ciad","gruppi jihadisti","Mali","merci","milizie burkinabé","moneta africana Eco","niger","sahel","somalia","traffico di armi",{"post_content":281,"tags":285},{"matched_tokens":282,"snippet":283,"value":284},[90,91,90],"coinvolgimento americano (e conseguente accentuazione \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>traffico\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> armi leggere), sfollati a","Eserciti \u003Cmark>di\u003C/mark> ogni tipo, civili armati per legge in Burkina (gruppi \u003Cmark>di\u003C/mark> autodifesa nati come tutela dell'ambiente e poi diventati sostituti \u003Cmark>di\u003C/mark> autorità poliziesca e militare, molto simili a quelli che operano in Mexico contro i cartelli), missione Barkhane francese (incapace \u003Cmark>di\u003C/mark> risolvere la questione perché l'approccio non può comprendere nemmeno i segnali provenienti dal territorio, se non con l'odierno invio \u003Cmark>di\u003C/mark> nuovi 600 militari), minore coinvolgimento americano (e conseguente accentuazione \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>traffico\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> armi leggere), sfollati a milioni, migliaia \u003Cmark>di\u003C/mark> episodi \u003Cmark>di\u003C/mark> violenza jihadista e condizioni che lo esasperano (comprese quelle truppe paramilitari burkinabé che accentuano dissapori tra nomadi e stanziali); tutto converge in un califfato nero in fieri, per ora diviso in molti gruppi, nessuno dei quali probabilmente può prendere il controllo, diventandone il fulcro, alimentato dalle condizioni in cui si vive; ma anche i comitati \u003Cmark>di\u003C/mark> autodifesa sono pericolosi gruppi etnici (peule?) che si propongono come stato nello stato, fucine \u003Cmark>di\u003C/mark> combattenti mercenari pronti a tutto per le condizioni in cui si vive in Burkina o sulle coste del lago Ciad. 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E' prevista inoltre la sospensione della domanda d'asilo in caso di pericolosità sociale o condanna in primo grado.\r\nLa nozione di pericolosità sociale è tanto scivolosa da lasciare ampio arbitrio a chi decide se applicarla o meno. Non solo: l’espulsione dopo una condanna in primo grado, di fatto lede il principio per il quale la condanna diventa effettuale solo dopo il terzo grado di giudizio.\r\nL’introduzione nell’elenco della resistenza a pubblico ufficiale la dice lunga sulla volontà di colpire chiunque protesti, partecipando a manifestazioni o semplicemente ribellandosi ad un sopruso.\r\n\r\nPIU' TEMPO NEI CPR: La durata massima di permanenza nei Centri per il rimpatrio passa da tre a sei mesi. Il decreto prevede anche il \"completamento, adeguamento e ristrutturazione\" dei centri già presenti sul territorio e la \"costruzione\" di altri. Vogliono realizzarne uno in ogni regione. uno in ogni regione. 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Chi lavora senza documenti non ha nessuna possibilità \u003Cmark>di\u003C/mark> avere un contratto \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro che consenta \u003Cmark>di\u003C/mark> uscire dal limbo.\r\nLa protezione umanitaria era l’ultimo strumento disponibile.\r\n\r\nPIU' REATI PER REVOCA ASILO: Il decreto amplia la possibilità \u003Cmark>di\u003C/mark> negare o revocare la protezione internazionale per i reati \u003Cmark>di\u003C/mark> violenza sessuale, lesioni gravi rapina, violenza a pubblico ufficiale, mutilazioni sessuali, furto aggravato, \u003Cmark>traffico\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> droga. E' prevista inoltre la sospensione della domanda d'asilo in caso \u003Cmark>di\u003C/mark> pericolosità sociale o condanna in primo grado.\r\nLa nozione \u003Cmark>di\u003C/mark> pericolosità sociale è tanto scivolosa da lasciare ampio arbitrio a chi decide se applicarla o meno. Non solo: l’espulsione dopo una condanna in primo grado, \u003Cmark>di\u003C/mark> fatto lede il principio per il quale la condanna diventa effettuale solo dopo il terzo grado \u003Cmark>di\u003C/mark> giudizio.\r\nL’introduzione nell’elenco della resistenza a pubblico ufficiale la dice lunga sulla volontà \u003Cmark>di\u003C/mark> colpire chiunque protesti, partecipando a manifestazioni o semplicemente ribellandosi ad un sopruso.\r\n\r\nPIU' TEMPO NEI CPR: La durata massima \u003Cmark>di\u003C/mark> permanenza nei Centri per il rimpatrio passa da tre a sei mesi. Il decreto prevede anche il \"completamento, adeguamento e ristrutturazione\" dei centri già presenti sul territorio e la \"costruzione\" \u003Cmark>di\u003C/mark> altri. Vogliono realizzarne uno in ogni regione. uno in ogni regione. Nel caso \u003Cmark>di\u003C/mark> sovraffollamento dei Cpr i migranti in attesa \u003Cmark>di\u003C/mark> identificazione possono essere trattenuti anche in \"strutture diverse e idonee nella disponibilità dell'autorità \u003Cmark>di\u003C/mark> Pubblica Sicurezza\".\r\n\r\n3,5 MLN SU FONDO RIMPATRI: Per potenziare le attività \u003Cmark>di\u003C/mark> rimpatrio, il decreto stanzia 500mila euro per il 2018 e 1,5 milioni per il 2019 e 2020.\r\n\r\nSISTEMA SPRAR: Il decreto riserva esclusivamente ai titolari \u003Cmark>di\u003C/mark> protezione internazionale e ai minori non accompagnati i progetti \u003Cmark>di\u003C/mark> integrazione ed inclusione sociale previsti dal sistema Sprar. I richiedenti asilo troveranno invece accoglienza solo nei centri ad essi dedicati (i Cara).\r\n\r\nVIA CITTADINANZA PER REATI TERRORISMO: C'è poi la revoca della cittadinanza italiana a carico dei condannati per reati \u003Cmark>di\u003C/mark> terrorismo.\r\n\r\nA queste misure se ne aggiungono altre, miranti a soddisfare l’isteria securitaria del governo: si va dall’introduzione del Taser, alla repressione \u003Cmark>di\u003C/mark> chi occupa, sino alla reintroduzione del reato \u003Cmark>di\u003C/mark> blocco stradale con pene tra uno e quattro anni.\r\n\r\nIl decreto integra una legislazione che già si prefigura come “diritto penale del nemico e che, sancisce l’equiparazione tra sicurezza e repressione dei migranti e \u003Cmark>di\u003C/mark> ogni forma \u003Cmark>di\u003C/mark> opposizione politica e sociale.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Gianluca Vitale, avvocato da sempre in prima fila a fianco della gente in viaggio.\r\nLa chiacchierata si è estesa al recente blitz contro le roulotte rom \u003Cmark>di\u003C/mark> corso Corsica a Torino\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2018 09 25 Vitale, decreto immigrazione e sicurezza2",[359,361,363,365,367,369,372,374,376],{"matched_tokens":360,"snippet":23},[],{"matched_tokens":362,"snippet":17},[],{"matched_tokens":364,"snippet":346},[],{"matched_tokens":366,"snippet":347},[],{"matched_tokens":368,"snippet":348},[],{"matched_tokens":370,"snippet":371},[90],"reato \u003Cmark>di\u003C/mark> blocco stradale",{"matched_tokens":373,"snippet":350},[],{"matched_tokens":375,"snippet":351},[],{"matched_tokens":377,"snippet":352},[],[379,381],{"field":133,"matched_tokens":380,"snippet":356,"value":357},[91,90],{"field":35,"indices":382,"matched_tokens":384,"snippets":386},[383],5,[385],[90],[371],{"best_field_score":199,"best_field_weight":200,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":47,"score":239,"tokens_matched":140,"typo_prefix_score":31},{"document":389,"highlight":408,"highlights":416,"text_match":197,"text_match_info":421},{"cat_link":390,"category":391,"comment_count":47,"id":392,"is_sticky":47,"permalink":393,"post_author":50,"post_content":394,"post_date":395,"post_excerpt":53,"post_id":392,"post_modified":396,"post_thumbnail":397,"post_thumbnail_html":398,"post_title":399,"post_type":58,"sort_by_date":400,"tag_links":401,"tags":405},[44],[46],"31260","http://radioblackout.org/2015/09/ventimiglia-unestate-di-lotta/","La frontiera è lì, nel punto dove uomini e donne in armi, chiudono la strada, nel posto dove i vecchi caselli della dogana ricordano che un tempo non lontano la frontiera era per tutti. Oggi, se sei nato dalla parte giusta, se sei cittadino europeo, per te non ci sono blocchi né barriere. (Quasi) mai. Se il vento della protesta scuote l'Europa controlli e barriere risorgono per impedire le proteste, per bloccare i manifestanti. Pochi giorni e le porte si riaprono.\r\nDa giugno la frontiera è una barriera etnica. Se sei afgano, siriano, sudanese, eritreo non passi. Non passi legalmente. Devi arrangiarti da solo, pagare il passeur o incontrare qualche nemico delle frontiere disposto a darti una mano.\r\nDa giugno su questa linea fatta di nulla si giocano i destini di uomini e donne, che hanno negli occhi la guerra, il deserto, i barconi. La Francia ha chiuso le frontiere.\r\nOgni giorno qualcuno prova a passare. Ogni giorno qualcuno passa. Ogni giorno qualcuno viene intercettato, chiuso in un container/prigione per ore, e poi riportato indietro. Senza lasciare nessuna traccia sulle carte. Né la polizia francese, né quella italiana chiedono i documenti, prendono le impronte, fanno foto: se ti identificano sono obbligati a prendere la tua richiesta di asilo, ad accoglierti in attesa di risposta. Così i profughi di Ventimiglia diventano fantasmi. Va bene a tutti: al governo italiano, che non vede l'ora che se ne vadano, a quello francese che vuole solo disfarsene, ai rifugiati che vogliono andare più a nord. Una follia. Lucida. Lucida come ogni logica di esclusione.\r\nDa giugno qualcuno ha provato a far saltare le regole del gioco a rendere visibile il ping pong di uomini e donne, gettati di qua e di là come palline. Sono stati i migranti stessi a ribellarsi e gettarsi sugli scogli a mettersi di traverso sulla strada, per bloccare il passaggio delle merci, dove agli uomini è impedito di andare.\r\nOgni giorno ci sono iniziative. Ogni giorno c'é un'assemblea per discutere il da farsi e per accogliere i nuovi arrivati, per raccontare loro che un luogo di lotta e libertà è diverso dal campo della Croce Rossa vicino alla stazione, è diverso dai luoghi di accoglienza conosciuti nel viaggio. Al No border camp non c'è assistenzialismo: tutti fanno tutto, tutti cucinano, puliscono, scrivono cartelli, fanno traduzioni, preparano i letti. Tanti arrivano e, appena possono, continuano il viaggio, altri invece hanno trovato qui una meta, uno scopo. La lotta contro le frontiere è un'occasione per diventare protagonisti, per provare a cambiare senso alla giostra che gira e torna sempre allo stesso punto: chi sale e scende è più povero, chi gira la manovella si arricchisce.\r\n\r\nPer un paio di mesi gli attivisti del campo, gente di Ventimiglia e di ogni dove, non hanno avuto guai con la polizia. Poi c'é stato un giro di vite: fogli vi via e denunce a chi fa “cop watching”, fotografando le gabbie dove sono rinchiusi i ragazzi che non ce l'hanno fatta e verranno deportati in Italia, gettando una bottiglietta e qualcosa da mangiare.\r\nDa agosto sono scattate denunce, arresti, processi. Ma campo va avanti.\r\nScrivono sul loro blog gli attivisti No Border “La frontiera italo-francese di Ventimiglia è un luogo carico di contraddizioni. Dalla chiusura del confine alla metà di giugno 2015 questo luogo ha mostrato tutta la violenza che caratterizza le politiche europee in materia di immigrazione. Qui abbiamo visto coi nostri occhi i rastrellamenti della polizia sui treni e nelle stazioni fermare le persone sulla base del colore della pelle, siamo stati testimoni delle deportazioni che quotidianamente subiscono centinaia di migranti, siamo stati oggetto dei fermi di polizia messi in atto dai tanti posti di blocco di qua e di là dal confine.\r\nA questa repressione risposero per primi i migranti, occupando gli scogli a ridosso della frontiera e costruendo un presidio che nel corso di questi mesi è diventato uno spazio di resistenza, complicità e lotta. Da allora sono state tante le iniziative e le azioni dirette che dal presidio No Borders hanno messo in discussione la chiusura del confine, la sua logica e le sue conseguenze.\r\nA questa resistenza, dopo un primo fallito tentativo di sgombero, il potere ha opposto una strategia di bassa intensità, esercitando una pressione costante sul campo. L’attacco da parte delle forze di polizia, italiane e francesi, è stato portato avanti con il supporto dei trafficanti e della logistica fornita dalla Croce Rossa Italiana, nonché grazie al contributo di giornalisti e politici conniventi, tutti uniti nella strumentalizzazione della presunta “emergenza profughi”.\r\nL’escalation repressiva nei confronti dei solidali è culminata in diversi episodi che qui accenniamo. La nostra azione di monitoraggio e contrasto delle deportazioni attraverso la frontiera alta di Ponte San Luigi ci sono già costate 18 denunce per occupazione, un arresto e 7 fogli di via, senza contare i tanti episodi di intimidazione ai quali quotidianamente siamo esposti. Questi provvedimenti amministrativi non sono comunque serviti a mettere fine al processo di autorganizzazione di migranti e solidali al confine.\r\nDopo due mesi il presidio permanente No Borders di Ventimiglia è ancora al suo posto, e fa appello a tutte le reti, i singoli e le collettività che in questi mesi si sono mobilitate in solidarietà ai migranti in viaggio per rilanciare un percorso transnazionale contro confini, razzismo, sfruttamento e militarizzazione dei territori.\r\nA partire dalla tre giorni transnazionale del 24-25-26 luglio abbiamo aperto alcuni importanti ragionamenti sul senso e la direzione della nostra lotta. Se la Fortezza Europa ha ormai dismesso il volto umanitario con il quale è solita auto-rappresentarsi e mostra oggi tutta la violenza delle sue aspirazioni coloniali, il protagonismo e la determinazione mostrata dalle persone in viaggio nelle ultime settimane esprimono la necessità di rilanciare la lotta per la libertà di circolazione per tutte e tutti. I tentativi di attraversamento in massa dei confini che abbiamo visto a Ventimiglia e Calais, sulle isole greche e al confine Macedone, così come le migliaia di persone che individualmente o in piccoli gruppi attraversano quotidianamente i confini in tutta Europa e oltre, rendono evidente l’insostenibilità delle politiche europee e ci pongono il problema di quale contributo dare a questo movimento.\r\nLa moltiplicazione dei confini, la creazione di decine di campi profughi ai quattro angoli del continente e la criminalizzazione, o nel migliore dei casi la riduzione a oggetto, dei migranti che abbiamo sotto i nostri occhi ci impongono di proseguire il grande lavoro di relazione e condivisione delle pratiche di solidarietà attiva. Continuare a sostenere esplicitamente l’attraversamento dei confini e costruire nuove geografie che disegnino mappe di libertà è sicuramente una parte del lavoro che abbiamo davanti, ma non l’unica.