","Germanwings. Depressione e turbocapitalismo","post",1427900781,[60,61,62,63,64],"http://radioblackout.org/tag/andreas-lubitz/","http://radioblackout.org/tag/depressione/","http://radioblackout.org/tag/franco-berardi/","http://radioblackout.org/tag/germanwings/","http://radioblackout.org/tag/turbocapitalismo/",[27,23,25,21,29],{"post_content":67,"post_title":72,"tags":75},{"matched_tokens":68,"snippet":70,"value":71},[69],"turbo-capitalismo","non è affatto sorprendente: il \u003Cmark>turbo-capitalismo\u003C/mark> contemporaneo detesta coloro che chiedono","Sono trascorsi più di dieci giorni dal disastro aereo nel quale sono morte 150 persone che viaggiavano sull'airbus 320 della Germanwings diretto da Barcellona a Dusseldorf.\r\nDa quando è stata diffusa la notizia che la causa più probabile del disastro è stata la decisione volontaria del copilota Andreas Lubitz, che ha così ucciso se stesso e altre 150 persone, la notizia non ha mai lasciato le pagine dei giornali main stream. Questa mattina era ancora in prima pagina del Corriere e della Stampa. Al centro di tutto la minuziosa dissezione mediatica della cosiddetta “malattia mentale” del copilota, il rimpallo di responsabilità sulla mancanza di controlli, le richieste di maggiori misure di sicurezza. Nessuno, o quasi, ha provato a osservare la vicenda con gli occhi diversi. Ogni anno cresce la schiera dei suicidi, alcuni dei quali decidono di morire ammazzando anche qualcun altro. Nessuno o quasi ha notato che la depressione, la tristezza, il disagio del vivere siano una costante nelle nostre società, dove nessuno o quasi corrisponde agli stereotipi proposti dall'immaginario pubblicitario, che, per vendere un prodotto, vende, insieme, uno stile di vita ideale. Chi non è adeguato, chi non si sente all'altezza ne patisce. A volte il patimento diventa intollerabile.\r\n\r\nUno dei pochi a riflettere su questi temi è stato Franco Berardi, “Bifo”, che ha scritto un articolo, che è rimbalzato su blog e socialnetwork in modo virale.\r\n\r\nLo abbiamo sentito al telefono per una riflessione sulla vita quotidiana al tempo della precarietà. Precarietà del lavoro, della vita, del futuro.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\npilota depresso\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito il suo articolo:\r\n\r\nNella cabina di pilotaggio\r\n\r\nDicono che il giovane pilota Andreas Lubitz avesse sofferto di crisi depressive e avesse tenuto nascoste le sue condizioni psichiche all’azienda per cui lavorava, la Lufthansa. I medici consigliavano un periodo di assenza dal lavoro. La cosa non è affatto sorprendente: il \u003Cmark>turbo-capitalismo\u003C/mark> contemporaneo detesta coloro che chiedono di usufruire dei permessi di malattia, e detesta all’ennesima potenza ogni riferimento alla depressione. Depresso io? Non se ne parli neanche. Io sto benissimo, sono perfettamente efficiente, allegro, dinamico, energico, e soprattutto competitivo. Faccio jogging ogni mattina, e sono sempre disponibile a fare straordinario. Non è forse questa la filosofia del low cost? Non suonano forse le trombe quando l’aereo decolla e quando atterra? Non siamo forse circondati ininterrottamente dal discorso dell’efficienza competitiva? Non siamo forse quotidianamente costretti a misurare il nostro stato d’animo con l’allegria aggressiva delle facce che compaiono negli spot pubblicitari? Non corriamo forse il rischio di essere licenziati se facciamo troppe assenze per malattia? \u2028Adesso i giornali (gli stessi giornali che da anni ci chiamano fannulloni e tessono le lodi della rottamazione degli inefficienti) consigliano di fare maggiore attenzione nelle assunzioni. Faremo controlli straordinari per verificare che i piloti d’aereo non siano squilibrati, matti, depressi, maniaci, malinconici tristi e sfigati. Davvero? E i medici? E i colonnelli dell’esercito? E gli autisti dell’autobus? E i conducenti del treno? E i professori di matematica? E gli agenti di polizia stradale? \u2028Epureremo i depressi. Epuriamoli. Peccato che siano la maggioranza assoluta della popolazione contemporanea. Non sto parlando dei depressi conclamati, che pure sono in proporzione crescente, ma di coloro che soffrono di infelicità, tristezza, disperazione. Anche se ce lo dicono raramente e con una certa cautela l’incidenza delle malattie psichiche è cresciuta enormemente negli ultimi decenni, e il tasso di suicidio (secondo il rapporto del World Health Organization) è cresciuto del 60% (wow) negli