","A Ferrara, da tutta Italia, contro l'impunità garantita delle divise.","post",1392652248,[63,64,65,66,67],"http://radioblackout.org/tag/federico-aldrovandi/","http://radioblackout.org/tag/ferrara/","http://radioblackout.org/tag/impunita/","http://radioblackout.org/tag/via-la-divisa/","http://radioblackout.org/tag/violenza-di-stato/",[69,70,71,72,73],"federico aldrovandi","Ferrara","impunità","via la divisa","violenza di stato",{"post_content":75,"tags":80},{"matched_tokens":76,"snippet":78,"value":79},[77],"la","scorse si era infatti diffusa \u003Cmark>la\u003C/mark> notizia che i quattro assassini","Sabato 15 febbraio, a Ferrara, sono scese in piazza cinquemila persone in occasione del corteo #ViaLaDivisa convocato per chiedere l'immediata espulsione dalle forze dell'ordine degli agenti che nel 2005 uccisero di botte Federico Aldrovandi. Nelle settimane scorse si era infatti diffusa \u003Cmark>la\u003C/mark> notizia che i quattro assassini - dopo essere stati condannati per l'omicidio e aver scontato pene irrisorie ridotte da tutte le attenuanti possibili - sarebbero rientrati in servizio come se nulla fosse.\r\n\r\nL’associazione di famigliari, amici e compagni di Federico Aldrovandi ha convocato il corteo di sabato proprio per chiedere che gli assassini del ragazzo vengano privati per sempre della possibilità di lavorare all'interno delle forze dell'ordine, una richiesta tanto basilare quanto fondamentale, un gesto di rispetto verso \u003Cmark>la\u003C/mark> morte di Federico dopo anni di umiliazioni, inchieste insabbiate e insulti che \u003Cmark>la\u003C/mark> sua famiglia ha dovuto subire.\r\n\r\nAbbiamo parlato questa mattina con Patrizia Moretti, \u003Cmark>la\u003C/mark> mamma di Federico, che sabato a Ferrara ha camminato insieme a Paolo Scaroni, Lucia Uva, Ilaria Cucchi e tante altre persone. Parenti, amici, compagni, coinvolti in casi terribili quanto esemplari in cui lo Stato assolve sempre se stesso, protegge carnefici e torturatori e garantisce l'impunità a chi porta una \u003Cmark>divisa\u003C/mark> e abusa del proprio potere nelle strade, nei commissariati, nelle prigioni, nei CIE.\r\n\r\nPatrizia Moretti pretende che dopo le tante parole di politici e funzionari che ha dovuto ascoltare nel corso di questi lunghi 9 anni di processi e moltissime iniziative per non essere invisibili, seguano i fatti. Insieme ad altri parenti di vittime della violenza di Stato chiede con forza che venga istituito il numero identificativo sulle divise e che anche in Italia si arrivi a legiferare in materia di tortura. Ma una domanda si impone di fronte a questo ultimo capitolo vergognoso, con il reintegro degli agenti che hanno ucciso Federico: di fronte alla brutalità e auto-assoluzione dell'apparato repressivo che rappresentano un problema sistemico, il numero identificativo non rischia di essere un rimedio aggirabile in un contesto di connivenza tra tutti i gradi istituzionali?\r\n\r\nAscolta l'intervista con Patrizia Moretti\r\npatrizia moretti\r\n ",[81,83,85,87,92],{"matched_tokens":82,"snippet":69},[],{"matched_tokens":84,"snippet":70},[],{"matched_tokens":86,"snippet":71},[],{"matched_tokens":88,"snippet":91},[89,77,90],"via","divisa","\u003Cmark>via\u003C/mark> \u003Cmark>la\u003C/mark> \u003Cmark>divisa\u003C/mark>",{"matched_tokens":93,"snippet":73},[],[95,100],{"field":37,"indices":96,"matched_tokens":97,"snippets":99},[17],[98],[89,77,90],[91],{"field":101,"matched_tokens":102,"snippet":78,"value":79},"post_content",[77],1736172819517538300,{"best_field_score":105,"best_field_weight":106,"fields_matched":20,"num_tokens_dropped":49,"score":107,"tokens_matched":17,"typo_prefix_score":49},"3315704398080",13,"1736172819517538410",{"document":109,"highlight":123,"highlights":131,"text_match":137,"text_match_info":138},{"cat_link":110,"category":111,"comment_count":49,"id":112,"is_sticky":49,"permalink":113,"post_author":52,"post_content":114,"post_date":115,"post_excerpt":55,"post_id":112,"post_modified":116,"post_thumbnail":117,"post_thumbnail_html":118,"post_title":119,"post_type":60,"sort_by_date":120,"tag_links":121,"tags":122},[46],[48],"80329","http://radioblackout.org/2023/02/torino-25-febbraio-in-piazza-contro-la-guerra-e-il-militarismo/","“Ad un anno dall’invasione russa dell’Ucraina che ha riportato la guerra nel cuore dell’Europa, ovunque assistiamo ad una crescente corsa al riarmo, all'aumento delle spese militari, con nuovi progetti di basi e installazioni belliche, con una sempre maggior influenza del complesso militare-industriale sulle vite di noi tutti.\r\nGuerre e conflitti insanguinano vaste aree del pianeta in una spirale che sembra non aver fine. Il rischio di una guerra su scala planetaria è una possibilità reale.\r\nOpporsi concretamente è un’urgenza ineludibile.” Questo l’incipit dell’appello per la giornata di lotta alla guerra del prossimo 25 febbraio.\r\nL’appuntamento sarà alle 15 in piazza Castello con interventi, azioni performanti, concerto di Alessio Lega, corteo. .\r\nCe ne ha parlato Alba del Coordinamento contro la guerra e chi la arma\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/02/2023-02-21-alba-manif-antimili-25-feb.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito l’appello integrale:\r\n(…) “La guerra in Ucraina ha nel proprio DNA uno scontro interimperialistico di enorme portata.\r\nIl prezzo di questa guerra lo pagano le popolazioni ucraine martoriate dalle bombe, dal freddo, dalla mancanza di medicine, cibo, riparo.\r\nLo pagano le popolazioni russe, sottoposte ad un embargo di cui sono prime vittime i poveri.\r\nLo pagano oppositori, sabotatori, obiettori e disertori che subiscono pestaggi, processi e carcere.\r\nLo paghiamo noi tutti stretti nella spirale dell'inflazione, tra salari e pensioni da fame e fitti e bollette in costante aumento.\r\nIl governo italiano si è schierato in questa guerra inviando armi, moltiplicando il numero di militari impiegati in ambito NATO nell’est europeo e nel Mar Nero, aumentando la spesa bellica sino a toccare i 104 milioni di euro al giorno.\r\nL’Italia è impegnata in ben 42 missioni militari all’estero, in buona parte in Africa, dove le truppe tricolori fanno la guerra ai migranti e difendono gli interessi di colossi come l’ENI.\r\n\r\nTorino punta tutto sull’industria bellica per il rilancio dell’economia. Un’economia di morte.\r\nLa nostra città è già oggi uno dei maggiori centri dell’industria bellica aerospaziale.\r\nA Torino che sorgerà la Città dell’Aerospazio, un centro di eccellenza per l’industria bellica aerospaziale promosso dal colosso armiero Leonardo e dal Politecnico subalpino. La Città dell’Aerospazio, che sorgerà tra corso Francia e corso Marche, ospiterà un acceleratore d’innovazione nel campo della Difesa, uno dei nove nodi europei del Defence Innovation Accelerator for the North Atlantic (D.I.A.N.A), una struttura della NATO.\r\nIn attesa dell’apertura della Città dell’aerospazio l’acceleratore di innovazione avrà sede alle OGR. In primavera è previsto il lancio dei bandi per aziende e start up che verranno selezionate per dar concretezza ai programmi di innovazione tecnologica della NATO per il 2030.\r\nLa NATO ci investe un miliardo di dollari. Una montagna di soldi che verranno utilizzati per produrre tecnologie sempre più sofisticate, sempre più mortali.\r\nLa cessione da parte di Leonardo di parte degli spazi dell'ex Alenia al Politecnico, rimette in moto anche la Città dell'aerospazio ferma ai blocchi di partenza dal novembre 2021.\r\nLa campagna di informazione e lotta fatta negli ultimi due anni è riuscita a far emergere dall'opacità un progetto che mira a trasformare la nostra città in polo ad alta tecnologia per lo sviluppo dell'industria bellica.\r\nOggi il presidente del Distretto aerospaziale del Piemonte è divenuto ministro della Difesa e preme sull’acceleratore con la complicità attiva del rettore del Politecnico Saracco.\r\nLa Città dell’Aerospazio e l’acceleratore di innovazione della NATO sono sostenute attivamente dal governo della città, da quello della Regione e da Confindustria.\r\nL’industria bellica è il motore di tutte le guerre.\r\n\r\nGiocano la carta del ricatto occupazionale, in una città sempre più povera, dove arrivare a fine mese è sempre più difficile, dove salute, istruzione, trasporti sono sempre più un privilegio per chi può pagare.\r\nI poveri del nostro paese, ogni volta che vanno a fare la spesa, portano a casa sempre meno cibo, abiti, medicine, perché l’aumento dei prezzi dell’energia e dei beni di prima necessità sta rendendo ancora più precarie le vite di noi tutti.\r\nOccorre capovolgere la logica perversa che vede nell’industria bellica il motore che renderà più prospera la nostra città. Un’economia di guerra produce solo altra guerra.\r\nProvate ad immaginare quanto migliori sarebbero le nostre vite se le la ricerca e la produzione venissero usate per la cura invece che per la guerra.\r\n\r\nIn Russia e in Ucraina c’è chi rifiuta la guerra e il militarismo, chi getta la divisa perché non vuole uccidere e non vuole morire per spostare il confine di uno Stato.\r\nMigliaia e migliaia di persone dalla Russia hanno attraversato i confini disobbedendo all’obbligo di andare in guerra, affrontando la via dell’esilio, rischiando anni di carcere.\r\nDal febbraio 2022 in Ucraina le frontiere sono chiuse per tutti gli uomini tra i 18 e i 60 anni. La debole legge sull’obiezione di coscienza in Ucraina è stata sospesa e le 5.000 domande di servizio civile respinte.\r\nIn Russia c’è un esodo che si è intensificato negli ultimi mesi. Dal 28 settembre 2022 anche le frontiere russe sono chiuse per chi non vuole fare la guerra.\r\nMolti altri restano e lottano, nonostante la durissima repressione che colpisce antimilitaristi e pacifisti in entrambi i paesi.\r\nIn Ucraina c’è chi su posizioni non violente, anarchiche o femministe ha scelto di non schierarsi, di non combattere in questa guerra costruendo reti di solidarietà materiale con le vittime dei bombardamenti, con chi ha perso il lavoro o è obbligat* dalle leggi di guerra del governo Zelensky a turni massacranti spesso senza paga.\r\nIn Russia e in Ucraina c’è chi lotta perché le frontiere siano aperte per chi si oppone alla guerra.\r\nNoi facciamo nostra questa lotta contro le frontiere, per l’accoglienza di obiettor*, renitent*, disertor* da entrambi i paesi.\r\n\r\nNoi non ci arruoliamo né con la NATO, né con la Russia. Né con Zelensky né con Putin. Rifiutiamo la retorica patriottica come elemento di legittimazione degli Stati e delle loro pretese espansionistiche. L’antimilitarismo e l’internazionalismo sono stati centrali nelle lotte del movimento dei lavoratori e delle lavoratrici sin dalle sue origini.\r\nLe frontiere sono solo linee sottili su una mappa: un nulla che diventa tragicamente reale quando militari ben armati lo trasformano in barriera invalicabile. Ma sempre c’è chi, anche a rischio della vita, le attraversa. Cancelliamole!\r\nPer opporsi alla guerra non basta l'indignazione, occorre un ampio fronte di lotta.\r\nA due passi dalle nostre case ci sono installazioni militari, poligoni e aeroporti, caserme e industrie di morte. Chiudiamoli!\r\n\r\nNo alla guerra e al militarismo!\r\nSosteniamo chi si oppone alla guerra in Russia e in Ucraina! \r\nApriamo le frontiere ad obiettori e disertori!\r\n\r\nA fianco delle popolazioni ucraine martoriate dalle bombe, dal freddo, dalla mancanza di medicine, cibo, riparo. A fianco delle popolazioni russe sottoposte ad un embargo di cui sono prime vittime i poveri\r\n\r\nNo all’industria bellica\r\nChiudiamo e riconvertiamo le fabbriche d’armi\r\nNo alla Città dell’aerospazio! No alla Nato a Torino\r\n\r\nNo all’invio di armi per la guerra\r\nNo alle missioni militari all’estero\r\n\r\nNo alle spese militari e alla militarizzazione delle nostre città\r\n\r\nDisertiamo la guerra!\r\n\r\nCoordinamento contro la guerra e chi la arma - Torino”","22 Febbraio 2023","2023-02-22 19:34:16","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/02/2023-02-10-manif-antimili-25-feb-color-3-1-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"212\" height=\"300\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/02/2023-02-10-manif-antimili-25-feb-color-3-1-212x300.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/02/2023-02-10-manif-antimili-25-feb-color-3-1-212x300.jpg 212w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/02/2023-02-10-manif-antimili-25-feb-color-3-1-724x1024.jpg 724w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/02/2023-02-10-manif-antimili-25-feb-color-3-1-768x1087.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/02/2023-02-10-manif-antimili-25-feb-color-3-1-1086x1536.jpg 1086w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/02/2023-02-10-manif-antimili-25-feb-color-3-1.jpg 1169w\" sizes=\"auto, (max-width: 212px) 100vw, 212px\" />","Torino 25 febbraio. 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Una fabbrica di morte nel cuore della città, scelta anche dalla NATO per ospitare uno dei nove acceleratori di innovazione del progetto D.I.A.N.A.\r\n\r\nIl futuro di Torino come città delle armi è stato anticipato dal presidente di Confindustria Bonomi sin dallo scorso autunno, quando è stato ufficialmente presentato il progetto di ampliamento dell’industria bellica in città.\r\nIl netto rifiuto di questa prospettiva è stata la linea guida dei tanti interventi che si sono susseguiti.\r\nGrande rilievo anche al recente vertice NATO di Madrid, dove è stata avviata la procedura per l’allargamento dell’Alleanza Atlantica alla Svezia ed alla Finlandia, dopo la caduta del veto della Turchia, che ha chiesto ed ottenuto l’impegno alla consegna di attivisti curdi che hanno lottato per il Confederalismo democratico in Siria e in Turchia.\r\nE non solo. Il vertice ha deciso un ampliamento della presenza di uomini in armi in Europa ai confini con la Russia, aumentando ulteriormente il rischio, già forte, di un’escalation bellica. Il prezzo di queste scelte lo pagheranno i poveracci di ogni dove, che dovranno fare i conti con inflazione, erosione delle tutele, riduzione dei salari e delle spese sociale e favore di un prevedibile ulteriore incremento delle spese militari.\r\nNon poteva mancare un intervento specifico sul ruolo della Turchia che si pone come ponte tra la Russia e il resto della NATO, mentre approfitta della ghiotta occasione per sferrare un ulteriore attacco alle autonomie in Siria del Nord e in Iraq.\r\nLe fanfare della Taurinense in giro per la città per festeggiare con due anni di ritardo il centenario della brigata torinese degli alpini sono state occasione per ricordare il ruolo delle truppe di montagna nelle guerre del passato e del presente dall’invasione della Russia sino alle campagne degli ultimi anni in Iraq, Afganistan e, più di recente, in Lettonia.\r\n\r\nUn altro tema forte è quello della guerra interna, che vede i militari a fianco della polizia nella guerra alla frontiere, che in questi anni ha mietuto decine di migliaia di vittime.\r\nUn gruppetto di suonatori in divisa ha provato ad avvicinarsi ma il rapido intervento degli antimilitaristi ed il rombo dei tamburi della Murga li hanno indotti ad una veloce ritirata.\r\nLa Murga con danze e tamburi ha fatto numerosi interventi di piazza e messo in scena una performance centrata sull’aumento a 104 milioni di euro al giorno della spesa militare.\r\nUn’esplicita denuncia degli orrori della narrazione nazionalista della guerra con un focus sulle guerre tricolori, è stata al centro dell’efficace azione teatrale di Salvatore.\r\nL’assemblea antimilitarista ha proposto “Quello che resta”, un’azione di piazza dove abiti, giocattoli, passeggini, pentole, scarpe sono il segno di quello che è stato, della vita cancellata dalle bombe. Bombe sganciate in ogni dove anche da cacciabombardieri progettati a Torino e costruiti nello stabilimento di Leonardo di Caselle Torinese.\r\n\r\nLa giornata si è conclusa con l’impegno a mettersi di mezzo per impedire la nascita della città delle armi, per fermare l’arrivo a Torino della NATO.\r\nUn impegno concreto contro tutte le guerre, gli eserciti, le frontiere.\r\n\r\nNe abbiamo parlato on Alba dell’assemblea antimilitarista\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/07/2022-07-05-alba-2-luglio-antimili.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito il testo analitico di indizione dell’iniziativa promossa dal Coordinamento contro la guerra e chi la arma:\r\n\r\n“No alla città delle armi! No alla NATO a Torino\r\nContro la guerra e chi la arma\r\nTorino punta tutto sull’industria bellica per il rilancio dell’economia. Un’economia di morte. Torino è già oggi uno dei maggiori centri dell’industria bellica aerospaziale. Sono 350 le aziende grandi e piccole con un fatturato di circa 7 miliardi di euro.