","Azione animalista contro il mattatoio di Torino!","post",1575632747,[58,59,60,61,62,63,64,65,66],"http://radioblackout.org/tag/animali/","http://radioblackout.org/tag/animalismo/","http://radioblackout.org/tag/macellazione/","http://radioblackout.org/tag/mattatoio/","http://radioblackout.org/tag/torino/","http://radioblackout.org/tag/tribunale/","http://radioblackout.org/tag/veganesimo/","http://radioblackout.org/tag/veterinari/","http://radioblackout.org/tag/via-traves/",[17,29,31,21,15,19,27,25,23],{"tags":69},[70,72,74,76,78,80,82,84,87],{"matched_tokens":71,"snippet":17},[],{"matched_tokens":73,"snippet":29},[],{"matched_tokens":75,"snippet":31},[],{"matched_tokens":77,"snippet":21},[],{"matched_tokens":79,"snippet":15},[],{"matched_tokens":81,"snippet":19},[],{"matched_tokens":83,"snippet":27},[],{"matched_tokens":85,"snippet":86},[25],"\u003Cmark>veterinari\u003C/mark>",{"matched_tokens":88,"snippet":23},[],[90],{"field":32,"indices":91,"matched_tokens":93,"snippets":95},[92],7,[94],[25],[86],578730123365712000,{"best_field_score":98,"best_field_weight":99,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":44,"score":100,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":44},"1108091339008",13,"578730123365711977",{"document":102,"highlight":115,"highlights":120,"text_match":124,"text_match_info":125},{"cat_link":103,"category":104,"comment_count":44,"id":105,"is_sticky":44,"permalink":106,"post_author":107,"post_content":108,"post_date":109,"post_excerpt":50,"post_id":105,"post_modified":110,"post_thumbnail":50,"post_thumbnail_html":50,"post_title":111,"post_type":55,"sort_by_date":112,"tag_links":113,"tags":114},[41],[43],"367","http://radioblackout.org/2008/10/le-frequenze-della-protesta/","dj","In occasione delle mobilitazioni contro la riforma Gelmini, Radio Black Out (105.250 fm) e l' AssembleaNo-Gelmini daranno voce alla protesta attraverso una serie di finestre quotidiane dedicate alle lotte portate avanti dal mondo della scuola.\nDal 22 ottobre studenti, genitori, maestri, docenti medi ed universitari si alterneranno dallo studio mobile di radio Black Out situato a Palazzo Nuovo (via Sant'Ottavio 20) per circa due ore al giorno.\nLe trasmissioni avranno i seguenti orari: 14/16 durante la settimana, sabato 10/12.\n\nQui di seguito alcune interviste fatte durante le settimane di mobilitazione e interventi in continuo aggiornamento.(Anche su piemonte.indymedia.org)\n:: AUDIO ::\n 9 ottobre: Dopo l' occupazione della facolta' di agraria e veterinaria Intervista a Fulvio del collettivo \"il faggio\".\n\n10 ottobre: Interviste fatte al termine del corteo studentesco di Torino del 10 ottobre 2008.\n\n\tStudente del MFN della facolta' di scienze\n\tMembro del collettivo di scienze\n\tStudentessa di scienze politiche\n\tStudente di un liceo di Lanzo\n\tRappresentante degli studenti del liceo Gioberti\n\tRicercatore di archeologia\n\tRicercatore di archeologia con considerazioni generali sulla riforma gelmini\n\n15 ottobre: Intervista ai due professori che hanno tenuto lezione all'aperto come segno di protesta.\n\n\tLuciano Allegra (storia moderna)\n\tFranceso Remotti (antropologia culturale)\n\n22 ottobre: Dopo le dichiarazioni di Berlusconi di mandare le forze dell'ordine negli atenei occupati per sgomberarli con la forza, abbiamo chiesto delle considerazioni a riguardo:\n\n\tDottorando di archeologia\n\tDottorando in filosofia\n\tStudentessa lettere e filosofia\n\tLeo dell' assemblea no-gelmini\n\nAltre interviste:\n\n\tDana dell'assemblea no-gelmini, primo giorno di occupazione\n\tAndrea bibliotecario dell' universita' assunto da cooperativa (come tutti)\n\t\n\n23 ottobre: Interviste effettuate dopo l'assemblea allargata tenutasi nell'atrio di palazzo nuovo\n\n\tPaolo Barisone rdb del politecnico\n\tGenitore che si esprime sul maestro unico\n\tMargherita maestra elementare\n\tProf. Spagnolo istituto tecnico Steiner\n\tGuido Montanari professore del Politecnico\n\n28 ottobre: Due interviste dopo la manifestazione che prevedeva la Gelmini a Torino\n\n\tProf.ssa Algostino di scienze politiche\n\tUn genitore del coordinamento genitori\n\n-In mattinata studenti medi hanno fatto un corte conclusosi con un passaggio per i corridoi dell'universita', questa l'intervista ad uno dei ragazzi.\n\n\tFlavio studente geometra\n\n-In mattinata il collettivo del dams ha organizzato una lezione/spiegazione sulla legge 133. Ai microfoni Andrea giurista che ha parlato della legge.\n\n\tprima parte\n\tseconda parte\n\n29 ottobre: In mattinata il liceo Giobetri ha tenuto delle lezioni all'aperto. Sentiamo prima una professoressa del liceo poi l'intervento di Luca Mercalli chiamato ad intervenire al liceo con una lezione.\n\n\tInsegnante del gioberti\n\tLuca Mercalli\n\n-Intervento telefonico di un ragazzo romano che porta la testimonianza delle aggressioni fasciste al corteo studentesco di Roma a Piazza Navona.\n\n\tTestimonianza diretta\n\n31 ottobre: Intervista ad un professore del dams ( Gigi Livio ) al suo ultimo giorno di docenza prima della pensione, a lui abbiamo chiesto alcune considerazioni sull' attuale situazione che vede il mondo della scuola in agitazione. 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Contro questa degenerazione degli eventi, alcune persone si stanno mobilitando, creando una rete di pronto intervento per evitare gli abbattimenti, e recarsi sui luoghi degli avvistamenti per evitare il peggio.\r\n\r\nAscolta l’intervista qui:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/03/roma.mp3\"][/audio]\r\n\r\nLe puntate precedenti a cui si fa riferimento:\r\n\r\nhttps://radioblackout.org/podcast/cinghiali-e-caccia-di-selezione-facciamo-chiarezza/\r\n\r\nhttps://radioblackout.org/podcast/caccia-senza-limiti-le-nuove-leggi-del-governo-meloni/","9 Marzo 2023","2023-03-09 10:53:59","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/03/ss-200x110.jpeg","Presenza cinghiali a Roma, tra delirio venatorio e forme di resistenza","podcast",1678359239,[],[],{"post_content":178},{"matched_tokens":179,"snippet":180,"value":181},[25],"diversi tipi di forze dell’ordine, \u003Cmark>veterinari\u003C/mark> dell’ASL, e così via, accadono","Da diversi anni oramai la presenza dei cinghiali nelle zone urbane di Roma suscita clamore e indignazione, finendo spesso sulle pagine dei giornali. 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Nel registro degli indagati sono finiti in venti: gli ex comandanti del poligono sperimentale di Perdasdefogu e del distaccamento di Capo San Lorenzo, ma anche i responsabili sanitari del comando militare, alcuni professori universitari e i membri di un commissione nominata dal Ministero della Difesa che avrebbero dovuto studiare gli effetti della contaminazione dell’uranio.\r\nNell’elenco dei primi venti indagati è finito anche il sindaco di Perdasdefogu, uno dei paesi su cui ricade la gigantesca base militare sarda. Walter Mura, insieme al medico competente del poligono, è accusato di aver ostacolato l’inchiesta sul disastro.\r\nNelle ossa di dodici cadaveri riesumati per ordine del magistrato ci sono tracce del micidiale torio. Le persone stroncate dal nemico radioattivo potrebbero essere non meno di centosessanta.\r\nLa diffusione dei tumori e delle leucemie tra gli abitanti della zona dimostrano come le sostanze tossiche e radioattive abbiano contaminato il suolo, le falde acquifere che alimentano diversi paesi e persino l'atmosfera. Gli effetti, oltre alla morte di militari e dei pastori che hanno allevato le loro greggi dentro il poligono, sono dimostrati dalla nascita di bambini e agnelli malformati. Ora c’è la prova, quella che non hanno mai riscontrato le commissioni nominate per far luce su una strage contro la quale si battevano da anni ambientalisti e antimilitaristi.\r\n\r\nSecondo Francesco, attivista antimilitarista di Villaputzu, l’inchiesta sarebbe stata aperta per bloccare una possibile insorgenza popolare, ridare fiducia nelle stesse istituzioni che per decenni hanno coperto la strage, perché gli affari potessero andare avanti.\r\nPurtroppo in molti casi le stesse vittime diventano complici. I pastori, che, quando non ci sono esercitazioni, pascolano le pecore nella vastissima area del poligono, non hanno purtroppo interesse a far rilevare che i loro animali vivono in un territorio pesantemente inquinato.\r\nLa stessa proposta di riconversione dal militare al civile del Poligono non modificherebbe la situazione, poiché le ditte private che già oggi sperimentano a Quirra, producono danni equivalenti se non superiori a quelli dei militari. Solo la chiusura definitiva del Poligono aprirebbe qualche prospettiva per la salute delle persone e per un diverso futuro del territorio ogliastrino.\r\n\r\nAscolta l’intervista a Francesco per Radio Blackout: [audio:http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/03/2012-03-25-francesco-quirra2.mp3|titles=2012 03 25 francesco quirra2]\r\n\r\nscarica il file\r\n\r\nDi seguito una scheda sul poligono del Salto di Quirra.\r\nÈ la base militare sperimentale più grande d'Europa, costruita intorno al 1954 ed estesa su circa13.500 ettari a terra, con una ulteriore superficie che si estende a mare fino a superare l'intera superficie dell'isola di Sardegna (quasi 29 mila Kmq).\r\nIn quanto base militare viene utilizzata dall'esercito italiano e da eserciti stranieri (NATO, ma non solo) per esercitazioni e addestramento.\r\nIn quanto sito di sperimentazione, la base è attrezzata ed utilizzata per la prova di prototipi di armamenti e come mercato dimostrativo dove i produttori di armi possono esporre ai potenziali acquirenti il funzionamento e l’efficacia dei dispositivi proposti. Questa funzione rende il PISQ molto particolare: esistono al mondo solo altri tre poligoni che possono essere noleggiati da eserciti stranieri e industrie private. Il costo medio è di circa 50 mila euro l'ora.\r\nLe attrezzature del Poligono sono usate anche per il test di tecnologie militari applicate ad usi civili (se ha senso tale distinzione): si tratta di esperimenti pericolosi ed esplodenti, come quelli sulla tenuta degli oleodotti o sui motori dei razzi per satelliti, che richiedono le stesse strutture usate per la prova di armamenti. Attualmente sono questi gli usi con le ricadute più pesanti in termini di inquinamento.