\r\nIl nostro supporto deve essere innanzitutto una denuncia delle cause reali che generano i movimenti migratori, delle conseguenze della chiusura dei confini sulla vita delle persone e dei responsabili di tutto questo. Se a migliaia stanno morendo annegati in mare, asfissiati in un camion o schiacciati da un treno in corsa questo avviene perché così è stato deciso. Le politiche del debito, l’esproprio delle risorse e lo sfruttamento delle persone in intere regioni del mondo ad opera di governi e multinazionali sono scelte consapevoli fatte da chi comanda. Le cosiddette elite globali hanno le mani sporche di sangue, e sono nauseanti le loro dichiarazioni di cordoglio per le vittime del traffico di esseri umani. Alcuni dei rappresentanti della classe dirigente che oggi speculano sulla fuga di uomini e donne dai propri paesi d’origine sono gli stessi criminali e gli stessi assassini che su questo movimento fanno affari d’oro, anche sostenendo quei regimi autoritari dai quali formalmente prendono le distanze. Davanti alle loro lacrime di coccodrillo è necessario ribadire la loro responsabilità politica e trasformare il dolore per quanti muoiono in rabbia organizzata contro di loro.”\r\nNe abbiamo parlato con Elodie del Presidio No Border di Ventimiglia.\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2015-09-08-elodie-20miglia","8 Settembre 2015","2015-09-11 14:13:50","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/09/no-border-20miglia-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/09/no-border-20miglia-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/09/no-border-20miglia-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/09/no-border-20miglia-768x512.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/09/no-border-20miglia.jpg 900w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Ventimiglia. 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La bomba esplosa nella Banca dell’agricoltura nel pomeriggio del 12 dicembre fece 16 morti e numerosi feriti.\r\nAgli anarchici fu immediatamente chiaro che si trattava di una strage di Stato, ordita con lo scopo di spezzare le gambe, dividendolo, al potente movimento sociale che aveva appena infiammato l’autunno di quell’anno. Non è certo un caso che Umberto D’Amato, capo dell’ufficio affari riservati del Viminale, si trovasse nella questura di Milano sin dal 12 dicembre.\r\nLa macchinazione fallì, perché i movimenti scesero in piazza rigettando al mittente le accuse rivolte agli anarchici, finché il teorema si sgretolò.\r\nLa memoria è tuttavia un meccanismo cui si scaricano le pile se non vengono alimentate continuamente. In questi ultimi anni si sono moltiplicati i tentativi di una lettura revisionista di una vicenda che rappresentò uno spartiacque per un’intera generazione di compagne e compagni. 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Il motivo è l'apertura di un'inchiesta che vede indagati lo stesso primo ministro, il ministro delle infrastrutture e quello dell'ambiente, il sindaco della città di Sines, e esponenti di diverse aziende titolari di progetti per l'esplorazione e l'estrazione del litio in Portogallo. L'indagine verte su presunti illeciti, corruzione di funzionari eletti e traffico di influenze relativi alle concessioni per le miniere di litio, per un impianto di idrogeno verde e per un centro dati nella città costiera meridionale di Sines. Ci troviamo, insomma, di fronte a uno dei primi casi europei di corruzione quasi interamente legati al contesto della transizione energetica.\r\n\r\nQuali sono le conseguenze della crisi di governo sull'andamento dell'estrazione del litio in Portogallo? Come ha reagito la popolazione, e come si stanno organizzando le realtà locali che si oppongono ai progetti minerari che minacciano o già deturpano i loro territori? Quali sono le prospettive di lotta nella situazione attuale? A queste domande prova a dare risposta un compagno che si trova nel nord del paese:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/Litio_2.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[scarica]","7 Dicembre 2023","2023-12-08 10:03:01","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/lousas-2-1024x404-1-200x110.jpg","Portogallo: cade il governo, ma il litio resta",1701964131,[],[],{"post_content":512},{"matched_tokens":513,"snippet":514,"value":515},[90,91,90],"corruzione \u003Cmark>di\u003C/mark> funzionari eletti e \u003Cmark>traffico\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> influenze relativi alle concessioni per","Lo scorso 7 novembre il primo ministro portoghese, Antonio Costa, ha dichiarato le proprie dimissioni provocando \u003Cmark>di\u003C/mark> fatto la caduta del governo. 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Queste critiche per un lungo periodo sono rimaste confinate nell’ambito ristretto delle riviste accademiche di diritto e di medicina o tra le pagine della stampa libertaria (il nostro Umanità Nova già nel 1921 pubblicava un durissimo articolo di Errico Malatesta contro la messa fuorilegge della cocaina in Francia), ma sono diventate sempre più diffuse a partire dagli anni ‘50 con la diffusione della cannabis tra i giovani europei e nordamericani da una parte e con la conseguente repressione poliziesca dall’altra. Molti fanno risalire la data di nascita “ufficiale” delle mobilitazioni antiproibizioniste al 25 luglio 1967 quando il Times di Londra ospitò in un’intera pagina a pagamento un appello per la legalizzazione della marijuana firmato dal filosofo Alaistair McIntyre, dallo psichiatra Ronald Laing, dal sociologo Tariq Ali, da tutti e quattro i membri dei Beatles (secondo alcuni sarebbero stati proprio i componenti della boy band più famosa di tutti i tempi a pagare il costoso annuncio), dal loro manager Brian Epstein e da altri personaggi della scena musicale e culturale britannica. Il giorno dopo anche Bertrand Russell esprimeva la propria adesione all’appello. L’evento che aveva scatenato la mobilitazione era stata, solo poche settimane prima, l’incarcerazione di Mick Jagger e Keith Richards dei Rolling Stones, in prigione dal 29 giugno per detenzione e uso di marijuana. La notizia aveva fatto rapidamente il giro di Londra e il clamore suscitato dalla carcerazione dei due artisti diventò l’occasione per attaccare il sistema giudiziario britannico e le leggi proibizioniste in particolare. La mobilitazione per i due Stones raggiunse il culmine il 31 luglio all’udienza conclusiva dell’appello, a cui partecipano centinaia di persone che invadono l’aula, i corridoi e il cortile del tribunale che accolsero con un tripudio generale la lettura della sentenza con cui il giudice revocava la condanna al carcere e ordinava l’immediata liberazione dei due musicisti. Pochi giorno dopo il quotidiano The Guardian dichiarava “già morta” la convenzione internazionale contro “la droga” entrata in vigore sotto l’egida dell’Onu e grazie alle pressioni del governo USA solo pochi anni prima.\r\nQuasi mezzo secolo dopo, la War On Drugs infuria più che mai e si fa sempre più feroce, tanto che, come ha denunciato da tempo Amnesty International, non fa che allungarsi la lista dei Paesi che applicano la pena di morte per traffico di droga e ogni anno centinaia di persone vengono giustiziate in Cina, Arabia Saudita, Indonesia, Iran etc per quello che i giuristi definiscono “un reato senza vittime”, nel senso che chi assume sostanze illecite ne ricava un danno, ma lo fa comunque in genere volontariamente e senza essere costretto (esattamente come nessuno viene a costretto a rovinarsi il fegato mangiando 5 hamburger di fila o a farsi venire il diabete con una dieta zuccheri e junk food). Contemporaneamente, in questi 50 anni in cui la War On Drugs ha prodotto solo guadagni stratosferici per i narcos e carcerei piene di disgraziati, non sono mai finite neanche le mobilitazioni antiproibizioniste. Anzi, proprio in questi ultimi anni hanno segnato importanti risultati, sia negli USA (dove grazie ad una serie di referendum popolari la cannabis cosiddetta “terapeutica” è ormai legale in 24 stati, mentre in altri 5 è legale la marijuana tout court) che in Europa (basti pensare alla diffusione dei Cannabis Social Club in Spagna) che in America Latina. Giusto pochi giorni fa, il 7 luglio in Cile (dove è ancora in vigore la legge sulle droghe approvata negli anni ’70 dal dittatore Pinochet, che prevede sino a 15 anni di carcere per la coltivazione di cannabis) la Camera dei Deputati ha votato ad ampia maggioranza un disegno di legge che consentirebbe il possesso fino a 500 grammi di cannabis e la coltivazione di sei piante.\r\nAnche in Italia, il movimento antiproibizionista è sempre stato attivo a partire dall’opposizione contro la legge Craxi-Jervolino tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 fino all’incessante mobilitazione che ha portato la Corte Costituzionale nel febbraio dell’anno scorso a pochi giorni di distanza dalla grande manifestazione nazionale organizzata dalla Rete Fino Alla Fine Del Mondo Proibizionista. Non c’è da stupirsi che in questo clima mercoledì scorso sia stata presentato un disegno di legge per la legalizzazione della cannabis in Italia redatto dall’Intergruppo “Cannabis Legale” e firmato da 218 parlamentari tra Camera e Senato (SEL al gran completo, M5S in forze, un po’ di PD e un po’ di ex centrodestra ed ex centrosinistra). Il capo dell’intergruppo è Benedetto Della Vedova, una vecchia volpe della politica, fra le altre cose ex presidente dei Radicali (il partito degli sciacalli delle lotte per i diritti civili, da mezzo secolo ininterrottamente) e ex deputato di Futuro e Libertà, oggi sottosegretario agli Esteri del Governo Renzi. La proposta di legge prevede che i maggiorenni possano detenere una modica quantità per uso ricreativo: 15 grammi a casa, 5 grammi fuori casa, mentre rimarrebbe il divieto assoluto per i minorenni. Sarebbe consentita l’autocoltivazione a casa fino a 5 piante ma vietata la vendita del raccolto. Possibili però i cannabis social club: ai maggiorenni residenti in Italia sarà consentita la coltivazione in forma associata in gruppi fino a 50 membri. Consentita anche la vendita: previa autorizzazione, si potrà lavorare e coltivare la cannabis e venderla in negozi specializzati, forniti di licenza dei monopoli, mentre rimarrebbero vietate l’importazione e l’esportazione. E’ una legge che in gran parte ricalca la normativa sulla cannabis in vigore in Uruguay dalla fine dello scorso anno, con l’unica differenza che in Uruguay la marijuana (quando verrà attivata anche la vendita al dettaglio) verrà venduta in farmacia. Condita comunque di una iperburocratizzazione e di una ipocrisia tutte italiane. Per la coltivazione personale sarebbe necessario inviare una comunicazione all’Ufficio regionale dei Monopoli a cui bisognerebbe chiedere l’autorizzazione non solo per la produzione commerciale, ma anche per poter fare un cannabis sociale. E in questa caldissima estate in cui di notte le piazze, i parchi e le spiaggie s’illuminano delle braci dei joint e dei chilum, la proposta di Dalla Vedova etc prevede che non si potrà fumare in nessun luogo pubblico e in nessun luogo aperto al pubblico, costringendo quindi i fumatori a rimanere rinchiusi nelle loro case (una limitazione non prevista né dalla legge uruguayana né da quelle degli stati USA che vietano di fumare ganja solo nei luoghi dove è già vietato fumare tabacco). Dulcis in fundo, la legalizzazione della cannabis non comporta l’attenuazione delle norme e delle sanzioni previste dal Codice della strada per la guida in stato di alterazione psico-fisica (che prevedono tra l’altro, il ritiro della patente anche fino a 2 anni e addirittura il carcere e la confisca del mezzo). Secondo il testo proposto dall’intergruppo, bontà loro, “rimane aperta comunque la questione relativa alle tecniche di verifica che attestino un’alterazione effettivamente in atto, come per gli alcolici”. In effetti la questione che rimane aperta da più di 40 anni (da quando nello Stato di Washington vennero fatti i primi studi “dal vivo” con automobilisti fumati che però guidavano in modo prudente) è piuttosto se la cannabis abbia un effetto negativo sulla guida. Tanto per intenderci, in Colorado dove dopo che hanno legalizzato la cannabis i test li fanno solo agli automobilisti che hanno provocato incidenti o che hanno commesso gravi infrazioni e dove attualmente il limite è di 5 mcg per litro di sangue (quello che potrebbe avere un adulto di 70 kg che nelle ultime 24 ore avesse fumato 2 g di erba con THC al 20%), stanno abbassando di abolirli del tutto questi limiti o per lo meno di riconsiderarli, dopo che è uscito uno studio del NIDA che stabilisce che per produrre nei consumatori di cannabis problemi di guida accumunabili a quelli di chi ha 0,5g/l di alcol servivano concentrazioni di thc di almeno 13,1 mcg/l, cioè più del doppio del limite permesso agli automobilisti secondo le leggi del Colorado.\r\nInsomma, nella miglior tradizione di quel Teatro Dell’Assurdo che è la politica istituzionale italiana, una proposta di legge per la legalizzazione, ma piena di pruderie proibizioniste. Non c’è da stupirsi visto che tra i primi firmatari ci sono molti del M5s a cominciare dai quattro membri del direttorio, Alessandro Di Battista, Carla Ruocco, Roberto Fico, Luigi Di Maio che solo pochi giorni prima avevano lanciato un comunicato stampo sul fatto che molti profughi che arrivano in Italia in realtà non sarebbero altro che “spacciatori professionisti di droga”, riprendendo un appello del Coisp (il sindacato di polizia di ultradestra noto alle cronache per aver organizzato un presidio contro la madre di Federico Aldrovandi e, più di recente, per la proposta di rimuovere da Piazza Alimonda a Genova la targa che ricorda Carlo Giuliani). \r\nCerto, una pur minimissima forma di depenalizzazione della cannabis sarebbe un grande passo in avanti anche perché, come assicura la saggezza contadini appena si aprono i cancelli, i buoi scappano. La proposta di Della Vedova etc è però solo uno specchietto per le allodole per acchiappare i voti degli ingenui, ma con pochissime possibilità di concretizzarsi in qualche modo. Il Governo Renzi a causa della sua alleanza di ferro con l’NCD non riesce neanche ad approvare una prudentissima legge sulle unioni civili, figuriamoci legalizzare la cannabis (e infatti il ministro della Giustizia pd Orlando ha subito che lui se ne lava le mani dicendo che e’ competenza degli organismi internazionali e transnazionali). E, tanto per rimanere nel mondo della realtà, solo poche settimane fa’ l’Associazione Antigone e la Società della Ragione hanno denunciato che in carcere ci sono ancora migliaia di detenuti per la legge Fini-Giovanardi dichiarata poi incostituzionale.\"","31 Luglio 2015","2018-10-17 22:09:25","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/07/cannabis-200x110.jpg","Cannabis legale? 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Nelle ultime settimane, complice la presentazione \u003Cmark>di\u003C/mark> un progetto \u003Cmark>di\u003C/mark> legge su una modestissima legalizzazione dell'uso della cannabis, il dibattito si è riaperto.\r\nNe abbiamo parlato con Robertino del collettivo antioproibizionista \u003Cmark>di\u003C/mark> Pisa, tra i promotori della street parade \"Canapisa\".