","Resistenza Verde a Torino","post",1705514371,[61,62,63],"http://radioblackout.org/tag/corso-belgio/","http://radioblackout.org/tag/resistenza-verde/","http://radioblackout.org/tag/verde-pubblico/",[65,21,66],"corso Belgio","verde pubblico",{"post_content":68,"post_title":74,"tags":78},{"matched_tokens":69,"snippet":72,"value":73},[70,71],"verde","pubblico","si impegnano nella difesa del \u003Cmark>verde\u003C/mark> \u003Cmark>pubblico\u003C/mark> e contro le speculazioni edilizie","Da Aprile 2023 è nato a Torino Resistenza \u003Cmark>Verde\u003C/mark>, un coordinamento che comprende diversi comitati che si impegnano nella difesa del \u003Cmark>verde\u003C/mark> \u003Cmark>pubblico\u003C/mark> e contro le speculazioni edilizie ed economiche nel capoluogo sabaudo. Tra questi ci sono, tra gli altri, Essenon, Salviamo il Meisino, Salviamo la Pellerina, Salviamo i Prati, Salviamo gli alberi di Corso Beglio, e tanti altri comitati di lotta e difesa della \"cosa pubblica\" sul territorio.\r\n\r\nPiccole battaglie che portano però semi di resistenza e pratiche dal basso, come il presidio quasi permanente di Corso Belgio che ha effettivamente presidiato il territorio giorno e notte contro l'abbattimento degli alberi presenti a favore del pero cinese, molto gradevole a livello estetico e più facile da gestire. Un cambiamento che però rischia di esporre un’intera parte della città, abitata da cittadini di cui molti anziani, ad un innalzamento elevato del PM10, per periodo di tempo di almeno dieci anni, e di cancellare una delle poche protezioni al sempre più incessante caldo urbano estivo. Un cambiamento calato dall'alto che inoltre dimostra come la gestione del \u003Cmark>verde\u003C/mark>, e del conseguente decoro urbano, sia una questione molto più politica di quanto si possa facilmente pensare.\r\n\r\nDi tutto ciò ne parliamo con una attivista di Resistenza \u003Cmark>Verde\u003C/mark>. Ascolta la diretta ai microfoni di Radio Blackout:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/01/resistenza_verde.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ",{"matched_tokens":75,"snippet":77,"value":77},[76],"Verde","Resistenza \u003Cmark>Verde\u003C/mark> a Torino",[79,81,84],{"matched_tokens":80,"snippet":65},[],{"matched_tokens":82,"snippet":83},[70],"resistenza \u003Cmark>verde\u003C/mark>",{"matched_tokens":85,"snippet":86},[70,71],"\u003Cmark>verde\u003C/mark> \u003Cmark>pubblico\u003C/mark>",[88,94,97],{"field":35,"indices":89,"matched_tokens":90,"snippets":93},[14,23],[91,92],[70,71],[70],[86,83],{"field":95,"matched_tokens":96,"snippet":72,"value":73},"post_content",[70,71],{"field":98,"matched_tokens":99,"snippet":77,"value":77},"post_title",[76],1157451471441625000,{"best_field_score":102,"best_field_weight":103,"fields_matched":104,"num_tokens_dropped":47,"score":105,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":47},"2211897868544",13,3,"1157451471441625195",{"document":107,"highlight":131,"highlights":139,"text_match":144,"text_match_info":145},{"cat_link":108,"category":109,"comment_count":47,"id":110,"is_sticky":47,"permalink":111,"post_author":50,"post_content":112,"post_date":113,"post_excerpt":53,"post_id":110,"post_modified":114,"post_thumbnail":115,"post_thumbnail_html":116,"post_title":117,"post_type":58,"sort_by_date":118,"tag_links":119,"tags":125},[44],[46],"80991","http://radioblackout.org/2023/03/il-comune-di-torino-sta-attentando-al-verde-pubblico/","La città di Torino si distingue da altre grandi città italiane per la presenza di numerosi parchi pubblici all'interno della cinta urbana, caratteristica che la rende confortevole nonostante il suo retaggio industriale. Spesso si sente parlare dei parchi come \"polmoni verdi\" delle città, oltre ad essere luoghi di benessere psicofisico per i cittadini. L'essenza è che sono \"utili\" per ciò che sono: spazi aperti ricoperti di erba e alberi, a cui chiunque può accedere senza limitazioni per fare una passeggiata, correre, leggere o semplicemente distaccarsi dal caos cittadino. Alla base di queste attività c'è la totale, o quasi, libertà che permettono di avere questi luoghi più o meno naturali; posti che difficilmente possono essere sorvegliati e sfruttati economicamente.\r\n\r\nIl Comune di Torino invece è sempre in cerca di nuovi fondi e di modi innovativi, con ben poca attenzione alle richieste dei cittadini. Dopo aver svenduto praticamente tutti quei luoghi dove un tempo sorgevano impianti industriali a grandi imprese, studentati e catene supermercati, ora cerca un tornaconto anche nelle aeree verdi, ovviamente pubbliche. I luoghi coinvolti maggiormente sono il giardino dell'ex-westinghouse, il parco del Meisino e quello della Pellerina. Il primo rischia da più di un anno la distruzione per la costruzione di un supermercato dell'Esselunga, ma il progetto si è scontrato con la resistenza degli abitanti che hanno formato il comitato Essenon. Sui terreni del vecchio centro di addestramento del Meisino è stata invece prevista la costruzione di una cittadella dello sport, la quale comporterà, oltre alla distruzione del complesso ecosistema presente, la probabile chiusura al pubblico di alcune aree. Infine al parco della Pellerina il Comune progetta di costruire un nuovo polo ospedaliero, mentre altri ospedali vengono lasciati abbandonati.\r\n\r\nNei giorni in cui in città si stava tenendo il quinto Cities Forum sulle politiche di rigenerazione urbana noi abbiamo parlato con Maria del comitato Salviamo il Paesaggio, Torino, cercando di approfondire le dinamiche dietro a questi nuovi progetti, sicuri distruttori di tre zone verdi di Torino:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/03/Salviamo.Paesaggio.17032023.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n ","17 Marzo 2023","2023-03-22 21:31:44","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/03/parco_del_Meisino-2950548588-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/03/parco_del_Meisino-2950548588-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/03/parco_del_Meisino-2950548588-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/03/parco_del_Meisino-2950548588-768x432.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/03/parco_del_Meisino-2950548588.jpg 900w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Il Comune di Torino sta attentando al verde pubblico",1679060943,[120,121,122,123,124],"http://radioblackout.org/tag/comala/","http://radioblackout.org/tag/essenon/","http://radioblackout.org/tag/ex-westinghouse/","http://radioblackout.org/tag/meisino/","http://radioblackout.org/tag/pellerina/",[126,127,128,129,130],"comala","Essenon","ex-westinghouse","Meisino","pellerina",{"post_content":132,"post_title":136},{"matched_tokens":133,"snippet":134,"value":135},[71],"presente, la probabile chiusura al \u003Cmark>pubblico\u003C/mark> di alcune aree. 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Da tempo il Comitato Salviamo il Meisino aveva denunciato il progetto e da giovedì scorso, data di inizio dei lavori, comitati e solidali si ritrovano tutte le mattine al parco per impedire l’avanzamento del cantiere. Città e questura hanno risposto sin da subito con la militarizzazione del parco e il massiccio intervento della polizia che però non scoraggia i solidali.\r\n\r\nCon un compagno facciamo un aggiornamento dal blocco dei lavori di stamattina, un rilancio delle iniziative del weekend e una riflessione sui progetti di cementificazione e messa a valore degli spazi verdi urbani e sui numerosi tentativi di opporvisi che a macchia di leopardo si stanno espandendo in tutta Italia.\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/Meisino-.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nRicordiamo i prossimi appuntamenti già fissati:\r\n\r\nsabato 14 settembre, ore 15.00 manifestazione al Meisino per controllare insieme lo stato dei lavori e contro la devastazione del parco\r\n\r\ndomenica 15 settembre dalle h 14.30 presidio artistico al parco, alla spiaggieta con la possibilità di disegnare alberi che verranno successivamente esposti in una mostra allo Sporting Dora.\r\n\r\nsabato 21 settembre biciclettata Future Parade\r\n\r\ndomenica 29 settembre biciclettata Bici e Dintorni con partenza da piazza Castello alle ore 9.45 con tappa al parco (indicativamente verso le 10.30) e momento di autofinanziamento\r\n\r\nVi invitiamo a seguire il canale Telegram \"Salviamo il Meisino\" per ulteriori informazioni\r\n\r\n ","13 Settembre 2024","2024-09-13 16:16:25","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/images-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"259\" height=\"194\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/images.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","Difendere il parco, fermare il cantiere. 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Per comprare latte in polvere, olio e pasta dovranno sfalciare prati, sistemare aiuole gratuitamente.\r\nRoma è il comune agricolo più grande d'Europa, ed è anche la grande città con più parchi integrati nello spazio urbano. Parliamo di 44 milioni di metri quadri di verde pubblico e di circa 330.000 alberi. Ci sono le antiche ville nobiliari sopravvissute alle lottizzazioni su cui è stata edificata la Roma Moderna, e i parchi come la Caffarella, il parco degli Acquedotti o il parco di Aguzzano, vere e proprie porzioni di agro romano e campagna che si insinuano tra le vecchie borgate. A questo vanno aggiunti parchi e parchetti di quartiere, aiuole, aree cani e rotonde.\r\nServirebbero centinaia di giardinieri, orticoltori, che il comune non assume. Oggi, grazie alla crisi sociale accelerata dalla pandemia, la sindaca di Roma trova l’uovo di Colombo e affida questi lavori ai tanti che sono costretti a ricorrere agli aiuti alimentari distribuiti da associazioni e istituzioni.\r\nEvidentemente la cura della città, il verde, le strade, gli spazi comuni non sono un “bene comune” su cui la sindaca pentastellata si senta di investire.\r\nMaglio trasformare i poveri in lavoratori senza diritti retribuiti con olio e pasta, ossia in schiavi.\r\nDa diversi anni l’amministrazione capitolina scarica la cura del verde sulle associazioni di volontari, o facendo leva sul lavoro gratuito di detenuti e rifugiati.\r\n\r\nÉ la logica del reddito di cittadinanza a 5Stelle, che funziona solo su base premiale a chi è disposto ad accettare qualsiasi lavoro a qualsiasi condizione.\r\nUn’elemosina che il disoccupato deve dimostrare di meritare, piegandosi ad ogni richiesta, perché la povertà non è una condizione sociale da cui riscattarsi con la lotta, ma una punizione che tocca a chi non è stato alle regole del feroce gioco del capitale.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Francesco, un compagno di Roma\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/2020-05-05-francesco-raggi.mp3\"][/audio]","5 Maggio 2020","2020-05-05 13:05:28","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/pulizia-foglie-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"150\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/pulizia-foglie-300x150.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/pulizia-foglie-300x150.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/pulizia-foglie-1024x512.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/pulizia-foglie-768x384.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/pulizia-foglie.jpg 1280w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Roma. 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Parliamo di 44 milioni di metri quadri di \u003Cmark>verde\u003C/mark> \u003Cmark>pubblico\u003C/mark> e di circa 330.000 alberi. Ci sono le antiche ville nobiliari sopravvissute alle lottizzazioni su cui è stata edificata la Roma Moderna, e i parchi come la Caffarella, il parco degli Acquedotti o il parco di Aguzzano, vere e proprie porzioni di agro romano e campagna che si insinuano tra le vecchie borgate. A questo vanno aggiunti parchi e parchetti di quartiere, aiuole, aree cani e rotonde.\r\nServirebbero centinaia di giardinieri, orticoltori, che il comune non assume. Oggi, grazie alla crisi sociale accelerata dalla pandemia, la sindaca di Roma trova l’uovo di Colombo e affida questi lavori ai tanti che sono costretti a ricorrere agli aiuti alimentari distribuiti da associazioni e istituzioni.\r\nEvidentemente la cura della città, il \u003Cmark>verde\u003C/mark>, le strade, gli spazi comuni non sono un “bene comune” su cui la sindaca pentastellata si senta di investire.\r\nMaglio trasformare i poveri in lavoratori senza diritti retribuiti con olio e pasta, ossia in schiavi.\r\nDa diversi anni l’amministrazione capitolina scarica la cura del \u003Cmark>verde\u003C/mark> sulle associazioni di volontari, o facendo leva sul lavoro gratuito di detenuti e rifugiati.\r\n\r\nÉ la logica del reddito di cittadinanza a 5Stelle, che funziona solo su base premiale a chi è disposto ad accettare qualsiasi lavoro a qualsiasi condizione.\r\nUn’elemosina che il disoccupato deve dimostrare di meritare, piegandosi ad ogni richiesta, perché la povertà non è una condizione sociale da cui riscattarsi con la lotta, ma una punizione che tocca a chi non è stato alle regole del feroce gioco del capitale.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Francesco, un compagno di Roma\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/2020-05-05-francesco-raggi.mp3\"][/audio]",[241],{"field":95,"matched_tokens":242,"snippet":238,"value":239},[70,71],{"best_field_score":146,"best_field_weight":210,"fields_matched":23,"num_tokens_dropped":47,"score":211,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":47},{"document":245,"highlight":274,"highlights":279,"text_match":144,"text_match_info":282},{"cat_link":246,"category":247,"comment_count":47,"id":248,"is_sticky":47,"permalink":249,"post_author":250,"post_content":251,"post_date":252,"post_excerpt":53,"post_id":248,"post_modified":253,"post_thumbnail":254,"post_thumbnail_html":255,"post_title":256,"post_type":58,"sort_by_date":257,"tag_links":258,"tags":268},[44],[46],"54326","http://radioblackout.org/2019/05/gezi-park-sei-anni-dopo/","info2","Nell’anniversario della lotta contro la gentrificazione a Gezi Park ad Istanbul abbiamo provato a fare il punto sui movimenti sociali della megalopoli del Bosforo, dove sono state annullate le elezioni del sindaco di centro sinistra che, per la prima volta da quindici anni aveva sconfitto il candidato islamista.\r\n\r\nCosa accadde ad Istanbul tra la primavera e l’estate del 2013?\r\n\r\nTutto cominciò da una cinquantina di persone che fecero un sit-in contro la costruzione di un centro commerciale che avrebbe distrutto il parco Gezi, uno dei rari polmoni verdi della città.\r\nIl 30 maggio la polizia turca si presentò con i bulldozer. Il parco venne sgomberato dalla polizia con brutalità. Oltre ai lacrimogeni e alle violenze sui manifestanti, la polizia incendiò le tende degli occupanti e sradicò gli alberi che questi avevano piantato nel parco nei giorni precedenti.