\r\n\r\nche cosa comporta il PISQ\r\nIl Sarrabus-Gerrei è una delle zone a minor densità abitativa in Europa, ma non per questo nel 1954 ci si sarebbe privati del territorio oggi occupato dal Poligono; quelle aree avevano una loro vocazione alla viticoltura ed all’allevamento e, verosimilmente, se oggi non ci fosse la base, si sarebbero sviluppati anche altri settori: turismo, pesca, agrumeti, serricoltura, ortalizie, apicoltura, ecc...\r\nLa base è nata da esigenze estranee a quelle delle popolazioni ed ha trasformato il rapporto con il territorio creando delle condizioni che oggi vengono percepite come uno stato di fatto immutabile:\r\n\r\n· sottrazione di sovranità: le popolazioni subiscono decisioni prese completamente al di fuori del proprio controllo, estranee ai propri interessi, senza avere alcuna voce in capitolo, anzi spesso volutamente disinformate dalle autorità;\r\n· cristallizzazione economica (se non arretramento): la popolazione complessiva attorno al PISQ, è diminuita tra il 1971 ed il 2009 di 4.580 unità ovvero del 12% (dati ISTAT). Una realtà demografica cui fa riscontro il reddito medio per abitante che per il 2008 è di appena 6.857,00 €, contro una media italiana di 18.900,00\r\n· distruzione del patrimonio archeologico e naturalistico: vale per tutti il caso del complesso carsico di S’Ingutidroxa, denunciato all’opinione pubblica da realtà autonome che operano nel territorio contro il poligono militare;\r\n· inquinamento dell'intera area tanto da causare modificazioni genetiche negli organismi vegetali ed animali e diffusione di alcune patologie (aumento dei malati di diabete fino al 300%, disturbi alla tiroide, ecc...), linfomi e cancri di vario genere, aborti e malformazioni negli animali e nell’uomo.\r\n\r\nIl territorio e le popolazioni che \"ospitano\" il PISQ appaiono essere le prime vittime del Poligono e ne subiscono le conseguenze immediate, ma deve essere ben presente che gli ordigni sviluppati all’interno della base trovano utilizzo nei teatri di guerra di tutto il mondo come nuovi e più efficaci sistemi di distruzione e morte.\r\nLa nocività del Poligono si estende ben oltre i confini dell’isola ed è difficile giustificare l’esistenza di una tale struttura nei termini dei posti di lavoro che sarebbe in grado di garantire, senza considerare che - oltre ai costi sanitari, sociali, economici e politici che pagano le popolazioni locali - i frutti del “lavoro” svolto nel Poligono ricadono sui morti e sui profughi nelle guerre dell’Africa e del Medioriente e sono un mezzo per il mantenimento di oppressione e sottosviluppo.\r\nTutto ciò è potuto accadere anche perché le stesse genti che subiscono la presenza della base militare hanno permesso questa situazione.\r\nI motivi di ciò sono, tutto sommato, spiegabili:\r\n· fiducia verso istituzioni statali, a cui si affida lo sviluppo del territorio, la creazione di opportunità economiche, la tutela della salute ed il rispetto delle leggi;\r\n· penetrazione dell’economia militare, per cui tutti hanno un parente, un amico, un vicino a qualche titolo coinvolto nell’attività bellica; pertanto una presa di posizione contraria al poligono comporta una frattura nella comunità e questo è forse il principale motivo per cui il territorio esprime una opposizione debole e disorganizzata, pronta a delegare a terzi (partiti, stampa, magistratura, ecc.) l’onere di una lotta di cui nessuno sembra volersi veramente fare carico;\r\n· sentimento di isolamento e di debolezza nei confronti di interessi che appaiono essere troppo più grandi rispetto a quelli delle popolazioni locali;\r\n· fondo di fatalismo e di cinismo, per cui si spera sempre che quanto succede agli altri non succeda a noi e si cerca di vivere la propria vita senza porsi troppi problemi.\r\n\r\nSe oggi va maturando la consapevolezza della necessità di riappropriarsi del territorio e chiudere la struttura del Poligono, è evidente che è necessario superare la passività ed intraprendere un percorso di lotta.\r\n\r\nsituazione attuale \r\nL’esistenza di una situazione sanitaria anomala è stata oggetto negli anni di molte denunce e ricerche. Oggi non è più necessario dimostrare l’esistenza o la consistenza della “sindrome di Quirra”, così come ci sono chiare evidenze di quelle che ne potrebbero essere le cause, tutte riconducibili alle attività del Poligono.\r\nFin dai primi anni ’80 tra le specie viventi (flora e fauna, inclusi gli umani) si son verificate molteplici anomalie che per gli abitanti della zona sono fatti noti: morìa ed aborti in bestie ed esseri umani, malformazioni nei feti e nei nati vivi, fino al caso di Escalaplano dove, a cavallo del 1988, su 25 nuovi nati, 14 risultarono affetti da malformazioni più o meno gravi.\r\nNel 2001 un oncologo ed un medico di base di Villaputzu denunciavano una anomala quantità di tumori emolinfatici.\r\nNel 2004 l’Istituto Superiore di Sanità raccomandava indagini epidemiologiche settoriali nell’intorno del Poligono.\r\nNel 2006 lo screening sullo stato di salute della Regione Sardegna riscontrava percentuali di malattie paragonabili a quelle delle zone industriali.\r\nNel 2008 il Comitato Scientifico di Base, organismo indipendente, agendo su incarico di associazioni locali attive nella lotta contro il PISQ, pubblicava uno studio in cui denunciava l’inquinamento elettromagnetico prodotto dalle apparecchiature in uso al Poligono.\r\nNel 2009 lo stesso Comitato Scientifico di Base denunciava una percentuale abnorme di leucemie tra i lavoratori ed i residenti nell’intorno della base e tra i lavoratori civili del Poligono.\r\nÈ di oggi, infine, la denuncia dei veterinari della zona, che riscontra, tra gli allevatori operanti nella zona del Poligono, una percentuale di malati di leucemie pari al 65% dei residenti, oltre a dati inquietanti relativi allo stato di salute del bestiame.\r\nNei primi anni del 2000 ci si è concentrati sull’uranio impoverito, che potrebbe essere una con-causa, ma è stato dimostrato non essere il principale responsabile della situazione. Nonostante ciò sia noto da allora, ancora si svolgono inutili e costose indagini per la ricerca di agenti radioattivi non significativi, e ciò non può che destare allarme.\r\nE’ poi appena il caso di ricordare il tentativo di depistaggio che attribuiva la diffusione di leucemie alle vecchie miniere di arsenico, che è pure un agente patogeno, ma per tutt’altro tipo di tumori, peraltro poco presenti nel territorio. Tuttavia ancora c’è chi sostiene questa tesi!\r\nGli studi indipendenti e quelli svolti dalle diverse commissioni hanno invece evidenziato la presenza di nanoparticelle di metalli pesanti, generate negli impatti, nelle esplosioni e nelle combustioni dei propellenti usati dai missili; la presenza di inquinanti chimici (idrazina, tungsteno, ecc.) utilizzati nei combustibili dei missili e in alcuni dispositivi militari; la presenza di intensissimi campi elettromagnetici dovuti ai radar di controllo, segnalazione ed inseguimento, oltre ai dispositivi di guerra elettronica utilizzati e sperimentati nelle esercitazioni\r\n\r\nresponsabili e responsabilità\r\nI responsabili diretti di quanto sta accadendo al territorio ed alle popolazioni attorno al Poligono Interforze del Salto di Quirra sono i governi, i militari e le industrie di armi e munizionamenti. Costoro hanno voluto il Poligono, lo hanno realizzato ed usato sulla base esclusiva dei propri interessi economici, politici, strategici, lucrando sulla vita e la salute delle popolazioni, senza metterle al corrente né dei rischi, né di eventuali misure protettive, negando, tacendo e falsificando anche di fronte all'evidenza. Le istituzioni politiche hanno agito in continuità con gli interessi militari ed industriali, senza mai ricredersi sulle scelte operate in passato e reiterando (ancora oggi) l'intoccabilità del Poligono e delle sue attività.\r\nPer non aver svolto il proprio ruolo di controllo e tutela sono responsabili: le istituzioni regionali e provinciali che si sono alternate dal 1954 fino ad oggi; i sindaci e le amministrazioni comunali, in particolare quelli di Perdasdefogu, Escalaplano e Villaputzu; le ASL competenti e l’ARPAS. Enti che avrebbero dovuto prevenire, controllare ed impedire lo scempio e che invece hanno sempre negato l'evidenza. Enti che insistono tutt'ora nel richiedere non solo il mantenimento della base militare ma finanche l'intensificazione delle sue attività. \r\nPer aver taciuto i rischi ed occultato informazioni allarmanti sono responsabili: tutte le imprese - pubbliche e private - che collaborano con il PISQ e che avrebbero potuto divulgare notizie relative alla pericolosità delle attività svolte nel Poligono; i sindacati, che - per tutelare pochi posti di lavoro (dai quali andrebbero sottratti quei pastori, agricoltori, pescatori, impiegati in attività civili, decimati dalla pandemia militarista) - difendono l'esproprio di un territorio vastissimo, accreditando il mestiere di militare come un “lavoro come gli altri”. Si trovano così vittime della contraddizione di tutelare la busta paga piuttosto che la persona. \r\nUna responsabilità nell'occultamento della verità e nel mantenimento della \"pace sociale\" deve essere attribuita anche alle istituzioni della chiesa cattolica che hanno mediato e diffuso l’ignoranza su quanto avveniva nella base. Vale su tutto la dichiarazione di mons. Mani, arcivescovo di Cagliari e generale di corpo d'armata, in quanto ex-capellano militare, che assicura personalmente «che nelle basi in Sardegna non viene utilizzato uranio impoverito».\r\n\r\nuna prima conclusione\r\nNessuno dei responsabili dell’accaduto vuole in realtà porre fine alle malattie, all’impoverimento economico, alla distruzione dell’ambiente che hanno imposto per oltre mezzo secolo alle comunità locali, ne' sarà disposto a permettere un controllo sulle attività belliche, che - in verità - non sarebbero neanche possibili se non fossero occultate dal segreto militare. E’ evidente, quindi, che non ci può essere incontro tra gli interessi di chi guadagna dalle attività del Poligono e di quanti vi perdono la vita, come singoli, come comunità e come vittime della guerra.