","Trump completa il piano Balfour dopo un secolo di sionismo","post",1580428462,[61,62,63,64,65,66,67,68],"http://radioblackout.org/tag/gaza/","http://radioblackout.org/tag/israele/","http://radioblackout.org/tag/netanyahu/","http://radioblackout.org/tag/palestinesi/","http://radioblackout.org/tag/sionisti/","http://radioblackout.org/tag/territori-occupati/","http://radioblackout.org/tag/trump/","http://radioblackout.org/tag/ultraortodossi/",[70,15,17,28,26,34,20,32],"Gaza",{"post_content":72,"tags":76},{"matched_tokens":73,"snippet":74,"value":75},[32],"consultata. E nonostante questo gli \u003Cmark>ultraortodossi\u003C/mark> rifiutano il regalo di Kushner","«The Deal of the Century», la prosopopea smargiassa di Trump si permette enormità che anche solo pochi anni fa sarebbero state considerate ridicolaggini, o proposte innominabili... così lascerebbe trasparire il \"Washington Post\" nel suo editoriale odierno, anche se poi, andando a vedere nelle pieghe della storia insieme a Amedeo Rossi, alcune perle si possono far risalire anche a presidenti considerati progressisti. Quello che forse può apparire innovativo è il fatto che in quest'ultimo teatrino gli Usa hanno gettato la maschera, dimostrando di non essere (mai?) super partes, ma megafono delle posizioni sioniste, come ora è palese, visto che una delle due parti non è stata nemmeno consultata. E nonostante questo gli \u003Cmark>ultraortodossi\u003C/mark> rifiutano il regalo di Kushner e Mbs, un finanziatore di coloni e un rampollo saudita assassino di giornalisti, neanche quel bantustan a macchia di leopardo disegnato con improbabili tunnel dalla striscia di Gaza è tollerabile per i coloni; e anche per la minoranza – ma non troppo – russa (e infatti anche da Putin non vengono reazioni negative). Anche se già solo un accordo del genere sarebbe la fine di ogni speranza di affrancamento della nazione palestinese.\r\n\r\nCiò che è più grave è che in questo modo si crea il precedente che vede sancire un'occupazione militare, riconoscendo lo status quo e avvallando il diritto del più forte. Non è un caso quel diritto era stato bandito dal consesso internazionale dalla fine di una guerra che aveva visto soccombere sovranisti, nazionalisti, fascisti... quel pensiero ora al potere un po' dovunque nel mondo. E proprio su questa complessità geopolitica e sull'assenza di leadership palestinese gioca l'amministrazione Trump, forse ancora di più che sulla tradizionale divisione del mondo arabo, e sull'isolamento dell'Iran. Anche se l'assenza di diplomazia nelle mosse americane mettono in difficoltà i maggiori alleati degli Usa in Medio Oriente. Senza considerare quanto le considerazioni su Gerusalemme risultano produzione di ignoranti o banditi.\r\n\r\nAndando a sgattare in fondo si finisce con sancire ancora una volta che tutto è regolato da rapporti economici, sudditanze, alleanze che esulano dalla materia in sé e producono complicità devianti, pastette immorali, dimostrazioni di gratitudine reciproca sulla pelle dei soliti palestinesi... e con lucidità e conoscenza Amedeo Rossi ci aiuta a scoperchiare ogni truffa nascosta in questi punti dell'accordo proposto:\r\n\r\nLa lucidità per cogliere la prepotente sicumera con cui si affronta la questione israelo-palestinese\r\n\r\n ",[77,79,81,83,85,87,89,91],{"matched_tokens":78,"snippet":70},[],{"matched_tokens":80,"snippet":15},[],{"matched_tokens":82,"snippet":17},[],{"matched_tokens":84,"snippet":28},[],{"matched_tokens":86,"snippet":26},[],{"matched_tokens":88,"snippet":34},[],{"matched_tokens":90,"snippet":20},[],{"matched_tokens":92,"snippet":93},[32],"\u003Cmark>ultraortodossi\u003C/mark>",[95,101],{"field":35,"indices":96,"matched_tokens":98,"snippets":100},[97],7,[99],[32],[93],{"field":102,"matched_tokens":103,"snippet":74,"value":75},"post_content",[32],578730123365712000,{"best_field_score":106,"best_field_weight":38,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":47,"score":107,"tokens_matched":19,"typo_prefix_score":47},"1108091339008","578730123365711978",{"document":109,"highlight":125,"highlights":130,"text_match":133,"text_match_info":134},{"cat_link":110,"category":111,"comment_count":47,"id":112,"is_sticky":47,"permalink":113,"post_author":50,"post_content":114,"post_date":115,"post_excerpt":53,"post_id":112,"post_modified":116,"post_thumbnail":117,"post_thumbnail_html":118,"post_title":119,"post_type":58,"sort_by_date":120,"tag_links":121,"tags":123},[44],[46],"89705","http://radioblackout.org/2024/05/dentro-le-proteste-contro-netanyahu-e-le-loro-contraddizioni/","Dal 7 Ottobre in poi, le proteste che da mesi mobilitano migliaia di persone cittadine israeliane contro l’esecutivo guidato da Bibi Netanyahu sono state dense, partecipate, continuative e addirittura conflittuali. Uno dei fulcri delle proteste, è ed è stato la questione degli ostaggi israeliani a Gaza da riportare a casa, obiettivo che molti israeliani non ritengono prioritario dall'esecutivo di governo. Tali proteste hanno una composizione sociale e politica varia, da ultraortodossi a forze sioniste liberali fino ad esponenti della sinistra moderata israeliana.