\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\ncannabis robertino\r\n\r\nLeggi l'articolo \u003Cmark>di\u003C/mark> Robertino uscito sull'ultimo numero \u003Cmark>di\u003C/mark> Umanità Nova:\r\n\"Sin dal loro apparire, tra la fine dell’Ottocento e gli anni ’30 del secolo del secolo scorso, le leggi antidroga hanno suscitato critiche sia per la loro evidente irrazionalità che per la pretesa \u003Cmark>di\u003C/mark> imporre un codice \u003Cmark>di\u003C/mark> comportamento in una delle sfere più intime delle persone, cioè cosa mettere e non mettere dentro il proprio corpo. Queste critiche per un lungo periodo sono rimaste confinate nell’ambito ristretto delle riviste accademiche \u003Cmark>di\u003C/mark> diritto e \u003Cmark>di\u003C/mark> medicina o tra le pagine della stampa libertaria (il nostro Umanità Nova già nel 1921 pubblicava un durissimo articolo \u003Cmark>di\u003C/mark> Errico Malatesta contro la messa fuorilegge della cocaina in Francia), ma sono diventate sempre più diffuse a partire dagli anni ‘50 con la diffusione della cannabis tra i giovani europei e nordamericani da una parte e con la conseguente repressione poliziesca dall’altra. Molti fanno risalire la data \u003Cmark>di\u003C/mark> nascita “ufficiale” delle mobilitazioni antiproibizioniste al 25 luglio 1967 quando il Times di Londra ospitò in un’intera pagina a pagamento un appello per la legalizzazione della marijuana firmato dal filosofo Alaistair McIntyre, dallo psichiatra Ronald Laing, dal sociologo Tariq Ali, da tutti e quattro i membri dei Beatles (secondo alcuni sarebbero stati proprio i componenti della boy band più famosa \u003Cmark>di\u003C/mark> tutti i tempi a pagare il costoso annuncio), dal loro manager Brian Epstein e da altri personaggi della scena musicale e culturale britannica. Il giorno dopo anche Bertrand Russell esprimeva la propria adesione all’appello. L’evento che aveva scatenato la mobilitazione era stata, solo poche settimane prima, l’incarcerazione \u003Cmark>di\u003C/mark> Mick Jagger e Keith Richards dei Rolling Stones, in prigione dal 29 giugno per detenzione e uso \u003Cmark>di\u003C/mark> marijuana. La notizia aveva fatto rapidamente il giro \u003Cmark>di\u003C/mark> Londra e il clamore suscitato dalla carcerazione dei due artisti diventò l’occasione per attaccare il sistema giudiziario britannico e le leggi proibizioniste in particolare. La mobilitazione per i due Stones raggiunse il culmine il 31 luglio all’udienza conclusiva dell’appello, a cui partecipano centinaia \u003Cmark>di\u003C/mark> persone che invadono l’aula, i corridoi e il cortile del tribunale che accolsero con un tripudio generale la lettura della sentenza con cui il giudice revocava la condanna al carcere e ordinava l’immediata liberazione dei due musicisti. Pochi giorno dopo il quotidiano The Guardian dichiarava “già morta” la convenzione internazionale contro “la droga” entrata in vigore sotto l’egida dell’Onu e grazie alle pressioni del governo USA solo pochi anni prima.\r\nQuasi mezzo secolo dopo, la War On Drugs infuria più che mai e si fa sempre più feroce, tanto che, come ha denunciato da tempo Amnesty International, non fa che allungarsi la lista dei Paesi che applicano la pena \u003Cmark>di\u003C/mark> morte per \u003Cmark>traffico\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> droga e ogni anno centinaia \u003Cmark>di\u003C/mark> persone vengono giustiziate in Cina, Arabia Saudita, Indonesia, Iran etc per quello che i giuristi definiscono “un reato senza vittime”, nel senso che chi assume sostanze illecite ne ricava un danno, ma lo fa comunque in genere volontariamente e senza essere costretto (esattamente come nessuno viene a costretto a rovinarsi il fegato mangiando 5 hamburger \u003Cmark>di\u003C/mark> fila o a farsi venire il diabete con una dieta zuccheri e junk food). Contemporaneamente, in questi 50 anni in cui la War On Drugs ha prodotto solo guadagni stratosferici per i narcos e carcerei piene \u003Cmark>di\u003C/mark> disgraziati, non sono mai finite neanche le mobilitazioni antiproibizioniste. Anzi, proprio in questi ultimi anni hanno segnato importanti risultati, sia negli USA (dove grazie ad una serie \u003Cmark>di\u003C/mark> referendum popolari la cannabis cosiddetta “terapeutica” è ormai legale in 24 stati, mentre in altri 5 è legale la marijuana tout court) che in Europa (basti pensare alla diffusione dei Cannabis Social Club in Spagna) che in America Latina. Giusto pochi giorni fa, il 7 luglio in Cile (dove è ancora in vigore la legge sulle droghe approvata negli anni ’70 dal dittatore Pinochet, che prevede sino a 15 anni \u003Cmark>di\u003C/mark> carcere per la coltivazione \u003Cmark>di\u003C/mark> cannabis) la Camera dei Deputati ha votato ad ampia maggioranza un disegno \u003Cmark>di\u003C/mark> legge che consentirebbe il possesso fino a 500 grammi \u003Cmark>di\u003C/mark> cannabis e la coltivazione \u003Cmark>di\u003C/mark> sei piante.\r\nAnche in Italia, il movimento antiproibizionista è sempre stato attivo a partire dall’opposizione contro la legge Craxi-Jervolino tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 fino all’incessante mobilitazione che ha portato la Corte Costituzionale nel febbraio dell’anno scorso a pochi giorni \u003Cmark>di\u003C/mark> distanza dalla grande manifestazione nazionale \u003Cmark>organi\u003C/mark>zzata dalla Rete Fino Alla Fine Del Mondo Proibizionista. Non c’è da stupirsi che in questo clima mercoledì scorso sia stata presentato un disegno \u003Cmark>di\u003C/mark> legge per la legalizzazione della cannabis in Italia redatto dall’Intergruppo “Cannabis Legale” e firmato da 218 parlamentari tra Camera e Senato (SEL al gran completo, M5S in forze, un po’ di PD e un po’ di ex centrodestra ed ex centrosinistra). Il capo dell’intergruppo è Benedetto Della Vedova, una vecchia volpe della politica, fra le altre cose ex presidente dei Radicali (il partito degli sciacalli delle lotte per i diritti civili, da mezzo secolo ininterrottamente) e ex deputato \u003Cmark>di\u003C/mark> Futuro e Libertà, oggi sottosegretario agli Esteri del Governo Renzi. La proposta \u003Cmark>di\u003C/mark> legge prevede che i maggiorenni possano detenere una modica quantità per uso ricreativo: 15 grammi a casa, 5 grammi fuori casa, mentre rimarrebbe il divieto assoluto per i minorenni. Sarebbe consentita l’autocoltivazione a casa fino a 5 piante ma vietata la vendita del raccolto. Possibili però i cannabis social club: ai maggiorenni residenti in Italia sarà consentita la coltivazione in forma associata in gruppi fino a 50 membri. Consentita anche la vendita: previa autorizzazione, si potrà lavorare e coltivare la cannabis e venderla in negozi specializzati, forniti \u003Cmark>di\u003C/mark> licenza dei monopoli, mentre rimarrebbero vietate l’importazione e l’esportazione. E’ una legge che in gran parte ricalca la normativa sulla cannabis in vigore in Uruguay dalla fine dello scorso anno, con l’unica differenza che in Uruguay la marijuana (quando verrà attivata anche la vendita al dettaglio) verrà venduta in farmacia. Condita comunque \u003Cmark>di\u003C/mark> una iperburocratizzazione e \u003Cmark>di\u003C/mark> una ipocrisia tutte italiane. Per la coltivazione personale sarebbe necessario inviare una comunicazione all’Ufficio regionale dei Monopoli a cui bisognerebbe chiedere l’autorizzazione non solo per la produzione commerciale, ma anche per poter fare un cannabis sociale. E in questa caldissima estate in cui \u003Cmark>di\u003C/mark> notte le piazze, i parchi e le spiaggie s’illuminano delle braci dei joint e dei chilum, la proposta \u003Cmark>di\u003C/mark> Dalla Vedova etc prevede che non si potrà fumare in nessun luogo pubblico e in nessun luogo aperto al pubblico, costringendo quindi i fumatori a rimanere rinchiusi nelle loro case (una limitazione non prevista né dalla legge uruguayana né da quelle degli stati USA che vietano \u003Cmark>di\u003C/mark> fumare ganja solo nei luoghi dove è già vietato fumare tabacco). Dulcis in fundo, la legalizzazione della cannabis non comporta l’attenuazione delle norme e delle sanzioni previste dal Codice della strada per la guida in stato \u003Cmark>di\u003C/mark> alterazione psico-fisica (che prevedono tra l’altro, il ritiro della patente anche fino a 2 anni e addirittura il carcere e la confisca del mezzo). Secondo il testo proposto dall’intergruppo, bontà loro, “rimane aperta comunque la questione relativa alle tecniche \u003Cmark>di\u003C/mark> verifica che attestino un’alterazione effettivamente in atto, come per gli alcolici”. In effetti la questione che rimane aperta da più di 40 anni (da quando nello Stato \u003Cmark>di\u003C/mark> Washington vennero fatti i primi studi “dal vivo” con automobilisti fumati che però guidavano in modo prudente) è piuttosto se la cannabis abbia un effetto negativo sulla guida. Tanto per intenderci, in Colorado dove dopo che hanno legalizzato la cannabis i test li fanno solo agli automobilisti che hanno provocato incidenti o che hanno commesso gravi infrazioni e dove attualmente il limite è di 5 mcg per litro \u003Cmark>di\u003C/mark> sangue (quello che potrebbe avere un adulto di 70 kg che nelle ultime 24 ore avesse fumato 2 g \u003Cmark>di\u003C/mark> erba con THC al 20%), stanno abbassando \u003Cmark>di\u003C/mark> abolirli del tutto questi limiti o per lo meno \u003Cmark>di\u003C/mark> riconsiderarli, dopo che è uscito uno studio del NIDA che stabilisce che per produrre nei consumatori \u003Cmark>di\u003C/mark> cannabis problemi \u003Cmark>di\u003C/mark> guida accumunabili a quelli \u003Cmark>di\u003C/mark> chi ha 0,5g/l \u003Cmark>di\u003C/mark> alcol servivano concentrazioni \u003Cmark>di\u003C/mark> thc \u003Cmark>di\u003C/mark> almeno 13,1 mcg/l, cioè più del doppio del limite permesso agli automobilisti secondo le leggi del Colorado.\r\nInsomma, nella miglior tradizione \u003Cmark>di\u003C/mark> quel Teatro Dell’Assurdo che è la politica istituzionale italiana, una proposta \u003Cmark>di\u003C/mark> legge per la legalizzazione, ma piena \u003Cmark>di\u003C/mark> pruderie proibizioniste. Non c’è da stupirsi visto che tra i primi firmatari ci sono molti del M5s a cominciare dai quattro membri del direttorio, Alessandro \u003Cmark>Di\u003C/mark> Battista, Carla Ruocco, Roberto Fico, Luigi \u003Cmark>Di\u003C/mark> Maio che solo pochi giorni prima avevano lanciato un comunicato stampo sul fatto che molti profughi che arrivano in Italia in realtà non sarebbero altro che “spacciatori professionisti \u003Cmark>di\u003C/mark> droga”, riprendendo un appello del Coisp (il sindacato \u003Cmark>di\u003C/mark> polizia \u003Cmark>di\u003C/mark> ultradestra noto alle cronache per aver \u003Cmark>organi\u003C/mark>zzato un presidio contro la madre \u003Cmark>di\u003C/mark> Federico Aldrovandi e, più \u003Cmark>di\u003C/mark> recente, per la proposta \u003Cmark>di\u003C/mark> rimuovere da Piazza Alimonda a Genova la targa che ricorda Carlo Giuliani). \r\nCerto, una pur minimissima forma \u003Cmark>di\u003C/mark> depenalizzazione della cannabis sarebbe un grande passo in avanti anche perché, come assicura la saggezza contadini appena si aprono i cancelli, i buoi scappano. 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Se le volte precedenti i teatri di guerra in cui stava operando ci avevano permesso di descrivere il quadro attorno a Zaporižžja, stavolta si trovava in Iran mentre si andavano svolgendo le operazioni belliche della guerra battezzata da Trump dei 12 giorni, impegnato proprio con quelle centrali oggetto del contendere nel pretesto sionista per l'aggressione di Netanyahu e nella dimostrazione di muscoli machisti di Trump. Ci ha potuto quindi restituire un quadro di prima mano sia della comunità civile iraniana, sia delle figure di scienziati che a dispetto di ogni convenzione diplomatica e facendo strame del diritto internazionale sono stati decimati; ma contemporaneamente ha potuto con precisione descrivere e dirimere la questione più strettamente tecnologica. Così facendo ci ha confermato nell'idea che avevamo già avanzato la scorsa settimana con Laura Silvia Battaglia, ipotizzando che si tratti semplicemente di un sanguinario teatrino dell'orrore messo in piedi dai vertici del potere internazionale per far accettare la trasformazione del Sudovest asiatico secondo i piani di Tel Aviv.\r\nSiamo anche tornati a Panama, questa volta con David Lifodi, redattore de \"La Bottega del Barbieri\". Abbiamo di nuovo rivolto la prua verso il Canale, perché ci sembrava che la quantità di motivi di scontro e la serie di interessi planetari che passano da quella via di comunicazione che va prosciugandosi sia tale che vede tutte le grandi potenze impegnate: la Cina lascia il controllo dei porti, Trump pretende di annettersi il paese che tanto ha lottato per l'indipendenza, un presidente traditore che svende il paese agli americani, che dispiegheranno truppe di nuovo lungo il Canale, e alla Chiquita, che impone licenziamenti e dimezzamenti salariali e pensionistici (i lavoratori andrebbero in pensione con il 30% del loro stipendio – ora sarebbe con il 60%). I tumulti in piazza sono scoppiati, la repressione è stata feroce.\r\nE sulla scorta di questa ondata di lotte di piazza mesoamericane abbiamo sentito l'impulso di sentire ancora una volta Tatjana Djordjevic per documentare la svolta del Movimento serbo contro Vucic: stavolta la posizione si è più politicizzata e chiede dimissioni, si contrappone al rifiuto di rispondere dell'apparato di potere, forse perdendo l'anima movimentista, fresca e irridente, probabilmente per l'infiltrazione di elementi organizzati.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nPiergiorgio Pescali, ingegnere nucleare che svolge i controlli per conto dell’Aiea, durante la guerra dei 12 giorni svolgeva il suo compito a Teheran e ci ha restituito alcune impressioni sulla società iraniana coinvolta nel conflitto, reazioni e speranze scaturite dalla situazione, ma soprattutto ci ha fatto il quadro preciso dello stato dell’arte tecnologico da esperto che ha conosciuto buona parte degli scienziati uccisi dall’Idf, colleghi preparati e che hanno sempre ribadito l’intento non militare del loro lavoro. Pescali non nasconde che i risultati dell’attività delle centrali iraniane esulassero dagli accordi sull’arricchimento dell’uranio – ma comunque i persiani non hanno accesso al plutonio, indispensabile per dotarsi di una bomba che possa fare da deterrente – e che l’Aiea dovesse riferire, sicuramente il pericolo non legittimava la reazione assassina del governo di Netanyahu: eliminare gli scienziati e decapitare i comandi militari indebolisce la società iraniana ma la lascia in balia del regime confessionale non più in grado di contrastare le mire sioniste, ma ancora più feroce nel controllo interno.