\r\n\r\nAttendersi che l'intera popolazione si sollevi all'unisono e pretenda la chiusura del PISQ è una prospettiva irreale, sia perché parte della popolazione stessa è portatrice di interesse, sia perché l’atteggiamento prevalente è di indifferenza e cinismo. È’ necessario partire da questa realtà ed effettuare una scelta di campo: chi vuole mantenere il Poligono già lo manifesta; chi ne vorrebbe la chiusura deve prendere coscienza di questa divergenza di interessi. Non solo: l'esperienza di oltre mezzo secolo e le posizioni espresse quotidianamente dai responsabili mostrano che non si può fare affidamento su istituzioni che - a tutti i livelli - hanno dato copertura ai militari.\r\n\r\nDelegare e, dunque, affidare la vita, la salute, il territorio in cui viviamo in mani altrui, senza poter esercitare alcun controllo, è il meccanismo che ha portato alla condizione attuale. È necessaria, pertanto, una mobilitazione di base, in prima persona, in autonomia dalle organizzazioni istituzionali e tale da poter agire in modo diretto ed organizzato.","27 Marzo 2012","L’inchiesta sulla strage che da molti anni colpisce le popolazioni che vivono nella zona del Poligono di Quirra è giunta ad una prima conclusione. Nel registro degli indagati sono finiti in venti: gli ex comandanti del poligono sperimentale di Perdasdefogu e del distaccamento di Capo San Lorenzo, ma anche i responsabili sanitari del comando militare, alcuni professori universitari e i membri di un commissione nominata dal Ministero della Difesa che avrebbero dovuto studiare gli effetti della contaminazione dell’uranio.\r\nNell’elenco dei primi venti indagati è finito anche il sindaco di Perdasdefogu, uno dei paesi su cui ricade la gigantesca base militare sarda. Walter Mura, insieme al medico competente del poligono, è accusato dal procuratore Domenico Fiordalisi di aver ostacolato l’inchiesta sul disastro.\r\nNelle ossa di dodici cadaveri riesumati per ordine del magistrato ci sono tracce del micidiale torio. Le persone stroncate dal nemico radioattivo potrebbero essere non meno di centosessanta. E proprio per questo la Procura della Repubblica di Lanusei ha deciso di approfondire ulteriormente l’inchiesta sui veleni della base militare del Salto di Quirra.\r\nLa diffusione dei tumori e delle leucemie tra gli abitanti della zona, secondo la tesi della procura, dimostrano come le sostanze tossiche e radioattive abbiano contaminato il suolo, le falde acquifere che alimentano diversi paesi e persino l'atmosfera. Gli effetti, oltre alla morte di tanti militari e dei pastori che hanno allevato le loro greggi dentro il poligono, sono dimostrati dalla nascita di bambini e agnelli malformati. Ora c’è la prova, quella che non hanno mai riscontrato le commissioni nominate per far luce su uno strano fenomeno di cui si parlava da molti anni. E anche per questo, nell’elenco degli indagati, ci sono professori e altri specialisti che avrebbero volutamente negato gli effetti della contaminazione.\r\n\r\nSecondo Francesco, attivista antimilitarista di Villaputzu, l’inchiesta sarebbe stata aperta per bloccare una possibile insorgenza popolare, ridare fiducia nelle stesse istituzioni che per decenni hanno coperto la strage, perché gli affari potessero andare avanti.\r\nPurtroppo in molti casi le stesse vittime diventano complici. I pastori, che, quando non ci sono esercitazioni, pascolano le pecore nella vastissima area del poligono, non hanno purtroppo interesse a far rilevare che i loro animali vivono in un territorio pesantemente inquinato. \r\nLa stessa proposta di riconversione dal militare al civile del Poligono non modificherebbe la situazione, poiché le ditte private che già oggi sperimentano nel poligono, producono danni equivalenti se non superiori a quelli dei militari. Solo la chiusura definitiva del Poligono aprirebbe qualche prospettiva per la salute delle persone e per un diverso futuro del territorio ogliastrino. \r\n\r\nAscolta l’intervista a Francesco per Radio Blackout: \r\n\r\nscarica il file\r\n\r\nDi seguito una scheda sul poligono del Salto di Quirra.\r\nÈ la base militare sperimentale più grande d'Europa, costruita intorno al 1954 ed estesa su circa13.500 ettari a terra, con una ulteriore superficie che si estende a mare fino a superare l'intera superficie dell'isola di Sardegna (quasi 29 mila Kmq).\r\nIn quanto base militare viene utilizzata dall'esercito italiano e da eserciti stranieri (NATO, ma non solo) per esercitazioni e addestramento. \r\nIn quanto sito di sperimentazione, la base è attrezzata ed utilizzata per la prova di prototipi di armamenti e come mercato dimostrativo dove i produttori di armi possono esporre ai potenziali acquirenti il funzionamento e l’efficacia dei dispositivi proposti. Questa funzione rende il PISQ molto particolare: esistono al mondo solo altri tre poligoni che possono essere noleggiati da eserciti stranieri e industrie private. Il costo medio è di circa 50 mila euro l'ora.\r\nLe attrezzature del Poligono sono usate anche per il test di tecnologie militari applicate ad usi civili (se ha senso tale distinzione): si tratta di esperimenti pericolosi ed esplodenti, come quelli sulla tenuta degli oleodotti o sui motori dei razzi per satelliti, che richiedono le stesse strutture usate per la prova di armamenti. Attualmente sono questi gli usi con le ricadute più pesanti in termini di inquinamento.\r\n\r\nche cosa comporta il PISQ \r\nIl Sarrabus-Gerrei è una delle zone a minor densità abitativa in Europa, ma non per questo nel 1954 ci si sarebbe privati del territorio oggi occupato dal Poligono; quelle aree avevano una loro vocazione alla viticoltura ed all’allevamento e, verosimilmente, se oggi non ci fosse la base, si sarebbero sviluppati anche altri settori: turismo, pesca, agrumeti, serricoltura, ortalizie, apicoltura, ecc...\r\nLa base è nata da esigenze estranee a quelle delle popolazioni ed ha trasformato il rapporto con il territorio creando delle condizioni che oggi vengono percepite come uno stato di fatto immutabile:\r\n\r\n• sottrazione di sovranità: le popolazioni subiscono decisioni prese completamente al di fuori del proprio controllo, estranee ai propri interessi, senza avere alcuna voce in capitolo, anzi spesso volutamente disinformate dalle autorità;\r\n• cristallizzazione economica (se non arretramento): la popolazione complessiva attorno al PISQ, è diminuita tra il 1971 ed il 2009 di 4.580 unità ovvero del 12% (dati ISTAT). Una realtà demografica cui fa riscontro il reddito medio per abitante che per il 2008 è di appena 6.857,00 €, contro una media italiana di 18.900,00 \r\n• distruzione del patrimonio archeologico e naturalistico: vale per tutti il caso del complesso carsico di S’Ingutidroxa, denunciato all’opinione pubblica da realtà autonome che operano nel territorio contro il poligono militare;\r\n• inquinamento dell'intera area tanto da causare modificazioni genetiche negli organismi vegetali ed animali e diffusione di alcune patologie (aumento dei malati di diabete fino al 300%, disturbi alla tiroide, ecc...), linfomi e cancri di vario genere, aborti e malformazioni negli animali e nell’uomo.\r\n\r\nIl territorio e le popolazioni che \"ospitano\" il PISQ appaiono essere le prime vittime del Poligono e ne subiscono le conseguenze immediate, ma deve essere ben presente che gli ordigni sviluppati all’interno della base trovano utilizzo nei teatri di guerra di tutto il mondo come nuovi e più efficaci sistemi di distruzione e morte. \r\nLa nocività del Poligono si estende ben oltre i confini dell’isola ed è difficile giustificare l’esistenza di una tale struttura nei termini dei posti di lavoro che sarebbe in grado di garantire, senza considerare che - oltre ai costi sanitari, sociali, economici e politici che pagano le popolazioni locali - i frutti del “lavoro” svolto nel Poligono ricadono sui morti e sui profughi nelle guerre dell’Africa e del Medioriente e sono un mezzo per il mantenimento di oppressione e sottosviluppo.\r\nTutto ciò è potuto accadere anche perché le stesse genti che subiscono la presenza della base militare hanno permesso questa situazione. \r\nI motivi di ciò sono, tutto sommato, spiegabili:\r\n• fiducia verso istituzioni statali, a cui si affida lo sviluppo del territorio, la creazione di opportunità economiche, la tutela della salute ed il rispetto delle leggi;\r\n• penetrazione dell’economia militare, per cui tutti hanno un parente, un amico, un vicino a qualche titolo coinvolto nell’attività bellica; pertanto una presa di posizione contraria al poligono comporta una frattura nella comunità e questo è forse il principale motivo per cui il territorio esprime una opposizione debole e disorganizzata, pronta a delegare a terzi (partiti, stampa, magistratura, ecc.) l’onere di una lotta di cui nessuno sembra volersi veramente fare carico;\r\n• sentimento di isolamento e di debolezza nei confronti di interessi che appaiono essere troppo più grandi rispetto a quelli delle popolazioni locali;\r\n• fondo di fatalismo e di cinismo, per cui si spera sempre che quanto succede agli altri non succeda a noi e si cerca di vivere la propria vita senza porsi troppi problemi.\r\n\r\nSe oggi va maturando la consapevolezza della necessità di riappropriarsi del territorio e chiudere la struttura del Poligono, è evidente che è necessario superare la passività ed intraprendere un percorso di lotta. \r\n\r\nsituazione attuale \r\nL’esistenza di una situazione sanitaria anomala è stata oggetto negli anni di molte denunce e ricerche. Oggi non è più necessario dimostrare l’esistenza o la consistenza della “sindrome di Quirra”, così come ci sono chiare evidenze di quelle che ne potrebbero essere le cause, tutte riconducibili alle attività del Poligono.