\r\nSempre a Torino sta per partire la costruzione della Città dell’Aerospazio, un centro di eccellenza per l’industria bellica aerospaziale promosso dal colosso armiero Leonardo e dal Politecnico subalpino. La Città dell’Aerospazio, che sorgerà tra corso Francia e corso Marche, ospiterà un acceleratore d’innovazione nel campo della Difesa, uno dei nove nodi europei del Defence Innovation Accelerator for the North Atlantic (D.I.A.N.A), una struttura della NATO.\r\nQuesto progetto, partito nel giugno 2021 a Bruxelles, si inserisce nel programmi di innovazione tecnologica della NATO per il 2030. Compito del polo di Torino sarà quello di coordinare e gestire, attraverso bandi e fondi messi a disposizione dai Paesi alleati, la rete delle aziende e degli acceleratori di tecnologia italiani, per metterli a servizio delle necessità dell’Alleanza. In attesa della costruzione della Città dell’aerospazio l’acceleratore di innovazione avrà sede alle OGR.\r\nIn questo progetto la NATO investe un miliardo di dollari. Una montagna di soldi che verranno utilizzati per produrre tecnologie sempre più sofisticate, sempre più mortali.\r\nL’industria bellica è il motore di tutte le guerre. La Città dell’Aerospazio e l’acceleratore di innovazione della NATO sono sostenute attivamente dal governo della città, da quello della Regione e da Confindustria. \r\nGiocano la carta del ricatto occupazionale, in una città sempre più povera, dove arrivare a fine mese è sempre più difficile, dove salute, istruzione, trasporti sono sempre più un privilegio per chi può pagare.\r\nI poveri del nostro paese, ogni volta che vanno a fare la spesa, portano a casa sempre meno cibo, abiti, medicine, perché l’aumento dei prezzi dell’energia e dei beni di prima necessità sta rendendo ancora più precarie le vite di noi tutti.\r\nIn questi mesi di guerra in Ucraina, migliaia di persone sono state uccise, torturate e stuprate, altre hanno perso la casa e preso la via dell’esilio. Il governo italiano ha inviato armi in Ucraina, moltiplicato il numero di militari impiegati ai confini con l’Ucraina e il Mar Nero, aumentato la spesa bellica.\r\nI riflettori sull’Ucraina non devono distoglierci dalle altre 55 guerre che insanguinano il pianeta lontano dai riflettori dei media. \r\nL’Italia è impegnata in ben 40 missioni militari all’estero, di cui 18 in Africa, dove le truppe tricolori fanno la guerra ai migranti e difendono gli interessi di colossi come l’ENI.\r\nProvate ad immaginare quante scuole, ospedali, trasporti pubblici di prossimità si potrebbero finanziare se le la ricerca e la produzione venissero usate per la vita di noi tutti, per la Cura invece che per la guerra.\r\n\r\n\r\nBloccare la nascita di un nuovo polo di ricerca, progettazione e costruzione di ordigni bellici, impedire che la\r\n\r\nNATO abbia una sua base a Torino è un impegno concreto contro la guerra. Contro tutte le guerre.\r\nLe armi che uccidono donne, uomini e bambini in ogni angolo del pianeta sono costruite anche a due passi dalle nostre case, a due passi dal giardinetti dove giocano i nostri bambini e bambine.\r\nPer fermare le guerre non basta un no, non bastano le bandiere arcobaleno: urge mettersi di mezzo per chiudere e riconvertire le industrie di morte, per opporsi all’aumento della spesa militare, per bloccare l’invio di armi sui fronti di guerra. \r\n\r\nOggi ci vorrebbero tutti arruolati nella guerra imperialista tra la Russia e l’Ucraina. Noi non ci stiamo. Noi non ci arruoliamo né con la NATO, né con la Russia. Rifiutiamo la retorica patriottica come elemento di legittimazione degli Stati e delle loro pretese espansionistiche.\r\nSiamo a fianco della gente che muore sotto le bombe in Ucraina, siamo a fianco di chi, in Russia, subisce carcere e repressione per essersi opposto all’invasione dell’Ucraina.\r\nSiamo a fianco dei lavorator* ucraini che una nuova legge obbliga a 12 ore di lavoro al giorno, mentre i padroni possono anche differire i salari. Siamo contro l’economia di guerra qui e ovunque. \r\nSiamo a fianco di chi, in ogni dove, diserta la guerra tra gli stati, che si contendono il dominio imperiale sui territori, le risorse, le vite di donne, uomini e bambin*.\r\nSiamo contro la guerra e chi la arma, a partire dal colosso armiero Leonardo, che fa buoni affari con tutti e sta per costruire a Torino la città dell’aerospazio.\r\nVogliamo un mondo senza frontiere, eserciti, oppressione, sfruttamento e guerra. \r\nCoordinamento contro la guerra e chi la arma”","6 Luglio 2022","2022-07-06 13:16:27","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/07/0000-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/07/0000-300x225.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/07/0000-300x225.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/07/0000-1024x768.jpeg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/07/0000-768x576.jpeg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/07/0000-1536x1152.jpeg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/07/0000.jpeg 2048w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","2 luglio. 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Una fabbrica di morte nel cuore della città, scelta anche dalla NATO per ospitare uno dei nove acceleratori di innovazione del progetto D.I.A.N.A.\r\n\r\nIl futuro di Torino come città delle armi è stato anticipato dal presidente di Confindustria Bonomi sin dallo scorso autunno, quando è stato ufficialmente presentato il progetto di ampliamento dell’industria bellica in città.\r\nIl netto rifiuto di questa prospettiva è stata \u003Cmark>la\u003C/mark> linea guida dei tanti interventi che si sono susseguiti.\r\nGrande rilievo anche al recente vertice NATO di Madrid, dove è stata avviata \u003Cmark>la\u003C/mark> procedura per l’allargamento dell’Alleanza Atlantica alla Svezia ed alla Finlandia, dopo \u003Cmark>la\u003C/mark> caduta del veto della Turchia, che ha chiesto ed ottenuto l’impegno alla consegna di attivisti curdi che hanno lottato per il Confederalismo democratico in Siria e in Turchia.\r\nE non solo. 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Viene celebrata nel giorno della “vittoria” nella prima guerra mondiale, un immane massacro per spostare un confine. I 4 novembre è la festa degli assassini. La divisa e la ragion di stato trasformano chi uccide, occupa, bombarda, in eroe.\r\n\r\nIl 4 novembre a Torino l’assemblea antimilitarista ha organizzato in via Garibaldi angolo via XX settembre dalle ore 17 un presidio. La manifestazione è stata chiamata “presidio dei disertori”.\r\n\r\nIl progetto di legge per la “riabilitazione” dei disertori della grande guerra, che avrebbe dovuto essere approvato in occasione del 4 novembre, nel centenario dell’entrata in guerra dell’Italia contro l’Austria e la Germania, conclusasi con l’annessione allo Stato italiano di alcuni territori austriaci, è rimasto incagliato in parlamento. 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Nel 1918 a Torino, durante una retata in Barriera di Milano, la polizia arrestò 98 tra disertori e renitenti.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Marco Rossi, autore de “Gli ammutinati delle trincee”\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2015-11-03-marcorossi-disertori","3 Novembre 2015","2015-11-05 11:44:59","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/11/2015-10-31-manif-antimili-4-nov.tif_-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"212\" height=\"300\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/11/2015-10-31-manif-antimili-4-nov.tif_-212x300.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/11/2015-10-31-manif-antimili-4-nov.tif_-212x300.jpg 212w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/11/2015-10-31-manif-antimili-4-nov.tif_-768x1086.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/11/2015-10-31-manif-antimili-4-nov.tif_-724x1024.jpg 724w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/11/2015-10-31-manif-antimili-4-nov.tif_.jpg 842w\" sizes=\"auto, (max-width: 212px) 100vw, 212px\" />","4 novembre. 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I 4 novembre è \u003Cmark>la\u003C/mark> festa degli assassini. \u003Cmark>La\u003C/mark> \u003Cmark>divisa\u003C/mark> e \u003Cmark>la\u003C/mark> ragion di stato trasformano chi uccide, occupa, bombarda, in eroe.\r\n\r\nIl 4 novembre a Torino l’assemblea antimilitarista ha organizzato in \u003Cmark>via\u003C/mark> Garibaldi angolo \u003Cmark>via\u003C/mark> XX settembre dalle ore 17 un presidio. \u003Cmark>La\u003C/mark> manifestazione è stata chiamata “presidio dei disertori”.\r\n\r\nIl progetto di legge per \u003Cmark>la\u003C/mark> “riabilitazione” dei disertori della grande guerra, che avrebbe dovuto essere approvato in occasione del 4 novembre, nel centenario dell’entrata in guerra dell’Italia contro l’Austria e \u003Cmark>la\u003C/mark> Germania, conclusasi con l’annessione allo Stato italiano di alcuni territori austriaci, è rimasto incagliato in parlamento. D’altra parte \u003Cmark>la\u003C/mark> definizione di chi era degno di “riabilitazione” e chi no era toccata ad una commissione delle forze armate, che, tra i tanti distinguo, avevano introdotto \u003Cmark>la\u003C/mark> discriminante contro chi avesse commesso omicidi. Esclusi, insuscettibili di ravvedimento postumo, i ribelli che avevano puntato l’arma contro superiori e carabinieri.\r\n\r\nGrazie a recenti studi \u003Cmark>la\u003C/mark> storia dei disertori della grande guerra sta emergendo in tutta \u003Cmark>la\u003C/mark> sua importanza.\r\nUn esempio tra i tanti. Nel 1918 a Torino, durante una retata in Barriera di Milano, \u003Cmark>la\u003C/mark> polizia arrestò 98 tra disertori e renitenti.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Marco Rossi, autore de “Gli ammutinati delle trincee”\r\n\r\nAscolta \u003Cmark>la\u003C/mark> diretta:\r\n\r\n2015-11-03-marcorossi-disertori",{"matched_tokens":243,"snippet":244,"value":244},[239],"4 novembre. \u003Cmark>La\u003C/mark> memoria dei disertori, dei ribelli, dei senzapatria",[246,248],{"field":101,"matched_tokens":247,"snippet":240,"value":241},[77,239,90,77],{"field":135,"matched_tokens":249,"snippet":244,"value":244},[239],{"best_field_score":139,"best_field_weight":140,"fields_matched":20,"num_tokens_dropped":49,"score":141,"tokens_matched":17,"typo_prefix_score":49},{"document":252,"highlight":269,"highlights":273,"text_match":137,"text_match_info":276},{"cat_link":253,"category":254,"comment_count":49,"id":255,"is_sticky":49,"permalink":256,"post_author":52,"post_content":257,"post_date":258,"post_excerpt":55,"post_id":255,"post_modified":259,"post_thumbnail":260,"post_thumbnail_html":261,"post_title":262,"post_type":60,"sort_by_date":263,"tag_links":264,"tags":267},[46],[48],"77922","http://radioblackout.org/2022/11/4-novembre-giornata-dei-disertori/","Venerdì 4 novembre si terranno iniziative antimilitariste di contrasto alla retorica patriottica ed alle cerimonie militari che ogni anno caratterizzano la “festa delle forze armate.\r\nQuest’anno, segnato dall’impegno del governo a fianco del fronte NATO, l’appuntamento acquisisce un’importanza ancora maggiore.\r\nDalle trincee della grande guerra sino alla Russia e all’Ucraina c’è chi rifiuta la guerra e il militarismo, chi getta la divisa perché non vuole uccidere e non vuole morire per difendere gli interessi imperiali di uno stato.\r\nDurante la prima guerra mondiale, su tutti i fronti tanti finirono la loro vita di fronte ad un plotone di esecuzione. Ogni anno il 4 novembre, nell’anniversario della “vittoria”, in Italia si festeggiano le forze armate, si festeggia un immane massacro. \r\nIn memoria dei disertori, dei senzapatria di allora, in solidarietà a chi oggi rifiuta l’arruolamento in Russia come in Ucraina il 4 novembre sarà giornata di lotta per la cancellazione di tutte le frontiere, per l’accoglienza di chi fugge l’arruolamento forzato, per il ritiro delle missioni militari all’estero.\r\n\r\nA Torino l’appuntamento è in via Garibaldi angolo piazza Castello alle 17 per contestare la cerimonia militare in piazza Castello.\r\nNe abbiamo parlato con Federico dell’assemblea antimilitarista\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/2022-11-01-federico-4-nov.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","1 Novembre 2022","2022-11-01 15:03:34","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/2022-10-26-manif-4-nov-verdeblu-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"212\" height=\"300\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/2022-10-26-manif-4-nov-verdeblu-212x300.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/2022-10-26-manif-4-nov-verdeblu-212x300.jpg 212w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/2022-10-26-manif-4-nov-verdeblu-724x1024.jpg 724w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/2022-10-26-manif-4-nov-verdeblu-768x1087.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/2022-10-26-manif-4-nov-verdeblu-1086x1536.jpg 1086w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/2022-10-26-manif-4-nov-verdeblu.jpg 1169w\" sizes=\"auto, (max-width: 212px) 100vw, 212px\" />","4 novembre. 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Tutti gli ingressi alle tante frazioni del paese di Giaglione erano presidiati. I pochi che, durante la notte sono riusciti ad arrivare all’ingresso del paese sono stati bloccati e multati per violazione della disposizioni del DPCM sul Covid 19.\r\nNei giorni successivi si sono susseguite le iniziative per cercare di contrastare la militarizzazione della Valle. Giovedì 10 dicembre un corteo partito dal Bivio dei Passeggeri in direzione Giaglione, dopo un centinaio di metri è stato investito da lacrimogeni e sospinto indietro.\r\nDomenica 13 dicembre, diverse centinaia di persone si sono date appuntamento a Giaglione per un presidio statico con assemblea. Dopo l’assemblea i manifestanti si sono diretti in corteo per la strada delle gorge in direzione del presidio dei Mulini.\r\nL’intera area era pesantemente militarizzata. A metà della sterrata, come ormai consolidata abitudine poliziesca, la via era sbarrata da un cancello presidiato dalle forze dell’ordine.\r\nUna parte dei manifestanti si è fermata lì, tanti altri, più capaci di affrontare le asperità di un percorso nei boschi dove pullulavano gli uomini e le donne in divisa, hanno imboccato i sentieri. Per ore la polizia ha gasato i manifestanti, che hanno resistito per ore tentando, purtroppo invano, di raggiungere i Mulini.\r\nLa lotta non si ferma e si aprono più fronti.\r\nIl sindaci sono stati convocati il 18 dicembre ad una videoconferenza dal Prefetto e presidente dell’Osservatorio sul Tav Palomba, per discutere di compensazioni. I No Tav intendono far pressione sull’Unione dei Comuni, guidata da Pacifico Banchieri, recandosi a villa Ferro durante la conferenza.\r\nDomani a San Didero verrà inaugurato il nuovo presidio No Tav, che sarà punto di riferimento per la lotta contro lo spostamento dell’autoporto da Susa a San Didero per far posto al cantiere Tav.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Franco di Giaglione, da sempre in prima fila nelle lotte.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/2020-12-15-no-tav.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","15 Dicembre 2020","2020-12-15 14:56:58","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/no-tav-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"189\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/no-tav-300x189.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/no-tav-300x189.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/no-tav-1024x645.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/no-tav-768x484.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/no-tav-1536x968.jpg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/no-tav.jpg 2017w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Val Susa. 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Se il suo impegno sociale rimane costante, il suo approccio politico cambia nel corso dei decenni, muovendo da una visione prettamente anarcosindacalista a una visione più pragmatica e gradualista attenta a proporre concrete analisi delle trasformazioni in atto nella società. Le sue riflessioni consentono di ricostruire il percorso intellettuale di uno dei più lucidi pensatori libertari del Novecento, come testimonia la sua acuta analisi del totalitarismo di destra e di sinistra e la sua incisiva critica di una concezione rivoluzionaria incapace di riflettere a fondo sulle ragioni che avevano portato alla sconfitta della Rivoluzione spagnola e alla degenerazione della Rivoluzione russa.\r\nCon David Bernardini abbiamo ripercorso la biografia di Rocker e dell’anarchismo tedesco sino alle soglie della grande guerra.