","CPR RADIOGRAFIA DI UN FALLIMENTO.","post",1698689296,[62,63,64],"http://radioblackout.org/tag/action-aid/","http://radioblackout.org/tag/cpr/","http://radioblackout.org/tag/trattenuti/",[66,15,67],"action aid","trattenuti",{"post_content":69,"tags":74},{"matched_tokens":70,"snippet":72,"value":73},[71],"Trattenuti","fotografia che emerge dal report \"\u003Cmark>Trattenuti\u003C/mark> \" a cura di Action Aid","Un sistema inumano e costoso, inefficace e ingovernabile, che negli anni ha ottenuto un solo risultato evidente: divenire lo strumento per rimpatri accelerati dei cittadini tunisini e di detenzione dei cittadini stranieri ,questa la fotografia che emerge dal report \"\u003Cmark>Trattenuti\u003C/mark> \" a cura di Action Aid e con il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari che esamina la gestione del sistema dei CPR.\r\n\r\nA prescindere dall'intento sanzionatorio di una condizione di necessità come quella che vivono i migranti e dell'evidente sproporzione della privazione della libertà a fronte di un infrazione amministrativa il sistema dei CPR , che il governo vorrebbe implementare in tutte le regioni,si è rivelato inefficiente,costoso ,dalla gestione opaca, afflittivo al punto da generare molteplici atti di autolesionismo e almeno 30 decessi dalla loro istituzione nel 1998.\r\n\r\nCon Fabrizio Coresi di Action Aid parliamo anche degli esorbitanti costi di gestione e del sistema di appalti ai privati nella gestione di questi luoghi di detenzione per stranieri.\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/rapporto_cpr.mp3\"][/audio]",[75,77,79],{"matched_tokens":76,"snippet":66},[],{"matched_tokens":78,"snippet":15},[],{"matched_tokens":80,"snippet":81},[67],"\u003Cmark>trattenuti\u003C/mark>",[83,88],{"field":36,"indices":84,"matched_tokens":85,"snippets":87},[24],[86],[67],[81],{"field":89,"matched_tokens":90,"snippet":72,"value":73},"post_content",[71],578730123365712000,{"best_field_score":93,"best_field_weight":94,"fields_matched":24,"num_tokens_dropped":48,"score":95,"tokens_matched":96,"typo_prefix_score":48},"1108091339008",13,"578730123365711978",1,{"document":98,"highlight":118,"highlights":123,"text_match":126,"text_match_info":127},{"cat_link":99,"category":100,"comment_count":48,"id":101,"is_sticky":48,"permalink":102,"post_author":51,"post_content":103,"post_date":104,"post_excerpt":105,"post_id":101,"post_modified":106,"post_thumbnail":107,"post_thumbnail_html":108,"post_title":109,"post_type":59,"sort_by_date":110,"tag_links":111,"tags":115},[45],[47],"93055","http://radioblackout.org/2024/10/respingimenti-dei-migranti-e-arresti-di-attivisti-al-confine-tra-bulgaria-e-turchia/","Sette attivisti internazionali sono stati arrestati il 14 e il 20 ottobre, dopo aver aiutato persone in difficoltà nelle foreste della Bulgaria al confine con la Turchia. Gli attivisti fanno parte di due gruppi, Collettivo Rotte Balcaniche e No Name Kitchen, che da oltre un anno sostengono le persone in fuga con cibo, vestiti e prodotti per l'igiene .\r\n\r\nIl 14 ottobre, 5 attivisti hanno chiamato il 112 per richiedere assistenza medica per 17 persone provenienti dalla Siria, tra cui un bambino di 7 mesi e 12 minori, che si trovavano nella foresta da 3 giorni senza cibo, acqua e riparo. La polizia di frontiera è arrivata con il volto coperto da passamontagna e con i cani nel bagagliaio del veicolo. Immediatamente l'atteggiamento della polizia è stato aggressivo e razzista, mentre le persone erano terrorizzate di essere picchiate, morse dai cani e respinte in Turchia, come già accaduto loro in 4 precedenti respingimenti. Gli attivisti sono stati arrestati, ammanettati e portati alla stazione di polizia di frontiera di Elhovo insieme ai 17 siriani. Nessuno di loro ha ricevuto cure mediche.\r\n\r\nIl 20 ottobre, 3 attivisti, insieme a una giornalista e due registi, hanno chiamato il 112 per richiedere assistenza medica per 8 persone, siriani, egiziani e afghani, di cui 7 minori. Camminavano da tre giorni e avevano passato la notte nel bosco con 2 gradi centigradi,senza acqua e cibo. Quando la polizia è arrivata, ha preso i telefoni di tutte e 8 le persone affermando che erano in stato di arresto, senza fornire alcuna spiegazione. La polizia ha poi iniziato a essere aggressiva nei confronti degli attivisti, spingendo e schiaffeggiando uno di loro solo perché teneva il telefono in mano. Ha impedito che la giornalista potesse svolgere il suo lavoro, costringendola a mettere via la camera. Due attivisti sono stati spinti a terra, ammanettati e portati alla stazione di polizia di frontiera di Malko Tarnovo insieme al gruppo. Gli attivisti sono stati trattenuti per 24 ore con la falsa e pretestuosa accusa di resistenza a pubblico ufficiale.\r\n\r\nL'obiettivo di questi brutali arresti è quello di scoraggiare l'assistenza medica alle persone in movimento e di impedire il monitoraggio dei respingimenti in Turchia. Essi costituiscono una piccola parte della crescente repressione subita dagli attivisti e della sistematica violenza e disumanizzazione subita dalle persone in movimento. Tali pratiche illegali sono attuate dalle autorità bulgare su istruzione dell'Unione Europea, che finanzia sempre più il controllo violento e razzista delle frontiere\r\n\r\nAscoltiamo il contributo di Giovanni del Collettivo Rotte Balcaniche.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/info-rotta-balcanica.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n ","28 Ottobre 2024","Rotta balcanica e respingimenti. 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La mattina del 19 gennaio la fabbrica viene sgomberata, molti compagni vengono trattenuti, alcuni arrestati. Avtonomna Tovarna Rog viene devastata all' interno senza alcun rispetto per chi l'abitava, nemmeno il tempo di recuperare le proprie cose, poi distrutte. Anche in Slovenia la gentrificazione continua, nonostante la pandemia mondiale in corso. Per capire come ci si è arrivati e quali prospettive si aprono a Lubiana ne parliamo con Marko, collettivo Modri Kot dell'AT Rog.\r\n\r\nper info e sostenere l'AT Rog: solirog@riseup.net\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/sgombero-tovarna-ROG-online-audio-converter.com_.mp3\"][/audio]","25 Gennaio 2021","","2021-01-26 10:00:48","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/rog2-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"215\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/rog2-300x215.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/rog2-300x215.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/rog2-1024x734.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/rog2-768x551.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/rog2-1536x1102.jpg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/rog2-2048x1469.jpg 2048w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Avtonomna Tovarna Rog, sgomberato lo storico squat di Lubiana",1611600339,[],[],{"post_content":148},{"matched_tokens":149,"snippet":150,"value":151},[67],"viene sgomberata, molti compagni vengono \u003Cmark>trattenuti\u003C/mark>, alcuni arrestati. 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La prima data di apertura possibile è il 1° giugno 2019.\r\n\r\nA partire dall’apertura del CPT nel 2006, l’ex caserma Polonio è stata al centro di polemiche, inchieste giudiziarie, presidi e manifestazioni organizzate dalle reti antirazziste e solidali. Le persone detenute hanno messo in atto negli anni varie pratiche di resistenza, anche sotto forma di autolesionismo, e hanno dato vita a molte rivolte, determinando così la chiusura del centro nel 2013, dopo la morte di Majid El Kodra.\r\n\r\nIl CPR è di fatto una prigione dalla quale i ‘trattenuti’ (non detenuti, perché l’internamento nei CPR è determinato da un provvedimento amministrativo, non da una sentenza penale) non possono uscire. La struttura di Gradisca è nota in particolare per la sua somiglianza ai carceri di massima sicurezza, evidente nella parcellizzazione di tutti gli spazi, nella presenza di grate a coprire anche i cortili interni, nel fissaggio dei suppellettili alle pareti e ai pavimenti. Il Gip presso il Tribunale di Gorizia definì nel 2014 «alienanti» le condizioni di vita del CPR e «disumano» il contesto quotidiano al suo interno.\r\n\r\nIl CPR è un’istituzione totale e un dispositivo di controllo che instaura una gerarchia tra cittadine/i e non cittadine/i basata su razzializzazione, classe, passaporto. È un luogo di segregazione dove si può essere rinchiusi fino 180 giorni (secondo il nuovo limite fissato nel Decreto Sicurezza) anche semplicemente a causa del possesso di un permesso di soggiorno scaduto. Si tratta di un abominio giuridico che non garantisce alla persona trattenuta nemmeno le tutele che l’ordinamento italiano riconosce alle carcerate e ai carcerati.\r\n\r\nIl CPR è solo l’ultimo anello di una catena che inizia con lo sfruttamento economico neocoloniale dei cosiddetti “Paesi in via di sviluppo”, anche attraverso gli interventi militari, diretti o per procura, che generano eterne zone ‘destabilizzate’, facili da saccheggiare. Questo sistema costringe milioni di persone a migrare, cercando di raggiungere l’Europa. Nell’impossibilità di ottenere i visti necessari per attraversare le frontiere legalmente, esse si vedono costrette a muoversi illegalmente, pagando i trafficanti di esseri umani e affrontando viaggi massacranti e pericolosissimi.