\r\n\r\nC'è però un elemento che delinea queste proteste: l'assenza di una critica strutturale verso le politiche di occupazione e coloniali verso i territori palestinesi, e la fine della guerra e del genocidio a Gaza, intesa come fine dello sterminio del popolo palestinese. Paradossale, per esempio, la difesa della Corte Suprema Israeliana da parte dei manifestanti, la stessa che legittima l’espropriazione delle terre palestinesi e le demolizioni delle case, oltre che permettere leggi razziste e sioniste verso la componente palestinese ed araba, anche quella all'interno dello stato Israeliano stesso.\r\n\r\nCi facciamo raccontare le piazze israeliane e le sue contraddizioni estremamente problematiche da Lidia Ginestra Giuffrida, autrice di un reportage sulle manifestazioni degli ultimi mesi. 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Queste vanno dalla messa in discussione della neutralità della scienza, alle istanze che riguardano il lavoro, alle forme di autorganizzazione di sostegno e tutela collettiva. Il blocco e lo sgombero del varco 4 del porto di Trieste è stato solo l’apice mediatico di un percorso che vede migliaia di persone riunirsi in assemblea tutte le settimane, riprendersi fisicamente gli spazi pubblici, immaginarsi delle forme di convivenza diverse da quelle che lo Stato impone.\r\nNe abbiamo parlato con ospiti da Trieste, presenti in studio con noi.\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/11/triesteok.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\nNelle maggiori città del Marocco, ogni domenica si susseguono proteste con migliaia di persone. Si manifesta la contrarietà al Green Pass, obbligatorio per l’accesso ai servizi di qualunque tipo e contro la campagna vaccinale portata avanti dal governo. In più vi è la mobilitazione degli e delle insegnanti della scuola, obbligati a lavorare con contratti iperprecari e senza essere pagati. Il licenziamento arbitrario di Wijdane Salim e le ultime dichiarazioni del ministro dell’istruzione vanno a ingrossare le proteste di queste settimane, nelle quali si denuncia anche il carovita, la mancanza di un’assistenza sanitaria adeguata e la sistematica violazione dei diritti del popolo marocchino.\r\nDi tutto questo ci ha parlato Abdellah.\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/11/marocco.mp3\"][/audio]\r\nAd Atene e nel resto della Grecia, la situazione è complessa: in un contesto di mobilitazione permanente contro le riforme e gli episodi di repressione di questo governo, da questa estate il rifiuto del vaccino e del Green Pass è stato il significante di piazze indette soprattutto dalla destra fascista e da organizzazioni di cristiani ultra-ortodossi. Episodi come quelli accaduti a New Smyrni mostrano come la popolazione greca non sia disposta a godere della libertà dalle restrizioni solo quando vi è da assecondare l'economia turistica del paese e nemmeno a cedere a forme sempre più pesanti di repressione.\r\nLa diretta è con Tina, compagna anarchica che vive ad Atene.\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/11/grecia.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","21 Novembre 2021","2021-11-22 10:53:39","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/11/immagine-per-podcast-No-Green-Pass-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/11/immagine-per-podcast-No-Green-Pass-300x169.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/11/immagine-per-podcast-No-Green-Pass-300x169.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/11/immagine-per-podcast-No-Green-Pass-1024x576.jpeg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/11/immagine-per-podcast-No-Green-Pass-768x432.jpeg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/11/immagine-per-podcast-No-Green-Pass.jpeg 1500w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","No Green Pass e lotte sociali",1637532167,[152,153,154,155],"http://radioblackout.org/tag/grecia/","http://radioblackout.org/tag/marocco/","http://radioblackout.org/tag/nogreenpass/","http://radioblackout.org/tag/trieste/",[22,24,30,157],"trieste",{"post_content":159},{"matched_tokens":160,"snippet":162,"value":163},[161],"ultra-ortodossi","e da organizzazioni di cristiani \u003Cmark>ultra-ortodossi\u003C/mark>. 