\r\nL’occupazione di Gezi Park era cominciata il 28 maggio. Il parco si trova nella centrale Piazza Taksim, sulla sponda europea della città, una zona estremamente turistica ma anche un luogo simbolo di resistenza e di lotta per i lavoratori e per i rivoluzionari, perché è la piazza dove il Primo Maggio del 1977 furono uccisi 34 manifestanti. La piazza attorno alla quale anche quell’anno la polizia massacrò a forza di botte, lacrimogeni e idranti la folla scesa in piazza, nonostante i divieti, per la giornata internazionale dei lavoratori.\r\nQuesta volta la violenza della polizia ha incontrato però una reazione determinata e di massa.\r\nNonostante i continui attacchi della polizia, sempre più persone si sono unite alla resistenza di piazza. Dopo giorni di scontri ininterrotti, nei quali la polizia ha usato mezzi sempre più duri e violenti, alle 16 del primo giugno, i blindati iniziarono a ritirarsi da Piazza Taksim, i cordoni dell’antisommossa arretrarono e abbandonarono la piazza. La resistenza di oltre un milione di manifestanti, la solidarietà praticata nelle strade, costrinse il governo a fare almeno un passo indietro. In piazza c’erano tutti: donne e uomini, ecologisti, abitanti della zona, lavoratori, curdi, socialisti, anarchici, verdi, sindacati, repubblicani, ultras, attivisti delle ong.\r\nLa rivolta non si fermò con la ritirata della polizia da Piazza Taksim, i manifestanti si fermarono a presidiare la piazza, le barricate rimasero in piedi. In decine e decine di altre città continuarono gli scontri e le proteste: a Ankara e Izmir la polizia intervenne con estrema violenza.\r\nLa questione assunse subito un rilievo nazionale, facendo da detonatore per una protesta generalizzata, con manifestazioni nelle principali città duramente represse dal governo.\r\nOrmai era un’estesa rivolta contro un governo autoritario e conservatore, contro il terrorismo di stato, contro la devastazione capitalista.\r\n\r\nL’estrema violenza usata contro un movimento vasto, che praticava l’occupazione e la resistenza ma non ebbe caratteristiche di attacco violento, suscitò ampia indignazione fuori dai confini turchi, che si tradusse in grandi manifestazioni di protesta contro il governo Erdogan.\r\nLe squadre antisommossa fecero uso massiccio di spray al peperoncino, lacrimogeni lanciati ad altezza d'uomo e cannoni ad acqua urticante.\r\nDurante le manifestazioni in Turchia molti manifestanti furono uccisi.\r\nIl parco Gezi si trasformerà immediatamente in un accampamento autogestito, una sorta di “Comune di Gezi”, che sarà una sorta di laboratorio di lotta sociale a cielo aperto.\r\nA metà giugno Gezi Park e la vicina Piazza Taksim vennero ancora sgomberate dalla poliza.\r\nMa il movimento di lotta seppe rinnovarsi ed estendersi, senza perdere la propria forza e mantenendo una forte partecipazione popolare.\r\nDopo giorni di autogestione, di solidarietà, di resistenza e condivisione nelle strade di Istanbul e di molte altre città della Turchia, lo sgombero della “Comune di Gezi Park” da parte della polizia non fermò le proteste.\r\nIl fatto più interessante fu la nascita di assemblee aperte in molte città turche. Si arrivò a circa 82 assemblee attive in 11 città, che furono un importante strumento di autorganizzazione e di autogestione del movimento. Oltre alla polizia scesero in campo i fascisti delle squadracce del premier Erdoğan che attaccarono in più occasioni le assemblee dando luogo ad una vera e propria caccia alle streghe. Nelle principali città decine di militanti rivoluzionari furono arrestati.\r\n\r\nNon fu una mera storia di alberi. Il movimento in difesa di Gezi Park non mirava alla semplice salvaguardia del verde pubblico, ma si oppose all’intero processo di gentrificazione urbana in atto nella zona di Taksim.\r\nNel centro di Istanbul interi quartieri erano stati distrutti per lasciare spazio a complessi residenziali, grandi centri commerciali, alberghi di lusso. Il costo della vita aumentava, i poveri erano cacciati mentre aumentavano i profitti degli speculatori legati al partito di governo, l’AKP.\r\nLa rabbia esplosa nelle piazze affondava le proprie radici anche nel sempre più selvaggio sfruttamento imposto alla classe lavoratrice in Turchia.\r\nMilioni di persone nel paese lavorano in condizioni quasi servili, con salari bassissimi ed altissimi tassi di incidenti e morti sul posto di lavoro. Queste condizioni sono ancora più drammatiche negli appalti e nelle esternalizzazioni. A questo si accompagna una organizzazione fortemente gerarchica del lavoro e la repressione dei lavoratori che si organizzano autonomamente, nei sindacati rivoluzionari e di classe.\r\nUn altro elemento determinante nell’esplosione delle rivolte è costituito dalle politiche islamiste conservatrici imposte dal governo.\r\nQuelle che giornali come “Repubblica” liquidavano come “proteste della birra” o, più romanticamente, “dei baci”, erano in realtà una reazione compatta della società turca al barbaro attacco alle libertà personali. Chi scendeva in piazza aveva capito che il governo intendeva completare il proprio sistema di dominio legalizzando ed istituzionalizzando una repressione religiosa che punta ad eliminare ogni libertà individuale. Le politiche di Erdoğan comprendono divieti sugli alcolici, divieti sulle relazioni pre-matrimoniali, ma soprattutto un attacco alle donne che si vorrebbero obbligate ad un modello di sottomissione patriarcale.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Murat Cinar, giornalista torinese di origine turca.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/2019-05-28-gezy-park-murat.mp3\"][/audio]","28 Maggio 2019","2019-05-28 18:17:11","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/gezi-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/gezi-300x225.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/gezi-300x225.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/gezi-768x576.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/gezi-1024x768.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/gezi.jpg 1920w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Gezi Park. 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Fa parte del gruppo di ricerca DiPLab.\r\n\r\nAllora Antonio, noi ti abbiamo contattato perché al di là del tuo libro che ha avuto un discreto successo, è che sia in Italia che in Francia, dove mi pare l'hai pubblicato la prima volta nel 2019, sappiamo anche che a breve verrà pubblicato in un'edizione inglese, aggiornata, non ho capito se è già pubblicato o verrà pubblicato a quest'autunno.\r\n\r\nAllora, sto rivedendo per l'ennesima volta le bozze, quindi esce tra qualche mese in America con la Chicago University Press e quindi siamo molto eccitati tutti.\r\nPer questa opportunità di parlare a un pubblico più vasto, ecco.\r\n\r\nEcco, allora a partire proprio dal tuo lavoro abbiamo diverse domande per arrivare poi anche agli ultimissime ricerche che hai fatto con i tuoi collaboratori e altri ricercatori. Ma prima di arrivare un attimo a questo tema vorremmo un attimo definirne dei contorni e quindi incominciare chiedendoti un pochino come sei arrivato negli ultimi anni nel tuo lavoro di ricerca a occuparti di lavoro digitale e in particolar modo di intelligenza artificiale e la sua intersezione col mondo del lavoro.\r\n\r\nAllora diciamo che io ho un percorso un po' lungo perché sono vecchietto e strano perché comincia in Italia diciamo in giri operaisti e autonomi, stiamo parlando di diversi decenni fa, e poi quando mi sono trasferito all'estero il tutto si è articolato, si è complessificato perché ho iniziato soprattutto a interessarmi alla sociologia di internet, quindi da sociologo e un po' economista, decisamente interessato alle tematiche del lavoro, sono arrivato a questa grande questione che è: che cosa fa l'intelligenza artificiale al lavoro?\r\nLa risposta tipica sarebbe: l'intelligenza artificiale distrugge il lavoro, ma dopo anni di ricerche con i miei collaboratori in diverse parti del mondo e poi ne riparleremo quali, sono arrivato a una conclusione un po' diversa e cioè sarebbe a dire che tanto per cominciare questa idea della distruzione dei posti di lavoro è un pretesto.\r\nI posti di lavoro sono distrutti ma sono distrutti per una scelta degli imprenditori, per una scelta dei poteri pubblici, per una scelta dei capitalisti sostanzialmente e si usano le macchine.\r\nMa queste macchine in realtà non funzionano tanto bene, perché per farle funzionare ancora oggi c'è bisogno di tantissimo lavoro nascosto e questo lavoro nascosto viene chiamato digital labor o micro lavoro o lavoro dei dati, insomma ci sono tante maniere di definirlo, ma è sostanzialmente un lavoro che è necessario per tenere su grandi exploit tecnologici come per esempio ChatGPT.\r\nChatGPT non funziona soltanto per la magia degli algoritmi, ma come è stato dimostrato già subito dopo il suo lancio nel novembre 2022 ci sono diverse migliaia di persone che stanno lì a filtrare i dati e tantissime altre ancora di più che stanno lì a verificare se le risposte sono corrette, a volte siamo noi stessi, a volte sono delle persone pagate.\r\nMa queste persone sono pagate molto poco, vivono in condizioni di lavoro terribili che noi documentiamo un po' in tutto il mondo perché, e qui riveniamo a dove sono messi, anche se queste grandi imprese tecnologiche sono spesso presentate come la Silicon Valley o tutt'al più facciamo lo sforzo di vederle anche in Cina, nei grandi distretti industriali cinesi, in realtà sono largamente delle tecnologie sviluppate in paesi a basso reddito.\r\nQuindi quelli che venivano una volta chiamati paesi in via di sviluppo che nel frattempo si sono ampiamente sviluppati ma che continuano a avere seri problemi di distribuzione ineguale dei redditi, forti tassi di povertà, forti percentuali di persone che sono pronte a lavorare per pochissimo e quindi sono lì che le grandi imprese come OpenAI, come Meta vanno a raccogliere, per aiutare questi lavoratori poveri dei dati.\r\n\r\nPrendiamo un tema che tu hai affrontato più volte sia nel tuo libro ma anche in numerose ricerche che hai pubblicato, che è quello della scomparsa del lavoro, un tema che cerchi di andare a smontare a più riprese su come le nuove tecnologie, che siano l'automazione nei processi produttivi o le intelligenze artificiali nei servizi e nel commercio vadano a rendere inutile il lavoro umano. Ecco secondo te a quali fenomeni possiamo invece ricondurre quello che è poi l'impatto reale dell'adozione di prodotti commerciali basati su intelligenza artificiale nel mondo del lavoro? E poi come nasce questo mito della scomparsa del lavoro?\r\n\r\nSe vogliamo il mito della scomparsa del lavoro è un prodotto ideologico del sistema capitalistico attuale.\r\nQuando parlo di ideologia parlo veramente del fatto che è un mito che introduce un forte elemento di propaganda. Siamo tutti purtroppo confrontati all'emergenza di questa retorica politica del great replacement, la grande sostituzione, che di solito è un elemento, diciamo così, un argomento che è tirato fuori da razzisti e fascisti di diversa appartenenza politica. Quando sentiamo parlare di great replacement, di grande sostituzione, perché arrivano gli immigrati o arrivano altre persone che entrano nel mondo del lavoro, identifichiamo immediatamente queste persone come dei razzisti.\r\nMa non li identifichiamo altrettanto facilmente quando invece ci viene presentata questa idea della grande sostituzione tecnologica. Cioè l'idea secondo la quale i lavoratori non perderanno il loro lavoro a causa di immigrati o nuovi soggetti sociali, ma a causa delle macchine. In realtà si tratta dello stesso tipo di ragionamento e se guardiamo bene chi lo porta, chi veicola questo tipo di discorso, sono le stesse persone. Una persona che purtroppo qui in Francia è molto conosciuta, che è Jordan Bardellà, e ci sono delle possibilità, una percentuale non nulla di possibilità che ce lo ritroviamo come prossimo presidente del Consiglio.\r\nJordan Bardellà è un noto esponente neofascista del partito Rassemblement National e lui ha più volte detto che ci sono due tipi di grandi sostituzioni che si preparano, quella da parte dell'ondata migratoria e poi quella da parte delle tecnologie. Quindi mette sullo stesso piano questo tipo di discorso. E lo stesso tipo di discorso, come dire, lo possiamo smontare nella stessa maniera, sostanzialmente dicendo che non è l'immigrato che ruba il lavoro all'autoctono, che non è la tecnologia che ruba il lavoro ai lavoratori attuali, ma si tratta di una scelta di investitori e di grandi capitalisti di far presentare queste tecnologie come potenzialmente distruttrici di lavoro.\r\nQuando in realtà, se noi guardiamo la storia di tutta l'automazione, dall'automazione meccanica di diversi secoli fa all'automazione detta intelligente di oggi, vediamo che queste tecnologie sono fatte per lavorare con gli esseri umani e che permettono, in linea di principio, a più esseri umani di accedere al lavoro.\r\nMa c'è un ma, non è una visione ottimistica la mia, queste tecnologie dette intelligenti, ovvero tutto quello che ha a che fare con soluzioni algoritmiche, con l'uso di dati, le tecnologie di machine learning, ovverosia di apprendimento automatico, hanno bisogno di tantissima gente che insegna le macchine a fare quello che fanno.\r\nChatGPT è un esempio che tutti hanno sotto gli occhi, che è capace di generare testo, ma se guardiamo anche nell'acronimo GPT, la P di GPT significa pre-trained, significa pre-addestrato. Significa che qualcuno gli ha insegnato a questa macchina a fare quello che fa, come si addestra un atleta, o come si insegna ad uno studente.\r\nE questo qualcuno, noi ce lo immaginiamo sempre come un ingegnere, un data scientist, un software developer, ma in realtà si tratta, nella maggior parte dei casi, che significa che abbiamo anche delle cifre che sono abbastanza impressionanti, parliamo di diverse centinaia di milioni di persone nel mondo, che fanno un lavoro molto più terra terra.\r\nPer esempio, non lo so, prendiamo delle immagini, che ne so, generate da utilizzatori su Instagram e iniziamo a taggare queste immagini, oppure a identificare oggetti in queste immagini. Per esempio, se c'è un viso umano, mettiamo un tag uomo o essere umano. Se c'è un animale, mettiamo animale, il tipo di animale. A cosa serve tutto questo? La prossima volta che queste immagini verranno, tra virgolette, mostrate a un'intelligenza artificiale, questa intelligenza artificiale poi, a forza di esempi, imparerà a riconoscere gli esseri umani e a fare la differenza tra un essere umano e un animale. Quindi questo è un esempio molto facile, molto terra terra.\r\nUn altro esempio potrebbe essere che ChatGPT ha bisogno che qualcuno annoti i testi, ovvero sia, , che questo testo sia segnato, sia etichettato come un testo in inglese che parla di sport e che è lungo 300 parole.