\r\n\r\nI Paesi europei delegano il contrasto alle migrazioni a diversi agenti senza scrupoli: ai signori della guerra libici (attraverso, ad esempio, gli accordi firmati dall’ex ministro Minniti e rinnovati dal governo Lega-M5S); a Erdoğan, cui l’UE ha per questo versato 3 miliardi di euro; alle polizie di Croazia, Serbia e Ungheria, che sono da tempo sotto accusa per le violenze perpetrate contro i e le migranti lungo la rotta balcanica.\r\n\r\nA dispetto della propaganda, questo contrasto non ha lo scopo di bloccare un fenomeno per sua natura inarrestabile, bensì di rendere quelle frontiere dei tritacarne, dei dispositivi idonei a trasformare chi riesce a superarli in soggetti deboli, disposti a ogni ricatto per conservare il premio di un viaggio difficile. Proprio per questa ragione la legge Bossi-Fini lega dal 2002 contratto di lavoro e rinnovo del permesso di soggiorno, costringendo chi arriva senza visto ad accettare condizioni lavorative spesso inimmaginabili per i cittadini comunitari, pur di non rischiare di essere rimpatriata/o.\r\n\r\nI CPR sono l’ultimo deterrente da brandire contro chi pensa di ribellarsi a questo meccanismo infernale.\r\n\r\nSi tratta di un sistema che cerca di rendere la manodopera straniera più sfruttabile dalle imprese italiane, che crea divisioni e concorrenza al ribasso tra gli stessi lavoratori, che permette alle forze reazionarie e razziste di costruire le proprie fortune politiche speculando sulla guerra tra poveri scatenata da questi stessi potenti.\r\n\r\nRompere questa catena è di fondamentale importanza per iniziare a costruire una società inclusiva aperta, accogliente e solidale.\r\n\r\nIniziamo da una anello: iniziamo dal CPR di Gradisca!","17 Giugno 2019","2019-06-17 16:15:28","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/06/1-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/06/1-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/06/1-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/06/1-768x432.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/06/1-1024x576.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/06/1.jpg 1600w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","A Gradisca contro CPR e Frontiere",1560788128,[171,172,173,63,174],"http://radioblackout.org/tag/assemblea-no-cpr-no-frontiere-fvg/","http://radioblackout.org/tag/cara/","http://radioblackout.org/tag/corteo-9-giugno/","http://radioblackout.org/tag/gradisca/",[176,25,177,15,18],"assemblea no cpr no frontiere fvg","corteo 9 giugno",{"post_content":179},{"matched_tokens":180,"snippet":182,"value":183},[181],"trattenuti’","una prigione dalla quale i ‘\u003Cmark>trattenuti’\u003C/mark> (non detenuti, perché l’internamento nei","Il 9 giugno un corteo ha attraversato il centro di Gradisca e ha raggiunto l’ex caserma Polonio, dove c’è un CARA e dove stanno facendo i lavori per riaprire una struttura detentiva per migranti senza documenti.\r\nAll’arrivo numerosi richiedenti asilo sono scesi in strada e si sono uniti ai compagni e alle compagne del coordinamento No CPR, No frontiere, che avevano promosso l’iniziativa.\r\nUna tappa di una lotta durata anni che nel 2013 si era conclusa con la chiusura del lager distrutto a più riprese dai prigionieri, durante le tante rivolte, fughe, lotte, che hanno segnato la storia di questa caserma divenuta prigione.\r\nIl CPR avrebbe dovuto essere operativo in questo giugno, ma con ogni probabilità l’apertura slitterà in autunno.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Raffaele dell’Assemblea no Cpr no frontiere del FVG\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/06/2019-06-11-corteo-no-cpr-raffaele.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\nDi seguito il testo di presentazione dell’iniziativa:\r\n\r\n“Una terra segnata dal confine, ma da sempre meticcia e multiculturale, rischia nuovamente di ospitare una galera etnica.\r\n\r\nLa prefettura di Gorizia, in ottemperanza al decreto Minniti-Orlando varato dal Governo Renzi, ha pubblicato il bando per aggiudicare la gestione di un CPR (Centro di Permanenza per il Rimpatrio, ex CIE e ancora prima CPT) presso all’ex caserma Polonio di Gradisca d’Isonzo (GO). 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Questo sistema costringe milioni di persone a migrare, cercando di raggiungere l’Europa. 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Proprio per questa ragione la legge Bossi-Fini lega dal 2002 contratto di lavoro e rinnovo del permesso di soggiorno, costringendo chi arriva senza visto ad accettare condizioni lavorative spesso inimmaginabili per i cittadini comunitari, pur di non rischiare di essere rimpatriata/o.\r\n\r\nI CPR sono l’ultimo deterrente da brandire contro chi pensa di ribellarsi a questo meccanismo infernale.\r\n\r\nSi tratta di un sistema che cerca di rendere la manodopera straniera più sfruttabile dalle imprese italiane, che crea divisioni e concorrenza al ribasso tra gli stessi lavoratori, che permette alle forze reazionarie e razziste di costruire le proprie fortune politiche speculando sulla guerra tra poveri scatenata da questi stessi potenti.\r\n\r\nRompere questa catena è di fondamentale importanza per iniziare a costruire una società inclusiva aperta, accogliente e solidale.\r\n\r\nIniziamo da una anello: iniziamo dal CPR di Gradisca!",[185],{"field":89,"matched_tokens":186,"snippet":182,"value":183},[181],{"best_field_score":128,"best_field_weight":129,"fields_matched":96,"num_tokens_dropped":48,"score":130,"tokens_matched":96,"typo_prefix_score":48},{"document":189,"highlight":204,"highlights":208,"text_match":126,"text_match_info":211},{"cat_link":190,"category":191,"comment_count":48,"id":192,"is_sticky":48,"permalink":193,"post_author":162,"post_content":194,"post_date":195,"post_excerpt":139,"post_id":192,"post_modified":196,"post_thumbnail":197,"post_thumbnail_html":198,"post_title":199,"post_type":59,"sort_by_date":200,"tag_links":201,"tags":203},[45],[47],"54439","http://radioblackout.org/2019/06/gradisca-corteo-contro-i-cpr-e-le-frontiere/","Domenica 9 giugno a Gradisca ci sarà una manifestazione contro la riapertura del CPR, chiuso cinque anni fa con il ferro e con il fuoco dai migranti reclusi che lo hanno distrutto pezzo a pezzo.\r\nLa prigione per migranti avrebbe dovuto entrare in funzione a giugno: probabilmente l'inaugurazione slitterà a settembre. in questi mesi si sono susseguite le iniziative per impedirne l'apertura.\r\nNe abbiamo parlato con Federico dell'assemblea regionale No CPR No Frontiere.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/06/2019-06-04-cpr-gradisca-fede.mp3\"][/audio]\r\nDi seguito l'appello:\r\nUna terra segnata dal confine, ma da sempre meticcia e multiculturale, rischia nuovamente di ospitare una galera etnica.\r\n\r\nLa prefettura di Gorizia, in ottemperanza al decreto Minniti-Orlando varato dal Governo Renzi, ha pubblicato il bando per aggiudicare la gestione di un CPR (Centro di Permanenza per il Rimpatrio, ex CIE e ancora prima CPT) presso all’ex caserma Polonio di Gradisca d’Isonzo (GO). La prima data di apertura possibile è il 1° giugno 2019.\r\n\r\nA partire dall’apertura del CPT nel 2006, l’ex caserma Polonio è stata al centro di polemiche, inchieste giudiziarie, presidi e manifestazioni organizzate dalle reti antirazziste e solidali. Le persone detenute hanno messo in atto negli anni varie pratiche di resistenza, anche sotto forma di autolesionismo, e hanno dato vita a molte rivolte, determinando così la chiusura del centro nel 2013, dopo la morte di Majid El Kodra.\r\n\r\nIl CPR è di fatto una prigione dalla quale i ‘trattenuti’ (non detenuti, perché l’internamento nei CPR è determinato da un provvedimento amministrativo, non da una sentenza penale) non possono uscire. La struttura di Gradisca è nota in particolare per la sua somiglianza ai carceri di massima sicurezza, evidente nella parcellizzazione di tutti gli spazi, nella presenza di grate a coprire anche i cortili interni, nel fissaggio dei suppellettili alle pareti e ai pavimenti. Il Gip presso il Tribunale di Gorizia definì nel 2014 «alienanti» le condizioni di vita del CPR e «disumano» il contesto quotidiano al suo interno.\r\n\r\nIl CPR è un’istituzione totale e un dispositivo di controllo che instaura una gerarchia tra cittadine/i e non cittadine/i basata su razzializzazione, classe, passaporto. È un luogo di segregazione dove si può essere rinchiusi fino 180 giorni (secondo il nuovo limite fissato nel Decreto Sicurezza) anche semplicemente a causa del possesso di un permesso di soggiorno scaduto. Si tratta di un abominio giuridico che non garantisce alla persona trattenuta nemmeno le tutele che l’ordinamento italiano riconosce alle carcerate e ai carcerati.\r\n\r\nIl CPR è solo l’ultimo anello di una catena che inizia con lo sfruttamento economico neocoloniale dei cosiddetti “Paesi in via di sviluppo”, anche attraverso gli interventi militari, diretti o per procura, che generano eterne zone ‘destabilizzate’, facili da saccheggiare. 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Chiediamo perciò che nei primi spezzoni non ci siano simboli di nessuna organizzazione, per evitare che chiunque metta il proprio cappello sul corteo. 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Il Gip presso il Tribunale di Gorizia definì nel 2014 «alienanti» le condizioni di vita del CPR e «disumano» il contesto quotidiano al suo interno.