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Il weekend scorso ha visto in piazza decine di migliaia di persone che si sono accampate per quattro giorni fuori dalla Knesset per chiedere a gran voce una soluzione per il rilascio degli ostaggi ancora in mano ad Hamas ed elezioni anticipate, caldeggiate anche da Benny Gantz presso lo Knesset che le ha rifiutate. Il clima interno tutt’altro che sereno per l’esecutivo si aggrava per le proteste degli ultra-ortodossi che una legge appena approvata rende coscrivibili. Le operazioni di guerra sulla striscia di Gaza continuano e il bilancio dei morti sale a più di 33 mila. L’Idf cinge d'assedio la città di Rafah, ultimo rifugio per gli sfollati palestinesi, preparando un’operazione di terra che fino per ora, anche a causa delle pressioni delle cancellerie occidentali, resta una minaccia. Proprio mentre le forze di sicurezza israeliane si ritiravano dall’ospedale Al-Shifa lasciandosi alle spalle una lunga scia di sangue, un raid dell’aviazione uccideva sette cooperanti internazionali dell’organizzazione World Central Kitchen (WCK) causando sdegno a occidente (questa volta i morti sono bianchi) e il momentaneo stop delle operazione umanitarie delle ONG nella Striscia. Se da subito Netanyahu ha parlato con un certo sprezzo di “errori che possono capitare in guerra” c’è chi vede nell’attacco al convoglio di WCK, e negli altri “errori” che lo hanno preceduto, una strategia ben precisa dell’esercito israeliano per piegare ulteriormente il popolo palestinese e fiaccarne la resistenza, impedendo al contempo che gli aiuti sostengano anche la resistenza di Hamas.\r\nIn un clima regionale già infuocato ulteriore benzina è stata gettata dalle Idf con l’attacco alla ambasciata iraniana a Damasco che ha lasciato ucciso decine di civili oltre ad alcuni Pasdaran considerati di “alto profilo”. Attacco israeliano su suolo siriano che non è di certo il primo ma che denota un salto qualitativo, sia per l’importanza dei Guardiani della Rivoluzione uccisi sia perché ad essere colpita è stata una sede diplomatica in suolo straniero. Khamenei ha prontamente annunciato pesanti ritorsioni e il ministero della Difesa israeliano ha innalzato al massimo il livello di allerta aerea e richiamato i riservisti dell’aeronautica. Gli occhi del mondo si sono nuovamente spostati sul vicino Libano ed Hezbollah, sponda iraniana più prossima a Israele i cui attacchi ormai colpiscono ben al di là del suo confine nord.\r\n\r\nPer farci raccontare timori e sensazioni dal paese dei cedri abbiamo contattato Camilla, cooperante italiana che si trova a Beirut.\r\n\r\nMentre alcuni generali ucraini lanciano dalle pagine del Politico un ennesimo allarme sul fatto che la Russia potrebbe sfondare la linea del foriate da un momento all'altro, la retorica di guerra continua a gonfiare i muscoli dei leader europei. Dopo le spericolate uscite di Macron è stato ancora il premier polacco Tusk a rimarcare che la Russia starebbe violando ripetutamente alcune linee rosse. Intanto son già 100.000 gli uomini della Nato stipati ai con fin i Russi e dov ebbero arrivare a 300.000. Putin non si è fatto sfuggire l'occasione di rispondere ai leader europei e in un discorso tenuto ai piloti nella base di Tver ha sostenuto quanto sui file pensare che la Russia voglia ingaggiar uno scontro diretto con la Nato, ricordando che sto gli Usa spendono in Difesa ben 811 miliardi, cioè undici volte quanto spesso dalla Russia.\r\n\r\nTra i fustigatori del pacifismo strabico o ,peggio, codardo, della gran parte dei cittadini europei che eviterebbero volentieri un olocausto nucleare, si è distinto il solito Rampini che dalle pagine del Corriere ha operato un tentativo maldestro di riscrittura della storia che tra la fine degli anni settanta e i primi ottanta, vide una grande ondata di proteste popolari contro i famosi Euromissili. Ovviamente Rampini la racconta come una grande vittoria del buon senso atlantico sulle immotivate paure del popolo mentre in realtà fu l'amaro realismo di alcun i leader europei, tra cui gli italiani Craxi e Cossiga e il tedesco Schmidt a guidare la scelta, come escamotage per costringere gli Usa ad assumersi la responsabilità pratica degli esiti potenzialmente devastanti per l'Europa delle tensioni tra Usa e Urss. Solo quattro anni dopo Reagan e Gorbachov infatti, in un trattato noto come INF, misero al bando quegli arsenali. Negli ultimi anni quel trattato è stato messe in discussione proprio dagli Stati Uniti, Trump in testa, per averte le mani libere nel Mar Cinese Meridionale.\r\n\r\nAll'indomani dell'attacco israeliano sull'Ambasciata iraniana di Damasco, un'improvvisa chiamata di Biden ha raggiunto il suo omologo cinese Xi Jinping. 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Se da subito Netanyahu ha parlato con un certo sprezzo di “errori che possono capitare in guerra” c’è chi vede nell’attacco al convoglio di WCK, e negli altri “errori” che lo hanno preceduto, una strategia ben precisa dell’esercito israeliano per piegare ulteriormente il popolo palestinese e fiaccarne la resistenza, impedendo al contempo che gli aiuti sostengano anche la resistenza di Hamas.