\r\nQueste informazioni sono necessarie alla macchina, perché la macchina impari. Queste operazioni in realtà sono delle operazioni relativamente semplici, metto molto l'accento sul relativamente, e soprattutto molto mal pagate. Molto mal pagate, stiamo parlando in realtà di un pagamento che a volte può arrivare a 1 o 2 dollari all'ora, perché queste persone sono pagate o all'ora o sono pagate addirittura a contimo, ovvero per ogni tipo di piccola informazione che aggiungono al database vengono pagate qualche centesimo.\r\nCi sono delle piattaforme che sono accessibili a tutti, purtroppo, un po' in tutto il mondo, che permettono ai lavoratori di iscriversi e quindi di accettare, di realizzare queste task, questi compiti, queste mansioni molto mal pagate e alle aziende di reclutare a volte centinaia, di migliaia, a volte addirittura milioni di persone che sono messe a lavoro per sviluppare questa intelligenza artificiale.\r\n\r\nEcco, su questo, l'anno scorso hai pubblicato insieme ad altri due ricercatori, Maxime Cornet e Clement Leclerc. Un paper dal titolo appunto \"The problem with annotation. Human labour and outsourcing between France and Madagascar\". Ecco, abbiamo letto il paper, è molto interessantecome avete ricostruito insomma la filiera, stai dicendo già adesso, della catalogazione e della categorizzazione condotta da due start-up francesi attive in questo settore.\r\nMa nel mentre vi siete presi la briga di andare a intervistare nello specifico qua in Madagascar, ma poi sappiamo che avete fatto anche altre ricerche da altre parti.\r\nEcco, ti chiederei un pochino adesso di entrare un po' magari più nel dettaglio della ricerca, nel senso di darci magari un po' conto di come avete condotto la ricerca e farci anche magari qualche esempio concreto. E poi, dall'altro lato, come vengono utilizzate queste tecnologie poi nella pratica, sia quella di sorveglianza, sia quella di organizzazione, sia poi il risultato delle interviste.\r\n\r\nÈ più facile se ti racconto un pochettino come lavoriamo in generale. Allora, noi siamo un gruppo di una ventina di persone, si chiama DiPLab, che significa Digital Platform Labor, quindi è un laboratorio di ricerca sostanzialmente, e praticamente quello che facciamo è realizzare delle inchieste un po' dappertutto nel mondo, ma siamo molto specializzati sull'America Latina e l'Africa, abbiamo fatto una ventina di inchieste in 20 diversi paesi negli anni, a partire dal 2018, e questi paesi sono molto diversi.\r\nAllora, ci sono sostanzialmente dei paesi molto poveri, come per esempio il Venezuela in America Latina o il Madagascar in Africa che sono diventati dei centri nevralgici di questo lavoro mal pagato ma necessario per produrre le intelligenze artificiali.\r\nSostanzialmente noi abbiamo raccolto testimonianze di migliaia, quasi 4 mila, lavoratori e lavoratrici un po' in tutto il mondo. Stiamo adesso iniziando anche a guardare altri paese e altri continenti come l'India e il Bangladesh che come potrai immaginare sono enormi e sostanzialmente negli anni abbiamo visto che ci sono dei tipi molto chiari, che diventano chiari dal punto di vista dei profili socio-demografici delle persone che lavorano per queste piattaforme.\r\nTanto per cominciare abbiamo a che fare con delle persone che sono nel fiore degli anni, quindi sarebbe dire delle persone che dovrebbero essere ben piazzate sul mercato del lavoro, stiamo parlando di persone dai 20 a massimo i 40 anni e queste persone sono anche delle persone che hanno un alto livello di specializzazioni di educazione, cioè hanno dei diplomi, intervistiamo abbastanza frequentemente delle persone che hanno lauree, master, quindi ti puoi immaginare che queste persone ancora una volta dovrebbero essere le più avvantaggiate dal punto di vista del mercato del lavoro e invece non accedono a delle buone posizioni, non accedono a dei posti di lavoro e quindi devono accettare delle forme di lavoro molto più informali, molto più precarie, quindi lavorare per queste piattaforme.\r\nA volte lavorano da casa, per esempio in paesi come il Venezuela sono sostanzialmente delle persone che lavorano da casa, quindi ci possiamo sostanzialmente immaginare delle persone che hanno già un computer, di solito un vecchio computer distribuito dallo Stato una decina di anni fa, che fortunatamente, perché sono in Venezuela, non pagano l'elettricità o gli viene offerta a prezzi controllati,e quindi possono permettersi di fare una piccola aziendina a casa loro, dico un'aziendina per modo di dire perché in realtà non c'è nessun contratto, quindi si connettono a una piattaforma, accettano di realizzare dei task, ottengono dei pagamenti di qualche centesimo che alla fine del mese gli fa qualche dollaro. Siccome in Venezuela 6 o 8 dollari sono un buon salario mensile, e soprattutto il dollaro è più apprezzato del bolivar che è la moneta locale che ha tendenza a svalutarsi da un giorno all'altro, queste persone trovano questo lavoro abbastanza interessante e sostanzialmente si creano delle delle piccole collettività familiari. C'è certe volte, non lo so, certe ore del giorno è il padre che lavora a questa piattaforma, su questa piattaforma altre volte è la nonna, altre volte sono i figli. Questa è la situazione in un paese come il Venezuela.\r\nLa situazione in Madagascar è completamente diversa perché certo ci sono anche lì delle persone che lavorano da casa, molto meno perché la connessione costa cara e l'elettricità costa cara e in più ha tendenza al blackout, diciamo così, ma ci sono tantissime altre situazioni. Persone che lavorano in cybercafè, io per esempio in Madagascar sono andato in diversi cybercafè dove c'erano da una parte quelli che giocavano ai videogiochi e dall'altra quelli che facevano annotazione di immagini, o che facevano altri task.\r\nCi sono anche persone che lavorano da casa, come dicevo, e ci sono a volte degli uffici e delle aziende più classiche che assomigliano veramente a degli open space dove ci sono centinaia di persone che fanno dei turni di giorno e di notte e che fanno lavori di diverso tipo. Di solito queste sono delle mansioni un pochettino più complesse e delle mansioni soprattutto con aziende che lavorano da casa. Ci sono anche persone che impongono un certo livello di segreto industriale. Possono essere dei ministeri di governi stranieri, come abbiamo potuto vedere in Madagascar, a volte anche, e questo è molto più preoccupante, dei ministeri della difesa in diversi paesi stranieri e altre volte invece si tratta di grandi aziende, possono essere dei Google o delle Amazon, che hanno bisogno di dati di qualità.\r\nE' un'altra cosa che è stata molto eclatante, quello che quando noi l'abbiamo vissuto è stato certamente il più forte a livello di risultati. Stiamo parlando di un paio di anni fa, quando giustamente con i miei colleghi siamo andati andati diverse volte in Madagascar in realtà, perché è un paese abbastanza centrale.\r\nNel corso di questa missione, come la chiamiamo, nel 2022, siamo stati una settimana praticamente a vivere dentro, quasi, una casa che era stata trasformata in una fabbrica di click per l'intelligenza artificiale, una fabbrica di dati. Quindi ci dobbiamo immaginare una piccola casetta su due piani, con un garage, una soffitta, e praticamente in ogni stanza si entrava e c'erano da 20 a 30 persone su diversi computer che facevano dei task, che realizzavano della traduzione di dati o della notazione di dati, mettevano dei tag su delle immagini, vedi questo passo. Giorno e notte.\r\n\r\nNel caso specifico, uno dei casi, diciamo, più normali era quello di una azienda che aveva venduto degli scanner per i ristoranti aziendali. È presente quel tipo di situazione nei ristoranti aziendali. Si arriva con il vassoio, si passa il vassoio sotto uno scanner e questo vassoio ci dice automaticamente quanto dobbiamo pagare e quindi è tutto compactless e senza cassiere.\r\nQuello che non vi dicono è che però dall'altra parte del mondo ci sono delle persone che a volte in tempo reale fanno un lavoro di identificazione dei piatti del vostro vassoio. E questo è un lavoro che può diventare abbastanza complesso, soprattutto se consideriamo che, che ne so, i vassoi sono a volte in Germania e le persone che vedono che cosa c'è in questi vassoi si trovano in Mozambico, per esempio, e non ci sono gli stessi sistemi alimentari, non mangiano le stesse cose, non riconoscono gli stessi cibi. Quindi ci vuole tutto un lavoro di adattazione, di adattamento culturale. E un altro lavoro, invece, che è un altro progetto, che invece ci è sembrato particolarmente strano, poi siamo andati a grattare, lì era un'altra conferma di quello che sapevamo in realtà da lontano 2017, era che alcune di queste intelligenze artificiali non sono artificiali per niente. Ovvero, ossia, non c'è un vero e proprio algoritmo, ma c'è un finto algoritmo che in realtà è un certo numero di persone che a distanza realizzano questi task.\r\n\r\nQuindi l'esempio tipico, l'esempio vero, di cui parliamo poi nell'articolo, ma ne parliamo anche in altri contesti, è che, alcune persone che erano nel garage di questa casa di cui parlavo prima, facevano finta di essere una camera di videosorveglianza intelligente di quelle che si trovano nei supermercati.\r\nÈ una camera di videosorveglianza che viene venduta ai supermercati che riesce a riconoscere le persone e a interpretare i comportamenti delle persone. Se qualcuno ruba, non lo so, del cioccolato, del cibo per cani, questa camera, questa videocamera, invia un SMS al cassiere o alla cassiera e ci può essere un intervento in cui si può bloccare il ladro potenziale. Quello che non vi dicono è che in realtà questa videocamera intelligente è intelligente perché c'è l'intelligenza di questi lavoratori che vengono pagati molto poco e hanno dei turni abbastanza stretti, infatti devono in tempo reale comprendere quello che succede nei supermercati, hanno da 2 a 5 secondi per reagire e devono anche inviare dei finti sms automatici ai cassieri e alle cassiere in Europa, per esempio.\r\nQuindi si tratta di un caso che potrebbe essere assimilato a una frode, in realtà, ma che è molto più complesso e molto più comune, in realtà, perché tantissimi esempi di grandi intelligenze artificiali hanno dimostrato, e ci sono delle parti che non sono artificiali per niente.\r\nNel lontano 2019 abbiamo intervistato una persona che lavorava per Siri, quindi l'intelligenza artificiale di Apple, che diceva: \"io certe volte facevo l'intelligenza artificiale, perché certe volte Siri non funzionava bene e bisognava intervenire per fare un debugging in tempo reale\", per esempio. Solo che questo debugging in tempo reale significa simulare che ci sia un'intelligenza artificiale quando in realtà ci sono degli esseri umani. E questi esseri umani, questa è la parte più preoccupante, con questo finisco questo siparietto, erano anche molto mal pagati.\r\nPerché dobbiamo immaginarci che comunque, Antananarivo, la capitale del Madagascar, è una città grande, è una città relativamente cara rispetto al paese, che è un paese povero, ammettiamolo, però al tempo stesso la città non è una città nella quale si può vivere facilmente con qualche euro al mese. E nel caso specifico queste persone che addestravano o \"impersonavano\" un'intelligenza artificiale, venivano pagate tra i 90 e i 120 euro al mese. 90-120 euro al mese è ufficialmente il doppio del salario minimo del Madagascar, ma al tempo stesso non è sufficiente, soprattutto se queste persone hanno che ne so, una famiglia o dei figli . Quindi, sostanzialmente, queste persone erano anche bloccate in un lavoro precario e mal pagato che non gli permetteva di andare avanti.\r\nCon la loro carriera, con la loro vita, e ad avere delle prospettive, sostanzialmente, con il classico vicolo-ceco lavorativo che incontriamo tanto spesso ovunque nel mondo e sempre più spesso, ma che in questo caso diventa molto più grave perché è ufficialmente nel contesto della produzione di una delle più grandi fonti di ricchezza e di profitti degli ultimi anni, ovvero sia le intelligenze artificiali.\r\n\r\nE infatti l'esempio che hai dato mi ha ricordato due casi che erano emersi recentemente che avevamo avuto modo di commentare su questi microfoni , che uno è quello di Amazon dei negozi \"cashless\", che sembrava avere questo magico algoritmo che riesce a riconoscere in automatico quando le persone prendono un oggetto da uno scaffale, lo mettono nel carrello, gli addebitava diciamo il valore dell'oggetto, poi se magari lo rimettevano sullo scaffale glielo riaccreditava, eccetera. E rivelarono poi in realtà, si venne poi a scoprire che dietro questo magico algoritmo c'era un bacino di 20.000 lavoratori collocati in India, così come è uscito recentemente il caso di Presto Automation, una azienda in America che vendeva servizi di automazione alle casse per i fast food, il cui prodotto si era poi scoperto che aveva bisogno dell'intervento umano nel circa 70% dei casi. Quindi diciamo che la maggioranza poi delle azioni compiute da questi sistemi di appunto come dici te giustamente intelligenza artificiale dove poi dietro di artificiale non c'è niente, sono poi in realtà mantenuti da persone che spesso lavorano anche per una semplice questione di costi in paesi del secondo mondo, a prezzi che sarebbero diciamo inaccettabili nei paesi in cui quei negozi, quelle casse sono effettivamente collocate che poi alla fine è questo il vero vantaggio di questi strumenti. Perché tu alla fine hai un cassiere, , però lo paghi non al costo francese ma lo paghi al costo del Madagascar.\r\n\r\nCerto e c'è anche da aggiungere per esempio che non è soltanto questione di pagare i cassieri, ma cosa questo caso di off-shoring forzato determina per esempio per gli stati.\r\nTanto gli stati dei paesi a reddito basso, che hanno un costo di circa 25 miliardi di euro. C'è un costo di circa 25 miliardi di euro di reddito basso che per gli stati di paesi come per esempio, non lo so, i paesi europei c'è una perdita in termini di introiti fiscali, in termini di contributi, in termini di tutta una serie di altri servizi che normalmente sono dei servizi pubblici che sono finanziati a partire dal lavoro delle persone e a partire dalle aziende che pagano correttamente i lavoratori.\r\nSe queste aziende si sottraggono ai loro obblighi che ripeto sono di natura fiscale, contributiva, di previdenza sociale. Se si sottraggono a questi obblighi sostanzialmente stiamo sabotando lo stato sociale europeo in più oltre a danneggiare gli stati dei paesi terzi.\r\nNonché anche una cosa interessante che veniva fuori dalla ricerca, questo processo modifica anche il lavoro di chi rimane nel paese dove viene erogato il servizio.\r\nNella parte dei cassieri era anche abbastanza interessante vedere come il lavoro, per la parte delle videocamere di sicurezza, il lavoro dei cassieri e delle cassiere che rimangono sul posto viene a tutti gli effetti modificato perché si devono fare carico anche delle segnalazioni che vengono fatte dalle intelligenze artificiali o non artificiali remote, e quindi c'è paradossalmente un aumento del lavoro o anche una degradazione di chi mentre sta facendo un mestiere ne deve affiancare un'altro perché deve farsi interfaccia dell'intelligenza artificiale.