\r\n\r\nIl CPR è un’istituzione totale e un dispositivo di controllo che instaura una gerarchia tra cittadine/i e non cittadine/i basata su razzializzazione, classe, passaporto. È un luogo di segregazione dove si può essere rinchiusi fino 180 giorni (secondo il nuovo limite fissato nel Decreto Sicurezza) anche semplicemente a causa del possesso di un permesso di soggiorno scaduto. Si tratta di un abominio giuridico che non garantisce alla persona trattenuta nemmeno le tutele che l’ordinamento italiano riconosce alle carcerate e ai carcerati.\r\n\r\nIl CPR è solo l’ultimo anello di una catena che inizia con lo sfruttamento economico neocoloniale dei cosiddetti “Paesi in via di sviluppo”, anche attraverso gli interventi militari, diretti o per procura, che generano eterne zone ‘destabilizzate’, facili da saccheggiare. Questo sistema costringe milioni di persone a migrare, cercando di raggiungere l’Europa. Nell’impossibilità di ottenere i visti necessari per attraversare le frontiere legalmente, esse si vedono costrette a muoversi illegalmente, pagando i trafficanti di esseri umani e affrontando viaggi massacranti e pericolosissimi.\r\n\r\nI Paesi europei delegano il contrasto alle migrazioni a diversi agenti senza scrupoli: ai signori della guerra libici (attraverso, ad esempio, gli accordi firmati dall’ex ministro Minniti e rinnovati dal governo Lega-M5S); a Erdoğan, cui l’UE ha per questo versato 3 miliardi di euro; alle polizie di Croazia, Serbia e Ungheria, che sono da tempo sotto accusa per le violenze perpetrate contro i e le migranti lungo la rotta balcanica.\r\n\r\nA dispetto della propaganda, questo contrasto non ha lo scopo di bloccare un fenomeno per sua natura inarrestabile, bensì di rendere quelle frontiere dei tritacarne, dei dispositivi idonei a trasformare chi riesce a superarli in soggetti deboli, disposti a ogni ricatto per conservare il premio di un viaggio difficile. Proprio per questa ragione la legge Bossi-Fini lega dal 2002 contratto di lavoro e rinnovo del permesso di soggiorno, costringendo chi arriva senza visto ad accettare condizioni lavorative spesso inimmaginabili per i cittadini comunitari, pur di non rischiare di essere rimpatriata/o.\r\n\r\nI CPR sono l’ultimo deterrente da brandire contro chi pensa di ribellarsi a questo meccanismo infernale.\r\n\r\nSi tratta di un sistema che cerca di rendere la manodopera straniera più sfruttabile dalle imprese italiane, che crea divisioni e concorrenza al ribasso tra gli stessi lavoratori, che permette alle forze reazionarie e razziste di costruire le proprie fortune politiche speculando sulla guerra tra poveri scatenata da questi stessi potenti.\r\n\r\nRompere questa catena è di fondamentale importanza per iniziare a costruire una società inclusiva aperta, accogliente e solidale.\r\n\r\nIniziamo da una anello: iniziamo dal CPR di Gradisca!\r\n\r\nDomenica 9 giugno\r\nh 15 Piazza Unità, Gradisca d’Isonzo (GO)\r\nSiamo un’assemblea larga e plurale che non si riunisce sotto nessuna bandiera. 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Il Gip presso il Tribunale di Gorizia definì nel 2014 «alienanti» le condizioni di vita del CPR e «disumano» il contesto quotidiano al suo interno.\r\nIl CPR è un’istituzione totale e un dispositivo di controllo che instaura una gerarchia tra cittadine/i e non cittadine/i basata su razzializzazione, classe, passaporto. È un luogo di segregazione dove si può essere rinchiusi fino 180 giorni (secondo il nuovo limite fissato nel Decreto Sicurezza) anche semplicemente a causa del possesso di un permesso di soggiorno scaduto. Si tratta di un abominio giuridico che non garantisce alla persona trattenuta nemmeno le tutele che l’ordinamento italiano riconosce alle carcerate e ai carcerati.\r\nIl CPR è solo l’ultimo anello di una catena che inizia con lo sfruttamento economico neocoloniale dei cosiddetti “Paesi in via di sviluppo”, anche attraverso gli interventi militari, diretti o per procura, che generano eterne zone ‘destabilizzate’, facili da saccheggiare. 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Questo sistema costringe milioni di persone a migrare, cercando di raggiungere l’Europa. 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Proprio per questa ragione la legge Bossi-Fini lega dal 2002 contratto di lavoro e rinnovo del permesso di soggiorno, costringendo chi arriva senza visto ad accettare condizioni lavorative spesso inimmaginabili per i cittadini comunitari, pur di non rischiare di essere rimpatriata/o.\r\nI CPR sono l’ultimo deterrente da brandire contro chi pensa di ribellarsi a questo meccanismo infernale.\r\nSi tratta di un sistema che cerca di rendere la manodopera straniera più sfruttabile dalle imprese italiane, che crea divisioni e concorrenza al ribasso tra gli stessi lavoratori, che permette alle forze reazionarie e razziste di costruire le proprie fortune politiche speculando sulla guerra tra poveri scatenata da questi stessi potenti.\r\nRompere questa catena è di fondamentale importanza per iniziare a costruire una società inclusiva aperta, accogliente e solidale.\r\nIniziamo da una anello: iniziamo dal CPR di Gradisca!\r\nDOMENICA 9 GIUGNO\r\nh 15 Piazza Unità, Gradisca d’Isonzo (GO)\"\r\nInfo: https://nofrontierefvg.noblogs.org/",[232],{"field":89,"matched_tokens":233,"snippet":182,"value":230},[181],{"best_field_score":128,"best_field_weight":129,"fields_matched":96,"num_tokens_dropped":48,"score":130,"tokens_matched":96,"typo_prefix_score":48},6646,{"collection_name":59,"first_q":67,"per_page":14,"q":67},8,{"facet_counts":239,"found":243,"hits":271,"out_of":416,"page":96,"request_params":417,"search_cutoff":37,"search_time_ms":237},[240,247],{"counts":241,"field_name":245,"sampled":37,"stats":246},[242],{"count":243,"highlighted":244,"value":244},5,"anarres","podcastfilter",{"total_values":96},{"counts":248,"field_name":36,"sampled":37,"stats":269},[249,251,253,255,257,259,261,263,265,267],{"count":96,"highlighted":250,"value":250},"ifa",{"count":96,"highlighted":252,"value":252},"trapani",{"count":96,"highlighted":254,"value":254},"Francoforte",{"count":96,"highlighted":256,"value":256},"fogli di via",{"count":96,"highlighted":258,"value":258},"morte di Fatih",{"count":96,"highlighted":260,"value":260},"fini-giovanardi",{"count":96,"highlighted":262,"value":262},"vassalli-jervolino",{"count":96,"highlighted":264,"value":264},"ministro Cancellieri",{"count":96,"highlighted":266,"value":266},"tre giorni contro il CIE",{"count":96,"highlighted":268,"value":268},"internazionale di federazioni anarchiche",{"total_values":270},21,[272,295,317,356,386],{"document":273,"highlight":286,"highlights":291,"text_match":126,"text_match_info":294},{"comment_count":48,"id":274,"is_sticky":48,"permalink":275,"podcastfilter":276,"post_author":244,"post_content":277,"post_date":278,"post_excerpt":139,"post_id":274,"post_modified":279,"post_thumbnail":280,"post_title":281,"post_type":282,"sort_by_date":283,"tag_links":284,"tags":285},"90002","http://radioblackout.org/podcast/anarres-del-17-maggio-fortezza-europa-muri-piu-alti-repressione-in-grecia-dallordine-americano-al-grande-caos-scenari-di-guerra-globale/",[244],"ll podcast del nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete.\r\nDalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. 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(...)\r\nÈ ora di organizzarsi e mobilitarsi contro la guerra, contro il carovita e per fermare l’attacco ai salari e l’aumento delle disuguaglianze sociali. Altro che flat tax, taglio del cuneo fiscale, cancellazione del reddito di cittadinanza e riduzione dei servizi pubblici, controriforma della scuola e ulteriore taglio della sanità pubblica: serve che si colpiscano i grandi patrimoni accumulati per decenni; la crisi non dev’essere più pagata dai lavoratori, dai disoccupati e dalle classi subalterne, ma dai padroni e dal grande capitale industriale e finanziario, che in questi anni ha continuato ininterrottamente a fare profitti e ad arricchirsi.\r\nMentre la speculazione impazza e si porta via più di 40 miliardi solo con gli extraprofitti sul gas, ci raccontano che non ci sono le risorse per difendere i nostri salari e i nostri stipendi: nel frattempo, i governi passati e presenti (ieri Draghi, oggi Meloni) reprimono e criminalizzano le lotte sociali e sindacali. È ora di dire basta!\r\nL’escalation bellica e l’incombente pericolo di utilizzo di armi tattiche nucleari ci devono spingere ad agire, qui ed ora, contro la guerra, e per imporre lo stop all’invio di armi in Ucraina. Senza la pace sarà molto difficile poter uscire da una crisi economica che viene pagata, come sempre, dai lavoratori e dai ceti meno abbienti in tutta Europa. (…)\r\n\r\nRojava. L’attacco turco, la solidarietà dei movimenti\r\n“Nella notte del 9 novembre le terre del Rojava e del sud del Kurdistan sono state bombardate dagli aerei del TSK (Esercito Turco). Le YPG hanno annunciato che il centro della città di Kobane, un ospedale sulla collina di Miştenur, la foresta di Kobane, una centrale elettrica, i granai e molti villaggi sono stati bombardati. Gli invasori, che non hanno ottenuto risultati con le armi chimiche e con numerose operazioni di invasione per mesi, hanno diretto questa volta i loro sforzi contro il Rojava, la terra della rivoluzione.”\r\nQuesto l’incipit del comunicato del gruppo/rivista Karala di Ankara sull’avvio dei bombardamenti su Kobane.