Ancora sul “Reddito minimo di povertà”
Scritto dainfosu 3 Dicembre 2013
Torniamo a parlare della proposta governativa di un “reddito minimo garantito” che nella dicitura della proposta (fatta a margine del nuovo passaggio sulla Legge di Stabilità) pende il nome di “contributo di solidarietà” per il Sostegno all’inserimento sociale (Sia).
Non si tratta del “reddito di base incondizionato” richiesto dai movimenti negli ultimi 15 anni, né del “reddito minimo garantito” variamente articolato nelle 3 proposte di legge presentate alla Camera rispettivamente da Sel, Pd e Movimento 5 Stelle. Se già le proposte di Pd e 5 Stelle non uscivano da una logica di ‘workfare‘, per cui l’erogazione del contributo era condizionata dalla soggettiva disponibilità all’accettazione del lavoro, qui si riproducono i più biechi dispositivi di controllo sulla povertà: dimostrazione di Esser “un buon padre di famiglia” (riproposizione di un’idea familista di welfare) e assidua e documentata frequentazione delle liste di collocamento.
Si tratta, molto più prosaicamente e modestamente, di un reddito di povertà per il quale bisogna dimostrare di essere già oltremodo malmessi. La proposta, che partirà nei prossime mesi come sperimentazione, riguarderà comunque solo 12 aree metropolitae.
Ascolta l’intervista con Andrea Fumagalli, economista e redattore dei ‘Quaderni di San Precario‘
Sull’argomento rimandiamo ad un recente commento di Andrea: Reddito di povertà – di Andrea Fumagalli