\r\n\r\nEcco, su questo infatti ti volevo chiedere, riguardo poi a quella che è stata la vostra ricerca, se magari avete avuto modo di parlarne sia con chi in questo caso in Francia si trovava appunto ad avere il proprio lavoro modificato da queste intelligenze artificiali o nel caso specifico in Madagascar da chi è, nella componente degli sfruttati in questo colonialismo digitale, come queste persone poi percepiscano questa nuova trasformazione.\r\nMi riferisco in particolare a chi poi dà animo e forza a questi presunti algoritmi artificiali, di come poi questi percepiscano il fatto che quegli strumenti, quei prodotti in occidente vengano venduti come frutto della dell'intelligenza artificiale, e non come invece frutto del loro lavoro costante e quotidiano.\r\n\r\nGiustissima domanda che permette, che mi permette anche di raccontare un po' cosa facciamo oltre a girare il mondo e risolvere misteri come Scooby Doo.\r\nQuesta è la parte dove andiamo a raccogliere dati, intervistare persone, è una parte del nostro lavoro, poi c'è tutto quello che ha a che fare con aiutare i lavoratori a prendere coscienza, sviluppare soggettività, a organizzarsi e aiutare anche a volte stati, istituzioni internazionali o addirittura sindacati a inquadrare e aiutare e accompagnare meglio questi lavoratori, questo è un lavoro molto più vasto che però facciamo in diversi paesi del mondo. Ti do qualche esempio di come si può lavorare con per esempio i lavoratori in Europa che sono direttamente in Europa.\r\n\r\nPoi abbiamo un altro problema è che i lavoratori non sono stati colpiti da questa situazione, spesso sapendolo, cioè noi abbiamo a che fare con, per esempio non lo so, giusto ieri stavo continuando un lavoro con un'azienda francese, questa azienda francese ha subito un piano di ristrutturazione che è risultato in 250 licenziamenti, questi licenziamenti sono stati giustificati dall'arricuz di CIGPT e dell'intelligenza artificiale come se fosse una novità, il solito pretesto, in realtà i lavoratori hanno scoperto immediatamente dietro questa finta automatizzazione si nascondeva un caso di outsourcing di diverse centinaia di persone in un paese africano che erano messe lì a lavoro per far finta di essere un'intelligenza artificiale che ufficialmente ha distrutto i loro posti di lavoro. Quindi in questo caso la rivendicazione dei lavoratori licenziati che cercano di essere reintegrati o che cercano di essere rimborsati dei danni subiti si combina con il riconoscimento, con il fatto che sono oramai coscienti del fatto che ci sono masse di altri lavoratori in paesi terzi, nel caso specifico non soltanto in Africa ma anche in India per questa azienda di cui sto parlando e che quindi diventa una lotta internazionalista, ma perché internazionale di fatto?\r\n\r\nPerché non si possono risolvere i problemi di gente in Europa senza al tempo stesso prendere in conto quale ruolo e quali sono anche i danni subiti da persone in paesi terzi. Naturalmente noi lavoriamo anche in diversi paesi nei quali abbiamo condotto queste inchieste, nel caso specifico i due paesi sui quali stiamo lavorando di più ancora sono Madagascar e Kenya in Africa ci sono altri lavori in corso per paesi sudamericani come il Brasile e altri paesi africani come l'Egitto ma sono più diciamo così embrionali come come tipi di lavoro. Che tipo di lavoro facciamo? Beh a volte lavoriamo con le aziende, le aziende significa le piattaforme, per convincerle\r\nqueste piattaforme che sfruttano i lavoratori a trattarli meglio.\r\nE quindi adottare degli standard di lavoro equo, questi sono degli standard che sono stabiliti da un'organizzazione che si chiama Fair Work Project, che è condotta da nostri colleghi dell'Università di Oxford. Altre volte si tratta di applicare sostanzialmente le regole di gli standard internazionali di difesa del lavoro degno che invece sono stabiliti dall'ILO, cioè la International Labour Organization e con i quali, lavoriamo su altri progetti.\r\nQuindi sostanzialmente si tratta in certi casi di far applicare la legge, in altri casi si tratta di aiutare lo sviluppo di soggettività collettive da parte dei lavoratori. Per esempio quello che sta succedendo in Kenya è da una parte preoccupante, perché l'ordine pubblico del paese si è molto degradato, ma allo stesso molto interessante perché il Kenya è un paese che è stato al centro di una serie di rivelazioni molto forti negli ultimi due anni. Si è scoperto sostanzialmente che sia Meta, ovvero sia Facebook, che OpenAI, ovvero sia ChatGPT, si sono serviti di lavoratori keniani per adestrare le loro intelligenze artificiali, produrre dati e fare altri tipi di lavoro.\r\nQueste persone si sono in frattempo organizzate in diversi sindacati, uno si chiama Tech Workers, un altro si chiama African Content Moderators, sono dei sindacati che hanno oramai migliaia di iscritti e che partecipano anche alle manifestazioni che si stanno svolgendo in questo momento in Kenya contro la riforma finanziaria di quel paese. Quindi sostanzialmente vediamo progressivamente delle persone, delle organizzazioni che nascono all'interno di questo settore, che è dopo tutto un settore abbastanza sconosciuto, anche se veramente avrei dei dubbi a definirlo come un settore di nicchia, visto il numero di persone che secondo le stime degli ultimi anni iniziano ad esserci dentro, ma che si articolano, si combinano con movimenti molto più vasti e quindi ci sono anche delle forme embrionali di costruzione di coscienza di classe, se vogliamo, o di costruzione di movimenti multitudinari nei quali questi laboratori di dati entrano a far parte.\r\n\r\nMi sposterei un attimo su una questione che avevo ripreso appunto dal tuo libro Schiavi del Clic, ma che poi insomma è anche ricitato in vari articoli, che è noto come il paradosso di Solow su come sia stato misurato che la digitalizzazione nella manifattura e l'automazione nei servizi non abbiano poi portato a un reale aumento della produttività, anzi addirittura all'inizio del ventunesimo secolo si misura una decrescita nella produttività portata da questi strumenti.\r\nStrumenti che invece avrebbero dovuto, non dico sostituire il lavoro umano, ma quantomeno aumentarne la capacità produttiva.\r\nDa questo punto di vista, se la digitalizzazione ha avuto un impatto tanto trascurabile, perché rimane comunque una delle principali voci di investimentoda parte di grandi corporazioni e dei governi?\r\n\r\nAllora, do una precisazione piccolissima di natura statistica, anche se poi un po' scocciante, pedante da parte mia, quello che diminuisce è il tasso di crescita della produttività, quindi significa che la produttività continua a crescere, certo, ma in maniera molto meno veloce e in certi casi la crescita si è interrotta, non c'è una diminuzione della produttività, ecco, significa che sostanzialmente a forza tu puoi introdurre tutta l'automazione che vuoi, la produttività non cresce, poi la produttività cresce anche per altri motivi, perché sostanzialmente se ci sono altri metodi che non sono di natura automatica, ma possono essere, che ne so, riorganizzazione del lavoro, oppure la disponibilità di infrastrutture, la produttività potrebbe crescere, ma quello che giustamente sottolinei nella tua domanda è per quale motivo, malgrado i risultati dell'automatizzazione non ci siano dal punto di vista della produttività, si continua a investire tanto?\r\nBeh, perché risponderei, ci sono dei risultati per gli investitori in termini di profitto, in termini di rendita economica, quindi malgrado la produttività non aumenti, loro riescono comunque a creare dei profitti, e creare dei profitti sostanzialmente grazie al fatto che oggi come oggi non hai bisogno di avere un prodotto che funziona e nemmeno di venderlo volendo, perché le grandi aziende e le grandi piattaforme degli ultimi anni sono basate su un'idea di, a grosso modo, di soppensioni da parte dei produttori. Quindi, la città è un'azienda, che ha delle piccole aziende che vengono fatte a volte di stati e a volte di grandi investitori, è quello che si chiama il venture capitalism, quindi significa che ci sono dei grandi finanziatori che ti pagano, ti danno dei finanziamenti, delle sovvenzioni di centinaia di miliardi e sperano che un giorno forse tu riuscirai a fare un profitto, ma in certi casi, ti posso citare il caso di Uber, questo profitto non arriva mai.\r\nUber è arrivato a fare un utile , alla fine dell'anno scorso, a mostrare per la prima volta da quando è stata creata un minimo di profitto, non perché è riuscita a vendere meglio il suo prodotto, ovvero la sua piattaforma, che continua a essere in perdita. Uber in realtà spende molto di più a convincerti a usare Uber che non quello che guadagna facendoti usare Uber.\r\nSono riusciti a fare un minimo di profitto perché hanno fatto un'acquisizione di un'altra azienda che aveva un bilancio positivo.\r\nMa questo significa sostanzialmente che ci sono delle incitazioni, degli incentivi per i grandi investitori di continuare a investire nell'intelligenza artificiale, anche se poi il tornaconto non c'è. Certo non c'è il tornaconto a livello collettivo perché gli stati non ci guadagnano abbastanza, i lavoratori certamente non ci guadagnano in questa situazione e le aziende stesse continuano a fare perdite, ma in questo caso di venture capitalism ci sono ancora degli imbecilli che continuano a finanziarli. Questi imbecilli sono degli imbecilli pericolosi.\r\nStiamo parlando di persone del calibro di Mark Andresen o Peter Thiel. Dei nomi che forse non dicono niente alle persone che ci ascoltano. La cosiddetta paypal mafia anche nota. Sì esattamente. Persone che sono vicine a noti esponenti dell'estrema destra come Elon Musk e compagnie. Loro stessi sono delle persone di estrema destra. Mark Andresen è uno che pubblicamente ha dichiarato di quanto era bello il colonialismo. Peter Thiel è un eugenista dichiarato. Un pro-trumpiano nichilista , e queste persone sono quelli che continuano a finanziare questi grandi sforzi di investimento che sono pericolosi dal punto di vista sociale, dal punto di vista economico e aggiungerei anche, anche se poi di questo ne parliamo più recentemente in testi che non sono ancora stati tradotti in inglese in certi casi, anche hanno un impatto ecologico serissimo.\r\nPerché investire in grandi infrastrutture come ChatGPT significa anche investire in data center, significa investire nell'estrazione mineraria e nell'uso di energie che non sono certamente sostenibili.\r\nNon sono certamente un caso di tecnologia verde malgrado il fatto che cerchino costantemente di vendersi come green AI, quindi di fare un pochettino di ripulitura e di riciclaggio. Quindi l'uso fatto della retorica ecologista per cercare di vendere quello che fanno ha un serio impatto se pensiamo soltanto agli investimenti proposti da Sam Altman, quindi uno dei principali creatori di ChatGPT, stiamo parlando di un fabbisogno energetico che supera ampiamente tutte le tecnologie che abbiamo avuto finora.\r\nE quindi questo servirebbe soltanto a creare cosa? Un chatbot che risponde alle mie richieste astuse di ricette, magari la ricetta di una torta ssacher ma scritte come fosse un sonetto di Shakespeare, che è la cosa più inutile del mondo a pensarci.\r\n\r\n\r\nAntonio su questo non so se ci puoi dedicare ancora qualche minuto, volevo su questo farti ancora due domande proprio sul tema ambientale.\r\nAnche da questi microfoni abbiamo più volte portato approfondimenti, per esempio un dato delle ultime settimane è che le previsioni sono che i data center negli Stati Uniti consumeranno il 10% di tutta l'elettricità prodotte nel paese entro il 2030, ogni settimana escono annunci di questo tipo. E in generale, anche invece riportando un po' l'argomento su un piano politico, negli ultimi anni c'è stato un tentativo a più riprese di creare punti di convergenza tra quelle che sono le distopie digitali che con te abbiamo sottolineato in questa intervista e invece delle lotte ambientali che rappresentano sicuramente un punto di vista anche un po' più avanzato dal punto di vista anche dello stato di salute dei movimenti. Basti pensare appunto che termini costrutti di ricerca come l'estrattivismo digitale e altri sono stati proprio mutuati da una parte all'altra, presi dal mondo dell'ecologia.\r\nEcco, questo è sicuramente un tentativo che si è fatto, molto interessante, però noi rileviamo anche che negli ultimi anni questa potenziale alleanza e punti di convergenza stenta un po' a costruirsi. Non so, anche dal nostro punto di vista spesso e volentieri abbiamo cercato di portare questi discorsi all'interno anche di iniziative politiche e movimenti, ma si fa un po' fatica, un po' per la natura delle lotte ambientali che pur essendo a una vocazione sicuramente internazionale di ampio respiro spesso sono estremamente localizzate, e invece lavori come il tuo ad esempio che ci portano a attraversare delle filiere che poi camminano un po' in tutto il mondo.\r\nEcco, tu come vedi questa situazione? Come vedi il rapporto in generale e quali potrebbero essere secondo te nuovi punti di convergenza tra le movimenti nel digitale sia sindacali che internazionali?