\r\nOggi la Turchia, che utilizza armi vendute anche dall’Italia, vuole riportare indietro le lancette, distruggere il processo rivoluzionario iniziato nel 2012, massacrare e costringere all’esilio le popolazioni curdofone.\r\nIl progetto neottomano di Erdogan riprende slancio, grazie all’appoggio offerto dall’Unione Europea, che paga perché i profughi di guerra vengano trattenuti in Turchia, e al ruolo di mediatore nella guerra in Ucraina che Erdogan si è scavato in questi mesi.\r\nIn questi giorni in ogni dove ci sono state iniziative in sostegno all’esperienza del confederalismo democratico.\r\nNe abbiamo parlato con Dario, un compagno che conosce bene la situazione nell’area. \r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nSabato 3 dicembre\r\nore 15 piazza Castello\r\nmanifestazione contro l’attacco turco alle aree del confederalismo democratico in Rojava - Siria del Nord - e nel Bashur – Iraq.\r\n\r\nGiovedì 8 dicembre\r\nMarcia popolare No Tav da Bussoleno a San Didero\r\nAppuntamento ore 11 in piazza del mercato\r\n\r\nVenerdì 16 dicembre\r\nCena antinatalizia\r\nore 20 in corso Palermo 46\r\nCibo vegano, buon vino, esposizione spettacolare del nostro pres-empio: porta la tua statuetta che lo costruiamo insieme\r\nBenefit lotte antimilitariste\r\nDa ciascuno come può, più che può...\r\n\r\nContatti:\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 21\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","3 Dicembre 2022","2022-12-03 13:30:04","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/12/clifford-harper-05-col2-200x110.jpg","Anarres del 2 dicembre. Le dirette dalle piazze dello sciopero generale. La solidarietà con la rivoluzione in Rojava...",1670074204,[],[],{"post_content":309},{"matched_tokens":310,"snippet":311,"value":312},[67],"i profughi di guerra vengano \u003Cmark>trattenuti\u003C/mark> in Turchia, e al ruolo","Il podcast del nostro nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete.\r\nDalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming. \r\nAscolta e diffondi l’audio della puntata:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/12/2022-12-02-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nVoci dalle piazze dello sciopero generale lanciato dal sindacalismo di base.\r\nLe dirette da Roma, Palermo, Torino, Milano, Pisa, Bologna, Trieste, Modena…\r\n\r\nDi seguito alcuni stralci dall’appello per lo sciopero:\r\n“In Italia, unico tra i Paesi dell’OCSE ove i salari sono più bassi di 30 anni fa, l’aumento generalizzato dei prezzi dei beni di prima necessità e delle bollette di luce e gas, insieme all’esplodere della inflazione ormai sopra l’11% (…il 15% per le classi popolari), stanno portando milioni di persone sotto la soglia di povertà.\r\nÈ in tale contesto che gran parte dei sostegni sono andati alle grandi imprese anziché ai lavoratori, ai pensionati e ai disoccupati mentre si è registrato un clamoroso incremento della spesa militare. (...)\r\nÈ ora di organizzarsi e mobilitarsi contro la guerra, contro il carovita e per fermare l’attacco ai salari e l’aumento delle disuguaglianze sociali. Altro che flat tax, taglio del cuneo fiscale, cancellazione del reddito di cittadinanza e riduzione dei servizi pubblici, controriforma della scuola e ulteriore taglio della sanità pubblica: serve che si colpiscano i grandi patrimoni accumulati per decenni; la crisi non dev’essere più pagata dai lavoratori, dai disoccupati e dalle classi subalterne, ma dai padroni e dal grande capitale industriale e finanziario, che in questi anni ha continuato ininterrottamente a fare profitti e ad arricchirsi.\r\nMentre la speculazione impazza e si porta via più di 40 miliardi solo con gli extraprofitti sul gas, ci raccontano che non ci sono le risorse per difendere i nostri salari e i nostri stipendi: nel frattempo, i governi passati e presenti (ieri Draghi, oggi Meloni) reprimono e criminalizzano le lotte sociali e sindacali. È ora di dire basta!\r\nL’escalation bellica e l’incombente pericolo di utilizzo di armi tattiche nucleari ci devono spingere ad agire, qui ed ora, contro la guerra, e per imporre lo stop all’invio di armi in Ucraina. Senza la pace sarà molto difficile poter uscire da una crisi economica che viene pagata, come sempre, dai lavoratori e dai ceti meno abbienti in tutta Europa. (…)\r\n\r\nRojava. L’attacco turco, la solidarietà dei movimenti\r\n“Nella notte del 9 novembre le terre del Rojava e del sud del Kurdistan sono state bombardate dagli aerei del TSK (Esercito Turco). Le YPG hanno annunciato che il centro della città di Kobane, un ospedale sulla collina di Miştenur, la foresta di Kobane, una centrale elettrica, i granai e molti villaggi sono stati bombardati. Gli invasori, che non hanno ottenuto risultati con le armi chimiche e con numerose operazioni di invasione per mesi, hanno diretto questa volta i loro sforzi contro il Rojava, la terra della rivoluzione.”\r\nQuesto l’incipit del comunicato del gruppo/rivista Karala di Ankara sull’avvio dei bombardamenti su Kobane.\r\nOggi la Turchia, che utilizza armi vendute anche dall’Italia, vuole riportare indietro le lancette, distruggere il processo rivoluzionario iniziato nel 2012, massacrare e costringere all’esilio le popolazioni curdofone.\r\nIl progetto neottomano di Erdogan riprende slancio, grazie all’appoggio offerto dall’Unione Europea, che paga perché i profughi di guerra vengano \u003Cmark>trattenuti\u003C/mark> in Turchia, e al ruolo di mediatore nella guerra in Ucraina che Erdogan si è scavato in questi mesi.\r\nIn questi giorni in ogni dove ci sono state iniziative in sostegno all’esperienza del confederalismo democratico.\r\nNe abbiamo parlato con Dario, un compagno che conosce bene la situazione nell’area. \r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nSabato 3 dicembre\r\nore 15 piazza Castello\r\nmanifestazione contro l’attacco turco alle aree del confederalismo democratico in Rojava - Siria del Nord - e nel Bashur – Iraq.\r\n\r\nGiovedì 8 dicembre\r\nMarcia popolare No Tav da Bussoleno a San Didero\r\nAppuntamento ore 11 in piazza del mercato\r\n\r\nVenerdì 16 dicembre\r\nCena antinatalizia\r\nore 20 in corso Palermo 46\r\nCibo vegano, buon vino, esposizione spettacolare del nostro pres-empio: porta la tua statuetta che lo costruiamo insieme\r\nBenefit lotte antimilitariste\r\nDa ciascuno come può, più che può...\r\n\r\nContatti:\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 21\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org",[314],{"field":89,"matched_tokens":315,"snippet":311,"value":312},[67],{"best_field_score":128,"best_field_weight":129,"fields_matched":96,"num_tokens_dropped":48,"score":130,"tokens_matched":96,"typo_prefix_score":48},{"document":318,"highlight":347,"highlights":352,"text_match":126,"text_match_info":355},{"comment_count":48,"id":319,"is_sticky":48,"permalink":320,"podcastfilter":321,"post_author":244,"post_content":322,"post_date":323,"post_excerpt":324,"post_id":319,"post_modified":325,"post_thumbnail":326,"post_title":327,"post_type":282,"sort_by_date":328,"tag_links":329,"tags":340},"37122","http://radioblackout.org/podcast/anarres-del-12-agosto-lotta-contro-le-frontiere-a-ventimiglia-il-congresso-dellifa-la-guerra-per-la-libia/",[244],"Il 12 agosto, nel cuore dell'estate, ultima puntata del viaggio settimanale di Anarres nel pianeta delle utopie concrete, prima di un paio di settimane di pausa.\r\n\r\n \r\n\r\nQui potete ascoltare il podcast:\r\n\r\n2016-08-12-anarres1\r\n2016-08-12-anarres2\r\n\r\n \r\n\r\nVi abbiamo proposto un lungo approfondimento sulla lotta dei migranti per bucare la frontiera di Ventimiglia, per continuare un viaggio che le frontiere chiuse dell'Europa hanno interrotto.\r\n\r\n \r\n\r\nNe abbiamo parlato con Giulia, No Border di Ventimiglia, e con Stefano, anarchico torinese.\r\n\r\n \r\n\r\nAd un anno di distanza da un'altra estate di lotta tante cose sono cambiate. Il governo Renzi ha raggiunto l'obiettivo di escludere le spese per il trattenimento e la deportazione dei migranti dal conteggio sul bilancio dello Stato italiano ed ha accantonato ogni ambiguità, tentando di serrare le frontiere.\r\nMa il desiderio di libertà è più forte di ogni confine e tanti cercano e trovano un varco da cui passare.\r\n\r\n \r\n\r\nIl campo gestito dalla Croce Rossa è stato spostato lontano dal mare, in una zona dismessa dalle ferrovie nei pressi del parco Roja. Gli operatori della Croce Rossa agiscono di concerto con le forze dell'ordine. Nel campo si mangia male, non si riceve alcuna informazione sulla propria situazione, ma si rischia la deportazione alla minima protesta.\r\nNei pressi del campo ufficiale era sorto un campo spontaneo, gestito dagli stessi migranti, sgomberato pochi giorni prima dell'avvio del campeggio No Border.\r\nNella notte tra giovedì 4 e venerdì 5 agosto circa trecento migranti sono usciti dal campo della Croce Rossa diretti alla frontiera. Bloccati nell'area dove lo scorso anno c'era il campo No Border, sono stati violentemente caricati dalla polizia. Con loro c'erano anche alcuni compagni che li avevano raggiunti per dare appoggio e solidarietà. Durante la carica circa 120 migranti sono riusciti a bucare la frontiera e ad entrare in Francia, dove è scattata la caccia all'uomo. Un gruppo è stato bloccato manganellato e caricato sui furgoni della gendarmeria in una spiaggia di Mentone.