","Violenza di genere a scuola: parte la mobilitazione","post",1738852462,[65,66,67],"http://radioblackout.org/tag/assemblea-studentesca-torino/","http://radioblackout.org/tag/collettivo-gioberti/","http://radioblackout.org/tag/violenza-di-genere/",[69,70,18],"assemblea studentesca torino","collettivo gioberti",{"post_content":72,"post_title":78,"tags":83},{"matched_tokens":73,"snippet":76,"value":77},[74,75],"violenza","di","il luogo in cui la \u003Cmark>violenza\u003C/mark> è avvenuta. La capacità \u003Cmark>di\u003C/mark> trasformare la rabbia e il","A seguito della notizia \u003Cmark>di\u003C/mark> uno stupro avvenuto in una scuola \u003Cmark>di\u003C/mark> Genova da parte \u003Cmark>di\u003C/mark> un ragazzo sedicenne nei confronti \u003Cmark>di\u003C/mark> una ragazza \u003Cmark>di\u003C/mark> 15 anni molte scuole a Torino hanno organizzato iniziative \u003Cmark>di\u003C/mark> mobilitazione in reazione a un evento che non deve passare sotto silenzio e per ribadire che questa \u003Cmark>violenza\u003C/mark> non è un caso isolato. La giovane età dello stupratore è un elemento non \u003Cmark>di\u003C/mark> poco conto, così come il luogo in cui la \u003Cmark>violenza\u003C/mark> è avvenuta. La capacità \u003Cmark>di\u003C/mark> trasformare la rabbia e il sentimento \u003Cmark>di\u003C/mark> impotenza in possibilità \u003Cmark>di\u003C/mark> mobilitazione, scioperando dalle ore scolastiche, organizzandosi in assemblee e confronti per non sentirsi sole, sono alcuni degli strumenti messi in campo da studentesse e studenti dei collettivi afferenti all'assemblea studentesca \u003Cmark>di\u003C/mark> Torino.\r\n\r\nAbbiamo ascoltato le parole \u003Cmark>di\u003C/mark> Anna, studentessa del collettivo Gioberti.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/02/Collettivo-gioberti-violenza-genere-2025_02_06_2025.02.06-09.00.00-escopost.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\u003Cmark>Di\u003C/mark> seguito riportiamo il comunicato scritto dal collettivo.\r\n\r\nAveva 15 anni e, probabilmente, come per molte \u003Cmark>di\u003C/mark> noi, durante l’intervallo la sua più grande paura era la verifica dell’ora successiva. E invece, all’improvviso, un ragazzo, era un anno più grande \u003Cmark>di\u003C/mark> lei, la afferra per un braccio e a forza la porta in uno sgabuzzino. Senza che nessuno se ne accorgesse, la \u003Cmark>violenza\u003C/mark> si consuma senza un grido, un urlo \u003Cmark>di\u003C/mark> sofferenza. Solo le risate dell’aggressore, che aumentano con la sofferenza della vittima.\r\nAveva 15 anni e, probabilmente, non si sarebbe mai aspettata qualcosa del \u003Cmark>genere\u003C/mark>; non a scuola, un ambiente che dovrebbe essere la nostra seconda casa, dove cresciamo, impariamo a vivere. Dove impariamo a far sentire la nostra voce. Quel giorno, invece, la sua viene soffocata dalla brutalità \u003Cmark>di\u003C/mark> abuso. È stata lei, come potevi essere tu. È stata lei, e non è un’eccezione, un caso raro.\r\nE lui aveva 16 anni. Anche lui non è un’eccezione, un caso raro. Siamo stanche, non si tratta \u003Cmark>di\u003C/mark> uno psicopatico; lui, come Filippo Turetta, come le altre decine \u003Cmark>di\u003C/mark> assassini, è il figlio sano \u003Cmark>di\u003C/mark> un sistema \u003Cmark>di\u003C/mark> violenze che ha radici profonde nella nostra società, che si esprime in frasi e comportamenti apparentemente banali; che si esprime, evidentemente, già in un ragazzino \u003Cmark>di\u003C/mark> sedici anni.\r\nE se a scuola non ci sentiamo sicure, allora dove? Se a scuola non ci viene insegnato quanto questo sia sbagliato, e come possiamo cambiarlo, allora quando? Come?\r\nLa \u003Cmark>violenza\u003C/mark> che ha subito, così come tante altre ragazze, ci riempie \u003Cmark>di\u003C/mark> rabbia, ma come ci aspettiamo che la situazione cambi se non facciamo nulla affinché sia così, se la scuola non inizia ad educarci, a renderci consapevoli?\r\nSiamo stufe \u003Cmark>di\u003C/mark> una società che raccomandi alle ragazze \u003Cmark>di\u003C/mark> essere prudenti, ma non educhi i ragazzi ad essere rispettosi, consapevoli, corretti. Siamo stufe \u003Cmark>di\u003C/mark> un sistema che alimenta comportamenti che sfociano in abusi, e che non se ne prende le responsabilità. E soprattutto siamo stufe \u003Cmark>di\u003C/mark> dover ripetere sempre gli stessi discorsi, parole su parole che sembrano gettate al vento. 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A un anno di distanza dalle enormi manifestazioni che lo scorso anno hanno paralizzato Roma e Messina, Non Una di Meno torna ancora una volta in piazza a Roma e Palermo sabato 23 Novembre: non per ritualità, bensì per rifiutare l’oppressione, la vergogna, la guerra che viene imposta sui corpi delle donne e delle persone trans. Le manifestazioni del 23N a Roma e Messina e quella del 25 Novembre a Torino (qui tutte le informazioni) si posizionano contro la violenza e la cultura dello strupro che ci opprimono, contro i confini interni e esterni, contro la militarizzazione dei territori e la devastazione ambientale ormai dispiegate e presenti nel nostro quotidiano, ed in rifiuto al paradigma della guerra, espressione più brutale della violenza patriarcale, come quotidianamente ci ricorda il genocidio in Palestina.\r\n\r\nAlla violenza patriarcale strutturale fa da cornice politica la retorica del governo Meloni, che si è espresso in questi giorni per bocca dei ministri Valditara e Roccella con dichiarazioni intese a addossare la responsabilità della violenza maschile sulle donne all'immigrazione e sostenere che \"il patriarcato non esiste e parlarne è una deriva ideologica\". Ancora una volta questo governo si autodichiara complici dei femminicidi che ci saranno, affermando senza giri di parole che queste morti sono inevitabili: si tratta di una complicità che si presenta quotidianamente non solo con la copertura politica della violenza maschile sulle donne ma anche con l'attacco frontale ai percorsi di fuoriuscita dalla violenza, ai centri antiviolenza femministi, alla GPA, all’aborto attraverso lo smantellamento di consultori e reparti di IVG, attacchi portati avanti in alleanza con le organizzazioni antiabortiste. Ne abbiamo parlato con Alessia di Non Una di Meno Torino.\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/11/AlessiaNUDM.mp3\"][/audio]","22 Novembre 2024","2024-11-22 17:05:16","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/11/Bildschirmfoto-2024-11-22-um-17.03.16-200x110.png","\u003Cimg width=\"300\" height=\"143\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/11/Bildschirmfoto-2024-11-22-um-17.03.16-300x143.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/11/Bildschirmfoto-2024-11-22-um-17.03.16-300x143.png 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/11/Bildschirmfoto-2024-11-22-um-17.03.16-1024x487.png 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/11/Bildschirmfoto-2024-11-22-um-17.03.16-768x365.png 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/11/Bildschirmfoto-2024-11-22-um-17.03.16.png 1327w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","\"Disarmiamo il Patriarcato\": Non Una di Meno in piazza il 23 e il 25 Novembre",1732295116,[123,124,125,126,67],"http://radioblackout.org/tag/corteo/","http://radioblackout.org/tag/corteo-non-una-di-meno-roma/","http://radioblackout.org/tag/femminicidio/","http://radioblackout.org/tag/non-una-di-meno/",[128,129,29,15,18],"corteo","corteo \"non una di meno\" roma",{"post_content":131,"post_title":135,"tags":138},{"matched_tokens":132,"snippet":133,"value":134},[75,74],"con l'attacco frontale ai percorsi \u003Cmark>di\u003C/mark> fuoriuscita dalla \u003Cmark>violenza\u003C/mark>, ai centri antiviolenza femministi, alla GPA,","A un anno dal femminicidio \u003Cmark>di\u003C/mark> Giulia Cecchettin, si contano 104 femminicidi, trans*cidi e lesbicidi registrati nel 2024. 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Ad oggi sono 104 i femminicidi, trans*cidi e lesbicidi registrati nel 2024 dall’Osservatorio (https://osservatorionazionale.nonunadimeno.net/).\r\n\r\n\r\nÈ passato un anno dalla marea che lo scorso anno ha paralizzato Roma e Messina con la potenza di centinaia di migliaia di corpi: non ci siamo mai fermate, la nostra rabbia resta enorme!\r\n\r\n\r\nScendiamo in piazza mentre giunge a conclusione il processo a Filippo Turetta, intanto una ragazza di 13 anni viene uccisa dal “fidanzatino” di 15 anni. Sappiamo bene che non sono le sentenze esemplari che cambieranno le cose. Guardiamo con sospetto ai riti collettivi che assolvono la società dalla responsabilità di queste morti.