\r\nPeraltro, se si analizza la questione con gli occhiali dello scienziato informato di prima mano, il pericolo della dotazione nucleare iraniana sarebbe potenzialmente a tal punto risibile rispetto alla potenza nucleare israeliana che appare evidente che sia stato tutto un teatrino pretestuoso il putiferio luttuoso combinato dai potenti, inscenato per rafforzare il singolo potere interno sulla pelle dei morti civili, anche di valenti scienziati, menti sottratte alla comunità. Infatti dopo quei 12 giorni di guerra non è cambiato nulla: l’Iran non ha stracciato la firma dal Trattato sulla non proliferazione nucleare (che Israele non ha mai preso in considerazione nella sua consueta impunità), gli Usa continuano nell’ambiguità del sostegno acritico a Israele e a contrastare l’espansione cinese, Tel Aviv insiste a sfruttare la superiorità bellica per rintuzzare la potenza della Mezzaluna sciita. Il resto è show-war innescato da pretesti conflittuali per rendere accettabile la trasformazione del Sudovest asiatico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/scene-di-guerra-spettacolari-per-ridisegnare-il-medio-oriente-raccontando-favole-nucleari--66873848\r\n\r\ni precedenti episodi relativi alla Repubblica islamica si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/07/OneWayNukeProliferation.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nSono due mesi che si assiste a proteste incessanti che coinvolgono diversi settori della società panamense , le proteste godono di un ampio sostegno popolare ed è per questo che il governo ha iniziato ad aumentare la repressione.\r\nLe mobilitazioni che si stanno svolgendo in varie parti del paese sono contro la riforma del sistema pensionistico, la riapertura della miniera Cobre Panamá, i bacini idrici multifunzionali del canale interoceanico e l'accordo di intesa firmato da Panama con gli Stati Uniti.\r\nIl governo intende decapitare il movimento, criminalizzando e perseguendo penalmente i principali dirigenti sindacali e minacciando gli scioperanti . La verità è che ci troviamo di fronte a una dittatura in abiti civili, che gode del sostegno degli Stati Uniti e risponde al malcontento sociale con la repressione indiscriminata.\r\nNonostante lo stato d’assedio, la crescita delle proteste nella cosiddetta zona bananera, dove l’impresa Chiquita Panamá ha licenziato più di cinquemila lavoratori , ha incrementato la rivolta sociale contro il presidente Mulino, giunto al potere nel 2024 grazie al sostegno della borghesia panamense e del grande capitale e che era riuscito a guadagnarsi l’appoggio popolare intercettando l’elettorato ultraconservatore deluso dal neoliberista Martinelli, alla guida del paese tra il 2009 e il 2014 prima di essere travolto da una serie di scandali legati alla corruzione.\r\nIn un paese di poco più di 4 milioni di abitanti i primi a scendere in lotta, il 23 aprile scorso, sono stati i docenti. Successivamente, a far sentire la propria voce, sono stati lavoratori delle bananeras, i sindacati, a partire dal Suntracs (Sindicato Único Nacional de Trabajadores de la Construcción y Similares) e gli studenti, tutti riuniti sotto le insegne del collettivo Alianza Pueblo Unido por la Vida che, fin dall’inizio, ha definito quella di Mulino come un’”offensiva neoconservatrice e neocolonialista”.\r\n\r\nNe parliamo con David Lifodi attento osservatore della realtà latinoamericana.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/panama-s-incrociano-le-rivendicazioni-popolari-mentre-e-in-corso-la-contesa-per-il-controllo-del-canale--66875972\r\n\r\nQui trovate la serie dedicata al mondo latinoamericano\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/07/BASTIONI-03072025-PANAMA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nQuando ormai sembrava che le proteste stessero per sgonfiarsi e che neanche gli studenti avessero più la forza, a Belgrado si è svolta una grande manifestazione, segnando un altro punto di svolta nella mobilitazione di studenti e cittadini che si protrae ormai da mesi.\r\nTuttavia, sabato 28 giugno è diventato chiaro che la situazione è molto più complessa.\r\nNella storia della Serbia, questa data ha un significato importante, quasi mitico. La battaglia di Kosovo Polje si svolse il 28 giugno 1389, a Vidovdan (il giorno di San Vito) secondo il calendario gregoriano. A 636 anni di distanza, ancora si discute e ci si scontra sul significato di questo evento.\r\nPer la maggior parte dei cittadini serbi, questa è una delle date più significative della storia, il giorno in cui l’esercito serbo si oppose a quello ottomano, di gran lunga superiore, combatté eroicamente e, pur uscendo sconfitto, “salvò l'Europa”.\r\nPer altri – che restano in minoranza – Vidovdan è una ricorrenza da commemorare, ma non da celebrare, avendo spinto la Serbia in uno stato di prigionia e decadenza secolare. Per la destra, Vidovdan è un giorno sacro, per la sinistra una fonte di preoccupazione per le possibili recrudescenze nazionaliste e scioviniste.\r\nNegli ultimi trent’anni, Vidovdan ha assunto particolare rilevanza. A riportarlo in auge fu Slobodan Milošević.\r\nIl Kosovo è ancora uno dei punti nevralgici della società serba, tant’è che la stragrande maggioranza dei cittadini serbi continua a percepire il Kosovo come parte integrante della Serbia e a basare su questa convinzione le proprie opinioni politiche.\r\nQuesto il contesto in cui gli studenti hanno organizzato la grande manifestazione a Vidovdan. Stando alle stime in Piazza Slavija, a Belgrado, si sono radunate centoquarantamila persone. Altre fonti parlano anche di duecentomila manifestanti.\r\nIl salto di qualità del movimento studentesco, nato in seguito al crollo della pensilina della stazione di Novi Sad avvenuto il 1 novembre del 2024 e in cui persero la vita 15 persone, è evidente nella capillare mobilitazione che sta coinvolgendo ampi strati della società serba .Le rivendicazioni sono la richiesta di elezioni politiche anticipate e smantellare il cosiddetto Ćaciland, bastione del Partito progressista serbo (SNS) in centro a Belgrado, allestito dagli “studenti che vogliono tornare in aula”, che da mesi ormai blocca il traffico nella capitale.\r\nL'ampiamento della base sociale delle proteste ha portato a galla i residui del nazionalismo serbo che si sono visti in piazza Slavija dove sono intervenute personalità dall'evidente pedigree nazionalista .L'intossicazione nazionalista e la scelta di confrontarsi sul piano elettorale con Vucic rischiano di far scivolare il movimento verso la normalizzazione ,mentre rimane molto forte la mobilitazione e l'indignazione popolare contro il sistema di Vucic.\r\n\r\nNe parliamo con Tatjana Djordjevic corrispondente dall'Italia di vari media .\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/serbia-ombre-nazionaliste-sulla-protesta-degli-studenti-contro-vucic--66876127\r\n\r\nI precedenti interventi relativi al Movimento serbo e anche alle altre realtà balcaniche potete ascoltare si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/07/BASTIONI-03072025-SERBIA.mp3\"][/audio]","6 Luglio 2025","2025-07-07 09:27:35","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 03/07/2025 - LA FAVOLA DEL NUCLEARE IRANIANO È RACCONTATA DA SPECCHI SIONISTI DEFORMANTI E CRIMINALI. IL CHOKEPOINT DI PANAMA CONCENTRA RABBIA E REPRESSIONE, CHE IN SERBIA TROVANO UN NUOVO LIVELLO DI SCONTRO",1751830781,[561,562],"http://radioblackout.org/tag/bastioni-di-orione/","http://radioblackout.org/tag/bastioniorione/",[446,564],"BastioniOrione",{"post_content":566,"post_title":570,"tags":575},{"matched_tokens":567,"snippet":568,"value":569},[90,92],"e irridente, probabilmente per l'infiltrazione \u003Cmark>di\u003C/mark> elementi \u003Cmark>organi\u003C/mark>zzati.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nPiergiorgio Pescali, ingegnere nucleare","Avevamo già sentito Piergiorgio Pescali a proposito del suo lavoro \u003Cmark>di\u003C/mark> ingegnere inviato dall'Aiea a controllare il rispetto dei protocolli nucleari nelle aree più soggette a dispute sull'uso dell'energia nucleare da parte degli stati. Se le volte precedenti i teatri \u003Cmark>di\u003C/mark> guerra in cui stava operando ci avevano permesso \u003Cmark>di\u003C/mark> descrivere il quadro attorno a Zaporižžja, stavolta si trovava in Iran mentre si andavano svolgendo le operazioni belliche della guerra battezzata da Trump dei 12 giorni, impegnato proprio con quelle centrali oggetto del contendere nel pretesto sionista per l'aggressione \u003Cmark>di\u003C/mark> Netanyahu e nella dimostrazione \u003Cmark>di\u003C/mark> muscoli machisti \u003Cmark>di\u003C/mark> Trump. Ci ha potuto quindi restituire un quadro \u003Cmark>di\u003C/mark> prima mano sia della comunità civile iraniana, sia delle figure \u003Cmark>di\u003C/mark> scienziati che a dispetto \u003Cmark>di\u003C/mark> ogni convenzione diplomatica e facendo strame del diritto internazionale sono stati decimati; ma contemporaneamente ha potuto con precisione descrivere e dirimere la questione più strettamente tecnologica. Così facendo ci ha confermato nell'idea che avevamo già avanzato la scorsa settimana con Laura Silvia Battaglia, ipotizzando che si tratti semplicemente \u003Cmark>di\u003C/mark> un sanguinario teatrino dell'orrore messo in piedi dai vertici del potere internazionale per far accettare la trasformazione del Sudovest asiatico secondo i piani \u003Cmark>di\u003C/mark> Tel Aviv.\r\nSiamo anche tornati a Panama, questa volta con David Lifodi, redattore de \"La Bottega del Barbieri\". Abbiamo \u003Cmark>di\u003C/mark> nuovo rivolto la prua verso il Canale, perché ci sembrava che la quantità \u003Cmark>di\u003C/mark> motivi \u003Cmark>di\u003C/mark> scontro e la serie \u003Cmark>di\u003C/mark> interessi planetari che passano da quella via \u003Cmark>di\u003C/mark> comunicazione che va prosciugandosi sia tale che vede tutte le grandi potenze impegnate: la Cina lascia il controllo dei porti, Trump pretende \u003Cmark>di\u003C/mark> annettersi il paese che tanto ha lottato per l'indipendenza, un presidente traditore che svende il paese agli americani, che dispiegheranno truppe \u003Cmark>di\u003C/mark> nuovo lungo il Canale, e alla Chiquita, che impone licenziamenti e dimezzamenti salariali e pensionistici (i lavoratori andrebbero in pensione con il 30% del loro stipendio – ora sarebbe con il 60%). I tumulti in piazza sono scoppiati, la repressione è stata feroce.\r\nE sulla scorta \u003Cmark>di\u003C/mark> questa ondata \u003Cmark>di\u003C/mark> lotte \u003Cmark>di\u003C/mark> piazza mesoamericane abbiamo sentito l'impulso \u003Cmark>di\u003C/mark> sentire ancora una volta Tatjana Djordjevic per documentare la svolta del Movimento serbo contro Vucic: stavolta la posizione si è più politicizzata e chiede dimissioni, si contrappone al rifiuto \u003Cmark>di\u003C/mark> rispondere dell'apparato \u003Cmark>di\u003C/mark> potere, forse perdendo l'anima movimentista, fresca e irridente, probabilmente per l'infiltrazione \u003Cmark>di\u003C/mark> elementi \u003Cmark>organi\u003C/mark>zzati.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nPiergiorgio Pescali, ingegnere nucleare che svolge i controlli per conto dell’Aiea, durante la guerra dei 12 giorni svolgeva il suo compito a Teheran e ci ha restituito alcune impressioni sulla società iraniana coinvolta nel conflitto, reazioni e speranze scaturite dalla situazione, ma soprattutto ci ha fatto il quadro preciso dello stato dell’arte tecnologico da esperto che ha conosciuto buona parte degli scienziati uccisi dall’Idf, colleghi preparati e che hanno sempre ribadito l’intento non militare del loro lavoro. Pescali non nasconde che i risultati dell’attività delle centrali iraniane esulassero dagli accordi sull’arricchimento dell’uranio – ma comunque i persiani non hanno accesso al plutonio, indispensabile per dotarsi \u003Cmark>di\u003C/mark> una bomba che possa fare da deterrente – e che l’Aiea dovesse riferire, sicuramente il pericolo non legittimava la reazione assassina del governo \u003Cmark>di\u003C/mark> Netanyahu: eliminare gli scienziati e decapitare i comandi militari indebolisce la società iraniana ma la lascia in balia del regime confessionale non più in grado \u003Cmark>di\u003C/mark> contrastare le mire sioniste, ma ancora più feroce nel controllo interno.\r\nPeraltro, se si analizza la questione con gli occhiali dello scienziato informato \u003Cmark>di\u003C/mark> prima mano, il pericolo della dotazione nucleare iraniana sarebbe potenzialmente a tal punto risibile rispetto alla potenza nucleare israeliana che appare evidente che sia stato tutto un teatrino pretestuoso il putiferio luttuoso combinato dai potenti, inscenato per rafforzare il singolo potere interno sulla pelle dei morti civili, anche \u003Cmark>di\u003C/mark> valenti scienziati, menti sottratte alla comunità. Infatti dopo quei 12 giorni \u003Cmark>di\u003C/mark> guerra non è cambiato nulla: l’Iran non ha stracciato la firma dal Trattato sulla non proliferazione nucleare (che Israele non ha mai preso in considerazione nella sua consueta impunità), gli Usa continuano nell’ambiguità del sostegno acritico a Israele e a contrastare l’espansione cinese, Tel Aviv insiste a sfruttare la superiorità bellica per rintuzzare la potenza della Mezzaluna sciita. Il resto è show-war innescato da pretesti conflittuali per rendere accettabile la trasformazione del Sudovest asiatico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/scene-di-guerra-spettacolari-per-ridisegnare-il-medio-oriente-raccontando-favole-nucleari--66873848\r\n\r\ni precedenti episodi relativi alla Repubblica islamica si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/07/OneWayNukeProliferation.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nSono due mesi che si assiste a proteste incessanti che coinvolgono diversi settori della società panamense , le proteste godono \u003Cmark>di\u003C/mark> un ampio sostegno popolare ed è per questo che il governo ha iniziato ad aumentare la repressione.\r\nLe mobilitazioni che si stanno svolgendo in varie parti del paese sono contro la riforma del sistema pensionistico, la riapertura della miniera Cobre Panamá, i bacini idrici multifunzionali del canale interoceanico e l'accordo \u003Cmark>di\u003C/mark> intesa firmato da Panama con gli Stati Uniti.\r\nIl governo intende decapitare il movimento, criminalizzando e perseguendo penalmente i principali dirigenti sindacali e minacciando gli scioperanti . La verità è che ci troviamo \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte a una dittatura in abiti civili, che gode del sostegno degli Stati Uniti e risponde al malcontento sociale con la repressione indiscriminata.\r\nNonostante lo stato d’assedio, la crescita delle proteste nella cosiddetta zona bananera, dove l’impresa Chiquita Panamá ha licenziato più \u003Cmark>di\u003C/mark> cinquemila lavoratori , ha incrementato la rivolta sociale contro il presidente Mulino, giunto al potere nel 2024 grazie al sostegno della borghesia panamense e del grande capitale e che era riuscito a guadagnarsi l’appoggio popolare intercettando l’elettorato ultraconservatore deluso dal neoliberista Martinelli, alla guida del paese tra il 2009 e il 2014 prima \u003Cmark>di\u003C/mark> essere travolto da una serie \u003Cmark>di\u003C/mark> scandali legati alla corruzione.\r\nIn un paese \u003Cmark>di\u003C/mark> poco più \u003Cmark>di\u003C/mark> 4 milioni \u003Cmark>di\u003C/mark> abitanti i primi a scendere in lotta, il 23 aprile scorso, sono stati i docenti. Successivamente, a far sentire la propria voce, sono stati lavoratori delle bananeras, i sindacati, a partire dal Suntracs (Sindicato Único Nacional de Trabajadores de la Construcción y Similares) e gli studenti, tutti riuniti sotto le insegne del collettivo Alianza Pueblo Unido por la Vida che, fin dall’inizio, ha definito quella \u003Cmark>di\u003C/mark> Mulino come un’”offensiva neoconservatrice e neocolonialista”.