ultimi quarant’anni. \u2028Quaranta anni? E che potrà mai significare? Che cosa è successo negli ultimi quarant’anni perché la gente corra a frotte verso la nera signora? Forse ci sarà un rapporto tra questo incredibile incremento della propensione a farla finita e il trionfo del Neoliberismo che implica precarietà e competizione obbligatoria? E forse ci sarà un rapporto anche con la solitudine di una generazione che è cresciuta davanti allo schermo ricevendo continui stimoli psico-informativi e toccando sempre di meno il corpo dell’altro? Non si dimentichi che per ogni suicidio realizzato ce ne sono circa venti tentati senza successo. E non si dimentichi che in molti paesi del mondo (anche in Italia) i medici sono invitati a essere cauti nell’attribuire una morte al suicidio, se non ci sono prove evidenti dell’intenzione del deceduto. E quanti incidenti d’auto nascondono un’intenzione suicida più o meno cosciente? \u2028Non appena le autorità investigative e la compagnia aerea hanno rivelato che la causa del disastro aereo sta nel suicidio di un lavoratore che ha sofferto di crisi depressive e le ha tenute nascoste, ecco che in Internet si è messo in marcia il solito esercito di cospirazionisti. “Figuriamoci se ci credo”, dicono quelli che sospettano il complotto. Ci deve essere dietro la CIA, o forse Putin, o magari semplicemente un gravissimo errore della Lufthansa che ci vogliono tenere nascosto. Un vignettista che si firma Sartori e crede di essere molto spiritoso mostra un tizio che legge il giornale e dice: “Strage Airbus: responsabile il copilota depresso.” Poi aggiunge: Fra poco diranno che anche l’ISIS è fatta da depressi.” \u2028Ecco, bravo. Il punto è proprio questo: il terrorismo contemporaneo può avere mille cause politiche, ma la sola causa vera è l’epidemia di sofferenza psichica (e sociale, ma le due cose sono una) che si sta diffondendo nel mondo. Si può forse spiegare il comportamento di uno shaheed, di un giovane che si fa esplodere per uccidere una decina di altri umani in termini politici, ideologici, religiosi? Certo che si può, ma sono chiacchiere. La verità è che chi si uccide considera la vita un peso intollerabile, e vede nella morte la sola salvezza, e nella strage la sola vendetta.\r\n\r\nUn’epidemia di suicidio si è abbattuta sul pianeta terra, perché da decenni si è messa in moto una gigantesca fabbrica dell’infelicità cui sembra impossibile sfuggire. Quelli che dappertutto vedono un complotto dovrebbero smetterla di cercare una verità nascosta, e dovrebbero invece interpretare diversamente la verità evidente. Andreas Lubitz si è chiuso dentro quella maledetta cabina di pilotaggio perché il dolore che sentiva dentro si era fatto insopportabile, e perché accusava di quel dolore i centocinquanta passeggeri e colleghi che volavano con lui, e tutti gli altri esseri umani che come lui sono incapaci di liberarsi dall’infelicità che divora l’umanità contemporanea, da quando la pubblicità ci ha sottoposto a un bombardamento di felicità obbligatorio, da quanto la solitudine digitale ha moltiplicato gli stimoli e isolato i corpi, da quando il capitalismo finanziario ci ha costretto a lavorare il doppio per guadagnare la metà.",{"matched_tokens":73,"snippet":74,"value":74},[29],"Germanwings. 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Nella vita nuova che essi immaginavano e intendevano creare, si sperava che l’impresa di domare le paure e di imbrigliare i pericoli da cui esse derivano potesse realizzarsi. Nel contesto liquido-moderno, invece, la lotta contro le paure si è rivelata un compito a vita, mentre i pericoli che innescano le paure hanno finito per apparire come compagni permanenti e inseparabili della vita umana, anche quando si sospetta che nessuno di essi sia insormontabile.\r\nLa nostra vita è tutt’altro che priva di paure, e il contesto liquido-moderno in cui essa va vissuta è tutt’altro che esente da pericoli e minacce. Tutta la vita è ormai diventata una lotta, lunga e probabilmente impossibile da vincere, contro l’impatto potenzialmente invalidante delle paure, e contro i pericoli, veri o presunti, che temiamo.\"\r\n“Il secolo che viene può essere un’epoca di catastrofe definitiva. O può essere un’epoca in cui si stringerà e si darà vita a un nuovo patto tra intellettuali e popolo, inteso ormai come umanità. Speriamo di poter ancora scegliere tra questi due futuri”.