\r\n\r\n\r\nScendiamo in piazza il 23N non per ritualità ma perché è sempre più urgente in questo paese rifiutare l’oppressione, la vergogna, la guerra che ci viene imposta. Scendiamo in piazza per manifestare la nostra rivolta alla violenza patriarcale e alla deriva identitaria e autoritaria che la sostiene e giustifica.\r\n\r\n\r\nE infatti, se la violenza è strutturale, la reazione del governo Meloni è chiara: la retorica della prima donna premier è facilmente contraddetta dagli atti.\r\nL’attacco è ai percorsi di fuoriuscita dalla violenza e ai centri antiviolenza femministi, neutralizzati dal mercato dei bandi pubblici e trasformati in servizi socio-assistenziali che non puntano sull’autodeterminazione e sull’autonomia economica di chi si sottrae dal ricatto dell’abuso.\r\nL’attacco subdolo all’aborto sancisce l’alleanza con le organizzazioni antiabortiste e passa per lo smantellamento dei consultori, dei reparti IVG e per il disinvestimento sulla RU486. La GPA come reato universale si rivela misura identitaria e transomofobica che nulla ha a che fare con il contrasto allo sfruttamento.\r\nLa “crociata antigender” - che altro non è che il tentativo maschilista e misogino di segregazione di genere - diventa politica istituzionale con l’attacco ai percorsi di affermazione di genere, in netta contraddizione con la necessità di prevenzione attraverso l’educazione sessuo-affettiva nelle scuole.\r\nLe propagandate politiche a sostegno della famiglia e del lavoro femminile si rivelano per quello che sono: misure spicciole e frammentate che tagliano fuori famiglie non conformi, lavorator3 precari3 e disoccupat3 e che moltiplicano il lavoro povero e di cura, tuttora appannaggio delle donne e dell3 migranti con salari da fame.\r\n\r\n\r\nLe persone disabili continuano ad essere invisibilizzate, infantilizzate e disumanizzate, gli aiuti previsti sono insufficienti e non considerano la diversità delle esigenze.\r\n\r\n\r\nLa violenza razzista di stato è perpetuata attraverso i CPR, il mancato soccorso all3 migrant3 che attraversano il Mediterraneo e la negazione della cittadinanza a chi nasce e cresce In Italia. Il progetto del centro in Albania non è altro che la prosecuzione di queste politiche, della violenza che noi ripudiamo e contro cui lottiamo.\r\n\r\n\r\nIn questo quadro Il D.D.L. Sicurezza è solo la punta dell’iceberg della deriva autoritaria e machista che attacca diritti e libertà, incrementa la circolazione delle armi, prevede il carcere anche per le donne in gravidanza o con figli piccoli. Moltiplica i provvedimenti disciplinari e attacca il diritto al dissenso, come è già stato anticipato dai blocchi ai caselli e alle stazioni ai fogli di via emessi in occasione della manifestazione per la Palestina del 5 ottobre. Accentra i poteri e militarizza i territori, lo spazio pubblico e personale: dall’autonomia differenziata che ha l’intento di definire e alimentare ulteriormente il divario già esistente tra Nord e Sud, all’inganno del progresso dietro le grandi opere (di guerra) come il Muos, la base di Coltano, la Tav e il Ponte sullo stretto.\r\nCriminalizzare il dissenso, le condotte, i “margini” è violenza patriarcale.\r\n\r\n\r\nLa guerra, che viviamo in diretta, diventa paradigma delle relazioni sociali: normalizza la violenza, disumanizza i corpi, cancella i percorsi di liberazione in nome della logica del nemico che tutto schiaccia. Diventa economia di guerra, taglia i servizi fondamentali come la scuola e la sanità per finanziare il grande business del riarmo, cancella i diritti in nome della difesa della Nazione.\r\n\r\n\r\nCi ribelliamo alla guerra come espressione più brutale della violenza patriarcale. Non vogliamo più assistere alla catastrofe quotidiana del genocidio in Palestina e della Guerra che si estende a macchia d’olio.\r\n\r\n\r\nCi connettiamo con le donne e le persone lgbtiaq+ che continuano a resistere al genocidio in Palestina messo in atto dalle politiche coloniali e sioniste dello Stato di Israele, che con la complicità dell’occidente, continua a devastare terre e vite.\r\nCon la stessa forza e determinazione, siamo solidali con le compagne come Ahou Daryaie che lottano in Iran per la loro libertà con incredibile coraggio; con le combattenti che in Rojava, in Siria e Iraq costruiscono alternativa rivoluzionaria e femminista; con le sorelle che subiscono la guerra, il colonialismo e la violenza patriarcale sui loro corpi in Ucraina, Libano, Yemen, Sudan e ovunque nel mondo.\r\n\r\n\r\nScendiamo in piazza al grido “Disarmiamo il patriarcato” perché abbiamo altre priorità che la logica geopolitica cancella: lottiamo contro la violenza e la cultura dello strupro che ci opprimono, contro i confini interni e esterni, contro la militarizzazione dei territori e la devastazione ambientale ormai dispiegate e presenti nel nostro quotidiano.\r\n\r\n\r\nDisarmiamo il patriarcato, per fermare la guerra, nelle case, sui corpi, sui territori e sulle nostre vite.\r\n\r\n\r\nCi vogliamo viv3, liber3, arrabbiat3 perchè insieme siamo più forti.\r\n\r\n\r\nCi volete vittime, saremo marea!\r\n\r\n\r\n NON UNA DI MENO","14 Novembre 2024","2024-11-14 14:47:37","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/11/466735954_968419535313706_6388243845053600525_n-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/11/466735954_968419535313706_6388243845053600525_n-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/11/466735954_968419535313706_6388243845053600525_n-300x169.jpg 300w, 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\u003Cmark>Di\u003C/mark> Meno porta avanti dal 2019 un progetto che vuole combattere la \u003Cmark>violenza\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark> puntando a diversi obiettivi: contrapporsi a una narrazione che tende alla gerarchizzazione delle morti, smascherare l’uso del controllo politico sociale rispetto alla politica \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark>, inserire dati che non vengono considerati a livello istituzionale, basti pensare all'uccisione \u003Cmark>di\u003C/mark> persone trans o \u003Cmark>di\u003C/mark> sex workers che non vengono considerati come femminicidi.\r\n\r\nPer la giornata mondiale contro la \u003Cmark>violenza\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark> del 25 novembre Non Una \u003Cmark>Di\u003C/mark> Meno sta organizzando una mobilitazione nazionale che vedrà due appuntamenti: un corteo a Roma e uno a Palermo, inoltre è importante sottolineare la trasversalità delle lotte che a partire dal tema della \u003Cmark>violenza\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark> deve allargare lo sguardo all'intersezionalità data da tutte le variabili del sistema \u003Cmark>di\u003C/mark> dominio.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/11/nudm-25-novembre-2024_11_14_2024.11.14-09.00.00-escopost.mp3\"][/audio]\r\n\r\nA Torino venerdì 15 novembre ci sarà una serata \u003Cmark>di\u003C/mark> autofinanziamento a Manituana per permettere a tutt \u003Cmark>di\u003C/mark> partecipare alla manifestazione nazionale e per prenotarsi un posto in pullman.\r\n\r\n\r\n\r\nPer sostenere il viaggio del 23 novembre a Roma Dona qui: https://ko-fi.com/nonunadimenotorino/goal?g=0\r\n\r\n\u003Cmark>Di\u003C/mark> seguito il comunicato verso la manifestazione nazionale del 25 novembre\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nDISARMIAMO IL PATRIARCATO\r\n\r\n\r\nSabato 23 novembre, la marea sale!\r\n\r\n\r\nManifestazione nazionale a Roma e a Palermo contro la \u003Cmark>violenza\u003C/mark> patriarcale.\r\nNon Una \u003Cmark>di\u003C/mark> Meno!\r\n\r\n\r\nÈ passato un anno dal femminicidio \u003Cmark>di\u003C/mark> Giulia Cecchettin e altri nomi si sono aggiunti, e rimasti anonimi, \u003Cmark>di\u003C/mark> ragazze, adulte, anziane, persone trans uccise. Ad oggi sono 104 i femminicidi, trans*cidi e lesbicidi registrati nel 2024 dall’Osservatorio (https://osservatorionazionale.nonunadimeno.net/).\r\n\r\n\r\nÈ passato un anno dalla marea che lo scorso anno ha paralizzato Roma e Messina con la potenza \u003Cmark>di\u003C/mark> centinaia \u003Cmark>di\u003C/mark> migliaia \u003Cmark>di\u003C/mark> corpi: non ci siamo mai fermate, la nostra rabbia resta enorme!\r\n\r\n\r\nScendiamo in piazza mentre giunge a conclusione il processo a Filippo Turetta, intanto una ragazza \u003Cmark>di\u003C/mark> 13 anni viene uccisa dal “fidanzatino” \u003Cmark>di\u003C/mark> 15 anni. Sappiamo bene che non sono le sentenze esemplari che cambieranno le cose. Guardiamo con sospetto ai riti collettivi che assolvono la società dalla responsabilità \u003Cmark>di\u003C/mark> queste morti.