Baltimore: la protesta che spaventa Obama
Scritto dainfosu 29 Aprile 2015
L’uccisione di Freddie Gray, giovane afroamericano morto una settimana dopo l’arresto con la spina dorsale spezzata per le botte ricevute dalla polizia di Baltimora – ultimo di una lunga serie di omicidi di coloured per mano dei vari Police Departements a stelle e strisce – sta diventando un serio grattacapo politico per un Obama che sulla questione razziale (più per forma che per sostanza) ha puntato molto della propria immagine di primo presidente nero degli Stati Uniti.
Il ritorno dei neri sulle barricate è un problema che si stratifica su più livelli: 1) perché mostra che la linea del colore è lungi dall’essere sorpassata e inoperante nella gerarchia sociale americana (al punto che i neri continuano ad essere “più uccidibili” dei bianchi); 2) perché una protesta di tale portata – estesa nel tempo e intensa nella radicalità – mostra in tutta chiarezza la mancata (quanto annunciata) uscita dell’America dalla crisi e riporta in superficie le profondità delle contraddizioni che continuano a tarsformare l’american dream in un incubo ad occhi aperti, normalmente impercepibile perché lontano dai riflettori, ma soprattutto – ed è l’aspetto più importante – 3) la disperazione del proletariato nero non sembra questa volta accontetntarsi delle parole di dialogo e recupero dei suoi autonominatisi rappresentanti black entrati nella middle class (politicians e professionals) e iniziano, pur embrionalmente, a scuotere la un tempo apatica middle class bianca impoverita dalla crisi – in particolare i suoi settori più attivi e consapevoli già attivatisi nei vari Occupys.
La messa a critica pubblica della violenza poliziesca sta diventando un fattore politico di possibile ricomposizione e la tenuta della piazza – fatto tutt’altro che scontato nella vita politica e sociale statunitense (dove le manifestaziuoni sono rare e ancor più raramente i permessi vengono accordati) – un limite già valicato ma insostenibile per l’establishment politico istituzionale. Tra promesse e minacce la Guardia Nazionale (i.e. l’esercito) si prepara a marciare su Baltimore e le eventuali altre città turbolente.
Ascolta l’intervista con Gabriele Proglio, visiting professor alla UC di Berkley