\r\nDei migranti rastrellati alcuni sono stati riportati al campo della CRI, altri sono stati deportati a Taranto. I No Border fermati hanno ricevuto tutti il decreto di espulsione dall'Italia o il foglio di via dalla provincia di Imperia.\r\n\r\n \r\n\r\nIl giorno successivo, dopo un volantinaggio in spiaggia che annunciava il corteo della domenica, i No Border si sono avviati in direzione del campo della Croce Rossa per fare un saluto ai migranti.\r\nLa polizia ha prima gasato, poi ha cercato di bloccare gli attivisti chiudendo loro la strada. Undici compagn* sono rimasti intrappolati su un ponte dove sono stati picchiati insultati e ammanettati.\r\nTrattenuti in questura per quasi tutta la notte hanno subito altre angherie, prima di essere rilasciati con foglio di via e con la denuncia di resistenza e adunata sediziosa aggravate.\r\nAltri due No Border, Beppe ed Alessia, presi poco lontano dal ponte, sono stati arrestati e richiusi nei carceri di Imperia e Genova Pontedecimo: rilasciati con divieto di dimora tra giorni dopo, saranno processati in autunno per resistenza, adunata sediziosa e lesioni.\r\n\r\nQui potete leggere la testimonianza di Stefano, un compagno di Torino.\r\n\r\nQui il video del Fatto Quotidiano\r\n\r\n \r\n\r\nDurante la mattanza sul ponte un poliziotto dell'antisommossa, che stava per unirsi ai colleghi che stavano lavorando di manganello, è morto d'infarto appena sceso dal furgone.\r\nL'episodio è stato usato dai media come pretesto per scatenare una campagna di ulteriore criminalizzazione nei confronti degli attivisti che si battono contro le frontiere. Il Freespot è stato perquisito e due giorni dopo sgomberato con un pretesto, nonostante i locali fossero in affitto.\r\nIl giorno successivo il corteo non è riuscito a partire, perché la polizia ha intercettato e dato il foglio di via a buona parte dei compagni che stavano raggiungendo Ventimiglia.\r\n\r\n \r\n\r\nLa strategia di Alfano è chiara: alleggerire la pressione sulle frontiere, deportando al sud i migranti e chiudendo in una morsa di ferro chi si oppone alle frontiere.\r\n\r\n \r\n\r\nIl clima di emergenza serve a fare terra bruciata intorno a migranti e attivisti No Border, per nascondere una verità banale, che senza frontiere non ci sarebbero clandestini, campi, controlli. Senza frontiere Ventimiglia sarebbe solo uno dei tanti luoghi dove passa la gente in viaggio.\r\nSenza frontiere, stati, sfruttamento e guerre, tanti neppure partirebbero.\r\nÉ la disarmante banalità del bene.\r\n\r\n \r\n\r\nInternazionale di Federrazioni Anarchiche\r\nDal 4 al 7 agosto si è tenuto a Francoforte il decimo congresso dell'IFA – l'Internazionale di Federazioni Anarchiche.\r\nAl congresso hanno partecipato delegati e osservatori da Francia, Italia, Germania, Gran Bretagna, Olanda, Repubblica Ceca, Grecia, Portogallo, Bielorussia, Turchia, Azerbajan, Iraq, Nuova Zelanda, Argentina, Brasile, Messico, Cile, Repubblica Domenicana, Cuba, El Salvador...\r\nSono state giornate intense in cui alle assemblee plenarie si sono intervallati numerosi worshop. 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L'Italia è nuovamente in prima fila.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Domenico\r\n\r\n \r\n\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org","14 Agosto 2016","Il 12 agosto, nel cuore dell'estate, ultima puntata del viaggio settimanale di Anarres nel pianeta delle utopie concrete, prima di un paio di settimane di pausa. \r\n\r\nQui potete ascoltare il podcast:\r\n\r\n\r\nVi abbiamo proposto un lungo approfondimento sulla lotta dei migranti per bucare la frontiera di Ventimiglia, per continuare un viaggio che le frontiere chiuse dell'Europa hanno interrotto. \r\n\r\nNe abbiamo parlato con Giulia, No Border di Ventimiglia, e con Stefano, anarchico torinese.\r\n\r\nAd un anno di distanza da un'altra estate di lotta tante cose sono cambiate. 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Undici compagn* sono rimasti intrappolati su un ponte dove sono stati picchiati insultati e ammanettati.\r\nTrattenuti in questura per quasi tutta la notte hanno subito altre angherie, prima di essere rilasciati con foglio di via e con la denuncia di resistenza e adunata sediziosa aggravate. \r\nAltri due No Border, Beppe ed Alessia, presi poco lontano dal ponte, sono stati arrestati e richiusi nei carceri di Imperia e Genova Pontedecimo: rilasciati con divieto di dimora tra giorni dopo, saranno processati in autunno per resistenza, adunata sediziosa e lesioni. \r\nQui potete leggere la testimonianza di Stefano, un compagno di Torino.\r\nQui il video del Fatto Quotidiano\r\n\r\nDurante la mattanza sul ponte un poliziotto dell'antisommossa, che stava per unirsi ai colleghi che stavano lavorando di manganello, è morto d'infarto appena sceso dal furgone.\r\nL'episodio è stato usato dai media come pretesto per scatenare una campagna di ulteriore criminalizzazione nei confronti degli attivisti che si battono contro le frontiere. Il Freespot è stato perquisito e due giorni dopo sgomberato con un pretesto, nonostante i locali fossero in affitto. \r\nIl giorno successivo il corteo non è riuscito a partire, perché la polizia ha intercettato e dato il foglio di via a buona parte dei compagni che stavano raggiungendo Ventimiglia. \r\n\r\nLa strategia di Alfano è chiara: alleggerire la pressione sulle frontiere, deportando al sud i migranti e chiudendo in una morsa di ferro chi si oppone alle frontiere. \r\n\r\nIl clima di emergenza serve a fare terra bruciata intorno a migranti e attivisti No Border, per nascondere una verità banale, che senza frontiere non ci sarebbero clandestini, campi, controlli. 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Un gruppo è stato bloccato manganellato e caricato sui furgoni della gendarmeria in una spiaggia di Mentone.\r\nDei migranti rastrellati alcuni sono stati riportati al campo della CRI, altri sono stati deportati a Taranto. I No Border fermati hanno ricevuto tutti il decreto di espulsione dall'Italia o il foglio di via dalla provincia di Imperia.\r\n\r\n \r\n\r\nIl giorno successivo, dopo un volantinaggio in spiaggia che annunciava il corteo della domenica, i No Border si sono avviati in direzione del campo della Croce Rossa per fare un saluto ai migranti.\r\nLa polizia ha prima gasato, poi ha cercato di bloccare gli attivisti chiudendo loro la strada. 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Senza frontiere Ventimiglia sarebbe solo uno dei tanti luoghi dove passa la gente in viaggio.\r\nSenza frontiere, stati, sfruttamento e guerre, tanti neppure partirebbero.\r\nÉ la disarmante banalità del bene.\r\n\r\n \r\n\r\nInternazionale di Federrazioni Anarchiche\r\nDal 4 al 7 agosto si è tenuto a Francoforte il decimo congresso dell'IFA – l'Internazionale di Federazioni Anarchiche.\r\nAl congresso hanno partecipato delegati e osservatori da Francia, Italia, Germania, Gran Bretagna, Olanda, Repubblica Ceca, Grecia, Portogallo, Bielorussia, Turchia, Azerbajan, Iraq, Nuova Zelanda, Argentina, Brasile, Messico, Cile, Repubblica Domenicana, Cuba, El Salvador...\r\nSono state giornate intense in cui alle assemblee plenarie si sono intervallati numerosi worshop. Il sabato pomeriggio c'è stata un'assemblea aperta alla città.\r\nUn'occasione importante di confronto, rinsaldamento dei legami e reciproca conoscenza, costruzione di campagne comuni.\r\nNe abbiamo parlato con Simone.\r\n\r\n \r\n\r\nGuerra per la Libia\r\nLa guerra per la Libia è diventata nuovamente caldissima nel pieno dell'estate. L'Italia è nuovamente in prima fila.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Domenico\r\n\r\n \r\n\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org",[353],{"field":89,"matched_tokens":354,"snippet":350,"value":351},[71],{"best_field_score":128,"best_field_weight":129,"fields_matched":96,"num_tokens_dropped":48,"score":130,"tokens_matched":96,"typo_prefix_score":48},{"document":357,"highlight":377,"highlights":382,"text_match":126,"text_match_info":385},{"comment_count":48,"id":358,"is_sticky":48,"permalink":359,"podcastfilter":360,"post_author":244,"post_content":361,"post_date":362,"post_excerpt":139,"post_id":358,"post_modified":363,"post_thumbnail":364,"post_title":365,"post_type":282,"sort_by_date":366,"tag_links":367,"tags":373},"21410","http://radioblackout.org/podcast/droghe-e-castagne/",[244],"L’abolizione per un vizio nelle modalità di approvazione della legge sulle droghe in vigore da ormai otto anni, la dice lunga sul ruolo suppletivo del potere giudiziario rispetto a quello politico.\r\nQuesta decisione, come già quella sul porcellum elettorale, toglie le castagne dal fuoco sia al parlamento che all’esecutivo, incapaci di prendere decisioni su questioni di grande importanza come la legge che definisce le regole per la delega elettorale.\r\nSe la cancellazione della Fini Giovanardi dovesse avere l’effetto sperato di svuotare un poco le carceri, forse l’Italia scamperebbe le sanzioni imposte dalla corte europea di giustizia per trattamenti inumani e degradanti nelle sovraffollate carceri italiane.\r\nAl tempo stesso il governo di turno non dovrebbe fare i conti con il Nuovo Centro Destra di Alfano e Giovanardi, ben poco disponibili a fare passi indietro nelle politiche proibizioniste.\r\nDue piccioni con una sola fava.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con Robertino Barbieri, storico esponente del movimento antiproibizionista, tra gli animatori di CanaPisa.