\r\nAscolta il contributo di Paolo:\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/paolo.mp3\"][/audio]\r\n\r\nDopo la giornata di giovedì 16 in solidarietà con i detenuti alla Dozza di Bologna e al carcere di Rebibbia di Roma, oggi c'è stato un saluto al carcere delle Vallette di Torino, Larry ci fa un breve resoconto:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/larry.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nGiovedì 16 aprile\r\n\r\nUna puntata di microfoni aperti interamente dedicata alle prospettive di lotta dentro-e-contro al lavoro.\r\nCosa succederebbe se provassimo a immaginare un presente e un futuro al di fuori della logica del lavoro fondata su espropriazione e alienazione?\r\n\r\nPrendendo spunto dallo scritto di Fabio Vighi La causa assente: tempo e lavoro all'epoca del Coronavirus: \"(...) dobbiamo ammettere che il virus ci consegna un oggetto sempre più raro nella nostra epoca, ovvero un tempo almeno parzialmente liberato dalla ‘passione conformistica’ che ci lega al nostro mondo. Improvvisamente diventa possibile, in un certo senso inevitabile, sottrarci agli imperativi (o ‘aperitivi’) categorici che regolano le nostre vite. Alla fissità dello spazio in cui siamo costretti fa da contraltare una temporalità svincolata dai regimi di comportamento coattivo del turbocapitalismo. (...) Chiunque si pone criticamente nei confronti del capitalismo – e, sottolineo, che può permettersi di farlo in questi giorni così drammatici – non può lasciarsi sfuggire l’opportunità di una riflessione a tutto campo su cos’è in gioco in un mondo tenuto sotto scacco da un virus partorito dal ventre ipertrofico del ‘più efficiente sistema economico che ci sia dato conoscere’\".\r\n\r\nSiamo partite dalla lettura di alcuni stralci dell'articolo di Veronica Gago e Luci Cavallero Crack Up! Femminismo, pandemia e il futuro che verrà, scritto a partire dal contesto argentino, dove si legge: \"La quarantena amplifica la scena della riproduzione sociale, cioè l’evidenza dell’infrastruttura che sostiene la vita collettiva e della precarietà di cui si fa carico. Chi sono coloro che rendono possibile la quarantena? Tutti i lavori di cura, di pulizia e di mantenimento, le molteplici attività del sistema sanitario e agricolo compongono oggi l’infrastruttura imprescindibile. Qual è il criterio per dichiararli tali? Essi esprimono il limite del capitale: quello da cui non può prescindere la vita sociale per continuare ad andare avanti. Esiste anche una vasta area della logistica e un settore del capitalismo delle piattaforme che, nonostante riponga la sua fiducia nella metafisica degli algoritmi e del Gps, si sostiene su corpi concreti. Questi corpi, generalmente migranti, sono quelli che attraversano la città deserta, quelli che permettono – con la propria esposizione – di sostenere e rifornire i rifugi di molti e molte. (...) Sono queste infrastrutture collettive a essere le vere trame dell’interdipendenza, a cui viene delegata la riproduzione nel momento stesso in cui continuano a essere disprezzate. (...). A partire da questa constatazione, è necessario pensare alla riorganizzazione globale dei lavori – al loro riconoscimento, ai salari e alle gerarchie – durante e dopo la pandemia. Detto diversamente: la pandemia può anche essere una prova generale di una diversa organizzazione del lavoro. Non possiamo essere ingenui su questo.\"\r\n\r\nA questo proposito abbiamo ricevuto alcuni contributi dal mondo del lavoro di cura...\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/WhatsApp-Audio-2020-04-15-at-18.32.30.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/WhatsApp-Audio-2020-04-15-at-12.19.05-online-audio-converter.com_.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/aaa.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n...per poi porre uno sguardo sul lavoro sessuale ai tempi di Covid-19, nel momento in cui le sex workers hanno abbandonato quasi del tutto le vie delle città. Come riportato nell'articolo di Grips Sex worker nella pandemia: \"Per chi lavora nei mercati del sesso, senza reti familiari e di protezione, il lockdown significa mancanza di soldi per sopravvivere, fare la spesa e pagare affitti o bollette. Per chi è implicato in reti di sfruttamento, la situazione è ulteriormente aggravata dalla mancanza di autonomia e dalla pendenza del debito da pagare. (...) la rete delle unità di strada assieme ai collettivi a sostegno delle e dei sex worker, come il collettivo Ombre Rosse, ha lanciato una campagna di raccolta fondi per supportarle nelle spese quotidiane e di sopravvivenza\".