\r\nNella terza di quattro puntate dedicate a Rocker abbiamo percorso gli intensi gli anni della grande guerra, dell’antimilitarismo, della repubblica di Weimar sino alla resistenza al nazismo. La prossima settimana parleremo del dopoguerra.\r\n\r\n4 novembre antimilitarista\r\nIl 4 novembre è la festa delle forze armate. Viene celebrata nel giorno della “vittoria” nella prima guerra mondiale, un immane massacro per spostare un confine.\r\nNella sola Italia i morti furono 600.000.\r\nIl 4 novembre è la festa degli assassini.\r\nLa divisa e la ragion di stato trasformano chi uccide, occupa, bombarda, in eroe.\r\nIl governo Meloni vuole farne un giorno festivo, un'occasione in più per affermare la retorica nazionalista e la violenza militarista cui si ispira l'intera azione dell'esecutivo.\r\nIl governo utilizza la retorica identitaria, i “sacri” confini, l’esaltazione della guerra per giustificare enormi spese militari, l’invio di armi e l’impegno diretto dell’Italia nelle missioni militari all’estero, dall’Ucraina all’Africa.\r\nOvunque in Italia ci saranno iniziative antimilitariste.\r\nNe abbiamo parlato con compagne e compagni da Livorno, Monfalcone, Alessandria, Reggio Emilia, Palermo e, ovviamente, Torino\r\n\r\nContro tutti i nazionalismi! La neolingua dell’esercito per il 4 novembre\r\n\r\nIniziative:\r\n\r\nSabato 4 novembre\r\nNessuna festa per un massacro\r\nManifestazione antimilitarista \r\npresidio itinerante\r\nPrima tappa.\r\nOre 15,30 in via Roma 100 alla sede del distretto aerospaziale del Piemonte, tra i promotori dell'Aerospace and defence meetings, mostra-mercato dell'industria aerospaziale di guerra e del nuovo Polo bellico a Torino.\r\nSeconda tappa.\r\nCi spostiamo in piazza Carlo Alberto\r\nTerza tappa.\r\nConcludiamo l’iniziativa in piazza Castello.\r\nContestiamo la città delle armi! \r\nContestiamo la cerimonia militarista del 4 novembre!\r\n\r\nSabato 18 novembre\r\nDisertiamo la guerra!\r\nOre 14,30 corso Giulio Cesare angolo via Andreis\r\nCorteo Antimilitarista\r\n\r\nDisertiamo la guerra!\r\n- No all'aerospace and defence meetings!\r\n- No all’industria bellica\r\n- No alla Città dell’aerospazio!\r\n- No alla Nato a Torino!\r\n- No alla guerra e all'economia di guerra\r\n- Siamo e saremo ovunque a fianco delle popolazioni vittime delle guerra\r\n- Contro tutti gli imperialismi: né con la Russia né con la NATO.\r\n- Sosteniamo chi si oppone alla guerra in Russia e in Ucraina! Apriamo le frontiere ad obiettori e disertori\r\n- No all’invio di armi!\r\n- Contro la guerra a profughi e migranti in mare e in montagna.\r\n- Distruggiamo le frontiere!\r\n- No alle missioni militari all’estero\r\n- No alle spese militari e alla militarizzazione delle nostre città\r\n- Contestiamo la propaganda militarista, la retorica patriottica, la guerra e chi la a(r)ma\r\n- Contro tutti gli eserciti per un mondo senza frontiere.\r\nAssemblea Antimilitarista\r\n\r\nMartedì 28 novembre\r\nore 12\r\nPresidio all'Oval in via Matté Trucco 70\r\nNo ai mercanti d’armi! 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Proveremo a proporvene qualche scampolo in più, come già abbiamo fatto con Landauer, attraverso \u003Cmark>la\u003C/mark> lente di Rudolph Rocker.\r\nNel corso della sua straordinaria parabola esistenziale, Rudolf Rocker, uno dei maggiori protagonisti dell'anarchismo tedesco e internazionale, ha profuso \u003Cmark>la\u003C/mark> sua attività militante in una molteplicità di contesti sociali e politici, passando dalla Germania di Bismarck alla Londra del movimento operaio yiddish, per approdare infine negli Stati Uniti. Se il suo impegno sociale rimane costante, il suo approccio politico cambia nel corso dei decenni, muovendo da una visione prettamente anarcosindacalista a una visione più pragmatica e gradualista attenta a proporre concrete analisi delle trasformazioni in atto nella società. 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Una multiforme e pulviscolare corrente politica attraversa l’estrema destra, in differenti versioni, ma con una indubbia capacità di riemergere dalle nebbie della storia, mutuando stili e pratiche dalla sinistra, in un tentativo di rincorsa e possibile osmosi.\r\nNe abbiamo parlato con David Bernardini, autore di Nazionalbolscevismo, breve storia del rossobrunismo in Europa\r\n\r\nIdentità erranti. Contro lo stato, la religione, la famiglia\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nVenerdì 14 ottobre ore 21\r\nRossobruni. Anatomia di una destra ambigua\r\nLa storia e il pensiero politico del nazionalbolscevismo dalla prima democrazia tedesca (la Repubblica di Weimar) ai nazimaoisti degli anni Sessanta/ Settanta, dall’ecologismo razzista degli anni Ottanta al nazionalcomunismo teorizzato nel decennio successivo come alternativa al cosiddetto “villaggio globale”.\r\nUna multiforme e pulviscolare corrente politica attraversa l’estrema destra, in differenti versioni, ma con una indubbia capacità di riemergere dalle nebbie della storia, mutuando stili e pratiche dalla sinistra, in un tentativo di rincorsa e possibile osmosi. \r\nA lungo patrimonio pressoché esclusivo di un coacervo ideologico a destra del fascismo, il rossobrunismo è ora uno dei tanti filoni che nutrono quel fenomeno nazionalpopulista che segna l’approccio violento, razzista, misogino, omofobo, nazionalista di tanta parte del nostro panorama politico.\r\nConoscerli è necessario per combatterli meglio. Il ruolo cruciale del nazionalismo. 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Solo sul piccolo fronte nel nord est della penisola ci furono 600.000 morti. \r\nIn memoria dei disertori, dei senzapatria di allora, in solidarietà a chi oggi rifiuta l’arruolamento in Russia come in Ucraina una giornata di lotta per la cancellazione di tutte le frontiere, per l’accoglienza di chi fugge l’arruolamento forzato, per il ritiro delle missioni militari all’estero. \r\n\r\n\r\nContatti:\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46\r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 21\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","13 Ottobre 2022","2022-10-13 16:42:03","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/011-e1665672114544-200x110.jpeg","Anarres del 7 ottobre. Manifesto contro la guerra. Rossobruni. 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Sgomberi, retate, fogli di via e deportazioni\r\nThe president is a Trump. Sessista, razzista, volgare. Un miliardario outsider approda alla Casa Bianca, dopo una campagna elettorale con toni da bar Sport. Ne abbiamo parlato con Lorcon, redattore di Umanità Nova\r\n\r\nCacerolata femminista a San Salvario \r\nReferendum. La Carta e le carte truccate\r\nFuoco al Tricolore! Una settimana contro il militarismo\r\n\r\nPer approfondimenti:\r\nFuoco al Tricolore! Una settimana contro il militarismo\r\nUna bandiera tricolore è stata data alle fiamme di fronte alla polizia in assetto antisommossa e alla polizia politica in gran forze per difendere le forze armate, che, anche quest'anno, erano in piazza Castello per la cerimonia dell'ammainabandiera, che conclude la festa delle forze armate il 4 novembre. \r\nGli antimilitaristi puntuali all'appuntamento, si sono mossi in corteo con striscioni, bici da trasporto con carro armato e Samba Band dalla piazza del Comune fino al blocco di polizia in via Garibaldi, cento metri prima dei soldati in alta uniforme. \r\nUn applauso ha accolto l'azione antipatriottica. \r\nNumerosi gli interventi dal megafono per un'iniziativa di comunicazione e lotta, che, dopo un lungo fronteggiamento e l'intervento dell'automobilina kamicazza, si sono mossi per via Garibaldi, sino a guadagnare piazza Castello, dove i militari avevano chiuso alla svelta il loro rituale bellico. \r\nLa giornata di lotta del 4 novembre era l'ultima di una settimana di iniziative. Sabato 29 ottobre al Balon, un presidio itinerante, con performance contro eserciti e fabbriche d'armi, interventi e musica, aveva aperto le iniziative promosse dall'assemblea antimilitarista. \r\n\r\nIl mercoledì successivo si era svolta un'iniziativa di approfondimento “Bombe, muri e frontiere. Giochi di potenza dal Mediterraneo all’Eufrate. Dal nuovo secolo americano al tutti contro tutti”. La serata, introdotta da Stefano Capello, è stata occasione per capirne di più sugli equilibri geopolitici, in un pianeta sempre più multipolare, ad alleanze variabili, dove prevale la logica terrificante del caos sistemico. \r\n\r\nQui il testo dell’appello per la settimana antimilitarista\r\n\r\n*********\r\nCacerolata femminista a San Salvario \r\n\r\nQui il testo del volantino distribuito in piazza:\r\n\r\nSentieri di libertà\r\nLibertà, uguaglianza, solidarietà. I tre principi che costituiscono la modernità, rompendo con la gerarchia che modellava l’ordine formale del mondo hanno il loro lato oscuro, un’ombra lunga fatta di esclusione, discriminazione, violenza.\r\nTanta parte dell’umanità resta(va) fuori dal loro ombrello protettivo: poveri, donne, omosessuali, bambini. L’universalità di questi principi, formalmente neutra, era modellata sul maschio adulto, benestante, eterosessuale. Il resto era margine. Chi non era pienamente umano non poteva certo aspirare alle libertà degli uomini.\r\nUna libertà soggetta a norma, regolata, imbrigliata, incasellata. La cultura dominante ne determina le possibilità, le leggi dello Stato ne fissano limiti e condizioni.\r\nLe nonne delle ragazze di oggi passavano dalla potestà paterna a quella maritale: le regole del matrimonio le mantenevano minorenni a vita.\r\nLe donne stuprate, sino al 5 settembre del 1981, potevano sottrarsi alla vergogna ed essere riammesse nel consesso sociale, se accettavano di sposare il proprio stupratore. Una violenza più feroce di quella già subita. Se una donna era uccisa per motivi di “onore”, questa era una potente attenuante. Uccidere per punire le donne infedeli era considerato giusto.\r\n\r\nSono passati 34 anni da quando quelle norme vennero cancellate dal codice penale. Poco prima era stato legalizzato il divorzio e depenalizzato l’aborto.\r\nSulla strada della libertà femminile e – con essa – quella di tutt* sono stati fatti tanti passi. Purtroppo non tutti in avanti.\r\n\r\nLe lotte delle donne hanno cancellato tante servitù. Ma ne paghiamo, ogni giorno, il prezzo.\r\n\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione diffusa a riaffermare l’ordine patriarcale. La casa, il “privato”, è il luogo dove si consumano la maggior parte delle violenze e delle uccisioni. Le donne libere vengono picchiate, stuprate e ammazzate per affermare il potere maschile, per riprendere con la forza il controllo sui loro corpi e sulle loro menti.\r\n\r\nLa narrazione prevalente sui media è falsa, perché nasconde la realtà cruda della violenza maschile sulle donne. Non solo. Trasforma le donne in vittime da tutelare, ottenendo l’effetto paradossale ma non tanto, di rinforzare l’opinione che le donne siano intrinsecamente deboli.\r\nLa violenza esplicita è solo la punta dell’iceberg. Il patriarcato, sconfitto ma non in rotta, riemerge in maniere più subdole.\r\n\r\nIl prezzo dell’emancipazione femminile è stato anche l’adeguamento all’universale, che resta saldamente maschile ed eterosessuale. Lo scarto, la differenza femminile, in tutta l’ambiguità di un percorso identitario segnato da una schiavitù anche volontaria, finisce frantumata, dispersa, illeggibile, se non nel ri-adeguamento ad un ruolo di cura, sostitutivo dei servizi negati e cancellati negli anni.\r\nLo spazio della sperimentazione, della messa in gioco dei percorsi identitari, tanto radicati nella cultura, da parere quasi «naturali», spesso si estingue, polverizzato dalle tante cazzutissime donne in divisa, dalle manager in carriera, dalle femministe che inventano le gerarchie femminili per favorire operazioni di lobbing.\r\nLo scarto femminile non è iscritto nella natura ma nemmeno nella cultura, è solo una possibilità, la possibilità che ha sempre chi si libera: cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.\r\nContro la normalizzazione delle nostre identità erranti il femminismo libertario si svincola dalla mera rivendicazione paritaria, per mettere in gioco una scommessa dalla posta molto alta.\r\nMiliardi di percorsi individuali, che attraversano i generi, costituiscono l’unico universale che ci contenga tutt*, quello delle differenze.\r\nVogliamo vivere, solcare le nostre strade, con la forza di chi sta intrecciando una rete robusta, capace di combattere la violenza di chi vuole affermare la dominazione patriarcale.\r\nNon abbiamo bisogno di tutele né di tutori, con o senza divisa. La nostra forza è nella solidarietà e nel mutuo appoggio.\r\nIl percorso di autonomia individuale lo costruiamo nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo.\r\nSiamo qui per spezzare l’ordine. Morale, sociale, economico.\r\nSiamo qui per frantumare la gerarchia, per esserci, ciascun* a proprio modo.\r\n\r\nAnarchiche contro la violenza di genere\r\n\r\nCi trovate ogni giovedì alle 19 presso la FAT in corso Palermo 46\r\n******\r\nReferendum. La Carta e le carte truccate\r\nNemmeno il terremoto può fermare la macchina referendaria: il tormentone che ci affligge da mesi continua imperterrito. Anzi il terremoto può fornire un’ottima occasione per dimostrare il valore di questo governo e del suo leader maximo e ridurre la componente politica sulle scelte dei votanti a vantaggio di quella emozionale.\r\nE’ infatti indubbio che la cassa di risonanza mediatica sul protagonismo di Renzi e soci nell’affrontare la tragicità degli effetti del terremoto sulla vita delle popolazioni colpite avrà un impatto sulla valutazione complessiva del governo; fatto questo non indifferente se consideriamo che dai sondaggi (con tutti i distinguo del caso) risulterebbe che se un terzo dell’elettorato è a conoscenza del significato dei quesiti referendari – e quindi voterebbe a ragion veduta – ben due terzi ne è all’oscuro, o per disinteresse, o per rifiuto cosciente, o per la complessità della materia, e quindi voterebbe – sic et simpliciter – su Renzi ed il suo governo. D’altronde è lo stesso Renzi che ha operato in questa direzione mettendo il suo corpo, il suo futuro direttamente in gioco promettendo la sua uscita dalla scena politica in caso di sconfitta.\r\nCon il dilemma ‘o con me o contro di me’ Renzi porta all’apice il ragionamento su cosa sia il meno peggio proponendosi come l’unico possibile salvatore della patria, l’innovatore in grado di fare ripartire il paese. Un film già visto, con Craxi, Berlusconi, e tanti altri attori consumati e ormai consunti.\r\nLa partita, per Renzi, è impegnativa e va giocata su più fronti. Avere la maggioranza del partito con se e registrare che la maggioranza dei deputati del PD è legata al suo oppositore interno Bersani, non rende il gioco facile; così come vedere tutta l’opposizione istituzionale (e non solo) coalizzata contro di se impone a Renzi di doversi inventare quanto più di fantasmagorico ci sia – mance elettorali comprese - per vincere la singolar tenzone.\r\nEppure i giochi sembravano fatti. Con la ristrutturazione del Senato si vuole portare a maturazione il dibattito che ha attraversato il ceto politico di questo paese per decenni - vedi le proposte di presidenzialismo e di monocameralismo avanzate a più riprese – e che puntava, con accelerazioni più o meno variabili, al rafforzamento dell’esecutivo e alla riduzione dei soggetti politici in gioco.\r\nGli sbarramenti elettorali, i premi di maggioranza, le alchimie sui collegi elettorali, eccetera sono stati gli espedienti messi in campo per ottenere questo risultato: costringere all’accorpamento i partiti più piccoli, favorire il sorgere di due schieramenti più o meno contrapposti, assicurare la governabilità sempre e comunque. La decretazione d’urgenza, l’ingerenza del Presidente della Repubblica, il trasformismo eclatante hanno fatto il resto riducendo il Parlamento a semplice comprimario di scelte operate altrove, nei corridoi animati dai lobbisti di ogni specie, oppure a palcoscenico degli spettacolini di un’opposizione in cerca di visibilità.\r\nE’ un progetto questo che ha molti progenitori, addirittura c’è chi ricorda il ‘Piano per la rinascita nazionale’ del venerabile maestro Licio Gelli, animatore di quella Loggia P2, menzionata recentemente per l’impegno profuso nel combatterla da Tina Anselmi, utilizzata opportunisticamente dal ‘premier’ per il suo spessore democratico sociale.\r\nLa trasformazione del Senato secondo le linee della riforma Boschi, in accoppiata con la legge elettorale recentemente approvata, l’Italicum, concluderebbe il percorso tracciato, snellendo i tempi e le procedure legislative – anche se oggi la quantità delle leggi approvate ha pochi eguali nei paesi a democrazia parlamentare – e conferendo al governo in carica un gigantesco potere d’indirizzo, dopo aver demolito l’autonomia regionale a favore di una ri-centralizzazione statale.