\r\nIn un clima regionale già infuocato ulteriore benzina è stata gettata dalle Idf con l’attacco alla ambasciata iraniana a Damasco che ha lasciato ucciso decine di civili oltre ad alcuni Pasdaran considerati di “alto profilo”. Attacco israeliano su suolo siriano che non è di certo il primo ma che denota un salto qualitativo, sia per l’importanza dei Guardiani della Rivoluzione uccisi sia perché ad essere colpita è stata una sede diplomatica in suolo straniero. Khamenei ha prontamente annunciato pesanti ritorsioni e il ministero della Difesa israeliano ha innalzato al massimo il livello di allerta aerea e richiamato i riservisti dell’aeronautica. Gli occhi del mondo si sono nuovamente spostati sul vicino Libano ed Hezbollah, sponda iraniana più prossima a Israele i cui attacchi ormai colpiscono ben al di là del suo confine nord.\r\n\r\nPer farci raccontare timori e sensazioni dal paese dei cedri abbiamo contattato Camilla, cooperante italiana che si trova a Beirut.\r\n\r\nMentre alcuni generali ucraini lanciano dalle pagine del Politico un ennesimo allarme sul fatto che la Russia potrebbe sfondare la linea del foriate da un momento all'altro, la retorica di guerra continua a gonfiare i muscoli dei leader europei. Dopo le spericolate uscite di Macron è stato ancora il premier polacco Tusk a rimarcare che la Russia starebbe violando ripetutamente alcune linee rosse. Intanto son già 100.000 gli uomini della Nato stipati ai con fin i Russi e dov ebbero arrivare a 300.000. Putin non si è fatto sfuggire l'occasione di rispondere ai leader europei e in un discorso tenuto ai piloti nella base di Tver ha sostenuto quanto sui file pensare che la Russia voglia ingaggiar uno scontro diretto con la Nato, ricordando che sto gli Usa spendono in Difesa ben 811 miliardi, cioè undici volte quanto spesso dalla Russia.\r\n\r\nTra i fustigatori del pacifismo strabico o ,peggio, codardo, della gran parte dei cittadini europei che eviterebbero volentieri un olocausto nucleare, si è distinto il solito Rampini che dalle pagine del Corriere ha operato un tentativo maldestro di riscrittura della storia che tra la fine degli anni settanta e i primi ottanta, vide una grande ondata di proteste popolari contro i famosi Euromissili. Ovviamente Rampini la racconta come una grande vittoria del buon senso atlantico sulle immotivate paure del popolo mentre in realtà fu l'amaro realismo di alcun i leader europei, tra cui gli italiani Craxi e Cossiga e il tedesco Schmidt a guidare la scelta, come escamotage per costringere gli Usa ad assumersi la responsabilità pratica degli esiti potenzialmente devastanti per l'Europa delle tensioni tra Usa e Urss. Solo quattro anni dopo Reagan e Gorbachov infatti, in un trattato noto come INF, misero al bando quegli arsenali. Negli ultimi anni quel trattato è stato messe in discussione proprio dagli Stati Uniti, Trump in testa, per averte le mani libere nel Mar Cinese Meridionale.\r\n\r\nAll'indomani dell'attacco israeliano sull'Ambasciata iraniana di Damasco, un'improvvisa chiamata di Biden ha raggiunto il suo omologo cinese Xi Jinping. Ne abbiamo parlato con Dario, ricercatore di Scienze Politiche presso la Normale di Pisa.\r\n\r\n \r\n\r\nAscolta il podcast:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/la-fine-04-04.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nMATERIALI\r\n\r\nFrancesca Mannocchi - L’arma della fame, l’attacco al convoglio umanitario della Ong Wck è solo l’ultimo di una lunga serie\r\n\r\nPOLITICO ukraine-great-risk-front-line-collapse-war-russia\r\n\r\nDiscorso Putin lattacco-russo-e-una-gran-balla-da-il-fatto\r\n\r\nRAMPINI nato-75-anni-storia-europa-russia-cf5d9e18-f1da-11ee-8ce8-d1851d0e956a.shtml\r\n\r\nIl trattato INF gli-euromissili-e-il-trattato-inf",[206],{"field":102,"matched_tokens":207,"snippet":203,"value":204},[161],{"best_field_score":135,"best_field_weight":136,"fields_matched":19,"num_tokens_dropped":47,"score":137,"tokens_matched":19,"typo_prefix_score":47},{"document":210,"highlight":222,"highlights":227,"text_match":133,"text_match_info":230},{"comment_count":47,"id":211,"is_sticky":47,"permalink":212,"podcastfilter":213,"post_author":176,"post_content":214,"post_date":215,"post_excerpt":53,"post_id":211,"post_modified":216,"post_thumbnail":217,"post_title":218,"post_type":196,"sort_by_date":219,"tag_links":220,"tags":221},"85542","http://radioblackout.org/podcast/anarres-del-primo-dicembre-bloccati-i-mercanti-darmi-sudan-il-silenzio-sulla-strage-il-bavaglio-ad-haaretz-affari-di-morte-tra-italia-ed-egitto-analisi-e-prospettive-del-conflitto-in-me/",[176],"ll podcast del nostro nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete.\r\nDalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. 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Bloccati i mercanti d’armi!