\r\n\r\nAllora, diciamo che in un certo senso penso che i problemi siano di due tipi il primo è che attualmente i movimenti ambientalisti a livello internazionale sono ancora molto diversi e che non c'è stata una chiara separazione tra, diciamo, un'ala riformista, chiamiamola così sostanzialmente quella che è più compatibile con delle istanze capitaliste e quindi sostanzialmente per farla corta sono quelli che propongono l'idea che c'è una tecnologia sostenibile basta semplicemente scegliere il meno peggio o addirittura pensare a una tecnologia che possa essere effettivamente green e dall'altra parte un'area massimalista dei movimenti ecologistici che invece sostanzialmente sostengono quella che possiamo chiamare una redirezione ecologica ovvero bisogna veramente avere un sussulto politico per cambiare completamente la maniera di considerare queste cose e né l'una né l'altra nel caso specifico al di là di queste diciamo di questa complessità dei movimenti ecologici attuali ambientalisti attuali né l'una né l'altra ha una visione completa se vogliamo forse un po' quelli della redirezione ecologica perché ci sarebbe bisogno di avere una specie di cartografia di che cosa fanno le intelligenze artificiali a non soltanto le filiere o le supply chains ma anche a posti che sono a volte molto distanti da noi ed è difficile immaginarsi quali sono le condizioni di vita o quali sono le condizioni stesse ambientali in paesi come la Bolivia considerando che la maggior parte di noi non ci ha mai messo piede in Bolivia immaginarsi che ci siano l'adi di sale come è il caso di Bolivia e di Uyuni che è il più grande giacimento di litio del mondo che è talmente centrale per le nostre batterie di tutto quello che abbiamo in tasca dallo smartphone al tablet per chi ce l'ha le biciclette elettriche o i veicoli elettrici, le automobili questa cosa di immaginarsi quanto importante sia un posto talmente lontano da noi da qualcosa che è così vicino a noi che abbiamo nelle nostre tasche questo è uno sforzo serio è uno sforzo serio che però ha nel futuro una necessità di svilupparsi e che si svilupperà purtroppo perché queste lotte ecologiche arrivano sempre più vicino a noi se pensiamo in particolare a una faccenda che è un po' diversa la questione dei data center i data center non sono per la maggior parte situati in paesi terzi a basso reddito ma sono per la maggior parte dei casi messi dietro l'angolo rispetto a noi sono in Italia, sono in Francia sono negli Stati Uniti certo sono anche in Cina e in maniera crescente perché la Cina non è più da tanti tanti anni un paese povero ma sono sostanzialmente nel nord del mondo e nel nord del mondo sono dei posti dove sono delle strutture che pesano molto sul consumo energetico paesi come l'Irlanda che sono oggi dei grandi hub per i data center sono dei paesi nei quali l'infrastruttura di produzione dell'elettricità è molto affaticata dalla presenza di questi data center in Spagna si stanno sviluppando dei collettivi che mettono insieme tecnologia e piuttosto critica tecnologica e critica ecologica che si oppongono per esempio alla creazione di nuovi data center in posti che specialmente in Spagna sono già desertici e che quindi non hanno bisogno in più di questo ennesimo peso quindi queste sono delle prospettive che sono interessanti e aggiungo che sono interessanti purtroppo perché sono delle questioni e dei problemi ecologici sempre più pressanti che arrivano sempre più vicino alle nostre case e che se finora non c'è stata una diciamo così un'alleanza tra movimenti di critica tecnologica e movimenti di rivendicazione legate all'ambiente questo secondo me cambierà molto presto\r\n\r\n \r\n\r\nHai qualcosa da aggiungere o altri riferimenti che vuoi darci per chi ci ascolta per seguire il vostro lavoro o anche altri lavori che reputi interessanti su questi temi?\r\n\r\nAllora voglio invitare coloro che ci ascoltano se sono interessati e interessate, l'otto luglio c'è il lancio a distanza, nel senso che è un evento virtuale ed è gratis, e si può partecipare da tutto il mondo, che si chiama Workers Inquiry. Per gli italiani traduzione è semplicemente inchiesta operaia.\r\nWorkers Inquiry è il lavoro, la produzione di una mia carissima collega e amica e anche lei membra di DiPLab che si chiama Milagros Miceli che è una ricercatrice che da tanti anni lavora a Berlino per il Weizenbaum Institute e che ha avuto questa idea assolutamente geniale, ovvero piuttosto che, come lo facciamo noi da tanti anni, girare il mondo e andare a intervistare persone, aiutare i lavoratori dei dati, ovvero i microlaboratori di cui ho parlato finora, questi che attestano l'intelligenza artificiale, a raccontare le loro stesse condizioni di lavoro e a condurre loro stessi delle inchieste sulle proprie condizioni di lavoro.Ed è una maniera di effettivamente ricollegarsi alla grande tradizione operaista.\r\nMa vi posso anche assicurare che è un risultato anche da un punto di vista sociale, politico, perché ci sono queste persone che l'8 luglio parleranno durante il lancio di questa iniziativa e quindi vedrete testimonianze di persone dal Kenya, dall'Iran, dal Venezuela, da tanti altri posti e dalla Germania ovviamente, ma soprattutto ci sono anche degli estratti video che sono di grandissima qualità. Quindi vi consiglio di cercare Workers Inquiry Milagros Miceli su internet e di connettervi l'8 luglio, quindi tra qualche giorno.","11 Luglio 2024","2024-07-11 12:19:56","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/rick-rothenberg-kroIft6D9wk-unsplash-scaled-1-200x110.jpg","StakkaStakka 3 Luglio 2024 – Intervista Antonio Casilli",1720700396,[],[],{"post_content":367},{"matched_tokens":368,"snippet":369,"value":370},[71],"opportunità di parlare a un \u003Cmark>pubblico\u003C/mark> più vasto, ecco.\r\n\r\nEcco, allora","Puntata completa\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/stakkastakka-231.mp3\"][/audio]\r\n\r\nIntervista Antonio Casilli\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/stakkastakka-casilli.mp3\"][/audio]\r\n\r\nCollegato con noi c'è Antonio Casilli, professore dell'Istituto Politecnico di Parigi e autore di diversi lavori, tra cui un libro pubblicato in Italia nel 2021, Schiavi del Click. Fa parte del gruppo di ricerca DiPLab.\r\n\r\nAllora Antonio, noi ti abbiamo contattato perché al di là del tuo libro che ha avuto un discreto successo, è che sia in Italia che in Francia, dove mi pare l'hai pubblicato la prima volta nel 2019, sappiamo anche che a breve verrà pubblicato in un'edizione inglese, aggiornata, non ho capito se è già pubblicato o verrà pubblicato a quest'autunno.\r\n\r\nAllora, sto rivedendo per l'ennesima volta le bozze, quindi esce tra qualche mese in America con la Chicago University Press e quindi siamo molto eccitati tutti.\r\nPer questa opportunità di parlare a un \u003Cmark>pubblico\u003C/mark> più vasto, ecco.\r\n\r\nEcco, allora a partire proprio dal tuo lavoro abbiamo diverse domande per arrivare poi anche agli ultimissime ricerche che hai fatto con i tuoi collaboratori e altri ricercatori. Ma prima di arrivare un attimo a questo tema vorremmo un attimo definirne dei contorni e quindi incominciare chiedendoti un pochino come sei arrivato negli ultimi anni nel tuo lavoro di ricerca a occuparti di lavoro digitale e in particolar modo di intelligenza artificiale e la sua intersezione col mondo del lavoro.\r\n\r\nAllora diciamo che io ho un percorso un po' lungo perché sono vecchietto e strano perché comincia in Italia diciamo in giri operaisti e autonomi, stiamo parlando di diversi decenni fa, e poi quando mi sono trasferito all'estero il tutto si è articolato, si è complessificato perché ho iniziato soprattutto a interessarmi alla sociologia di internet, quindi da sociologo e un po' economista, decisamente interessato alle tematiche del lavoro, sono arrivato a questa grande questione che è: che cosa fa l'intelligenza artificiale al lavoro?\r\nLa risposta tipica sarebbe: l'intelligenza artificiale distrugge il lavoro, ma dopo anni di ricerche con i miei collaboratori in diverse parti del mondo e poi ne riparleremo quali, sono arrivato a una conclusione un po' diversa e cioè sarebbe a dire che tanto per cominciare questa idea della distruzione dei posti di lavoro è un pretesto.\r\nI posti di lavoro sono distrutti ma sono distrutti per una scelta degli imprenditori, per una scelta dei poteri pubblici, per una scelta dei capitalisti sostanzialmente e si usano le macchine.\r\nMa queste macchine in realtà non funzionano tanto bene, perché per farle funzionare ancora oggi c'è bisogno di tantissimo lavoro nascosto e questo lavoro nascosto viene chiamato digital labor o micro lavoro o lavoro dei dati, insomma ci sono tante maniere di definirlo, ma è sostanzialmente un lavoro che è necessario per tenere su grandi exploit tecnologici come per esempio ChatGPT.\r\nChatGPT non funziona soltanto per la magia degli algoritmi, ma come è stato dimostrato già subito dopo il suo lancio nel novembre 2022 ci sono diverse migliaia di persone che stanno lì a filtrare i dati e tantissime altre ancora di più che stanno lì a verificare se le risposte sono corrette, a volte siamo noi stessi, a volte sono delle persone pagate.\r\nMa queste persone sono pagate molto poco, vivono in condizioni di lavoro terribili che noi documentiamo un po' in tutto il mondo perché, e qui riveniamo a dove sono messi, anche se queste grandi imprese tecnologiche sono spesso presentate come la Silicon Valley o tutt'al più facciamo lo sforzo di vederle anche in Cina, nei grandi distretti industriali cinesi, in realtà sono largamente delle tecnologie sviluppate in paesi a basso reddito.\r\nQuindi quelli che venivano una volta chiamati paesi in via di sviluppo che nel frattempo si sono ampiamente sviluppati ma che continuano a avere seri problemi di distribuzione ineguale dei redditi, forti tassi di povertà, forti percentuali di persone che sono pronte a lavorare per pochissimo e quindi sono lì che le grandi imprese come OpenAI, come Meta vanno a raccogliere, per aiutare questi lavoratori poveri dei dati.\r\n\r\nPrendiamo un tema che tu hai affrontato più volte sia nel tuo libro ma anche in numerose ricerche che hai pubblicato, che è quello della scomparsa del lavoro, un tema che cerchi di andare a smontare a più riprese su come le nuove tecnologie, che siano l'automazione nei processi produttivi o le intelligenze artificiali nei servizi e nel commercio vadano a rendere inutile il lavoro umano. Ecco secondo te a quali fenomeni possiamo invece ricondurre quello che è poi l'impatto reale dell'adozione di prodotti commerciali basati su intelligenza artificiale nel mondo del lavoro? E poi come nasce questo mito della scomparsa del lavoro?\r\n\r\nSe vogliamo il mito della scomparsa del lavoro è un prodotto ideologico del sistema capitalistico attuale.\r\nQuando parlo di ideologia parlo veramente del fatto che è un mito che introduce un forte elemento di propaganda. Siamo tutti purtroppo confrontati all'emergenza di questa retorica politica del great replacement, la grande sostituzione, che di solito è un elemento, diciamo così, un argomento che è tirato fuori da razzisti e fascisti di diversa appartenenza politica. Quando sentiamo parlare di great replacement, di grande sostituzione, perché arrivano gli immigrati o arrivano altre persone che entrano nel mondo del lavoro, identifichiamo immediatamente queste persone come dei razzisti.\r\nMa non li identifichiamo altrettanto facilmente quando invece ci viene presentata questa idea della grande sostituzione tecnologica. Cioè l'idea secondo la quale i lavoratori non perderanno il loro lavoro a causa di immigrati o nuovi soggetti sociali, ma a causa delle macchine. In realtà si tratta dello stesso tipo di ragionamento e se guardiamo bene chi lo porta, chi veicola questo tipo di discorso, sono le stesse persone. Una persona che purtroppo qui in Francia è molto conosciuta, che è Jordan Bardellà, e ci sono delle possibilità, una percentuale non nulla di possibilità che ce lo ritroviamo come prossimo presidente del Consiglio.\r\nJordan Bardellà è un noto esponente neofascista del partito Rassemblement National e lui ha più volte detto che ci sono due tipi di grandi sostituzioni che si preparano, quella da parte dell'ondata migratoria e poi quella da parte delle tecnologie. Quindi mette sullo stesso piano questo tipo di discorso. E lo stesso tipo di discorso, come dire, lo possiamo smontare nella stessa maniera, sostanzialmente dicendo che non è l'immigrato che ruba il lavoro all'autoctono, che non è la tecnologia che ruba il lavoro ai lavoratori attuali, ma si tratta di una scelta di investitori e di grandi capitalisti di far presentare queste tecnologie come potenzialmente distruttrici di lavoro.\r\nQuando in realtà, se noi guardiamo la storia di tutta l'automazione, dall'automazione meccanica di diversi secoli fa all'automazione detta intelligente di oggi, vediamo che queste tecnologie sono fatte per lavorare con gli esseri umani e che permettono, in linea di principio, a più esseri umani di accedere al lavoro.\r\nMa c'è un ma, non è una visione ottimistica la mia, queste tecnologie dette intelligenti, ovvero tutto quello che ha a che fare con soluzioni algoritmiche, con l'uso di dati, le tecnologie di machine learning, ovverosia di apprendimento automatico, hanno bisogno di tantissima gente che insegna le macchine a fare quello che fanno.\r\nChatGPT è un esempio che tutti hanno sotto gli occhi, che è capace di generare testo, ma se guardiamo anche nell'acronimo GPT, la P di GPT significa pre-trained, significa pre-addestrato. Significa che qualcuno gli ha insegnato a questa macchina a fare quello che fa, come si addestra un atleta, o come si insegna ad uno studente.\r\nE questo qualcuno, noi ce lo immaginiamo sempre come un ingegnere, un data scientist, un software developer, ma in realtà si tratta, nella maggior parte dei casi, che significa che abbiamo anche delle cifre che sono abbastanza impressionanti, parliamo di diverse centinaia di milioni di persone nel mondo, che fanno un lavoro molto più terra terra.\r\nPer esempio, non lo so, prendiamo delle immagini, che ne so, generate da utilizzatori su Instagram e iniziamo a taggare queste immagini, oppure a identificare oggetti in queste immagini. Per esempio, se c'è un viso umano, mettiamo un tag uomo o essere umano. Se c'è un animale, mettiamo animale, il tipo di animale. A cosa serve tutto questo? La prossima volta che queste immagini verranno, tra virgolette, mostrate a un'intelligenza artificiale, questa intelligenza artificiale poi, a forza di esempi, imparerà a riconoscere gli esseri umani e a fare la differenza tra un essere umano e un animale. Quindi questo è un esempio molto facile, molto terra terra.\r\nUn altro esempio potrebbe essere che ChatGPT ha bisogno che qualcuno annoti i testi, ovvero sia, , che questo testo sia segnato, sia etichettato come un testo in inglese che parla di sport e che è lungo 300 parole.\r\nQueste informazioni sono necessarie alla macchina, perché la macchina impari. Queste operazioni in realtà sono delle operazioni relativamente semplici, metto molto l'accento sul relativamente, e soprattutto molto mal pagate. Molto mal pagate, stiamo parlando in realtà di un pagamento che a volte può arrivare a 1 o 2 dollari all'ora, perché queste persone sono pagate o all'ora o sono pagate addirittura a contimo, ovvero per ogni tipo di piccola informazione che aggiungono al database vengono pagate qualche centesimo.\r\nCi sono delle piattaforme che sono accessibili a tutti, purtroppo, un po' in tutto il mondo, che permettono ai lavoratori di iscriversi e quindi di accettare, di realizzare queste task, questi compiti, queste mansioni molto mal pagate e alle aziende di reclutare a volte centinaia, di migliaia, a volte addirittura milioni di persone che sono messe a lavoro per sviluppare questa intelligenza artificiale.\r\n\r\nEcco, su questo, l'anno scorso hai pubblicato insieme ad altri due ricercatori, Maxime Cornet e Clement Leclerc. Un paper dal titolo appunto \"The problem with annotation. Human labour and outsourcing between France and Madagascar\". Ecco, abbiamo letto il paper, è molto interessantecome avete ricostruito insomma la filiera, stai dicendo già adesso, della catalogazione e della categorizzazione condotta da due start-up francesi attive in questo settore.\r\nMa nel mentre vi siete presi la briga di andare a intervistare nello specifico qua in Madagascar, ma poi sappiamo che avete fatto anche altre ricerche da altre parti.\r\nEcco, ti chiederei un pochino adesso di entrare un po' magari più nel dettaglio della ricerca, nel senso di darci magari un po' conto di come avete condotto la ricerca e farci anche magari qualche esempio concreto. E poi, dall'altro lato, come vengono utilizzate queste tecnologie poi nella pratica, sia quella di sorveglianza, sia quella di organizzazione, sia poi il risultato delle interviste.