\r\nIn un contesto nel quale la partita politica si giocava in due, come era la situazione fino all’irrompere sulla scena di un terzo incomodo, il Movimento 5 stelle, questo rafforzamento era comunque funzionale ad entrambi, in un contesto nel quale le politiche sostanziali poco differiscono le une dalle altre, condizionate come sono dagli scenari internazionali, dalle burocrazie europee, dal controllo della NATO, dalle dinamiche del capitale.\r\nLa presenza del terzo incomodo ha mescolato le carte in tavola; la possibilità che possa vincere le prossime elezioni e prendere nelle proprie mani le leve del governo inquieta fortemente gli assetti tradizionali del potere, preoccupati dalla natura trasversale del movimento, ancora poco noto ai più, se non per la sua massa critica, il suo portato populista e legalista, il suo antieuropeismo. L’irrompere della variabile pentastellata sulla scena, costringe la casta a riformulare i propri assetti, a riconquistare il palcoscenico dello spettacolo politicista riproponendosi come garante degli interessi settoriali del paese. Lo scontro si fa via via più acceso, tra modernizzatori fedeli esecutori degli interessi delle multinazionali e dei grandi gruppi aziendali che chiedono meno burocrazia, tempi certi della giustizia, snellimento generale delle pratiche e dei controlli, e difensori dello status quo, delle rendite di posizione, delle logiche clientelari e familistiche. In un contesto dove populisti euroscettici cercano di coniugare il consenso territoriale costruito sul tema della ‘piccola patria’ con la difesa della ‘razza’ italica a fronte del processo migratorio in corso. Dove si parla e straparla di un ‘patto per la crescita’ tra governo, imprese e sindacato, condizionato da un SI che aprirebbe le porte agli ambiti investimenti internazionali (e conseguentemente alla svendita del patrimonio italico), e contrastato da un NO che vorrebbe la riapertura del mercato ministeriale delle poltrone conseguente alla prevedibile caduta del governo.\r\nLa natura dello scontro tra le varie frazioni della borghesia e della classe dirigente del paese appare sempre più chiaro, solo a volerlo vedere.\r\nNon c’era alcun disaccordo sostanziale quando si è trattato di modificare lacostituzione introducendo, tra i suoi articoli, l’obbligo della parità di bilancio: tanto, male che vada, i suoi costi vengono scaricati sui lavoratori e sulla povera gente.\r\nIl disaccordo sorge quando un settore vuole imporre un’accelerazione nel cambiamento in corso, spostando decisamente l’asse del potere a favore dello schieramento della modernizzazione ipercapitalista e globalizzatrice. Basta vedere chi sono i sostenitori della riforma: Confindustria, la grande finanza, le Banche, la classe dirigente internazionale da Obama alla Merkel, eccetera che con minacce e lusinghe operano sfacciatamente a favore di Renzi, un presidente del consiglio mai eletto, imposto da un presidente della repubblica che ha travalicato ogni suo limite, sanzionato solamente dal successo del suo partito in una elezione ininfluente come quella per il parlamento europeo.\r\nChe bisogno c’è di cambiare la costituzione, quando la costituzione materiale, quella fatta di cose concrete per la vita delle persone – non quella formale, idealizzata, ‘nata’ dalla Resistenza - ha consentito negli anni lo sviluppo di politiche di impoverimento della popolazione, di aggressione militare ad altri paesi, di attacco al mondo del lavoro, di arricchimento indecente per la classi privilegiate, di progressiva liquidazione del sistema di protezione sociale, dalla sanità all’assistenza?\r\nEvidentemente tutto questo non basta. La crescente competizione per l’accaparramento delle risorse, la continua e accelerata necessità di valorizzazione del capitale spingono verso l’amplificazione dei conflitti, sia aperti in forma di guerra sia sotterranei in forma di condizionamenti e ricatti.\r\nQuesto impone alle classi dirigenti, dominanti nello stesso schieramento borghese, di trovare assetti di potere più confacenti alle loro esigenze. Da qui i cambiamenti strutturali in corso, in Italia come altrove, per adeguare la macchina statale alle nuove incombenze.\r\nLa chiamata alle armi per l’affermazione del SI nel prossimo referendumistituzionale non è solo un passo necessario legato alle procedure di modifica costituzionale, ma è anche il tentativo di legare il più possibile al governo il favore popolare, oggi come oggi, particolarmente necessario in vista delle sfide che ci aspettano.\r\nE’ necessario quindi che anche in questa scadenza ci si mobiliti per mostrare la vera portata della partita in gioco, gli scenari e le ricadute che ci si prospetteranno se non si svilupperà una vera opposizione.\r\nVera opposizione, dunque, che significa ripresa del conflitto sociale su larga scala, azione diretta di massa, mobilitazione del mondo del lavoro, riappropriazione e controllo territoriale, rilancio della solidarietà internazionalista, superamento dei confini, pratiche di accoglienza reale dei profughi, antimilitarismo.\r\nAl di fuori di questo quale potrebbe essere un’opposizione in grado di mettere i bastoni tra le ruote dei manovratori? Non certo quella che si muove su un piano formale come quello della difesa della Costituzione nata dalla Resistenza. Al di la della retorica - che in realtà offende il partigianato, soprattutto nella sua componente sovversiva e rivoluzionaria – occorre ricordare che la Costituzione è nata dalla mediazione tra Democratici Cristiani, Comunisti, Socialisti e Liberali i quali ben si guardarono di fissare norme chiare e nette che potessero essere utilizzate dagli uni contro gli altri. Risultato: le più alte aspirazioni contenute nella Carta – che la rendono per alcuni la più bella del mondo – sono sempre risultate disattese, foglie di fico di un potere sempre arrogante e accaparratore. Solo ampi movimenti popolari, espressione di bisogni e volontà collettive, sono riusciti a modificare, nel tempo, gli assetti di potere, le strutture giuridiche e politiche del paese, non certo una mobilitazione di carta giocata sulla Carta.\r\nRicordando le frustrazioni seguite ai referendum vinti sull’onda di mobilitazioni significative e importanti, come quello contro la privatizzazione dell’acqua, o di battaglie di opinione come quello sul finanziamento pubblico ai partiti, ma vanificati dalle furberie della casta, i sinceri oppositori della riforma dovrebbero attenersi ad una visione realistica delle cose.\r\nLa vittoria del NO rappresenterebbe semplicemente un rallentamento dei processi in corso e probabilmente una rimessa in discussione degli equilibri governativi, ma a vantaggio di chi? Qualcuno sosteneva un tempo ‘grande è la confusione sotto il cielo: la situazione è eccellente’. Ma oggi è così? Esiste un movimento reale in grado di essere protagonista nella crisi governativa e di imporre la propria agenda di trasformazione sulle cose che contano: salario, lavoro, casa, salute, scuola, guerra, immigrazione, ambiente, libertà individuali e collettive?\r\nOppure prevarrà la politica politicante, fatta sempre di deleghe, di capetti ambiziosi, di prevaricazioni e di corruttele?\r\nLa partecipazione alla campagna per il NO in realtà continua a rimanere nel solco della politica delegata, della fiducia nei meccanismi della democrazia parlamentare, sperando di rosicchiare margini di manovra all’interno della più generale crisi di sistema.\r\nIl ‘NO Sociale’ non sfugge a questa condizione, anche se le sue parole d’ordine puntano sulla possibilità di sviluppare una stagione di lotta a partire proprio dalla vittoria del NO. Non è la prima volta che si è opera per costruire un fronte di tutte le opposizioni sociali che metta insieme le espressioni più varie della conflittualità sociale, da quelle dell’autorganizzazione a quelle che hanno nelle pratiche delegate la loro sostanza, per farle convergere sul piano di una lotta che di fatto è tutta interna ai meccanismi istituzionali, avendo tra l’altro come ‘cobelligeranti’ le espressioni più becere della destra che ne annacquano la portata. I risultati nel passato si sono visti e credo che si ripeteranno, contribuendo ad un’ulteriore frustrazione complessiva dei soggetti coinvolti, i quali credendo di conseguire un obiettivo significativo in realtà fanno un favore alla nuova casta montante, quella che si ritrova nel Movimento 5 stelle.\r\nQuesto non vuol dire indifferentismo politico; non vuol dire che tutte le forme del potere sono eguali; sappiamo ben distinguere tra democrazia rappresentativa e dittatura; ma una vera battaglia contro le riforme in atto non può oggi assolutamente prescindere dall’assoluta necessità della ripresa del conflitto sociale che non può farsi condizionare da un dibattito che è centrale solo per un ceto politico preoccupato per la propria esistenza. Il contrapporsi tra ‘riforma’ e ‘conservazione’ vuole occultare la realtà delle forme di sfruttamento attuali, per favorire un loro ‘rinnovamento’ in funzione delle esigenze di ristrutturazione e di riorganizzazione dell’apparato statale alle prese con le emergenze dell’attuale sistema geopolitico mondiale.\r\nBisogna scegliere: o porsi a difesa di quel che resta della democrazia parlamentare, individuando in essa una residua barriera all’incalzare dell’autoritarismo montante, o imboccare decisamente la strada della lotta, interna ai corpi sociali con tutte le loro potenzialità e contraddizioni, in funzione di un progetto di società altra, da costruire giorno per giorno, fuori da ogni opportunismo politicista.\r\nA fronte di una politica che fa del parlamento e della governabilità il suo centro di interesse occorre contrapporre un pensiero ed un’azione che abbiano il loro punto di riferimento nella capacità di autoorganizzazione popolare; occorre contrapporre la proposta e la pratica del comunalismo, libertario e federativo, articolato sul territorio, dal semplice al complesso.\r\nSfuggire dai meccanismi della democrazia rappresentativa significa entrare nel concreto della critica del concetto stesso di maggioranza e minoranza, significa rifiutare la riproduzione, pura e semplice, dei rituali parlamentari negli stessi organismi rappresentativi dei lavoratori per dare invece prevalenza all’autoorganizzazione, alla lotta, al libero confronto delle idee.\r\nI rapporti di forza si sono sempre modificati con la lotta diretta e la via politica ha sempre rappresentato il disarmo della conflittualità sociale. Con questa consapevolezza ci tiriamo fuori dai ricatti agitati da quanti, a sinistra, sono alle prese con le pulsioni egemoniche di ceti politici trasformisti ed opportunisti, incapaci di produrre politiche realmente alternative, sul terreno economico, dell’occupazione, della riduzione d’orario, del degrado urbano e ambientale, della sanità, della scuola, ecc.\r\nAstenersi, non cadere nella trappola delle false alternative e del recupero elettorale, rafforzare le armi della critica intransigente, dell’organizzazione, del protagonismo sociale, dell’azione tra le classi sfruttate ed oppresse, vuol dire porre le basi per un’incisiva azione rivoluzionaria che colpisce, nel parlamentarismo, un sistema di governo che impone leggi e tasse, decise da una cerchia ristretta di privilegiati, indipendentemente dalla volontà degli elettori.\r\nAstenersi, per gli anarchici, vuol dire manifestare la volontà di non essere governati, vuol dire non rendersi corresponsabili dello sfruttamento e dell’oppressione, vuol dire volontà di una società di libere associazioni federate.\r\nMassimo Varengo in Umanità Nova\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org","13 Novembre 2016","2018-10-17 22:58:55","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/11/fuoco-al-tricolore-200x110.jpg","Anarres dell’11 novembre. 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Sgomberi, retate, fogli di \u003Cmark>via\u003C/mark> e deportazioni\r\nThe president is a Trump. Sessista, razzista, volgare. Un miliardario outsider approda alla Casa Bianca, dopo una campagna elettorale con toni da bar Sport. Ne abbiamo parlato con Lorcon, redattore di Umanità Nova\r\n\r\nCacerolata femminista a San Salvario \r\nReferendum. \u003Cmark>La\u003C/mark> Carta e le carte truccate\r\nFuoco al Tricolore! Una settimana contro il militarismo\r\n\r\nPer approfondimenti:\r\nFuoco al Tricolore! Una settimana contro il militarismo\r\nUna bandiera tricolore è stata data alle fiamme di fronte alla polizia in assetto antisommossa e alla polizia politica in gran forze per difendere le forze armate, che, anche quest'anno, erano in piazza Castello per \u003Cmark>la\u003C/mark> cerimonia dell'ammainabandiera, che conclude \u003Cmark>la\u003C/mark> festa delle forze armate il 4 novembre. \r\nGli antimilitaristi puntuali all'appuntamento, si sono mossi in corteo con striscioni, bici da trasporto con carro armato e Samba Band dalla piazza del Comune fino al blocco di polizia in \u003Cmark>via\u003C/mark> Garibaldi, cento metri prima dei soldati in alta uniforme. \r\nUn applauso ha accolto l'azione antipatriottica. \r\nNumerosi gli interventi dal megafono per un'iniziativa di comunicazione e lotta, che, dopo un lungo fronteggiamento e l'intervento dell'automobilina kamicazza, si sono mossi per \u003Cmark>via\u003C/mark> Garibaldi, sino a guadagnare piazza Castello, dove i militari avevano chiuso alla svelta il loro rituale bellico. \r\n\u003Cmark>La\u003C/mark> giornata di lotta del 4 novembre era l'ultima di una settimana di iniziative. Sabato 29 ottobre al Balon, un presidio itinerante, con performance contro eserciti e fabbriche d'armi, interventi e musica, aveva aperto le iniziative promosse dall'assemblea antimilitarista. \r\n\r\nIl mercoledì successivo si era svolta un'iniziativa di approfondimento “Bombe, muri e frontiere. Giochi di potenza dal Mediterraneo all’Eufrate. Dal nuovo secolo americano al tutti contro tutti”. \u003Cmark>La\u003C/mark> serata, introdotta da Stefano Capello, è stata occasione per capirne di più sugli equilibri geopolitici, in un pianeta sempre più multipolare, ad alleanze variabili, dove prevale \u003Cmark>la\u003C/mark> logica terrificante del caos sistemico. \r\n\r\nQui il testo dell’appello per \u003Cmark>la\u003C/mark> settimana antimilitarista\r\n\r\n*********\r\nCacerolata femminista a San Salvario \r\n\r\nQui il testo del volantino distribuito in piazza:\r\n\r\nSentieri di libertà\r\nLibertà, uguaglianza, solidarietà. I tre principi che costituiscono \u003Cmark>la\u003C/mark> modernità, rompendo con \u003Cmark>la\u003C/mark> gerarchia che modellava l’ordine formale del mondo hanno il loro lato oscuro, un’ombra lunga fatta di esclusione, discriminazione, violenza.\r\nTanta parte dell’umanità resta(va) fuori dal loro ombrello protettivo: poveri, donne, omosessuali, bambini. L’universalità di questi principi, formalmente neutra, era modellata sul maschio adulto, benestante, eterosessuale. Il resto era margine. Chi non era pienamente umano non poteva certo aspirare alle libertà degli uomini.\r\nUna libertà soggetta a norma, regolata, imbrigliata, incasellata. \u003Cmark>La\u003C/mark> cultura dominante ne determina le possibilità, le leggi dello Stato ne fissano limiti e condizioni.\r\nLe nonne delle ragazze di oggi passavano dalla potestà paterna a quella maritale: le regole del matrimonio le mantenevano minorenni a vita.\r\nLe donne stuprate, sino al 5 settembre del 1981, potevano sottrarsi alla vergogna ed essere riammesse nel consesso sociale, se accettavano di sposare il proprio stupratore. Una violenza più feroce di quella già subita. Se una donna era uccisa per motivi di “onore”, questa era una potente attenuante. Uccidere per punire le donne infedeli era considerato giusto.\r\n\r\nSono passati 34 anni da quando quelle norme vennero cancellate dal codice penale. Poco prima era stato legalizzato il divorzio e depenalizzato l’aborto.\r\nSulla strada della libertà femminile e – con essa – quella di tutt* sono stati fatti tanti passi. Purtroppo non tutti in avanti.\r\n\r\nLe lotte delle donne hanno cancellato tante servitù. Ma ne paghiamo, ogni giorno, il prezzo.\r\n\r\n\u003Cmark>La\u003C/mark> violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno \u003Cmark>la\u003C/mark> tensione diffusa a riaffermare l’ordine patriarcale. \u003Cmark>La\u003C/mark> casa, il “privato”, è il luogo dove si consumano \u003Cmark>la\u003C/mark> maggior parte delle violenze e delle uccisioni. Le donne libere vengono picchiate, stuprate e ammazzate per affermare il potere maschile, per riprendere con \u003Cmark>la\u003C/mark> forza il controllo sui loro corpi e sulle loro menti.