\r\nFin dai primi anni ’80 tra le specie viventi (flora e fauna, inclusi gli umani) si son verificate molteplici anomalie che per gli abitanti della zona sono fatti noti: morìa ed aborti in bestie ed esseri umani, malformazioni nei feti e nei nati vivi, fino al caso di Escalaplano dove, a cavallo del 1988, su 25 nuovi nati, 14 risultarono affetti da malformazioni più o meno gravi. \r\nNel 2001 un oncologo ed un medico di base di Villaputzu denunciavano una anomala quantità di tumori emolinfatici. \r\nNel 2004 l’Istituto Superiore di Sanità raccomandava indagini epidemiologiche settoriali nell’intorno del Poligono. \r\nNel 2006 lo screening sullo stato di salute della Regione Sardegna riscontrava percentuali di malattie paragonabili a quelle delle zone industriali. \r\nNel 2008 il Comitato Scientifico di Base, organismo indipendente, agendo su incarico di associazioni locali attive nella lotta contro il PISQ, pubblicava uno studio in cui denunciava l’inquinamento elettromagnetico prodotto dalle apparecchiature in uso al Poligono. \r\nNel 2009 lo stesso Comitato Scientifico di Base denunciava una percentuale abnorme di leucemie tra i lavoratori ed i residenti nell’intorno della base e tra i lavoratori civili del Poligono. \r\nÈ di oggi, infine, la denuncia dei veterinari della zona, che riscontra, tra gli allevatori operanti nella zona del Poligono, una percentuale di malati di leucemie pari al 65% dei residenti, oltre a dati inquietanti relativi allo stato di salute del bestiame.\r\nNei primi anni del 2000 ci si è concentrati sull’uranio impoverito, che potrebbe essere una con-causa, ma è stato dimostrato non essere il principale responsabile della situazione. Nonostante ciò sia noto da allora, ancora si svolgono inutili e costose indagini per la ricerca di agenti radioattivi non significativi, e ciò non può che destare allarme. \r\nE’ poi appena il caso di ricordare il tentativo di depistaggio che attribuiva la diffusione di leucemie alle vecchie miniere di arsenico, che è pure un agente patogeno, ma per tutt’altro tipo di tumori, peraltro poco presenti nel territorio. Tuttavia ancora c’è chi sostiene questa tesi!\r\nGli studi indipendenti e quelli svolti dalle diverse commissioni hanno invece evidenziato la presenza di nanoparticelle di metalli pesanti, generate negli impatti, nelle esplosioni e nelle combustioni dei propellenti usati dai missili; la presenza di inquinanti chimici (idrazina, tungsteno, ecc.) utilizzati nei combustibili dei missili e in alcuni dispositivi militari; la presenza di intensissimi campi elettromagnetici dovuti ai radar di controllo, segnalazione ed inseguimento, oltre ai dispositivi di guerra elettronica utilizzati e sperimentati nelle esercitazioni\r\n\r\nresponsabili e responsabilità\r\nI responsabili diretti di quanto sta accadendo al territorio ed alle popolazioni attorno al Poligono Interforze del Salto di Quirra sono i governi, i militari e le industrie di armi e munizionamenti. Costoro hanno voluto il Poligono, lo hanno realizzato ed usato sulla base esclusiva dei propri interessi economici, politici, strategici, lucrando sulla vita e la salute delle popolazioni, senza metterle al corrente né dei rischi, né di eventuali misure protettive, negando, tacendo e falsificando anche di fronte all'evidenza. Le istituzioni politiche hanno agito in continuità con gli interessi militari ed industriali, senza mai ricredersi sulle scelte operate in passato e reiterando (ancora oggi) l'intoccabilità del Poligono e delle sue attività. \r\nPer non aver svolto il proprio ruolo di controllo e tutela sono responsabili: le istituzioni regionali e provinciali che si sono alternate dal 1954 fino ad oggi; i sindaci e le amministrazioni comunali, in particolare quelli di Perdasdefogu, Escalaplano e Villaputzu; le ASL competenti e l’ARPAS. Enti che avrebbero dovuto prevenire, controllare ed impedire lo scempio e che invece hanno sempre negato l'evidenza. Enti che insistono tutt'ora nel richiedere non solo il mantenimento della base militare ma finanche l'intensificazione delle sue attività. \r\nPer aver taciuto i rischi ed occultato informazioni allarmanti sono responsabili: tutte le imprese - pubbliche e private - che collaborano con il PISQ e che avrebbero potuto divulgare notizie relative alla pericolosità delle attività svolte nel Poligono; i sindacati, che - per tutelare pochi posti di lavoro (dai quali andrebbero sottratti quei pastori, agricoltori, pescatori, impiegati in attività civili, decimati dalla pandemia militarista) - difendono l'esproprio di un territorio vastissimo, accreditando il mestiere di militare come un “lavoro come gli altri”. Si trovano così vittime della contraddizione di tutelare la busta paga piuttosto che la persona. \r\nUna responsabilità nell'occultamento della verità e nel mantenimento della \"pace sociale\" deve essere attribuita anche alle istituzioni della chiesa cattolica che hanno mediato e diffuso l’ignoranza su quanto avveniva nella base. Vale su tutto la dichiarazione di mons. Mani, arcivescovo di Cagliari e generale di corpo d'armata, in quanto ex-capellano militare, che assicura personalmente «che nelle basi in Sardegna non viene utilizzato uranio impoverito». \r\n\r\nuna prima conclusione\r\nNessuno dei responsabili dell’accaduto vuole in realtà porre fine alle malattie, all’impoverimento economico, alla distruzione dell’ambiente che hanno imposto per oltre mezzo secolo alle comunità locali, ne' sarà disposto a permettere un controllo sulle attività belliche, che - in verità - non sarebbero neanche possibili se non fossero occultate dal segreto militare. E’ evidente, quindi, che non ci può essere incontro tra gli interessi di chi guadagna dalle attività del Poligono e di quanti vi perdono la vita, come singoli, come comunità e come vittime della guerra.\r\n\r\nAttendersi che l'intera popolazione si sollevi all'unisono e pretenda la chiusura del PISQ è una prospettiva irreale, sia perché parte della popolazione stessa è portatrice di interesse, sia perché l’atteggiamento prevalente è di indifferenza e cinismo. È’ necessario partire da questa realtà ed effettuare una scelta di campo: chi vuole mantenere il Poligono già lo manifesta; chi ne vorrebbe la chiusura deve prendere coscienza di questa divergenza di interessi. Non solo: l'esperienza di oltre mezzo secolo e le posizioni espresse quotidianamente dai responsabili mostrano che non si può fare affidamento su istituzioni che - a tutti i livelli - hanno dato copertura ai militari. \r\n\r\nDelegare e, dunque, affidare la vita, la salute, il territorio in cui viviamo in mani altrui, senza poter esercitare alcun controllo, è il meccanismo che ha portato alla condizione attuale. È necessaria, pertanto, una mobilitazione di base, in prima persona, in autonomia dalle organizzazioni istituzionali e tale da poter agire in modo diretto ed organizzato. \r\n","2018-10-17 22:11:14","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/03/1a_quirra_001-200x110.jpg","Poligono di Quirra. 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Nel registro degli indagati sono finiti in venti: gli ex comandanti del poligono sperimentale di Perdasdefogu e del distaccamento di Capo San Lorenzo, ma anche i responsabili sanitari del comando militare, alcuni professori universitari e i membri di un commissione nominata dal Ministero della Difesa che avrebbero dovuto studiare gli effetti della contaminazione dell’uranio.\r\nNell’elenco dei primi venti indagati è finito anche il sindaco di Perdasdefogu, uno dei paesi su cui ricade la gigantesca base militare sarda. Walter Mura, insieme al medico competente del poligono, è accusato di aver ostacolato l’inchiesta sul disastro.\r\nNelle ossa di dodici cadaveri riesumati per ordine del magistrato ci sono tracce del micidiale torio. Le persone stroncate dal nemico radioattivo potrebbero essere non meno di centosessanta.\r\nLa diffusione dei tumori e delle leucemie tra gli abitanti della zona dimostrano come le sostanze tossiche e radioattive abbiano contaminato il suolo, le falde acquifere che alimentano diversi paesi e persino l'atmosfera. Gli effetti, oltre alla morte di militari e dei pastori che hanno allevato le loro greggi dentro il poligono, sono dimostrati dalla nascita di bambini e agnelli malformati. Ora c’è la prova, quella che non hanno mai riscontrato le commissioni nominate per far luce su una strage contro la quale si battevano da anni ambientalisti e antimilitaristi.\r\n\r\nSecondo Francesco, attivista antimilitarista di Villaputzu, l’inchiesta sarebbe stata aperta per bloccare una possibile insorgenza popolare, ridare fiducia nelle stesse istituzioni che per decenni hanno coperto la strage, perché gli affari potessero andare avanti.\r\nPurtroppo in molti casi le stesse vittime diventano complici. I pastori, che, quando non ci sono esercitazioni, pascolano le pecore nella vastissima area del poligono, non hanno purtroppo interesse a far rilevare che i loro animali vivono in un territorio pesantemente inquinato.\r\nLa stessa proposta di riconversione dal militare al civile del Poligono non modificherebbe la situazione, poiché le ditte private che già oggi sperimentano a Quirra, producono danni equivalenti se non superiori a quelli dei militari. Solo la chiusura definitiva del Poligono aprirebbe qualche prospettiva per la salute delle persone e per un diverso futuro del territorio ogliastrino.\r\n\r\nAscolta l’intervista a Francesco per Radio Blackout: [audio:http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/03/2012-03-25-francesco-quirra2.mp3|titles=2012 03 25 francesco quirra2]\r\n\r\nscarica il file\r\n\r\nDi seguito una scheda sul poligono del Salto di Quirra.\r\nÈ la base militare sperimentale più grande d'Europa, costruita intorno al 1954 ed estesa su circa13.500 ettari a terra, con una ulteriore superficie che si estende a mare fino a superare l'intera superficie dell'isola di Sardegna (quasi 29 mila Kmq).\r\nIn quanto base militare viene utilizzata dall'esercito italiano e da eserciti stranieri (NATO, ma non solo) per esercitazioni e addestramento.