\r\nIl 28 novembre era la giornata di apertura dell’Aerospace and defence meetings, mostra-mercato dell’industria bellica aerospaziale.\r\nUn evento a porte chiuse, riservato ai maggiori produttori a livello mondiale, ai rappresentanti di governi, forze armate e compagnie di contractor.\r\nL’appuntamento per gli antimilitaristi era di fronte all’ingresso dell’Oval, dove, protetti da un ingente schieramento di polizia, dovevano entrare i partecipanti a questa convention, fiore all’occhiello della lobby armiera subalpina.\r\nGli antimilitaristi armati di striscioni e cartelli sin dalle 12 hanno occupato la strada davanti al cancello del centro congressi.\r\nDopo pochi minuti le auto dirette all’Oval hanno fatto retro marcia. I partecipanti sono stati obbligati ad entrare all’Oval a piedi, alla spicciolata, da un passaggio interno al Lingotto.\r\nPer la prima volta dopo 18 anni gli antimilitarist* hanno bloccato l’ingresso ai mercanti d’armi.\r\nIl blocco è stato tenuto per oltre due ore, in modo che nessuno passasse dalla porta principale.\r\n\r\nSudan. Il silenzio sulla strage\r\nLa guerra civile in Sudan è scomparsa dai media, nonostante continuino i massacri specie nel Darfur.\r\nSe a Khartoum e nelle zone limitrofe la situazione è molto grave, nel Darfur è catastrofica. Forte è il rischio di un genocidio simile a quello compiuto nella prima decade del Duemila dagli ex janjaweed (termine che più o meno significa “diavoli a cavallo”), che sono stati ribattezzati Rapid Support Forces. Hemetti ne era il leader: assaltavano i villaggi africani, bruciavano le capanne, ammazzavano senza pietà gli uomini, stupravano le donne e rapivano i bambini costringendoli a arruolarsi.\r\nPersone in fuga verso il Ciad hanno riferito di una nuova ondata di omicidi a sfondo etnico nel Darfur occidentale, dopo che le RSF hanno preso il controllo della principale base dell’esercito a El Geneina, capoluogo della regione. 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Il sionismo, sia nella sua componente socialista che in quella revisionista, ovvero liberale, nasce come progetto politico laico nelle sue parti maggioritarie, e, sopratutto, trainanti, e tale rimane per decenni anche dopo la nascita dello stato di Israele. Le componenti religiose di estrema destra cominciano a guadagnare trazione a partire dalla seconda metà degli anni ’70. Elettoralmente avevano un peso relativo ma riescono a influenzare pesantemente lo scacchiere politico fornendo una base di voti per il Likud. Da quegli ambienti arriverà l’assassino di Rabin nel 1995. Facciamo un salto avanti di una decina di anni. A metà anni 2000 il governo – per ironia della sorte del Likud – nell’ambito del processo di pace decide il ritiro dalla striscia di Gaza e la demolizione degli insediamenti dei coloni sul territorio che viene restituito alle autorità palestinesi. Bisogna qua chiarire alcuni passaggi: quegli insediamenti erano roccaforti dell’estrema destra religiosa e nulla avevano a che fare con i Kibbuzim e Moshav dei pionieri e quel momento segna una frattura tra quei settori, dalla sinistra fino al centro-destra, della società israeliana che volevano un processo di pace con l’ANP e il movimento dei coloni che teorizza la necessità di stabilire l’autorità di uno stato con un’identità religiosa e politica – e non solo culturale – ebraica sull’intera area del così detto Grande Israele. 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Allo scontro interno alla classe dirigente ucraina infatti si sovrappone la contesa tra le potenze imperialiste.\r\nPer capirlo non c'è bisogno di ascoltare i deliri e le minacce del potente di turno, che sia Tusk, Putin o Poroshenko.\r\nCon la strage del 2 maggio scorso nella Casa dei Sindacati di Odessa, la situazione in Ucraina è precipitata in una vera e propria guerra. Una guerra che non è altro che la tragica prosecuzione dello scontro tra Russia, Unione Europea e USA in atto da quasi un ventennio in quella regione.\r\nL'Ucraina ha avuto negli ultimi anni un ruolo chiave nelle relazioni tra Russia e Unione Europea, importanti relazioni economiche dalle quali ovviamente ciascuna delle due parti ha sempre tentato di trarre il massimo profitto; relazioni che hanno attraversato numerose crisi, anche molto gravi, spesso segnate dall'intervento del Fondo Monetario Internazionale, della NATO o da quello diretto degli USA.\r\nUno scontro tra imperialismi diretto ed evidente, in cui sono in ballo grossi interessi.\r\nGli interessi per gli importanti gasdotti ucraini che permettono alla Russia di rifornire l'Europa; gli interessi strategici per il controllo del Mar Nero e della nuova frontiera che si verrebbe a creare in Ucraina tra Russia e Unione Europea; gli interessi delle aziende straniere che operano in quel paese, tra cui molte italiane; l'importanza delle regioni industrializzate dell'est ucraino, che negli scorsi anni avevano conosciuto una forte crescita produttiva, e che pesano molto sia sul mercato estero delle esportazioni che su quello interno ucraino; gli interessi coloniali e di influenza della Nato del FMI e della Russia.