L’ETÀ DEI COLLASSI (con F. LI VIGNI) – VOCI DALL’ANTROPOCENE (ANNO II #3) 09/11/20

Quella che si sta materializzando sotto i nostri occhi è una situazione da incubo: la saturazione, più volte annunciata (quanto esorcizzata), del sistema ospedaliero, stampella unica su cui poggia oggi in maniera quasi esclusiva il Sistema Sanitario Nazionale, a scapito della medicina preventiva e di territorio.

Due immagini hanno segnato la settimana appena trascorsa la comunicazione sul Coronavirus nel torinese: 1) la fila di ambulanze fuori dall’ospedale Molinette in direzione di altri presidi ospedalieri della regione per mancanza di posti; 2) le decine di malati Covid parcheggiati nei corridoi (alcuni appoggiati a terra) su brandine di fortuna nel presidio ospedaliero di Rivoli. Per farci raccontare quale sia la situazione in quell’ospedale e più in generale sul territorio piemontese, abbiamo raggiunto al telefono Nino Flesia, lavoratore presso quel presidio e delegato rsu-Cgil dell’Asl To3.

Queste immagini evocano scenari ancora peggiori, accompagnati dalla presa di posizione dell’Ordine dei Medici che invoca un lockdown rigido sull’intero territorio nazionale per scongiurare il rischio di 10.000 morti da piangere nell’inverno infausto che ci attende. Da più parti si evoca il rischio di un’implosione di quell’equilibrio tenue che permette ancora oggi, a fatica, di curare l’enorme afflusso di compromessi della seconda ondata della pandemia.

Immaginari distopici e paranoici, a lungo nutriti da una branca particolare della produzione culturale di massa, sembrano diventare possibilità concreta. Su questo background, negli ultimi anni si è venuto a creare uno spazio significativo nel dibattito pubblico d’oltralpe che ha preso il nome di “collassologia”, ampio e contraddittorio serbatoio di discussione in cui rientrano potenzialmente tanto i deliri individualistici dei survivalisti, quanto le esperienze collettiviste dello zadismo, raccogliendo nel suo seno porzioni non indifferenti di ceto medio intellettuale. Punto comune di questa galassia di pensieri e pratiche, la convinzione che il nostro mondo, così com’è, sia destinato al collasso, con tutto ciò che questo implica in termini di uso di disponibilità di risorse e (ri)organizzazione della vita associata.

In Italia il dibattito sul tema è pressoché inesistente, se si eccettua la proposta coraggiosa del piccolo editore Asterios di Trieste. Con Fabrizio Li Vigni, dottore in sociologia all’EHESS di Parigi e postdottorando all’UPEM d iChamps-sur-Marne nonché autore del pamphlet “Il collasso della società termo-industriale“, abbiamo sondato alcuni aspetti di questo dibattito a partire dall’evento rivelatore della pandemia Covid.

 

 




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