\r\n\r\nAscolta l’intervista:\r\n\r\n2014 02 14 robertino fini giovanardi\r\n\r\nDi seguito un articolo di Robertino uscito sul numero di questa settimana di Umanità Nova\r\n\r\nDal gennaio 2006 in Italia era in vigore sulle droghe la cosiddetta \"legge Fini-Giovanardi\" che aveva inserito nella stessa tabella droghe leggere e droghe pesanti (coll'unico risultato di affollare le carceri di consumatori e coltivatori di ganja, mentre le strade e le piazze sono state invase da eroina e cocaina ai prezzi più bassi di sempre in valori assoluti) e che aveva stabilito la presunzione di reato di spaccio anche per la semplice detenzione di sostanze proibite oltre certi quantitativi stabiliti dal Governo.\r\nDa mercoledì 12 febbraio, la Fini-Giovanardi non c'è più. La Corte Costituzionale la ha abolita, con una nota in cui la Consulta afferma di aver \"dichiarato l'illegittimità costituzionale - per violazione dell'art. 77, secondo comma, della Costituzione, che regola la procedura di conversione dei decreti-legge (.) rimuovendo le modifiche apportate con le norme dichiarate illegittime agli articoli 73, 13 e 14 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico in materia di stupefacenti)\".\r\nTra i motivi che avevano spinto diversi tribunali (tra cui la Corte di Cassazione, la Corte d’Appello di Torino e il Gup di Roma) a fare ricorso alla Consulta vi era la convinzione che quella legge fosse nata “in modo invalido”. Quella legge fu, infatti, approvata con una sorta di colpo di mano dell'allora governo Berlusconi. Mentre era all’esame del Parlamento il decreto legge del Governo sulla sicurezza alle Olimpiadi invernali di Torino (che includeva una sola piccola norma diretta a rendere meno difficoltoso l’accesso all’affidamento terapeutico ai servizi sociali per i tossicodipendenti recidivi, cancellato due mesi prima dalla famigerata legge Cirielli), il Governo durante la discussione parlamentare in sede di conversione presentò un emendamento composto da decine e decine di articoli che andarono a cambiare radicalmente la legge precedente sulle droghe. Un decreto legge per potere essere emanato dal Capo dello Stato richiede la verifica della sussistenza dei requisiti di urgenza e necessità. Entra immediatamente in vigore. Se nei sessanta giorni successivi il Parlamento dovesse introdurre norme che c’entrano poco con il testo originario compie un’opera illegittima in quanto produce un aggiramento dei vincoli costituzionali. Sulla base di questa unica motivazione procedurale, la Consulta ha deciso di abrogare la Fini-Giovanardi, mentre sembrerebbe che non siano state accolte le altre motivazioni dei ricorsi sulle cosiddette questioni “di merito”, a partire da quella della proporzionalità delle pene (per la semplice detenzione di sostanze proibite erano previste pene da 6 a 20 anni, più alte di quelle per stupro o tentato omicidio). \r\nCon la decisione della Corte, comunque, si torna alla normativa precedente, ovvero alla legge Iervolino-Vassalli, la 162/1990. In generale tornerebbe in vigore la Jervolino-Vassalli modificata dal referendum del 1993 che aveva depenalizzato la detenzione per uso personale. In pratica torneranno ad esserci pene più lievi per lo spaccio di droghe leggere come la cannabis, cioè da 2 a 6 anni di carcere (e da 6 mesi a due anni per “i fatti di lieve entità”), anziché da 6 a 20 anni (e da 1 a 6 anni per la”lieve entità”) come previsto dalla normativa abolita.\r\nLa legge precedente ora tornata in vigore, infatti, prevedeva una differenziazione di trattamento in base alle sostanze e per lo spaccio di droghe pesanti, come cocaina e eroina, anche pene più severe con un minimo di 8 anni di carcere, anziché i 6 della Fini-Giovanardi. In attesa che vengano rese note le motivazioni della sentenza e i dispositivi tecnici che la accompagnano, è difficile sapere quante saranno le persone che potranno beneficiare degli effetti dell'abolizione della Fini-Giovanardi. Prima che fosse resa nota la decisione della Consulta, la Società della Ragione aveva spiegato che la bocciatura della Fini-Giovanardi avrebbe avuto conseguenze pressoché immediate su circa 10mila detenuti, perché \"gli arrestati per droghe leggere sono il 40% degli arrestati per reati in materia di stupefacenti\". \r\nAbolendo la Fini-Giovanardi, la Consulta ha sicuramente tolto una bella castagna dal fuoco dello Stato italiano: l'effetto combinato con quello del cosiddetto decreto “svuotarceri” potrebbe far ridurre la popolazione carceraria di 15-20mila e l'Italia potrebbe forse evitare le sanzioni per il sovraffollamento carcerario stabilite dalle Corte di Strasburgo che vigila sull'applicazione della Convenzione Europea sui Diritti dell'Uomo.\r\nL'abolizione della Fini-Giovanardi, però, è anche merito dei movimenti antiproibizionisti che, pur privi di sostegni istituzionali e oscurati dai media di regime, hanno continuato in questi lunghi otto anni a mobilitarsi contro le norme liberticide, fino ad arrivare al corteo-street parade di sabato 8 febbraio a Roma che ha visto sfilare alcune decine di migliaia di persone in una manifestazione totalmente autoorganizzata e autofinanziata, finita all'onore delle cronache perché al guru radicale Giacinto Pannnella detto Marco è stato detto, in modo peraltro relativamente gentile, di andare altrove a fare il suo lurido mestiere di sciacallo. \r\nCon l'abolizione della Fini-Giovanardi, la mobilitazione antiproibizionista non si ferma. Come ha scritto in un suo comunicato l'ASCIA (un'associazione di consumatori di cannabis autoorganizzati, molto attiva soprattutto sul web), “ritorniamo quindi alla Jervolino-Vassalli, la cannabis torna in tabella II come “droga leggera” e in virtù di questo molti ospiti delle Comunità di Recupero, trattenuti solo perché assuntori di cannabis, potrebbero lasciare il loro stato coatto e molti pazienti potrebbero trovare un facile accesso alle terapie a base di cannabinoidi nel sistema sanitario nazionale, scompare la “presunzione di reato” e quindi lo spaccio va provato e non solo ipotizzato e tutte le condanne e i processi relativi alla Fini-Giovanardi andranno rivisti e ridimensionati. Ma con la Jervolino-Vassalli è ancora vietata la coltivazione e sono ancora applicate sanzioni amministrative per gli assuntori, per questo, se possiamo festeggiare per aver vinto la prima e forse più importante battaglia, é pur vero che dobbiamo rimanere consapevoli che la guerra è ancora in corso”. A dimostrazione che la guerra è sempre in corso, proprio mentre veniva abolita la Legge Fini Giovanardi, la vicenda della canapa medica nella Toscana amministrata dal PD ha registrato un passo indietro. Nel maggio 2012, dopo una lunga concertazione con le associazioni dei pazienti, fu approvata la Legge toscana sulla Cannabis terapeutica che non faceva elenchi di patologie ammesse all'utilizzo del farmaco, né poneva limiti e paletti alla prescrizione della cannabis terapeutica per qualsiasi indicazione la scienza medica dovesse trovare applicazione. Qualche giorno fa è stato reso noto il regolamento attuativo che dovrebbe rendere finalmente utilizzabile questa legge, ma che in effetti restringe l'applicazione della legge a due soli sintomi di due sole patologie, spasmi nella sclerosi multipla e dolore oncologico.\r\nEd anche tra i media il fronte degli adepti dell'eterna crociata contro l'erba proibita si sta riorganizzando. Due pagine di pornografia parascientifica (con tanto di dati terrorizzanti presi da ricerche non citate e che non si trovano coi motori di ricerca per le pubblicazioni scientifiche) contro la cannabis sono addirittura apparsi sul primo inserto settimanale di Pagina99, il nuovo quotidiano fondato da alcuni ex giornalisti del Manifesto, che evidentemente si sono dimenticati di quando, sul giornale in cui lavoravano da giovani, scriveva Giancarlo Arnao, compianto maestro di antiproibizionismo ragionato, che faceva a pezzi le bufale della propaganda della War On Drugs.\r\nSe l'abolizione della Fini-Giovanardi è stata sicuramente una vittoria, nel movimento antiproibizionista c'è comunque la consapevolezza che la strada da fare è ancora molta e tutta in salita e in tutta la penisola si organizzano incontri e iniziative, in attesa delle prossime mobilitazioni di piazza, tra cui la Million Marijuana March (che si terrà a Roma all'inizio di maggio) e Canapisa (che si terrà a Pisa sabato 31 maggio).\r\n\r\nrobertino","19 Febbraio 2014","2018-10-17 22:59:33","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/02/antiproibizionismo1-200x110.jpg","Droghe e castagne",1392779565,[368,369,370,371,372],"http://radioblackout.org/tag/carceri/","http://radioblackout.org/tag/droga/","http://radioblackout.org/tag/fini-giovanardi/","http://radioblackout.org/tag/proibizionismo/","http://radioblackout.org/tag/vassalli-jervolino/",[374,375,260,376,262],"carceri","droga","proibizionismo",{"post_content":378},{"matched_tokens":379,"snippet":380,"value":381},[67],"ospiti delle Comunità di Recupero, \u003Cmark>trattenuti\u003C/mark> solo perché assuntori di cannabis,","L’abolizione per un vizio nelle modalità di approvazione della legge sulle droghe in vigore da ormai otto anni, la dice lunga sul ruolo suppletivo del potere giudiziario rispetto a quello politico.\r\nQuesta decisione, come già quella sul porcellum elettorale, toglie le castagne dal fuoco sia al parlamento che all’esecutivo, incapaci di prendere decisioni su questioni di grande importanza come la legge che definisce le regole per la delega elettorale.