\r\n\r\nÈ più facile se ti racconto un pochettino come lavoriamo in generale. Allora, noi siamo un gruppo di una ventina di persone, si chiama DiPLab, che significa Digital Platform Labor, quindi è un laboratorio di ricerca sostanzialmente, e praticamente quello che facciamo è realizzare delle inchieste un po' dappertutto nel mondo, ma siamo molto specializzati sull'America Latina e l'Africa, abbiamo fatto una ventina di inchieste in 20 diversi paesi negli anni, a partire dal 2018, e questi paesi sono molto diversi.\r\nAllora, ci sono sostanzialmente dei paesi molto poveri, come per esempio il Venezuela in America Latina o il Madagascar in Africa che sono diventati dei centri nevralgici di questo lavoro mal pagato ma necessario per produrre le intelligenze artificiali.\r\nSostanzialmente noi abbiamo raccolto testimonianze di migliaia, quasi 4 mila, lavoratori e lavoratrici un po' in tutto il mondo. Stiamo adesso iniziando anche a guardare altri paese e altri continenti come l'India e il Bangladesh che come potrai immaginare sono enormi e sostanzialmente negli anni abbiamo visto che ci sono dei tipi molto chiari, che diventano chiari dal punto di vista dei profili socio-demografici delle persone che lavorano per queste piattaforme.\r\nTanto per cominciare abbiamo a che fare con delle persone che sono nel fiore degli anni, quindi sarebbe dire delle persone che dovrebbero essere ben piazzate sul mercato del lavoro, stiamo parlando di persone dai 20 a massimo i 40 anni e queste persone sono anche delle persone che hanno un alto livello di specializzazioni di educazione, cioè hanno dei diplomi, intervistiamo abbastanza frequentemente delle persone che hanno lauree, master, quindi ti puoi immaginare che queste persone ancora una volta dovrebbero essere le più avvantaggiate dal punto di vista del mercato del lavoro e invece non accedono a delle buone posizioni, non accedono a dei posti di lavoro e quindi devono accettare delle forme di lavoro molto più informali, molto più precarie, quindi lavorare per queste piattaforme.\r\nA volte lavorano da casa, per esempio in paesi come il Venezuela sono sostanzialmente delle persone che lavorano da casa, quindi ci possiamo sostanzialmente immaginare delle persone che hanno già un computer, di solito un vecchio computer distribuito dallo Stato una decina di anni fa, che fortunatamente, perché sono in Venezuela, non pagano l'elettricità o gli viene offerta a prezzi controllati,e quindi possono permettersi di fare una piccola aziendina a casa loro, dico un'aziendina per modo di dire perché in realtà non c'è nessun contratto, quindi si connettono a una piattaforma, accettano di realizzare dei task, ottengono dei pagamenti di qualche centesimo che alla fine del mese gli fa qualche dollaro. Siccome in Venezuela 6 o 8 dollari sono un buon salario mensile, e soprattutto il dollaro è più apprezzato del bolivar che è la moneta locale che ha tendenza a svalutarsi da un giorno all'altro, queste persone trovano questo lavoro abbastanza interessante e sostanzialmente si creano delle delle piccole collettività familiari. C'è certe volte, non lo so, certe ore del giorno è il padre che lavora a questa piattaforma, su questa piattaforma altre volte è la nonna, altre volte sono i figli. Questa è la situazione in un paese come il Venezuela.\r\nLa situazione in Madagascar è completamente diversa perché certo ci sono anche lì delle persone che lavorano da casa, molto meno perché la connessione costa cara e l'elettricità costa cara e in più ha tendenza al blackout, diciamo così, ma ci sono tantissime altre situazioni. Persone che lavorano in cybercafè, io per esempio in Madagascar sono andato in diversi cybercafè dove c'erano da una parte quelli che giocavano ai videogiochi e dall'altra quelli che facevano annotazione di immagini, o che facevano altri task.\r\nCi sono anche persone che lavorano da casa, come dicevo, e ci sono a volte degli uffici e delle aziende più classiche che assomigliano veramente a degli open space dove ci sono centinaia di persone che fanno dei turni di giorno e di notte e che fanno lavori di diverso tipo. Di solito queste sono delle mansioni un pochettino più complesse e delle mansioni soprattutto con aziende che lavorano da casa. Ci sono anche persone che impongono un certo livello di segreto industriale. Possono essere dei ministeri di governi stranieri, come abbiamo potuto vedere in Madagascar, a volte anche, e questo è molto più preoccupante, dei ministeri della difesa in diversi paesi stranieri e altre volte invece si tratta di grandi aziende, possono essere dei Google o delle Amazon, che hanno bisogno di dati di qualità.\r\nE' un'altra cosa che è stata molto eclatante, quello che quando noi l'abbiamo vissuto è stato certamente il più forte a livello di risultati. Stiamo parlando di un paio di anni fa, quando giustamente con i miei colleghi siamo andati andati diverse volte in Madagascar in realtà, perché è un paese abbastanza centrale.\r\nNel corso di questa missione, come la chiamiamo, nel 2022, siamo stati una settimana praticamente a vivere dentro, quasi, una casa che era stata trasformata in una fabbrica di click per l'intelligenza artificiale, una fabbrica di dati. Quindi ci dobbiamo immaginare una piccola casetta su due piani, con un garage, una soffitta, e praticamente in ogni stanza si entrava e c'erano da 20 a 30 persone su diversi computer che facevano dei task, che realizzavano della traduzione di dati o della notazione di dati, mettevano dei tag su delle immagini, vedi questo passo. Giorno e notte.\r\n\r\nNel caso specifico, uno dei casi, diciamo, più normali era quello di una azienda che aveva venduto degli scanner per i ristoranti aziendali. È presente quel tipo di situazione nei ristoranti aziendali. Si arriva con il vassoio, si passa il vassoio sotto uno scanner e questo vassoio ci dice automaticamente quanto dobbiamo pagare e quindi è tutto compactless e senza cassiere.\r\nQuello che non vi dicono è che però dall'altra parte del mondo ci sono delle persone che a volte in tempo reale fanno un lavoro di identificazione dei piatti del vostro vassoio. E questo è un lavoro che può diventare abbastanza complesso, soprattutto se consideriamo che, che ne so, i vassoi sono a volte in Germania e le persone che vedono che cosa c'è in questi vassoi si trovano in Mozambico, per esempio, e non ci sono gli stessi sistemi alimentari, non mangiano le stesse cose, non riconoscono gli stessi cibi. Quindi ci vuole tutto un lavoro di adattazione, di adattamento culturale. E un altro lavoro, invece, che è un altro progetto, che invece ci è sembrato particolarmente strano, poi siamo andati a grattare, lì era un'altra conferma di quello che sapevamo in realtà da lontano 2017, era che alcune di queste intelligenze artificiali non sono artificiali per niente. Ovvero, ossia, non c'è un vero e proprio algoritmo, ma c'è un finto algoritmo che in realtà è un certo numero di persone che a distanza realizzano questi task.\r\n\r\nQuindi l'esempio tipico, l'esempio vero, di cui parliamo poi nell'articolo, ma ne parliamo anche in altri contesti, è che, alcune persone che erano nel garage di questa casa di cui parlavo prima, facevano finta di essere una camera di videosorveglianza intelligente di quelle che si trovano nei supermercati.\r\nÈ una camera di videosorveglianza che viene venduta ai supermercati che riesce a riconoscere le persone e a interpretare i comportamenti delle persone. Se qualcuno ruba, non lo so, del cioccolato, del cibo per cani, questa camera, questa videocamera, invia un SMS al cassiere o alla cassiera e ci può essere un intervento in cui si può bloccare il ladro potenziale. Quello che non vi dicono è che in realtà questa videocamera intelligente è intelligente perché c'è l'intelligenza di questi lavoratori che vengono pagati molto poco e hanno dei turni abbastanza stretti, infatti devono in tempo reale comprendere quello che succede nei supermercati, hanno da 2 a 5 secondi per reagire e devono anche inviare dei finti sms automatici ai cassieri e alle cassiere in Europa, per esempio.\r\nQuindi si tratta di un caso che potrebbe essere assimilato a una frode, in realtà, ma che è molto più complesso e molto più comune, in realtà, perché tantissimi esempi di grandi intelligenze artificiali hanno dimostrato, e ci sono delle parti che non sono artificiali per niente.\r\nNel lontano 2019 abbiamo intervistato una persona che lavorava per Siri, quindi l'intelligenza artificiale di Apple, che diceva: \"io certe volte facevo l'intelligenza artificiale, perché certe volte Siri non funzionava bene e bisognava intervenire per fare un debugging in tempo reale\", per esempio. Solo che questo debugging in tempo reale significa simulare che ci sia un'intelligenza artificiale quando in realtà ci sono degli esseri umani. E questi esseri umani, questa è la parte più preoccupante, con questo finisco questo siparietto, erano anche molto mal pagati.\r\nPerché dobbiamo immaginarci che comunque, Antananarivo, la capitale del Madagascar, è una città grande, è una città relativamente cara rispetto al paese, che è un paese povero, ammettiamolo, però al tempo stesso la città non è una città nella quale si può vivere facilmente con qualche euro al mese. E nel caso specifico queste persone che addestravano o \"impersonavano\" un'intelligenza artificiale, venivano pagate tra i 90 e i 120 euro al mese. 90-120 euro al mese è ufficialmente il doppio del salario minimo del Madagascar, ma al tempo stesso non è sufficiente, soprattutto se queste persone hanno che ne so, una famiglia o dei figli . Quindi, sostanzialmente, queste persone erano anche bloccate in un lavoro precario e mal pagato che non gli permetteva di andare avanti.\r\nCon la loro carriera, con la loro vita, e ad avere delle prospettive, sostanzialmente, con il classico vicolo-ceco lavorativo che incontriamo tanto spesso ovunque nel mondo e sempre più spesso, ma che in questo caso diventa molto più grave perché è ufficialmente nel contesto della produzione di una delle più grandi fonti di ricchezza e di profitti degli ultimi anni, ovvero sia le intelligenze artificiali.\r\n\r\nE infatti l'esempio che hai dato mi ha ricordato due casi che erano emersi recentemente che avevamo avuto modo di commentare su questi microfoni , che uno è quello di Amazon dei negozi \"cashless\", che sembrava avere questo magico algoritmo che riesce a riconoscere in automatico quando le persone prendono un oggetto da uno scaffale, lo mettono nel carrello, gli addebitava diciamo il valore dell'oggetto, poi se magari lo rimettevano sullo scaffale glielo riaccreditava, eccetera. E rivelarono poi in realtà, si venne poi a scoprire che dietro questo magico algoritmo c'era un bacino di 20.000 lavoratori collocati in India, così come è uscito recentemente il caso di Presto Automation, una azienda in America che vendeva servizi di automazione alle casse per i fast food, il cui prodotto si era poi scoperto che aveva bisogno dell'intervento umano nel circa 70% dei casi. Quindi diciamo che la maggioranza poi delle azioni compiute da questi sistemi di appunto come dici te giustamente intelligenza artificiale dove poi dietro di artificiale non c'è niente, sono poi in realtà mantenuti da persone che spesso lavorano anche per una semplice questione di costi in paesi del secondo mondo, a prezzi che sarebbero diciamo inaccettabili nei paesi in cui quei negozi, quelle casse sono effettivamente collocate che poi alla fine è questo il vero vantaggio di questi strumenti. Perché tu alla fine hai un cassiere, , però lo paghi non al costo francese ma lo paghi al costo del Madagascar.\r\n\r\nCerto e c'è anche da aggiungere per esempio che non è soltanto questione di pagare i cassieri, ma cosa questo caso di off-shoring forzato determina per esempio per gli stati.\r\nTanto gli stati dei paesi a reddito basso, che hanno un costo di circa 25 miliardi di euro. C'è un costo di circa 25 miliardi di euro di reddito basso che per gli stati di paesi come per esempio, non lo so, i paesi europei c'è una perdita in termini di introiti fiscali, in termini di contributi, in termini di tutta una serie di altri servizi che normalmente sono dei servizi pubblici che sono finanziati a partire dal lavoro delle persone e a partire dalle aziende che pagano correttamente i lavoratori.\r\nSe queste aziende si sottraggono ai loro obblighi che ripeto sono di natura fiscale, contributiva, di previdenza sociale. Se si sottraggono a questi obblighi sostanzialmente stiamo sabotando lo stato sociale europeo in più oltre a danneggiare gli stati dei paesi terzi.\r\nNonché anche una cosa interessante che veniva fuori dalla ricerca, questo processo modifica anche il lavoro di chi rimane nel paese dove viene erogato il servizio.\r\nNella parte dei cassieri era anche abbastanza interessante vedere come il lavoro, per la parte delle videocamere di sicurezza, il lavoro dei cassieri e delle cassiere che rimangono sul posto viene a tutti gli effetti modificato perché si devono fare carico anche delle segnalazioni che vengono fatte dalle intelligenze artificiali o non artificiali remote, e quindi c'è paradossalmente un aumento del lavoro o anche una degradazione di chi mentre sta facendo un mestiere ne deve affiancare un'altro perché deve farsi interfaccia dell'intelligenza artificiale.\r\n\r\nEcco, su questo infatti ti volevo chiedere, riguardo poi a quella che è stata la vostra ricerca, se magari avete avuto modo di parlarne sia con chi in questo caso in Francia si trovava appunto ad avere il proprio lavoro modificato da queste intelligenze artificiali o nel caso specifico in Madagascar da chi è, nella componente degli sfruttati in questo colonialismo digitale, come queste persone poi percepiscano questa nuova trasformazione.\r\nMi riferisco in particolare a chi poi dà animo e forza a questi presunti algoritmi artificiali, di come poi questi percepiscano il fatto che quegli strumenti, quei prodotti in occidente vengano venduti come frutto della dell'intelligenza artificiale, e non come invece frutto del loro lavoro costante e quotidiano.\r\n\r\nGiustissima domanda che permette, che mi permette anche di raccontare un po' cosa facciamo oltre a girare il mondo e risolvere misteri come Scooby Doo.\r\nQuesta è la parte dove andiamo a raccogliere dati, intervistare persone, è una parte del nostro lavoro, poi c'è tutto quello che ha a che fare con aiutare i lavoratori a prendere coscienza, sviluppare soggettività, a organizzarsi e aiutare anche a volte stati, istituzioni internazionali o addirittura sindacati a inquadrare e aiutare e accompagnare meglio questi lavoratori, questo è un lavoro molto più vasto che però facciamo in diversi paesi del mondo. Ti do qualche esempio di come si può lavorare con per esempio i lavoratori in Europa che sono direttamente in Europa.