\r\nIn quanto sito di sperimentazione, la base è attrezzata ed utilizzata per la prova di prototipi di armamenti e come mercato dimostrativo dove i produttori di armi possono esporre ai potenziali acquirenti il funzionamento e l’efficacia dei dispositivi proposti. Questa funzione rende il PISQ molto particolare: esistono al mondo solo altri tre poligoni che possono essere noleggiati da eserciti stranieri e industrie private. Il costo medio è di circa 50 mila euro l'ora.\r\nLe attrezzature del Poligono sono usate anche per il test di tecnologie militari applicate ad usi civili (se ha senso tale distinzione): si tratta di esperimenti pericolosi ed esplodenti, come quelli sulla tenuta degli oleodotti o sui motori dei razzi per satelliti, che richiedono le stesse strutture usate per la prova di armamenti. Attualmente sono questi gli usi con le ricadute più pesanti in termini di inquinamento.\r\n\r\nche cosa comporta il PISQ\r\nIl Sarrabus-Gerrei è una delle zone a minor densità abitativa in Europa, ma non per questo nel 1954 ci si sarebbe privati del territorio oggi occupato dal Poligono; quelle aree avevano una loro vocazione alla viticoltura ed all’allevamento e, verosimilmente, se oggi non ci fosse la base, si sarebbero sviluppati anche altri settori: turismo, pesca, agrumeti, serricoltura, ortalizie, apicoltura, ecc...\r\nLa base è nata da esigenze estranee a quelle delle popolazioni ed ha trasformato il rapporto con il territorio creando delle condizioni che oggi vengono percepite come uno stato di fatto immutabile:\r\n\r\n· sottrazione di sovranità: le popolazioni subiscono decisioni prese completamente al di fuori del proprio controllo, estranee ai propri interessi, senza avere alcuna voce in capitolo, anzi spesso volutamente disinformate dalle autorità;\r\n· cristallizzazione economica (se non arretramento): la popolazione complessiva attorno al PISQ, è diminuita tra il 1971 ed il 2009 di 4.580 unità ovvero del 12% (dati ISTAT). Una realtà demografica cui fa riscontro il reddito medio per abitante che per il 2008 è di appena 6.857,00 €, contro una media italiana di 18.900,00\r\n· distruzione del patrimonio archeologico e naturalistico: vale per tutti il caso del complesso carsico di S’Ingutidroxa, denunciato all’opinione pubblica da realtà autonome che operano nel territorio contro il poligono militare;\r\n· inquinamento dell'intera area tanto da causare modificazioni genetiche negli organismi vegetali ed animali e diffusione di alcune patologie (aumento dei malati di diabete fino al 300%, disturbi alla tiroide, ecc...), linfomi e cancri di vario genere, aborti e malformazioni negli animali e nell’uomo.\r\n\r\nIl territorio e le popolazioni che \"ospitano\" il PISQ appaiono essere le prime vittime del Poligono e ne subiscono le conseguenze immediate, ma deve essere ben presente che gli ordigni sviluppati all’interno della base trovano utilizzo nei teatri di guerra di tutto il mondo come nuovi e più efficaci sistemi di distruzione e morte.\r\nLa nocività del Poligono si estende ben oltre i confini dell’isola ed è difficile giustificare l’esistenza di una tale struttura nei termini dei posti di lavoro che sarebbe in grado di garantire, senza considerare che - oltre ai costi sanitari, sociali, economici e politici che pagano le popolazioni locali - i frutti del “lavoro” svolto nel Poligono ricadono sui morti e sui profughi nelle guerre dell’Africa e del Medioriente e sono un mezzo per il mantenimento di oppressione e sottosviluppo.\r\nTutto ciò è potuto accadere anche perché le stesse genti che subiscono la presenza della base militare hanno permesso questa situazione.\r\nI motivi di ciò sono, tutto sommato, spiegabili:\r\n· fiducia verso istituzioni statali, a cui si affida lo sviluppo del territorio, la creazione di opportunità economiche, la tutela della salute ed il rispetto delle leggi;\r\n· penetrazione dell’economia militare, per cui tutti hanno un parente, un amico, un vicino a qualche titolo coinvolto nell’attività bellica; pertanto una presa di posizione contraria al poligono comporta una frattura nella comunità e questo è forse il principale motivo per cui il territorio esprime una opposizione debole e disorganizzata, pronta a delegare a terzi (partiti, stampa, magistratura, ecc.) l’onere di una lotta di cui nessuno sembra volersi veramente fare carico;\r\n· sentimento di isolamento e di debolezza nei confronti di interessi che appaiono essere troppo più grandi rispetto a quelli delle popolazioni locali;\r\n· fondo di fatalismo e di cinismo, per cui si spera sempre che quanto succede agli altri non succeda a noi e si cerca di vivere la propria vita senza porsi troppi problemi.\r\n\r\nSe oggi va maturando la consapevolezza della necessità di riappropriarsi del territorio e chiudere la struttura del Poligono, è evidente che è necessario superare la passività ed intraprendere un percorso di lotta.\r\n\r\nsituazione attuale \r\nL’esistenza di una situazione sanitaria anomala è stata oggetto negli anni di molte denunce e ricerche. Oggi non è più necessario dimostrare l’esistenza o la consistenza della “sindrome di Quirra”, così come ci sono chiare evidenze di quelle che ne potrebbero essere le cause, tutte riconducibili alle attività del Poligono.\r\nFin dai primi anni ’80 tra le specie viventi (flora e fauna, inclusi gli umani) si son verificate molteplici anomalie che per gli abitanti della zona sono fatti noti: morìa ed aborti in bestie ed esseri umani, malformazioni nei feti e nei nati vivi, fino al caso di Escalaplano dove, a cavallo del 1988, su 25 nuovi nati, 14 risultarono affetti da malformazioni più o meno gravi.\r\nNel 2001 un oncologo ed un medico di base di Villaputzu denunciavano una anomala quantità di tumori emolinfatici.\r\nNel 2004 l’Istituto Superiore di Sanità raccomandava indagini epidemiologiche settoriali nell’intorno del Poligono.\r\nNel 2006 lo screening sullo stato di salute della Regione Sardegna riscontrava percentuali di malattie paragonabili a quelle delle zone industriali.\r\nNel 2008 il Comitato Scientifico di Base, organismo indipendente, agendo su incarico di associazioni locali attive nella lotta contro il PISQ, pubblicava uno studio in cui denunciava l’inquinamento elettromagnetico prodotto dalle apparecchiature in uso al Poligono.\r\nNel 2009 lo stesso Comitato Scientifico di Base denunciava una percentuale abnorme di leucemie tra i lavoratori ed i residenti nell’intorno della base e tra i lavoratori civili del Poligono.\r\nÈ di oggi, infine, la denuncia dei \u003Cmark>veterinari\u003C/mark> della zona, che riscontra, tra gli allevatori operanti nella zona del Poligono, una percentuale di malati di leucemie pari al 65% dei residenti, oltre a dati inquietanti relativi allo stato di salute del bestiame.\r\nNei primi anni del 2000 ci si è concentrati sull’uranio impoverito, che potrebbe essere una con-causa, ma è stato dimostrato non essere il principale responsabile della situazione. Nonostante ciò sia noto da allora, ancora si svolgono inutili e costose indagini per la ricerca di agenti radioattivi non significativi, e ciò non può che destare allarme.\r\nE’ poi appena il caso di ricordare il tentativo di depistaggio che attribuiva la diffusione di leucemie alle vecchie miniere di arsenico, che è pure un agente patogeno, ma per tutt’altro tipo di tumori, peraltro poco presenti nel territorio. Tuttavia ancora c’è chi sostiene questa tesi!\r\nGli studi indipendenti e quelli svolti dalle diverse commissioni hanno invece evidenziato la presenza di nanoparticelle di metalli pesanti, generate negli impatti, nelle esplosioni e nelle combustioni dei propellenti usati dai missili; la presenza di inquinanti chimici (idrazina, tungsteno, ecc.) utilizzati nei combustibili dei missili e in alcuni dispositivi militari; la presenza di intensissimi campi elettromagnetici dovuti ai radar di controllo, segnalazione ed inseguimento, oltre ai dispositivi di guerra elettronica utilizzati e sperimentati nelle esercitazioni\r\n\r\nresponsabili e responsabilità\r\nI responsabili diretti di quanto sta accadendo al territorio ed alle popolazioni attorno al Poligono Interforze del Salto di Quirra sono i governi, i militari e le industrie di armi e munizionamenti. Costoro hanno voluto il Poligono, lo hanno realizzato ed usato sulla base esclusiva dei propri interessi economici, politici, strategici, lucrando sulla vita e la salute delle popolazioni, senza metterle al corrente né dei rischi, né di eventuali misure protettive, negando, tacendo e falsificando anche di fronte all'evidenza. Le istituzioni politiche hanno agito in continuità con gli interessi militari ed industriali, senza mai ricredersi sulle scelte operate in passato e reiterando (ancora oggi) l'intoccabilità del Poligono e delle sue attività.\r\nPer non aver svolto il proprio ruolo di controllo e tutela sono responsabili: le istituzioni regionali e provinciali che si sono alternate dal 1954 fino ad oggi; i sindaci e le amministrazioni comunali, in particolare quelli di Perdasdefogu, Escalaplano e Villaputzu; le ASL competenti e l’ARPAS. Enti che avrebbero dovuto prevenire, controllare ed impedire lo scempio e che invece hanno sempre negato l'evidenza. Enti che insistono tutt'ora nel richiedere non solo il mantenimento della base militare ma finanche l'intensificazione delle sue attività. \r\nPer aver taciuto i rischi ed occultato informazioni allarmanti sono responsabili: tutte le imprese - pubbliche e private - che collaborano con il PISQ e che avrebbero potuto divulgare notizie relative alla pericolosità delle attività svolte nel Poligono; i sindacati, che - per tutelare pochi posti di lavoro (dai quali andrebbero sottratti quei pastori, agricoltori, pescatori, impiegati in attività civili, decimati dalla pandemia militarista) - difendono l'esproprio di un territorio vastissimo, accreditando il mestiere di militare come un “lavoro come gli altri”. Si trovano così vittime della contraddizione di tutelare la busta paga piuttosto che la persona. \r\nUna responsabilità nell'occultamento della verità e nel mantenimento della \"pace sociale\" deve essere attribuita anche alle istituzioni della chiesa cattolica che hanno mediato e diffuso l’ignoranza su quanto avveniva nella base. Vale su tutto la dichiarazione di mons. Mani, arcivescovo di Cagliari e generale di corpo d'armata, in quanto ex-capellano militare, che assicura personalmente «che nelle basi in Sardegna non viene utilizzato uranio impoverito».