\r\nCi troviamo di fronte all'ennesima guerra tra forze imperialiste. Forze che sembrano avere interessi solo in parte contrapposti. Nelle ultime settimane abbiamo assistito ad una tregua più politica che militare, dato che sul campo continuavano a verificarsi scontri armati; tregua che proprio per la sua valenza politica ha dato modo al governo di Kiev di ratificare l'accordo di adesione all'Unione Europea e di approvare un decreto che concede una certa autonomia alle regioni “separatiste” dell'est, un passo del governo ucraino che è stato accolto con favore da Mosca. Ne è scaturito un primo accordo tra le parti per la costituzione di un'area smilitarizzata. Si ha l’impressione che, una volta consolidate le rispettive aree di influenza e posta sotto maggiore controllo politico, finanziario e militare l'Ucraina, sia interesse di tutti che le relazioni economiche ripartano il prima possibile.\r\nAncora una volta i lavoratori, come la grande maggioranza della popolazione di queste regioni, non hanno niente da guadagnare dalla guerra, ma ne subiscono solo le drammatiche conseguenze, sul piano umanitario come nelle condizioni di vita e di lavoro.\r\nParadossalmente di fronte ad uno scenario tanto chiaro di contesa e spartizione tra le potenze imperialiste, sono fortissime le connotazioni ideologiche tra gli schieramenti armati che si affrontano, costituendo un vero e proprio elemento della propaganda di guerra. In questi schieramenti cui giocano un importante ruolo milizie, mercenari, “volontari” stranieri, e formazioni armate legate direttamente a partiti politici. Queste, facendo leva sulle differenze linguistiche, culturali e religiose della regione, dividono la popolazione alimentando le vecchie forme di nazionalismo ed introducendone di nuove. La rappresentazione ideale del conflitto e delle parti che si affrontano fa sì che lo scontro imperialista si presenti attraverso le lenti della propaganda come un caleidoscopio di forze. A combattere dalla parte delle repubbliche dell'est ucraino troviamo eurasiatisti sostenitori della politica di Putin, ultraortodossi russi, cetnici serbi, nazisti polacchi, rossobruni di mezza Europa, ceceni, nazisti russi, gruppi della “sinistra” nazionalista e autoritaria. Tra le fila delle milizie che sostengono il governo di Kiev troviamo formazioni naziste e ultranazionaliste ucraine, terzoposizionisti, cosacchi, nazisti polacchi, autonomi nazionalisti, “liberali” europeisti. I caratteri di identità nazionale, culturale e religiosa sono da parte russa come da parte ucraina uno strumento della propaganda di guerra.\r\nQuesta fortissima ideologizzazione, ma soprattutto i forti interessi in gioco, che fanno girare soldi e armi, hanno portato ad una internazionalizzazione delle milizie. Per cui sono moltissimi e da tutta Europa i piccoli movimenti politici e i gruppuscoli, soprattutto della destra estrema, a inviare delegazioni e volontari combattenti in Ucraina. Anche dall'Italia andati a combattere noti fascisti, schierati soprattutto con le milizie più crudeli legate al governo di Kiev, mentre alcuni combattono anche per le regioni “separatiste” dell'est. Sul piano dell'appoggio politico vediamo come le formazioni neofasciste italiane siano divise, alcune propendono per un appoggio al governo di Kiev, altre invece, tra cui anche i gruppuscoli nazisti ed eurasiatisti rossobruni, propendono per un appoggio ai cosiddetti “filorussi” e alla politica di potenza di Putin. Ma c'è anche qualcuno che “da sinistra” ha deciso di sostenere una delle due parti in questa guerra imperialista, probabilmente attirati dal presunto carattere “antifascista” dell'autoproclamato Stato Federale della Nuova Russia; visto anche l'uso, nella propaganda di quello schieramento, di una simbologia che rimanda alla Grande Guerra Patriottica condotta dall'Unione Sovietica contro l'invasione nazista. Peccato che a fianco di tale simbologia “sovietica” si trovino presenti, spesso in modo prevalente, i simboli della chiesa ortodossa russa e soprattutto dello zarismo imperiale, tra cui la bandiera dei Romanov, nera bianca ed oro, adottata come bandiera ufficiale dallo Stato Federale di Nuova Russia il 13 agosto scorso.\r\nIl governo di Kiev rappresenta certamente la principale minaccia per i lavoratori e le popolazioni dell'Ucraina. Un governo che fa largo uso dei paramilitari nazisti, premiandone i capi conferendo loro importanti incarichi. Un governo che chiama “operazione antiterrorismo” il bombardamento delle città del suo stesso territorio, la strage e la deportazione di civili. Un governo che con la guerra sarà ancora più legato dalle potenze imperialiste: il Fondo Monetario internazionale, che già aveva imposto lo scorso anno un innalzamento delle tariffe del gas sulla pelle delle popolazione, completata la colonizzazione ad opera della NATO e indebitata l'Ucraina per altri 17 miliardi, potrà imporre al governo ucraino qualsiasi condizione.