Valencia. Testimonianza dalla catastrofe

Scritto dasu 9 Novembre 2024

A qualche giorno dall’alluvione che ha portato centinaia di morti e migliaia di dispersi e sfollati nella città catalana, abbiamo intervistato un compagno di Endavant (più info qui).

Quello che ci ha riportato Aure è una situazione di grande caos e confusione. Di un’area metropolitana dove in pochi minuti sono scomparse tutte le infrastrutture. Parliamo di paesi senza luce, senza sanificazione, senza acqua potabile e alcuni direttamente senza acqua. Le strade bloccate dalle macchine trascinate dalla corrente e dal fango. Le informazioni non arrivano.

Il governo della generalitat di Carlos Mazón ha completamente abbandonato le sue funzioni durante alcune ore determinanti. Di fatto non ha attivato alcun piano di salvataggio della popolazione, che sarebbe dovuto essere un piano di paralisi di ogni attività, chiusura delle scuole e dei luoghi di lavoro. Tantissimi si sono trovati intrappolati in cantine, nelle strade con le macchine, nei posti di lavoro. Sappiamo come funziona il capitale, il capitale non può mai fermarsi: e per l’appunto, gli imprenditori hanno tenuto le persone al lavoro finché la situazione non è diventata insostenibile. Non a caso, la zona più colpita è una zona ad alta densità industriale, con una rete stradale fittissima e un flusso di gente enorme. Molte persone sono rimaste intrappolate nel traffico o lavorando nelle diverse industrie.
Le persone che sono del movimento o stanno in un tessuto associativo si sono mobilitate immediatamente, creando canali di autorganizzazione, spesso su Telegram, Instagram e Whatsapp. Quella che si è data come una prima reazione di aiuto dal basso, soprattutto nelle zone più abbandonate da pompieri e servizi di emergenza, si è già convertita in episodi di protesta spontanei, come la contestazione di Paiporta alla visita del re di Spagna, insieme a Sanchez e allo stesso Mazon – ai quali sono stati lanciati fango e oggetti.
I politici devono pagare e ciò che è stato distrutto è da ricostruire, ma non come prima. Valencia può rinascere solo con un controllo popolare di infrastrutture che vanno rese pubbliche, delle unità di emergenza in grado di occuparsi di una situazione climatica che si ripeterà, la consapevolezza che senza un modello di decrescita, di riduzione, di ripartizione e di anteposizione dei servizi collettivi a quelli individuali – altrimenti si continuerà a morire.
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