\r\n\r\nuna prima conclusione\r\nNessuno dei responsabili dell’accaduto vuole in realtà porre fine alle malattie, all’impoverimento economico, alla distruzione dell’ambiente che hanno imposto per oltre mezzo secolo alle comunità locali, ne' sarà disposto a permettere un controllo sulle attività belliche, che - in verità - non sarebbero neanche possibili se non fossero occultate dal segreto militare. E’ evidente, quindi, che non ci può essere incontro tra gli interessi di chi guadagna dalle attività del Poligono e di quanti vi perdono la vita, come singoli, come comunità e come vittime della guerra.\r\n\r\nAttendersi che l'intera popolazione si sollevi all'unisono e pretenda la chiusura del PISQ è una prospettiva irreale, sia perché parte della popolazione stessa è portatrice di interesse, sia perché l’atteggiamento prevalente è di indifferenza e cinismo. È’ necessario partire da questa realtà ed effettuare una scelta di campo: chi vuole mantenere il Poligono già lo manifesta; chi ne vorrebbe la chiusura deve prendere coscienza di questa divergenza di interessi. Non solo: l'esperienza di oltre mezzo secolo e le posizioni espresse quotidianamente dai responsabili mostrano che non si può fare affidamento su istituzioni che - a tutti i livelli - hanno dato copertura ai militari.\r\n\r\nDelegare e, dunque, affidare la vita, la salute, il territorio in cui viviamo in mani altrui, senza poter esercitare alcun controllo, è il meccanismo che ha portato alla condizione attuale. È necessaria, pertanto, una mobilitazione di base, in prima persona, in autonomia dalle organizzazioni istituzionali e tale da poter agire in modo diretto ed organizzato.",[214],{"field":122,"matched_tokens":215,"snippet":211,"value":212},[25],{"best_field_score":187,"best_field_weight":127,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":44,"score":188,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":44},{"document":218,"highlight":230,"highlights":235,"text_match":124,"text_match_info":238},{"comment_count":44,"id":219,"is_sticky":44,"permalink":220,"podcastfilter":221,"post_author":167,"post_content":222,"post_date":223,"post_excerpt":50,"post_id":219,"post_modified":224,"post_thumbnail":225,"post_title":226,"post_type":173,"sort_by_date":227,"tag_links":228,"tags":229},"87009","http://radioblackout.org/podcast/perche-selezioniamo-i-cani-di-razza-e-perche-dovremmo-smettere-di-farlo/",[138],"In questa puntata di Liberation Front abbiamo avuto l’occasione di intervistare Massimo Raviola, veterinario e autore del libro “Che razza di bastardo” e dell’articolo “Bastardi senza gloria” apparso sul volume di “Cani ai margini”. Grazie alla sua sensibilità ed esperienza nell’ambito della medicina veterinaria, ci ha potuto spiegare come le razze dei cani siano un’invenzione umana atta a giustificare e a perpetrare una visione del cane che è funzionale al mercato e al dominio dell’uomo sul resto del vivente. Attraverso le moderne selezioni genetiche, infatti, siamo in grado di creare sempre nuove razze di cani che soddisfano il gusto estetico della moda di turno, senza tenere conto di quanti problemi di salute e sofferenze tali scelte creeranno a questi esseri viventi, sottoposti a modifiche fisiche dolorose e disabilitanti. Il problema della selezione delle “razze” riguarda anche quelle fabbriche di cani chiamate allevamenti di razza, il commercio di esseri viventi e di gadget a loro dedicati, il mercato nero e la bioetica, di cui abbiamo potuto ottenere una interessante panoramica.\r\n\r\nAscolta il podcast qui:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/cani.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[scarica]","5 Febbraio 2024","2024-02-05 22:41:07","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/6a1e7edfa41234078fc08c95b61f16f2-200x110.jpg","Perché selezioniamo i cani \"di razza\" e perché dovremmo smettere di farlo",1707172867,[],[],{"post_content":231},{"matched_tokens":232,"snippet":233,"value":234},[25],"l’occasione di intervistare Massimo Raviola, \u003Cmark>veterinari\u003C/mark>o e autore del libro “Che","In questa puntata di Liberation Front abbiamo avuto l’occasione di intervistare Massimo Raviola, \u003Cmark>veterinari\u003C/mark>o e autore del libro “Che razza di bastardo” e dell’articolo “Bastardi senza gloria” apparso sul volume di “Cani ai margini”. 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La situazione si sta aggravando, e finora le misure adottate si sono dimostrate inefficaci nel contrastare l'epidemia.”\r\n\r\n\r\n\r\nComincia così l’intervista al professor Andrea Mazzatenta, esperto in neurofisiologia presso il Dipartimento di Neuroscienze, Imaging e Scienze Cliniche dell'Università \"G. d'Annunzio\" di Chieti-Pescara e docente di Psicobiologia e Psicologia Animale presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria dell'Università degli Studi di Teramo, è uno dei pochi specialisti in Italia a sostenere che l'approccio basato sull'abbattimento dei cinghiali e sull'uso di reti per limitarne la corsa durante le battute di caccia sia una strategia inefficace nel contrastare l'epidemia di peste suina.\r\n\r\nLe reti utilizzate in Liguria all'inizio dell'anno scorso per isolare le aree infette non hanno dato i risultati sperati. Inoltre, affidarsi al volontariato dei cacciatori per individuare e recuperare i cadaveri dei cinghiali morti si è rivelato un approccio poco strategico. Quanto alle battute di caccia, esse non hanno contribuito in modo significativo a ridurre il numero complessivo di cinghiali sul territorio, nonostante l'aumento delle catture negli ultimi anni.\r\n\r\nSecondo il Professor Mazzatenta, il cinghiale è un animale territorialmente stabile e poco prolifico. I branchi sono costituiti da pochi esemplari che tendono a rimanere nelle loro zone. La riproduzione avviene principalmente tra la femmina più anziana (la matrona) e il maschio dominante, entrambi poco fertili. Questo sistema di riproduzione limita l'espansione della popolazione. Tuttavia, durante le campagne di caccia per combattere la peste suina, si crea caos. Molti cinghiali vengono uccisi, ma quelli che sfuggono alla cattura formano nuovi gruppi, spesso senza maschio alfa e matrona, e ciò porta a una proliferazione incontrollata. Questi gruppi si spostano verso le zone abitate, alla ricerca di cibo nei cassonetti dei rifiuti e nelle discariche, poiché non hanno imparato a procurarsi il cibo nei boschi.\r\n\r\nIl Professor Mazzatenta sostiene che la strategia di abbattere le matrone e i maschi per aumentare il numero complessivo di cinghiali è controproducente. La caccia avviata un anno fa per debellare l'epidemia di peste suina è fallita, espandendo solo l'area colpita e aumentando il numero di carcasse di animali trovate nei boschi.\r\n\r\nQuindi, qual è la soluzione? Secondo il Professor Mazzatenta, in Italia, la soluzione è quella di non cacciare i cinghiali e attendere che l'epidemia segua il suo corso, poiché spesso, ma non sempre, i cinghiali muoiono entro circa 15 giorni dal contagio. Lasciandoli in pace, i cinghiali diventano stanziali e l'invecchiamento della popolazione contribuisce a ridurre la loro prolificità e, di conseguenza, il loro numero complessivo. La caccia indiscriminata tramite battute non è efficace, a meno che non si riesca a eliminare tutti i cinghiali, il che è praticamente impossibile sul nostro territorio.\r\n\r\n \r\n\r\nLa trasmissione continua sullo stesso argomento con una diretta telefonica con Angela del santuario Grugno clandestino, attivista che ha vissuto in prima persona le vicende legate a un altro santuario, Progetto Cuori Liberi, e la dura repressione subita dagli animali umani e non umani che vivono questo luogo.\r\n\r\n \r\n\r\nContinuano gli appuntamenti con Mario Beiletti e i suoi racconti sulla resistenza, in particolare del capo partigiano Piero Piero in val Chiusella e e chiudiamo la trasmissione con ulteriori notizie dal mondo squatter e la resistenza del Prinz al tentativo di sgombero del giardino boscoso.\r\n\r\n \r\n\r\nSelezione musicale a cura di Miss Fra e Mr. Kang, riascoltabile qui\r\n\r\n \r\n\r\nTutto squat, il giornale malandrino del 22 settembre 2023\r\n\r\n ","22 Settembre 2023","2024-11-22 00:45:03","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/immagine_2023-10-22_121209660-200x110.png","Caccia grossa, piccolo bottino - TuttoSquat 22.09.2023",1695410419,[252],"http://radioblackout.org/tag/tutto-squat-il-giornale-malandrino/",[159],{"post_content":255},{"matched_tokens":256,"snippet":258,"value":259},[257],"Veterinari","presso il Dipartimento di Medicina \u003Cmark>Veterinari\u003C/mark>a dell'Università degli Studi di Teramo,"," \r\n\r\n“Il numero di cinghiali morti nei territori del Piemonte e della Liguria continua a crescere in modo allarmante. 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Proprio con Davide abbiamo avuto l’opportunità di raccontare quali sono gli argomenti principali contenuti nel volume, che si compone di diversi contributi a firma di numerose persone attive nel campo della liberazione animale, degli animal studies, dell’attivismo dentro i canili, della veterinaria, della cinofilia e non solo. Questo mosaico (peraltro nome della stessa casa editrice che lo ha pubblicato) riflette e analizza le contraddizioni e le problematiche che riguardano lo storico rapporto tra essere umani e cani, specialmente negli aspetti riconducibili allo sfruttamento sociale di questi ultimi. Largo spazio viene dedicato alla storia e all’evoluzione della cinofilia, alla critica ai canili, agli allevamenti di razza e all’industria del pet, all’analisi del fenomeno del randagismo e del volontariato animalista, nel tentativo di promuovere un confronto e delle proposte che vadano nella direzione di una visione nuova del nostro rapporto coi cani, che ne valorizzi le necessità di liberazione e di libertà fisica, espressiva e sociale. Gli articoli d’impronta più saggistica e le storie più narrative permettono di riflettere su temi importanti che riguardano in generale il nostro rapporto con il vivente, partendo dai cani come individui non umani più legati, presenti e vicini alla vita quotidiana di noi esseri umani.