\r\n\r\n\u003Cmark>La\u003C/mark> narrazione prevalente sui media è falsa, perché nasconde \u003Cmark>la\u003C/mark> realtà cruda della violenza maschile sulle donne. Non solo. Trasforma le donne in vittime da tutelare, ottenendo l’effetto paradossale ma non tanto, di rinforzare l’opinione che le donne siano intrinsecamente deboli.\r\n\u003Cmark>La\u003C/mark> violenza esplicita è solo \u003Cmark>la\u003C/mark> punta dell’iceberg. Il patriarcato, sconfitto ma non in rotta, riemerge in maniere più subdole.\r\n\r\nIl prezzo dell’emancipazione femminile è stato anche l’adeguamento all’universale, che resta saldamente maschile ed eterosessuale. Lo scarto, \u003Cmark>la\u003C/mark> differenza femminile, in tutta l’ambiguità di un percorso identitario segnato da una schiavitù anche volontaria, finisce frantumata, dispersa, illeggibile, se non nel ri-adeguamento ad un ruolo di cura, sostitutivo dei servizi negati e cancellati negli anni.\r\nLo spazio della sperimentazione, della messa in gioco dei percorsi identitari, tanto radicati nella cultura, da parere quasi «naturali», spesso si estingue, polverizzato dalle tante cazzutissime donne in \u003Cmark>divisa\u003C/mark>, dalle manager in carriera, dalle femministe che inventano le gerarchie femminili per favorire operazioni di lobbing.\r\nLo scarto femminile non è iscritto nella natura ma nemmeno nella cultura, è solo una possibilità, \u003Cmark>la\u003C/mark> possibilità che ha sempre chi si libera: cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.\r\nContro \u003Cmark>la\u003C/mark> normalizzazione delle nostre identità erranti il femminismo libertario si svincola dalla mera rivendicazione paritaria, per mettere in gioco una scommessa dalla posta molto alta.\r\nMiliardi di percorsi individuali, che attraversano i generi, costituiscono l’unico universale che ci contenga tutt*, quello delle differenze.\r\nVogliamo vivere, solcare le nostre strade, con \u003Cmark>la\u003C/mark> forza di chi sta intrecciando una rete robusta, capace di combattere \u003Cmark>la\u003C/mark> violenza di chi vuole affermare \u003Cmark>la\u003C/mark> dominazione patriarcale.\r\nNon abbiamo bisogno di tutele né di tutori, con o senza \u003Cmark>divisa\u003C/mark>. \u003Cmark>La\u003C/mark> nostra forza è nella solidarietà e nel mutuo appoggio.\r\nIl percorso di autonomia individuale lo costruiamo nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo.\r\nSiamo qui per spezzare l’ordine. Morale, sociale, economico.\r\nSiamo qui per frantumare \u003Cmark>la\u003C/mark> gerarchia, per esserci, ciascun* a proprio modo.\r\n\r\nAnarchiche contro \u003Cmark>la\u003C/mark> violenza di genere\r\n\r\nCi trovate ogni giovedì alle 19 presso \u003Cmark>la\u003C/mark> FAT in corso Palermo 46\r\n******\r\nReferendum. \u003Cmark>La\u003C/mark> Carta e le carte truccate\r\nNemmeno il terremoto può fermare \u003Cmark>la\u003C/mark> macchina referendaria: il tormentone che ci affligge da mesi continua imperterrito. Anzi il terremoto può fornire un’ottima occasione per dimostrare il valore di questo governo e del suo leader maximo e ridurre \u003Cmark>la\u003C/mark> componente politica sulle scelte dei votanti a vantaggio di quella emozionale.\r\nE’ infatti indubbio che \u003Cmark>la\u003C/mark> cassa di risonanza mediatica sul protagonismo di Renzi e soci nell’affrontare \u003Cmark>la\u003C/mark> tragicità degli effetti del terremoto sulla vita delle popolazioni colpite avrà un impatto sulla valutazione complessiva del governo; fatto questo non indifferente se consideriamo che dai sondaggi (con tutti i distinguo del caso) risulterebbe che se un terzo dell’elettorato è a conoscenza del significato dei quesiti referendari – e quindi voterebbe a ragion veduta – ben due terzi ne è all’oscuro, o per disinteresse, o per rifiuto cosciente, o per \u003Cmark>la\u003C/mark> complessità della materia, e quindi voterebbe – sic et simpliciter – su Renzi ed il suo governo. D’altronde è lo stesso Renzi che ha operato in questa direzione mettendo il suo corpo, il suo futuro direttamente in gioco promettendo \u003Cmark>la\u003C/mark> sua uscita dalla scena politica in caso di sconfitta.\r\nCon il dilemma ‘o con me o contro di me’ Renzi porta all’apice il ragionamento su cosa sia il meno peggio proponendosi come l’unico possibile salvatore della patria, l’innovatore in grado di fare ripartire il paese. Un film già visto, con Craxi, Berlusconi, e tanti altri attori consumati e ormai consunti.\r\n\u003Cmark>La\u003C/mark> partita, per Renzi, è impegnativa e va giocata su più fronti. Avere \u003Cmark>la\u003C/mark> maggioranza del partito con se e registrare che \u003Cmark>la\u003C/mark> maggioranza dei deputati del PD è legata al suo oppositore interno Bersani, non rende il gioco facile; così come vedere tutta l’opposizione istituzionale (e non solo) coalizzata contro di se impone a Renzi di doversi inventare quanto più di fantasmagorico ci sia – mance elettorali comprese - per vincere \u003Cmark>la\u003C/mark> singolar tenzone.\r\nEppure i giochi sembravano fatti. Con \u003Cmark>la\u003C/mark> ristrutturazione del Senato si vuole portare a maturazione il dibattito che ha attraversato il ceto politico di questo paese per decenni - vedi le proposte di presidenzialismo e di monocameralismo avanzate a più riprese – e che puntava, con accelerazioni più o meno variabili, al rafforzamento dell’esecutivo e alla riduzione dei soggetti politici in gioco.\r\nGli sbarramenti elettorali, i premi di maggioranza, le alchimie sui collegi elettorali, eccetera sono stati gli espedienti messi in campo per ottenere questo risultato: costringere all’accorpamento i partiti più piccoli, favorire il sorgere di due schieramenti più o meno contrapposti, assicurare \u003Cmark>la\u003C/mark> governabilità sempre e comunque. La decretazione d’urgenza, l’ingerenza del Presidente della Repubblica, il trasformismo eclatante hanno fatto il resto riducendo il Parlamento a semplice comprimario di scelte operate altrove, nei corridoi animati dai lobbisti di ogni specie, oppure a palcoscenico degli spettacolini di un’opposizione in cerca di visibilità.\r\nE’ un progetto questo che ha molti progenitori, addirittura c’è chi ricorda il ‘Piano per \u003Cmark>la\u003C/mark> rinascita nazionale’ del venerabile maestro Licio Gelli, animatore di quella Loggia P2, menzionata recentemente per l’impegno profuso nel combatterla da Tina Anselmi, utilizzata opportunisticamente dal ‘premier’ per il suo spessore democratico sociale.\r\n\u003Cmark>La\u003C/mark> trasformazione del Senato secondo le linee della riforma Boschi, in accoppiata con \u003Cmark>la\u003C/mark> legge elettorale recentemente approvata, l’Italicum, concluderebbe il percorso tracciato, snellendo i tempi e le procedure legislative – anche se oggi \u003Cmark>la\u003C/mark> quantità delle leggi approvate ha pochi eguali nei paesi a democrazia parlamentare – e conferendo al governo in carica un gigantesco potere d’indirizzo, dopo aver demolito l’autonomia regionale a favore di una ri-centralizzazione statale.\r\nIn un contesto nel quale \u003Cmark>la\u003C/mark> partita politica si giocava in due, come era \u003Cmark>la\u003C/mark> situazione fino all’irrompere sulla scena di un terzo incomodo, il Movimento 5 stelle, questo rafforzamento era comunque funzionale ad entrambi, in un contesto nel quale le politiche sostanziali poco differiscono le une dalle altre, condizionate come sono dagli scenari internazionali, dalle burocrazie europee, dal controllo della NATO, dalle dinamiche del capitale.\r\n\u003Cmark>La\u003C/mark> presenza del terzo incomodo ha mescolato le carte in tavola; la possibilità che possa vincere le prossime elezioni e prendere nelle proprie mani le leve del governo inquieta fortemente gli assetti tradizionali del potere, preoccupati dalla natura trasversale del movimento, ancora poco noto ai più, se non per \u003Cmark>la\u003C/mark> sua massa critica, il suo portato populista e legalista, il suo antieuropeismo. L’irrompere della variabile pentastellata sulla scena, costringe \u003Cmark>la\u003C/mark> casta a riformulare i propri assetti, a riconquistare il palcoscenico dello spettacolo politicista riproponendosi come garante degli interessi settoriali del paese. Lo scontro si fa \u003Cmark>via\u003C/mark> \u003Cmark>via\u003C/mark> più acceso, tra modernizzatori fedeli esecutori degli interessi delle multinazionali e dei grandi gruppi aziendali che chiedono meno burocrazia, tempi certi della giustizia, snellimento generale delle pratiche e dei controlli, e difensori dello status quo, delle rendite di posizione, delle logiche clientelari e familistiche. In un contesto dove populisti euroscettici cercano di coniugare il consenso territoriale costruito sul tema della ‘piccola patria’ con la difesa della ‘razza’ italica a fronte del processo migratorio in corso. Dove si parla e straparla di un ‘patto per \u003Cmark>la\u003C/mark> crescita’ tra governo, imprese e sindacato, condizionato da un SI che aprirebbe le porte agli ambiti investimenti internazionali (e conseguentemente alla svendita del patrimonio italico), e contrastato da un NO che vorrebbe \u003Cmark>la\u003C/mark> riapertura del mercato ministeriale delle poltrone conseguente alla prevedibile caduta del governo.\r\n\u003Cmark>La\u003C/mark> natura dello scontro tra le varie frazioni della borghesia e della classe dirigente del paese appare sempre più chiaro, solo a volerlo vedere.\r\nNon c’era alcun disaccordo sostanziale quando si è trattato di modificare lacostituzione introducendo, tra i suoi articoli, l’obbligo della parità di bilancio: tanto, male che vada, i suoi costi vengono scaricati sui lavoratori e sulla povera gente.\r\nIl disaccordo sorge quando un settore vuole imporre un’accelerazione nel cambiamento in corso, spostando decisamente l’asse del potere a favore dello schieramento della modernizzazione ipercapitalista e globalizzatrice. Basta vedere chi sono i sostenitori della riforma: Confindustria, la grande finanza, le Banche, la classe dirigente internazionale da Obama alla Merkel, eccetera che con minacce e lusinghe operano sfacciatamente a favore di Renzi, un presidente del consiglio mai eletto, imposto da un presidente della repubblica che ha travalicato ogni suo limite, sanzionato solamente dal successo del suo partito in una elezione ininfluente come quella per il parlamento europeo.\r\nChe bisogno c’è di cambiare \u003Cmark>la\u003C/mark> costituzione, quando \u003Cmark>la\u003C/mark> costituzione materiale, quella fatta di cose concrete per \u003Cmark>la\u003C/mark> vita delle persone – non quella formale, idealizzata, ‘nata’ dalla Resistenza - ha consentito negli anni lo sviluppo di politiche di impoverimento della popolazione, di aggressione militare ad altri paesi, di attacco al mondo del lavoro, di arricchimento indecente per \u003Cmark>la\u003C/mark> classi privilegiate, di progressiva liquidazione del sistema di protezione sociale, dalla sanità all’assistenza?\r\nEvidentemente tutto questo non basta. La crescente competizione per l’accaparramento delle risorse, la continua e accelerata necessità di valorizzazione del capitale spingono verso l’amplificazione dei conflitti, sia aperti in forma di guerra sia sotterranei in forma di condizionamenti e ricatti.\r\nQuesto impone alle classi dirigenti, dominanti nello stesso schieramento borghese, di trovare assetti di potere più confacenti alle loro esigenze. Da qui i cambiamenti strutturali in corso, in Italia come altrove, per adeguare \u003Cmark>la\u003C/mark> macchina statale alle nuove incombenze.\r\n\u003Cmark>La\u003C/mark> chiamata alle armi per l’affermazione del SI nel prossimo referendumistituzionale non è solo un passo necessario legato alle procedure di modifica costituzionale, ma è anche il tentativo di legare il più possibile al governo il favore popolare, oggi come oggi, particolarmente necessario in vista delle sfide che ci aspettano.\r\nE’ necessario quindi che anche in questa scadenza ci si mobiliti per mostrare \u003Cmark>la\u003C/mark> vera portata della partita in gioco, gli scenari e le ricadute che ci si prospetteranno se non si svilupperà una vera opposizione.\r\nVera opposizione, dunque, che significa ripresa del conflitto sociale su larga scala, azione diretta di massa, mobilitazione del mondo del lavoro, riappropriazione e controllo territoriale, rilancio della solidarietà internazionalista, superamento dei confini, pratiche di accoglienza reale dei profughi, antimilitarismo.\r\nAl di fuori di questo quale potrebbe essere un’opposizione in grado di mettere i bastoni tra le ruote dei manovratori? Non certo quella che si muove su un piano formale come quello della difesa della Costituzione nata dalla Resistenza. Al di \u003Cmark>la\u003C/mark> della retorica - che in realtà offende il partigianato, soprattutto nella sua componente sovversiva e rivoluzionaria – occorre ricordare che \u003Cmark>la\u003C/mark> Costituzione è nata dalla mediazione tra Democratici Cristiani, Comunisti, Socialisti e Liberali i quali ben si guardarono di fissare norme chiare e nette che potessero essere utilizzate dagli uni contro gli altri. Risultato: le più alte aspirazioni contenute nella Carta – che \u003Cmark>la\u003C/mark> rendono per alcuni \u003Cmark>la\u003C/mark> più bella del mondo – sono sempre risultate disattese, foglie di fico di un potere sempre arrogante e accaparratore. Solo ampi movimenti popolari, espressione di bisogni e volontà collettive, sono riusciti a modificare, nel tempo, gli assetti di potere, le strutture giuridiche e politiche del paese, non certo una mobilitazione di carta giocata sulla Carta.\r\nRicordando le frustrazioni seguite ai referendum vinti sull’onda di mobilitazioni significative e importanti, come quello contro \u003Cmark>la\u003C/mark> privatizzazione dell’acqua, o di battaglie di opinione come quello sul finanziamento pubblico ai partiti, ma vanificati dalle furberie della casta, i sinceri oppositori della riforma dovrebbero attenersi ad una visione realistica delle cose.\r\n\u003Cmark>La\u003C/mark> vittoria del NO rappresenterebbe semplicemente un rallentamento dei processi in corso e probabilmente una rimessa in discussione degli equilibri governativi, ma a vantaggio di chi? Qualcuno sosteneva un tempo ‘grande è \u003Cmark>la\u003C/mark> confusione sotto il cielo: la situazione è eccellente’. Ma oggi è così? Esiste un movimento reale in grado di essere protagonista nella crisi governativa e di imporre \u003Cmark>la\u003C/mark> propria agenda di trasformazione sulle cose che contano: salario, lavoro, casa, salute, scuola, guerra, immigrazione, ambiente, libertà individuali e collettive?\r\nOppure prevarrà \u003Cmark>la\u003C/mark> politica politicante, fatta sempre di deleghe, di capetti ambiziosi, di prevaricazioni e di corruttele?\r\n\u003Cmark>La\u003C/mark> partecipazione alla campagna per il NO in realtà continua a rimanere nel solco della politica delegata, della fiducia nei meccanismi della democrazia parlamentare, sperando di rosicchiare margini di manovra all’interno della più generale crisi di sistema.\r\nIl ‘NO Sociale’ non sfugge a questa condizione, anche se le sue parole d’ordine puntano sulla possibilità di sviluppare una stagione di lotta a partire proprio dalla vittoria del NO. Non è \u003Cmark>la\u003C/mark> prima volta che si è opera per costruire un fronte di tutte le opposizioni sociali che metta insieme le espressioni più varie della conflittualità sociale, da quelle dell’autorganizzazione a quelle che hanno nelle pratiche delegate \u003Cmark>la\u003C/mark> loro sostanza, per farle convergere sul piano di una lotta che di fatto è tutta interna ai meccanismi istituzionali, avendo tra l’altro come ‘cobelligeranti’ le espressioni più becere della destra che ne annacquano \u003Cmark>la\u003C/mark> portata. I risultati nel passato si sono visti e credo che si ripeteranno, contribuendo ad un’ulteriore frustrazione complessiva dei soggetti coinvolti, i quali credendo di conseguire un obiettivo significativo in realtà fanno un favore alla nuova casta montante, quella che si ritrova nel Movimento 5 stelle.\r\nQuesto non vuol dire indifferentismo politico; non vuol dire che tutte le forme del potere sono eguali; sappiamo ben distinguere tra democrazia rappresentativa e dittatura; ma una vera battaglia contro le riforme in atto non può oggi assolutamente prescindere dall’assoluta necessità della ripresa del conflitto sociale che non può farsi condizionare da un dibattito che è centrale solo per un ceto politico preoccupato per \u003Cmark>la\u003C/mark> propria esistenza. Il contrapporsi tra ‘riforma’ e ‘conservazione’ vuole occultare \u003Cmark>la\u003C/mark> realtà delle forme di sfruttamento attuali, per favorire un loro ‘rinnovamento’ in funzione delle esigenze di ristrutturazione e di riorganizzazione dell’apparato statale alle prese con le emergenze dell’attuale sistema geopolitico mondiale.