\r\n\r\nNe parliamo con David Lifodi attento osservatore della realtà latinoamericana.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/panama-s-incrociano-le-rivendicazioni-popolari-mentre-e-in-corso-la-contesa-per-il-controllo-del-canale--66875972\r\n\r\nQui trovate la serie dedicata al mondo latinoamericano\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/07/BASTIONI-03072025-PANAMA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nQuando ormai sembrava che le proteste stessero per sgonfiarsi e che neanche gli studenti avessero più la forza, a Belgrado si è svolta una grande manifestazione, segnando un altro punto \u003Cmark>di\u003C/mark> svolta nella mobilitazione \u003Cmark>di\u003C/mark> studenti e cittadini che si protrae ormai da mesi.\r\nTuttavia, sabato 28 giugno è diventato chiaro che la situazione è molto più complessa.\r\nNella storia della Serbia, questa data ha un significato importante, quasi mitico. La battaglia \u003Cmark>di\u003C/mark> Kosovo Polje si svolse il 28 giugno 1389, a Vidovdan (il giorno \u003Cmark>di\u003C/mark> San Vito) secondo il calendario gregoriano. A 636 anni \u003Cmark>di\u003C/mark> distanza, ancora si discute e ci si scontra sul significato \u003Cmark>di\u003C/mark> questo evento.\r\nPer la maggior parte dei cittadini serbi, questa è una delle date più significative della storia, il giorno in cui l’esercito serbo si oppose a quello ottomano, \u003Cmark>di\u003C/mark> gran lunga superiore, combatté eroicamente e, pur uscendo sconfitto, “salvò l'Europa”.\r\nPer altri – che restano in minoranza – Vidovdan è una ricorrenza da commemorare, ma non da celebrare, avendo spinto la Serbia in uno stato \u003Cmark>di\u003C/mark> prigionia e decadenza secolare. Per la destra, Vidovdan è un giorno sacro, per la sinistra una fonte \u003Cmark>di\u003C/mark> preoccupazione per le possibili recrudescenze nazionaliste e scioviniste.\r\nNegli ultimi trent’anni, Vidovdan ha assunto particolare rilevanza. A riportarlo in auge fu Slobodan Milošević.\r\nIl Kosovo è ancora uno dei punti nevralgici della società serba, tant’è che la stragrande maggioranza dei cittadini serbi continua a percepire il Kosovo come parte integrante della Serbia e a basare su questa convinzione le proprie opinioni politiche.\r\nQuesto il contesto in cui gli studenti hanno \u003Cmark>organi\u003C/mark>zzato la grande manifestazione a Vidovdan. Stando alle stime in Piazza Slavija, a Belgrado, si sono radunate centoquarantamila persone. 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Venerdì 23 un lungo assedio alle poche decine di fascisti radunatisi in via Baltea, la solidarietà degli abitanti, l'assenza di sostegno nel quartiere, che invece hanno riempito il giardinetto di corso Palermo angolo via Sesia, hanno decretato il flop dell'iniziativa fascista. \r\nBayer compra Monsanto: nasce il nuovo megamostro della chimica.\r\nNe abbiamo discusso con Marco Tafel\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nVenerdì 30 settembre\r\nore 21 – corso Palermo 46\r\npresentazione del libro di Alessio Lega “BAKUNIN, IL DEMONE DELLA RIVOLTA\r\nTra insurrezioni, complotti e galere i tumulti, le contraddizioni e l'incontenibile passione rivoluzionaria dell'anarchico russo” \r\nMichail Bakunin (1814-1876), nato nobile e morto in miseria, attraversa impetuosamente il suo secolo in nome di un'idea esagerata di libertà che sconvolge l'immaginario politico europeo. Pensatore rivoluzionario che tempra le sue idee nel fuoco dell'azione, accorre in difesa delle barricate di mezza Europa, collezionando condanne a morte in vari imperi e sopravvivendo a carcerazioni durissime. Deportato in Siberia, scappa – su slitte, cavalli, treni e velieri – per tornare lì dove la rivoluzione lo chiama: in un'Europa in ebollizione in cui lo aspettano altre barricate e altre insurrezioni. Vinto ma non domato, muore usurato da una vita segnata da mille sfide mentre – irresistibilmente – sta progettando nuove rivoluzioni e nuovi mondi.\r\nSabato 1 ottobre \r\nal Balon – via Andreis angolo via Borgodora (se piove in piazza della Repubblica sotto la tettoia dei casalinghi)\r\nore 10,30 – 13,30\r\nPresidio contro tutte le frontiere \r\nGiovedì 6 ottobre \r\nore 17,30\r\nai giardinetti di corso Palermo angolo via Sesia – punto info su guerra sociale e lotte nelle periferie, apericena benefit lotte sociali\r\nDocumenti\r\nComunicato-appello da parte di uno degli italiani unitosi allo YPG, scritto in occasione del corteo nazionale del 24 settembre a Roma. \r\nCiao a tutti e tutte, sono uno degli italiani che si sono uniti allo YPG, unità di difesa del popolo del Rojava. Non sono il primo e non sarò l'ultimo, in Rojava la solidarietà internazionale é molto forte e sono centinaia le persone che arrivano da ogni parte del mondo per far parte di questa rivoluzione. Siamo a conoscenza del corteo nazionale del 24 Settembre che si terrà a Roma e ciò non può che farci felici e darci sostegno e forza nel continuare a lottare.\r\nNelle ultime settimane sui giornali siamo stati chiamati terroristi, è stato detto che comunisti e anarchici vanno ad addestrarsi in Siria, vorrei dire ai giornalisti ed ai politici che si riempiono la bocca di belle parole, che questa rivoluzione non è fatta solo da comunisti o anarchici, ma anzi da curdi, arabi, assiri, ezidi, armeni, turcommanni e da tutte quelle persone che si identificano nel confederalismo democratico. La realtà è completamente diversa da quella che viene raccontata dai giornali e dal governo, i veri terroristi sono seduti nei palazzi del potere e spostano sulla scacchiera le loro pedine, un giorno amiche, un giorno nemiche, ma quando i nodi vengono al pettine e la verità viene a galla i nemici si scoprono. l'Italia è complice di questa guerra, l'Alenia fornisce elicotteri da combattimento alla Turchia per bombardare il Bakur, l'Italia è inoltre il maggior produttore di mine al mondo ed è anche grazie all'Italia se centinaia di persone sono morte o sono rimaste gravemente ferite per colpa delle migliaia di mine disseminate dall'Isis. Grazie all'accordo di 6 miliardi di euro tra unione europea e Turchia, migliaia di persone vivono in campi profughi che sono delle vere e proprie prigioni a cielo aperto. Grazie a questi soldi ricevuti dall'unione europea la Turchia sta completando la costruzione di un muro di separazione con il Rojava, con il quale si proteggono i militari che sparano senza scrupoli su chi cerca di scappare da questa guerra; sono già decine le persone uccise lungo questo confine.\r\n\r\nL'operazione di invasione del Rojava da parte della Turchia è partita già a metà agosto con la finta invasione di Jarablus, in pratica operazione di sostegno all'Isis, che per la prima volta è retrocesso senza combattere. Successivamente la Turchia ha utilizzato questa nuova postazione per far partire l'invasione di alcuni villaggi del cantone di Efrin; e in queste settimane sono state molte le provocazioni.\r\n\r\nIl rischio di una guerra aperta tra Turchia e Rojava è sempre più alto; ora più che mai è importante sostenere il confederalismo democratico a livello internazionale facendo pressioni sui governi e sugli Stati, complici e autori di questa guerra, perchè interrompano le relazioni politiche, economiche e militari con Ankara; ora più che mai è importante chiedere l'apertura delle frontiere per far entrare aiuti alimentari e medicine, beni di prima necessità che qui mancano.\r\n\r\nE' questa la vera realtà della guerra; la lotta al terrorismo è una menzogna ed è soltanto una facciata per nascondere gli interessi di governi e industrie belliche.\r\n\r\nIl mio pensiero qui in Rojava non può che andare alle migliaia di compagni e compagne caduti o rimasti gravemente feriti per far si che questa rivoluzione sia ancora in vita e prosegua il percorso verso la libertà.\r\n\r\nSperando sempre che dai semi rivoluzionari gettati qui in Rojava un giorno possano nascere fiori in tutto il mondo.\r\nBiji Rojava biji Kurdistan. \r\nSerkeftin\r\n000000\r\nLa Commissione di Corrispondenza dellaFederazione Anarchica Italiana fa propriol’appello del Gruppo Anarchico “Carlo Cafiero” – FAI di Roma, ed invita tutte le realtà federate ad attivarsi per la più ampia partecipazione allo spezzone rosso e nero alla manifestazione del 24 settembre a Roma.\r\nIl colpo di stato in Turchia ha permesso al governo turco di imporre lo stato di emergenza, e di accrescere la repressione nei confronti dei gruppi attivi nelle lotte e dei movimenti sociali. Anche i/le nostre compagni/e anarchici/che della DAF (Devrimci Anarsist Faaliyet / Azione Rivoluzionaria Anarchica) oltra a socialisti, gruppi curdi democratici sono stati colpiti dalla stretta liberticida del governo. Il giornale Meydan è stato chiuso e tre nuove indagini sono state avviate, con la scusa di essere un’organizzazione terroristica. \r\n Nelle regioni a maggioranza curda la repressione ha assunto la forma di una guerra aperta contro la popolazione, mentre gli attivisti in carcere, fra cui Abdullah Öcalan, sono costretti in condizioni inumane.\r\n La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana, sicura di interpretare i sentimenti delle anarchiche e degli anarchici di lingua italiana, esprime la solidarietà internazionalista al popolo curdo e a tutti i popoli che vivono nelle regioni del Kurdistan, vittime dell’aggressione della Turchia, della Siria e dello Stato Islamico; esprime altresì il sostegno alla resistenza, all’autogestione dal basso ed al comunalismo, alla rivoluzione in Rojava, per il suo ulteriore sviluppo in una prospettiva libertaria; invita a mobilitarsi contro il governo italiano e le altre potenze imperialiste, grandi e piccole, dell’est e dell’ovest, che appoggiano la guerra e il progetto di annientamento del popolo curdo.\r\n000000\r\nUna Biennale d’eccezione \r\n\r\nLanciando pietre\r\n\r\nThrowing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperityi di Douglas Rushkoff se non fosse un interessante libro sugli esiti della economia digitale potrebbe essere un ottimo libro di architettura. Le pietre di cui fa cenno il titolo sono quelle che hanno gettato i residenti di alcuni quartieri di San Francisco contro i Google bus che vengono a raccogliere i dipendenti dell’omonima ditta. Attorno alle fermate dei bus dei privilegiati dell’azienda informatica gli affitti sono cresciuti in maniera talmente elevata che molti abitanti sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Una nuova forma raffinata di gentrificazioneii.\r\n\r\nRushkoff, scrittore e saggista cyberpunk e collaboratore di Timothy Leary ci descrive un mondo in cui le differenze aumentano e nel quale le promesse di maggiori opportunità e di democrazia dell’economia digitale si sono rivelate un abbaglio fatale. “Il problema è che siamo ostaggi della trappola della crescita e le tecnologie digitali, che all’inizio sembravano promettere modelli più distribuiti e partecipati per l’economia, si sono trasformate in meri acceleratori di una crescita sempre più frenetica e sorda ai bisogni della società”iii. Nel suo libro Rushkoff cerca di spiegare dove abbiamo sbagliato e per quale motivo e come sia possibile riprogrammare l’economia digitale e le nostre attività ripartendo dal basso per promuovere un’economia sostenibile per raggiungere un benessere il più diffuso possibile.\r\n\r\nNella costruzione del nostro ambiente urbano ci siamo lasciati affascinare dallo stesso meccanismo: la crescita impetuosa delle città e delle conurbazioni a causa di un mix di demografia e spinte speculative ha prodotto i modelli illusori di ‘smart city’, di città cablate super tecnologiche e la rincorsa al gigantismo ed alle emergenze dei grandi edifici simbolo, incarnazione della ‘hubris’ degli archi-star. Ora ci rendiamo conto che questa corsa alla cementificazione del pianeta produce solo macerie nel tessuto abitativo e nei legami comunitari, indispensabili per una vita in armonia con l’ambiente e il territorio.\r\n\r\nL’edizione 2016 della Biennale di Architettura di Venezia, curata dal cileno Alejandro Aravena ha come titolo Reporting from the front ed ha l’ambizione di fotografare lo stato dei lavori in quelle aree del mondo di frontiera in cui si sta preparando il futuro del nostro spazio abitativo.\r\n\r\nQuesta Biennale nelle intenzioni di Aravena si “propone dunque di condividere con un pubblico più ampio, il lavoro delle persone che scrutano l’orizzonte alla ricerca di nuovi ambiti di azione, affrontando temi quali la segregazione, le diseguaglianze, le perifereie, l’accesso a strutture igienico-sanitarie, i disastri naturali, la carenza di alloggi, la migrazione, l’informalità, la criminalità, il traffico, lo spreco, l’inquinamento e la partecipazione delle comunità.”\r\n\r\nE Paolo Baratta, Presidente della Biennale aggiunge: “Ci interessa l’architettura come strumento di self-government, come strumento di una civiltà umanistica, non in grazia di uno stile formale, ma come evidenza della capacità dell’uomo di essere padrone dei propri destini”.\r\n\r\nUna edizione con un programma sideralmente opposto a quello della precedente, affidata all’archistar Rem Koolhas, che mette sul tappeto molti temi che come libertari ci sono cari: l’autocostruzione, la partecipazione, la progettazione comunitaria e i processi ecologici di recupero dell’esistente insieme allo sviluppo di tecnologie appropriate condivisibili.\r\n\r\nBaratta ci ricorda che l’immaginario architettonico del secolo scorso preconizzava la costruzione di grandi centri urbani inseriti in un territorio che offriva ancora grandi spazi vergini. È stato il periodo della ‘ville radieuse’ di Le Corbusier, della realizzazione in nuovi insediamenti di grandi capitali, come Chandigar o Brasilia. Oggi gli spazi su cui gli architetti sono chiamati ad operare sono spesso enormi aree urbane abbandonate e degradate ed in ogni caso, a causa della crescita urbana e delle nuove forme di produzione post-industriale, gli spazi naturali tendono a divenire sempre più spazi interni ad una pianificazione planetaria.\r\n\r\nSpazi che le autorità non riescono più a controllare o dirigere, per mancanza di risorse economiche ma anche di nuovi strumenti operativi efficaci. Ottima situazione per chi è impegnato in prima linea, sul‘fronte’ e sperimenta nuovi modelli abitativi solidali.\r\n\r\n“una volta i villaggi ci proteggevano dalla natura oggi la natura è il nostro rifugio dalle tensioni urbane” ci ricorda nella sua installazione di video il cileno Elton Leniz invitato da Aravena.