\r\nAscolta il contributo che abbiamo ricevuto:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/WhatsApp-Audio-2020-04-16-at-22.31.02-online-audio-converter.com_.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nPrendendo spunto dall'articolo di Coniare Rivolta Campi vuoti e campioni di ipocrisia: basta salari da fame, abbiamo poi parlato del ritorno alla ribalta dello sfruttamento nel settore agricolo, apertamente invocato dalla ministra delle politiche agricole Bellanova, così come dai sindaci del Cuneese con le associazioni del padronato (Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Confcooperative), che propongono, fronte alla carenza di manodopera migrante, sgravi fiscali e l’assunzione di cassintegrati, pensionati, studenti, percettori di reddito di cittadinanza. \"Il nodo centrale è uno: senza i braccianti agricoli sottopagati, cioè senza manodopera a basso costo da importare, l’agricoltura italiana non va avanti. I già citati episodi non fanno quindi che mettere a nudo la realtà del sistema di produzione agricolo, fatta di salari da fame per lavoratrici e lavoratori, italiani e stranieri. L’agricoltura si fonda sul sistematico impiego di lavoro precario e discontinuo\".\r\nAbbiamo ricevuto in proposito la testimonianza da un bracciante che vive in una tendopoli nella piana di Gioia Tauro :\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/audio.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nInfine, un punto di vista sulle prospettive aperte dalla pandemia, in termini di riorganizzazione del lavoro:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/PTT-20200416-WA0007-online-audio-converter.com_.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nMentre i padroni già affilano i coltelli per un “ritorno alla normalità” che significherà ancora più sfruttamento e povertà, che futuro immaginiamo dentro e contro al lavoro durante e dopo questa crisi? Quali forme di libertà possiamo o potremmo costruire e praticare?\r\n\r\nLo Stato e i padroni, individualmente o attraverso le loro associazioni, hanno gettato la maschera se ancora ce ne fosse bisogno. A fronte di proteste, scioperi spontanei, assenteismo (fino al 40%) che si sono manifestati nelle scorse settimane nelle fabbriche di fronte all’obbligo del continuare la produzione, anche in assenza di qualunque tutela per la salute di chi è costretto a lavorare per sopravvivere, Conte e il suo governo hanno appoggiato in toto le richieste di Confindustria.\r\nLa repressione nel frattempo colpiva chi si ribellava, chi scioperava per avere protezioni e tutele, per non ammalarsi in fabbrica o in magazzino. Come le rivolte nelle carceri partite pochi giorni prima, si è trattato di lotte contro la gestione dell’emergenza sulla pelle degli sfruttati, dei sacrificabili.\r\nSappiamo che oltre a quelle autorizzate per decreto tramite i codici ATECO, già oggi sono 71 mila le aziende che si sono autocertificate come “essenziali” per poter continuare a produrre. A chi si è lasciato il compito di valutare le deroghe? Ai prefetti. Secondo l’Istat, in Italia è rimasto aperto per tutto il tempo oltre il 52% delle imprese.\r\n\r\nMai sazi, i padroni però continuano a minacciare e vogliono al più presto la riapertura generalizzata della produzione in barba alla precauzione e alla sicurezza, mettendo così in pericolo milioni di lavoratrici e lavoratori. Ripartire subito, senza aspettare il 4 maggio. Questo il messaggio che Confindustria Piemonte ha recapitato al governatore Cirio. “E’ il sistema che deve mettere insieme le cose: fornire le mascherine, il gel igienizzante e i guanti, organizzare i trasporti” aggiungono gli industriali.\r\nCome scritto su un foglio murale, ai tempi della pandemia: 'qualcuno parla di “suddivisione squilibrata del rischio”. Altri, che guardano all’intero pianeta e alle sue gigantesche ingiustizie, di “apocalisse differenziata”'.\r\nNé mascherine, né gel o guanti potranno camuffare lo sfruttamento e la schiavitù. Mai come adesso il ricatto del lavoro si manifesta in tutta la sua evidenza, laddove gli scopi, gli obiettivi, i prodotti delle attività sono espropriati. Dove i corpi sono sempre più sprezzantemente sacrificati sull’altare del profitto. \"Ciò che conta davvero è che si lavori… che tu lavori... che io lavori…\".