\r\n\r\nAscolta l’intervista qui:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/cani-ai-margini-13-settembre.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[scarica]\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 15 settembre 2023\r\n\r\n\r\npresentazione del libro:\r\n\r\nCANI AI MARGINI\r\n\r\ncon uno dei curatori, Davide Majocchi\r\n\r\n\"Cani ai margini è una raccolta di storie di umani e cani uniti nella ricerca comune della libertà fisica, di espressione, di autodeterminazione, e riflessioni sulla questione del randagismo, dell'addestramento e dell'industria del pet\"\r\n\r\ndalle 18.30 inizio presentazione\r\n\r\na seguire aperitivo vegan\r\n\r\npresso la Blackout House, via cecchi 21/A, Torino\r\n\r\n\r\n ","14 Settembre 2023","2023-09-14 17:20:19","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/5e5da92098b7f4d5f41127c546bc3803-200x110.jpg","Presentazione del libro \"Cani ai Margini\" - venerdì 15 settembre @ Radio Blackout",1694712019,[],[],{"post_content":278},{"matched_tokens":279,"snippet":280,"value":281},[25],"dell’attivismo dentro i canili, della \u003Cmark>veterinari\u003C/mark>a, della cinofilia e non solo.","Venerdì 15 settembre verrà presentato nella sede di Radio Blackout il libro “Cani ai Margini”, a cura di Luciana Licitra e Davide Majocchi. 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Peccato che gli orsi non siano statue e si comportano da orsi: riproducendosi, mangiando, difendendosi, valicando confini di cui non ne immaginano neppure l'esistenza creando, con questi comportamenti, paura e sgomento tra cittadini e visitatori. Non un euro dei finanziamenti è stato investito per progetti di convivenza con questa specie, anzi politici di destra e sinistra hanno strumentalizzato la paura reagendo con uccisioni e imprigionamenti.\r\n\r\nPiù di tutti il leghista Fugatti, presidente della provincia di Trento, che ha fatto della caccia all'orso una vera e propria crociata. E se non sono gli orsi sono i lupi, o i cinghiali, o le marmotte o gli uccelli, insomma Fugatti ha nei cacciatori e negli allevatori il suo più grande bacino di voti e cerca di ingraziarseli strumentalizzando la paura, come dimostrano gli enormi (quasi 1 milione) finanziamenti della provincia alle associazioni venatorie che, assurdamente, gestiscono anche centri faunistici, il censimento gli animali selvatici, le cure e la detenzione, come nel caso del Casteller.\r\n\r\nIn questo bunker gli/le ors* rinchius* stanno lottando con tentativi di fughe, autolesionismo, scioperi della fame, tentativi di distruggere la struttura. Gli/le ors* cercano e rivendicano la propria libertà.\r\n\r\nRitrovo ore 11 stazione di Villazzano - Trento\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/orsi-liberi.mp3\"][/audio]\r\n\r\nIl volantino di lancio della manifestazione:\r\n\r\nFra il 1999 e il 2002 viene realizzato in provincia di Trento il Progetto Life Ursus finanziato dall’Unione Europea, con finalità di ripopolamento degli orsi bruni, all’epoca sostanzialmente estinti nell’arco alpino. Evidentemente, qualche ors* nei boschi fa bene al turismo e alle casse provinciali, deve aver pensato qualcuno. Ma bastano pochi anni e ci si rende conto che la presenza dell’orso Yoghi non è compatibile con un modello di turismo consumista e invasivo, nel contesto di un territorio in realtà ampiamente antropizzato.\r\n\r\nIl risultato 20 anni dopo: 34 ors* “indisciplinati* scompars*, uccis*, imprigionat*. Tra loro gli orsi (chiamati dalle autorità) M49 e M57 e l’orsa DJ3, attualmente detenut* nella struttura/prigione del Casteller, la cui gestione è - con macabra ironia - affidata all’Associazione dei Cacciatori Trentini. M49 evade clamorosamente, superando e forzando barriere e recinzioni apparentemente invalicabili, nella notte del 15 luglio 2019 (neanche un’ora dopo esser stato catturato a causa delle numerose denunce di danni da parte degli allevatori della zona) e fugge nuovamente il 27 luglio 2020, per poi venire nuovamente catturato poche settimane fa. Suoi compagni di prigionia DJ3 (figlia di Daniza, probabilmente l’orsa più tristemente nota nella mala gestione della provincia di Trento) reclusa da ben 9 anni (metà della sua vita) ed M57, riuscito a trascorrere solo due anni della sua vita in libertà prima di essere imprigionato (la vita media di un orso in natura è fra i 30 e i 35 anni). È notizia di questi giorni che le condizioni psico-fisiche dei tre plantigradi sono state definite “inaccettabili” persino dagli organi di controllo istituzionali che, come da copione, propongono per voce delle associazioni veterinarie la costituzione di “comitati etici” per ripulirsi la faccia con la solita favola del “benessere animale”.\r\n\r\nLa classe politica che ha governato il Trentino ha più volte dimostrato tutti i limiti e l’ipocrisia di un’impostazione antropocentrica rispetto alla convivenza con gli altri animali. Ovviamente le cose non sono né cambiate né migliorate dall’insediamento della nuova giunta leghista (sì, proprio loro: i machisti dei banchetti a base di carne d'orso).\r\n\r\nI milioni di euro che per il Progetto Life Ursus la Provincia ha ricevuto dall’Europa andavano spesi molto diversamente: progetti di educazione nelle scuole, formazione mirata agli operatori turistici, sensibilizzazione e informazione a tappeto a residenti e turisti, nell’ottica di una convivenza pacifica e rispettosa. E invece? E invece questa specie è stata presa, piazzata sul territorio, tolta dal territorio, uccisa, imprigionata, mostrata, nascosta, a seconda delle esigenze del potere.\r\n\r\nMa in conseguenza di quali colpe è stato deciso che la coercizione fisica di questi animali fosse necessaria? Il fatto è che gli animali selvatici hanno la pessima abitudine di comportarsi da tali. Non sono peluche, non sono gli animali depressi e tristi che vediamo negli zoo, resi inoffensivi dalla rassegnazione e dalle sbarre. Sono ors* che, come tutti gli individui, vogliono “solo” vivere liber*, scegliere cosa mangiare, dove andare, cosa esplorare, come giocare, oziare, odorare; e che, come chiunque altr*, se si sentono infastidit* o minacciat* reagiscono e si difendono. Ors* che fanno gli ors*, insomma.\r\n\r\nCome gli esseri umani da sempre hanno resistito alle oppressioni e alle discriminazioni, anche tutti gli animali non umani mal sopportano prigionia e sfruttamento, aggrediscono per difendersi e provano a fuggire, talvolta con successo. È ora di aprire gli occhi, di comprendere che gli animali non umani sono l’avanguardia del movimento di liberazione animale. È ora di smettere di pensare che gli altri animali siano creature senza voce, per le quali è necessario usare la nostra. La voce è espressione di potere e descrivere gli animali come privi di essa toglie potere alle loro esperienze di ribellione. Oltre la narrazione tossica dell’animalismo “classico”, che vede gli altri animali come inermi che solo degli umani illuminati possono adoperarsi a salvare, esiste una consistente storia di ribelli e di ribellione ancora tutta da raccontare, di fronte alla quale il posizionamento degli individui umani non può che considerarsi come mera solidarietà. Riconosciamo la capacità degli animali di sottrarsi allo sfruttamento umano come una forza socialmente non trascurabile, una forza in grado di muovere le energie di associazioni, singole persone, gruppi locali verso una solidarietà che può essere definita senza dubbio politica. Una solidarietà attiva che si esprime nella consapevolezza di condurre lotte comuni tra sfruttati, indipendentemente dalla specie di appartenenza. Aprendoci alla possibilità di adozione di un inedito sguardo decoloniale, scegliamo di dismettere il nostro privilegio di specie per metterlo al servizio della resistenza animale.\r\n\r\nNell’operato della Giunta Fugatti in questo particolare frangente, riconosciamo con evidenza le stesse politiche repressive nei confronti di tutti quei corpi indecorosi ed eccedenti, che varcano confini ed esprimono volontà di autodeterminazione, che mille volte abbiamo visto all’opera nei più disparati contesti di resistenza. Da sempre solidali con la lotta di chi viola i confini per riprendersi la libertà, ci schieriamo senza esitazioni dalla parte degli/le ors* ribelli.\r\n\r\nNella persecuzione contro di loro nella nostra piccola, periferica provincia non possiamo non individuare la comune matrice della più grande e cieca persecuzione ai danni di tutte le forme di vita terrestri che sta determinando a livello planetario la catastrofe climatica ormai alle porte.\r\n\r\nPer questa ragione, nella decisione di schierarci al fianco di questi corpi resistenti, facciamo appello per allargare la mobilitazione a tutte le soggettività ed i collettivi impegnati nelle lotte ecotransfemministe, antirazziste, antifasciste e per la giustizia climatica, a tutt* coloro che credono che la mobilitazione contro la guerra totale al vivente attualmente in corso da parte del sistema capitalista vada fermata non tanto - per dirla con un’altra narrazione tossica - per “salvare il pianeta”, ma per provare a garantire alla nostra specie e a tutte le altre (animali e vegetali) la possibilità di continuare ad abitare la Terra. Crediamo fermamente che solo l’intersezione di tutte queste lotte possa ambire a scardinare il paradigma del capitalismo antropocentrico che ci ha già condotti dentro la sesta estinzione di massa. Un sistema rapace che attraverso un meccanismo distopico e perfetto distrugge e strappa territori ad animali ed umani, capitalizzando ogni respiro. E che avvelena anche il linguaggio ed il pensiero, relegando nella dimensione dell’irrilevanza e del silenzio, minorizzandole, tutte quelle identità che si discostano dal paradigma proprietario dell’antropocentrismo colonialista maschio e bianco. Noi non ci stiamo, e ci batteremo perché i prossimi mesi ed anni vedano l’attraversamento delle piazze da parte di una nuova ondata di ribellione globale generalizzata. Iniziamo da qui. Restituiamo agli/le ors* i boschi e le montagne in cui sono nati/e liber*.