\r\n\r\n\r\nScendiamo in piazza il 23N non per ritualità ma perché è sempre più urgente in questo paese rifiutare l’oppressione, la vergogna, la guerra che ci viene imposta. Scendiamo in piazza per manifestare la nostra rivolta alla \u003Cmark>violenza\u003C/mark> patriarcale e alla deriva identitaria e autoritaria che la sostiene e giustifica.\r\n\r\n\r\nE infatti, se la \u003Cmark>violenza\u003C/mark> è strutturale, la reazione del governo Meloni è chiara: la retorica della prima donna premier è facilmente contraddetta dagli atti.\r\nL’attacco è ai percorsi \u003Cmark>di\u003C/mark> fuoriuscita dalla \u003Cmark>violenza\u003C/mark> e ai centri antiviolenza femministi, neutralizzati dal mercato dei bandi pubblici e trasformati in servizi socio-assistenziali che non puntano sull’autodeterminazione e sull’autonomia economica \u003Cmark>di\u003C/mark> chi si sottrae dal ricatto dell’abuso.\r\nL’attacco subdolo all’aborto sancisce l’alleanza con le organizzazioni antiabortiste e passa per lo smantellamento dei consultori, dei reparti IVG e per il disinvestimento sulla RU486. La GPA come reato universale si rivela misura identitaria e transomofobica che nulla ha a che fare con il contrasto allo sfruttamento.\r\nLa “crociata antigender” - che altro non è che il tentativo maschilista e misogino \u003Cmark>di\u003C/mark> segregazione \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark> - diventa politica istituzionale con l’attacco ai percorsi \u003Cmark>di\u003C/mark> affermazione \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark>, in netta contraddizione con la necessità \u003Cmark>di\u003C/mark> prevenzione attraverso l’educazione sessuo-affettiva nelle scuole.\r\nLe propagandate politiche a sostegno della famiglia e del lavoro femminile si rivelano per quello che sono: misure spicciole e frammentate che tagliano fuori famiglie non conformi, lavorator3 precari3 e disoccupat3 e che moltiplicano il lavoro povero e \u003Cmark>di\u003C/mark> cura, tuttora appannaggio delle donne e dell3 migranti con salari da fame.\r\n\r\n\r\nLe persone disabili continuano ad essere invisibilizzate, infantilizzate e disumanizzate, gli aiuti previsti sono insufficienti e non considerano la diversità delle esigenze.\r\n\r\n\r\nLa \u003Cmark>violenza\u003C/mark> razzista \u003Cmark>di\u003C/mark> stato è perpetuata attraverso i CPR, il mancato soccorso all3 migrant3 che attraversano il Mediterraneo e la negazione della cittadinanza a chi nasce e cresce In Italia. Il progetto del centro in Albania non è altro che la prosecuzione \u003Cmark>di\u003C/mark> queste politiche, della \u003Cmark>violenza\u003C/mark> che noi ripudiamo e contro cui lottiamo.\r\n\r\n\r\nIn questo quadro Il D.D.L. Sicurezza è solo la punta dell’iceberg della deriva autoritaria e machista che attacca diritti e libertà, incrementa la circolazione delle armi, prevede il carcere anche per le donne in gravidanza o con figli piccoli. Moltiplica i provvedimenti disciplinari e attacca il diritto al dissenso, come è già stato anticipato dai blocchi ai caselli e alle stazioni ai fogli \u003Cmark>di\u003C/mark> via emessi in occasione della manifestazione per la Palestina del 5 ottobre. Accentra i poteri e militarizza i territori, lo spazio pubblico e personale: dall’autonomia differenziata che ha l’intento \u003Cmark>di\u003C/mark> definire e alimentare ulteriormente il divario già esistente tra Nord e Sud, all’inganno del progresso dietro le grandi opere (\u003Cmark>di\u003C/mark> guerra) come il Muos, la base \u003Cmark>di\u003C/mark> Coltano, la Tav e il Ponte sullo stretto.\r\nCriminalizzare il dissenso, le condotte, i “margini” è \u003Cmark>violenza\u003C/mark> patriarcale.\r\n\r\n\r\nLa guerra, che viviamo in diretta, diventa paradigma delle relazioni sociali: normalizza la \u003Cmark>violenza\u003C/mark>, disumanizza i corpi, cancella i percorsi \u003Cmark>di\u003C/mark> liberazione in nome della logica del nemico che tutto schiaccia. Diventa economia \u003Cmark>di\u003C/mark> guerra, taglia i servizi fondamentali come la scuola e la sanità per finanziare il grande business del riarmo, cancella i diritti in nome della difesa della Nazione.\r\n\r\n\r\nCi ribelliamo alla guerra come espressione più brutale della \u003Cmark>violenza\u003C/mark> patriarcale. Non vogliamo più assistere alla catastrofe quotidiana del genocidio in Palestina e della Guerra che si estende a macchia d’olio.\r\n\r\n\r\nCi connettiamo con le donne e le persone lgbtiaq+ che continuano a resistere al genocidio in Palestina messo in atto dalle politiche coloniali e sioniste dello Stato \u003Cmark>di\u003C/mark> Israele, che con la complicità dell’occidente, continua a devastare terre e vite.\r\nCon la stessa forza e determinazione, siamo solidali con le compagne come Ahou Daryaie che lottano in Iran per la loro libertà con incredibile coraggio; con le combattenti che in Rojava, in Siria e Iraq costruiscono alternativa rivoluzionaria e femminista; con le sorelle che subiscono la guerra, il colonialismo e la \u003Cmark>violenza\u003C/mark> patriarcale sui loro corpi in Ucraina, Libano, Yemen, Sudan e ovunque nel mondo.\r\n\r\n\r\nScendiamo in piazza al grido “Disarmiamo il patriarcato” perché abbiamo altre priorità che la logica geopolitica cancella: lottiamo contro la \u003Cmark>violenza\u003C/mark> e la cultura dello strupro che ci opprimono, contro i confini interni e esterni, contro la militarizzazione dei territori e la devastazione ambientale ormai dispiegate e presenti nel nostro quotidiano.\r\n\r\n\r\nDisarmiamo il patriarcato, per fermare la guerra, nelle case, sui corpi, sui territori e sulle nostre vite.\r\n\r\n\r\nCi vogliamo viv3, liber3, arrabbiat3 perchè insieme siamo più forti.\r\n\r\n\r\nCi volete vittime, saremo marea!\r\n\r\n\r\n NON UNA \u003Cmark>DI\u003C/mark> MENO",{"matched_tokens":191,"snippet":192,"value":192},[74,75,81],"Verso il 25 novembre contro i femminicidi e la \u003Cmark>violenza\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark>",[194,196,198,200],{"matched_tokens":195,"snippet":183},[],{"matched_tokens":197,"snippet":184},[],{"matched_tokens":199,"snippet":148},[75],{"matched_tokens":201,"snippet":90},[74,75,81],[203,209,211],{"field":40,"indices":204,"matched_tokens":205,"snippets":208},[107,94],[206,207],[74,75,81],[75],[90,148],{"field":99,"matched_tokens":210,"snippet":192,"value":192},[74,75,81],{"field":102,"matched_tokens":212,"snippet":188,"value":189},[74,75,81],{"best_field_score":106,"best_field_weight":17,"fields_matched":107,"num_tokens_dropped":52,"score":108,"tokens_matched":107,"typo_prefix_score":52},{"document":215,"highlight":232,"highlights":247,"text_match":104,"text_match_info":257},{"cat_link":216,"category":217,"comment_count":52,"id":218,"is_sticky":52,"permalink":219,"post_author":35,"post_content":220,"post_date":221,"post_excerpt":57,"post_id":218,"post_modified":222,"post_thumbnail":223,"post_thumbnail_html":224,"post_title":225,"post_type":62,"sort_by_date":226,"tag_links":227,"tags":230},[49],[51],"89375","http://radioblackout.org/2024/05/abusi-di-potere-ed-oppressione-nel-lavoro-sociale-il-caso-di-almaterra/","Il mondo del lavoro sociale è in ristrutturazione: demansionamenti, fondi privati, razionalizzazione del personale e trasformazione degli enti del terzo settore in aziende ostaggio di logiche imprenditoriali. 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Ancor più grave, se dentro una associazione che nella sua identità dovrebbe avere la lotta a qualsiasi oppressione e violenza di genere e razza.\r\n\r\nNe parliamo con una compagna ed ex lavoratrice che conosce bene l'ambiente di Almaterra, nella speranza che si possa innescare un dibattito serio e approfondito per una trasformazione radicale del lavoro sociale. 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Negli anni il quartiere ha subito una forte trasformazione dovuta, tra le altre cose, alla deregolamentazione delle licenze che ha causato un aumento vorticoso dei locali e dei pub, rendendolo uno dei luoghi della movida cittadina. La questione di genere attraversa irrimediabilmente il tema della socialità, del consumo ma anche, in modo specifico nell'ambito della ristorazione, del lavoro riguardando da vicino la vita di chi si trova schiacciata nel ricatto di un lavoro talvolta sfruttato e sottopagato e le molestie dei capi, dei colleghi o dei clienti.