\r\n\r\n-------------------------------------------------------------------------------------------\r\n\r\nGiovedì 16 aprile\r\n\r\nIl Lockdown non ferma le lotte\r\n\r\nArriva notizia in radio delle difficoltà incontrate dagli operai a lavoro in Val Clarea nella creazione del corridoio ecologico per la farfalla Zerinzia, opera fondamentale per l'allargamento del cantiere dell'alta velocità. Infatti pare che il disboscamento sia fortemento rallentato da pezzi metallici conficcati nei tronchi degli alberi.","18 Aprile 2020","2020-04-21 11:00:56","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/apr-14-17-200x110.png","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/apr-14-17-300x169.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/apr-14-17-300x169.png 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/apr-14-17-1024x576.png 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/apr-14-17-768x432.png 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/apr-14-17-1536x864.png 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/apr-14-17.png 1920w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Microfoni aperti 14/17 aprile",1587250513,[120],"http://radioblackout.org/tag/microfoni-aperti/",[31],{"post_content":123},{"matched_tokens":124,"snippet":125,"value":126},[29],"regimi di comportamento coattivo del \u003Cmark>turbocapitalismo\u003C/mark>. 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Per chi è implicato in reti di sfruttamento, la situazione è ulteriormente aggravata dalla mancanza di autonomia e dalla pendenza del debito da pagare. 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I già citati episodi non fanno quindi che mettere a nudo la realtà del sistema di produzione agricolo, fatta di salari da fame per lavoratrici e lavoratori, italiani e stranieri. L’agricoltura si fonda sul sistematico impiego di lavoro precario e discontinuo\".\r\nAbbiamo ricevuto in proposito la testimonianza da un bracciante che vive in una tendopoli nella piana di Gioia Tauro :\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/audio.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nInfine, un punto di vista sulle prospettive aperte dalla pandemia, in termini di riorganizzazione del lavoro:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/PTT-20200416-WA0007-online-audio-converter.com_.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nMentre i padroni già affilano i coltelli per un “ritorno alla normalità” che significherà ancora più sfruttamento e povertà, che futuro immaginiamo dentro e contro al lavoro durante e dopo questa crisi? Quali forme di libertà possiamo o potremmo costruire e praticare?\r\n\r\nLo Stato e i padroni, individualmente o attraverso le loro associazioni, hanno gettato la maschera se ancora ce ne fosse bisogno. A fronte di proteste, scioperi spontanei, assenteismo (fino al 40%) che si sono manifestati nelle scorse settimane nelle fabbriche di fronte all’obbligo del continuare la produzione, anche in assenza di qualunque tutela per la salute di chi è costretto a lavorare per sopravvivere, Conte e il suo governo hanno appoggiato in toto le richieste di Confindustria.\r\nLa repressione nel frattempo colpiva chi si ribellava, chi scioperava per avere protezioni e tutele, per non ammalarsi in fabbrica o in magazzino. Come le rivolte nelle carceri partite pochi giorni prima, si è trattato di lotte contro la gestione dell’emergenza sulla pelle degli sfruttati, dei sacrificabili.\r\nSappiamo che oltre a quelle autorizzate per decreto tramite i codici ATECO, già oggi sono 71 mila le aziende che si sono autocertificate come “essenziali” per poter continuare a produrre. A chi si è lasciato il compito di valutare le deroghe? Ai prefetti. Secondo l’Istat, in Italia è rimasto aperto per tutto il tempo oltre il 52% delle imprese.\r\n\r\nMai sazi, i padroni però continuano a minacciare e vogliono al più presto la riapertura generalizzata della produzione in barba alla precauzione e alla sicurezza, mettendo così in pericolo milioni di lavoratrici e lavoratori. Ripartire subito, senza aspettare il 4 maggio. Questo il messaggio che Confindustria Piemonte ha recapitato al governatore Cirio. “E’ il sistema che deve mettere insieme le cose: fornire le mascherine, il gel igienizzante e i guanti, organizzare i trasporti” aggiungono gli industriali.\r\nCome scritto su un foglio murale, ai tempi della pandemia: 'qualcuno parla di “suddivisione squilibrata del rischio”. Altri, che guardano all’intero pianeta e alle sue gigantesche ingiustizie, di “apocalisse differenziata”'.