ESTRATTIVISMO PREDATORIO E GLI INTERESSI DI ENI IN MOZAMBICO .

Scritto dasu 15 Aprile 2024

Al largo delle coste mozambicane, si trova il bacino di Rovuma, dove è attiva la multinazionale fossile italiana ENI. Al momento l’unico progetto realizzato e operativo è la piattaforma galleggiante di produzione e liquefazione Coral South FLNG di ENI, che esporta gas da novembre 2022. ENI ha in programma  un secondo progetto in fase di studio: la piattaforma Coral North FLNG.

Si parla di Mozambico come “asset strategico” per la sicurezza energetica italiana – tanto che il Canale del Mozambico è pattugliato dalla Marina militare italiana, ma il gas di Coral South FLNG è acquistato da BP che lo rivende al miglior offerente sul mercato, e da fonti pubbliche  risulta che dal primo carico di novembre 2022 ad oggi siano stati effettuati 58 carichi di gas naturale liquefatto, corrispondenti a circa 3700 tonnellate di GNL, di cui solo 2 carichi arrivati in Italia corrispondenti  al 3,3 % del totale.

Nella sua rosea ricostruzione di quella che definisce un’eccezionale impresa ingegneristica, ENI però non cita le drammatiche condizioni che vive la popolazione del Mozambico settentrionale e il fatto che proprio le gigantesche risorse di gas scoperte al largo siano probabilmente la causa principale dello scatenarsi della  ribellione delle milizie islamiste  e della feroce controffensiva dell’esercito mozambicano sostenute dalle truppe ruandesi e mercenari  sudafricani.

Guidata dal gruppo noto come Ahl al-Sunnah wa al Jamma’ah, la rivolta inizia nel 2017 ma è solo dopo tre anni che cattura l’attenzione degli investitori esteri. Fra agosto 2020 e marzo 2021 gli insorti prendono il controllo di Mocímboa da Praia e di Palma, costringendo alla ritirata l’esercito mozambicano e le imprese straniere  che sfruttavano le risorse di quel territorio.

 

Ne parliamo con Simone Ogno di Re Common

 

 


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