\r\nBisogna scegliere: o porsi a difesa di quel che resta della democrazia parlamentare, individuando in essa una residua barriera all’incalzare dell’autoritarismo montante, o imboccare decisamente \u003Cmark>la\u003C/mark> strada della lotta, interna ai corpi sociali con tutte le loro potenzialità e contraddizioni, in funzione di un progetto di società altra, da costruire giorno per giorno, fuori da ogni opportunismo politicista.\r\nA fronte di una politica che fa del parlamento e della governabilità il suo centro di interesse occorre contrapporre un pensiero ed un’azione che abbiano il loro punto di riferimento nella capacità di autoorganizzazione popolare; occorre contrapporre \u003Cmark>la\u003C/mark> proposta e \u003Cmark>la\u003C/mark> pratica del comunalismo, libertario e federativo, articolato sul territorio, dal semplice al complesso.\r\nSfuggire dai meccanismi della democrazia rappresentativa significa entrare nel concreto della critica del concetto stesso di maggioranza e minoranza, significa rifiutare \u003Cmark>la\u003C/mark> riproduzione, pura e semplice, dei rituali parlamentari negli stessi organismi rappresentativi dei lavoratori per dare invece prevalenza all’autoorganizzazione, alla lotta, al libero confronto delle idee.\r\nI rapporti di forza si sono sempre modificati con \u003Cmark>la\u003C/mark> lotta diretta e \u003Cmark>la\u003C/mark> \u003Cmark>via\u003C/mark> politica ha sempre rappresentato il disarmo della conflittualità sociale. Con questa consapevolezza ci tiriamo fuori dai ricatti agitati da quanti, a sinistra, sono alle prese con le pulsioni egemoniche di ceti politici trasformisti ed opportunisti, incapaci di produrre politiche realmente alternative, sul terreno economico, dell’occupazione, della riduzione d’orario, del degrado urbano e ambientale, della sanità, della scuola, ecc.\r\nAstenersi, non cadere nella trappola delle false alternative e del recupero elettorale, rafforzare le armi della critica intransigente, dell’organizzazione, del protagonismo sociale, dell’azione tra le classi sfruttate ed oppresse, vuol dire porre le basi per un’incisiva azione rivoluzionaria che colpisce, nel parlamentarismo, un sistema di governo che impone leggi e tasse, decise da una cerchia ristretta di privilegiati, indipendentemente dalla volontà degli elettori.\r\nAstenersi, per gli anarchici, vuol dire manifestare \u003Cmark>la\u003C/mark> volontà di non essere governati, vuol dire non rendersi corresponsabili dello sfruttamento e dell’oppressione, vuol dire volontà di una società di libere associazioni federate.\r\nMassimo Varengo in Umanità Nova\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org",{"matched_tokens":463,"snippet":464,"value":464},[77],"Anarres dell’11 novembre. 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Un'occasione per ragionare sul monopolio statale della violenza, sul legame tra apparato repressivo, magistratura e media mainstream, sulla violenza legittimata dalle istituzioni come forma di controllo sociale e dispositivo di \"contenimento\", marginalizzazione e repressione non solo delle lotte sociali e politiche ma anche di tutti quei comportamenti ritenuti antisociali, disturbanti, non normabili, in qualche modo eccedenti rispetto ad una norma sociale sempre più rigida e aggressiva.\r\n\r\nQui di seguito gli appuntamenti all'interno del palinsesto di Blackout di questo percorso radiofonico, a cui strada facendo aggiungeremo i podcast realizzati dalle varie trasmissioni. Buon ascolto!\r\n\r\nVENERDì 30 MAGGIO: presentazione della due giorni valsusina a cura della Redazione. Ai microfoni Pat, attivista NoTav\r\n\r\npat_valle_3005014\r\n\r\nLUNEDì 2 GIUGNO: BELLO COME UNA PRIGIONE CHE BRUCIA (h10.45-12.45)\r\n\r\nLa storia di Malika. Era il 2004 quando a Firenze una donna di origine marocchine veniva sfrattata dal suo appartamento. Un solerte ufficiale giudiziario, ammaestrato ad anteporre la passione per la proprietà ad ogni altro sentimento, richiedeva un TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) nei confronti di una donna incinta, comprensibilmente arrabbiata, ridotta a corpo da sedare e rimuovere. Arriva un’ambulanza e, nonostante la donna mostri un certificato medico che le prescrive riposo per il rischio di\r\naborto, viene bloccata in un angolo da cinque uomini, gettata sul letto e, una volta immobilizzata, le vengono praticate due iniezioni. Quell'intervento a base di coercizione e antipsicotici procurò danni cerebrali irreversibili alla figlia che Malika portava in grembo. A distanza di 9 anni, nonostante la connivenza tra i diversi ingranaggi istituzionali e giuridici impegnati a tutelarsi vicendevolmente e a silenziarla, tra cartelle cliniche contraffatte e querele per calunnia, Malika non si arrende e continua a lottare.\r\n\r\nprima parte: la storia di malika_primaparte\r\n\r\nseconda parte: la storia di malika_secondparte\r\n\r\nVENERDì 6 GIUGNO: 19.59 (h13-15)\r\n\r\nPuntata dedicata agli omicidi di Giorgiana Masi e di Walter Rossi, con un approfondimento sulla Legge Reale.\r\n\r\ngiorgiana e walter\r\n\r\nlegge reale\r\n\r\nDOMENICA 8 GIUGNO: INTERFERENZE (h16-17)\r\n\r\nPartiremo dal caso di Marta di quest'estate in Valle per ragionare sulla rappresentazione mediatica che viene data della violenza (in particolare di quella sulle donne), allargando poi lo sguardo a una serie di esperienza di lotta che rifuggano dalle invocazioni securitarie provando invece a costruire un discorso diverso (ad esempio le slut walk e le passeggiate contro la violenza che stanno organizzando in questi mesi le cagne sciolte a roma). Una delle voci di donne che abbiamo intervistato come contributo alla riflessione è Simona De Simoni, con cui abbiamo parlato del cosiddetto decreto 93 formulato e poi approvato nell'agosto 2013. Il decreto, tristemente famoso come “decreto femminicidio”, è un caso paradigmatico di pinkwashing ovvero dell'utilizzo di tematiche di genere con finalità politiche strumentali. In questo caso specifico si utilizza la presunta retorica di difesa delle donne con finalità politiche strumentali volte alla criminalizzazione dei movimenti sociali, in particolare del movimento NO TAV. Durante l'intervista si problematizza, inoltre, il ruolo quantomai problematico e ambiguo di uno Stato che vorrebbe professarsi come garante della sicurezza delle donne. Si replica DOMENICA 15 GIUGNO - stessa ora.\r\n\r\naudio intereferenze \r\n\r\nLUNEDì 9 GIUGNO: BELLO COME UNA PRIGIONE CHE BRUCIA (h10.45-12.45)\r\n\r\nLa morte di Alberico di Noia. Il 14 gennaio 2014, Alberico Di Noia 38 anni, è stato trovato impiccato nel carcere di Lucera (Foggia). Alberico attendeva il trasferimento in un altra struttura e si trovava in cella di isolamento (definita di osservazione) per una lite verbale con una guardia che gli aveva impedito di donare una caramella al figlio, venuto con la moglie l colloquio. Quando il corpo è stato trovato senza vita era vestito e pronto per la partenza che sarebbe dovuta avvenire in poche ore. Anche in questo caso, come in molti analoghi, i familiari si sono scontrati con la resistenza della direzione carceraria nel mostrare il corpo: inizialmente il decesso era stato addirittura etichettato come \"arresto cardiaco\", per evitare l'apertura d'ufficio di un'inchiesta per \"suicidio\". I parenti sono stati avvertiti solo 24 ore dopo la morte di Alberico e un compagno di cella lo descrive come una persona per niente depressa, mentre racconta dei pestaggi subiti per aver dato del \"pezzo di merda\" a una guardia. Di questa storia di carcere assassino parleremo con l'avvocato che sta affiancando la famiglia Di Noia nella loro lotta affinché lo Stato ammetta le proprie responsabilità.\r\n\r\nprima parte: dinoia_primaparte\r\n\r\nseconda parte: dinoia_secondaparte\r\n\r\nLUNEDì 9 GIUGNO: IL COLPO DELLA STREGA (h18.30-20)\r\n\r\nUn'approfondimento sulla violenza in divisa agita contro le donne. Violenza maschile che assume un elemento di caratterizzazione ulteriore quando indossa la divisa e incarna l'arroganza criminale legittimata dallo stato. Non si tratta soltanto del rapporto uomo/donna attraverso l'esercizio di un potere che la divisa amplifica. Questo potere si rafforza infatti in ogni contesto di subordinazione o di fragilità, pensiamo alla relazione con un datore di lavoro che ci pone in una posizione di estrema ricattabilità. La divisa dunque non è solo fattore di amplificazione, ma rappresenta le istituzioni e l'esercizio di potere e di controllo sociale sui corpi delle donne. Racconteremo tante storie di donne, analizzeremo le leggi paternalistiche di uno stato che ci vittimizza e oggettivizza in nome di discorsi securitari che non ci appartengono e ci indeboliscono, attraverseremo il discorso sulla violenza in divisa da un punto di vista femminista e anticapitalista per ritrovare nuova capacità di autodeterminazione e autodifesa collettiva.\r\n\r\nDallo stupro come arma di guerra alle violenze nei Cie. Dalle violenze sessuali dei militari nei territori militarizzati (Vicenza, L'Aquila) alla rappresentazione mediatica del buon poliziotto che ci propinano le fiction tv. Non si tratta di mele marce ma di una prassi consolidata! In ogni caso, lo stato si autoassolve ribadendo l’immunità e l’impunità delle istituzioni in divisa ogniqualvolta queste agiscano violenza, immunità ed impunità che fanno parte dell’insieme dei privilegi che i “tutori dell’ordine” hanno come contropartita dei loro servigi.\r\n\r\nprima parte: il colpo della strega_primaparte\r\n\r\nseconda parte: il colpo della strega_secondaparte\r\n\r\nMARTEDì 10 GIUGNO: REDAZIONALE (h9.15-10.45)\r\n\r\nCaso Uva. Per il procuratore Isnardi non è omicidio. Chi riponeva speranze nella decisione del Procuratore di Varese di avocare a sé il procedimento sulla morte di Giuseppe Uva rimarrà probabilmente molto deluso. La Procura di Varese ha infatti chiesto il proscioglimento dall’accusa di omicidio preterintenzionale e altri reati dei carabinieri e dei poliziotti imputati per la morte di Giuseppe Uva, l’artigiano di 43 anni morto nel giugno 2008. Grande sorpresa da parte del legale dei familiari della vittima. “E’ una cosa inaspettata. Non se lo aspettavano – ha ribadito l’avvocato – neanche gli imputati”. Uva morì nel giugno di sei anni fa, dopo essere stato portato in caserma dai carabinieri. La sorella di lui, Lucia, che è stata presente a tutte le udienze del processo, è apparsa visibilmente scossa dalla decisione e non ha voluto rilasciare dichiarazioni.\r\n\r\nSull’argomento abbiamo sentito l’avvocato Anselmo, legale della famiglia Uva\r\n\r\navvocato_Uva\r\n\r\nGIOVEDì 12 GIUGNO: RADIO BORROKA (h10.45-12.45)\r\n\r\nLa violenza di Stato, nei Paesi Baschi, significa la violenza di uno stato autoritario e oppressore, che da secoli ha cercato di assimilare, rendere docile e ubbidiente un popolo, quello basco, che da sempre rivendica il proprio diritto all'autodeterminazione. La violenza di Stato, quello spagnolo in particolar modo, sempre con la complicità di quello francese, altro stato che rinchiude nelle proprie frontiere il popolo e la cultura basca, e il benestare degli altri stati europei e capitalisti, si è perpetrata negli anni nelle forme tanto classiche quanto brutali degli stati occupanti. \r\n\r\n\r\nFra queste, sicuramente, la più odiosa e vigliacca, è sicuramente la tortura, con il quale tante e tanti baschi hanno dovuto sopportare nei penitenziari e nelle celle di sicurezza della guardia civil. Nella nostra trasmissione, che da qualche anno ormai sulle libere frequenze di Radio BlackOut da voce alla lotta dei popoli in lotta per l'autodeterminazione e il diritto a vivere una terra che sia libera dall'oppressione e del profitto, all'interno del percorso radiofonico contro le violenze di Stato, vi racconteremo le storie di alcune giovani donne militante della sinistra indipendentista basca, che la violenza di stato e la violenza machista l'hanno toccata con mano, e che con forza e dignità denunciano e combattono, giorno dopo giorno, per le strade della loro Euskal Herria.\r\n\r\nVENERDì 13 GIUGNO: ANARRES (h10.45-12.45)\r\n\r\nLa normalità del male. Qualche volta, grazie alla tenacia di una madre, di un padre, di una sorella, di amici e compagni capita che il sudario che avvolge le morti di Stato venga strappato, mostrando nella sua crudezza la violenza incisa sui corpi di persone vive e sane prime di cadere nelle mani di poliziotti, carabinieri, psichiatri, militari.\r\nI corpi straziati esposti alla luce impietosa degli obitori, sezionati dalle autopsie, escono dall’ombra, per raccontarci storie tutte diverse e tutte uguali. Storie che a volte agguantano i media, bucano la fitta coltre di nubi che copre la violenza degli uomini e delle donne in divisa, in camice bianco, tra siringhe, botte, manganelli.\r\nMa restano sempre un poco false, perché la retorica delle mele marce nel cesto di quelle sane, dell’eccezione ignobile ma rara, della democrazia che sa curare se stessa, violano una verità che nessun media main stream racconta mai.\r\nI corpi straziati di Federico, Francesco, Giuseppe, Carlo… sono la testimonianza di una normalità che ammette rare eccezioni.\r\nLa normalità quotidiana della violenza di Stato, della violenza degli uomini e donne dello Stato sulle strade e nelle caserme, nei repartini e nelle carceri, nei CIE e nei luoghi dove alzare la testa è sovversione.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Robertino Barbieri.\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2014 06 13 robertino violenza di stato\r\n\r\n\r\nMARTEDì 17 GIUGNO: REDAZIONALE (h9.15-10.45)\r\n\r\nLa violenza dell'esilio. Il fenomeno, come fenomeno collettivo ovviamente, comincia nell’80, quando sbarcano in Francia i reduci di Prima Linea in tremenda rotta davanti ai numerosi arresti, ma la loro sorte non è delle più favorevoli. Quelli che vengono presi sono estradati rapidamente. Gli altri intanto, che continuano ad aumentare in modo esponenziale, cercano allora altri paesi, perlopiù America latina, qualche paese africano, Brasile. Alcuni si muovono secondo le aree di appartenenza, è il caso dei compagni di Rosso, altri individualmente o per piccoli gruppi.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nA seguito della elezione di François Mitterrand abbiamo un'impennata di fughe verso la Francia di vaste aree di movimento italiane, in sostanza compagni che rischiano condanne non enormi, e che procedono a mettersi in regola per quanto possibile. Teniamo in conto che allora la maggior parte era ancora in possesso di documenti validi. Quelli con accuse più gravi, non molti in realtà, poiché la loro presenza non era particolarmente vista di buon occhio, vivono più isolati, cercando di evitare l’arresto.\r\n\r\nDiciamo che il fenomeno ha interessato nel momento più alto circa un migliaio di individui, fra quelli con un mandato di cattura sulla testa e altri allora solo indagati. Una cifra importante, in un computo complessivo che in quegli anni, per reati politici, toccò 60.000 indagati in Italia, dovuti molto prima che alle capacità investigative poliziesche a una pratica che si allarga a macchia d’olio, quella della delazione. Pratica che non solo fornisce agli inquirenti nomi e identità ma anche luoghi, case, reti di appoggio.\r\n\r\nIntanto in Francia la cosiddetta dottrina Mitterrand viene invocata a protezione dei fuoriusciti italiani, ma contestualmente si opera una selezione sulle persone da mettere in regola, molti ottengono i permessi di soggiorno, ma è tutto aleatorio, instabile. Si favorisce magari chi ha assunto in Francia una posizione più o meno dissociativa, oppure chi ha condanne non gravi… di fatto si formano le cosiddette liste, appoggiate in prefettura da un gruppo di avvocati di movimento. Intanto il mare si restringe sempre più intorno agli altri che rimangono irregolari sino praticamente al 2000, quando il primo ministro Jospin si dichiara favorevole alla loro regolarizzazione.\r\n\r\nTradotto vuol dire che dall’81, al 2000, in centinaia hanno vissuto lavorando in nero, in condizioni di difficile sopravvivenza, senza alcuna certezza, sparendo dalla circolazione ogni volta che per una ragione o per un'altra, da un versante o dall'altro delle Alpi, qualcuno auspicasse la consegna degli irregolari all'Italia\r\n\r\nIl tempo passa, cominciano a fioccare, dall'Italia, le prescrizioni che riducono di molto il numero iniziale degli irregolari, per arrivare ai giorni nostri, quando meno di una decina di persone ha ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno scaduto da anni; si tratta dei casi con le pene più gravi, in effetti quasi tutti condannati all’ergastolo, quindi suscettibili di essere oggetto di estradizioni nel caso di mutamenti politici.