\r\n\r\nPoi abbiamo un altro problema è che i lavoratori non sono stati colpiti da questa situazione, spesso sapendolo, cioè noi abbiamo a che fare con, per esempio non lo so, giusto ieri stavo continuando un lavoro con un'azienda francese, questa azienda francese ha subito un piano di ristrutturazione che è risultato in 250 licenziamenti, questi licenziamenti sono stati giustificati dall'arricuz di CIGPT e dell'intelligenza artificiale come se fosse una novità, il solito pretesto, in realtà i lavoratori hanno scoperto immediatamente dietro questa finta automatizzazione si nascondeva un caso di outsourcing di diverse centinaia di persone in un paese africano che erano messe lì a lavoro per far finta di essere un'intelligenza artificiale che ufficialmente ha distrutto i loro posti di lavoro. Quindi in questo caso la rivendicazione dei lavoratori licenziati che cercano di essere reintegrati o che cercano di essere rimborsati dei danni subiti si combina con il riconoscimento, con il fatto che sono oramai coscienti del fatto che ci sono masse di altri lavoratori in paesi terzi, nel caso specifico non soltanto in Africa ma anche in India per questa azienda di cui sto parlando e che quindi diventa una lotta internazionalista, ma perché internazionale di fatto?\r\n\r\nPerché non si possono risolvere i problemi di gente in Europa senza al tempo stesso prendere in conto quale ruolo e quali sono anche i danni subiti da persone in paesi terzi. Naturalmente noi lavoriamo anche in diversi paesi nei quali abbiamo condotto queste inchieste, nel caso specifico i due paesi sui quali stiamo lavorando di più ancora sono Madagascar e Kenya in Africa ci sono altri lavori in corso per paesi sudamericani come il Brasile e altri paesi africani come l'Egitto ma sono più diciamo così embrionali come come tipi di lavoro. Che tipo di lavoro facciamo? Beh a volte lavoriamo con le aziende, le aziende significa le piattaforme, per convincerle\r\nqueste piattaforme che sfruttano i lavoratori a trattarli meglio.\r\nE quindi adottare degli standard di lavoro equo, questi sono degli standard che sono stabiliti da un'organizzazione che si chiama Fair Work Project, che è condotta da nostri colleghi dell'Università di Oxford. Altre volte si tratta di applicare sostanzialmente le regole di gli standard internazionali di difesa del lavoro degno che invece sono stabiliti dall'ILO, cioè la International Labour Organization e con i quali, lavoriamo su altri progetti.\r\nQuindi sostanzialmente si tratta in certi casi di far applicare la legge, in altri casi si tratta di aiutare lo sviluppo di soggettività collettive da parte dei lavoratori. Per esempio quello che sta succedendo in Kenya è da una parte preoccupante, perché l'ordine \u003Cmark>pubblico\u003C/mark> del paese si è molto degradato, ma allo stesso molto interessante perché il Kenya è un paese che è stato al centro di una serie di rivelazioni molto forti negli ultimi due anni. Si è scoperto sostanzialmente che sia Meta, ovvero sia Facebook, che OpenAI, ovvero sia ChatGPT, si sono serviti di lavoratori keniani per adestrare le loro intelligenze artificiali, produrre dati e fare altri tipi di lavoro.\r\nQueste persone si sono in frattempo organizzate in diversi sindacati, uno si chiama Tech Workers, un altro si chiama African Content Moderators, sono dei sindacati che hanno oramai migliaia di iscritti e che partecipano anche alle manifestazioni che si stanno svolgendo in questo momento in Kenya contro la riforma finanziaria di quel paese. Quindi sostanzialmente vediamo progressivamente delle persone, delle organizzazioni che nascono all'interno di questo settore, che è dopo tutto un settore abbastanza sconosciuto, anche se veramente avrei dei dubbi a definirlo come un settore di nicchia, visto il numero di persone che secondo le stime degli ultimi anni iniziano ad esserci dentro, ma che si articolano, si combinano con movimenti molto più vasti e quindi ci sono anche delle forme embrionali di costruzione di coscienza di classe, se vogliamo, o di costruzione di movimenti multitudinari nei quali questi laboratori di dati entrano a far parte.\r\n\r\nMi sposterei un attimo su una questione che avevo ripreso appunto dal tuo libro Schiavi del Clic, ma che poi insomma è anche ricitato in vari articoli, che è noto come il paradosso di Solow su come sia stato misurato che la digitalizzazione nella manifattura e l'automazione nei servizi non abbiano poi portato a un reale aumento della produttività, anzi addirittura all'inizio del ventunesimo secolo si misura una decrescita nella produttività portata da questi strumenti.\r\nStrumenti che invece avrebbero dovuto, non dico sostituire il lavoro umano, ma quantomeno aumentarne la capacità produttiva.\r\nDa questo punto di vista, se la digitalizzazione ha avuto un impatto tanto trascurabile, perché rimane comunque una delle principali voci di investimentoda parte di grandi corporazioni e dei governi?\r\n\r\nAllora, do una precisazione piccolissima di natura statistica, anche se poi un po' scocciante, pedante da parte mia, quello che diminuisce è il tasso di crescita della produttività, quindi significa che la produttività continua a crescere, certo, ma in maniera molto meno veloce e in certi casi la crescita si è interrotta, non c'è una diminuzione della produttività, ecco, significa che sostanzialmente a forza tu puoi introdurre tutta l'automazione che vuoi, la produttività non cresce, poi la produttività cresce anche per altri motivi, perché sostanzialmente se ci sono altri metodi che non sono di natura automatica, ma possono essere, che ne so, riorganizzazione del lavoro, oppure la disponibilità di infrastrutture, la produttività potrebbe crescere, ma quello che giustamente sottolinei nella tua domanda è per quale motivo, malgrado i risultati dell'automatizzazione non ci siano dal punto di vista della produttività, si continua a investire tanto?\r\nBeh, perché risponderei, ci sono dei risultati per gli investitori in termini di profitto, in termini di rendita economica, quindi malgrado la produttività non aumenti, loro riescono comunque a creare dei profitti, e creare dei profitti sostanzialmente grazie al fatto che oggi come oggi non hai bisogno di avere un prodotto che funziona e nemmeno di venderlo volendo, perché le grandi aziende e le grandi piattaforme degli ultimi anni sono basate su un'idea di, a grosso modo, di soppensioni da parte dei produttori. Quindi, la città è un'azienda, che ha delle piccole aziende che vengono fatte a volte di stati e a volte di grandi investitori, è quello che si chiama il venture capitalism, quindi significa che ci sono dei grandi finanziatori che ti pagano, ti danno dei finanziamenti, delle sovvenzioni di centinaia di miliardi e sperano che un giorno forse tu riuscirai a fare un profitto, ma in certi casi, ti posso citare il caso di Uber, questo profitto non arriva mai.\r\nUber è arrivato a fare un utile , alla fine dell'anno scorso, a mostrare per la prima volta da quando è stata creata un minimo di profitto, non perché è riuscita a vendere meglio il suo prodotto, ovvero la sua piattaforma, che continua a essere in perdita. Uber in realtà spende molto di più a convincerti a usare Uber che non quello che guadagna facendoti usare Uber.\r\nSono riusciti a fare un minimo di profitto perché hanno fatto un'acquisizione di un'altra azienda che aveva un bilancio positivo.\r\nMa questo significa sostanzialmente che ci sono delle incitazioni, degli incentivi per i grandi investitori di continuare a investire nell'intelligenza artificiale, anche se poi il tornaconto non c'è. Certo non c'è il tornaconto a livello collettivo perché gli stati non ci guadagnano abbastanza, i lavoratori certamente non ci guadagnano in questa situazione e le aziende stesse continuano a fare perdite, ma in questo caso di venture capitalism ci sono ancora degli imbecilli che continuano a finanziarli. Questi imbecilli sono degli imbecilli pericolosi.\r\nStiamo parlando di persone del calibro di Mark Andresen o Peter Thiel. Dei nomi che forse non dicono niente alle persone che ci ascoltano. La cosiddetta paypal mafia anche nota. Sì esattamente. Persone che sono vicine a noti esponenti dell'estrema destra come Elon Musk e compagnie. Loro stessi sono delle persone di estrema destra. Mark Andresen è uno che pubblicamente ha dichiarato di quanto era bello il colonialismo. Peter Thiel è un eugenista dichiarato. Un pro-trumpiano nichilista , e queste persone sono quelli che continuano a finanziare questi grandi sforzi di investimento che sono pericolosi dal punto di vista sociale, dal punto di vista economico e aggiungerei anche, anche se poi di questo ne parliamo più recentemente in testi che non sono ancora stati tradotti in inglese in certi casi, anche hanno un impatto ecologico serissimo.\r\nPerché investire in grandi infrastrutture come ChatGPT significa anche investire in data center, significa investire nell'estrazione mineraria e nell'uso di energie che non sono certamente sostenibili.\r\nNon sono certamente un caso di tecnologia \u003Cmark>verde\u003C/mark> malgrado il fatto che cerchino costantemente di vendersi come green AI, quindi di fare un pochettino di ripulitura e di riciclaggio. Quindi l'uso fatto della retorica ecologista per cercare di vendere quello che fanno ha un serio impatto se pensiamo soltanto agli investimenti proposti da Sam Altman, quindi uno dei principali creatori di ChatGPT, stiamo parlando di un fabbisogno energetico che supera ampiamente tutte le tecnologie che abbiamo avuto finora.\r\nE quindi questo servirebbe soltanto a creare cosa? Un chatbot che risponde alle mie richieste astuse di ricette, magari la ricetta di una torta ssacher ma scritte come fosse un sonetto di Shakespeare, che è la cosa più inutile del mondo a pensarci.\r\n\r\n\r\nAntonio su questo non so se ci puoi dedicare ancora qualche minuto, volevo su questo farti ancora due domande proprio sul tema ambientale.\r\nAnche da questi microfoni abbiamo più volte portato approfondimenti, per esempio un dato delle ultime settimane è che le previsioni sono che i data center negli Stati Uniti consumeranno il 10% di tutta l'elettricità prodotte nel paese entro il 2030, ogni settimana escono annunci di questo tipo. E in generale, anche invece riportando un po' l'argomento su un piano politico, negli ultimi anni c'è stato un tentativo a più riprese di creare punti di convergenza tra quelle che sono le distopie digitali che con te abbiamo sottolineato in questa intervista e invece delle lotte ambientali che rappresentano sicuramente un punto di vista anche un po' più avanzato dal punto di vista anche dello stato di salute dei movimenti. Basti pensare appunto che termini costrutti di ricerca come l'estrattivismo digitale e altri sono stati proprio mutuati da una parte all'altra, presi dal mondo dell'ecologia.\r\nEcco, questo è sicuramente un tentativo che si è fatto, molto interessante, però noi rileviamo anche che negli ultimi anni questa potenziale alleanza e punti di convergenza stenta un po' a costruirsi. Non so, anche dal nostro punto di vista spesso e volentieri abbiamo cercato di portare questi discorsi all'interno anche di iniziative politiche e movimenti, ma si fa un po' fatica, un po' per la natura delle lotte ambientali che pur essendo a una vocazione sicuramente internazionale di ampio respiro spesso sono estremamente localizzate, e invece lavori come il tuo ad esempio che ci portano a attraversare delle filiere che poi camminano un po' in tutto il mondo.\r\nEcco, tu come vedi questa situazione? Come vedi il rapporto in generale e quali potrebbero essere secondo te nuovi punti di convergenza tra le movimenti nel digitale sia sindacali che internazionali?\r\n\r\nAllora, diciamo che in un certo senso penso che i problemi siano di due tipi il primo è che attualmente i movimenti ambientalisti a livello internazionale sono ancora molto diversi e che non c'è stata una chiara separazione tra, diciamo, un'ala riformista, chiamiamola così sostanzialmente quella che è più compatibile con delle istanze capitaliste e quindi sostanzialmente per farla corta sono quelli che propongono l'idea che c'è una tecnologia sostenibile basta semplicemente scegliere il meno peggio o addirittura pensare a una tecnologia che possa essere effettivamente green e dall'altra parte un'area massimalista dei movimenti ecologistici che invece sostanzialmente sostengono quella che possiamo chiamare una redirezione ecologica ovvero bisogna veramente avere un sussulto politico per cambiare completamente la maniera di considerare queste cose e né l'una né l'altra nel caso specifico al di là di queste diciamo di questa complessità dei movimenti ecologici attuali ambientalisti attuali né l'una né l'altra ha una visione completa se vogliamo forse un po' quelli della redirezione ecologica perché ci sarebbe bisogno di avere una specie di cartografia di che cosa fanno le intelligenze artificiali a non soltanto le filiere o le supply chains ma anche a posti che sono a volte molto distanti da noi ed è difficile immaginarsi quali sono le condizioni di vita o quali sono le condizioni stesse ambientali in paesi come la Bolivia considerando che la maggior parte di noi non ci ha mai messo piede in Bolivia immaginarsi che ci siano l'adi di sale come è il caso di Bolivia e di Uyuni che è il più grande giacimento di litio del mondo che è talmente centrale per le nostre batterie di tutto quello che abbiamo in tasca dallo smartphone al tablet per chi ce l'ha le biciclette elettriche o i veicoli elettrici, le automobili questa cosa di immaginarsi quanto importante sia un posto talmente lontano da noi da qualcosa che è così vicino a noi che abbiamo nelle nostre tasche questo è uno sforzo serio è uno sforzo serio che però ha nel futuro una necessità di svilupparsi e che si svilupperà purtroppo perché queste lotte ecologiche arrivano sempre più vicino a noi se pensiamo in particolare a una faccenda che è un po' diversa la questione dei data center i data center non sono per la maggior parte situati in paesi terzi a basso reddito ma sono per la maggior parte dei casi messi dietro l'angolo rispetto a noi sono in Italia, sono in Francia sono negli Stati Uniti certo sono anche in Cina e in maniera crescente perché la Cina non è più da tanti tanti anni un paese povero ma sono sostanzialmente nel nord del mondo e nel nord del mondo sono dei posti dove sono delle strutture che pesano molto sul consumo energetico paesi come l'Irlanda che sono oggi dei grandi hub per i data center sono dei paesi nei quali l'infrastruttura di produzione dell'elettricità è molto affaticata dalla presenza di questi data center in Spagna si stanno sviluppando dei collettivi che mettono insieme tecnologia e piuttosto critica tecnologica e critica ecologica che si oppongono per esempio alla creazione di nuovi data center in posti che specialmente in Spagna sono già desertici e che quindi non hanno bisogno in più di questo ennesimo peso quindi queste sono delle prospettive che sono interessanti e aggiungo che sono interessanti purtroppo perché sono delle questioni e dei problemi ecologici sempre più pressanti che arrivano sempre più vicino alle nostre case e che se finora non c'è stata una diciamo così un'alleanza tra movimenti di critica tecnologica e movimenti di rivendicazione legate all'ambiente questo secondo me cambierà molto presto\r\n\r\n \r\n\r\nHai qualcosa da aggiungere o altri riferimenti che vuoi darci per chi ci ascolta per seguire il vostro lavoro o anche altri lavori che reputi interessanti su questi temi?