\r\nNé mascherine, né gel o guanti potranno camuffare lo sfruttamento e la schiavitù. Mai come adesso il ricatto del lavoro si manifesta in tutta la sua evidenza, laddove gli scopi, gli obiettivi, i prodotti delle attività sono espropriati. Dove i corpi sono sempre più sprezzantemente sacrificati sull’altare del profitto. \"Ciò che conta davvero è che si lavori… che tu lavori... che io lavori…\".\r\n\r\n-------------------------------------------------------------------------------------------\r\n\r\nGiovedì 16 aprile\r\n\r\nIl Lockdown non ferma le lotte\r\n\r\nArriva notizia in radio delle difficoltà incontrate dagli operai a lavoro in Val Clarea nella creazione del corridoio ecologico per la farfalla Zerinzia, opera fondamentale per l'allargamento del cantiere dell'alta velocità. Infatti pare che il disboscamento sia fortemento rallentato da pezzi metallici conficcati nei tronchi degli alberi.",[128],{"field":97,"matched_tokens":129,"snippet":125,"value":126},[29],578730123365187700,{"best_field_score":132,"best_field_weight":133,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":46,"score":134,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":46},"1108091338752",14,"578730123365187697",{"document":136,"highlight":160,"highlights":165,"text_match":130,"text_match_info":168},{"cat_link":137,"category":138,"comment_count":46,"id":139,"is_sticky":46,"permalink":140,"post_author":49,"post_content":141,"post_date":142,"post_excerpt":52,"post_id":139,"post_modified":143,"post_thumbnail":144,"post_thumbnail_html":145,"post_title":146,"post_type":57,"sort_by_date":147,"tag_links":148,"tags":156},[43],[45],"54692","http://radioblackout.org/2019/06/monetarismo-draghi-e-minibot/","Districarsi nel turbocapitalismo monetarista è un'impresa, anche perché se si cominciasse a intravedere un barlume di rotta da seguire, si potrebbe forse prendere le contromisure, contrapporre scelte eticamente condivisibili, fargli male davvero... o semplicemente trarre piacere dal fatto che si era anticipato dove si stava andando a parare. 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In quest'altro contesto vanno inseriti i minibot di Borghi, che però a una disamina minimamente più approfondita rispetto al loro muoversi nella stessa direzione degli stimoli monetari che rimetterebbero in moto l'economia si ammantano di qualche afflato keynesiano (ovvero nella vulgata ormai diffusa, \"di sinistra\")... e anche stavolta dunque serve una contestualizzazione dei concetti sottesi a quelle che sembrano sparate provocatorie a livello locale, ma se ricondotte alle dispute tra Usa e UE assumono altri spunti di interesse.\r\n\r\nPer contestualizzare tutte queste innumerevoli spinte contrapposte ci siamo rivolti a Raffaele Sciortino, il cui ultimo libro è appunto, parafrasando John Reed, I dieci anni che sconvolsero il mondo. 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I media, interessati esclusivamente alla sorte dei rapiti ci hanno fornito un'idea distorta e falsa di una guerriglia longeva, attiva, organizzata e che soprattutto ha saputo negli anni dismettere i panni logori delle ideologie per accogliere le istanze di resistenza delle popolazioni indigene. Prova ne è che tra le contropartite principali richieste dopo il sequestro dai naxaliti (nome dei guerriglieri che deriva dal primo episodio significativo di resistenza ai latifondisti del 1967 nel villaggio di Naxalbari) vi è che cessino i giri fotografici dei turisti nelle zone tribali, che degradano le culture indigene a reperti da museo e gli indigeni ad animali esotici da osservare. Ne parliamo con Piero Pagliani, autore di uno dei rari testi di riferimento in Italiano uscito per Mimesis nel 2007, Naxalbari- India. L'insurrezione nella futura terza potenza mondiale.\r\n\r\n[audio mp3=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/03/India_900_20-03-2012-gia-tagliata.mp3\"]","20 Marzo 2012","2025-09-24 22:01:10","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/03/maoistichhattisgarh1-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"201\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/03/maoistichhattisgarh1-300x201.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/03/maoistichhattisgarh1-300x201.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/03/maoistichhattisgarh1.jpg 498w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","L'India dei Naxaliti",1332249233,[],[],{"post_content":185},{"matched_tokens":186,"snippet":187,"value":188},[69],"nel cuore dell'India rampante del \u003Cmark>turbo-capitalismo\u003C/mark> e del nuovo\" sviluppo\". 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