\r\n\r\nPer questi motivi, in un momento in cui la mobilitazione studentesca sul tema della violenza di genere occupa le prime pagine dei giornali a seguito delle denunce in ambito accademico da parte di studentesse che hanno preso parola rispetto a comportamenti molesti dei loro docenti, è stata organizzata per oggi pomeriggio una passeggiata rumorosa per le strade di Vanchiglia con partenza da Via Balbo alle 18.30.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/Passeggiata-rumorosa-vanchiglia-2024_02_22_2024.02.22-10.00.00-escopost.mp3\"][/audio]","22 Febbraio 2024","2024-02-22 13:29:12","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/photo_5960942362765147989_y1-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"212\" height=\"300\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/photo_5960942362765147989_y1-212x300.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/photo_5960942362765147989_y1-212x300.jpg 212w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/photo_5960942362765147989_y1-724x1024.jpg 724w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/photo_5960942362765147989_y1-768x1086.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/photo_5960942362765147989_y1.jpg 905w\" sizes=\"auto, (max-width: 212px) 100vw, 212px\" />","Torino: passeggiata rumorosa contro le violenze di genere nei luoghi della movida.",1708608399,[272,273,67],"http://radioblackout.org/tag/movida/","http://radioblackout.org/tag/torino/",[275,21,18],"movida",{"post_content":277,"post_title":281,"tags":284},{"matched_tokens":278,"snippet":279,"value":280},[74,75,81],"mobilitazione studentesca sul tema della \u003Cmark>violenza\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark> occupa le prime pagine dei","A Torino il quartiere Vanchiglia è uno degli spazi cittadini in cui vivono e fanno socialità moltissimi giovani, studenti e studentesse. 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Secondo il Presidente dovremmo pure sentirci gratificate e vivere questi compiti fondamentali come dei privilegi a cui siamo biologicamente destinate...Pensate come siamo fortunate!\r\nPer riascoltare la puntata:\r\nUnknown\r\nil colpo della strega_9marzo2015_secondaparte\r\n\r\nUnknown\r\n\r\nUnknown\r\n\r\n ",{"matched_tokens":500,"snippet":501,"value":501},[75,75],"8 marzo tra iniziative \u003Cmark>di\u003C/mark> lotta ed eventi istituzionali colorati \u003Cmark>di\u003C/mark> rosa (I podcast de Il colpo della strega, 9marzo2015)",[503,505,507,509,512,514,516,518,520,522,524,526,528,531,534],{"matched_tokens":504,"snippet":405,"value":405},[],{"matched_tokens":506,"snippet":393,"value":393},[],{"matched_tokens":508,"snippet":128,"value":128},[],{"matched_tokens":510,"snippet":511,"value":511},[75],"lavoro \u003Cmark>di\u003C/mark> cura",{"matched_tokens":513,"snippet":488,"value":488},[],{"matched_tokens":515,"snippet":489,"value":489},[],{"matched_tokens":517,"snippet":490,"value":490},[],{"matched_tokens":519,"snippet":491,"value":491},[],{"matched_tokens":521,"snippet":492,"value":492},[],{"matched_tokens":523,"snippet":391,"value":391},[],{"matched_tokens":525,"snippet":21,"value":21},[],{"matched_tokens":527,"snippet":90,"value":90},[74,75,81],{"matched_tokens":529,"snippet":530,"value":530},[74],"\u003Cmark>violenza\u003C/mark> domestica",{"matched_tokens":532,"snippet":533,"value":533},[74],"\u003Cmark>violenza\u003C/mark> maschile contro le donne",{"matched_tokens":535,"snippet":536,"value":536},[74],"\u003Cmark>violenza\u003C/mark> sessuale",[538,550,552],{"field":40,"indices":539,"matched_tokens":542,"snippets":548,"values":549},[540,107,20,17,541],11,14,[543,544,545,546,547],[74,75,81],[75],[74],[74],[74],[90,511,530,533,536],[90,511,530,533,536],{"field":102,"matched_tokens":551,"snippet":497,"value":498},[75,74],{"field":99,"matched_tokens":553,"snippet":501,"value":501},[75,75],{"best_field_score":106,"best_field_weight":17,"fields_matched":107,"num_tokens_dropped":52,"score":108,"tokens_matched":107,"typo_prefix_score":52},{"document":556,"highlight":589,"highlights":628,"text_match":104,"text_match_info":643},{"comment_count":52,"id":557,"is_sticky":52,"permalink":558,"podcastfilter":559,"post_author":415,"post_content":560,"post_date":561,"post_excerpt":57,"post_id":557,"post_modified":562,"post_thumbnail":563,"post_title":564,"post_type":421,"sort_by_date":565,"tag_links":566,"tags":578},"23456","http://radioblackout.org/podcast/percorso-radiofonico-contro-la-violenza-di-stato/",[362],"In occasione della due giorni organizzata in Valsusa da un gruppo di donne sul tema della violenza di stato - a questo link trovate tutte le informazioni sul programma e l'organizzazione - i redattori e le redattrici di Radio Blackout hanno deciso di contribuire con un percorso radiofonico che attraversi e interroghi questo tema, più che mai attuale, in tutte le sue sfaccettature.\r\n\r\nDalle violenze in Valsusa, alle torture sui detenuti e le detenute politiche, in Italia come altrove, dagli abusi in divisa agiti contro le donne alla repressione contro chi partecipò alla lotta armata, dagli stupri nei Cie fino alle aggressioni contro comuni cittadini e cittadine. Un'occasione per ragionare sul monopolio statale della violenza, sul legame tra apparato repressivo, magistratura e media mainstream, sulla violenza legittimata dalle istituzioni come forma di controllo sociale e dispositivo di \"contenimento\", marginalizzazione e repressione non solo delle lotte sociali e politiche ma anche di tutti quei comportamenti ritenuti antisociali, disturbanti, non normabili, in qualche modo eccedenti rispetto ad una norma sociale sempre più rigida e aggressiva.\r\n\r\nQui di seguito gli appuntamenti all'interno del palinsesto di Blackout di questo percorso radiofonico, a cui strada facendo aggiungeremo i podcast realizzati dalle varie trasmissioni. Buon ascolto!\r\n\r\nVENERDì 30 MAGGIO: presentazione della due giorni valsusina a cura della Redazione. Ai microfoni Pat, attivista NoTav\r\n\r\npat_valle_3005014\r\n\r\nLUNEDì 2 GIUGNO: BELLO COME UNA PRIGIONE CHE BRUCIA (h10.45-12.45)\r\n\r\nLa storia di Malika. Era il 2004 quando a Firenze una donna di origine marocchine veniva sfrattata dal suo appartamento. Un solerte ufficiale giudiziario, ammaestrato ad anteporre la passione per la proprietà ad ogni altro sentimento, richiedeva un TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) nei confronti di una donna incinta, comprensibilmente arrabbiata, ridotta a corpo da sedare e rimuovere. Arriva un’ambulanza e, nonostante la donna mostri un certificato medico che le prescrive riposo per il rischio di\r\naborto, viene bloccata in un angolo da cinque uomini, gettata sul letto e, una volta immobilizzata, le vengono praticate due iniezioni. Quell'intervento a base di coercizione e antipsicotici procurò danni cerebrali irreversibili alla figlia che Malika portava in grembo. A distanza di 9 anni, nonostante la connivenza tra i diversi ingranaggi istituzionali e giuridici impegnati a tutelarsi vicendevolmente e a silenziarla, tra cartelle cliniche contraffatte e querele per calunnia, Malika non si arrende e continua a lottare.\r\n\r\nprima parte: la storia di malika_primaparte\r\n\r\nseconda parte: la storia di malika_secondparte\r\n\r\nVENERDì 6 GIUGNO: 19.59 (h13-15)\r\n\r\nPuntata dedicata agli omicidi di Giorgiana Masi e di Walter Rossi, con un approfondimento sulla Legge Reale.\r\n\r\ngiorgiana e walter\r\n\r\nlegge reale\r\n\r\nDOMENICA 8 GIUGNO: INTERFERENZE (h16-17)\r\n\r\nPartiremo dal caso di Marta di quest'estate in Valle per ragionare sulla rappresentazione mediatica che viene data della violenza (in particolare di quella sulle donne), allargando poi lo sguardo a una serie di esperienza di lotta che rifuggano dalle invocazioni securitarie provando invece a costruire un discorso diverso (ad esempio le slut walk e le passeggiate contro la violenza che stanno organizzando in questi mesi le cagne sciolte a roma). Una delle voci di donne che abbiamo intervistato come contributo alla riflessione è Simona De Simoni, con cui abbiamo parlato del cosiddetto decreto 93 formulato e poi approvato nell'agosto 2013. Il decreto, tristemente famoso come “decreto femminicidio”, è un caso paradigmatico di pinkwashing ovvero dell'utilizzo di tematiche di genere con finalità politiche strumentali. In questo caso specifico si utilizza la presunta retorica di difesa delle donne con finalità politiche strumentali volte alla criminalizzazione dei movimenti sociali, in particolare del movimento NO TAV. Durante l'intervista si problematizza, inoltre, il ruolo quantomai problematico e ambiguo di uno Stato che vorrebbe professarsi come garante della sicurezza delle donne. Si replica DOMENICA 15 GIUGNO - stessa ora.