\r\nSe la cancellazione della Fini Giovanardi dovesse avere l’effetto sperato di svuotare un poco le carceri, forse l’Italia scamperebbe le sanzioni imposte dalla corte europea di giustizia per trattamenti inumani e degradanti nelle sovraffollate carceri italiane.\r\nAl tempo stesso il governo di turno non dovrebbe fare i conti con il Nuovo Centro Destra di Alfano e Giovanardi, ben poco disponibili a fare passi indietro nelle politiche proibizioniste.\r\nDue piccioni con una sola fava.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con Robertino Barbieri, storico esponente del movimento antiproibizionista, tra gli animatori di CanaPisa.\r\n\r\nAscolta l’intervista:\r\n\r\n2014 02 14 robertino fini giovanardi\r\n\r\nDi seguito un articolo di Robertino uscito sul numero di questa settimana di Umanità Nova\r\n\r\nDal gennaio 2006 in Italia era in vigore sulle droghe la cosiddetta \"legge Fini-Giovanardi\" che aveva inserito nella stessa tabella droghe leggere e droghe pesanti (coll'unico risultato di affollare le carceri di consumatori e coltivatori di ganja, mentre le strade e le piazze sono state invase da eroina e cocaina ai prezzi più bassi di sempre in valori assoluti) e che aveva stabilito la presunzione di reato di spaccio anche per la semplice detenzione di sostanze proibite oltre certi quantitativi stabiliti dal Governo.\r\nDa mercoledì 12 febbraio, la Fini-Giovanardi non c'è più. 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In pratica torneranno ad esserci pene più lievi per lo spaccio di droghe leggere come la cannabis, cioè da 2 a 6 anni di carcere (e da 6 mesi a due anni per “i fatti di lieve entità”), anziché da 6 a 20 anni (e da 1 a 6 anni per la”lieve entità”) come previsto dalla normativa abolita.\r\nLa legge precedente ora tornata in vigore, infatti, prevedeva una differenziazione di trattamento in base alle sostanze e per lo spaccio di droghe pesanti, come cocaina e eroina, anche pene più severe con un minimo di 8 anni di carcere, anziché i 6 della Fini-Giovanardi. In attesa che vengano rese note le motivazioni della sentenza e i dispositivi tecnici che la accompagnano, è difficile sapere quante saranno le persone che potranno beneficiare degli effetti dell'abolizione della Fini-Giovanardi. 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Nel presentare il programma della tre giorni contro il CIE del 23-24-25 maggio a Torino, abbiamo fatto una chiacchierata con Alberto, un compagno di Trapani, dove i due CIE - uno al momento chiuso per lavori - sono da sempre al centro di lotte durissime e di numerose rivolte ed evasioni.\r\nNe è scaturita una discussione a tutto campo centrata soprattutto su un documento sui CIE prodotto da una commissione nominata nel giugno 2012 dall'ex ministro dell'Interno Cancellieri.\r\nUna delle tante eredità lasciate dal governo Monti a propri successori.\r\nSu questo tema vi riportiamo alcuni stralci dell'articolo scritto da Alberto per il settimanale Umanità Nova.\r\nIl \"La responsabile del Viminale voleva vederci chiaro, anche e soprattutto per risolvere le “criticità” emerse negli ultimi anni. Otto alti funzionari coordinati dal sottosegretario di stato Saverio Ruperto, hanno partorito un documento che, ancora una volta, conferma l’attitudine “umbertina” di chi intende risolvere i problemi solo e soltanto con la repressione.\r\nIl testo è stato diffuso, in anteprima, il mese scorso da una sconcertata Sandra Zampa, parlamentare bolognese del PD. E in effetti i motivi di sconcerto sono davvero tanti.\r\nSchematicamente, si può dire che gli estensori del testo abbiano individuato una serie di “direttrici” sulle quali intervenire dopo una analisi di quello che è successo in questi anni nei Cie, anche alla luce dell’inasprimento delle normative in materia di immigrazione che, com’è noto, prevedono un allungamento dei tempi di detenzione fino a diciotto mesi (un anno e mezzo dietro le sbarre per il solo fatto di essere considerati “irregolari”). Nel documento lo si ammette: la administrative detention non consegue alla commissione di un reato, ma si riferisce a uno status giuridico. In Europa, però, «la possibilita di trattenere per via amministrativa gli stranieri irregolarmente presenti sui territorio, in attesa della lora espulsione, ha una storia ormai più che secolare (il primo Paese europeo a introdurre nel proprio ordinamento la detenzione amministrativa fu la Francia nel 1810)».\r\nPertanto, «i C.I.E. fanno ormai stabilmente parte dell’ordinamento e risultano indispensabili per un’efficiente gestione dell’immigrazione irregolare». Quindi, possiamo metterci il cuore in pace.\r\nNel documento non emerge alcuna volontà di ridurre il numero dei Cie, o di rivedere le leggi che li concepiscono. Al contrario, i magnifici otto dell’ex ministro dell’Interno ritengono che i Cie vadano “migliorati” razionalizzandone la gestione. L’unica concessione che si fa riguarda il periodo massimo di detenzione. Diciotto mesi sono troppi, «essendo pressoché trascurabile il numero di stranieri identificati trascorso l’anno di permanenza». Dodici mesi, quindi, possono bastare.\r\nMa la preoccupazione maggiore deriva dalla “sicurezza” dei Cie. Più volte, nel documento, si fa cenno alle rivolte e alle «sedizioni» che hanno letteralmente distrutto alcune di queste strutture fino alla necessità di chiuderle temporaneamente per rimetterle in sesto. Quindi, si propone di creare spazi appositi per l’isolamento dei soggetti più violenti o potenzialmente più violenti. Insomma: celle di isolamento all’interno di strutture sostanzialmente detentive ma formalmente non carcerarie. Non senza ipocrisia, si ammette che «la totale assenza di attività all’interno dei Centri, che si sostanzia in un ozio forzato, comporta un aumento di aggressività e malessere e si traduce in un aumento di episodi di tensione tra immigrati trattenuti e forze dell’ordine». Che fare allora, tenendo conto anche della pericolosa promiscuità dei Cie (che trattengono insieme ex detenuti ed ex lavoratori, immigrati “buoni” e immigrati “cattivi”, immigrati di una cultura insieme ad altri di cultura “avversa”)? Semplice: bisogna pensare che «modalità di trattenimento distinte e una diversa suddivisione degli spazi permetterebbero agli ospiti di trascorre il tempo in maniera costruttiva, con la possibilità di svolgere, in un contesto più armonico e gradevole, attività ricreative e sportive». Attenzione, però: gli immigrati sono tipi difficili, anche un po’ ingrati, e bisogna quindi tener presente il «diffuso disinteresse degli ospiti verso le proposte di attività per l’impiego del tempo, che si registra all’interno dei Centri; mentre, d’altro canto, non è infrequente la necessità per le forze dell’ordine di limitare l’utilizzo degli impianti sportivi all’aperto allo scopo di impedire assembramenti e tentativi di fuga. Affinché sia sempre garantito l’utilizzo di tali impianti, è pertanto auspicabile la predisposizione di un sistema di difese passive all’interno di ogni Cie, in modo da scongiurare sul nascere i tentativi di fuga, attualmente assai frequenti».\r\nAi funzionari del ministero non viene in mente che le rivolte o gli atti di autolesionismo si verificherebbero ugualmente, anche se i Cie fossero dei resort con le gabbie dorate. Né è concepibile, per questi grigi burocrati, che il desiderio di libertà, a fronte di una ingiusta carcerazione, metta in secondo piano qualunque ridicolo palliativo.\r\nDalle pagine del documento trasuda una sola preoccupazione: far sì che il Cie diventi il più possibile sufficiente a se stesso, un panottico dove si possa fare tutto riducendo al minimo i contatti con l’esterno. Ad esempio, per quanto riguarda il diritto alla salute e alle cure mediche, si auspica la presenza di un medico con «responsabilità direzionali» e, più in generale, bisogna far sì che gli immigrati non vengano portati negli ospedali. Leggiamo perché: «Uno dei metodi maggiormente usati da parte dei trattenuti per tentare di fuggire dai Centri consiste nel provocare, anche con atti di autolesionismo, le condizioni per essere ricoverati in strutture sanitarie esterne, dalle quali lo straniero spesso può allontanarsi indisturbato a causa delle obiettive difficoltà a predisporre un servizio di piantonamento fisso. 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Tale centralizzazione sarebbe funzionale anche al diverso ruolo che si vorrebbe affidare agli operatori che gestiscono le strutture, magari creando «un corpo di operatori professionali. Si tratterebbe dl operatori specializzati, preparati attraverso corsi specifici di formazione e addestramento, organizzati anche con il contributo dell’amministrazione penitenziaria, che affiancherebbero le forze dell’ordine, cui resterebbe comunque affidata la sicurezza dei luoghi». Una mutazione di senso che trasformerebbe chi gestisce un Cie in un secondino a tutti gli effetti.\r\nInfine, per completare il quadro, il documento considera l’importanza della collaborazione dei consolati stranieri nelle procedure di identificazione ed espulsione dei loro cittadini irregolarmente presenti in Italia. Quindi, lungi dal pensare a una riduzione dei Centri, «nella prospettiva di una revisione della loro dislocazione sul territorio, e dell’eventuale creazione di nuove strutture, sarebbe opportuno concentrarne la presenza soprattutto nelle città in cui si trovano i consolati o le ambasciate dei Paesi maggiormente interessati al fenomeno migratorio».