Palestina, escalation di sangue

Scritto dasu 1 Febbraio 2023

Lo scorso Giovedì 26 Gennaio, militari israeliani hanno ucciso nove palestinesi nel campo profughi di Jenin, in Cisgiordania, durante un raid per motivazioni ufficiali di antiterrorismo. In aggiunta, un ventiduenne palestinese che sparava fuochi d’artificio è stato ucciso da militari israeliani vicino a Gerusalemme. Uno dei raid più violenti compiuto dalle forze israeliane negli ultimi anni. A seguito, razzi dalla Striscia di Gaza e attacchi aerei da parte israeliana, e due attentati a Gerusalemme Est, con sette persone uccise a colpi d’arma da fuoco in uscita da una sinagoga.

In molti temono che tutto ciò non sia altro che il preludio di una nuova ennesima guerra, nel contesto di una colonizzazione e apartheid armata da parte di Israele ai danni dei territori e popoli palestinesi che dura da decenni.

Da parte del neogoverno di Netanyahu, dominato dall’estrema destra e da partiti ultrareligiosi, la risposta è il pugno di ferro, tra legislazioni che permettono il possesso di armi da fuoco a cittadini isrealiani, sequestro e demolizione di case di sospettati palestinesi, revoca della carta d’identità e continui raid violenti nei campi.

Seppure il nuovo governo israeliano sia oggetto di forti critiche e mobilitazioni, nelle rivendicazioni non esiste parola sulla questione palestinese e non c’è presenza della comunità araba israeliana.

Un’escalation di violenza di cui non si vede la fine. Ne parliamo con una compagna di Progetto Palestina:

 

 

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