\r\n\r\naudio intereferenze \r\n\r\nLUNEDì 9 GIUGNO: BELLO COME UNA PRIGIONE CHE BRUCIA (h10.45-12.45)\r\n\r\nLa morte di Alberico di Noia. Il 14 gennaio 2014, Alberico Di Noia 38 anni, è stato trovato impiccato nel carcere di Lucera (Foggia). Alberico attendeva il trasferimento in un altra struttura e si trovava in cella di isolamento (definita di osservazione) per una lite verbale con una guardia che gli aveva impedito di donare una caramella al figlio, venuto con la moglie l colloquio. Quando il corpo è stato trovato senza vita era vestito e pronto per la partenza che sarebbe dovuta avvenire in poche ore. Anche in questo caso, come in molti analoghi, i familiari si sono scontrati con la resistenza della direzione carceraria nel mostrare il corpo: inizialmente il decesso era stato addirittura etichettato come \"arresto cardiaco\", per evitare l'apertura d'ufficio di un'inchiesta per \"suicidio\". I parenti sono stati avvertiti solo 24 ore dopo la morte di Alberico e un compagno di cella lo descrive come una persona per niente depressa, mentre racconta dei pestaggi subiti per aver dato del \"pezzo di merda\" a una guardia. Di questa storia di carcere assassino parleremo con l'avvocato che sta affiancando la famiglia Di Noia nella loro lotta affinché lo Stato ammetta le proprie responsabilità.\r\n\r\nprima parte: dinoia_primaparte\r\n\r\nseconda parte: dinoia_secondaparte\r\n\r\nLUNEDì 9 GIUGNO: IL COLPO DELLA STREGA (h18.30-20)\r\n\r\nUn'approfondimento sulla violenza in divisa agita contro le donne. Violenza maschile che assume un elemento di caratterizzazione ulteriore quando indossa la divisa e incarna l'arroganza criminale legittimata dallo stato. Non si tratta soltanto del rapporto uomo/donna attraverso l'esercizio di un potere che la divisa amplifica. Questo potere si rafforza infatti in ogni contesto di subordinazione o di fragilità, pensiamo alla relazione con un datore di lavoro che ci pone in una posizione di estrema ricattabilità. La divisa dunque non è solo fattore di amplificazione, ma rappresenta le istituzioni e l'esercizio di potere e di controllo sociale sui corpi delle donne. Racconteremo tante storie di donne, analizzeremo le leggi paternalistiche di uno stato che ci vittimizza e oggettivizza in nome di discorsi securitari che non ci appartengono e ci indeboliscono, attraverseremo il discorso sulla violenza in divisa da un punto di vista femminista e anticapitalista per ritrovare nuova capacità di autodeterminazione e autodifesa collettiva.\r\n\r\nDallo stupro come arma di guerra alle violenze nei Cie. Dalle violenze sessuali dei militari nei territori militarizzati (Vicenza, L'Aquila) alla rappresentazione mediatica del buon poliziotto che ci propinano le fiction tv. Non si tratta di mele marce ma di una prassi consolidata! In ogni caso, lo stato si autoassolve ribadendo l’immunità e l’impunità delle istituzioni in divisa ogniqualvolta queste agiscano violenza, immunità ed impunità che fanno parte dell’insieme dei privilegi che i “tutori dell’ordine” hanno come contropartita dei loro servigi.\r\n\r\nprima parte: il colpo della strega_primaparte\r\n\r\nseconda parte: il colpo della strega_secondaparte\r\n\r\nMARTEDì 10 GIUGNO: REDAZIONALE (h9.15-10.45)\r\n\r\nCaso Uva. Per il procuratore Isnardi non è omicidio. Chi riponeva speranze nella decisione del Procuratore di Varese di avocare a sé il procedimento sulla morte di Giuseppe Uva rimarrà probabilmente molto deluso. La Procura di Varese ha infatti chiesto il proscioglimento dall’accusa di omicidio preterintenzionale e altri reati dei carabinieri e dei poliziotti imputati per la morte di Giuseppe Uva, l’artigiano di 43 anni morto nel giugno 2008. Grande sorpresa da parte del legale dei familiari della vittima. “E’ una cosa inaspettata. Non se lo aspettavano – ha ribadito l’avvocato – neanche gli imputati”. Uva morì nel giugno di sei anni fa, dopo essere stato portato in caserma dai carabinieri. La sorella di lui, Lucia, che è stata presente a tutte le udienze del processo, è apparsa visibilmente scossa dalla decisione e non ha voluto rilasciare dichiarazioni.\r\n\r\nSull’argomento abbiamo sentito l’avvocato Anselmo, legale della famiglia Uva\r\n\r\navvocato_Uva\r\n\r\nGIOVEDì 12 GIUGNO: RADIO BORROKA (h10.45-12.45)\r\n\r\nLa violenza di Stato, nei Paesi Baschi, significa la violenza di uno stato autoritario e oppressore, che da secoli ha cercato di assimilare, rendere docile e ubbidiente un popolo, quello basco, che da sempre rivendica il proprio diritto all'autodeterminazione. La violenza di Stato, quello spagnolo in particolar modo, sempre con la complicità di quello francese, altro stato che rinchiude nelle proprie frontiere il popolo e la cultura basca, e il benestare degli altri stati europei e capitalisti, si è perpetrata negli anni nelle forme tanto classiche quanto brutali degli stati occupanti. \r\n\r\n\r\nFra queste, sicuramente, la più odiosa e vigliacca, è sicuramente la tortura, con il quale tante e tanti baschi hanno dovuto sopportare nei penitenziari e nelle celle di sicurezza della guardia civil. Nella nostra trasmissione, che da qualche anno ormai sulle libere frequenze di Radio BlackOut da voce alla lotta dei popoli in lotta per l'autodeterminazione e il diritto a vivere una terra che sia libera dall'oppressione e del profitto, all'interno del percorso radiofonico contro le violenze di Stato, vi racconteremo le storie di alcune giovani donne militante della sinistra indipendentista basca, che la violenza di stato e la violenza machista l'hanno toccata con mano, e che con forza e dignità denunciano e combattono, giorno dopo giorno, per le strade della loro Euskal Herria.\r\n\r\nVENERDì 13 GIUGNO: ANARRES (h10.45-12.45)\r\n\r\nLa normalità del male. Qualche volta, grazie alla tenacia di una madre, di un padre, di una sorella, di amici e compagni capita che il sudario che avvolge le morti di Stato venga strappato, mostrando nella sua crudezza la violenza incisa sui corpi di persone vive e sane prime di cadere nelle mani di poliziotti, carabinieri, psichiatri, militari.\r\nI corpi straziati esposti alla luce impietosa degli obitori, sezionati dalle autopsie, escono dall’ombra, per raccontarci storie tutte diverse e tutte uguali. Storie che a volte agguantano i media, bucano la fitta coltre di nubi che copre la violenza degli uomini e delle donne in divisa, in camice bianco, tra siringhe, botte, manganelli.\r\nMa restano sempre un poco false, perché la retorica delle mele marce nel cesto di quelle sane, dell’eccezione ignobile ma rara, della democrazia che sa curare se stessa, violano una verità che nessun media main stream racconta mai.\r\nI corpi straziati di Federico, Francesco, Giuseppe, Carlo… sono la testimonianza di una normalità che ammette rare eccezioni.\r\nLa normalità quotidiana della violenza di Stato, della violenza degli uomini e donne dello Stato sulle strade e nelle caserme, nei repartini e nelle carceri, nei CIE e nei luoghi dove alzare la testa è sovversione.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Robertino Barbieri.\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2014 06 13 robertino violenza di stato\r\n\r\n\r\nMARTEDì 17 GIUGNO: REDAZIONALE (h9.15-10.45)\r\n\r\nLa violenza dell'esilio. Il fenomeno, come fenomeno collettivo ovviamente, comincia nell’80, quando sbarcano in Francia i reduci di Prima Linea in tremenda rotta davanti ai numerosi arresti, ma la loro sorte non è delle più favorevoli. Quelli che vengono presi sono estradati rapidamente. Gli altri intanto, che continuano ad aumentare in modo esponenziale, cercano allora altri paesi, perlopiù America latina, qualche paese africano, Brasile. Alcuni si muovono secondo le aree di appartenenza, è il caso dei compagni di Rosso, altri individualmente o per piccoli gruppi.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nA seguito della elezione di François Mitterrand abbiamo un'impennata di fughe verso la Francia di vaste aree di movimento italiane, in sostanza compagni che rischiano condanne non enormi, e che procedono a mettersi in regola per quanto possibile. Teniamo in conto che allora la maggior parte era ancora in possesso di documenti validi. Quelli con accuse più gravi, non molti in realtà, poiché la loro presenza non era particolarmente vista di buon occhio, vivono più isolati, cercando di evitare l’arresto.