\r\nChi vuole trovare per forza “il buono” in questo scontro, e vede nella Russia una speranza o anche solo una sponda, si illude. Per la Russia il prestito dell'FMI all'Ucraina significa sempre pagamenti sicuri per il gas. Alla Russia certo interessa avere una posizione di favore per le rinnovate relazioni commerciali con l'Unione Europea. Alla Russia certo non interessano le sorti dei lavoratori o della popolazione ucraina, neanche di quella russofona. Come ci hanno dimostrato la crisi di Crimea e gli accordi degli ultimi giorni, a Mosca basta che siano consolidate le sue postazioni strategiche, basta che siano acquisite sicure posizioni di influenza politica ed economica nel nuovo scenario.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con Dario Antonelli.\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2014 09 19 dario ucraina","26 Settembre 2014","2018-10-17 22:59:29","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/09/gas-ucraina-200x110.jpg","Ucraina. Il grande gioco tra gas, fascisti e preti",1411755138,[],[],{"post_content":245},{"matched_tokens":246,"snippet":247,"value":248},[32],"sostenitori della politica di Putin, \u003Cmark>ultraortodossi\u003C/mark> russi, cetnici serbi, nazisti polacchi,","Quella che si sta combattendo in Ucraina non è solo una guerra civile, le forze coinvolte più o meno formalmente e gli interessi in ballo nel conflitto ci mostrano che la partita si gioca su un piano molto più complesso. Allo scontro interno alla classe dirigente ucraina infatti si sovrappone la contesa tra le potenze imperialiste.\r\nPer capirlo non c'è bisogno di ascoltare i deliri e le minacce del potente di turno, che sia Tusk, Putin o Poroshenko.\r\nCon la strage del 2 maggio scorso nella Casa dei Sindacati di Odessa, la situazione in Ucraina è precipitata in una vera e propria guerra. Una guerra che non è altro che la tragica prosecuzione dello scontro tra Russia, Unione Europea e USA in atto da quasi un ventennio in quella regione.\r\nL'Ucraina ha avuto negli ultimi anni un ruolo chiave nelle relazioni tra Russia e Unione Europea, importanti relazioni economiche dalle quali ovviamente ciascuna delle due parti ha sempre tentato di trarre il massimo profitto; relazioni che hanno attraversato numerose crisi, anche molto gravi, spesso segnate dall'intervento del Fondo Monetario Internazionale, della NATO o da quello diretto degli USA.\r\nUno scontro tra imperialismi diretto ed evidente, in cui sono in ballo grossi interessi.\r\nGli interessi per gli importanti gasdotti ucraini che permettono alla Russia di rifornire l'Europa; gli interessi strategici per il controllo del Mar Nero e della nuova frontiera che si verrebbe a creare in Ucraina tra Russia e Unione Europea; gli interessi delle aziende straniere che operano in quel paese, tra cui molte italiane; l'importanza delle regioni industrializzate dell'est ucraino, che negli scorsi anni avevano conosciuto una forte crescita produttiva, e che pesano molto sia sul mercato estero delle esportazioni che su quello interno ucraino; gli interessi coloniali e di influenza della Nato del FMI e della Russia.\r\nCi troviamo di fronte all'ennesima guerra tra forze imperialiste. Forze che sembrano avere interessi solo in parte contrapposti. Nelle ultime settimane abbiamo assistito ad una tregua più politica che militare, dato che sul campo continuavano a verificarsi scontri armati; tregua che proprio per la sua valenza politica ha dato modo al governo di Kiev di ratificare l'accordo di adesione all'Unione Europea e di approvare un decreto che concede una certa autonomia alle regioni “separatiste” dell'est, un passo del governo ucraino che è stato accolto con favore da Mosca. Ne è scaturito un primo accordo tra le parti per la costituzione di un'area smilitarizzata. Si ha l’impressione che, una volta consolidate le rispettive aree di influenza e posta sotto maggiore controllo politico, finanziario e militare l'Ucraina, sia interesse di tutti che le relazioni economiche ripartano il prima possibile.\r\nAncora una volta i lavoratori, come la grande maggioranza della popolazione di queste regioni, non hanno niente da guadagnare dalla guerra, ma ne subiscono solo le drammatiche conseguenze, sul piano umanitario come nelle condizioni di vita e di lavoro.