\r\n\r\nIn questo piccolo gruppo viene ad inserirsi il caso di Enrico Villimburgo, che oltre ad essere condannato all’ergastolo per appartenenza alle BR romane, si trova a dover combattere da solo una battaglia non più legale, ma una lotta contro una malattia devastante.Questi fuoriusciti sono partiti insieme, ma sono tornati in molti singolarmente. Alcuni non avranno più alcuna possibilità di tornare. Per fortuna, Enrico è ancora qui, e una solidarietà manifesta nei suoi confronti, lo aiuta più della chemio.\r\n\r\nCon Gianni, compagno che è stato per molti anni esule in Francia, affrontiamo il nodo politico e umano dell’esilio, la questione del pentitismo che di fatto creò il fenomeno, e la storia drammatica di un compagno, Enrico Vilimburgo, la cui salute è stata devastata da una vita braccata con un ergastolo sulla testa.\r\n\r\n Per sostenere Enrico: IBAN IT04P0503437750000000000577 intestato a Manuela Villimburgo. \r\n\r\nSpecificare nella causale: “per Enrico”\r\nc/o BANCO POPOLARE – FILIALE DI BORGO SAN LORENZO (FI) - VIA L. DA VINCI, 42\r\nGianni","3 Giugno 2014","2018-10-24 17:46:18","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/06/still_not_loving_police_1-200x110.jpg","Percorso radiofonico contro la violenza di stato",1401796980,[484,485,486,487,488,489,490,491,492,493,67,494,495],"http://radioblackout.org/tag/antipsichiatria/","http://radioblackout.org/tag/bello-come-una-prigione-che-brucia/","http://radioblackout.org/tag/carcere/","http://radioblackout.org/tag/controllo/","http://radioblackout.org/tag/ergastolo/","http://radioblackout.org/tag/esuli/","http://radioblackout.org/tag/omicidi-di-stato/","http://radioblackout.org/tag/repressione/","http://radioblackout.org/tag/tso/","http://radioblackout.org/tag/violenza-di-genere/","http://radioblackout.org/tag/violenza-maschile-sulle-donne/","http://radioblackout.org/tag/violenza-sulle-donne/",[497,498,335,499,343,348,500,501,502,503,73,504,505],"antipsichiatria","bello come una prigione che brucia","controllo","omicidi di stato","repressione","TSO","violenza di genere","violenza maschile sulle donne","violenza sulle donne",{"post_content":507,"post_title":511},{"matched_tokens":508,"snippet":509,"value":510},[77,90],"di caratterizzazione ulteriore quando indossa \u003Cmark>la\u003C/mark> \u003Cmark>divisa\u003C/mark> e incarna l'arroganza criminale legittimata","In occasione della due giorni organizzata in Valsusa da un gruppo di donne sul tema della violenza di stato - a questo link trovate tutte le informazioni sul programma e l'organizzazione - i redattori e le redattrici di Radio Blackout hanno deciso di contribuire con un percorso radiofonico che attraversi e interroghi questo tema, più che mai attuale, in tutte le sue sfaccettature.\r\n\r\nDalle violenze in Valsusa, alle torture sui detenuti e le detenute politiche, in Italia come altrove, dagli abusi in \u003Cmark>divisa\u003C/mark> agiti contro le donne alla repressione contro chi partecipò alla lotta armata, dagli stupri nei Cie fino alle aggressioni contro comuni cittadini e cittadine. 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Il 14 gennaio 2014, Alberico Di Noia 38 anni, è stato trovato impiccato nel carcere di Lucera (Foggia). Alberico attendeva il trasferimento in un altra struttura e si trovava in cella di isolamento (definita di osservazione) per una lite verbale con una guardia che gli aveva impedito di donare una caramella al figlio, venuto con \u003Cmark>la\u003C/mark> moglie l colloquio. Quando il corpo è stato trovato senza vita era vestito e pronto per la partenza che sarebbe dovuta avvenire in poche ore. Anche in questo caso, come in molti analoghi, i familiari si sono scontrati con \u003Cmark>la\u003C/mark> resistenza della direzione carceraria nel mostrare il corpo: inizialmente il decesso era stato addirittura etichettato come \"arresto cardiaco\", per evitare l'apertura d'ufficio di un'inchiesta per \"suicidio\". I parenti sono stati avvertiti solo 24 ore dopo \u003Cmark>la\u003C/mark> morte di Alberico e un compagno di cella lo descrive come una persona per niente depressa, mentre racconta dei pestaggi subiti per aver dato del \"pezzo di merda\" a una guardia. Di questa storia di carcere assassino parleremo con l'avvocato che sta affiancando \u003Cmark>la\u003C/mark> famiglia Di Noia nella loro lotta affinché lo Stato ammetta le proprie responsabilità.\r\n\r\nprima parte: dinoia_primaparte\r\n\r\nseconda parte: dinoia_secondaparte\r\n\r\nLUNEDì 9 GIUGNO: IL COLPO DELLA STREGA (h18.30-20)\r\n\r\nUn'approfondimento sulla violenza in \u003Cmark>divisa\u003C/mark> agita contro le donne. Violenza maschile che assume un elemento di caratterizzazione ulteriore quando indossa \u003Cmark>la\u003C/mark> \u003Cmark>divisa\u003C/mark> e incarna l'arroganza criminale legittimata dallo stato. Non si tratta soltanto del rapporto uomo/donna attraverso l'esercizio di un potere che \u003Cmark>la\u003C/mark> \u003Cmark>divisa\u003C/mark> amplifica. Questo potere si rafforza infatti in ogni contesto di subordinazione o di fragilità, pensiamo alla relazione con un datore di lavoro che ci pone in una posizione di estrema ricattabilità. \u003Cmark>La\u003C/mark> \u003Cmark>divisa\u003C/mark> dunque non è solo fattore di amplificazione, ma rappresenta le istituzioni e l'esercizio di potere e di controllo sociale sui corpi delle donne. Racconteremo tante storie di donne, analizzeremo le leggi paternalistiche di uno stato che ci vittimizza e oggettivizza in nome di discorsi securitari che non ci appartengono e ci indeboliscono, attraverseremo il discorso sulla violenza in \u003Cmark>divisa\u003C/mark> da un punto di vista femminista e anticapitalista per ritrovare nuova capacità di autodeterminazione e autodifesa collettiva.\r\n\r\nDallo stupro come arma di guerra alle violenze nei Cie. Dalle violenze sessuali dei militari nei territori militarizzati (Vicenza, L'Aquila) alla rappresentazione mediatica del buon poliziotto che ci propinano le fiction tv. Non si tratta di mele marce ma di una prassi consolidata! In ogni caso, lo stato si autoassolve ribadendo l’immunità e l’impunità delle istituzioni in \u003Cmark>divisa\u003C/mark> ogniqualvolta queste agiscano violenza, immunità ed impunità che fanno parte dell’insieme dei privilegi che i “tutori dell’ordine” hanno come contropartita dei loro servigi.\r\n\r\nprima parte: il colpo della strega_primaparte\r\n\r\nseconda parte: il colpo della strega_secondaparte\r\n\r\nMARTEDì 10 GIUGNO: REDAZIONALE (h9.15-10.45)\r\n\r\nCaso Uva. Per il procuratore Isnardi non è omicidio. Chi riponeva speranze nella decisione del Procuratore di Varese di avocare a sé il procedimento sulla morte di Giuseppe Uva rimarrà probabilmente molto deluso. La Procura di Varese ha infatti chiesto il proscioglimento dall’accusa di omicidio preterintenzionale e altri reati dei carabinieri e dei poliziotti imputati per \u003Cmark>la\u003C/mark> morte di Giuseppe Uva, l’artigiano di 43 anni morto nel giugno 2008. Grande sorpresa da parte del legale dei familiari della vittima. “E’ una cosa inaspettata. Non se lo aspettavano – ha ribadito l’avvocato – neanche gli imputati”. Uva morì nel giugno di sei anni fa, dopo essere stato portato in caserma dai carabinieri. \u003Cmark>La\u003C/mark> sorella di lui, Lucia, che è stata presente a tutte le udienze del processo, è apparsa visibilmente scossa dalla decisione e non ha voluto rilasciare dichiarazioni.\r\n\r\nSull’argomento abbiamo sentito l’avvocato Anselmo, legale della famiglia Uva\r\n\r\navvocato_Uva\r\n\r\nGIOVEDì 12 GIUGNO: RADIO BORROKA (h10.45-12.45)\r\n\r\n\u003Cmark>La\u003C/mark> violenza di Stato, nei Paesi Baschi, significa \u003Cmark>la\u003C/mark> violenza di uno stato autoritario e oppressore, che da secoli ha cercato di assimilare, rendere docile e ubbidiente un popolo, quello basco, che da sempre rivendica il proprio diritto all'autodeterminazione. \u003Cmark>La\u003C/mark> violenza di Stato, quello spagnolo in particolar modo, sempre con \u003Cmark>la\u003C/mark> complicità di quello francese, altro stato che rinchiude nelle proprie frontiere il popolo e \u003Cmark>la\u003C/mark> cultura basca, e il benestare degli altri stati europei e capitalisti, si è perpetrata negli anni nelle forme tanto classiche quanto brutali degli stati occupanti. \r\n\r\n\r\nFra queste, sicuramente, \u003Cmark>la\u003C/mark> più odiosa e vigliacca, è sicuramente \u003Cmark>la\u003C/mark> tortura, con il quale tante e tanti baschi hanno dovuto sopportare nei penitenziari e nelle celle di sicurezza della guardia civil. Nella nostra trasmissione, che da qualche anno ormai sulle libere frequenze di Radio BlackOut da voce alla lotta dei popoli in lotta per l'autodeterminazione e il diritto a vivere una terra che sia libera dall'oppressione e del profitto, all'interno del percorso radiofonico contro le violenze di Stato, vi racconteremo le storie di alcune giovani donne militante della sinistra indipendentista basca, che \u003Cmark>la\u003C/mark> violenza di stato e \u003Cmark>la\u003C/mark> violenza machista l'hanno toccata con mano, e che con forza e dignità denunciano e combattono, giorno dopo giorno, per le strade della loro Euskal Herria.\r\n\r\nVENERDì 13 GIUGNO: ANARRES (h10.45-12.45)\r\n\r\n\u003Cmark>La\u003C/mark> normalità del male. Qualche volta, grazie alla tenacia di una madre, di un padre, di una sorella, di amici e compagni capita che il sudario che avvolge le morti di Stato venga strappato, mostrando nella sua crudezza \u003Cmark>la\u003C/mark> violenza incisa sui corpi di persone vive e sane prime di cadere nelle mani di poliziotti, carabinieri, psichiatri, militari.\r\nI corpi straziati esposti alla luce impietosa degli obitori, sezionati dalle autopsie, escono dall’ombra, per raccontarci storie tutte diverse e tutte uguali. Storie che a volte agguantano i media, bucano \u003Cmark>la\u003C/mark> fitta coltre di nubi che copre \u003Cmark>la\u003C/mark> violenza degli uomini e delle donne in \u003Cmark>divisa\u003C/mark>, in camice bianco, tra siringhe, botte, manganelli.\r\nMa restano sempre un poco false, perché \u003Cmark>la\u003C/mark> retorica delle mele marce nel cesto di quelle sane, dell’eccezione ignobile ma rara, della democrazia che sa curare se stessa, violano una verità che nessun media main stream racconta mai.\r\nI corpi straziati di Federico, Francesco, Giuseppe, Carlo… sono \u003Cmark>la\u003C/mark> testimonianza di una normalità che ammette rare eccezioni.\r\n\u003Cmark>La\u003C/mark> normalità quotidiana della violenza di Stato, della violenza degli uomini e donne dello Stato sulle strade e nelle caserme, nei repartini e nelle carceri, nei CIE e nei luoghi dove alzare \u003Cmark>la\u003C/mark> testa è sovversione.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Robertino Barbieri.\r\nAscolta \u003Cmark>la\u003C/mark> diretta:\r\n\r\n2014 06 13 robertino violenza di stato\r\n\r\n\r\nMARTEDì 17 GIUGNO: REDAZIONALE (h9.15-10.45)\r\n\r\n\u003Cmark>La\u003C/mark> violenza dell'esilio. Il fenomeno, come fenomeno collettivo ovviamente, comincia nell’80, quando sbarcano in Francia i reduci di Prima Linea in tremenda rotta davanti ai numerosi arresti, ma \u003Cmark>la\u003C/mark> loro sorte non è delle più favorevoli. Quelli che vengono presi sono estradati rapidamente. Gli altri intanto, che continuano ad aumentare in modo esponenziale, cercano allora altri paesi, perlopiù America latina, qualche paese africano, Brasile. Alcuni si muovono secondo le aree di appartenenza, è il caso dei compagni di Rosso, altri individualmente o per piccoli gruppi.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nA seguito della elezione di François Mitterrand abbiamo un'impennata di fughe verso \u003Cmark>la\u003C/mark> Francia di vaste aree di movimento italiane, in sostanza compagni che rischiano condanne non enormi, e che procedono a mettersi in regola per quanto possibile. Teniamo in conto che allora \u003Cmark>la\u003C/mark> maggior parte era ancora in possesso di documenti validi. Quelli con accuse più gravi, non molti in realtà, poiché \u003Cmark>la\u003C/mark> loro presenza non era particolarmente vista di buon occhio, vivono più isolati, cercando di evitare l’arresto.\r\n\r\nDiciamo che il fenomeno ha interessato nel momento più alto circa un migliaio di individui, fra quelli con un mandato di cattura sulla testa e altri allora solo indagati. Una cifra importante, in un computo complessivo che in quegli anni, per reati politici, toccò 60.000 indagati in Italia, dovuti molto prima che alle capacità investigative poliziesche a una pratica che si allarga a macchia d’olio, quella della delazione. Pratica che non solo fornisce agli inquirenti nomi e identità ma anche luoghi, case, reti di appoggio.\r\n\r\nIntanto in Francia \u003Cmark>la\u003C/mark> cosiddetta dottrina Mitterrand viene invocata a protezione dei fuoriusciti italiani, ma contestualmente si opera una selezione sulle persone da mettere in regola, molti ottengono i permessi di soggiorno, ma è tutto aleatorio, instabile. Si favorisce magari chi ha assunto in Francia una posizione più o meno dissociativa, oppure chi ha condanne non gravi… di fatto si formano le cosiddette liste, appoggiate in prefettura da un gruppo di avvocati di movimento. Intanto il mare si restringe sempre più intorno agli altri che rimangono irregolari sino praticamente al 2000, quando il primo ministro Jospin si dichiara favorevole alla loro regolarizzazione.\r\n\r\nTradotto vuol dire che dall’81, al 2000, in centinaia hanno vissuto lavorando in nero, in condizioni di difficile sopravvivenza, senza alcuna certezza, sparendo dalla circolazione ogni volta che per una ragione o per un'altra, da un versante o dall'altro delle Alpi, qualcuno auspicasse \u003Cmark>la\u003C/mark> consegna degli irregolari all'Italia\r\n\r\nIl tempo passa, cominciano a fioccare, dall'Italia, le prescrizioni che riducono di molto il numero iniziale degli irregolari, per arrivare ai giorni nostri, quando meno di una decina di persone ha ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno scaduto da anni; si tratta dei casi con le pene più gravi, in effetti quasi tutti condannati all’ergastolo, quindi suscettibili di essere oggetto di estradizioni nel caso di mutamenti politici.\r\n\r\nIn questo piccolo gruppo viene ad inserirsi il caso di Enrico Villimburgo, che oltre ad essere condannato all’ergastolo per appartenenza alle BR romane, si trova a dover combattere da solo una battaglia non più legale, ma una lotta contro una malattia devastante.Questi fuoriusciti sono partiti insieme, ma sono tornati in molti singolarmente. Alcuni non avranno più alcuna possibilità di tornare. Per fortuna, Enrico è ancora qui, e una solidarietà manifesta nei suoi confronti, lo aiuta più della chemio.\r\n\r\nCon Gianni, compagno che è stato per molti anni esule in Francia, affrontiamo il nodo politico e umano dell’esilio, \u003Cmark>la\u003C/mark> questione del pentitismo che di fatto creò il fenomeno, e \u003Cmark>la\u003C/mark> storia drammatica di un compagno, Enrico Vilimburgo, \u003Cmark>la\u003C/mark> cui salute è stata devastata da una vita braccata con un ergastolo sulla testa.\r\n\r\n Per sostenere Enrico: IBAN IT04P0503437750000000000577 intestato a Manuela Villimburgo. \r\n\r\nSpecificare nella causale: “per Enrico”\r\nc/o BANCO POPOLARE – FILIALE DI BORGO SAN LORENZO (FI) - \u003Cmark>VIA\u003C/mark> L. 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Intanto, dal 27 gennaio al 30 aprile, saranno zone rosse Porta Nuova, San Salvario, Torino centro, Aurora e Barriera di Milano.\r\nNei fatti le forze di polizia possono allontanare con la forza chiunque, assuma “atteggiamenti aggressivi, minacciosi o insistentemente molesti”. Va da se che gli “atteggiamenti” non sono atti e, quindi gli uomini e le donne in divisa mandano via le persone il cui modo di stare in strada sia considerato, a loro arbitrio, indesiderabile.\r\n\r\nStati Uniti. Una corte di miliardari e l’America profonda\r\nDonald Trump si è insediato lunedì. I sostenitori che quattro anni fa avevano fatto irruzione a Capitol Hill, in questo 20 gennaio hanno sostato composti all’esterno. L’imperatore li ha arringati firmando immediatamente la grazia per i golpisti condannati, deportazioni di massa dei clandestini che vivono negli States, la fine della guerra e il ritorno dell’età dell’oro. La propaganda elettorale di The Donald non finirà mai: è la sua escape strategy di fronte al possibile fallimento di alcuni obiettivi, dei quali potrà imputare le forze oscure che minacciano l’America.\r\nMantiene subito alcune promesse. Appena insediato Trump ha firmato una serie di misure e di ordini esecutivi.\r\nQuesti gli i principali ordini esecutivi firmati dal neopresidente:\r\n- Uscita degli Stati Uniti dall'accordo di Parigi sul clima.