\r\n\r\nAllora voglio invitare coloro che ci ascoltano se sono interessati e interessate, l'otto luglio c'è il lancio a distanza, nel senso che è un evento virtuale ed è gratis, e si può partecipare da tutto il mondo, che si chiama Workers Inquiry. Per gli italiani traduzione è semplicemente inchiesta operaia.\r\nWorkers Inquiry è il lavoro, la produzione di una mia carissima collega e amica e anche lei membra di DiPLab che si chiama Milagros Miceli che è una ricercatrice che da tanti anni lavora a Berlino per il Weizenbaum Institute e che ha avuto questa idea assolutamente geniale, ovvero piuttosto che, come lo facciamo noi da tanti anni, girare il mondo e andare a intervistare persone, aiutare i lavoratori dei dati, ovvero i microlaboratori di cui ho parlato finora, questi che attestano l'intelligenza artificiale, a raccontare le loro stesse condizioni di lavoro e a condurre loro stessi delle inchieste sulle proprie condizioni di lavoro.Ed è una maniera di effettivamente ricollegarsi alla grande tradizione operaista.\r\nMa vi posso anche assicurare che è un risultato anche da un punto di vista sociale, politico, perché ci sono queste persone che l'8 luglio parleranno durante il lancio di questa iniziativa e quindi vedrete testimonianze di persone dal Kenya, dall'Iran, dal Venezuela, da tanti altri posti e dalla Germania ovviamente, ma soprattutto ci sono anche degli estratti video che sono di grandissima qualità. 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Con circa 20 morti dirette accertate per il freddo, centinaia di ricoverati, milioni di persone rimaste senza riscaldamento e una stima approssimativa di oltre 600 miliardi di dollari persi nel solo comparto agricolo, la tragedia che ha colpito lo stato del sud-ovest degli Usa avrà certamente lunghe ripercussioni ambientali e, va da sé, economiche e sociali.\r\n\r\nLa successione delle conseguenze assommatesi per impreparazione e inadeguata infrastrutturazione tecno-sociale dovrebbero propriamente far parlare di failed state ma si sa, quando si parla del \"faro delle libertà\" a stelle e strisce, certe terminologie non sono consuete. Eppure sono proprio quelle che andrebbero operate: tra privatizzazione dell'energia, autarchia della rete di approvvigionamento elettrica (il Texas è l'unico stato degli Usa ad avere una propria linea indipendente dalle grandi connessioni della costa Ovest ed Est) e totale assenza di preparazione di fronte alle emrgenze, milioni di texani/e si sono trovati all'improvviso esposti alle intemperie e senza luce, mentre oggi, a calamità passata e per il perverso meccanismo \"di mercato\", iniziano ad arrivare bollette nell'ordine delle decine di migliaia di dollari per famiglia.\r\n\r\nA livello di dibattito pubblico la contesa riaccende gli animi nel contrapporre le due grandi alternative (capitalistiche) che si scontrano sul futuro dello svilippo energetico-economico americano: il tardizionale bastione fossile dei Repubblicani contro il nuovo \"verde\" futuro delle rinnovabili spinto dall'amministrazione Biden. Ma il disastro texano dice qualcosa di più profondo e radicale sull'inostenibilità di un modello che continua a produrre devastazioni nei territori e miseria e morte per chi li abita.\r\n\r\n \r\n\r\nNe abbiamo parlato con Luca Celada, corrispondente de Il Manifesto dagli StatiUniti\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/03/Voci_II_2021_11.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","4 Marzo 2021","2021-03-09 15:46:42","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/03/Schermata-del-2021-03-04-12-07-24-200x110.png","WHAT'S THE MATTER WITH TEXAS ? (CON L. 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Con circa 20 morti dirette accertate per il freddo, centinaia di ricoverati, milioni di persone rimaste senza riscaldamento e una stima approssimativa di oltre 600 miliardi di dollari persi nel solo comparto agricolo, la tragedia che ha colpito lo stato del sud-ovest degli Usa avrà certamente lunghe ripercussioni ambientali e, va da sé, economiche e sociali.\r\n\r\nLa successione delle conseguenze assommatesi per impreparazione e inadeguata infrastrutturazione tecno-sociale dovrebbero propriamente far parlare di failed state ma si sa, quando si parla del \"faro delle libertà\" a stelle e strisce, certe terminologie non sono consuete. Eppure sono proprio quelle che andrebbero operate: tra privatizzazione dell'energia, autarchia della rete di approvvigionamento elettrica (il Texas è l'unico stato degli Usa ad avere una propria linea indipendente dalle grandi connessioni della costa Ovest ed Est) e totale assenza di preparazione di fronte alle emrgenze, milioni di texani/e si sono trovati all'improvviso esposti alle intemperie e senza luce, mentre oggi, a calamità passata e per il perverso meccanismo \"di mercato\", iniziano ad arrivare bollette nell'ordine delle decine di migliaia di dollari per famiglia.\r\n\r\nA livello di dibattito \u003Cmark>pubblico\u003C/mark> la contesa riaccende gli animi nel contrapporre le due grandi alternative (capitalistiche) che si scontrano sul futuro dello svilippo energetico-economico americano: il tardizionale bastione fossile dei Repubblicani contro il nuovo \"\u003Cmark>verde\u003C/mark>\" futuro delle rinnovabili spinto dall'amministrazione Biden. Ma il disastro texano dice qualcosa di più profondo e radicale sull'inostenibilità di un modello che continua a produrre devastazioni nei territori e miseria e morte per chi li abita.\r\n\r\n \r\n\r\nNe abbiamo parlato con Luca Celada, corrispondente de Il Manifesto dagli StatiUniti\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/03/Voci_II_2021_11.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ",[400],{"field":95,"matched_tokens":401,"snippet":397,"value":398},[71],{"best_field_score":376,"best_field_weight":210,"fields_matched":23,"num_tokens_dropped":47,"score":377,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":47},{"document":404,"highlight":429,"highlights":434,"text_match":374,"text_match_info":437},{"comment_count":47,"id":405,"is_sticky":47,"permalink":406,"podcastfilter":407,"post_author":408,"post_content":409,"post_date":410,"post_excerpt":53,"post_id":405,"post_modified":411,"post_thumbnail":53,"post_title":412,"post_type":339,"sort_by_date":413,"tag_links":414,"tags":425},"30734","http://radioblackout.org/podcast/intersezioni-del-vivere-e-del-pedalare-per-la-liberta-puntata-del-30-06-15/",[292],"liberationfront","Puntata in compagnia di Feminoska da Intersezioni. Un po' del come e del perchè è nato questo collettivo di lotta intersezionale e di media-attivismo; alcune letture e approfondimenti. Insomma, tanti ottimi spunti di riflessione, critica e analisi per decostruire la norma, per una lotta di liberazione totale da ogni gabbia e forma di dominio.\r\n\r\nQui l'estratto della puntata:\r\n\r\n300615intersezioni\r\n\r\n... e sempre in ottima compagnia, non poteva non mancare l'appello per la biciclettata di sabato 4 luglio in occasione del presidio nozoo. Il bando comunale, di ritardo in ritardo, è uscito, e se già per nulla ci piaceva un parco pubblico chiuso a chiave, ancor meno può allettarci l'idea che ad aprire quei lucchetti sia un privato dalle tasche gonfie, con l'intento di gonfiarsele ancor di più, sfruttando un'area verde di tutt* e un tot di animali. Tanto, era già uno zoo....\r\n\r\nBioparco? Fattoria didattica? Uno smart-zoo...m?\r\n\r\nAscoltate e sabato venite a farvi un giro in bici! Una bella, rumorosa e colorata biciclettata antispecista, antifascista, antisessista, antirazzista. Panini vegetali e cotillon.\r\n\r\nquarroluglio300615\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ","2 Luglio 2015","2019-01-31 12:52:54","Intersezioni, del vivere e del pedalare per la libertà: puntata del 30.06.15",1435876999,[415,416,417,418,419,420,421,422,423,424],"http://radioblackout.org/tag/antifascismo/","http://radioblackout.org/tag/antispecismo/","http://radioblackout.org/tag/bioparchi/","http://radioblackout.org/tag/gabbie/","http://radioblackout.org/tag/intersezioni/","http://radioblackout.org/tag/liberazioni/","http://radioblackout.org/tag/nozoo/","http://radioblackout.org/tag/prigioni/","http://radioblackout.org/tag/sfruttamento/","http://radioblackout.org/tag/zoo/",[426,427,315,311,323,317,309,313,428,307],"antifascismo","antispecismo","sfruttamento",{"post_content":430},{"matched_tokens":431,"snippet":432,"value":433},[71],"nulla ci piaceva un parco \u003Cmark>pubblico\u003C/mark> chiuso a chiave, ancor meno","Puntata in compagnia di Feminoska da Intersezioni. 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Qui va avanti a tappe forzate il processo ai resistenti della Maddalena nei giorni dello sgombero della libera Repubblica e del primo assedio alla zona occupata.\r\nGiovedì 22 maggio è stata il teatro perfetto per la prima udienza ai quattro attivisti No Tav accusati di aver compiuto un sabotaggio al cantiere di Chiomonte il 14 maggio dello scorso anno. In quell'occasione venne danneggiato un compressore, presto riparato e rivenduto. Questo danneggiamento per la Procura di Torino vale un'imputazione di attentato con finalità di terrorismo. Un'imputazione che ha sottratto alle loro vite, ai loro affetti, alle lotte Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò, rinchiusi da oltre cinque mesi in regime di alta sorveglianza.\r\nSolo da una settimana erano state cancellate alcune misure particolarmente afflittive nei loro confronti, come il divieto di incontro tra loro, e il blocco delle visite per tutti tranne i familiari più stretti.\r\nEntro il 15 giugno verranno rese note le motivazioni della sentenza della Cassazione, che ha annullato quella del Riesame che aveva confermato l'impianto accusatorio della Procura di Torino.\r\nUna prima crepa nel teorema della premiata coppia Padalino/Rinaudo, che potrebbe, ma il condizionale resta d'obbligo, portare ad un alleggerimento della pressione disciplinare sui quattro No Tav.\r\nNell'udienza del 22 maggio in corte d'assise il giudice ha concesso che i prigionieri fossero messi insieme nella stessa gabbia, in una zona più vicina ai loro avvocati. Per la prima volta da mesi hanno potuto incontrarsi, parlare, ritrovare un frammento della propria comunità umana e politica.\r\nFuori dall'aula bunker c'erano centinaia di attivisti No Tav dalla Valle, da Torino, da ogni dove. Musica, interventi, il compressore bruciato in effige hanno accompagnato una mattinata piovosa in questo scampolo di città ai confini del nulla metropolitano.\r\nA turno, con lunghe code ed estenuanti controlli, i No Tav sono entrati in aula. Lo spazio riservato al pubblico è distante un centinaio di metri dalla tribuna dove sono assisi i giudici. La gabbia con i prigionieri è lontana. In mezzo un vetro virato sul verde. Sembra un acquario triste.\r\nMa non importa. Salendo in piedi sulle sedie si riesce a fare un saluto, che i prigionieri ricambiano arrampicandosi sulla gabbia. Loro, cui spetta la parte più difficile, sembrano più forti di chi sta fuori.\r\nIn aula il rito si consuma secondo i propri schemi, con la presentazione delle parti civili. Per mesi i media, echeggiando le carte della Procura, avevano annunciato centinaia di costituzioni. La Commissione Europea, i ministeri, gli operai del cantiere, i poliziotti di guardia non si presentano. Alla fine restano solo il governo, LTF, general contractor per la Torino Lyon, e il sindacato di polizia SAP, quello degli applausi agli assassini di Federico Aldrovandi.\r\nGli avvocati della difesa hanno presentato numerose questioni di carattere procedurale, compresa l'eccezione di costituzionalità dell'articolo 270 sexies, da cui la Procura di Torino desume la definizione di terrorismo.\r\nE' stata anche avanzata la richiesta di trasferimento a Torino dei quattro compagni.\r\nIl tribunale si è riservato di rispondere. La prossima udienza si terrà il 6 giugno.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con Eugenio Losco, uno degli avvocati che difendono i No Tav.\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2014 05 23 losco processo compressore","25 Maggio 2014","2018-10-17 22:59:30","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/05/aula-bunker-color-200x110.jpg","Processo del compressore. Primo atto",1401049338,[450,451,452],"http://radioblackout.org/tag/aula-bunker/","http://radioblackout.org/tag/compressore/","http://radioblackout.org/tag/processo-no-tav/",[321,319,325],{"post_content":455},{"matched_tokens":456,"snippet":457,"value":458},[71],"aula. Lo spazio riservato al \u003Cmark>pubblico\u003C/mark> è distante un centinaio di","L'aula bunker delle Vallette è un'appendice, reale e simbolica, del carcere. Qui si celebrarono i grandi processi alla mafia e alla lotta armata. E' rimasta chiusa per lunghi anni, finché non è stata riaperta per i No Tav. 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La causa va cercata negli andamenti del mercato globale.La Cina sta sviluppando un ampio piano di bio-edilizia e le sue case in legno sono diventate il fiore all'occhiello delle olimpiadi invernali di Beijing. Gli Stati Uniti hanno frenato i rapporti col Canada, aumentando a dismisura la richiesta verso i paesi europei (Svezia, Germania e Austria) che difficilmente riescono a soddisfare un tale carico.\r\nNon solo, il commercio globale abbisogna di pallet e imballaggi; il settore immobiliare richiede strutture e pontili; le centrali a biomasse non disdegnano di bruciare anche alberi tagliati appositamente. Non solo, gli effetti del cambiamento climatico colpiscono boschi e foreste con incendi o gelate che hanno distrutto milioni di ettari di boschi.\r\n\r\nIn Italia lo sfruttamento del legname è limitato, e gran parte viene importato. Dal punto di vista amministrativo la gestione dei boschi è in mano a consorzi pubblico/privati finanziati dall'UE. Occorre ritrovare pratiche di lavorazione e di gestione dei boschi comunitario.\r\n\r\nNe parliamo con Damiano, autore dell'articolo \"L'aumento del prezzo del legno nell'era del capitalismo verde\" (https://nunatak.noblogs.org/post/2021/12/03/nunatak-n-62-autunno-2021/) uscito sul numero 62 di Nunatak\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/02/legname.mp3\"][/audio]\r\n\r\nscarica il podcast","25 Febbraio 2022","2022-02-25 14:37:43","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/02/legname-200x110.jpg","il costo del legno",1645799562,[],[],{"post_content":477},{"matched_tokens":478,"snippet":479,"value":480},[71],"è in mano a consorzi \u003Cmark>pubblico\u003C/mark>/privati finanziati dall'UE. Occorre ritrovare pratiche","come tutte le materie prime anche il legno sta subendo un rialzo enorme del suo prezzo. 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