\r\n\r\n ","16 Ottobre 2020","2020-10-17 18:04:56","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/m49-200x110.jpg","smontiamo la gabbia",1602868099,[],[],{"post_content":300},{"matched_tokens":301,"snippet":302,"value":303},[25],"propongono per voce delle associazioni \u003Cmark>veterinari\u003C/mark>e la costituzione di “comitati etici”","In vista del corteo di domenica 18 in solidarietà con gli/le orsi/e rinchiusi/e nel bunker di Casteller in Trentino, abbiamo sentito Marco dell'assemblea antispecista.\r\nLa storia del ripopolamento degli orsi in trentino inizia negli anni '90 col progetto Life Ursus con lo scopo di introdurre nuove specie al fine di attirare turisti nelle verdeggianti montagne trentine. Peccato che gli orsi non siano statue e si comportano da orsi: riproducendosi, mangiando, difendendosi, valicando confini di cui non ne immaginano neppure l'esistenza creando, con questi comportamenti, paura e sgomento tra cittadini e visitatori. Non un euro dei finanziamenti è stato investito per progetti di convivenza con questa specie, anzi politici di destra e sinistra hanno strumentalizzato la paura reagendo con uccisioni e imprigionamenti.\r\n\r\nPiù di tutti il leghista Fugatti, presidente della provincia di Trento, che ha fatto della caccia all'orso una vera e propria crociata. E se non sono gli orsi sono i lupi, o i cinghiali, o le marmotte o gli uccelli, insomma Fugatti ha nei cacciatori e negli allevatori il suo più grande bacino di voti e cerca di ingraziarseli strumentalizzando la paura, come dimostrano gli enormi (quasi 1 milione) finanziamenti della provincia alle associazioni venatorie che, assurdamente, gestiscono anche centri faunistici, il censimento gli animali selvatici, le cure e la detenzione, come nel caso del Casteller.\r\n\r\nIn questo bunker gli/le ors* rinchius* stanno lottando con tentativi di fughe, autolesionismo, scioperi della fame, tentativi di distruggere la struttura. Gli/le ors* cercano e rivendicano la propria libertà.\r\n\r\nRitrovo ore 11 stazione di Villazzano - Trento\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/orsi-liberi.mp3\"][/audio]\r\n\r\nIl volantino di lancio della manifestazione:\r\n\r\nFra il 1999 e il 2002 viene realizzato in provincia di Trento il Progetto Life Ursus finanziato dall’Unione Europea, con finalità di ripopolamento degli orsi bruni, all’epoca sostanzialmente estinti nell’arco alpino. Evidentemente, qualche ors* nei boschi fa bene al turismo e alle casse provinciali, deve aver pensato qualcuno. Ma bastano pochi anni e ci si rende conto che la presenza dell’orso Yoghi non è compatibile con un modello di turismo consumista e invasivo, nel contesto di un territorio in realtà ampiamente antropizzato.\r\n\r\nIl risultato 20 anni dopo: 34 ors* “indisciplinati* scompars*, uccis*, imprigionat*. Tra loro gli orsi (chiamati dalle autorità) M49 e M57 e l’orsa DJ3, attualmente detenut* nella struttura/prigione del Casteller, la cui gestione è - con macabra ironia - affidata all’Associazione dei Cacciatori Trentini. M49 evade clamorosamente, superando e forzando barriere e recinzioni apparentemente invalicabili, nella notte del 15 luglio 2019 (neanche un’ora dopo esser stato catturato a causa delle numerose denunce di danni da parte degli allevatori della zona) e fugge nuovamente il 27 luglio 2020, per poi venire nuovamente catturato poche settimane fa. Suoi compagni di prigionia DJ3 (figlia di Daniza, probabilmente l’orsa più tristemente nota nella mala gestione della provincia di Trento) reclusa da ben 9 anni (metà della sua vita) ed M57, riuscito a trascorrere solo due anni della sua vita in libertà prima di essere imprigionato (la vita media di un orso in natura è fra i 30 e i 35 anni). È notizia di questi giorni che le condizioni psico-fisiche dei tre plantigradi sono state definite “inaccettabili” persino dagli organi di controllo istituzionali che, come da copione, propongono per voce delle associazioni \u003Cmark>veterinari\u003C/mark>e la costituzione di “comitati etici” per ripulirsi la faccia con la solita favola del “benessere animale”.\r\n\r\nLa classe politica che ha governato il Trentino ha più volte dimostrato tutti i limiti e l’ipocrisia di un’impostazione antropocentrica rispetto alla convivenza con gli altri animali. Ovviamente le cose non sono né cambiate né migliorate dall’insediamento della nuova giunta leghista (sì, proprio loro: i machisti dei banchetti a base di carne d'orso).\r\n\r\nI milioni di euro che per il Progetto Life Ursus la Provincia ha ricevuto dall’Europa andavano spesi molto diversamente: progetti di educazione nelle scuole, formazione mirata agli operatori turistici, sensibilizzazione e informazione a tappeto a residenti e turisti, nell’ottica di una convivenza pacifica e rispettosa. E invece? E invece questa specie è stata presa, piazzata sul territorio, tolta dal territorio, uccisa, imprigionata, mostrata, nascosta, a seconda delle esigenze del potere.\r\n\r\nMa in conseguenza di quali colpe è stato deciso che la coercizione fisica di questi animali fosse necessaria? Il fatto è che gli animali selvatici hanno la pessima abitudine di comportarsi da tali. Non sono peluche, non sono gli animali depressi e tristi che vediamo negli zoo, resi inoffensivi dalla rassegnazione e dalle sbarre. Sono ors* che, come tutti gli individui, vogliono “solo” vivere liber*, scegliere cosa mangiare, dove andare, cosa esplorare, come giocare, oziare, odorare; e che, come chiunque altr*, se si sentono infastidit* o minacciat* reagiscono e si difendono. Ors* che fanno gli ors*, insomma.\r\n\r\nCome gli esseri umani da sempre hanno resistito alle oppressioni e alle discriminazioni, anche tutti gli animali non umani mal sopportano prigionia e sfruttamento, aggrediscono per difendersi e provano a fuggire, talvolta con successo. È ora di aprire gli occhi, di comprendere che gli animali non umani sono l’avanguardia del movimento di liberazione animale. È ora di smettere di pensare che gli altri animali siano creature senza voce, per le quali è necessario usare la nostra. La voce è espressione di potere e descrivere gli animali come privi di essa toglie potere alle loro esperienze di ribellione. Oltre la narrazione tossica dell’animalismo “classico”, che vede gli altri animali come inermi che solo degli umani illuminati possono adoperarsi a salvare, esiste una consistente storia di ribelli e di ribellione ancora tutta da raccontare, di fronte alla quale il posizionamento degli individui umani non può che considerarsi come mera solidarietà. Riconosciamo la capacità degli animali di sottrarsi allo sfruttamento umano come una forza socialmente non trascurabile, una forza in grado di muovere le energie di associazioni, singole persone, gruppi locali verso una solidarietà che può essere definita senza dubbio politica. Una solidarietà attiva che si esprime nella consapevolezza di condurre lotte comuni tra sfruttati, indipendentemente dalla specie di appartenenza. Aprendoci alla possibilità di adozione di un inedito sguardo decoloniale, scegliamo di dismettere il nostro privilegio di specie per metterlo al servizio della resistenza animale.\r\n\r\nNell’operato della Giunta Fugatti in questo particolare frangente, riconosciamo con evidenza le stesse politiche repressive nei confronti di tutti quei corpi indecorosi ed eccedenti, che varcano confini ed esprimono volontà di autodeterminazione, che mille volte abbiamo visto all’opera nei più disparati contesti di resistenza. Da sempre solidali con la lotta di chi viola i confini per riprendersi la libertà, ci schieriamo senza esitazioni dalla parte degli/le ors* ribelli.\r\n\r\nNella persecuzione contro di loro nella nostra piccola, periferica provincia non possiamo non individuare la comune matrice della più grande e cieca persecuzione ai danni di tutte le forme di vita terrestri che sta determinando a livello planetario la catastrofe climatica ormai alle porte.\r\n\r\nPer questa ragione, nella decisione di schierarci al fianco di questi corpi resistenti, facciamo appello per allargare la mobilitazione a tutte le soggettività ed i collettivi impegnati nelle lotte ecotransfemministe, antirazziste, antifasciste e per la giustizia climatica, a tutt* coloro che credono che la mobilitazione contro la guerra totale al vivente attualmente in corso da parte del sistema capitalista vada fermata non tanto - per dirla con un’altra narrazione tossica - per “salvare il pianeta”, ma per provare a garantire alla nostra specie e a tutte le altre (animali e vegetali) la possibilità di continuare ad abitare la Terra. Crediamo fermamente che solo l’intersezione di tutte queste lotte possa ambire a scardinare il paradigma del capitalismo antropocentrico che ci ha già condotti dentro la sesta estinzione di massa. Un sistema rapace che attraverso un meccanismo distopico e perfetto distrugge e strappa territori ad animali ed umani, capitalizzando ogni respiro. E che avvelena anche il linguaggio ed il pensiero, relegando nella dimensione dell’irrilevanza e del silenzio, minorizzandole, tutte quelle identità che si discostano dal paradigma proprietario dell’antropocentrismo colonialista maschio e bianco. Noi non ci stiamo, e ci batteremo perché i prossimi mesi ed anni vedano l’attraversamento delle piazze da parte di una nuova ondata di ribellione globale generalizzata. Iniziamo da qui. Restituiamo agli/le ors* i boschi e le montagne in cui sono nati/e liber*.\r\n\r\n ",[305],{"field":122,"matched_tokens":306,"snippet":302,"value":303},[25],{"best_field_score":126,"best_field_weight":127,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":44,"score":128,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":14},6637,{"collection_name":173,"first_q":25,"per_page":131,"q":25},10,["Reactive",312],{},["Set"],["ShallowReactive",315],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$fcJzlDaoNkvF34TmEZdc7kuFh687cjU85536pZIa5EVw":-1},true,"/search?query=veterinari"]