\r\n\r\nDiciamo che il fenomeno ha interessato nel momento più alto circa un migliaio di individui, fra quelli con un mandato di cattura sulla testa e altri allora solo indagati. Una cifra importante, in un computo complessivo che in quegli anni, per reati politici, toccò 60.000 indagati in Italia, dovuti molto prima che alle capacità investigative poliziesche a una pratica che si allarga a macchia d’olio, quella della delazione. Pratica che non solo fornisce agli inquirenti nomi e identità ma anche luoghi, case, reti di appoggio.\r\n\r\nIntanto in Francia la cosiddetta dottrina Mitterrand viene invocata a protezione dei fuoriusciti italiani, ma contestualmente si opera una selezione sulle persone da mettere in regola, molti ottengono i permessi di soggiorno, ma è tutto aleatorio, instabile. Si favorisce magari chi ha assunto in Francia una posizione più o meno dissociativa, oppure chi ha condanne non gravi… di fatto si formano le cosiddette liste, appoggiate in prefettura da un gruppo di avvocati di movimento. Intanto il mare si restringe sempre più intorno agli altri che rimangono irregolari sino praticamente al 2000, quando il primo ministro Jospin si dichiara favorevole alla loro regolarizzazione.\r\n\r\nTradotto vuol dire che dall’81, al 2000, in centinaia hanno vissuto lavorando in nero, in condizioni di difficile sopravvivenza, senza alcuna certezza, sparendo dalla circolazione ogni volta che per una ragione o per un'altra, da un versante o dall'altro delle Alpi, qualcuno auspicasse la consegna degli irregolari all'Italia\r\n\r\nIl tempo passa, cominciano a fioccare, dall'Italia, le prescrizioni che riducono di molto il numero iniziale degli irregolari, per arrivare ai giorni nostri, quando meno di una decina di persone ha ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno scaduto da anni; si tratta dei casi con le pene più gravi, in effetti quasi tutti condannati all’ergastolo, quindi suscettibili di essere oggetto di estradizioni nel caso di mutamenti politici.\r\n\r\nIn questo piccolo gruppo viene ad inserirsi il caso di Enrico Villimburgo, che oltre ad essere condannato all’ergastolo per appartenenza alle BR romane, si trova a dover combattere da solo una battaglia non più legale, ma una lotta contro una malattia devastante.Questi fuoriusciti sono partiti insieme, ma sono tornati in molti singolarmente. Alcuni non avranno più alcuna possibilità di tornare. Per fortuna, Enrico è ancora qui, e una solidarietà manifesta nei suoi confronti, lo aiuta più della chemio.\r\n\r\nCon Gianni, compagno che è stato per molti anni esule in Francia, affrontiamo il nodo politico e umano dell’esilio, la questione del pentitismo che di fatto creò il fenomeno, e la storia drammatica di un compagno, Enrico Vilimburgo, la cui salute è stata devastata da una vita braccata con un ergastolo sulla testa.\r\n\r\n Per sostenere Enrico: IBAN IT04P0503437750000000000577 intestato a Manuela Villimburgo. \r\n\r\nSpecificare nella causale: “per Enrico”\r\nc/o BANCO POPOLARE – FILIALE DI BORGO SAN LORENZO (FI) - VIA L. DA VINCI, 42\r\nGianni","3 Giugno 2014","2018-10-24 17:46:18","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/06/still_not_loving_police_1-200x110.jpg","Percorso radiofonico contro la violenza di stato",1401796980,[567,568,569,570,571,572,573,229,574,67,575,576,577],"http://radioblackout.org/tag/antipsichiatria/","http://radioblackout.org/tag/bello-come-una-prigione-che-brucia/","http://radioblackout.org/tag/carcere/","http://radioblackout.org/tag/controllo/","http://radioblackout.org/tag/ergastolo/","http://radioblackout.org/tag/esuli/","http://radioblackout.org/tag/omicidi-di-stato/","http://radioblackout.org/tag/tso/","http://radioblackout.org/tag/violenza-di-stato/","http://radioblackout.org/tag/violenza-maschile-sulle-donne/","http://radioblackout.org/tag/violenza-sulle-donne/",[579,580,581,582,583,584,585,39,586,18,587,395,588],"antipsichiatria","bello come una prigione che brucia","carcere","controllo","ergastolo","esuli","omicidi di stato","TSO","violenza di stato","violenza sulle donne",{"post_content":590,"post_title":594,"tags":597},{"matched_tokens":591,"snippet":592,"value":593},[75,74,75],"\u003Cmark>di\u003C/mark> donne sul tema della \u003Cmark>violenza\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> stato - a questo link trovate","In occasione della due giorni organizzata in Valsusa da un gruppo \u003Cmark>di\u003C/mark> donne sul tema della \u003Cmark>violenza\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> stato - a questo link trovate tutte le informazioni sul programma e l'organizzazione - i redattori e le redattrici \u003Cmark>di\u003C/mark> Radio Blackout hanno deciso \u003Cmark>di\u003C/mark> contribuire con un percorso radiofonico che attraversi e interroghi questo tema, più che mai attuale, in tutte le sue sfaccettature.\r\n\r\nDalle violenze in Valsusa, alle torture sui detenuti e le detenute politiche, in Italia come altrove, dagli abusi in divisa agiti contro le donne alla repressione contro chi partecipò alla lotta armata, dagli stupri nei Cie fino alle aggressioni contro comuni cittadini e cittadine. 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Ai microfoni Pat, attivista NoTav\r\n\r\npat_valle_3005014\r\n\r\nLUNEDì 2 GIUGNO: BELLO COME UNA PRIGIONE CHE BRUCIA (h10.45-12.45)\r\n\r\nLa storia \u003Cmark>di\u003C/mark> Malika. Era il 2004 quando a Firenze una donna \u003Cmark>di\u003C/mark> origine marocchine veniva sfrattata dal suo appartamento. Un solerte ufficiale giudiziario, ammaestrato ad anteporre la passione per la proprietà ad ogni altro sentimento, richiedeva un TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) nei confronti \u003Cmark>di\u003C/mark> una donna incinta, comprensibilmente arrabbiata, ridotta a corpo da sedare e rimuovere. Arriva un’ambulanza e, nonostante la donna mostri un certificato medico che le prescrive riposo per il rischio \u003Cmark>di\u003C/mark>\r\naborto, viene bloccata in un angolo da cinque uomini, gettata sul letto e, una volta immobilizzata, le vengono praticate due iniezioni. Quell'intervento a base \u003Cmark>di\u003C/mark> coercizione e antipsicotici procurò danni cerebrali irreversibili alla figlia che Malika portava in grembo. A distanza \u003Cmark>di\u003C/mark> 9 anni, nonostante la connivenza tra i diversi ingranaggi istituzionali e giuridici impegnati a tutelarsi vicendevolmente e a silenziarla, tra cartelle cliniche contraffatte e querele per calunnia, Malika non si arrende e continua a lottare.\r\n\r\nprima parte: la storia \u003Cmark>di\u003C/mark> malika_primaparte\r\n\r\nseconda parte: la storia \u003Cmark>di\u003C/mark> malika_secondparte\r\n\r\nVENERDì 6 GIUGNO: 19.59 (h13-15)\r\n\r\nPuntata dedicata agli omicidi \u003Cmark>di\u003C/mark> Giorgiana Masi e \u003Cmark>di\u003C/mark> Walter Rossi, con un approfondimento sulla Legge Reale.\r\n\r\ngiorgiana e walter\r\n\r\nlegge reale\r\n\r\nDOMENICA 8 GIUGNO: INTERFERENZE (h16-17)\r\n\r\nPartiremo dal caso \u003Cmark>di\u003C/mark> Marta \u003Cmark>di\u003C/mark> quest'estate in Valle per ragionare sulla rappresentazione mediatica che viene data della \u003Cmark>violenza\u003C/mark> (in particolare \u003Cmark>di\u003C/mark> quella sulle donne), allargando poi lo sguardo a una serie \u003Cmark>di\u003C/mark> esperienza \u003Cmark>di\u003C/mark> lotta che rifuggano dalle invocazioni securitarie provando invece a costruire un discorso diverso (ad esempio le slut walk e le passeggiate contro la \u003Cmark>violenza\u003C/mark> che stanno organizzando in questi mesi le cagne sciolte a roma). Una delle voci \u003Cmark>di\u003C/mark> donne che abbiamo intervistato come contributo alla riflessione è Simona De Simoni, con cui abbiamo parlato del cosiddetto decreto 93 formulato e poi approvato nell'agosto 2013. Il decreto, tristemente famoso come “decreto femminicidio”, è un caso paradigmatico \u003Cmark>di\u003C/mark> pinkwashing ovvero dell'utilizzo \u003Cmark>di\u003C/mark> tematiche \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>genere\u003C/mark> con finalità politiche strumentali. In questo caso specifico si utilizza la presunta retorica \u003Cmark>di\u003C/mark> difesa delle donne con finalità politiche strumentali volte alla criminalizzazione dei movimenti sociali, in particolare del movimento NO TAV. Durante l'intervista si problematizza, inoltre, il ruolo quantomai problematico e ambiguo \u003Cmark>di\u003C/mark> uno Stato che vorrebbe professarsi come garante della sicurezza delle donne. Si replica DOMENICA 15 GIUGNO - stessa ora.