\r\n- Stop al lavoro da casa per i dipendenti federali.\r\n- Revocato l'ordine esecutivo di Joe Biden che fissa il target del 50% delle vendite di nuovi veicoli elettrici entro il 2030\r\n- Revocato l'ordine esecutivo di Joe Biden sull'intelligenza artificiale, mossa che spiana la strada al business miliardario del settore, eliminando i già scarsi guard-rail previsti.\r\n- Dichiarata l'emergenza nazionale al confine sud degli Stati Uniti.\r\n- Fine dello ius soli, il diritto di cittadinanza per nascita stabilito dalla Costituzione americana.\r\n- Gli Usa escono dall'Organizzazione mondiale della Sanità\r\n- Revocate le sanzioni sui coloni israeliani in Cisgiordania.\r\nIl presidente che si è insediato il 20 gennaio è molto più forte di quello che prese il potere nel 2016: allora era un outsider inviso alla maggioranza del suo partito, oggi è il cavallo vincente, che ha conquistato il Gop riuscendo a mettere insieme le anime sparse della destra statunitense.\r\nTrump, si è esibito accanto ad una manciata di suoi pari: i miliardari che affollano la sua corte e hanno in mano il vero potere, quello dei social media, il cui controllo è cruciale nella costruzione del consenso. \r\nSul tappeto numerose domande: quanto reggerà il suo blocco sociale, specie quello della Rust Belt, che tanto contribuì al suo precedente successo?\r\nL’unica europea alla sua corte era Giorgia Meloni, che tenta di accreditarsi come ponte tra l’America Trumpiana e un’Europa schiacciata dal ricatto del Friend Shoring imposto in questi anni e cardine delle politiche protezioniste statunitensi.\r\nA Davos Trump ha dettato le regole all’Europa, prima tra tutte un investimento del 5% del Pil in spese militari.\r\nIl programma di Trump è spaventoso. Se riuscirà o meno a realizzarlo dipenderà dalla forza dei movimenti di opposizione che lunedì hanno riempito le piazze di Washington e di tutti gli Stati Uniti con la People March e di tutti coloro che, con tenacia, si battono contro il nuovo imperatore.\r\nNe abbiamo parlato con Robertino Barbieri\r\n\r\nRivolta al CPR di Gradisca\r\nSono giorni di rivolta dentro alle mura del carcere per migranti di Gradisca d’Isonzo, il Cpr in Friuli Venezia-Giulia al confine con la Slovenia, dove sono stipate in vere e proprie gabbie decine di persone.\r\nNegli ultimi dieci giorni, ogni notte, ci sono state proteste, incendi e scontri con le forze dell’ordine. Nonostante cariche, manganellate, pestaggi, spray al peperoncino e lacrimogeni i migranti continuano a lottare contro le condizioni inumane a cui sono sottoposti e l’assenza di informazioni sul proprio destino. Rinchiusi in una prigione per senza documenti potrebbero essere deportati in qualsiasi momento o passarvi un anno e mezzo, prima di essere liberati con un foglio di via.\r\nGiovedì 16 gennaio un recluso è caduto dal tetto della struttura nel tentativo di allontanarsi dal Cpr e far disperdere le proprie tracce. Nella caduta si è fratturato gravemente gli arti ed è stato trasportato in elisoccorso in ospedale. Il clima si è fatto più incandescente la sera di domenica 19 gennaio, quando anche un migrante di origine maghrebina è scivolato dal tetto. Fortunatamente, le ferite riportate non sono state gravi. É frequente che chi tenta la fuga saltando le mura alte dell’ex caserma Polonio si ferisca anche in modo serio. Una decina di anni fa un migrante, finito in coma in seguito alla caduta, perse la vita dopo mesi di agonia in ospedale.\r\nLunedì 20 gennaio un gruppo di una trentina di persone è salito sul tetto dell'ex caserma Polonio, causando ingenti danni agli impianti idraulici ed elettrici e praticando sette varchi nella struttura. Non ci sono stati, diversamente da altre volte, tentativi di fuga. Il giorno successivo è stata incendiata la zona rossa e sono stati creati dei varchi nel plexiglass che delimita le “vasche” che dividono le camerate. La zona rossa, una delle tre in cui è divisa la prigione di Gradisca, è completamente inagibile, così come alcune aree comuni.\r\nMercoledì 22 sono iniziati arresti e deportazioni punitive. Otto migranti sono stati espulsi in Marocco, altri cinquanta, in parte sono stati arrestati, in parte sono stati trasferiti nel CPR di Trapani.\r\nNe abbiamo parlato con Raffaele, un compagno da sempre in prima fila nelle lotte contro i Cpr\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nVenerdì 31 gennaio\r\nCrisi climatica e azione diretta\r\nStrumenti di ricerca, misurazione, analisi e lotta\r\nore 21 alla FAT\r\ncorso Palermo 46 Torino\r\nInterverrà il fisico Andrea Merlone, Dirigente di ricerca all’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRiM) e ricercatore associato all’Istituto di Scienze Polari del CNR.\r\n\r\nGiovedì 20 febbraio\r\nore 21 alla FAT\r\ncorso Palermo 46\r\nEnzo Papa, traduttore e curatore dell’edizione italiana, presenta il libro di Volin\r\n“La rivoluzione sconosciuta. Il movimento anarchico nelle lotte per l’emancipazione sociale in Russia 1917-1921”\r\nIl teorico e rivoluzionario anarchico, Vsevolod Michajlovič Eichenbaum, detto Volin, racconta la storia della Rivoluzione russa dal 1825 al 1939, con i suoi due sommovimenti del 1905 e del 1917, che egli ha vissuto come militante attivamente impegnato negli eventi. Potendo disporre di documenti e testimonianze di prima mano, Volin descrive, dal punto di vista anarchico – con lucidità e con rara finezza d’analisi -, tutto il processo del movimento rivoluzionario russo, dalla nascita dei Soviet all’annientamento del movimento anarchico da parte dello stalinismo passando per l’ascesa al potere dei bolscevichi, la rivolta dei marinai di Kronstadt o ancora l’epopea insurrezionale di Nestor Machno.\r\n\r\nA-Distro e SeriRiot\r\nogni mercoledì\r\ndalle 18 alle 20\r\nin corso Palermo 46\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro\r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!\r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti!\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20,30\r\nper info scrivete a fai_torino@autistici.org\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFB\r\n@senzafrontiere.to/\r\n\r\nTelegram\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter mandando una mail ad: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","29 Gennaio 2025","2025-01-29 14:01:50","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/repressione-viola-200x110.jpg","Anarres del 24 gennaio. 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Adattamento fisico, chimico, biologico, sociale e migratorio sono a rischio, sottoposti a forzanti indotte dalla produzione industriale, alimentare e trasportistica sempre più energivora. (…)\r\nUn problema di origine capitalista non può avere una soluzione capitalista.\r\nIl riscaldamento globale e \u003Cmark>la\u003C/mark> sua accelerazione sono causati principalmente dalle emissioni collegate alle attività umane: industriali, di trasporto e alimentari.\r\nCon Andrea Merlone, Dirigente di ricerca all’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRiM) e ricercatore associato all’Istituto di Scienze Polari del CNR, abbiamo anticipato alcuni dei temi di cui parleremo venerdì 31 gennaio alle 21 alla FAT\r\n\r\nZone rosse ed aree a sorveglianza rinforzata\r\nIl governo sperimenta nuovi meccanismi di esclusione e controllo degli indesiderabili. Muri invisibili ma concreti segmentano le città, separando chi può accedere liberamente nelle aree più pregiate e chi deve esserne tenuto fuori.\r\nCon le zone rosse e il daspo urbano il ministro dell’Interno ha arricchito \u003Cmark>la\u003C/mark> cassetta degli attrezzi della polizia di nuovi strumenti, che le forze del disordine statale possono utilizzare senza neppure scomodare un magistrato.\r\n\u003Cmark>La\u003C/mark> stretta securitaria, collaudata inizialmente a Bologna e Firenze, a dicembre si è estesa a Milano e Napoli, e con l’anno nuovo ha investito Roma, dove \u003Cmark>la\u003C/mark> morsa poliziesca durante il giubileo è imponente. A Torino il sindaco annuncia un approccio più “morbido”: niente zone rosse ma aree a “sorveglianza rinforzata”, come a Roma. Difficile cogliere le sfumature di fronte alla declinazione sabauda delle direttive governative. Intanto, dal 27 gennaio al 30 aprile, saranno zone rosse Porta Nuova, San Salvario, Torino centro, Aurora e Barriera di Milano.\r\nNei fatti le forze di polizia possono allontanare con \u003Cmark>la\u003C/mark> forza chiunque, assuma “atteggiamenti aggressivi, minacciosi o insistentemente molesti”. Va da se che gli “atteggiamenti” non sono atti e, quindi gli uomini e le donne in \u003Cmark>divisa\u003C/mark> mandano \u003Cmark>via\u003C/mark> le persone il cui modo di stare in strada sia considerato, a loro arbitrio, indesiderabile.\r\n\r\nStati Uniti. Una corte di miliardari e l’America profonda\r\nDonald Trump si è insediato lunedì. I sostenitori che quattro anni fa avevano fatto irruzione a Capitol Hill, in questo 20 gennaio hanno sostato composti all’esterno. L’imperatore li ha arringati firmando immediatamente \u003Cmark>la\u003C/mark> grazia per i golpisti condannati, deportazioni di massa dei clandestini che vivono negli States, \u003Cmark>la\u003C/mark> fine della guerra e il ritorno dell’età dell’oro. \u003Cmark>La\u003C/mark> propaganda elettorale di The Donald non finirà mai: è \u003Cmark>la\u003C/mark> sua escape strategy di fronte al possibile fallimento di alcuni obiettivi, dei quali potrà imputare le forze oscure che minacciano l’America.\r\nMantiene subito alcune promesse. Appena insediato Trump ha firmato una serie di misure e di ordini esecutivi.\r\nQuesti gli i principali ordini esecutivi firmati dal neopresidente:\r\n- Uscita degli Stati Uniti dall'accordo di Parigi sul clima.\r\n- Stop al lavoro da casa per i dipendenti federali.\r\n- Revocato l'ordine esecutivo di Joe Biden che fissa il target del 50% delle vendite di nuovi veicoli elettrici entro il 2030\r\n- Revocato l'ordine esecutivo di Joe Biden sull'intelligenza artificiale, mossa che spiana \u003Cmark>la\u003C/mark> strada al business miliardario del settore, eliminando i già scarsi guard-rail previsti.\r\n- Dichiarata l'emergenza nazionale al confine sud degli Stati Uniti.\r\n- Fine dello ius soli, il diritto di cittadinanza per nascita stabilito dalla Costituzione americana.\r\n- Gli Usa escono dall'Organizzazione mondiale della Sanità\r\n- Revocate le sanzioni sui coloni israeliani in Cisgiordania.\r\nIl presidente che si è insediato il 20 gennaio è molto più forte di quello che prese il potere nel 2016: allora era un outsider inviso alla maggioranza del suo partito, oggi è il cavallo vincente, che ha conquistato il Gop riuscendo a mettere insieme le anime sparse della destra statunitense.\r\nTrump, si è esibito accanto ad una manciata di suoi pari: i miliardari che affollano \u003Cmark>la\u003C/mark> sua corte e hanno in mano il vero potere, quello dei social media, il cui controllo è cruciale nella costruzione del consenso. \r\nSul tappeto numerose domande: quanto reggerà il suo blocco sociale, specie quello della Rust Belt, che tanto contribuì al suo precedente successo?\r\nL’unica europea alla sua corte era Giorgia Meloni, che tenta di accreditarsi come ponte tra l’America Trumpiana e un’Europa schiacciata dal ricatto del Friend Shoring imposto in questi anni e cardine delle politiche protezioniste statunitensi.\r\nA Davos Trump ha dettato le regole all’Europa, prima tra tutte un investimento del 5% del Pil in spese militari.\r\nIl programma di Trump è spaventoso. Se riuscirà o meno a realizzarlo dipenderà dalla forza dei movimenti di opposizione che lunedì hanno riempito le piazze di Washington e di tutti gli Stati Uniti con \u003Cmark>la\u003C/mark> People March e di tutti coloro che, con tenacia, si battono contro il nuovo imperatore.\r\nNe abbiamo parlato con Robertino Barbieri\r\n\r\nRivolta al CPR di Gradisca\r\nSono giorni di rivolta dentro alle mura del carcere per migranti di Gradisca d’Isonzo, il Cpr in Friuli Venezia-Giulia al confine con \u003Cmark>la\u003C/mark> Slovenia, dove sono stipate in vere e proprie gabbie decine di persone.\r\nNegli ultimi dieci giorni, ogni notte, ci sono state proteste, incendi e scontri con le forze dell’ordine. Nonostante cariche, manganellate, pestaggi, spray al peperoncino e lacrimogeni i migranti continuano a lottare contro le condizioni inumane a cui sono sottoposti e l’assenza di informazioni sul proprio destino. Rinchiusi in una prigione per senza documenti potrebbero essere deportati in qualsiasi momento o passarvi un anno e mezzo, prima di essere liberati con un foglio di \u003Cmark>via\u003C/mark>.\r\nGiovedì 16 gennaio un recluso è caduto dal tetto della struttura nel tentativo di allontanarsi dal Cpr e far disperdere le proprie tracce. Nella caduta si è fratturato gravemente gli arti ed è stato trasportato in elisoccorso in ospedale. Il clima si è fatto più incandescente \u003Cmark>la\u003C/mark> sera di domenica 19 gennaio, quando anche un migrante di origine maghrebina è scivolato dal tetto. Fortunatamente, le ferite riportate non sono state gravi. É frequente che chi tenta \u003Cmark>la\u003C/mark> fuga saltando le mura alte dell’ex caserma Polonio si ferisca anche in modo serio. Una decina di anni fa un migrante, finito in coma in seguito alla caduta, perse \u003Cmark>la\u003C/mark> vita dopo mesi di agonia in ospedale.\r\nLunedì 20 gennaio un gruppo di una trentina di persone è salito sul tetto dell'ex caserma Polonio, causando ingenti danni agli impianti idraulici ed elettrici e praticando sette varchi nella struttura. Non ci sono stati, diversamente da altre volte, tentativi di fuga. Il giorno successivo è stata incendiata \u003Cmark>la\u003C/mark> zona rossa e sono stati creati dei varchi nel plexiglass che delimita le “vasche” che dividono le camerate. \u003Cmark>La\u003C/mark> zona rossa, una delle tre in cui è \u003Cmark>divisa\u003C/mark> \u003Cmark>la\u003C/mark> prigione di Gradisca, è completamente inagibile, così come alcune aree comuni.\r\nMercoledì 22 sono iniziati arresti e deportazioni punitive. Otto migranti sono stati espulsi in Marocco, altri cinquanta, in parte sono stati arrestati, in parte sono stati trasferiti nel CPR di Trapani.\r\nNe abbiamo parlato con Raffaele, un compagno da sempre in prima fila nelle lotte contro i Cpr\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nVenerdì 31 gennaio\r\nCrisi climatica e azione diretta\r\nStrumenti di ricerca, misurazione, analisi e lotta\r\nore 21 alla FAT\r\ncorso Palermo 46 Torino\r\nInterverrà il fisico Andrea Merlone, Dirigente di ricerca all’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRiM) e ricercatore associato all’Istituto di Scienze Polari del CNR.\r\n\r\nGiovedì 20 febbraio\r\nore 21 alla FAT\r\ncorso Palermo 46\r\nEnzo Papa, traduttore e curatore dell’edizione italiana, presenta il libro di Volin\r\n“\u003Cmark>La\u003C/mark> rivoluzione sconosciuta. Il movimento anarchico nelle lotte per l’emancipazione sociale in Russia 1917-1921”\r\nIl teorico e rivoluzionario anarchico, Vsevolod Michajlovič Eichenbaum, detto Volin, racconta \u003Cmark>la\u003C/mark> storia della Rivoluzione russa dal 1825 al 1939, con i suoi due sommovimenti del 1905 e del 1917, che egli ha vissuto come militante attivamente impegnato negli eventi. Potendo disporre di documenti e testimonianze di prima mano, Volin descrive, dal punto di vista anarchico – con lucidità e con rara finezza d’analisi -, tutto il processo del movimento rivoluzionario russo, dalla nascita dei Soviet all’annientamento del movimento anarchico da parte dello stalinismo passando per l’ascesa al potere dei bolscevichi, \u003Cmark>la\u003C/mark> rivolta dei marinai di Kronstadt o ancora l’epopea insurrezionale di Nestor Machno.\r\n\r\nA-Distro e SeriRiot\r\nogni mercoledì\r\ndalle 18 alle 20\r\nin corso Palermo 46\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro\r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!\r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti!\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20,30\r\nper info scrivete a fai_torino@autistici.org\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFB\r\n@senzafrontiere.to/\r\n\r\nTelegram\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter mandando una mail ad: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org",[539],{"field":101,"matched_tokens":540,"snippet":536,"value":537},[90,77],{"best_field_score":139,"best_field_weight":140,"fields_matched":35,"num_tokens_dropped":49,"score":277,"tokens_matched":17,"typo_prefix_score":49},6637,{"collection_name":364,"first_q":72,"per_page":315,"q":72},9,["Reactive",546],{},["Set"],["ShallowReactive",549],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$f1atDZXe4R7XxNk_tZHSbnL0_AsP2dzTUF3u9Pzam2Zs":-1},true,"/search?query=via+la+divisa"]