\r\n\r\nLa situazione attuale dello sviluppo del fenomeno urbano è ben fotografata nel padiglione della Sala d’armi all’Arsenale dove è esposto il Progetto Speciale ‘Conflitti dell’era urbana’ curato da Riky Burdett. Burdett descrive le due grandi spinte che tendono a definire il nostro ambiente costruito: quelle che lui definisce le Soluzioni dall’alto -quelle istituzionali e dei grandi agenti della pianificazione- su una parete del padiglione e le Soluzioni dal basso –autocostruzione, partecipazione e processi spontanei- sulla parete opposta. Tra i due estremi sono rappresentate le mappe di alcune conurbazioni rappresentative che tendono a diventare in ogni luogo del pianeta ‘il territorio’ non solo una parte dell’ambiente antropizzato: il ‘tutto costruito’ con spazi di ‘natura’ addomesticata tra i suoi interstizi, l’opposto del rapporto urbano agricolo naturale artificiale che esiste da quando esiste l’uomo civile, il prodotto della ‘civitas’, la comunità stanziale di un gruppo di uomini in un territorio definito dalla sua architettura.\r\n\r\nSi aprono spazi vuoti all’interno di queste inquietanti conurbazioni neo-plastiche e come dice Baratta, è in questi spazi, che sono il fronte in cui si combatte per definire l’assetto del nostro ambiente futuro, che dobbiamo cercare esperienze e buone pratiche da analizzare. Reporting from the Front. Con l’intento di ingenerare progetti e processi che diano risposte complesse e condivisibili e che possano divenire nuovi standard e modelli. Architetture anche di piccole dimensioni ma che presentino un’alta qualità professionale e un forte legame con le comunità che le generano.\r\n\r\nRushkoff nel suo saggio parla anche di gig economy, l’economia dei piccoli lavori on-demand, modello Uber, in poche parole il modello che vuole trasportarci dal‘diritto al lavoro’ al nessun diritto dei ‘lavoretti’. In vista di un’uberizzazione della società dobbiamo adattarci anche a una gig-architecture? A un’architettura dei progettini? Che se poi piacciono e funzionano possano essere rilanciati da qualche bella multinazionale e ri-proposti come ready made architettonici. Servono a questo i tanti collettivi, più o meno marginali o antagonisti che vediamo rappresentati in questa bella biennale? Mettere in moto qualche interessante Processo che possa poi da altri essere rivenduto come Progetto?\r\n\r\nProgetti e Processi\r\n\r\nUn discrimine da avere ben presente tra le proposte interessanti viste in questa Biennale è proprio quello di saper distinguere da chi propone progetti confezionati da rivendere alla comunità e tra chi sceglie di ingenerare processi di crescita dal basso proponendo soluzioni che diano risposte a bisogni locali che diventino poi patrimonio collettivo. È ad esempio la scelta del gruppo Ctrl+z: costruire processi in forma partecipativa che non siano isolabili dal contesto che li ha prodotti, che valgano qui e ora, con questo materiale. Un bel esempio le “atrapaniebla” le torri dell’acqua che trasformano la condensa della nebbia in acqua potabile che Ctrl+z ha presentato ai magazzini del Sale nella mostra Spazi d’Eccezione, ‘torri low-tech basate sui materiali che si possono trovare a livello locale. Grazie alla leggerezza e alla modularità. La nostra proposta si può montare in due giorni senza la necessità di gru, ponteggi o altri ausili.’ Un modello della torre è stato montato all’interno dell’Esposizione nel giardino dell’Arsenale.\r\n\r\nA poca distanza la Norman Foster Foundation, insieme alla Future Africa EPFL e ad altre fondazioni, propone una rete di drone-port, aereoporti per droni per collegare in Africa villaggi isolati in ampi territori senza altre possibilità di comunicazione efficienti. I drone-port di Foster sono l’estto opposto della proposta di Ctrl+z, si riducono ad una scatola ed un progetto realizzabile in loco grazie ad un know how centralizzato, drone-porti per ricevere attraverso velivoli teleguidati ad alta tecnologie merci da un distributore lontano, un ragno nella rete da qualche parte. La realizzazione tecnologica dell’antico ‘culto del Cargo’ caro agli antropologi.\r\n\r\nSpazi d’Eccezione\r\n\r\nI fronti da esplorare oggi non sono quello spazio piano senza limiti che sembra indicare il logo di questa edizione: una foto scattata da Bruce Chatwin che ritrae un’archeologa tedesca, Maria Reiche, sopra una scala di alluminio che osserva i tracciati di pietre del deserto peruviano di Nazca, sono fronti interni allo sviluppo planetario del capitale, luoghi di rovine, di cicatrici, di macerie, quasi sempre ‘spazi d’eccezione’ in cui le normali regole del vivere sono sospese da un potere non normato. E in quei fronti, da tempo, c’è chi lotta e costruisce alternative. Di questi lotte dà testimonianza con uno sguardo libertario l’esposizione ‘Spazi d’Eccezione’ ai Magazzini del Sale, ‘un libro, un meeting e una mostra’ organizzati dai collettivi di Escuela Moderna e S.a.L.E. Docks.\r\n\r\nCtrl+z, Recets Urbanas che abbiamo già citato e altri espositori al Sale partecipano in varie forme anche all’esposizione ufficiale e Spazi d’Eccezione ha organizzato anche un meeting interno alla Biennale nell’ambito delle Biennale Sessions, per portare argomenti misteriosamente scomparsi dal dibattito sul territorio quali il No Mose, il No Tav il No Muos e tanti alti piccoli tentativi di autogestione del territorio e delle lotte urbane. Un tentativo di intrusione riuscito all’interno della Biennale ufficiale è stato quello del colletivo ‘Detroit Resist’ presente nella mostra al Sale che si occupa in modo militante di riqualificazione urbana a Detroit, un gruppo composto da attivisti, artisti, architetti e membri della comunità. Detroit Resist ha organizzato una occupazione digitale del padiglione degli Usa che quest’anno ha come tema “The Architectural immagination” e come oggetto proprio la riqualificazione della città di Detroit con giganteschi progetti con fini speculativi.\r\n\r\nTante sono le presenze libertarie di cui varrebbe la pena dare conto, dall’allestimento del padiglione Italia affidato alla TAM associati dal titolo ‘Taking Care, progettare per il bene comune’ alle presenze individuali, ai collettivi ad alcuni interessanti padiglioni nazionali. Iniziamo presentando il progetto ‘Spazi d’eccezione’ con un articolo di Paolo Martore e Massimo Mazzone. Altri seguiranno.\r\n\r\n“‘Spazi d’eccezione’ NON è un Padiglione Nazionale né un pezzo della Mostra Internazionale né un evento collaterale. ‘Spazi d’eccezione’ è quel lato in ombra a cui tutti fanno riferimento, quel Germinal, quell’humus dal quale tutti ambiguamente attingono, ma di cui nessuno parla mai con chiarezza.”iv Così Massimo Mazzone portavoce di Escuela Moderna nella sua introduzione al catalogo dell’esposizione.\r\n\r\nIn uno dei tanti padiglioni che trattavano di autocostruzione tra le varie indicazioni operative figurava anche la dicitura: ‘quando e in quali luoghi è opportuno accettare situazioni diffuse di illegalità marginale per favorire la costituzione di comunità…’\r\n\r\nNell’installazione di Recetas Urbanas nel padiglione all’Arsenale, all’interno della Biennale, si rivendicava il ‘diritto’ all’illegalità in situazioni di necessità: ecco la differenza che conta con la mostra istituzionale e che appare filo conduttore dell’esposizione al Sale.\r\n\r\nTolleranza dall’alto rivendicazione dal basso. Le varie gradazioni di questo rapporto segnano il sottile confine tra una social democrazia eterodiretta ed una comunità viva con fermenti libertari. Di ciò soprattutto dà testimonianza Spazi d’eccezione.\r\n\r\nViene a proposito il post di Marco Baravalle, animatore di ‘S.a.L.E. Docks’ e curatore di ‘Spazi d’eccezione’ insieme a Massimo Mazzone, a commento della cancellazione della performance Rebootati al padiglione Uruguaiano da parte della direzione della Biennale: “L'arte e l'architettura amano l'informalità quando si lascia rappresentare. Questo è l'essenza del pauperismo: fare dei poveri un soggetto immobile, procedere al saccheggio culturale oltre che a quello materiale. Ad essi è consentito solo di partecipare (solitamente a ciò che è già stato scelto), ad essi è consentito di attivarsi in quanto comunità (che parola è?) su sollecitazione dell'artista o dall'architetto di turno. Che l'illegalità sia individuale, di massa, dettata dalla fame o orientata politicamente, essa è una necessità legata alla sopravvivenza, al miglioramento delle proprie condizioni sociali o ad un nuovo modo di vivere in comune. Secondo qualcuno queste sono anche le priorità dell'architettura.”\r\n\r\n“Spazi d’eccezione credo sia un’ottima risposta e contemporaneamente una vetrina –anche se parziale- di tante praticabili ipotesi di lavoro. Spazi di Eccezione serve a mostrare alcune delle tante iniziative di libertà che combattono sul fronte del costruito che con difficoltà e determinazione stanno cercando di mettersi in rete e acquistare forma visibile.\r\n\r\nÈ in questa ottica che le esperienze contenute in questo lavoro comune hanno un senso, sono alfabeti, sillabe di linguaggi base per ricreare mondi con parole, azioni, fantasie di pratiche condivise. L’espressione di volontà che già esistono e balbettano futuri di libertà e testimonianza necessaria di un filone regressivo nelle pratiche progettuali e nella pianificazione urbana e territoriale che ritorna dominante nel panorama contemporaneo. Pratiche attive da sempre ma che ritornano visibili.\r\n\r\nRebuilding from the front, non Reporting. Un’azione attiva, non una passiva. Non un centro che va a vedere una periferia ma una periferia –anche interna- che ritrova/reinventa la propria forma. Non riportare dal fronte ma ricostruire dal fronte, partendo da ciò che già esiste nel presente, secondo l’insegnamento di Peter Kropotkin, senza ideologie, attraverso sperimentazioni continue.\r\n\r\nCominciamo dunque a ricostruire il mondo partendo dal fronte, da dove si combatte ogni giorno per dare forma a spazi di libertà, spazi che esistono in luoghi marginali, su fratture tettoniche, in Rojava e nelle nostre metropoli, che si parlano in rete e si reinventano quotidianamente, TAZ, zone temporaneamente autonome che anche clonate o colonizzate restano vive altrove, affreschi che occupano spazi e pareti e spariscono coperti da una mano di Blu, seppellendo con una risata gli affanni del mercato.”v\r\n\r\n\r\ni Throwing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperity (Tirare pietre al bus di Google: come la crescita è diventata la nemica della prosperità) Douglas Rushkoff, Portfolio, 2016.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nii Per gentrificazione si intende la trasformazione di un quartiere popolare o degradato in zona abitativa di pregio, con conseguente cambiamento della composizione sociale e dei prezzi delle abitazioni.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niii ‘Il Digitale era un’utopia. Ora è un incubo Monopolista’, di Giuliano Aluffi in il Venerdì della Repubblica, 26 maggio 2016\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niv Spazi d’eccezione, a cura di Escuela Moderna – S.a.L.E. Docks; Milieu,pag.9 edizioni, Milano 2016\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nv idem pag.38","23 Settembre 2016","2018-10-17 23:05:54","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/barriera-antifa-07-200x110.jpg","Anarres del 23 settembre: megalopoli, gentrification, resistenza popolare e architettura; Rojava; retate al campo rom; casa Pound non sbarca in Barriera, Bayer assorbe Monsanto",1474643948,[608],"http://radioblackout.org/tag/macerie-su-macerie/",[610],"macerie-su-macerie",{"post_content":612},{"matched_tokens":613,"snippet":614,"value":615},[92,90],"un meeting e una mostra’ \u003Cmark>organi\u003C/mark>zzati dai collettivi \u003Cmark>di\u003C/mark> Escuela Moderna e S.a.L.E. Docks.\r","Anarres del 23 settembre: megalopoli, gentrification, resistenza popolare e architettura; Rojava; retate al campo rom; casa Pound non sbarca in Barriera, Bayer assorbe Monsanto\r\n\r\nAscolta il podcast della puntata:\r\n\r\n2016-09-23-anarres1\r\n\r\n2016-09-23-anarres2\r\n\r\nNel nostro viaggio su Anarres – il pianeta delle utopie concrete questa settimana siamo approdati a...\r\n\r\nAbbiamo preso spunto dall'ultima, anomala, Biennale \u003Cmark>di\u003C/mark> architettura \u003Cmark>di\u003C/mark> Venezia per parlare \u003Cmark>di\u003C/mark> gentrification, megaprogetti, resistenza popolare e architettura.\r\nCi ha guidato in questo viaggio tra Europa, Sud America e Africa, Franco Buncuga, anarchico, architetto, collaboratore della rivista ApArte per la quale ha realizzato un articolo sulla Biennale.\r\n\r\nRojava – il corteo del 24 settembre a Roma: il comunicato della cdc della fai, l’appello \u003Cmark>di\u003C/mark> un combattente italiano.\r\n\r\nAppendino come Fassino: retate, arresti e fogli \u003Cmark>di\u003C/mark> via al campo rom \u003Cmark>di\u003C/mark> via Germagnano\r\n\r\nCasa Pound non sbarca in Barriera. Venerdì 23 un lungo assedio alle poche decine \u003Cmark>di\u003C/mark> fascisti radunatisi in via Baltea, la solidarietà degli abitanti, l'assenza \u003Cmark>di\u003C/mark> sostegno nel quartiere, che invece hanno riempito il giardinetto \u003Cmark>di\u003C/mark> corso Palermo angolo via Sesia, hanno decretato il flop dell'iniziativa fascista. \r\nBayer compra Monsanto: nasce il nuovo megamostro della chimica.\r\nNe abbiamo discusso con Marco Tafel\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nVenerdì 30 settembre\r\nore 21 – corso Palermo 46\r\npresentazione del libro \u003Cmark>di\u003C/mark> Alessio Lega “BAKUNIN, IL DEMONE DELLA RIVOLTA\r\nTra insurrezioni, complotti e galere i tumulti, le contraddizioni e l'incontenibile passione rivoluzionaria dell'anarchico russo” \r\nMichail Bakunin (1814-1876), nato nobile e morto in miseria, attraversa impetuosamente il suo secolo in nome \u003Cmark>di\u003C/mark> un'idea esagerata \u003Cmark>di\u003C/mark> libertà che sconvolge l'immaginario politico europeo. Pensatore rivoluzionario che tempra le sue idee nel fuoco dell'azione, accorre in difesa delle barricate \u003Cmark>di\u003C/mark> mezza Europa, collezionando condanne a morte in vari imperi e sopravvivendo a carcerazioni durissime. Deportato in Siberia, scappa – su slitte, cavalli, treni e velieri – per tornare lì dove la rivoluzione lo chiama: in un'Europa in ebollizione in cui lo aspettano altre barricate e altre insurrezioni. Vinto ma non domato, muore usurato da una vita segnata da mille sfide mentre – irresistibilmente – sta progettando nuove rivoluzioni e nuovi mondi.\r\nSabato 1 ottobre \r\nal Balon – via Andreis angolo via Borgodora (se piove in piazza della Repubblica sotto la tettoia dei casalinghi)\r\nore 10,30 – 13,30\r\nPresidio contro tutte le frontiere \r\nGiovedì 6 ottobre \r\nore 17,30\r\nai giardinetti \u003Cmark>di\u003C/mark> corso Palermo angolo via Sesia – punto info su guerra sociale e lotte nelle periferie, apericena benefit lotte sociali\r\nDocumenti\r\nComunicato-appello da parte \u003Cmark>di\u003C/mark> uno degli italiani unitosi allo YPG, scritto in occasione del corteo nazionale del 24 settembre a Roma. \r\nCiao a tutti e tutte, sono uno degli italiani che si sono uniti allo YPG, unità \u003Cmark>di\u003C/mark> difesa del popolo del Rojava. Non sono il primo e non sarò l'ultimo, in Rojava la solidarietà internazionale é molto forte e sono centinaia le persone che arrivano da ogni parte del mondo per far parte \u003Cmark>di\u003C/mark> questa rivoluzione. Siamo a conoscenza del corteo nazionale del 24 Settembre che si terrà a Roma e ciò non può che farci felici e darci sostegno e forza nel continuare a lottare.