\r\n\r\naudio intereferenze \r\n\r\nLUNEDì 9 GIUGNO: BELLO COME UNA PRIGIONE CHE BRUCIA (h10.45-12.45)\r\n\r\nLa morte \u003Cmark>di\u003C/mark> Alberico \u003Cmark>di\u003C/mark> Noia. Il 14 gennaio 2014, Alberico \u003Cmark>Di\u003C/mark> Noia 38 anni, è stato trovato impiccato nel carcere \u003Cmark>di\u003C/mark> Lucera (Foggia). Alberico attendeva il trasferimento in un altra struttura e si trovava in cella \u003Cmark>di\u003C/mark> isolamento (definita di osservazione) per una lite verbale con una guardia che gli aveva impedito \u003Cmark>di\u003C/mark> donare una caramella al figlio, venuto con la moglie l colloquio. Quando il corpo è stato trovato senza vita era vestito e pronto per la partenza che sarebbe dovuta avvenire in poche ore. Anche in questo caso, come in molti analoghi, i familiari si sono scontrati con la resistenza della direzione carceraria nel mostrare il corpo: inizialmente il decesso era stato addirittura etichettato come \"arresto cardiaco\", per evitare l'apertura d'ufficio \u003Cmark>di\u003C/mark> un'inchiesta per \"suicidio\". I parenti sono stati avvertiti solo 24 ore dopo la morte \u003Cmark>di\u003C/mark> Alberico e un compagno \u003Cmark>di\u003C/mark> cella lo descrive come una persona per niente depressa, mentre racconta dei pestaggi subiti per aver dato del \"pezzo \u003Cmark>di\u003C/mark> merda\" a una guardia. Di questa storia \u003Cmark>di\u003C/mark> carcere assassino parleremo con l'avvocato che sta affiancando la famiglia \u003Cmark>Di\u003C/mark> Noia nella loro lotta affinché lo Stato ammetta le proprie responsabilità.\r\n\r\nprima parte: dinoia_primaparte\r\n\r\nseconda parte: dinoia_secondaparte\r\n\r\nLUNEDì 9 GIUGNO: IL COLPO DELLA STREGA (h18.30-20)\r\n\r\nUn'approfondimento sulla \u003Cmark>violenza\u003C/mark> in divisa agita contro le donne. \u003Cmark>Violenza\u003C/mark> maschile che assume un elemento \u003Cmark>di\u003C/mark> caratterizzazione ulteriore quando indossa la divisa e incarna l'arroganza criminale legittimata dallo stato. Non si tratta soltanto del rapporto uomo/donna attraverso l'esercizio \u003Cmark>di\u003C/mark> un potere che la divisa amplifica. Questo potere si rafforza infatti in ogni contesto \u003Cmark>di\u003C/mark> subordinazione o \u003Cmark>di\u003C/mark> fragilità, pensiamo alla relazione con un datore \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro che ci pone in una posizione \u003Cmark>di\u003C/mark> estrema ricattabilità. La divisa dunque non è solo fattore \u003Cmark>di\u003C/mark> amplificazione, ma rappresenta le istituzioni e l'esercizio \u003Cmark>di\u003C/mark> potere e \u003Cmark>di\u003C/mark> controllo sociale sui corpi delle donne. Racconteremo tante storie \u003Cmark>di\u003C/mark> donne, analizzeremo le leggi paternalistiche \u003Cmark>di\u003C/mark> uno stato che ci vittimizza e oggettivizza in nome \u003Cmark>di\u003C/mark> discorsi securitari che non ci appartengono e ci indeboliscono, attraverseremo il discorso sulla \u003Cmark>violenza\u003C/mark> in divisa da un punto \u003Cmark>di\u003C/mark> vista femminista e anticapitalista per ritrovare nuova capacità \u003Cmark>di\u003C/mark> autodeterminazione e autodifesa collettiva.\r\n\r\nDallo stupro come arma \u003Cmark>di\u003C/mark> guerra alle violenze nei Cie. Dalle violenze sessuali dei militari nei territori militarizzati (Vicenza, L'Aquila) alla rappresentazione mediatica del buon poliziotto che ci propinano le fiction tv. Non si tratta \u003Cmark>di\u003C/mark> mele marce ma \u003Cmark>di\u003C/mark> una prassi consolidata! In ogni caso, lo stato si autoassolve ribadendo l’immunità e l’impunità delle istituzioni in divisa ogniqualvolta queste agiscano \u003Cmark>violenza\u003C/mark>, immunità ed impunità che fanno parte dell’insieme dei privilegi che i “tutori dell’ordine” hanno come contropartita dei loro servigi.\r\n\r\nprima parte: il colpo della strega_primaparte\r\n\r\nseconda parte: il colpo della strega_secondaparte\r\n\r\nMARTEDì 10 GIUGNO: REDAZIONALE (h9.15-10.45)\r\n\r\nCaso Uva. Per il procuratore Isnardi non è omicidio. Chi riponeva speranze nella decisione del Procuratore \u003Cmark>di\u003C/mark> Varese \u003Cmark>di\u003C/mark> avocare a sé il procedimento sulla morte \u003Cmark>di\u003C/mark> Giuseppe Uva rimarrà probabilmente molto deluso. La Procura \u003Cmark>di\u003C/mark> Varese ha infatti chiesto il proscioglimento dall’accusa \u003Cmark>di\u003C/mark> omicidio preterintenzionale e altri reati dei carabinieri e dei poliziotti imputati per la morte \u003Cmark>di\u003C/mark> Giuseppe Uva, l’artigiano \u003Cmark>di\u003C/mark> 43 anni morto nel giugno 2008. Grande sorpresa da parte del legale dei familiari della vittima. “E’ una cosa inaspettata. Non se lo aspettavano – ha ribadito l’avvocato – neanche gli imputati”. Uva morì nel giugno \u003Cmark>di\u003C/mark> sei anni fa, dopo essere stato portato in caserma dai carabinieri. La sorella \u003Cmark>di\u003C/mark> lui, Lucia, che è stata presente a tutte le udienze del processo, è apparsa visibilmente scossa dalla decisione e non ha voluto rilasciare dichiarazioni.\r\n\r\nSull’argomento abbiamo sentito l’avvocato Anselmo, legale della famiglia Uva\r\n\r\navvocato_Uva\r\n\r\nGIOVEDì 12 GIUGNO: RADIO BORROKA (h10.45-12.45)\r\n\r\nLa \u003Cmark>violenza\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> Stato, nei Paesi Baschi, significa la \u003Cmark>violenza\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> uno stato autoritario e oppressore, che da secoli ha cercato \u003Cmark>di\u003C/mark> assimilare, rendere docile e ubbidiente un popolo, quello basco, che da sempre rivendica il proprio diritto all'autodeterminazione. La \u003Cmark>violenza\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> Stato, quello spagnolo in particolar modo, sempre con la complicità \u003Cmark>di\u003C/mark> quello francese, altro stato che rinchiude nelle proprie frontiere il popolo e la cultura basca, e il benestare degli altri stati europei e capitalisti, si è perpetrata negli anni nelle forme tanto classiche quanto brutali degli stati occupanti. \r\n\r\n\r\nFra queste, sicuramente, la più odiosa e vigliacca, è sicuramente la tortura, con il quale tante e tanti baschi hanno dovuto sopportare nei penitenziari e nelle celle \u003Cmark>di\u003C/mark> sicurezza della guardia civil. Nella nostra trasmissione, che da qualche anno ormai sulle libere frequenze \u003Cmark>di\u003C/mark> Radio BlackOut da voce alla lotta dei popoli in lotta per l'autodeterminazione e il diritto a vivere una terra che sia libera dall'oppressione e del profitto, all'interno del percorso radiofonico contro le violenze \u003Cmark>di\u003C/mark> Stato, vi racconteremo le storie \u003Cmark>di\u003C/mark> alcune giovani donne militante della sinistra indipendentista basca, che la \u003Cmark>violenza\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> stato e la \u003Cmark>violenza\u003C/mark> machista l'hanno toccata con mano, e che con forza e dignità denunciano e combattono, giorno dopo giorno, per le strade della loro Euskal Herria.\r\n\r\nVENERDì 13 GIUGNO: ANARRES (h10.45-12.45)\r\n\r\nLa normalità del male. Qualche volta, grazie alla tenacia \u003Cmark>di\u003C/mark> una madre, \u003Cmark>di\u003C/mark> un padre, \u003Cmark>di\u003C/mark> una sorella, \u003Cmark>di\u003C/mark> amici e compagni capita che il sudario che avvolge le morti \u003Cmark>di\u003C/mark> Stato venga strappato, mostrando nella sua crudezza la \u003Cmark>violenza\u003C/mark> incisa sui corpi \u003Cmark>di\u003C/mark> persone vive e sane prime \u003Cmark>di\u003C/mark> cadere nelle mani \u003Cmark>di\u003C/mark> poliziotti, carabinieri, psichiatri, militari.\r\nI corpi straziati esposti alla luce impietosa degli obitori, sezionati dalle autopsie, escono dall’ombra, per raccontarci storie tutte diverse e tutte uguali. Storie che a volte agguantano i media, bucano la fitta coltre \u003Cmark>di\u003C/mark> nubi che copre la \u003Cmark>violenza\u003C/mark> degli uomini e delle donne in divisa, in camice bianco, tra siringhe, botte, manganelli.\r\nMa restano sempre un poco false, perché la retorica delle mele marce nel cesto \u003Cmark>di\u003C/mark> quelle sane, dell’eccezione ignobile ma rara, della democrazia che sa curare se stessa, violano una verità che nessun media main stream racconta mai.\r\nI corpi straziati \u003Cmark>di\u003C/mark> Federico, Francesco, Giuseppe, Carlo… sono la testimonianza \u003Cmark>di\u003C/mark> una normalità che ammette rare eccezioni.\r\nLa normalità quotidiana della \u003Cmark>violenza\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> Stato, della \u003Cmark>violenza\u003C/mark> degli uomini e donne dello Stato sulle strade e nelle caserme, nei repartini e nelle carceri, nei CIE e nei luoghi dove alzare la testa è sovversione.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Robertino Barbieri.