\r\n\r\nAscolta la diretta con Alberto\r\n2013 05 17 alberto cie","22 Maggio 2013","2018-10-17 22:59:48","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/05/cie-gabbia-200x110.jpg","CIE. L'eredità del governo Monti",1369184228,[398,399,400,401,402,403],"http://radioblackout.org/tag/cie/","http://radioblackout.org/tag/ministro-cancellieri/","http://radioblackout.org/tag/morte-di-fatih/","http://radioblackout.org/tag/torino/","http://radioblackout.org/tag/trapani/","http://radioblackout.org/tag/tre-giorni-contro-il-cie/",[405,264,258,406,252,266],"cie","torino",{"post_content":408},{"matched_tokens":409,"snippet":410,"value":411},[67],"episodi di tensione tra immigrati \u003Cmark>trattenuti\u003C/mark> e forze dell’ordine». Che fare","Il fronte del CIE è sempre caldo. Nel presentare il programma della tre giorni contro il CIE del 23-24-25 maggio a Torino, abbiamo fatto una chiacchierata con Alberto, un compagno di Trapani, dove i due CIE - uno al momento chiuso per lavori - sono da sempre al centro di lotte durissime e di numerose rivolte ed evasioni.\r\nNe è scaturita una discussione a tutto campo centrata soprattutto su un documento sui CIE prodotto da una commissione nominata nel giugno 2012 dall'ex ministro dell'Interno Cancellieri.\r\nUna delle tante eredità lasciate dal governo Monti a propri successori.\r\nSu questo tema vi riportiamo alcuni stralci dell'articolo scritto da Alberto per il settimanale Umanità Nova.\r\nIl \"La responsabile del Viminale voleva vederci chiaro, anche e soprattutto per risolvere le “criticità” emerse negli ultimi anni. Otto alti funzionari coordinati dal sottosegretario di stato Saverio Ruperto, hanno partorito un documento che, ancora una volta, conferma l’attitudine “umbertina” di chi intende risolvere i problemi solo e soltanto con la repressione.\r\nIl testo è stato diffuso, in anteprima, il mese scorso da una sconcertata Sandra Zampa, parlamentare bolognese del PD. E in effetti i motivi di sconcerto sono davvero tanti.\r\nSchematicamente, si può dire che gli estensori del testo abbiano individuato una serie di “direttrici” sulle quali intervenire dopo una analisi di quello che è successo in questi anni nei Cie, anche alla luce dell’inasprimento delle normative in materia di immigrazione che, com’è noto, prevedono un allungamento dei tempi di detenzione fino a diciotto mesi (un anno e mezzo dietro le sbarre per il solo fatto di essere considerati “irregolari”). Nel documento lo si ammette: la administrative detention non consegue alla commissione di un reato, ma si riferisce a uno status giuridico. In Europa, però, «la possibilita di trattenere per via amministrativa gli stranieri irregolarmente presenti sui territorio, in attesa della lora espulsione, ha una storia ormai più che secolare (il primo Paese europeo a introdurre nel proprio ordinamento la detenzione amministrativa fu la Francia nel 1810)».\r\nPertanto, «i C.I.E. fanno ormai stabilmente parte dell’ordinamento e risultano indispensabili per un’efficiente gestione dell’immigrazione irregolare». Quindi, possiamo metterci il cuore in pace.\r\nNel documento non emerge alcuna volontà di ridurre il numero dei Cie, o di rivedere le leggi che li concepiscono. Al contrario, i magnifici otto dell’ex ministro dell’Interno ritengono che i Cie vadano “migliorati” razionalizzandone la gestione. L’unica concessione che si fa riguarda il periodo massimo di detenzione. Diciotto mesi sono troppi, «essendo pressoché trascurabile il numero di stranieri identificati trascorso l’anno di permanenza». Dodici mesi, quindi, possono bastare.\r\nMa la preoccupazione maggiore deriva dalla “sicurezza” dei Cie. Più volte, nel documento, si fa cenno alle rivolte e alle «sedizioni» che hanno letteralmente distrutto alcune di queste strutture fino alla necessità di chiuderle temporaneamente per rimetterle in sesto. Quindi, si propone di creare spazi appositi per l’isolamento dei soggetti più violenti o potenzialmente più violenti. Insomma: celle di isolamento all’interno di strutture sostanzialmente detentive ma formalmente non carcerarie. Non senza ipocrisia, si ammette che «la totale assenza di attività all’interno dei Centri, che si sostanzia in un ozio forzato, comporta un aumento di aggressività e malessere e si traduce in un aumento di episodi di tensione tra immigrati \u003Cmark>trattenuti\u003C/mark> e forze dell’ordine». Che fare allora, tenendo conto anche della pericolosa promiscuità dei Cie (che trattengono insieme ex detenuti ed ex lavoratori, immigrati “buoni” e immigrati “cattivi”, immigrati di una cultura insieme ad altri di cultura “avversa”)? Semplice: bisogna pensare che «modalità di trattenimento distinte e una diversa suddivisione degli spazi permetterebbero agli ospiti di trascorre il tempo in maniera costruttiva, con la possibilità di svolgere, in un contesto più armonico e gradevole, attività ricreative e sportive». Attenzione, però: gli immigrati sono tipi difficili, anche un po’ ingrati, e bisogna quindi tener presente il «diffuso disinteresse degli ospiti verso le proposte di attività per l’impiego del tempo, che si registra all’interno dei Centri; mentre, d’altro canto, non è infrequente la necessità per le forze dell’ordine di limitare l’utilizzo degli impianti sportivi all’aperto allo scopo di impedire assembramenti e tentativi di fuga. Affinché sia sempre garantito l’utilizzo di tali impianti, è pertanto auspicabile la predisposizione di un sistema di difese passive all’interno di ogni Cie, in modo da scongiurare sul nascere i tentativi di fuga, attualmente assai frequenti».\r\nAi funzionari del ministero non viene in mente che le rivolte o gli atti di autolesionismo si verificherebbero ugualmente, anche se i Cie fossero dei resort con le gabbie dorate. Né è concepibile, per questi grigi burocrati, che il desiderio di libertà, a fronte di una ingiusta carcerazione, metta in secondo piano qualunque ridicolo palliativo.\r\nDalle pagine del documento trasuda una sola preoccupazione: far sì che il Cie diventi il più possibile sufficiente a se stesso, un panottico dove si possa fare tutto riducendo al minimo i contatti con l’esterno. Ad esempio, per quanto riguarda il diritto alla salute e alle cure mediche, si auspica la presenza di un medico con «responsabilità direzionali» e, più in generale, bisogna far sì che gli immigrati non vengano portati negli ospedali. Leggiamo perché: «Uno dei metodi maggiormente usati da parte dei \u003Cmark>trattenuti\u003C/mark> per tentare di fuggire dai Centri consiste nel provocare, anche con atti di autolesionismo, le condizioni per essere ricoverati in strutture sanitarie esterne, dalle quali lo straniero spesso può allontanarsi indisturbato a causa delle obiettive difficoltà a predisporre un servizio di piantonamento fisso. Un servizio di assistenza sanitaria efficiente e completo favorisce, in primo luogo, una maggiore tutela della salute di tutti gli ospiti della struttura, e può contribuire anche a scongiurare questi tentativi di fuga».\r\nRispetto alla trasparenza delle strutture, il documento va nella direzione di una maggiore discrezionalità delle prefetture nel rilascio dei permessi di accesso da parte di giornalisti o enti umanitari. E anche agli immigrati viene riconosciuta la libertà di corrispondere con l’esterno, magari con il telefonino personale, purché - ben inteso - non abbia fotocamera o videocamera.\r\nLa gestione economica dei Cie è stata fallimentare. In tutta Italia sono molti gli enti e le cooperative che si sono spartite l’affare dell’accoglienza senza peraltro garantire servizi decenti. E così, al ministero si punta a una centralizzazione dei servizi con la creazione di un unico gestore per tutti i centri in Italia. Tale centralizzazione sarebbe funzionale anche al diverso ruolo che si vorrebbe affidare agli operatori che gestiscono le strutture, magari creando «un corpo di operatori professionali. Si tratterebbe dl operatori specializzati, preparati attraverso corsi specifici di formazione e addestramento, organizzati anche con il contributo dell’amministrazione penitenziaria, che affiancherebbero le forze dell’ordine, cui resterebbe comunque affidata la sicurezza dei luoghi». Una mutazione di senso che trasformerebbe chi gestisce un Cie in un secondino a tutti gli effetti.\r\nInfine, per completare il quadro, il documento considera l’importanza della collaborazione dei consolati stranieri nelle procedure di identificazione ed espulsione dei loro cittadini irregolarmente presenti in Italia. Quindi, lungi dal pensare a una riduzione dei Centri, «nella prospettiva di una revisione della loro dislocazione sul territorio, e dell’eventuale creazione di nuove strutture, sarebbe opportuno concentrarne la presenza soprattutto nelle città in cui si trovano i consolati o le ambasciate dei Paesi maggiormente interessati al fenomeno migratorio».\r\n\r\nAscolta la diretta con Alberto\r\n2013 05 17 alberto cie",[413],{"field":89,"matched_tokens":414,"snippet":410,"value":411},[67],{"best_field_score":128,"best_field_weight":129,"fields_matched":96,"num_tokens_dropped":48,"score":130,"tokens_matched":96,"typo_prefix_score":48},6637,{"collection_name":282,"first_q":67,"per_page":14,"q":67},["Reactive",419],{},["Set"],["ShallowReactive",422],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$fe94MgCyiVhqbjUU5yPuVWIOV67dtkg7WwNfAid_qWS8":-1},true,"/search?query=trattenuti"]