\r\nNelle ultime settimane sui giornali siamo stati chiamati terroristi, è stato detto che comunisti e anarchici vanno ad addestrarsi in Siria, vorrei dire ai giornalisti ed ai politici che si riempiono la bocca \u003Cmark>di\u003C/mark> belle parole, che questa rivoluzione non è fatta solo da comunisti o anarchici, ma anzi da curdi, arabi, assiri, ezidi, armeni, turcommanni e da tutte quelle persone che si identificano nel confederalismo democratico. La realtà è completamente diversa da quella che viene raccontata dai giornali e dal governo, i veri terroristi sono seduti nei palazzi del potere e spostano sulla scacchiera le loro pedine, un giorno amiche, un giorno nemiche, ma quando i nodi vengono al pettine e la verità viene a galla i nemici si scoprono. l'Italia è complice \u003Cmark>di\u003C/mark> questa guerra, l'Alenia fornisce elicotteri da combattimento alla Turchia per bombardare il Bakur, l'Italia è inoltre il maggior produttore \u003Cmark>di\u003C/mark> mine al mondo ed è anche grazie all'Italia se centinaia \u003Cmark>di\u003C/mark> persone sono morte o sono rimaste gravemente ferite per colpa delle migliaia \u003Cmark>di\u003C/mark> mine disseminate dall'Isis. Grazie all'accordo \u003Cmark>di\u003C/mark> 6 miliardi \u003Cmark>di\u003C/mark> euro tra unione europea e Turchia, migliaia \u003Cmark>di\u003C/mark> persone vivono in campi profughi che sono delle vere e proprie prigioni a cielo aperto. Grazie a questi soldi ricevuti dall'unione europea la Turchia sta completando la costruzione \u003Cmark>di\u003C/mark> un muro \u003Cmark>di\u003C/mark> separazione con il Rojava, con il quale si proteggono i militari che sparano senza scrupoli su chi cerca \u003Cmark>di\u003C/mark> scappare da questa guerra; sono già decine le persone uccise lungo questo confine.\r\n\r\nL'operazione \u003Cmark>di\u003C/mark> invasione del Rojava da parte della Turchia è partita già a metà agosto con la finta invasione \u003Cmark>di\u003C/mark> Jarablus, in pratica operazione \u003Cmark>di\u003C/mark> sostegno all'Isis, che per la prima volta è retrocesso senza combattere. Successivamente la Turchia ha utilizzato questa nuova postazione per far partire l'invasione \u003Cmark>di\u003C/mark> alcuni villaggi del cantone \u003Cmark>di\u003C/mark> Efrin; e in queste settimane sono state molte le provocazioni.\r\n\r\nIl rischio \u003Cmark>di\u003C/mark> una guerra aperta tra Turchia e Rojava è sempre più alto; ora più che mai è importante sostenere il confederalismo democratico a livello internazionale facendo pressioni sui governi e sugli Stati, complici e autori \u003Cmark>di\u003C/mark> questa guerra, perchè interrompano le relazioni politiche, economiche e militari con Ankara; ora più che mai è importante chiedere l'apertura delle frontiere per far entrare aiuti alimentari e medicine, beni \u003Cmark>di\u003C/mark> prima necessità che qui mancano.\r\n\r\nE' questa la vera realtà della guerra; la lotta al terrorismo è una menzogna ed è soltanto una facciata per nascondere gli interessi \u003Cmark>di\u003C/mark> governi e industrie belliche.\r\n\r\nIl mio pensiero qui in Rojava non può che andare alle migliaia \u003Cmark>di\u003C/mark> compagni e compagne caduti o rimasti gravemente feriti per far si che questa rivoluzione sia ancora in vita e prosegua il percorso verso la libertà.\r\n\r\nSperando sempre che dai semi rivoluzionari gettati qui in Rojava un giorno possano nascere fiori in tutto il mondo.\r\nBiji Rojava biji Kurdistan. \r\nSerkeftin\r\n000000\r\nLa Commissione \u003Cmark>di\u003C/mark> Corrispondenza dellaFederazione Anarchica Italiana fa propriol’appello del Gruppo Anarchico “Carlo Cafiero” – FAI \u003Cmark>di\u003C/mark> Roma, ed invita tutte le realtà federate ad attivarsi per la più ampia partecipazione allo spezzone rosso e nero alla manifestazione del 24 settembre a Roma.\r\nIl colpo \u003Cmark>di\u003C/mark> stato in Turchia ha permesso al governo turco \u003Cmark>di\u003C/mark> imporre lo stato \u003Cmark>di\u003C/mark> emergenza, e \u003Cmark>di\u003C/mark> accrescere la repressione nei confronti dei gruppi attivi nelle lotte e dei movimenti sociali. Anche i/le nostre compagni/e anarchici/che della DAF (Devrimci Anarsist Faaliyet / Azione Rivoluzionaria Anarchica) oltra a socialisti, gruppi curdi democratici sono stati colpiti dalla stretta liberticida del governo. Il giornale Meydan è stato chiuso e tre nuove indagini sono state avviate, con la scusa \u003Cmark>di\u003C/mark> essere un’organizzazione terroristica. \r\n Nelle regioni a maggioranza curda la repressione ha assunto la forma \u003Cmark>di\u003C/mark> una guerra aperta contro la popolazione, mentre gli attivisti in carcere, fra cui Abdullah Öcalan, sono costretti in condizioni inumane.\r\n La Commissione \u003Cmark>di\u003C/mark> Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana, sicura \u003Cmark>di\u003C/mark> interpretare i sentimenti delle anarchiche e degli anarchici \u003Cmark>di\u003C/mark> lingua italiana, esprime la solidarietà internazionalista al popolo curdo e a tutti i popoli che vivono nelle regioni del Kurdistan, vittime dell’aggressione della Turchia, della Siria e dello Stato Islamico; esprime altresì il sostegno alla resistenza, all’autogestione dal basso ed al comunalismo, alla rivoluzione in Rojava, per il suo ulteriore sviluppo in una prospettiva libertaria; invita a mobilitarsi contro il governo italiano e le altre potenze imperialiste, grandi e piccole, dell’est e dell’ovest, che appoggiano la guerra e il progetto \u003Cmark>di\u003C/mark> annientamento del popolo curdo.\r\n000000\r\nUna Biennale d’eccezione \r\n\r\nLanciando pietre\r\n\r\nThrowing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperityi \u003Cmark>di\u003C/mark> Douglas Rushkoff se non fosse un interessante libro sugli esiti della economia digitale potrebbe essere un ottimo libro \u003Cmark>di\u003C/mark> architettura. Le pietre \u003Cmark>di\u003C/mark> cui fa cenno il titolo sono quelle che hanno gettato i residenti \u003Cmark>di\u003C/mark> alcuni quartieri \u003Cmark>di\u003C/mark> San Francisco contro i Google bus che vengono a raccogliere i dipendenti dell’omonima ditta. Attorno alle fermate dei bus dei privilegiati dell’azienda informatica gli affitti sono cresciuti in maniera talmente elevata che molti abitanti sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Una nuova forma raffinata \u003Cmark>di\u003C/mark> gentrificazioneii.\r\n\r\nRushkoff, scrittore e saggista cyberpunk e collaboratore \u003Cmark>di\u003C/mark> Timothy Leary ci descrive un mondo in cui le differenze aumentano e nel quale le promesse \u003Cmark>di\u003C/mark> maggiori opportunità e \u003Cmark>di\u003C/mark> democrazia dell’economia digitale si sono rivelate un abbaglio fatale. “Il problema è che siamo ostaggi della trappola della crescita e le tecnologie digitali, che all’inizio sembravano promettere modelli più distribuiti e partecipati per l’economia, si sono trasformate in meri acceleratori \u003Cmark>di\u003C/mark> una crescita sempre più frenetica e sorda ai bisogni della società”iii. Nel suo libro Rushkoff cerca \u003Cmark>di\u003C/mark> spiegare dove abbiamo sbagliato e per quale motivo e come sia possibile riprogrammare l’economia digitale e le nostre attività ripartendo dal basso per promuovere un’economia sostenibile per raggiungere un benessere il più diffuso possibile.\r\n\r\nNella costruzione del nostro ambiente urbano ci siamo lasciati affascinare dallo stesso meccanismo: la crescita impetuosa delle città e delle conurbazioni a causa \u003Cmark>di\u003C/mark> un mix \u003Cmark>di\u003C/mark> demografia e spinte speculative ha prodotto i modelli illusori \u003Cmark>di\u003C/mark> ‘smart city’, \u003Cmark>di\u003C/mark> città cablate super tecnologiche e la rincorsa al gigantismo ed alle emergenze dei grandi edifici simbolo, incarnazione della ‘hubris’ degli archi-star. Ora ci rendiamo conto che questa corsa alla cementificazione del pianeta produce solo macerie nel tessuto abitativo e nei legami comunitari, indispensabili per una vita in armonia con l’ambiente e il territorio.\r\n\r\nL’edizione 2016 della Biennale \u003Cmark>di\u003C/mark> Architettura \u003Cmark>di\u003C/mark> Venezia, curata dal cileno Alejandro Aravena ha come titolo Reporting from the front ed ha l’ambizione \u003Cmark>di\u003C/mark> fotografare lo stato dei lavori in quelle aree del mondo \u003Cmark>di\u003C/mark> frontiera in cui si sta preparando il futuro del nostro spazio abitativo.\r\n\r\nQuesta Biennale nelle intenzioni \u003Cmark>di\u003C/mark> Aravena si “propone dunque \u003Cmark>di\u003C/mark> condividere con un pubblico più ampio, il lavoro delle persone che scrutano l’orizzonte alla ricerca \u003Cmark>di\u003C/mark> nuovi ambiti \u003Cmark>di\u003C/mark> azione, affrontando temi quali la segregazione, le diseguaglianze, le perifereie, l’accesso a strutture igienico-sanitarie, i disastri naturali, la carenza \u003Cmark>di\u003C/mark> alloggi, la migrazione, l’informalità, la criminalità, il \u003Cmark>traffico\u003C/mark>, lo spreco, l’inquinamento e la partecipazione delle comunità.”\r\n\r\nE Paolo Baratta, Presidente della Biennale aggiunge: “Ci interessa l’architettura come strumento \u003Cmark>di\u003C/mark> self-government, come strumento \u003Cmark>di\u003C/mark> una civiltà umanistica, non in grazia \u003Cmark>di\u003C/mark> uno stile formale, ma come evidenza della capacità dell’uomo \u003Cmark>di\u003C/mark> essere padrone dei propri destini”.\r\n\r\nUna edizione con un programma sideralmente opposto a quello della precedente, affidata all’archistar Rem Koolhas, che mette sul tappeto molti temi che come libertari ci sono cari: l’autocostruzione, la partecipazione, la progettazione comunitaria e i processi ecologici \u003Cmark>di\u003C/mark> recupero dell’esistente insieme allo sviluppo \u003Cmark>di\u003C/mark> tecnologie appropriate condivisibili.\r\n\r\nBaratta ci ricorda che l’immaginario architettonico del secolo scorso preconizzava la costruzione \u003Cmark>di\u003C/mark> grandi centri urbani inseriti in un territorio che offriva ancora grandi spazi vergini. È stato il periodo della ‘ville radieuse’ \u003Cmark>di\u003C/mark> Le Corbusier, della realizzazione in nuovi insediamenti \u003Cmark>di\u003C/mark> grandi capitali, come Chandigar o Brasilia. Oggi gli spazi su cui gli architetti sono chiamati ad operare sono spesso enormi aree urbane abbandonate e degradate ed in ogni caso, a causa della crescita urbana e delle nuove forme \u003Cmark>di\u003C/mark> produzione post-industriale, gli spazi naturali tendono a divenire sempre più spazi interni ad una pianificazione planetaria.\r\n\r\nSpazi che le autorità non riescono più a controllare o dirigere, per mancanza \u003Cmark>di\u003C/mark> risorse economiche ma anche \u003Cmark>di\u003C/mark> nuovi strumenti operativi efficaci. Ottima situazione per chi è impegnato in prima linea, sul‘fronte’ e sperimenta nuovi modelli abitativi solidali.\r\n\r\n“una volta i villaggi ci proteggevano dalla natura oggi la natura è il nostro rifugio dalle tensioni urbane” ci ricorda nella sua installazione \u003Cmark>di\u003C/mark> video il cileno Elton Leniz invitato da Aravena.\r\n\r\nLa situazione attuale dello sviluppo del fenomeno urbano è ben fotografata nel padiglione della Sala d’armi all’Arsenale dove è esposto il Progetto Speciale ‘Conflitti dell’era urbana’ curato da Riky Burdett. Burdett descrive le due grandi spinte che tendono a definire il nostro ambiente costruito: quelle che lui definisce le Soluzioni dall’alto -quelle istituzionali e dei grandi agenti della pianificazione- su una parete del padiglione e le Soluzioni dal basso –autocostruzione, partecipazione e processi spontanei- sulla parete opposta. Tra i due estremi sono rappresentate le mappe \u003Cmark>di\u003C/mark> alcune conurbazioni rappresentative che tendono a diventare in ogni luogo del pianeta ‘il territorio’ non solo una parte dell’ambiente antropizzato: il ‘tutto costruito’ con spazi \u003Cmark>di\u003C/mark> ‘natura’ addomesticata tra i suoi interstizi, l’opposto del rapporto urbano agricolo naturale artificiale che esiste da quando esiste l’uomo civile, il prodotto della ‘civitas’, la comunità stanziale \u003Cmark>di\u003C/mark> un gruppo \u003Cmark>di\u003C/mark> uomini in un territorio definito dalla sua architettura.\r\n\r\nSi aprono spazi vuoti all’interno \u003Cmark>di\u003C/mark> queste inquietanti conurbazioni neo-plastiche e come dice Baratta, è in questi spazi, che sono il fronte in cui si combatte per definire l’assetto del nostro ambiente futuro, che dobbiamo cercare esperienze e buone pratiche da analizzare. Reporting from the Front. Con l’intento \u003Cmark>di\u003C/mark> ingenerare progetti e processi che diano risposte complesse e condivisibili e che possano divenire nuovi standard e modelli. Architetture anche \u003Cmark>di\u003C/mark> piccole dimensioni ma che presentino un’alta qualità professionale e un forte legame con le comunità che le generano.\r\n\r\nRushkoff nel suo saggio parla anche \u003Cmark>di\u003C/mark> gig economy, l’economia dei piccoli lavori on-demand, modello Uber, in poche parole il modello che vuole trasportarci dal‘diritto al lavoro’ al nessun diritto dei ‘lavoretti’. In vista \u003Cmark>di\u003C/mark> un’uberizzazione della società dobbiamo adattarci anche a una gig-architecture? A un’architettura dei progettini? Che se poi piacciono e funzionano possano essere rilanciati da qualche bella multinazionale e ri-proposti come ready made architettonici. Servono a questo i tanti collettivi, più o meno marginali o antagonisti che vediamo rappresentati in questa bella biennale? Mettere in moto qualche interessante Processo che possa poi da altri essere rivenduto come Progetto?\r\n\r\nProgetti e Processi\r\n\r\nUn discrimine da avere ben presente tra le proposte interessanti viste in questa Biennale è proprio quello \u003Cmark>di\u003C/mark> saper distinguere da chi propone progetti confezionati da rivendere alla comunità e tra chi sceglie \u003Cmark>di\u003C/mark> ingenerare processi \u003Cmark>di\u003C/mark> crescita dal basso proponendo soluzioni che diano risposte a bisogni locali che diventino poi patrimonio collettivo. È ad esempio la scelta del gruppo Ctrl+z: costruire processi in forma partecipativa che non siano isolabili dal contesto che li ha prodotti, che valgano qui e ora, con questo materiale. Un bel esempio le “atrapaniebla” le torri dell’acqua che trasformano la condensa della nebbia in acqua potabile che Ctrl+z ha presentato ai magazzini del Sale nella mostra Spazi d’Eccezione, ‘torri low-tech basate sui materiali che si possono trovare a livello locale. Grazie alla leggerezza e alla modularità. La nostra proposta si può montare in due giorni senza la necessità \u003Cmark>di\u003C/mark> gru, ponteggi o altri ausili.’ Un modello della torre è stato montato all’interno dell’Esposizione nel giardino dell’Arsenale.