\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2014 06 13 robertino \u003Cmark>violenza\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> stato\r\n\r\n\r\nMARTEDì 17 GIUGNO: REDAZIONALE (h9.15-10.45)\r\n\r\nLa \u003Cmark>violenza\u003C/mark> dell'esilio. Il fenomeno, come fenomeno collettivo ovviamente, comincia nell’80, quando sbarcano in Francia i reduci \u003Cmark>di\u003C/mark> Prima Linea in tremenda rotta davanti ai numerosi arresti, ma la loro sorte non è delle più favorevoli. Quelli che vengono presi sono estradati rapidamente. Gli altri intanto, che continuano ad aumentare in modo esponenziale, cercano allora altri paesi, perlopiù America latina, qualche paese africano, Brasile. Alcuni si muovono secondo le aree \u003Cmark>di\u003C/mark> appartenenza, è il caso dei compagni \u003Cmark>di\u003C/mark> Rosso, altri individualmente o per piccoli gruppi.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nA seguito della elezione \u003Cmark>di\u003C/mark> François Mitterrand abbiamo un'impennata \u003Cmark>di\u003C/mark> fughe verso la Francia \u003Cmark>di\u003C/mark> vaste aree \u003Cmark>di\u003C/mark> movimento italiane, in sostanza compagni che rischiano condanne non enormi, e che procedono a mettersi in regola per quanto possibile. Teniamo in conto che allora la maggior parte era ancora in possesso \u003Cmark>di\u003C/mark> documenti validi. Quelli con accuse più gravi, non molti in realtà, poiché la loro presenza non era particolarmente vista \u003Cmark>di\u003C/mark> buon occhio, vivono più isolati, cercando \u003Cmark>di\u003C/mark> evitare l’arresto.\r\n\r\nDiciamo che il fenomeno ha interessato nel momento più alto circa un migliaio \u003Cmark>di\u003C/mark> individui, fra quelli con un mandato \u003Cmark>di\u003C/mark> cattura sulla testa e altri allora solo indagati. Una cifra importante, in un computo complessivo che in quegli anni, per reati politici, toccò 60.000 indagati in Italia, dovuti molto prima che alle capacità investigative poliziesche a una pratica che si allarga a macchia d’olio, quella della delazione. Pratica che non solo fornisce agli inquirenti nomi e identità ma anche luoghi, case, reti \u003Cmark>di\u003C/mark> appoggio.\r\n\r\nIntanto in Francia la cosiddetta dottrina Mitterrand viene invocata a protezione dei fuoriusciti italiani, ma contestualmente si opera una selezione sulle persone da mettere in regola, molti ottengono i permessi \u003Cmark>di\u003C/mark> soggiorno, ma è tutto aleatorio, instabile. Si favorisce magari chi ha assunto in Francia una posizione più o meno dissociativa, oppure chi ha condanne non gravi… \u003Cmark>di\u003C/mark> fatto si formano le cosiddette liste, appoggiate in prefettura da un gruppo \u003Cmark>di\u003C/mark> avvocati \u003Cmark>di\u003C/mark> movimento. Intanto il mare si restringe sempre più intorno agli altri che rimangono irregolari sino praticamente al 2000, quando il primo ministro Jospin si dichiara favorevole alla loro regolarizzazione.\r\n\r\nTradotto vuol dire che dall’81, al 2000, in centinaia hanno vissuto lavorando in nero, in condizioni \u003Cmark>di\u003C/mark> difficile sopravvivenza, senza alcuna certezza, sparendo dalla circolazione ogni volta che per una ragione o per un'altra, da un versante o dall'altro delle Alpi, qualcuno auspicasse la consegna degli irregolari all'Italia\r\n\r\nIl tempo passa, cominciano a fioccare, dall'Italia, le prescrizioni che riducono \u003Cmark>di\u003C/mark> molto il numero iniziale degli irregolari, per arrivare ai giorni nostri, quando meno \u003Cmark>di\u003C/mark> una decina \u003Cmark>di\u003C/mark> persone ha ottenuto il rinnovo del permesso \u003Cmark>di\u003C/mark> soggiorno scaduto da anni; si tratta dei casi con le pene più gravi, in effetti quasi tutti condannati all’ergastolo, quindi suscettibili \u003Cmark>di\u003C/mark> essere oggetto di estradizioni nel caso \u003Cmark>di\u003C/mark> mutamenti politici.\r\n\r\nIn questo piccolo gruppo viene ad inserirsi il caso \u003Cmark>di\u003C/mark> Enrico Villimburgo, che oltre ad essere condannato all’ergastolo per appartenenza alle BR romane, si trova a dover combattere da solo una battaglia non più legale, ma una lotta contro una malattia devastante.Questi fuoriusciti sono partiti insieme, ma sono tornati in molti singolarmente. Alcuni non avranno più alcuna possibilità \u003Cmark>di\u003C/mark> tornare. Per fortuna, Enrico è ancora qui, e una solidarietà manifesta nei suoi confronti, lo aiuta più della chemio.\r\n\r\nCon Gianni, compagno che è stato per molti anni esule in Francia, affrontiamo il nodo politico e umano dell’esilio, la questione del pentitismo che \u003Cmark>di\u003C/mark> fatto creò il fenomeno, e la storia drammatica \u003Cmark>di\u003C/mark> un compagno, Enrico Vilimburgo, la cui salute è stata devastata da una vita braccata con un ergastolo sulla testa.\r\n\r\n Per sostenere Enrico: IBAN IT04P0503437750000000000577 intestato a Manuela Villimburgo. \r\n\r\nSpecificare nella causale: “per Enrico”\r\nc/o BANCO POPOLARE – FILIALE \u003Cmark>DI\u003C/mark> BORGO SAN LORENZO (FI) - VIA L. 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Pato, compagna argentina, femminista, militante nella Campaña nacional contra la violencia hacia las mujeres, gruppo attivo all'interno della rete Ni Una Menos e negli incontri nazionali delle donne che si svolgono ogni anno in Argentina (quest'anno alla loro trenduesima edizione).\r\n\r\n \r\n\r\nLa storia del movimento delle donne argentine;\r\n\r\nLa nascita e lo sviluppo degli incontri nazionali;\r\n\r\nLa campagna per un aborto legale sicuro gratuito;\r\n\r\nLa campagna contro la violenza sulle donne;\r\n\r\nPratiche e strategie di intervento dei gruppi e dei collettivi di movimento;\r\n\r\nLa questione di genere e le organizzazioni della sinistra argentina;\r\n\r\n \r\n\r\nPer riascolta la puntata:\r\n\r\nil colpo della strega_11sett017pato_parteprima\r\n\r\nil colpo della strega_11sett017pato_parteseconda\r\n\r\n ","13 Settembre 2017","2018-10-24 17:34:33","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/09/adesivo-il-colpo-della-strega-new-copy-200x110.jpg","I podcast de Il 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realizzato con noi sugli ultimi casi di violenza sulle donne e femmicidio.\r\n\r\nPer riascoltarla clicca qui.\r\n\r\nIn compagnia della nostra amica delle stelle preferite Astronza, l'oroscopo del 2017. 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Con noi in studio Chiara, dottoranda a Torino in diritto privato e comparato, che da tempo sta conducendo un lavoro di ricerca sull'India e sull'empowerment delle donne.\r\n\r\nDalle ultime violenze di Bangalore, alle risposte repressive dello stato, passando per le strategie che le donne stanno mettendo in campo dal basso per costruire percorsi di liberazione, autonomia, autodifesa e giustizia sociale.\r\n\r\nL'educazione e le condizioni materiali di vita come nodi centrali per avviare una trasformazione radicale, dal basso, che sia in grado di incidere realmente all'interno di una società fortemente frammentata, formata da comunità molto diverse tra loro, legata alle tradizioni e insieme lanciata dall'inizio degli Anni Novanta verso una svolta neoliberista che ha determinato un repentino peggioramento delle condizioni di vita e acuito una serie di contraddizioni interne alla società indiana.\r\n\r\nIn chiusura alcuni aggiornamenti sul percorso Non Una di Meno in vista della due giorni di assemblee nazionali a Bologna e lo sciopero globale delle donne annunciato per il prossimo 8 marzo.\r\n\r\nPer riascoltare la puntata:\r\n\r\nil colpo della strega_30genn17_india_primaparte\r\n\r\nil colpo della strega_30genn17_india_secondaparte","I podcast de Il colpo della strega: 30genn2017",1485887678,[771,475,772,773,774,775,776,777,778,67,576],"http://radioblackout.org/tag/nonunadimeno/","http://radioblackout.org/tag/autodifesa/","http://radioblackout.org/tag/dote/","http://radioblackout.org/tag/educazione-di-genere/","http://radioblackout.org/tag/educazione-sessuale/","http://radioblackout.org/tag/india/","http://radioblackout.org/tag/sciopero/","http://radioblackout.org/tag/sciopero-globale-delle-donne/",[780,405,781,782,783,784,785,786,787,18,395],"#NonUnaDiMeno","autodifesa","dote","educazione di genere","educazione sessuale","india","sciopero","sciopero globale delle donne",{"post_content":789,"tags":793},{"matched_tokens":790,"snippet":791,"value":792},[75],"tempo sta conducendo un lavoro \u003Cmark>di\u003C/mark> ricerca sull'India e sull'empowerment delle","Puntata interamente dedicata all'India. 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