\r\nParadossalmente di fronte ad uno scenario tanto chiaro di contesa e spartizione tra le potenze imperialiste, sono fortissime le connotazioni ideologiche tra gli schieramenti armati che si affrontano, costituendo un vero e proprio elemento della propaganda di guerra. In questi schieramenti cui giocano un importante ruolo milizie, mercenari, “volontari” stranieri, e formazioni armate legate direttamente a partiti politici. Queste, facendo leva sulle differenze linguistiche, culturali e religiose della regione, dividono la popolazione alimentando le vecchie forme di nazionalismo ed introducendone di nuove. La rappresentazione ideale del conflitto e delle parti che si affrontano fa sì che lo scontro imperialista si presenti attraverso le lenti della propaganda come un caleidoscopio di forze. A combattere dalla parte delle repubbliche dell'est ucraino troviamo eurasiatisti sostenitori della politica di Putin, \u003Cmark>ultraortodossi\u003C/mark> russi, cetnici serbi, nazisti polacchi, rossobruni di mezza Europa, ceceni, nazisti russi, gruppi della “sinistra” nazionalista e autoritaria. Tra le fila delle milizie che sostengono il governo di Kiev troviamo formazioni naziste e ultranazionaliste ucraine, terzoposizionisti, cosacchi, nazisti polacchi, autonomi nazionalisti, “liberali” europeisti. I caratteri di identità nazionale, culturale e religiosa sono da parte russa come da parte ucraina uno strumento della propaganda di guerra.\r\nQuesta fortissima ideologizzazione, ma soprattutto i forti interessi in gioco, che fanno girare soldi e armi, hanno portato ad una internazionalizzazione delle milizie. Per cui sono moltissimi e da tutta Europa i piccoli movimenti politici e i gruppuscoli, soprattutto della destra estrema, a inviare delegazioni e volontari combattenti in Ucraina. Anche dall'Italia andati a combattere noti fascisti, schierati soprattutto con le milizie più crudeli legate al governo di Kiev, mentre alcuni combattono anche per le regioni “separatiste” dell'est. Sul piano dell'appoggio politico vediamo come le formazioni neofasciste italiane siano divise, alcune propendono per un appoggio al governo di Kiev, altre invece, tra cui anche i gruppuscoli nazisti ed eurasiatisti rossobruni, propendono per un appoggio ai cosiddetti “filorussi” e alla politica di potenza di Putin. Ma c'è anche qualcuno che “da sinistra” ha deciso di sostenere una delle due parti in questa guerra imperialista, probabilmente attirati dal presunto carattere “antifascista” dell'autoproclamato Stato Federale della Nuova Russia; visto anche l'uso, nella propaganda di quello schieramento, di una simbologia che rimanda alla Grande Guerra Patriottica condotta dall'Unione Sovietica contro l'invasione nazista. Peccato che a fianco di tale simbologia “sovietica” si trovino presenti, spesso in modo prevalente, i simboli della chiesa ortodossa russa e soprattutto dello zarismo imperiale, tra cui la bandiera dei Romanov, nera bianca ed oro, adottata come bandiera ufficiale dallo Stato Federale di Nuova Russia il 13 agosto scorso.\r\nIl governo di Kiev rappresenta certamente la principale minaccia per i lavoratori e le popolazioni dell'Ucraina. Un governo che fa largo uso dei paramilitari nazisti, premiandone i capi conferendo loro importanti incarichi. Un governo che chiama “operazione antiterrorismo” il bombardamento delle città del suo stesso territorio, la strage e la deportazione di civili. Un governo che con la guerra sarà ancora più legato dalle potenze imperialiste: il Fondo Monetario internazionale, che già aveva imposto lo scorso anno un innalzamento delle tariffe del gas sulla pelle delle popolazione, completata la colonizzazione ad opera della NATO e indebitata l'Ucraina per altri 17 miliardi, potrà imporre al governo ucraino qualsiasi condizione.\r\nChi vuole trovare per forza “il buono” in questo scontro, e vede nella Russia una speranza o anche solo una sponda, si illude. Per la Russia il prestito dell'FMI all'Ucraina significa sempre pagamenti sicuri per il gas. Alla Russia certo interessa avere una posizione di favore per le rinnovate relazioni commerciali con l'Unione Europea. Alla Russia certo non interessano le sorti dei lavoratori o della popolazione ucraina, neanche di quella russofona. Come ci hanno dimostrato la crisi di Crimea e gli accordi degli ultimi giorni, a Mosca basta che siano consolidate le sue postazioni strategiche, basta che siano acquisite sicure posizioni di influenza politica ed economica nel nuovo scenario.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con Dario Antonelli.\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2014 09 19 dario ucraina",[250],{"field":102,"matched_tokens":251,"snippet":247,"value":248},[32],{"best_field_score":135,"best_field_weight":136,"fields_matched":19,"num_tokens_dropped":47,"score":137,"tokens_matched":19,"typo_prefix_score":47},6637,{"collection_name":196,"first_q":32,"per_page":170,"q":32},5,["Reactive",257],{},["Set"],["ShallowReactive",260],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$f0Fgu9suo_R4CzJv9-xSx5P95fI76iqzCdWi5dKDCD8c":-1},true,"/search?query=ultraortodossi"]