\r\n\r\nA poca distanza la Norman Foster Foundation, insieme alla Future Africa EPFL e ad altre fondazioni, propone una rete \u003Cmark>di\u003C/mark> drone-port, aereoporti per droni per collegare in Africa villaggi isolati in ampi territori senza altre possibilità \u003Cmark>di\u003C/mark> comunicazione efficienti. I drone-port \u003Cmark>di\u003C/mark> Foster sono l’estto opposto della proposta \u003Cmark>di\u003C/mark> Ctrl+z, si riducono ad una scatola ed un progetto realizzabile in loco grazie ad un know how centralizzato, drone-porti per ricevere attraverso velivoli teleguidati ad alta tecnologie merci da un distributore lontano, un ragno nella rete da qualche parte. La realizzazione tecnologica dell’antico ‘culto del Cargo’ caro agli antropologi.\r\n\r\nSpazi d’Eccezione\r\n\r\nI fronti da esplorare oggi non sono quello spazio piano senza limiti che sembra indicare il logo \u003Cmark>di\u003C/mark> questa edizione: una foto scattata da Bruce Chatwin che ritrae un’archeologa tedesca, Maria Reiche, sopra una scala \u003Cmark>di\u003C/mark> alluminio che osserva i tracciati \u003Cmark>di\u003C/mark> pietre del deserto peruviano \u003Cmark>di\u003C/mark> Nazca, sono fronti interni allo sviluppo planetario del capitale, luoghi \u003Cmark>di\u003C/mark> rovine, \u003Cmark>di\u003C/mark> cicatrici, \u003Cmark>di\u003C/mark> macerie, quasi sempre ‘spazi d’eccezione’ in cui le normali regole del vivere sono sospese da un potere non normato. E in quei fronti, da tempo, c’è chi lotta e costruisce alternative. \u003Cmark>Di\u003C/mark> questi lotte dà testimonianza con uno sguardo libertario l’esposizione ‘Spazi d’Eccezione’ ai Magazzini del Sale, ‘un libro, un meeting e una mostra’ \u003Cmark>organi\u003C/mark>zzati dai collettivi \u003Cmark>di\u003C/mark> Escuela Moderna e S.a.L.E. Docks.\r\n\r\nCtrl+z, Recets Urbanas che abbiamo già citato e altri espositori al Sale partecipano in varie forme anche all’esposizione ufficiale e Spazi d’Eccezione ha \u003Cmark>organi\u003C/mark>zzato anche un meeting interno alla Biennale nell’ambito delle Biennale Sessions, per portare argomenti misteriosamente scomparsi dal dibattito sul territorio quali il No Mose, il No Tav il No Muos e tanti alti piccoli tentativi \u003Cmark>di\u003C/mark> autogestione del territorio e delle lotte urbane. Un tentativo \u003Cmark>di\u003C/mark> intrusione riuscito all’interno della Biennale ufficiale è stato quello del colletivo ‘Detroit Resist’ presente nella mostra al Sale che si occupa in modo militante \u003Cmark>di\u003C/mark> riqualificazione urbana a Detroit, un gruppo composto da attivisti, artisti, architetti e membri della comunità. Detroit Resist ha \u003Cmark>organi\u003C/mark>zzato una occupazione digitale del padiglione degli Usa che quest’anno ha come tema “The Architectural immagination” e come oggetto proprio la riqualificazione della città \u003Cmark>di\u003C/mark> Detroit con giganteschi progetti con fini speculativi.\r\n\r\nTante sono le presenze libertarie \u003Cmark>di\u003C/mark> cui varrebbe la pena dare conto, dall’allestimento del padiglione Italia affidato alla TAM associati dal titolo ‘Taking Care, progettare per il bene comune’ alle presenze individuali, ai collettivi ad alcuni interessanti padiglioni nazionali. Iniziamo presentando il progetto ‘Spazi d’eccezione’ con un articolo \u003Cmark>di\u003C/mark> Paolo Martore e Massimo Mazzone. Altri seguiranno.\r\n\r\n“‘Spazi d’eccezione’ NON è un Padiglione Nazionale né un pezzo della Mostra Internazionale né un evento collaterale. ‘Spazi d’eccezione’ è quel lato in ombra a cui tutti fanno riferimento, quel Germinal, quell’humus dal quale tutti ambiguamente attingono, ma \u003Cmark>di\u003C/mark> cui nessuno parla mai con chiarezza.”iv Così Massimo Mazzone portavoce \u003Cmark>di\u003C/mark> Escuela Moderna nella sua introduzione al catalogo dell’esposizione.\r\n\r\nIn uno dei tanti padiglioni che trattavano \u003Cmark>di\u003C/mark> autocostruzione tra le varie indicazioni operative figurava anche la dicitura: ‘quando e in quali luoghi è opportuno accettare situazioni diffuse \u003Cmark>di\u003C/mark> illegalità marginale per favorire la costituzione \u003Cmark>di\u003C/mark> comunità…’\r\n\r\nNell’installazione \u003Cmark>di\u003C/mark> Recetas Urbanas nel padiglione all’Arsenale, all’interno della Biennale, si rivendicava il ‘diritto’ all’illegalità in situazioni \u003Cmark>di\u003C/mark> necessità: ecco la differenza che conta con la mostra istituzionale e che appare filo conduttore dell’esposizione al Sale.\r\n\r\nTolleranza dall’alto rivendicazione dal basso. Le varie gradazioni \u003Cmark>di\u003C/mark> questo rapporto segnano il sottile confine tra una social democrazia eterodiretta ed una comunità viva con fermenti libertari. \u003Cmark>Di\u003C/mark> ciò soprattutto dà testimonianza Spazi d’eccezione.\r\n\r\nViene a proposito il post \u003Cmark>di\u003C/mark> Marco Baravalle, animatore \u003Cmark>di\u003C/mark> ‘S.a.L.E. Docks’ e curatore \u003Cmark>di\u003C/mark> ‘Spazi d’eccezione’ insieme a Massimo Mazzone, a commento della cancellazione della performance Rebootati al padiglione Uruguaiano da parte della direzione della Biennale: “L'arte e l'architettura amano l'informalità quando si lascia rappresentare. Questo è l'essenza del pauperismo: fare dei poveri un soggetto immobile, procedere al saccheggio culturale oltre che a quello materiale. Ad essi è consentito solo \u003Cmark>di\u003C/mark> partecipare (solitamente a ciò che è già stato scelto), ad essi è consentito \u003Cmark>di\u003C/mark> attivarsi in quanto comunità (che parola è?) su sollecitazione dell'artista o dall'architetto \u003Cmark>di\u003C/mark> turno. Che l'illegalità sia individuale, \u003Cmark>di\u003C/mark> massa, dettata dalla fame o orientata politicamente, essa è una necessità legata alla sopravvivenza, al miglioramento delle proprie condizioni sociali o ad un nuovo modo \u003Cmark>di\u003C/mark> vivere in comune. Secondo qualcuno queste sono anche le priorità dell'architettura.”\r\n\r\n“Spazi d’eccezione credo sia un’ottima risposta e contemporaneamente una vetrina –anche se parziale- \u003Cmark>di\u003C/mark> tante praticabili ipotesi \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro. Spazi \u003Cmark>di\u003C/mark> Eccezione serve a mostrare alcune delle tante iniziative \u003Cmark>di\u003C/mark> libertà che combattono sul fronte del costruito che con difficoltà e determinazione stanno cercando \u003Cmark>di\u003C/mark> mettersi in rete e acquistare forma visibile.\r\n\r\nÈ in questa ottica che le esperienze contenute in questo lavoro comune hanno un senso, sono alfabeti, sillabe \u003Cmark>di\u003C/mark> linguaggi base per ricreare mondi con parole, azioni, fantasie \u003Cmark>di\u003C/mark> pratiche condivise. L’espressione \u003Cmark>di\u003C/mark> volontà che già esistono e balbettano futuri \u003Cmark>di\u003C/mark> libertà e testimonianza necessaria \u003Cmark>di\u003C/mark> un filone regressivo nelle pratiche progettuali e nella pianificazione urbana e territoriale che ritorna dominante nel panorama contemporaneo. Pratiche attive da sempre ma che ritornano visibili.\r\n\r\nRebuilding from the front, non Reporting. Un’azione attiva, non una passiva. Non un centro che va a vedere una periferia ma una periferia –anche interna- che ritrova/reinventa la propria forma. Non riportare dal fronte ma ricostruire dal fronte, partendo da ciò che già esiste nel presente, secondo l’insegnamento \u003Cmark>di\u003C/mark> Peter Kropotkin, senza ideologie, attraverso sperimentazioni continue.\r\n\r\nCominciamo dunque a ricostruire il mondo partendo dal fronte, da dove si combatte ogni giorno per dare forma a spazi \u003Cmark>di\u003C/mark> libertà, spazi che esistono in luoghi marginali, su fratture tettoniche, in Rojava e nelle nostre metropoli, che si parlano in rete e si reinventano quotidianamente, TAZ, zone temporaneamente autonome che anche clonate o colonizzate restano vive altrove, affreschi che occupano spazi e pareti e spariscono coperti da una mano \u003Cmark>di\u003C/mark> Blu, seppellendo con una risata gli affanni del mercato.”v\r\n\r\n\r\ni Throwing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperity (Tirare pietre al bus \u003Cmark>di\u003C/mark> Google: come la crescita è diventata la nemica della prosperità) Douglas Rushkoff, Portfolio, 2016.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nii Per gentrificazione si intende la trasformazione \u003Cmark>di\u003C/mark> un quartiere popolare o degradato in zona abitativa \u003Cmark>di\u003C/mark> pregio, con conseguente cambiamento della composizione sociale e dei prezzi delle abitazioni.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niii ‘Il Digitale era un’utopia. Ora è un incubo Monopolista’, \u003Cmark>di\u003C/mark> Giuliano Aluffi in il Venerdì della Repubblica, 26 maggio 2016\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niv Spazi d’eccezione, a cura \u003Cmark>di\u003C/mark> Escuela Moderna – S.a.L.E. Docks; Milieu,pag.9 edizioni, Milano 2016\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nv idem pag.38",[617],{"field":133,"matched_tokens":618,"snippet":614,"value":615},[92,90],1733920985209372700,{"best_field_score":621,"best_field_weight":200,"fields_matched":31,"num_tokens_dropped":47,"score":622,"tokens_matched":140,"typo_prefix_score":31},"2216175927296","1733920985209372785",{"document":624,"highlight":645,"highlights":650,"text_match":653,"text_match_info":654},{"comment_count":47,"id":625,"is_sticky":47,"permalink":626,"podcastfilter":627,"post_author":628,"post_content":629,"post_date":630,"post_excerpt":53,"post_id":625,"post_modified":631,"post_thumbnail":632,"post_title":633,"post_type":479,"sort_by_date":634,"tag_links":635,"tags":640},"97113","http://radioblackout.org/podcast/neonazi-e-mobilitazioni-antifasciste-in-bulgaria/",[434],"harraga","I fatti di Budapest di due anni fa e la conseguente pesante repressione che sta colpendo le e gli antifascisti in Ungheria e fuori, hanno aperto una finestra sull’antifascismo un po’ più a est dei nostri abituali orizzonti. In questa corrispondenza ad Harraga, in onda su Radio Blackout, con una compagna da Sofia, abbiamo parlato di fascismo e antifascismo in Bulgaria; dove la situazione è per molti versi simili a quella ungherese, ma anche strettamente legata dinamiche europee. La Bulgaria è la frontiera sudorientale dell'Europa con la Turchia: un confine su cui politica bulgara ed europea costruiscono da anni la loro propaganda anti-immigrati per legittimare la militarizzazione e i tagli al welfare, e su cui marciano sia nuovi partiti di estrema destra, populisti e filo-russi, sia le organizzazioni neonaziste extra-partitiche. Nell'ultimo anno a Sofia, abbiamo assistito a marce anti-immigrati organizzate da rappresentanti della politica istituzionale e capeggiati da gruppi di ultras neonazi, così come a frequenti aggressioni per le strade e campagne di propaganda razzista e omotransfobica. I neonazi si prendono gli spazi lasciati vuoti dalla politica e dai servizi assenti: le organizzazioni giovanili \"patriottiche\" sono nelle scuole, nelle palestre e negli stadi. Spesso gli aggressori sono (appositamente) minorenni, mentre più in alto nella scala gerarchica sta chi da anni collabora con polizia, politica e mafia nel traffico della droga e nelle provocazioni nei movimenti di piazza più grandi. In mezzo al fascismo che avanza su tutti i fronti, lx compagnx antifascistx organizzano ogni anno un corteo chiamato \"No ai nazisti nelle nostre strade\" (in foto), in risposta alla marcia neonazista in onore del generale Hristo Lukov. Quest'anno le mobilitazioni antifasciste e antirazziste non sono mancate e sono state occasioni di intreccio tra le lotte in solidarietà ai reclusi nei cpr e nei centri di accoglienza bulgari, la lotta per la libertà di movimento al confine con la Turchia, le lotte transfemministe e il movimento di solidarietà con la resistenza palestinese e quella curda.\r\n\r\nNella prima parte, un'analisi sul contesto bulgaro di ascesa delle estreme destre sia parlamentari che extra parlamentari:\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/04/BulgariaANTIFApt1.mp3\"][/audio]\r\n Nella seconda parte dell'approfondimenti, un racconto su come si dispiega la resistenza all'estremismo di destra fronte a come quest'ultimo si mostra quotidianamente nelle strade:\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/04/BULGARIAantifapt2.mp3\"][/audio]\r\n\r\nPer più info e seguire le mobilitazioni: @antifabg @migrantsolidaritybg","14 Aprile 2025","2025-04-15 16:11:35","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/04/beznazisti-200x110.jpg","Neonazi e mobilitazioni antifasciste in Bulgaria",1744665223,[636,637,638,639],"http://radioblackout.org/tag/antifascismo/","http://radioblackout.org/tag/antirazzismo/","http://radioblackout.org/tag/lotta/","http://radioblackout.org/tag/war-on-migrants/",[641,642,643,644],"antifascismo","antirazzismo","lotta","war on migrants",{"post_content":646},{"matched_tokens":647,"snippet":648,"value":649},[91,90],"polizia, politica e mafia nel \u003Cmark>traffico\u003C/mark> della droga e nelle provocazioni nei movimenti \u003Cmark>di\u003C/mark> piazza più grandi. In mezzo","I fatti \u003Cmark>di\u003C/mark> Budapest \u003Cmark>di\u003C/mark> due anni fa e la conseguente pesante repressione che sta colpendo le e gli antifascisti in Ungheria e fuori, hanno aperto una finestra sull’antifascismo un po’ più a est dei nostri abituali orizzonti. In questa corrispondenza ad Harraga, in onda su Radio Blackout, con una compagna da Sofia, abbiamo parlato \u003Cmark>di\u003C/mark> fascismo e antifascismo in Bulgaria; dove la situazione è per molti versi simili a quella ungherese, ma anche strettamente legata dinamiche europee. La Bulgaria è la frontiera sudorientale dell'Europa con la Turchia: un confine su cui politica bulgara ed europea costruiscono da anni la loro propaganda anti-immigrati per legittimare la militarizzazione e i tagli al welfare, e su cui marciano sia nuovi partiti \u003Cmark>di\u003C/mark> estrema destra, populisti e filo-russi, sia le organizzazioni neonaziste extra-partitiche. Nell'ultimo anno a Sofia, abbiamo assistito a marce anti-immigrati \u003Cmark>organi\u003C/mark>zzate da rappresentanti della politica istituzionale e capeggiati da gruppi \u003Cmark>di\u003C/mark> ultras neonazi, così come a frequenti aggressioni per le strade e campagne \u003Cmark>di\u003C/mark> propaganda razzista e omotransfobica. I neonazi si prendono gli spazi lasciati vuoti dalla politica e dai servizi assenti: le organizzazioni giovanili \"patriottiche\" sono nelle scuole, nelle palestre e negli stadi. Spesso gli aggressori sono (appositamente) minorenni, mentre più in alto nella scala gerarchica sta chi da anni collabora con polizia, politica e mafia nel \u003Cmark>traffico\u003C/mark> della droga e nelle provocazioni nei movimenti \u003Cmark>di\u003C/mark> piazza più grandi. In mezzo al fascismo che avanza su tutti i fronti, lx compagnx antifascistx organizzano ogni anno un corteo chiamato \"No ai nazisti nelle nostre strade\" (in foto), in risposta alla marcia neonazista in onore del generale Hristo Lukov. 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